ATTI DELLA SOCIETÀ* LIGURE DI STORIA PATRIA — SERIE DEL RISORGIMENTO — VOLUME III ARTURO CODIONOLA I FRATELLI RUFFINI LETTERE DI OIOVANNI E AOOSTINO RUFFINI ALLA MADRE DALL’ ESILIO FRANCESE E SVIZZERO Parte II (1836) GENOVA nella Sede della Società Ligure di Storia Patria PALAZZO ROSSO MCMXXXI ATTI DELLA SOCIETÀ’ LIGURE DI STORIA PATRIA — SERIE DEL RISORGIMENTO — VOLUME III ARTURO CODIGNOLA I FRATELLI RUFFINI LETTERE DI GIOVANNI E AGOSTINO RUFFINI ALLA MADRE DALL’ESILIO FRANCESE E SVIZZERO Parte II (1836) GENOVA nella Sede della Società Ligure di Storia Patria PALAZZO ROSSO MCMXXXI PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA MAZZINI ALLA RICERCA DI UNA FEDE ED IL DRAMMA DEI RUFFINI ' Mazzini alla ricerca di una fede ed il dramma dei Ruffini i. [/ria dolorosa parentesi nella vita del Mazzini e dei Ruffini — La necessità di studiare la formazione del loro pensiero religioso per conoscere le cause che determinarono la rottura del loro sodalizio. Lo studio dei grandi Maestri italiani non soddisfa la sete di sapere del Mazzini, che specialmente tra il 1828 e il 1830, attinge alle correnti più vive del pensiero europeo attraverso la diretta conoscenza delle opere principali contemporanee delle letterature straniere, soprattutto inglesi e francesi. Non possiamo ora indugiarci su tale ricerca, che sarà oggetto di un futuro studio, perchè secondo noi non si può comprendere appieno il segreto della sua vita intellettuale e morale, ignorando la grande influenza che su di lui ebbero le varie correnti del pensiero europeo (1). Questo in sostanza scrivevo sei anni or sono, nel presentare la prima parte delle lettere dei Ruffini alla madre dall’esilio francese e svizzero : e promettevo di trattare nell'intro-duzione alla seconda parte — che or vede la luce nel cinquantenario dalla morte di Giovanni — anche dei rapporti reciproci fra i tre esuli. Questa nota introduttiva vuol dunque anzitutto seguire da vicino il formarsi della coscienza religiosa nel Mazzini sino alla famosa crisi del dubbio (2), che segnò non soltanto il suo trapasso irrevocabilmente fermo da letterato e cospiratore ad Apostolo di una fede, ma che aprì nuovi orizzonti anche ai suoi fratelli d’amore, avviati anch’essi, se pur per vie diverse e con diverso soffrire, a compiere il nuovo apostolato ; e indagare poi da quali cause remote e prossime ebbe origine la rottura del sodalizio più che decennale Mazzini-Ruffini. (1) Vedi Parte I, pag. LV. (2) Questi sono precisamente i limiti che mi prefiggo dettando questa breve nota : non intendo, infatti, tentare una nuova interpretazione del pensiero filosofico-religioso del Mazzini, intorno al quale già si é scritto ad aliundantiam. — Vili — Si tratta di una decisiva e dolorosa parentesi della vita intellettuale del Mazzini ; il quale dopo essersi abbeverato alle pure sorgenti del pensiero italiano, venne attratto da quel vasto movimento intellettuale predominato in Francia nei primi decenni del secolo scorso, ed al quale egli in parte indulse, non così però da esserne travolto : ché la salutare « tempesta del dubbio » lo ricondurrà, ritemprato e per sempre, alle pure fonti del nostro pensiero. Egli non dovette, come 1’Alfieri o il Manzoni, ritornare sulla sua educazione intellettuale per rifarsi italiano ; ché schiettamente paesana era stata la formazione del suo pensiero sin dagl’ inizi ; e l’esame analitico dell’influenza che i contemporanei sopra tutto francesi esercitarono sulla sua personalità, ci mostrerà più chiaro lo sforzo da lui sostenuto per superarli, e più netta la sua indipendenza. — IX — II. Le condizioni politiche della Francia al sorgere della rivista Le Globe — La De Staél ed il fiorire degli studi sulla letteratura e sulla filosofia dei popoli nordici — Le affinità e le divergenze fra gli studi critici comparsi sul Globe e quelli pubblicati dal Mazzini e dai suoi amici «ell’Indicatore Genovese, TieU’Indicatore Livornese e nel-l’Antologia. Il programma (li quel Globecui già s’é accennato nella introduzione alla prima parte di questo carteggio, e cioè di quella battagliera rivista sorta per opporsi in nome di un neo-razionalismo all’azione reazionaria del trono congiunto all’altare, trovò il Mazzini sulle prime consenziente. Occorre ricordare che siamo negli anni immediatamente precedenti il 1828 ; e cioè in quel periodo di schietta reazione, trionfante sopra tutto dopo che l’uccisione del Duca di Berrv aveva porto il destro ai reazionari di ottenere nell’agosto del ’25 il ripristino della censura. Morto pochi mesi dopo Luigi XVIII, la causa della libertà si considerò perduta da parte di non pochi intellettuali : Carlo X infatti, devotissimo all’elemento ultramontano, iniziò la serie dei suoi errori politici, che dovevan portarlo a rovina con le ben note leggi sull’immunità ed il sacrilegio, che ebbero il magico potere di unire contro la restaurata monarchia i democratici più spinti ed i liberali moderati (3). Proprio in questo momento sorse il Globe, con un carattere scientifico, moderatamente liberale e vagamente umanitario, per lo meno nelle apparenze : « Les peuples aujourd’hui — é scritto nel suo programma — sont unis par les intéréts ; la civilisa-tion entretient elitre eux un utile échange de connaissance com-me de produits : avec les nuances qui les distinguent, tous mar-chent, à l’ombre de la paix, vers un but commun, le perfection-nement de leur état social et les jouissances du travail. Rien de ce qui se fait chez l’un n'est étranger à l’autre ; il j trouve exemple et profit. C’est donc ime grande utilité de propager dans un pays la connaissance de tous les autres ; et cette connaissance ne saurait mieux s'établir que par celle des divers littératures, car la littérature des nations c’est la vie (2) ». Quindi il nome di Globo alla rivista che secondo l'affermazione di uno dei suoi fondatori, Pierre Leroux, doveva dar notizia al popolo francese di tutte le opere scientìfiche, letterarie, filosofiche di qualche importanza, che vedessero la luce nel (1) Ved. M. de Roux, La Restauration, Paris, Fayard, 1930. (2) Ved. Le Globe, Paris, Impr. de Guirandot, n. 1, 14 settembre 1824. In Italia, a nostra conoscenza, si possiede una sola copia dell’importante rivista, che appartenne a G. Mazzini, il quale l'ebbe tanto cara da salvarla durante le lunghe peregrinazioni della sua vita. Si trova infatti nella casa Mazzini a Pisa fra i pochi libri ch’egli lasciò morendo. — X mondo. Estratti di viaggi, traduzioni ed analisi di opere straniere, studi e riderelle storiche archeologiche filologiche ecc., erano i mezzi con cui i redattori della Rivista informavano i lettori su ogni importante problema, sullo stato della scienza contemporanea, con lo scopo evidente di associare tutti i popoli del mondo nel campo della scienza e dell'arte. Ma non andò guari, che si sentì il bisogno di un centro di dottrine in cui convergessero tutte queste investigazioni e questo fu la libertà (1). Tanto il programma iniziale clu* il successivo, che deriva logicamente dal primo, trovano consenziente il Mazzini ed i giovani stretti intorno a lui in Genova; nè poteva essere altrimenti, perchè la conoscenza delle letterature straniere, specialmente tedesca ed inglese, di cui appunto il (/labe si faceva eco, era il fatto di cultura più saliente in questi anni. « La Germania » della Signora di Staél fu recentemente definita « più che un libro, un fatto storico per la influenza che ha esercitato » (2) ; ed infatti può ben dirsi che dalla pubblicazione di quest’opera ha avuto inizio la prevalenza del mondo germanico nel mondo latino. perchè l’Inghilterra e la Germania, tino allora quasi del tutto ignorate, diedero elementi nuovi alla vecchia civiltà, trasformando con novelle energie idealità diverse da quelle fino allora perseguite. (1) « La première idée consistait à recueillir et à présenter au public franpais tous les travaux scientifiques littéraires et philosophiques de quelque importance dans le grand mouvement pacifique qui commenpait à emporter de concert les nations ci-vilisées du monde. Le titre mème du Journal avait été choisi en rapport avec ce ca-ractère d’investigation encyclopédique. Par des extraites de voyages, par des tra-ductions et des analyses d'ouvrages étrangers, par des études de toute éspèce sur le passé, le Globe cherchait à mettre sous la main de ses lecteurs les principaux élé-ments des questions; à leur représenter les travaux antérieurs et l’état de la Science contemporaine sur chaque point de controverse; à leur apporter et à leur distribuer, en ordre, les matériaux les plus complets pour les solutions les plus longues et les plus conciliantes. Une belle pensée tendait évidemment à l’association générale des peuples dans le domaine de la Science e de l’art. Mais cette pensée toute de curiosité, de patience et d’impartialité, se trouva bientòt ne pas suffire à l’application. Dans ce gran travail de recherche et d’analyse, le besoin de règie et de pian se faisait à chaque instant sentir. « Il fallait un centre de doctrine auquel on pùt ramener ces investigations. La liberti le donna. « Le principe de libertà, professé en toute franchise et en toute rigueur, poussé à toutes ses consequences en économie politique, en philosophie, en art, telle fut la doctrine général du Globe jusqu’à la Eévolution de juillet ». Ved. Le Globe cit., 18 jan-vier 1831. L’articolo fu ripubblicato in Oeuvres de Pierre Leroux, Paris, Sandré, 1851 Voi. I, pag. 338 e segg. (2) Ved. M. Ruini, La Signora di Staél, Bari, Laterza, 1931 pag. 105. Dallo zibaldone III, pag. 3 si sa ch’egli ha letto nel 1822 « Corinne, ou l’Italie »; nel 1828 scrive che la de Staél è « una donna che seppe far piangere, e meditare » e « comunicò prima l’impulso al mezzodì dell’Europa » (Ved. Scritti, E. N., I, 114). Gli zibaldoni del Mazzini conosciuti sono quattro; i primi due son conservati nel-l’Archivio del Museo del Risorgimento di Genova (N.N. di Catalogo 197, 198 e 3626), gli altri sono in possesso della Gentil Donna Itala Cremona Cozzolino, che, con grande liberalità, ce ne ha permesso la consultazione. Indichiamo nel corso di questa nota col n. I e II rispettivamente gli zibaldoni conservati nel museo genovese e con III e IV quelli conservati dalla Gentil Donna Cozzolino Cremona. - XI — La I)<* Staél segue di poco la scopertiti, dello Shakespeare fatta dal Pope e divulgata dapprima in Inghilterra dal Garric-h ma con ben maggiore efficacia dal Voltaire in Europa, con la ben nota 18a delle sue Lettere inglesi. Dopo il tracollo napoleonico lo Shakespeare, lo Scott e non podii autori tedeschi sono studiati e discussi con fervida passioni* ; il Globe dedica loro numerosissimi scritti, di cui troviamo l’eco nel cenacolo genovese mazziniano, sulle colonne dell* Indicatore Genovese, dell’Indicatore Livornese e dell’Antologia del Vieusseux che ospita, com’é noto, il primo importante scritto del Mazzini. Del resto é sufficiente scorrere gli zibaldoni mazziniani per rintracciare numerosissime testimonianze dell* interesse direi quasi morboso che questi scrittori esteri suscitano in lui in questi anni, interesse condiviso da tutti i più forti intelletti italiani. Limitandoci per ora alla prima fase che diremo genovese dell’attività intellettuale del Mazzini, accenneremo brevemente (a complemento di quanto s’é detto nell’introduzione al primo volume di questo carteggio), alla tanto dibattuta questione tra classici e romantici, per mostrare sino a qual punto i mazziniani genovesi eran d’accordo con gii scrittori del Globe. Entrambi sono concordi nel non parteggiare a prò’ dell’una scuola piuttosto che dell’ altra : a loro preme soltanto che la letteratura esprima la nuova coscienza venutasi formando durante la rivoluzione e l’impero, tenendo tuttavia nel conto dovuto il patrimonio tramandatoci dai classici : soli però discordi nel considerare l’essenza e la funzione dell'arte. Un caso, fra i tanti, é d'una evidenza significativa. Un dramma di Victor Ducange Trente ans, oh la rie (l’un jotieiir. rappresentato per la prima volta a Parigi nel giugno del 1827. aveva sollevato in Francia accese polemiche. L’autore di esso, rompendo la tradizione classica, non aveva tenuto alcun conto delle famose unità; invece di ventiquattr’ ore 1' azione durava trent’ anni ; di più, spettacoli d’orrore, sino allora banditi dalle scene, vi erano rappresentati con icastica evidenza. 11 Globe, naturalmente sorto in difesa dell'ardita novità, ne dà ragguaglio ai lettori in un articolo tra l’ironico e il serio, non privo di spunti polemici; ed esaminatane la trama, ■conclude dichiarandolo il dramma più completo e vigoroso: anche le scene spaventose, orribili, si giustificano cogli effetti salutali che devono produrre sugli spettatori (1). (1) " Enfant au premier acte et barbon au dernier. C’est là un de vos refrains, bons classiques. Répétez — le en choeur avec accompagnement de soupirs et de do-léances. Pleurez sur vos chères unités de temps et de lieu. Les voilà encore line foia violées avec éclat. Pleurez aussi, rimeurs tragiques: c’en est fait de vos productions •compassées, froides et pàles — le mélodrame les tue, le mélodrame libre et vrai, plein — XII — Il Mazzini a sua volta, informandone un anno dopo i lettori dell’ Indicatore Genovese, giustifica la violazione delle famose unità e mette in campo il problema ben altrimenti importante della funzione dell’arte. «....Questo dramma — egli dice — è una tremenda lezione; e fu ascoltato dal pubblico con silenzio e commozione profonda, nonostante i trenta anni ; perchè al pubblico che non sa d’Ari-stotile, basta l’essere avvertito delle concessioni, che lo scrittore esige, semprechè giovino all'interesse, ed all’effetto dell'azione. La controversia dell'unità è vieta ormai per chi lui senno » come ben bau dimostrato lo Schlegel, il Visconti, il Manzoni. Ma anche se dalla trascuranza di tali regole i( potesse nascere una lieve inverosimiglianza, io stimerò buona cosa se a prezzo d'una lieve inverosimiglianza avrò ottenuta una lezione importante. Tristo, chi giudica del merito intrinseco d' un dramma coH’oriuolo alla mano!» (1). E qui — come faran tra pochi anni altri grandi italiani quali ad esempio i due suoi degni avversari Cesare Balbo e Ila-rione Petitti (2) dà una lezione di virilità agli smidollati contemporanei letteratoidi. « V'ha una classe di critici — scrive alludendo alle polemiche letterarie di questi anni — i quali si lagnano che si presentino agl'italiani spettacoli d'orrore, a cui le loro menti ripugnano ; ed affermano, che uno sgherro, un assassino, un falsario son fuori dei limiti, che si assegnano all’arti d’imitazione...-». Non si <( condannino a imbambolire tra le inezie le menti italiane, alle quali Dante offriva un dì la pittura d'un uomo, che rode il teschio ad un altro; e d'un padre, tratto dagli orrori della fame a pascersi delle carni de’ tìgli, perchè sperava ritrarli dalla ferità dei supplizi ; e il cielo d'Italia era sereno, come a' dì nostri. Io so che il sorriso d'un bel cielo azzurro, in una serena notte d’estate, è bello e commuove l’anima innamorata ad una ineffabile dolcezza. Ma so pure che il fremito de vie et d'energie, tei que le fait M. Ducange, tei que le feront nos jeunes auteurs après lui... « C’est le drame le plus complet et le plus vigoureux que j’aie vu. Il est impossi-ble de donner une idée de Teff et qu’il produit. « Une foule de scènes pathetiques, des situations déchirantes et d’effrayantes ca-tastrophes portent la pitié et la terreur au plus haut degré. La verité est partout une, odieuse, épouvantable. Est-ce un mal? faut-il blàmer l’auteur d’avoir été si loin ? Je ne le puis. Le vice est horrible, ses résultates sont horribles : le tableau ne pouvait étre couleur de rose. Ce ne sont pas les lecons agréables qui corrigent. Que les joueurs, que les hommes d’état qui leur tendent des pièges, que nos faiseurs de loi aient des serrements de cceur et des attaques de nerfs; qu’une impression péni-ble les suive hors du theàtre et qu’un douloureux cauchemar pése sur leur sommeil ... tant mieux ! Il leur viendra peut-étre de salutaires réflexions...... (Ved. Theatre de la Porte Saint Martin, Irente ans, ou la vie d’un jouer, in Globe cit., 23 giugno 1827). (1) Ved. G. Mazzini, Scritti, E. N., I, 57. (2) Il primo nelle Speranze d’Italia, il secondo nel Giuoco del Lotto ecc. XII f della tempesta, e del mare agitato è sublime; e rapisce l'uomo al freddo calcolo, e all’egoismo individuale. «....Le potenti lezioni non vanno mai disgiunte dalle grandi scosse. L’uomo, che avrà impallidito, e fremuto alla rappresentazione del delitto, è più lontano da quello. Non temete di muovere fortemente l’immaginazione, e la sensibilità dei vostri fratelli, purché la vostra pittura ponga ad essi sott’occhio una verità morale. I veri contini dell’arte sono tratti dall’utile, e dall’inutile » (]). E’ superfluo notare la falsità delle basi di questa definizione in problemi tanto dibattuti ; ed altresì mettere in rilievo che appunto sulla diversa valutazione del problema estetico il Mazzini differisce dai suoi contemporanei francesi, coi quali è al-leatoper la buona battaglia. E’ opportuno qui però osservare che il critico del Ducange non é solo, e la voce del giovane apostolo non é unica ; perchè se il Mazzini tra qualche anno disegnerà di tradurre e pubblicare in Italia il dramma del Werner 24 Febbraio, non si deve dimenticare che già nel 1827 il Rémusat nel Globe lo esaltava come « un drame entier, court à la verité, combiné pour éveiller le seul sentiment de l’hon-neur... » (2). Altri riferimenti non certo occasionali tra la rivista parigina il giornaletto genovese e quello che gli successe, il livornese, possiamo vedere nell’esame fatto del dramma La Jaquerie, scène* féudales, presentato ed esaltato come prototipo della nuova poesia drammatica da Charles Rémusat nel Globe del 28 giugno 1828 e da O. E. Renza segnalato con termini entusiastici ai lettori de L'Indicatore Livornese del fi aprile 1829 (3) e ancora il romanzo dello Scott : Là jolie fille de Pei~th recensito dal Globe del 25 giugno del 1828, é oggetto, un mese dopo, di un lungo articolo del Mazzini su L’Indicatore, nel quale ribadisce il suo concetto dell’utile nell’arte, perchè, nel definire triste il quadro presentato dallo Scott, dichiara ch’esso era un tempo « comune a tutte le genti, e perciò scuola d’osservazioni, e d’insegnamenti a quei, che studiano nel passato, come si guidi al meglio la razza» (4). Lo stesso recensore del dramma La Jaquerie chiarisce il suo pensiero — ben diverso da quello del Mazzini — sulla natura dell'arte. « Deux systèmes opposés — egli dice —- parta-gent les critiques et les artistes. Les uns veulent que les arts se proposent toujours un but morale e soient essentiellement (1) Ved. Trent’anni, o La vita d’un giuocatore, in Indicatore Genovese oit., ago sto 1828. E’ ripubblicato in Scritti, E. N., I, 55-59. (2) Ved. C[harles] RIémusat] Du joueur - Dìi vingt quatre février. De la limite des arts d’imitation, in Le Globe oit., 12 luglio 1827. (3) Ved. Le Globe cit„ 28 giugno 1828; Ved. e., La Jaquerie, Scènes féudales, in L’Indicatore Livornese, Livorno, Vignozzi, n. 7. (4) Ved. The fair of Perth, in Indicatore Genovese cit., 12 luglio 1828, ripubblicato in Scritti, E. N., I, 49-51. — XIV pédagogiques ; les autres croient qu’ils ont pour but la reproduction du beau et ne doivent instruire que par Pimpression toujours morale de la beauté. Nous penchons de ce còté. Et quand nous parlons de la beauté dans les arts, on sait assez que nous ne prétendons pas en exclure le vrai qui est un de ces elements ». Ma qui occorre intenderci : « L’art n’est il pas la reproduction de tout ce qui est vrai? — Sans doute Partiste ne doit nous présenter que le vrai, mais non pas toutes les choses vraies ; le but des arts d'imitation n’est pas seulement, d’imiter, mais de plaire en imitant. Sans doute le plaisir tragique, fondé sur la terreur et la pitié, diffère essentiellement du plaisir ly-rique, romanesque, ou comique ; mais dès qu’une douleur pro-longée nous afflige on peut affirmer que Partiste s’est écarté du but de l’art. Qu’un vieux peintre de Fècole flamande [Antoine Claissens] représente le juge prc'varicateur écorcbé vif par or-dre de Cambyse, il pourra y avoir beaucoup de mérite dans le fané d’un si épouvantable tableau ; mais l’art ne sera pas moins violé ; je détournerai la vue, tandis que je la ramène sans cesse sur les descentes de croix de Rubens et de la Sueur. Tout arti-ste, méme celui qui travaille en vue d’un but moral, ne doit jamais chercher ce but, aux depens de l’art » (1). Come risulta da questo succinto esame, se la teoria del Rémusat non é proprio agli antipodi di quella del Mazzini, una notevole distanza le separa, e non certo in favore del genovese, dal punto di vista esclusivamente filosofico : il che é per noi assai significativo, perchè eloquentemente ci dimostra che nonostante la sua ammirazione per i dottrinari francesi, il Mazzini non abdica alla sua personalità intellettuale, formatasi già attraverso la meditazione sulle opere dei classici, e che lo farà rielaborare le dottrine di cui avidamente fa in questi anni suo prò, in modo da opporsi tra poco ad esse. (1) Ved. Le Globe, cit., 13 giugno 1f XV - III. Il carattere peculiare del periodo storico nel quale si formò la personalità di Mazzini. Il messianismo : Giuseppe De Maistre, V. Gioberti, R. Lambruschini e Gino Capi poni La storia delle religioni e la metodologia storica : Voltaire, Rousseau, De Maistre e Benjamin Constant — Gli appunti del Mazzini sulla origine del mondo e sulle ìeligioni indiana, ebraica, caldea, cinese, greca e sulla funzione del sacerdozio nella vita dei popoli — Un critico della rivoluzione francese : Lombard De Langres — La dottrina di Tliéodore Jouffroy e di Benjamin Constant nei rapporti con quella mazziniana. Queste interferenze che abbiami notato tra gli articoli letterari comparsi sul Gioie ecl i primi scritti dovuti alla penna del Mazzini hanno solo lo scopo di farci penetrare nei segreti di un’esigenza ben più intima e grave, che il genovese non poteva pubblicamente esprimere ; accenniamo al formarsi del suo pensiero religioso, dopo ch’egli ebbe superato la crisi dell’ateismo della sua prima giovinezza. La fine del sec. XVIII ed il principio del XIX sono ricchi di quello spirito così detto messianico, che informa di sé tutto il clima storico immediatamente seguito ai fasti e nefasti della rivoluzione francese. Innumerevoli sono le testimonianze dei contemporanei che ci fanno rivivere questo intenso e diffuso malessere spirituale, ricco però di fermenti nuovi, che viene colto fra gli altri, ma con magistero d’arte, da uno dei rappresentanti più schietti del legittimismo e dell’ortodossia religiosa : Giuseppe de Maistre. L’ argomento dell’ undecimo colloquio delle sue ben note Soirées, scritto ad limina mortis, nel 1821, si aggira appunto su tale problema : « Plus que jamais — esclama il Senateur —, messieurs, nous devons nous occuper de ces hautes spéculations, car il faut nous tenir prèts pour un événement immense dans l’ordre divin, vers lequel nous marchons avec une vitesse accé-lérée qui doit trapper tous les observateurs — Il ivy a plus de religion sur la terre : le genre humain ne peut denìeurer dans cet état — des oracles redoutables annoncent d’ailleurs que les temps sont arrivés.... Il n’y a peut-ètre pas un homme vérita-blement religieux en Europe (je parie de la classe instruite) qui n'attende dans ce moment quelque chose d’extraordinaire : or, dites-moi, messieurs, croyez-vous que cet accord de tous les hommes puisse ètre méprisé ? N’est-ce rien que ce cri général qui annonce de grandes choses? ». Risalite ai tempi della nascita di Gesù e ricordatevi deH’annuncio partito dall'Oriente. Allora le idee che il Salvatore sarebbe apparso « étaient uni-versellement répandues; et comme elle prètaient infìniment à XVI - la poesie, le plus grand poete latin » divenne profeta (1). Proseguendo illustra la concezione che ha del messianismo : « Si vous me demandez ce que c’est cet esprit prophétique, je tous répondrai, (pie jamais il n'y eut dans le monde de f/rands événements qui n'aient étc'l predits de quelqne manière)). Infatti non disse il Pope che il Pollione virgiliano potrebbe passare « pour une version d’Isaie ? Pourqnoi — prosegue — vou-lez-vous qu’il n’en soit pas de mème aujourd’hui ? l’univers est dans l’atteinte. Comment mépriserions-nous cette grande per-suasion ? et de quel droit condamnerions-nous les hommes qui, avertis par ces signes divine, se livrent i\ de saintes recher-ches ? ». Il progresso delle scienze era infatti ormai tale che l'assurdo poteva realizzarsi : « attendez que l’afflnité naturelle de la religion et de la Science les réunisse dans la tète d’un seni homme de genie : l'apparition de cet homine ne saurait ètre éloi-gnée, et peut-ètre mème existe-t-il déjà. Celui-là sera fameux, et mettra fin au XVIII siècle qui dure toujours ; car les siècles intellectuels ne se règlent pas sur le calendrier cornine les siècles proprement dits. Alors des opinions, qui nous paraissent aujourd’hui ou bizarres ou insensées, seront des axiomes dont il ne sera pas permis de douter; et Fon parlera de notre stupidite actuelle comme nous parlons de la superstition du mojen àge ». E qui — ci sia permessa la digressione — la parola stupide — ha un senso ben diverso da quello adoperato dal I)au-det, ch’ebbe tanta fortuna nella nota definizione del secolo XIX, ■e ch’egli trasse probabilmente dal de Maistre, naturalmente senza ricordarlo. Prosegue il filosofo nella sua sagace analisi, e 11011 sembrerà superfluo al lettore che si rileggano queste pagine, perchè l’orecchio esperto risentirà non pochi echi che si ripeteranno più tardi anche nel Mazzini, non perchè il De Maistre abbia influito sul suo pensiero, quantunque ne conoscesse l’opera (2), ma perchè eran idee diffuse universalmente : «Les savants européens sont dans ce moment des espèces des conjurés ou d’initiés ou comme il vous plaira de les appeler, qui ont fait de la sciente une sorte de monopole, et qui ne veulent pas absolument qu’on sa-che plus ou autrement qu’eux. Mais cette Science sera inces-sament honnie par une postérité illuminée, (pii accuserà juste-ment les adeptes d’aujourd’ lini de n’avoir pas su tirer des vé-rités que Dieu leur avait livrées, les conséquences les plus pré-cieuses pour 1’ homme. Alors, toute la Science changera de face: l’esprit, longtemps détròné et oublié, reprendra sa place. Il sera démontré que les traditions antiques sont toutes vraies; (1) Ved. Joseph de Maistre, Les Soirées de Saint-Petersbourg, ou Entretiens sur le gouventement temporei de la Providence, Bruxelles, Société Nationale pour la pro-pagation de3 bons livres, 1838, voi. II, pag. 209-215. (2) Ved. Scritti, E. N., Vili, 174 e passim. - XVII — que le Paganismo entier n’est qu’un système de vérités corrom-jHies et déplacées ; (ju’il snftit de les nettoyer pour ainsi dire et de les remettre à leur place pour les voir briller de tous rayons. « E11 un mot toutes les idées ehangeront : et puisque de tous còte une fonie d’élus s’écrient de concerte : Venez, Seigneur, venez! pourquoi blàmeriez-vous les hommes qui s’élancent dans cet avenir majeusteux et se glorifient eie le deviner? Cornine les poétes qui, jusque dans nos temps de faiblesse et de déeré-pitude, présentent encore quelques lueurs pales de l’esprit pro-phétique qui se manifeste chez eux par la faculté de deviner les langues et de les parler purement avant qu’elles soient for-mées, de mème les hommes spirituels éprouvent quelquefois des moments d’enthousiasme et d’inspiration qui les transportent dans l’avenir, et leur permettent, de pressentir les événements que le temps murit dans les lointain » (1). Occorre non illudersi : « dans notre Europe, quel specta-cle s’offre a l’ceil religieux ! Le Christianisme est radicalement détruit dans tous les pays soumis à la réforme insensée du XVI siècle ; et dans vos pays catholiques mèmes, il semble n’exister plus que de noni. .Te ne prétends point piacer mon Eglise au-dessus de la vòtre ; nous ne sommes pas ici pour disputer. Hélas ! je sais bien aussi ce qui nous manque ; mais je vous prie, mes bons amis, de vous examiner avec la mème sincérité : quelle haine d’une còte, et de l’autre quelle prodigieuse indifférence panni vous pour la religion et pour tout ce qui s’y rapporto ! quel déchaìnement de tous les pouvoirs catholiques contre le chef de votre religion! à quelle extremité l’invasion générale de vos principes n’a-t-elle pas réduit chez vous l’ordre sacerdo-tal ! L’esprit public qui les inspire ou les imite s’est tourné en-tièrement contre cet ordre. - C’est une conjuration, c’est une es-pèce de rage ; et pour moi je ne doute pas (pie le pape n’aimàt mieux traiter un^ affaire ecclésiastique avec l’Angleterre qu’a-vec- tei ou tei cabinet catholique que je pourrais vous nommer. Quel sera le résultat du tonnerre qui recommence à gronder dans ce moment ? ». Quello di perdere dei milioni di fedeli, perchè nè una politica di tolleranza sarebbe valso a stornarlo, nè una di forza perchè non più posseduta dalla Chiesa. Che rimane dunque a fare ? « Contemplez ce lugubre tableau ; joignez-v l'attente des hommes choisis, et vous verrez si les iliuminés ont tort d’en-visager cornine plus ou inoins prochaine une troisième explosion de la toute-puissante bonté en faveur du genre humain. Je ne finirais pas si je voulais rassembler toutes les preuves qui se réunissent pour justifìer cette grande attente. Encore une fois, ne blàinez pas les gens qui s’en occupent et qui voient, dans la révélation mème, des raisons de prévoir une révélation de la révélation. Appelez, si vous voulez, ces hommes illimiinés; je (1) Ved. op. cit., pag. 221. — XVIII — serait tout à fait d'accorci avec vous, pourvu que vous pronon-ciez le noni sérieusement... Tout annonce, et vos propres obser-vations mème le démontrent, je ne sais quelle grande unité vers la quelle uoits marchons à grands pas. Vous ne pouvez donc pas, sans A*ous mettre en contradiction avec vous mème, condamner ceux qui saluent de loin cette unité, comme vous le disiez et qui essaient, suivant leurs forces, de penétrer des mystères si re-doutables sans doutes, mais tout à la fois si consolant pour vous » (1). Altri spiriti di contemporanei, anche in Italia, sono orientati nello stesso senso, pur essendo assai distanti dal de Maistre per la concezione religiosa. Il Gioberti non scrive all’amico I nia « siam presso, mio caro, alla fine del mondo ; ma del mondo antico, donde sorgerà il nuovo? Ogni libro, ogni scuola, ogni evento, chi sappia intenderlo, l’anniniziano » (2). Gino Capponi a sua volta si rivolge anch’egli a Raffaello Lam-bruschini, appunto in questi anni affermando che al « vecchio non si crede più, e il nuovo non si conosce ancora » e giustifica tale stato di cose con il dubbio a e non sarebbe egli dato agli uomini questo sentimento della provvidenza universale, solamente come mezzo d'azione, come una forza liberata destinata temporaneamente ad attirare la rigenerazione? » (3). Il Lambrusc-hini negli stessi mesi, scrivendo probabilmente al Capponi ed al Tommaseo, esclama anch’egli : « miei amici, voi lo vedete come me : una gran crisi si va preparando pel genere umano. Nuove idee, nuovi bisogni si sono manifestati al sorgere di nuove generazioni, che consapevoli delle proprie forze e dei proprj lumi non soffrono più la dipendenza della minorità, e domandano ad ogni patto l’emancipazione. Una folle ed ingiusta resistenza che si ostina a negare ogni diritto ad uomini divenuti adulti, può, se trionfa, ripiombarli ancora una volta nella schiavitù dell’ignoranza, nella barbarie.... Ciò è vero in politica, e non lo è nulla meno in Religione. I danni che ci sovrastano da questo secondo lato... sono il motivo che m'induce ad aprirvi il mio cuore, e comunicarvi le mie idee sulla Religione, a domandarvi le vostre, e a supplicarvi istantemente che vogliate unirvi meco per metter in quella maggior luce che da noi si possa certi principi fondamentali, intorno ai quali vengono a radunarsi quante si hanno menti ben fatte ed anime religiose1)) (4). In questo clima storico si svolge la vita interiore del Mazzini, il quale sente anch’egli che il momento in cui vive é fervido di promesse, perchè un’epoca si chiude, ma un'altra ne sorge dai suoi detriti. (1) Ved. op. cit., pagg. 220-224. (2) Ved. V. Gioberti, Epistolario, E. N., Firenze, Vallecchi, 1927, II, pag. 138. (3) Ved. A. Gambabo, Riforma religiosa nel Carteggio inedito di Raffaello Lamini-sellini, Torino, Paravia, 1924, voi. II, pag. 17. (4) Ved. A. Gambabo, Riforma religiosa ecc., cit., voi. II, pagg. 24 e 25. — XIX — Il millenium non lo interessa soltanto dal punto di vista di curiosità storica, benché certi appunti che ritracciamo nei suoi zibaldoni potrebbero anche farcelo sospettare (1), ma la manifestazione della crisi di pensiero ch'esso rappresenta, non é che uno stadio della storia delle religioni verso la quale il suo spirito é tutto proteso in questi anni, dopo cioè che la fede nella religione dei padri é perduta e la nuova non é ancor sorta; ma già é in lui sorta una luce, che 1 ha fatto abbandonare lo scetticismo disperato e lo induce con l’ardore del neofita alla ricerca di una verità, senza cui la vita non é da uomini, ma da bruti. La storia — nella più ampia accezione del nome — lo attrae ; ed a essa si volge, non negando il movimento intellettualistico del secolo XVIII, che non poteva evidentemente essere negato. ma superandolo appunto attraverso una nuova concezione della storia. Il Rousseau aveva considerato le religioni come le manifestazioni più alte della civiltà nei suoi varj sviluppi ; ed il Mazzini che già nel 1822 aveva preso buona conoscenza degli scritti del grande francese, non soltanto ne accetta l'interpretazione (il Rousseau, del resto, non era stato il primo a considerarla sotto tale punto di vista) e segue con vivo interesse il dibattito che si veniva combattendo fra il Lamennais ed il Constant su l’interpretazione intellettualistica del fenomeno religioso. Il Lamennais della prima maniera, polemizzando con il Rousseau, nell’ Essai sur l’indifference, che il Mazzini aveva già letto nel 1822 (2), l’avea accusato di eresia per aver affermato esser necessario lo studio delle singole religioni dalle origini del mondo al cristianesimo, per poter con cognizione di causa decidere quale fosse la migliore e quindi quella da prescegliersi. L’attacco non era garbato ad un altro spirito acuto e sagace (3), militante fra i liberali più accesi, ch’era stato costretto insieme con la De Staél — cui fu pure strettamente unito non soltanto da affinità intellettuali — a cercare scampo nell’esilio poco dopo il colpo di stato del 18 brumaio. Svizzero di nascita, ma francese d’elezione, aveva anch’egli subito l’influenza dei tempi ed in un’opera ricca di informazioni anche se alquanto superficiale, era venuto studiando l’evolversi appunto della storia delle religioni, seguendo la strada indicata dal Rousseau, del quale condivideva pure la persuasione che non era necessa- (1) Zil. I. 233. (2) L'Essai è compreso nell’elenco dei libri letti nel 1822. Ved. Zìi. Ili, p. 4. (3) « Vous avez accuse Eousseau — scriveva polemizzando con l’autore dell’Essai sur l’indifférence — de vouloir qu’on étudiàt sur les lieux toutes les relìgions du glo-ble, pour distinguer la religion véritable; et en défigurant ainsi sa pensée, vous vous ètes ménagé un facile triomphe. Mais le mème pélerinage que vous lui reprochez de proposer sera nécessaire pour nous assurer de ce que dit la raison universelle ou l’autorité du genre humain ». (Ved. De la religion considerte dans sa source, ses for-mes et ses déreloppements. Par M. Benjamin Constant, Paris, Pichon et Didier, 1830, Voi. I, pag. 273). — XX — rio riconoscere alcuna specie di sovranità sia religiosa die politica. perchè soltanto l'individualismo il pili schietto sarebbe quello che avrebbe trionfato nell'evolversi progressivo dell' lima nità. Il Mazzini, non accetta le conclusioni nè dell'uno uè dell'altro : per lui infatti le ((forme si modificano e si dissolvono» e quindi <( le religioni s'estinguono. Lo spirito umano le abbandona. come il viaggiatore abbandona i fuochi che lo scaldarono nella notte, e cerca altri Soli. Ma la religione rimane... » (1). Partendo da tali presupposti si rifa per suo conto a ricostruire la storia degli eventi umani dalle origini ai suoi giorni, avendo riguardo specialmente al l’evolversi dell’idea religiosa. Ritroviamo la prova di questa sua ricerca in abbondantissimi appunti da lui presi in questi anni nei suoi preziosi zibaldoni, riguardanti l’origine della terra e degli uomini attraverso la storia, la scienza e la leggenda (2). Egli, diligentemente, annota, senza alcun commento, ma talvolta, come uno sprazzo di luce una sola frase, un solo giudizio illumina senza possibilità d’equivoci il suo spirito assetato di sapere, ma altrettanto insofferente delle parole vacue e delle frasi senza significato. A proposito della frase biblica attribuita a Mosè : Dio disse e la luce fu, egli ad esempio commenta : « Io cercava delle ragioni e non delle figure rettoriche ». Le tradizioni e le leggende religiose hanno sì un'importanza. ma son esse in contraddizione o son confermate dai più reti) Ved. Scritti, E. N„ VI, 324 [1835]. (2) « Pitagora cavò l’origine del mondo — egli scrive riassumendo conclusioni tratte da varie letture — dalla scienza dei numeri. — Egli eredette provarlo, dicendo : ciò che precede i corpi nell’ordine della natura dev’essere il principio dei corpi: ora i numeri hanno preceduto i corpi nell’ordine della natura ; dunque ecc. Non si chiese a lui cosa poteva precedere i corpi; ma gli si negò la minore; egli intese di provarla così : di due cose la prima è quella, che può concepirsi senza l’altra, e la seconda quella che non può essere concepita senza l’altra; ora i numeri possono essere concepiti indipendentemente dai corpi; non, già. i corpi senza i numeri; dunque i numeri sono anteriori ai corpi. Ciò è citato presso Scipio Aquilian; De placitis pliiloso-phorum ante Aristotelem. » (Ved. pure i giudizi ch’egli darà più tardi della scuola pitagorica in Scritti, E. D., VII, 176, [1849] e E. N., XLVI, 181, [1832]. E ancora sull’origine del mondo nella stessa pagina trae dal voi. I della Byzan-tinae historiae scriptores varii (Georgi Syncelli, Chronografia graeca et latina, cura notis Jac. Goar, Parigi, 1652), questa nota sulla religione caldea : « Beroso pensava così dell’origine degli uomini. Fu un tempo in cui tutti gli elementi confusi eran dispersi nella notte del Caos : non vi erano che i mostri, che fossero organizzati, ed ubbidivano ad una regina chiamata Omercah ; un giorno il Dio Belo non avendo altro a fare tagliò per divertirsi questa donna in due e formò dei suoi due tronchi il cielo, e la terra ; allora tutti i mostri perirono. « Siccome in questa origine dell’universo, gli dei non sapevano produrre che distruggendo, saltò fantasia al medesimo Belo di farsi tagliar la testa, per popolare il mondo, che aveva creato : gli immortali con cui viveva, gli resero questo servizio ; e la terra bagnata dal suo sangue produsse gli uomini. Questo sangue è il principio della nostra intelligenza; — Frammento di « Beroso» conservato da Syncelle ». Sulla religione egiziana ritroviamo ancora, sempre nella stessa pagina, queste altre annotazioni tolte dal Systema intellectuale huius liuniversi di Raffaele Cund-worth, edito a Lione nel 1773 : « I Sacerdoti di Serapide mostravano un geroglifico, — XXI — centi risultati scientifici ? 11 Mazzini si pone evidentemente questo problèma se, dopo aver attentamente letto uno studio prettamente scientifico d’archeologia e di geologia, riassume interi capitoli e trascrive numerose pagine del « Discours sur les révolutions de la surface du Globe, et sur Ics changements qu’elles ont produit dans le règne animai », dovute ad uno scienziato francese allora in grande fama, Giorgio Cuvier (1), il quale sfrondando non poche leggende deve soddisfare l’esigenze del Mazzini, che, di fronte alle dimostrazioni dello scienziato francese sulle varie trasformazioni subite dal globo e sul valore da attribuirsi ai primi monumenti storici, e soprattutto alla Genesi, da lui attribuita addirittura a Mosè, non avrà più i>en-sato ch’era rettorica quanto leggeva. Ed infatti a Mosè, nellf poche pagine ch’egli ci lasciò sulle religioni primitive, egli at tribuisce il merito di aver per primo « manifestato altamente » che rappresentava un essere, la cui testa era coperta di piume : che aveva uno scettro alla bocca, e un uovo mostruoso le usciva da questa parte; dicevano questi essere il supremo architetto, il Cnephi; le piume, che adombravagli la testa denota/re il suo potere supremo, ed il suo uovo il mondo. Ved. Eusebio, ed il Sistema intellettuale di Cundworth « (In Ztb. I, pag. 68). Prosegue nella trascrizione delle varie tradizioni sull’origine dell’uomo : « Mosè, uomo singolare, che faceva grandi miracoli, uno dei più singolari dei quali era di essere nel medesimo tempo balbettante ed eloquente diceva : Le tenebre erano sulla superficie dell’abisso; Dio disse; e la lumiera comparve; io cercava delle ragioni, e non delle figure rettoriche ». Egli ancora annota : « Chab-Jedi, filosofo d'Oriente nel suo libro intitolato i sette re, dice: Joghi quen ol didi saroldi aalem : Niente esistendo, Dio disse Sii, e tutto esistette — La Verité — tomo I, pag. 172 ». E su Mosè ancora : « Il retore balbettante fissa il tempo impiegato da Dio a creare il mondo a sei giorni; Zoroastro lo fissa a 375 giorni — Vedi Hyde, de relig., veter. Persar. ». Da Francesco Bernier (Ses Voyages, Amsterdam, 1724) trae la seguente notizia : « Bernier ne’ suoi viaggi riferisce l’opinione di un bramino, che credeva che quando Dio crea, egli non fa che cavare gli esseri dalla propria sostanza, come il ragno cava la tela dalle sue viscere; e quando distrugge la sua opera si contenta di riporli nel suo seno ». (In ZÌI). I, pag. 58). (1) Dopo aver annotato le varie trasformazioni geologiche della terra, prosegue : « La chronologie d’aucun de nos peuples d’Occident ne remonte, par un fil continue, à plus de trois mille ans. Le Nord de l'Europe n’a d’histoire que depuis sa conver-sion au christianisme : l’histoire de l’Espagne, de la Gaule, de l’Angleterre, ne date que des conquètes des Romains : celle de l’Italie septentrionale, avant la fondation de Rome, est aujourd’hui à peu près inconnue. Les Grecs avouent ne posséder l’art d’écrire que depuis que les Phéniciens le leur ont enseigné il y a 33, ou 34 siècles — long-temps encore depuis, leur histoire est pieine de faibles — et ils ne font pas re-monter a 300 ans plus haut les premiers vestiges de leur réunion en corps de peuples. — Nous n’avons de l’histoire de l’Asie Occidentale que quelques extraits de suite, qu'à 25 siècles (à Cyrus environ 650 ans avant J. C.), et en admettant ce qu’on en rapporte de plus anciens, on s’éleverait a peine a quarante. « Le premier historien profane dont il nous reste des ouvrages, Herodote n’a pas 200.000 ans d’ancienneté. Les historiens antérieurs qu’il a pu consulter ne datent pas d’un siècle avant lui. « Avant eux on n’avait que des poètes et Homère, le plus ancien, qu’on possède, n’a précedé notre àge que de 2700, ou 2800 ans. Quand ces premiers historiens par-lent des anciens événemens soit de leur nation — soit des nations voisines, ils ne ci-tent que des traditions orales, et non des ouvrages publics. Ce n’est que long-temps après eux, que l'on a donne de prétendus extraits des annales egyptiénnes, phéni- — XXII — l’unità del genere umano, « ma colla restrizione funesta che un solo popolo era l’eletto di Dio » (1). Avanti Mosè « i primi uomini sentivano Dio, ma senza intenderlo. senza pur cercare d’intenderlo nella sua legge » egli scriverà più tardi (2) ; per ora egli non tralascia di indagare attraverso innumerevoli letture come sorse e che funzioni ebbe il sacerdozio nelle prime età dell’uomo (3), indagine diretta- ciennes, et babiloniennes. Berose n’écrivit que sous le règne de Seleucus Nicator, H.veroni me que sous le règne de Ptolomée Philadelphe. Ils sont tous les trois seulement <ìu troisième sièole avant J. C. — Que Sanchoniaton soit un auter véritable, ou sup-posé. on ne le connaissait point avant que Pliilon de Byblos en eut publié une tra-duction sous Adrien. Dans le second siècle après J. C. et quand 011 l’aurait connu. l’on n’y aurait trouvé pour les premiers tems, comme dans tous les auteurs de cette espèce, qu’une tliéogonie puérile, ou une métaphysiq'ue tellement deguisée sous des allegories, qu’elle en est méconnaissable. « Un seul peuple nous a conservé des annales écrites en prose avant l'époque de Cyrus : c’est le peuple Juif. « La partie de l’ancien Testament, que l’on nomme le Pentateuque existe sous sa forme actuelle au moins depuis le schisme de Jeroboan, puisque les Samaritains la xefoivent, comme les Juifs, c'est à dire, quelle a maintenant plus de 2800 ans. ■> Il n’y a nulle raison pour ne pas attribuer la rédaction de la Genàse a Moise lui-mème. ce qui la ferait remonter a 500 ans plus haut, à 33 siècles; et il suffit de la lire pour s’apercevoir qu'elle a été composé en partie avec des morceaux d’ouvrages antérieurs; on ne peut donc aucunemeiit douter que ce ne soit l’écrit le plus ancien dont notre occident soit en possession. « Or cet ouvrage, et tous ceux qu’ont été faits depuis par quelques étrangers — que leurs auteurs faissent et à Moise — et à son peuple — nous présentent les nations des bords de la Mediterranée comme nouvelles : ils nous les montrent encore tìemi-sauvages quelques siècles auparavant; bien plus, il nous parlent tous d’une cata-strophe générale, d’une irruption des eaux, qui occasionne une régéneration presque rtotale du genre humain, et ils n’en font pas remonter l’époque a un intervalle bien éloigné. « Les textes du Pentateuque qui allongent le plus cet intervalle ne déplacent pas plus de 20 siècles avant Moise, ni par conséquent à pltfs de 5400 ans ». Ed ecco infine la conclusione : « Je pense donc avec Delue, et Dolomien, que s’il y a quelque chose ’de constater ■en geologie, c’est que la surface de notre globe a été victime d’une grande, et sublime révolution, dont la date ne peut remonter 'beaucoup au delà, de cinq, ou six mille ans; que cette révolution a enfoncé, et fait disparaìtre les pays, qu’habitaient auparavant les hommes, et les éspèces des animaux aujourd’hui les plus connus ; qu’elle a, au contraire mis a sec le fond de la dernière mer, et en a forme les pays aujour-lein, une telle surabondance d’individus, que le globe ne pourrait ni les nourrir, ni les eon-tenir.... (1). « Rome, pour sa prosperité, mais pour la mine du monde, s’avisa de ce qu’il y a de plus énergique dans les ressorts d’un gouvernement, et de plus infame dans la politique. (( Pouvez-vous bien allier le noni de Rome avec celili de la Liberté? Quoi ! un Dictateur, puis des eonsuls, puis des pa-triciens de diverses classes, des chevaliers, des plébéiens, des affranchis, et des esclaves : quelle egalité ! Pour se repaitre de sang, Rome faisait égorger sous ses yeux jusq’a dix mille gladiateurs en un jour, et ces boueheries appellant la vengean-ce des peuples, faisaient fremir de rage les peuples, que Rome appelait barbares. Rome dépeca l’univers, comme le vautour fait du passerau. Colosse monstreux, insatiable, elle accula les nations aux pòles : le reflux devait l’engloutir ; il le flt ; mais trop tard. Sur une espace de quelques milles, Athènes et Sparte enfantent des miracles plus éclatans, que ceux de Rome, portant son aigle au faite du Canea se. Aristide insc-rit son noni sur la coqueille, Socrate boit la cigué, Léonidas part pour les Thérmopyles ; pleurez, jeune homme, c’est la vertu, c’est l'hé-roisme, c’est le saint amour de la patrie, e’est le soufflé de Dieu animant ces grandes àmes : pleurez, ou vous n’etes pas digne de vivre. « Mais dans ces gouvernemens populaires, me c-iteriez vous beaucoup d’hommes recommandables par leurs talens, ou leurs vertus, qui ne soient pas morts dans l’exil, dans la fosse, de poison, ou de la hache du licteur ? mais, me direz-vous, il est beau de mourir vertueux, et de laisser un grand noni. Sans doute, et penser ainsi, c’est déjà rèver l’immortalité, mais pour cinq, ou six noms qui passeront à la posterité, faut-il donc que leur aurèole soit achetée par le bouleversement, et le sang de tout un peuple ? « Le laboureur qui recueille en paix, le marchand qui tra-fique sans alarmes, n’est-il pas plus lieureux sur son champ, à son comptoir, qu’autour de la tribune aux harangues, ou se retirant sur le mont Aventin ? « Croyez-moi, quand son sommeil n’est pas c-elui de l’ex-clavage, le bonheur d’une nation est dans sa tranquillité ; et l’histoire qui déposerait le niieux sur la felicité d’un peuple, s’il était possible qu’il existait une pareille histoire, serait celle, 011 il ne serait question ni de généraux, ni de pliilosophes, ni d’orateurs; et (pii, par sa sterilite, vous endormirait en lisant. (1) I puntini qui e altrove, sono nell’autografo. — XXVIII - (( Qu’est-oe que la renommée ? La pomme du lac Asphalte, (]u<* ne laisse que de la cernire sous le dent du voyageur alteré. « Mue par des sentimens géiìeréux, votre àme s’èia noe dans un monde idéal ; vous avez dit que le sort de l’espèce liumaine allait recevoir de Pamélioration : pure chimère. Tout dans la nature n'est (pie contraste, varieté, opposition. lei une terre fertile, là un désert. Au phisique comme au inorai, il n'est qu'une portion de lumière donnéé à la terre; quand une partie du globe est eclairée, Pautre est dans l’obscurité. Il n’est pas de l'essence des choses, (pie toutes les nations soient poli-cées à la fois ; et quand des peuples naissent à la civilisation, d’autres rentrent dans la barbarie. «Le mouvement de la nature est snivi par l’homme.: ce qu’aujourd'lnii il édifie, demain il le détruit. La terre ne cou-vre que débris : les obelisques, les colonnes de Thèbes, d’Athè-nes, de Rome, de Palmvre ne sont plus pour nous (pie des tor-ches funèbres. Le sépulcre lui-mème est sujet à la mort, et le présent n'est que la répétition du passé. Il fa ut des siècles pour fonder un empire, un jour suflìt pour le renverser...... « La postérité vous sobrit, mais que c’est que donc cette postérité? Elle se compose des hommes instruits qui viendront après nous. En prenant les hommes en masse en est-il un sur deux cent mille, (pii soit instruit ? Sur deux cent mille, en est-il un (pii sache qu’Hesiode, et Brennus, Thémistocle et Philippe ont vegli? Et voilà votre avenir, votre gioire, votre postérité: un homme sur deux cent mille. Toujours la multitude — toujours le peuple à l’écart et c’est pour lui cependant qu’on veut tout faire....... (( Il y a aujourd’hui gràre à l’iniprimerie, sur la surface de l’Europe, plus de livres de morale, de controverse, de poli-tique, de législation, et d’histoire que ni* pourrait-on lire un homme qui vivait quatre siècles. Qu’a produit un pareil débor-dèment, (pii ne peut plus que croìtre, et étendre ses ravages ? L’incertitude. « L’on est venu aujourd’hui à disputer de toutes choses. A force de subtilités, nous nous écartons plus de la vérité par le savoir, que l’on n’a jamais fait de l’ignorance; parceque, comme Pa dit un sage, l’eft'et des opinions nmltipliées au delà des forces de l’esprit, est de produire des contradictions, et d’é-branler la certitude des principes. Deplorable manie! Le savant jtasse sa vie à ne point croire ce qu’il veut, et à tacher de deviner ce qu’il ne voit pas........ « Rien de si pompeux que l’Egypte, de plus imposante que Rome, de plus policé (pie la (ìrèce : et pour ces peuples l’irn-primerie n’existait pas. Loin de marclier les égaux des anciens dans tout ce qui est sage, grand, beau-nous nous trainons sur leurs pas. Et de ce que nous les surpassons en géométrie, en Ithysique, nous sommes loin de pouvoir en conclure que dans — XXIX — tout le reste nous raisonnons avec plus de justesse. Des jon-gleurs, et après eux, des idiots de bornie foi, repètent (pie Pes-pèce liumaine marche à la perfectibilité. Pauvres gens! si le sciences exactes on fait des progrès, si l’esprit a raffi né sur j tout, est-ce donc (pie depuis Socrate, depuis la création, le coeur de l’homme a éprouvé de nouvelles passions, a découvert de nouvelles vérités? S’il est vrai que le luxe, les arts, et l’élo-quencé, et surtout la fureur du raisonnement, sont chez une nation les avant eoureurs de sa mine prochaine, ne dirait-on pas au contraire, et avec autant de justesse que cette épidémie de vouloir perfèctionner le globe meno illuminati. Essi saranno apostoli o proseliti della nuova fede. Questa fede è già nata nello spirito dei più, é attesa da tutti e si manifesta in una vaga inquietudine ch’essa sola può calmare. Gli antichi capi non possono più far nulla e nonostante i loro sforzi hanno formato uomini più malvagi che temibili. La forza del partito non ha più consistenza : cadrà in polvere al primo segno. Due cose ormai sono inevitabili : che la fede novella sia manifestata ed invada tutta la società. Quali circostanze particolari determineranno il suo apparire un giorno piuttosto che un altro, qui piuttosto che altrove, non si può prevedere. Ora il potere si disorganizza da solo, lasciando libero il campo a chi vuol succedere; ora un avvenimento ester- XXXVII — no lo caccia e determina il manifestarsi della verità ; ora un fatto accidentale assolutamente imprevisto introduce sulla scena un uomo che parlando suscita l’incendio : ora un profeta che non può resistere alla verità da cui é invaso. L’uomo, il luogo, l’occasione, non contano : sempre accade che la forza delle cose rende inevitabile una manifestazione ch’essa ha prima preparato, e di cui ha abbattuto precedentemente gli ostacoli. Così si compie la rovina del partito dell’antico dogma e ravvenimento del nuovo. Quanto] al vecchio dogma, esso è morto da molto tempo (3). Il .Touffrov in questa appassionata difesa dei diritti dello spirito contro le vuote formule, rappresenta, forse inconsciamente, quello spirito messianico che ha le sue origini nel settecento e che risale ai mistici tedeschi ; egli intende giustificaie storicamente lo stato d’animo della generazione che é sua, potremo forse dire anche del nostro secolo (2), e che sarà espresso mirabilmente da grandi mistici, fra i quali dobbiamo annove rare il Mazzini. Anch’egli era convinto che il tempo in cui viveva era « una epoca di disfacimento, d’anarchia morale, di nullità, di fede ». Ma era pure convinto che l’anarchia non poteva durare (3). .(1) Ved. Le Globe, cit., 24 maggio 1825. (2) Ancor oggi si afferma che l’Europa si trova ad un’epoca critica della storia, analoga al sorgere del cristianesimo, quando il paganesimo si trovò in conflitto con la nuova credenza. « Pourquoi — si domanda Gustavo Le Bon — à certains moments, les croyances envahissent-elles l’esprit au point de le dominer entièrement et pourquoi, après une période plus ou moins longue, subissent-elles la loi commune qui condamne l’immatériel, aussi bien que le matériel, à pàlir puis à disparaitre? « L’observation démontre que les croyances s’usent avec le temps. Mais pour qu’el-les perdent entièrement leur prestige sur les àmes il faut qu’une foi nouvelle Vienne les remplacer. « Le processus de cette évolution se révèle toujours le mème. Le pouvoir de la foi, d'abord très grand, finit par décliner et s’affaiblit graduellement jusqu’au jour où, de la croyance primitive survivent seulement les rites et les symboles. Respectée encore, l’ancienne croyance a perdu en réalité son influence directrice. C’est alors qu’une croyance nouvelle peut germer sur les débris de celle dont vivait seulement le souvenir. « L’impuissance de la raison sur la genèse et l’évolution des croyances est intéres-sante à noter parce qu’elle permet de rectifler certaines illusions historiques. Beau-coup d’écrivains restent encore persuadés que les ouvrages des philosophes, Voltaire, Rousseau, etc., avaient ébranlé la foi religieuse dans l’àme des croyants vers l’épo-que de la Révolution. Il est en réalité douteux que tous leurs volumes aient tran-sformé un seul convaincu en sceptique. Ces oeuvres ne pouvaient exercer d’actìon que sur les àmes dont la foi apparente n’était plus constitué que par la pratique extérieure d’un culte. « Ce phénomène psychologique de l’usure d’urie foi religieuse sert à comprendre pourquoi il est inutile d’opposer d’anciennes croyances à des croyances politiques assez intenses pour constituer une religion. Les croyances passées ne se rajeunissent pas. « L’Europe moderne se trouve justement à l’une de ces époques critiques de l’hi-stoire, analogue au début du cliristianisme où le paganisme se trouva en conflit avec une croyance nouvelle. » (Ved. G. Le Bon, Bases scientifiques d’une philosophie de l’histoire, Paris, Flammarion, 1930, pagg. 190-191). (3) Ved. Scritti, E. N. XXII, pag. 401-403 [18391. — XXXVIII Nel mese stesso in cui sul Globe comparve l’articolo del Jouffroy, era 11 pure state pubblicate nella rivista parigina non poche pagine dell’o/ms di Benjamin Constant, cui già s’è accennato, e precisamente il capitolo « Causes humaines qui, indé-pendamment de sa source divine, ont concuru à son établis-sement ». La direzione informava che in attesa di veder compiuta l'opera, ristampava dalle Encyclopedie moderne l’articolo che si poteva considerare come la sintesi del contenuto del libro (1). Già nell’anno precedente, all’apparire del primo volume Duvergier de Hauranne ne aveva segnalata la grande importanza in due articoli, dichiarando che l’opera del Constant era significativa perchè ben rappresentava le esigenze della nuova generazione, tutta protesa a studi gravi e severi (2), affermando anch'egli che si era ad una svolta tale nella storia, da paragonarsi soltanto a quella dell'avvento del cristianesimo (3). E lo stesso Duvergier de Hauranne in altri numerosi ed ampi articoli recensiva man mano che uscivano gli altri volumi, terminandone l’esame con una protesta assai vibrata, perchè nelle Facoltà di Lettere delle Università francesi non veniva istituito « un cours de religion » (4). Al Mazzini non isfuggì l’importanza dell’opera del Constant, ohe andava incontro alle sue esigenze; e non stupisce quindi ch'egli ne abbia fatto ampi spicilegi nei suoi zibaldoni. E' sempre arduo stabilire se e quanto abbia influito la dottrina di un contemporaneo su quella di un altro, quando si tratta di nobili anime dedite alla ricerca di soluzioni degli stesti) Ved. Le Globe N.N. 7, 10, 12, 17 maggio 1825. (2) « Un caractère remarquable de notre- époque, c’est un goùt prononcé pour les études graves; la jeunesse elle mème le partage. animée du besoin de se forn;er au plus tòt à la Science et à la raison » (Ved. Le Globe, cit., 4 ottobre 1824). (3) « Nous sommes arrivée à une crise tout-à-fait semblable à celle qui a précédé l’établissement du christianisme. Un mouvement religieux se prépare. Quel sera-t-il, et qui le dirigerà? On ne peut le dire. Mais si par hasard il se fait au gré de cer-tains hommes, qui voudraient restaurer les théocraties du moyen àge, ne serait-il pas à craindre que l’aveugle enthousiasme des mystiques et l’imprudente admira-tion des philosophes, pour les religions théocratiques de l’Indie et de l’Egypte ne fussent favorables à des funestes projets ? Ne faudroit-il pas se défier de ces faus-ses préoccupations, et ne serait-il pas temps enfin de voir la vérité tei quel est, c’est-à-dire de reconnaitre le mal qu’a toujours fait aux peuples le pouvoir sacer-dotal quand il s’est emparé de la société, l’a constitutée et gouvernée à son idée? Voyez l’Egypte, voyez l’Inde sourtout, qui vit encore pour notre instruction avec cet attirai! des formes et d’entraves dans lesquelles les prètres l’ont jetée pour ne l’en jamais tirer; voyez-la conquise, esclave, incapable d’indépendance et de liberté, et encore barbare au sein de sa longue mais impuissante civilisation. Il est à croire que rien de semblable ne menace notre avenir, que l’esprit, le véritable esprit du christianisme, ranimé dans les àmes et rendu à sa primitive énergie, repoussera toute tentative; mais s’il défaillait, ce serait en vain qu’on éspérerait recours et salut d’ailleurs : moeurs, industrie, science et philosophie, tout céderait davant une puissance qu’une ferme opposition religieuse est seule en état d’arrèter. Telles sont les idées principa-les qu’a laissées dans notre esprit la lecture du volume [il secondo] que M. B. Constant vient de publier ». (Ved. Le Globe, cit., N. 186. 5 novembre 1825). (4) Ved. Le Globe, cit., 18 novembre 1825 ed 8 settembre 1827. — XXXIX — si problemi, come é il caso del Constant e del Mazzini, di quest’ultimo e del Lamennais, tanto più quando si debba esaminare il pensiero — come nel caso nostro — di chi é indotto dalla natura del suo genio ad accogliere tutto sì, ma allo scopo di modificare l’ambiente intellettuale e morale del tempo che é suo. E’ però significativo che gli appunti tratti dall’opera del Constant, riguardano in gran parte, non la concezione filosofica dello scrittore svizzero, sibbene dati precisi sulla storia delle religioni, certamente con lo scopo di integrare le ricerche storiche già dal Mazzini iniziate, sulla teoria dell’evoluzione del pensiero religioso e soprattutto sulla funzione del sacerdozio nei vari popoli e nelle varie epoche. Pochi, ma assai significativi, sono gii accenni d’altro genere, (die riguardano problemi già da lui postisi, se non risolti. Li ripubblichiamo fruendoli dagli zibaldoni perchè possono portare un contributo, anche se tenue, alla conoscenza della formazione del pensiero religioso del nostro, ed alla tanto dibattuta questione delle influenze da lui subite. Il Constant prima del Jouffroy s’era posto il problema della causa dell’affermarsi e del decadere delle varie religioni; ed il Mazzini annota (pianto riguarda la tesi sostenuta dal filosofo svizzero e cioè che ogni epoca possiede la religione proporzionata ad essa : é un concetto che nella dottrina del Genovese costituisce un caposaldo —• derivante dalla sua fede nel progresso indefinito — e che il Constant non sviluppa che in parte, partendo dagli stessi presupposti del Jouffroy (1). Raccoglie inoltre abbondanti note sul sorgere della religione nei popoli primitivi, come già aveva fatto per altri scritti, come s’è veduto. (1) Kipubblicliiamo la pagina, non senza avvertire che i periodi chiusi in parentesi quadre furono omessi dal Mazzini : « Le sentiment religieux nait du besoin que l’homme éprouve de se mettre en communication avec les puissances invisibles. « La forme naìt du besoin qu’il éprouve également de rendre réguliers et perma,-nents les moyens de communication qu’il croit avoir découverts. « La consécratjon de ces moyens, leur régularité, leur permanence, sont des choses dont il ne peut se passer. 11 veut pouvoir compter sur sa croyance; il faut qu’il la retrouve aujourd’hui ce qu’elle était hier, et qu’elle ne lui semble pas, à chaque instant, prète à s’évanouir et à lui échapper comme un nuage. Il faut, de plus, qu’il la voie appuyée du sufFrage de ceux avec lesquels il est en rapport d’intérèt, d’ha-bitude et d’affection : [destiné qu’il est à exister avec ses semblabes, et à commu-niquer avec eux, il ne jouit de son propre sentiment que lorsqu’il le rattache au sentiment universel. Il n'aime pas à nourrir des opinions que persorme ne partage; il aspire pour sa pensée, comme pour sa conduite, à l’approbation des autres, et la sanction du dehors est nécessaire à sa satisfaction intérieure], « De là résulte à chaque époque l’établissement d’une forme positive, proportion-née à l’état de cette époque. « Mais toute forme positive, quelque satisfaisante qu'elle soit pour le présent, contient un germe d’opposition aux progrès de l’avenir. Elle contraete, par l’effet mème de sa durée, un caractère dogmatique et stationnaire qui refuse de suivre l’intelligence dans ses découvertes, et l’àme dans ses émotions que chaque jours rend plus épurées et plus délicates. Forcée, pour faire plus d’impression sur ses sectateurs. — XL Lo studio del Constant, ricco di informazioni assai diffuse, si prestava infatti più d’ogni altro al fine propostosi dal Mazzini di seguire con un metodo di critica storica lo svolgersi del-la civiltà, considerato nella sua espressione più alta, che é la religione. Rintracciamo infatti oltre alle note sulle prime cause che indussero i selvaggi a credere a una potenza sovrana, altre sull'astrolatria (1), e sull’organizzazione del sacerdozio nei popoli credenti in essa (2), ed in quelli più evoluti ch’eran giunti alla d emprunter des images presques matérielles, la forme religieuse n’offre bientót plus à 1 homme fatigué de ce monde qu’un monde à peu près semblable. Les Idées qu’elle lui suggère deviennent de plus en plus étroites, comme les idées terrestres dont elles ne sont qu une copie, et l’époque arrive, où elle ne présente plus à. l’esprit que des assertions qu’il ne peut admettre; à l’àme, que des pratiques qui ne la satisfont point. Le sentiment religieux se séparé alors de cette forme pour ainsi dire pétri' fìée. Il en réclame une autre qui ne le blesse pas, et il s’agite jusqu’à ce qu’il l’ait trouvée. ■■ Voilà 1 histoire de la religion: on doit voir maintenant que si l’on confond le sentiment et la forme, on ne s’entendra jamais. « En effet, comment expliquerez-vous, sans cette distinction, la suite des phéno-mènes religieux qui frappent nos regards dans les annales des différents peuples ? « Pourquoi, par exemple, lorsqu’une forme religieuse est établie, et que la civi-lisation s’est élevée à un certain degré, l’incrédulité se manifeste-t-elle infaillible-ment avec une audace toujours croissante? La Grèce, Rome, l’Europe moderne, nous démontrent ce fait. « Vouloir l’expliquer par l’ascendant de quelque individus qui tout-à.-coup, on ne sait pourquoi, se plaisent à saper dans leur base des dogmes respectés, c’est prendre l’effet pour la cause, et le symptóme pour la maladie. « Les écrivains ne sont que les organes des opinions dominantes. Leur accord avec ces opinions, leur fìdélité à les exprimer, fondent leur succès. Placez Lucien dans le siècle d’Homère, ou seulement de Pindare, faites naitres Voltaire sous Louis IX ou sous Louis XI, Lucien et Voltaire n’essaieront pas mème d’ébranler la croyance de leurs contemporains ». (In Zib. Ili, pag. 327 - Ved. De la Religion considérée dans sa source, ses formes et ses développements. Par M. Benjamin Constant, Paris, Pichon et Didier, 1830, Voi. I, pag. 35). (1) « La régularité admirable de cet univers ne saurait, dirent-ils, frapper des in-telligences encore dans l’enfance, auxquelles rien ne révèle cette régularité. L’ortìre parait à l’homme ignorant une chose simple. Il n’en recherche point la cause. Ce qui captive son attention, ce sont les convulsions, les bouleversements. L’harmonie des sphères ne dit rien à l’imagination du Sauvage. Mais il prète l’oreille à la foudre qui gronde, ou à l’ouragan qui ébranle la forèt. La Science, dans ses méditations sur les forces invisibles, s’occupe de la fixité des règles. L’ignorance est captivée tout entière par le désordre des exceptions ». (In Zib. II, pag. 328. Ved. Constant, op. cit. voi. I, pag. 214-215). « Il y a des peuples dont toute l’existence dépend de l’observation des astres : soit que leur position locale les invite ou les forces k la navigation; soit que la nature de leur sol leur impose comme condition de leur subsistance ou de leur sùreté, l’exactitude des calculs astronomiques. « Il y a d’autres peuples, chez lesquels abondent des phénomènes de toute espèce, qu’il est salutaire de prévoir, ou qu’il est au moins naturel d’observer, avec une cu-riosité attenti ve ». (Zib. II, pagg. 328-329; Constant op. cit., II, 25). « Il y a donc des peuples qui sont entràinés à substituer au culte grossier que nous avons décrit ci-dessus, l’adoration des astres; il y en a d’autres qu’une nécessitó non moins impérieuse force à l’adoration des éléments ». (Zib. II, pag. 26, Constant op. cit., II, pag. 26). (2) [ii L’Oeganisation du sacerdoce n’a pas été identiquement la mème chez les diverses nations que l’astrolàtrie, ou l’adoration des forces occultes de la nature phi- — XLI — concezione politeista, come i Greci, per i quali il Mazzini ebbe-somma ammirazione, considerandoli il popolo più evoluto della civiltà antica, per il fatto anche della minima influenza che vi ebbe il sacerdozio (1) ; mentre di quello romano, come vedremo, ha ben altro giudizio. 11 Constant si trovava d’accordo qui, con quanto avea scritto Lombard de Langres, nelle pagine che il Mazzini ebbe cura di trascrivere, come abbiam già veduto. sique, avait assujetties au pouvoir des prètres. C'ependant, quelque variées que les formes paraissent, elle peuvent étre ramenées à deux catégories,] les castes ou tri-bus héréditaires, et les corporations desquelles l’élection semblerait avoir eu part ». (Zib. cit. p. 329; Constant, op. cit., II, p. 54). " En Etrurie, les tremblements de terre, les apparitions effrayantes, les miasmes nuisibles, favorisèrent le triomphe du sacerdoce, transplanté dans cette contrée par des colonies de Pélasges qui étaient sorties de Grèce avant les temps héro'iques ». (Zib.. II, pag. 329; Constant, op. cit., II, pagg. 163-164). (1) 'i On peut fìxer l’apogée de la puissance de3 prètres grecs au temps de Sopho-cle. Le sacerdoce dans les tragédies de ce poète, parie un langage tout différent de-celui qu’il tient dans l’Iliade ou l’Odyssée. Agamemnon menace Calchas : mais c’est Tirésias qui menace Oedipe. Il lui dit ces paroles remarquables, répétées par ses suc-cesseurs, sous tant de formes et des nuances si variées : « Je suis le serviteur des Dieux, et non pas le tien ». (Oedipe Roi). Nous faisons donc beau jeu à nos adver-6aires, en choisissant ce moment de l’histoire grecque pour pierre de touche de nos assertions. Eh bien ! à cette époque mème, les prétre3 ne possédaient en Grèce aucun pouvoir civil, politique ou judiciaire. « Ils ne formaient point un corps particulier ou indépendant. Ce sont les propres expressions de l'auteur d’Anacharsis, que en France fait autorità pour tout ce qui se rapporte à la Grece. (Voy. d’Anach. chap. 21). Le monopole de la religion n’était point le patrimoine, soit héréditaire, soit inviolable, d’une seule classe. Aucun lien n’unissait les ministres des différentes temples. (Voy. d’An. ib.). Beaucoup de sacer-doces demeurèrent toujours électifs. Les prètres et prètresses des divinités particu-lières étaient en grande partie nommés par le peuple. A Delphes mème, lieu plus spécialement voué au culte, la pythie était prise parmi les femmes de la ville. (Eurip. Ion. 1320). Dans le mème tempie, le Service du sanctuaire se faisait par les citoyens les plus recomandables, tirés au sort : l’intérieur du tempie, dit Ion (loc. cit. 4±4), regarde-les premiers de Delphes que le sorte désigne. Le second archonte, à Athènes, avait l’administration du culte, et portait le nom d'archonte-roi, en mémoire de l’union antique de la royauté et de la prètrise; mais il n’était pas prètre : le sort le choi-sissait commes les autres archontes (Demosthen. in Neoer). Des épimélètes qui l’ai-daient, deux étaient tirés de la famille des Eumolpides et des Céryces, et deux de la masse du peuple. (Etym. magn. V° Epimélètes). Les Hiérophantides, prètresses des mystères d'Eleusis, devaient à la vérité appartenir toujours à la famille des Phil-léides, mais les matrones athéniennes les nommaient à leur gré dans cette famille. (Worsley; Inscr. nup. edit.). Ainsi, jusque. dans les mystères, le privilége sacer-dotal était tempéré par la participation populaire. (Acad. Inscr. XXXIX, 218;. Reiske, Or. Groec., VII, 209). Les fonctions sacerdotales étaient souvent tempo-raires, et ceux qui les avaient exercées rentraient dans la classe des sim-ples citoyens. Ils n’étaient pas dispensés des charges militaires et civiles, mème durant le temps de leurs emplois religieux. Callias dadouque des Eleusinies-combattit à Marathon, revètu de ses insignes sacrés. (Plutarch. in Arist). Le sacerdoce était soumis aux tribunaux ordinaires. L’aréopage jugeait tout ce qui avait rapport à la religion (Meurs. in Areop.), sauf la révision de son jugement par l’as-semblée du peuple. Le collège des Eumolpides, devant lequel se plaidaient les causes d'impiété, en mème temps qu’il avait le droit terrible de décider d’après des lois non écrites (Lysias contr. Audre.), ne prononpait qu’en première instance. L’arrèt défini-tif était réservé au sénat, et enfin au tribunal des Héliastes, c’est-àAdire à tous les Atliéniens, puisque tous, à l’àge de trente ans, pouvoient y siéger (Démost. cont.. Andr.). Les Hiéromnénons, qui étaient chargés des cérémonies religieuses dans l’as-semblée des Amphictyons, avaient le pas sur tous les autres membres de cette assem- XLII - E’ evidente il giudizio che il nostro da sull’influenza, considerandola nefasta, elle il sacerdozio portò nell'evolversi della civiltà, perchè altrimenti non si comprenderebbe — anche se altri dati non suffragassero questa nostra ipotesi — com’egli abbia trascritti i lunghi brani anche polemici del Constant, sul sacerdozio in Grecia, come abbiam veduto', perchè particolarmente in questo caso, il filosofo di Losanna intendeva far trionfare una sua tesi - assai discutibile d’altronde - e non dare soltanto indicazioni storiche snll’evolversi della storia religiosa. Le quali invece, ritroviamo, e numerose sulle religioni orientali, ed é interessante osservare che il Mazzini abbia dato maggior importanza a quanto ha riferimento alla storia religiosa della Cina, ché assai numerose sono le pagine del Constant trascritte ne' suoi quaderni (1) non dimenticando naturalmente anche qui blée, mais leurs dignité n'était point un apanage ilu sacerdoce, puisque les Hiérom némons se tiraient au sort. (Den. d’H.AL. I, 16). « Que si Ion nous objectait que nous ne parlons ici que d'Athènes nous répon-drions que nous trouverions plus d’avantage encore à nous transporter à Sparte. L.vcurgue, dans ses institutions singulières et que nous ne donnons en rien pour mo-dèles, soumet entièrement la religion au pouvoir royal, et mème à. l’autorité mili-taire. Pausanias, gènéral des Lacédémoniens, à la bataille de Platèe, présidait aux sacrilìces et immolait les victimes, comme les hèros sous les murs de Troie. (Hérod. IX, 60-61). L interprétation des signes célestes appartenait aux magistrats. Les deux sa-cerdoces principaux, celui de Jupiter uranien et de Jupiter lacédémonien, étaient des apanages de la royauté. (Hérod. VI, 56). Les rois choisissaient les députés qu’on envoyait à Delphes interroger Apollon (Hér. VI, 57); et la connaissance des réponses du Dieu leur était exclusivement réservée. Cette prérogative faisait de l’oracle d’A-pollon un instrument du pouvoir royal. L’histoire de Sparte est remplie d’exemples qui le prouvent. Les Argiens ayant proposé une suspension d’armes aux Spartiates, Agésipolis, en qualité de roi, s’appuya, pour la refuser, de l’autorité de Jupiter olym-pien et d’Apollon delphique (Xenoph. Hist. gr. IV, 7; Cicér. de Divin). Les éphores, qui étaient les organes du ciel, et qui, investis du droit de contempler les astres, une fois tous les neuf ans, pendant une nuit sereine et sans lune, pouvaient, s’ils voyaient tomber une étoile, suspendre les rois de leur dignité (Plxitarch. in iEgid.) étaient des magistrats et non pas des prètres. « Il ne faut pas confondre l’influence des devins avec celle des prètres proprement dits. Les devins n’étaient point membres d’un ordre constitué. Une anecdote, qui nous est transmise par Xénophon (Anab. VI, 4, 2), prouve que les Grecs ne considéraient point, mème de son temps, la divination comme l’attribut d’une profession particu-lière. Un sacrifice offert par l’armé grecque n’ayant pas eu de résultat favorable, les soldats soupponnèrent Xenophon d’avoir séduit le devin, pour les obliger à rester dans le lieu où ils se trouvaient et à y fonder une colonie. Xénophon, alarmé de leurs souppons, fit publier qu’on recommencerait les sacrifices le lendemain, et que, s’il y avait quelque autre devin dans l’armée, il était invité à y assister. « D’après ces details, on voit qu’à toutes les époques les Grecs restèrent indépen-dants de l’autorité sacerdotale. Leurs prètres exercèrent souvent une grande influence, mais ce fut en excitant les passions populaires, et non par leur action directe et légale. Ce fut ainsi seulement qu’ils provoquèrent la mort de Socrate. Ils conseillèrent le crime, le peuple le commit. Elevé dans l’état, simultanément avec les autres institutions, le sacerdoce grec y fut repu, sans le dominer; et de la sorte se corroboro et se confirme toujours davantage notre distinction entre les Grecs et les autres peu-ples de l’antiquité ». (Zib. II, pag. 330; Constant, op. cit. II, 301-304). (1) « Suivant la doctrine la plus généralement adopté chez les Chinois, l’homme est composé de divers éléments, dont la séparation a lieu par la mort, et dont cha-cun rejoint la masse universelle. Il y a, dans ce système, négation d’individualité, de renaissance, de souvenir, de tout ce qui constitué l’immortalité de l’àme. — XLIII —
  • oint de vue nouveau, sous lequel l’Allemagne savante considère aujourd’hui la religion, a été d’une immense utilité. On lui doit depuis quelques années d’admirables découvertes sur les rapports des religions entre elles, sur les Communications des peuples, sur le lien commun des mytologies. On lui doit de connaìtre l’antiquité dans sa profondeur et dans son charme. Nos érudits avaient étudié les monuments et les traditions des temps éc-oulés, comme les couches d’un monde sans vie, ou les squelettes d’espèce détruites. Les Allemands ont re-trouvé dans ces traditions et ces monuments la nature de l’homme ; cette nature, toujours la mème, bien que diversifiée, et qu’en conséquence il faut prendre pour la base vivante de tonfi) « L’Histoire parait présenter deux exceptions [au principe que nous avons énon-cé. Ces deux exceptions, dans deux climats différents et presque aux deux extrémités du globe, sont les Arabes et les Germains. « Les Germains, nous dit César. ne reconnaissent que des dieux visibles, le soleil, la lune, Vulcain. Voilà le culte des astres et des éléments clairement désigné. Cepen-dant César ajoute que les Germains n’ont point de druides, qui président aux choses sacrées; qu’ils ne construisent point de temples et n’offrent que très-rarement des sacrifices. Ainsi] ces peuples auraient adoré les astres, et seraient restés indépendants de la puissance sacerdotale. « Mais le témoignage de César est contredit par [celui de] Tacite. Les Germains, [au rapport de ce dernier,] avaient des prètres tout-puissants, [et, par le ministère de ces prètres, sacrifiaient, non seulement des animaux, mais des hommes.] « On a voulu concilier ces deux autorités imposantes, en supposant une migration forcée des druides gaulois dans la Germanie. Cette migration aurait eu lieu sous le règne de Tibère et sous celui de Claude, qui, en effet, poursuivirent les druides avec une rigueur implacable. Les prètres fugitifs auraient porté dans leur nouvel asile les intentions de leur patrie ancienne, et cette révolution se serait opérée précisé-ment durant l’intervalle qui séparé César de Tacite. « Mais cette hypothèse est renversée [par plusieurs faits incontestables]. L’influence sans bornes des prètres de la Germanie remonte fort au-delà de l’époque où, suivant ce système, le pouvoir sacerdotal se serait constitué. Les divinités germaniques ont des noms indigènes qui ne permettent point de leur attribuer une origine gauloise. XLVII — tes les recherches et de tous les systèmes. La Grèce et l’Orient dans les éerits de Fréret, de Dupuis, de Sainte-Croix, ressem-blent à des momies desséchées. Sous la piume de Creutzer et de Gorres, ces arides momies deviennent d’élégantes et admira-bles statues, dignes du ciseau de Praxitèle et de Phidias » (1). E’ questo il presupposto della teoria dell’evoluzione progressiva dell’umanità che il Mazzini aveva attinto da Dante, com’egli stesso afferma più volte (2) da Bacone, dal Pascal, dal BossUet, dal Leibnitz, dal Vico (3), dal Lessing. dal Condor-cet, da Madame de Staél (4). Ci sembra perciò superfluo nei riguardi della formazione del pensiero del Mazzini, rifarsi alla dottrina cartesiana, come quella da cui trasse vital nutrimento, poiché egli dà sì il posto che compete al Descartes nella storia del pensiero europeo (5), ma non parte da lui, o per lo meno, soltanto da lui. D’altra parte il Mazzini non fu il solo a ritrovare e a porre in rilievo in Dante il concetto della evoluzione progressiva ; ché se del De Monarchia egli fece sua non la parte scolastica ma quella vitale, un suo contemporaneo, pur distante da lui per la concezione ideale e politica della storia, Cesare Balbo, scrive in questi anni : « Il libro ha uno de’ più bei comincia-menti che si possano desiderare, ponendo un precetto buono allora, adesso e sempre più ; dover ogni scrittore sforzarsi d’accrescere il tesoro delle nuove cognizioni, e così non trattare se non argomenti utili e non trattati. Segue anche un altro prin- [Les prètres germains chantaient des hymnes et des cantiques qui leur étaient par-ticuliers et qui étaient rédigés dans leur propre langue. Ils les conservèrent. sans aucun changement, mème après l’arrivée des fugitifs de la Gaule; et si ces derniers furent accueillis, ce fut en qualité de frères, et nullement d’instituteurs.] César ne connaissait guère que les frontières de la Germanie. Tacite, écrivant un siècle plus tard, lorsque l’intérieur de cette contrée était [si non subjugué, du moins] envahi par les Romains, devait avoir des notions plus exactes. Son témoignage est donc pré-férable, et les Germains ne font point exception à la règie générale. « L’autre exception est celle [n. di M.] des Arabes. [Il est certain que,] 'bien que les astres fussent au nombre de leur divinités, l’autorité du sacerdoce était chez eux a peu près nulle. [Jusqu’à Mahomet, chaque tribù, chhaque famille créait et changeait à volonté les rites et les objets de son culte. C’est que les Arabes étaient une tribù de chasseurs, dont l’homme était la proie. Ils attendaient le voyageur sur leur terri-toire pour le dépouiller], En leur qualité de chasseurs, les Arabes étaient fétichi-stes ». (Zib. cit., pag. 329; Constant, op. cit., II, pagg. 47-50). (1) In Zilì. II, pag. 328; Constant, op. cit., I, pagg. 98-99. (2) Ved. le considerazioni critiche che si oppongono a tale derivazione in Carlo Cantimori, Saggio sull’ideaismo di Giuseppe Mazzini, Roma, Libr. Politica Moderna, 1922, pag. 231. (3) Negli zibaldoni troviamo vari accenni al grande filosofo : a lui rivendica la scoperta della sfera magnetica; afferma che «fonda davvero una Scienza nuova»; che « precede d’un secolo i suoi contemporanei » ; che « la Scienza Nuova... è come la montagna di Goleonda irta di scogli, e gravida di diamanti » (in Zib. I, pagg. 100, 102, 96, 378). (4) Ved. gli accenni alla dottrina di questi spiriti magni negli Scritti del Mazzini, E. N., XXI, 165; E. N„ XIX, 44-45; E. D., I, 30; E. N„ XXI, 165; E. N„ XVII, 389-390; E. N., IV, 161; E. N„ II, 87, 114, 177, 178; E. N„ III, 344 ; XVIII D„ 205; E. N„ I, 227 -E. N., XXXVIII, 103. (c) Ved. Scritti, E. N., VI, 321-323 e infra. XLVI1I ■cipio anche più meraviglioso a quell’età : dover ogni speculazione politica aver per iscopo l'utile delia civiltà del genere umano ». Osserva il futuro autore delle Speranze : a Nemmeno a' nostri tempi nei quali tanto di ciò si discorre, nulla di più largo e di più preciso insieme, non fu detto da nessuno » (1). L’aver posto come fondamento primo della sua dotti-ina il concetto dell’evoluzione progressiva dell’umanità vuol dire aver risolto il problema religioso nella sua intima sostanza, e cioè aver dato alla propria vita una norma da seguire ed é ciò che il Lamennais aveva osservato a proposito della filosofia del Con-dorcet (2). Non dimentichiamo che tanto YEsquisse che 1 ’Essais eran stati letti e ben meditati dal Mazzini prima del 1822. Poiché il Mazzini, checché si sia detto, ebbe uno spirito concreto, tale da dover essere considerato uno dei migliori rappresentanti della razza nostra : al pensiero egli fece sempre seguire l’azione ed il binomio elevò a suo segnacolo il vessillo : anche in questi anni di preparazione intellettuale egli intensamente vive d’idealismo schietto, che esprime solo accettando detti biblici o ispirati ad un profondò senso religioso. Rintracciamo infatti qua e là nei suoi zibaldoni non pochi eli questi detti, dei quali ci limitiamo a segnalarne tre : « Yixi ut vivis ; morieris ut sum mortuus : sic vita tradititi : abi via-tor in rem tuam » ; « Plus la route est longue plus on doit se mettre en marche de bonne heure » : a Andate finché trovate )) (3:) . Il secondo é tratto dal Guizot e cioè del filosofo dottrinario, come fu chiamato, il quale col Consin e col Villemain suscitò in questi anni nel Mazzini e nei suoi amici un sincero entusiasmo, per la bandiera che aveva innalzato in Francia, sia prima che dopo la Restaurazione. Quale sia stata questa bandiera, che cosa si siano proposti questi dottrinari e quanto influirono sulla formazione del pensiero del Mazzini é l’argomento che ci accingiamo a trattare. (1) Ved. Opere di Dante Alighieri precedute dalla vita di lui scritta per Cesare Balbo, Napoli, Tramater, 1839, voi. I, pag. 144. (2) « Qu’on n’oublie pas que le prix des biens ne dépend pas seulement de leur nature, mais de leur durée » aveva affermato il Lamennais, tanto è vero, che " la phiL losophie elle mème, étonnée de ce désir qu’ont tous les hommes de perpétuer leur étre, et désespérant de le vaincre c’est crue obligèe, par déférence pour une foiblesse si gènèrale, de nous promettre ici-bas l’immortalité » — Infatti, egli prosegue, « voyez l’ouvrage de Condorcet, intitulé : Esquisse d’un Tableau historique des progrès de l’esprit hamain. Il y développe le système célèbre de la perfectibilité de l’homme à . l’infini ; et, en armonpaut aux générations futures, lorsqu’il n’y auroit plus ni rois ni prètres, des lumières, des vertus, une félicité dont on ne peut pas se former une idée, il promet à l’homme la prolongation indéfinie de son existence ici-ibas. Au milieu de ces folies, il est consolant pour la foi de voir une philosophie athée con-trainte d’avouer que le bonheur des ètres est dans leur perfection, et que l’homme est appelé à une perfection infinie, qu’il ne sauroit atteindre qu’à l’aide d’une suc-cession indéfinie de temps. Ce seul principe, bien entendu, doit conduire à la Religion tout incrédule qui raisonne ». (Ved. Essai sur l’indifférence en matière de Religion, par M. l’abbé F. De La Mennais, Paris, Tournachon Molin et H. Seguin, VI ediz., 1820, pagg. ■ 297-298). (3) Zib. I, pagg. 313, 22, 386. — XLIX — iv: La filosofia eclettica ed i suoi rapporti con quella mazziniana. Guizot, Cousiti. Villemain e la loro concezione critica della storia delle religioni. Religione e filosofia — Kant ed i neo-hegeliani nel giudizio del Mazzini — La filosofia dello Shelling II primo scritto filosofico mazziniano e la divisione della storia dell’umanità in cinque ■epoche — Il valore della tradizione storica e dei concetti dell’unità della razza e del-Vumanità nella teorica mazziniana. La restaurazione sorta in Europa dopo l’esperienza tragica della rivoluzione e del predominio napoleonico, s'era ispirata in molti Stati alla negazione quasi totale di un ventennio di storia ; in altri, come in Francia, avea cercato, dapprima di conciliare i due termini antitetici : il principio monarchico assoluto di diritto divino ed il principio democratico liberale : l’ibrido connubio aveva partorito la ben nota Gharte. 11 problema dei rapporti fra Chiesa e Stato fu uno dei più gravi che si venne in questi anni dibattendo, perchè da parte del partito monarchico la religione divenne un ottimo strumentimi reniti, adoperato a difesa contro i princìpi democratici dai quali si sentiva continuamente minacciato ; il clero e la religione vennero considerati a loro volta come gli alleati più forti, e la base più solida del dispotismo. Perciò nell’odio contro questo venne coinvolta la religione. Il dissidio profondo era nella stessa Chiesa, divisa in due e.ampi ostilissimi; il clero gallicano da una parte, accarezzato dal Governo e ria lui favorito, aveva abdicato di fatto all’indipendenza spirituale del sacerdozio, mettendosi al servizio dello Stato : una parte del clero cattolico dall'altra, lottava alleato con i liberali, poiché difendendo l’indipendenza della Chiesa dallo Stato, tendeva a far risorgere il passato, come s'era illuso il Lamennais, perchè «-le christianisme, appliqué au monde social par la Papauté » avrebbe potuto ancora « lui épargner une infinité de maux, en régularisant le mouvement politique que rien n'arrètera, en operant enfin la magnifique alliance du principe d'ordre et du principe progressif, de la foi et de la Science, de la religion et de la liberté » (1). TI liberalismo laico a sua volta diffidava dell’alleanza dei cattolici, ed il Globe si faceva eco di questo stato d’animo recensendo al suo apparire lo studio del primo Lamennais De la Religion, considerée dans ses rapport avec Vordre politique et civile, con questo giudizio assai significativo : « Un nouveau manifeste de M. de La Mennais vient de paraìtre, une nouvelle déclaration de guerre en faveur de la théocratie » (2). V (1) Ved. Du Catliolicisme dans ses Irapports avec la société politique, in Questions politiques et philosophiques... par F. Lamennais, Paris, Pagnerre, 1840, voi. I, pag. 50. (2) Ved. la recensione di É[tienne] DIelécluze] in Globe cit., N. 122. - 21 giugno 1825. ■Olharles] R[émusat] esaminerà l'anno successivo in due articoli la seconda parte dello studio, modificando alquanto ed in favore del Lamennais il giudizio precedente er essere meglio in grado di cogliere le affinità e le discordanze tra la filosofìa religiosa degli eclettici e quella del Mazzini, rileggere tali pagine perchè su di esse e particolarmente nei riguardi del cristianesimo tutti e tre si soffermano di proposito. Per il Cousin la religione e la filosofia hanno lo stesso oggetto : la prima si esprime per mezzo di simboli, la seconda li rischiara e li traduce in pensieri, in verità pure e razionali. Il cristianesimo é la filosofia delle masse, la filosofia « est la lumière des lumière», l’autorité des autorités ». Coloro che vogliono imporre alla filosofia od al pensiero un’autorità superiore non pensano che se il pensiero non comprende tale autorità é per lui come se essa non esistesse, se lo comprende esso se reproduit donc nécessairement par quelque point: elle est donc nécessairement vraie. Mais par la nature infirme et bornée de l’intelligence qui apercoit la réalité, l’idée ne peut jamais ètre ni comi^lète, ni fidèle : jamais complète, car jamais l'intelligence ne peut saisir avec une entière exactitude le parti de la réalité qu’elle embrasse: et quand elle le ferait, jamais elle ne pourrait traduire fidèlement dans la langue des idées ce qu’elle a vu : ni dans la langue des mots ce qu’elle a mi dans l'idée. « Toute opinion est donc nécessairement fausse qu’elle est nécessairement vraie. L éclectisme s appuyant sur la nature de 1 idée, ne doit donc admettre ni rejeter complètement aucune opinion, mais, partant de la réalité qui est le type ìnevitable de toute opinion, chercher et admettre dans chacune de ce qu’il y trouve de conforme à ce type, chercher et rejeter dans chacune ce qu’elle contient d’exclusif et d'inexat. « Encore moins l’éclectisme est-il l’indifférence : pour n'admettre exclusivement aucune opinion, il ne prétend point qu ii n’y en ait pas de préferable, mais seulement point de parfaite. Il préfère tei code, tei catéchisme, tei système; mais, par amour mème de la vérité il ne consent point à affirmer que tei code, tei cathéchi-sme, tei système contienile toute la vérité et rien que la vérité. .( Il ne partage point la manière de voir d'Omar, et ne brùlerait pas la bibliothè-que d’Alexandrie. Et il ne la partage point, parcequ’un fanatisme, loin de servir la vérité, la sacrifie, loin de l’honorer lui préfère soli imparfait image » (Ved. T[Béodore] JIouffroy], De la philosophie moral de M. Droz ou de l’Éclectisme moderne, in Gioie, cit., 9 aprile 1825. (1) Ved. V. Cotjsin, Introduction generale a l'histoire de la philosophie moderne, Paris, Didier, 1828, Prolusione. (2) Ved. Scritti, E. N„ I, 269. » L Vili — ne fa un’idea, l’accetta come tale, ed allora « c’est elle mème qu’elle prend pour mesure et pour règie, pour autorité der-nier ». Nessuno nega l'alta funzione della religione, anzi la filosofia, che é sua sorella, attinge da essa potenti ispirazioni. mette a profitto le sue sante immagini ed i suoi grandi insegnamenti, ma assorbe queste verità e ne fa la sua stessa sostanza ; non distrugge la fede, anzi la rischiara e la feconda e la eleva dalla penombra del simbolo, alla piena luce del pensiero. La filosofia é la storia stessa del pensiero perchè « elle sait comment les choses se sont passées dans les générations anté-rieures. Heureuses de voir le masses, le peuple, c’est-à-dire à peu près le genre humain tout entier elitre les bras du cliistia-nisme, elle se contente de lui tendre doucement la main et de l'aider à s'èlever plus haut encore » (1). L'affermazione razionalistica è qui netta, e ben precisa è l'influenza hegeliana, anche se il Cousin non ne trae le ultime conseguenze. Sulla stessa via è il Guizot, al quale torniamo, ma per poco; per lo storico-filosofo le grandi crisi dell'umanità si riconoscono a due segni, quello del sorgere del cristianesimo -e quello della rivoluzione del 1789. Il cristianesimo non soltanto al momento del suo sorgere, ma nei primi secoli della sua esistenza — afferma — non si é per nulla rivolto allo stato sociale ; ha anzi annunciato altamente che di esso non si sarebbe interessato ; ha ordinato allo schiavo d’obbedire al padrone; non ha combattuto alcuno dei grandi mali e delle grandi ingiustizie del suo tempo. Chi negherà tuttavia che il cristianesimo rappresenti una grande crisi di civiltà? E per quale causa ciò é avvenuto? « Parce qu’il a c-hangé l’homme intérieur, les croyances, les sentimens, parce qu’il a régenéré l'homme inorai, l’homme intellectuel ». La rivoluzione francese, da parte sua, rappresenta un’altra grande crisi perchè s’é rivolta non alle condizioni morali, ma alle condizioni esterne dell’uomo, le ha trasformate ed ha rigenerato la società. La civiltà consiste nell’unione dei due elementi sorti da queste due grandi crisi storiche ; l’una non può esistere senza l’altra perchè « le développement social et le développement moral, sont si intimement liés, qu’à la vue de l’un, le genre humain coinpte sur l’autre ». Interrogando la storia troveremo che tutti i grandi rivolgimenti dell’uomo interiore son tornati a profitto dello stato sociale o dell’umanità. Sia che predomini l’uno o l’altro di questi due fatti, esso appare risplendente ed imprime un carattere particolare al movimento. (1) Ved. op. cit., pag?. 193-195. — LIX — Queste crisi non si possono prevedere, nè ci può essere norma costante nel loro accadere, perché la Provvidenza non si adatta a limitazioni definite, ed infatti talvolta non è che dopo lunghissimi intervalli di tempo, dopo mille trasformazioni, mille ostacoli, che si sviluppa il nuovo fatto il quale viene in qualche modo a completare l’opera della civiltà, che il primo aveva iniziata. Ma, esclama, « quand on y regarde bien, on reconnait le lien (pii les unit », come risulta evidente, fra l’altro, dal trionfo del cristianesimo. La causa del sorgere di queste crisi sta nella natura stessa dei fatti che costituiscono la civiltà, poiché quando un cambiamento morale avviene nell’uomo, quando egli afferra e matura un’idea od una facoltà di più, quando in una parola si sviluppa intellettualmente, quale é il bisogno che s’impossessa di lui, se non quello « de faire passer son sentiment dans le monde ex-térieur », di realizzarlo al di fuori del suo pensiero ? Acquistato questo nuovo valore morale, ne viene di conseguenza l'idea d’una missione che l’uomo propone a se stesso, « il se sent obbligé et poussé par son instinct, par une voix intérieure, à étendre, à faire dominer hors de lui le changement, l’améliora-tion qui s’est accomplie en lui. Les grands réformateurs, on ne les doit pas à une autre cause ». Questo per il mondo morale; per il mondo sociale avviene lo stesso : dopo che una rivoluzione ha migliorato, regolandoli meglio, i diritti ed i beni fra gli uomini, col ripartirli con maggiore giustizia, lo spettacolo del mondo migliorato agisce profondamente sull’uomo e suH’umanità. « Tout ce qu’on dit de l’autorité des exemples, des habitudes, des beaux modèles, n'est pas fonde sur autre chose » se non nella convinzione che un fatto esteriore, buono, ragionevole, bene regolato, porta presto o tardi, più o meno completamente, un fatto interiore della stessa natura, dello stesso merito. Un mondo meglio regolato, più giusto, rende l’uomo stesso più giusto : (( l’intérieur se ré-forme par l’extérieur, comme l’extérieur par l’intérieur ». I due elementi della civiltà sono legati strettamente l'uno all’altro ; secoli ed ostacoli infiniti possono frapporsi, subiranno mille trasformazioni prima che si uniscano, ma questo presto o tardi deve avvenire, perchè é la legge della loro natura che così vuole, é (( le fait général de l’histoire, la croyance instinc-tive du genre humain ». Se il fine degli eventi umani é questo, che scopo ha la vita dell’umanità e quella dell’uomo, in particolare ? A che tende e che vuole? La società, é fatta per servire l’uomo o questo per servire la società? Il destino dell’uomo, é esclusiva-mente sociale, e cioè la società esaurisce e assorbe l'uomo intero, ovvero gli dà qualche cosa di estraneo, di superiore alla :sua esistenza terrena ? TI Guizot, che aveva dichiarato di non voler entrare nel — LX — campo 'filosofico, ponendosi tali domande — ed era difficile non porsele — entra a vele spiegate nel campo della speculazione, ma non prospetta alcuna .soluzione del problema, limitandosi a ripubblicare un accenno ad essa del suo maestro Royer-Collard,. il quale in un discorso tenuto al Parlamento in occasione di una discussione sul progetto di legge intorno al sacrilegio, aveva affermato : « Là s’accomplissent leurs destinées.... Mai elles ne contiennent pas l’homme tout entier. Après qu’il est engagé à la sócieté, il lui reste la plus noble partie de lui-mème, ces hau-tes facultés par lesquelles il s’élève à Dieu, à une vie future, ' à des bien inconnus dans un monde invisible.... Nous, person-nes individuelles et identiques, véritables ètres doués de l’im-mortalité, nous avons une autre destinée que les lìJtats » (1).. 11 che significa non risolvere il problema postosi, se non nell’esaltazione di uno schietto individualismo, temperato da una vaga credenza nell'immortalità. Il Mazzini ed i suoi amici però non potevan non rimanere colpiti da affermazioni come la seguente che ritroviamo ancora in queste lezioni : « A coup sur, la pensée humaine est fort loin d’ètre aujourd’hui tout ce qu’elle peut devenir, nous sommes fort loin d’embrasser l’avenir tout entier de l’humanité : cependant, que cachun de nous descende dans sa pensée, qu'il s’interroge sur le bien possible qu’il mette ensuite son idée en regarcl de ce qui existe aujour-d'hui dans le monde; il se convaincra que la société et la civilisation son bien jeunes; (pie, malgré tout le chemin qu’elles on fait, elles en ont incomparablement davantage à faire » (2) ;; che era il problema sul quale già il Mazzini, da vari anni, s’e-ra posto e cercava di risolvere (i primi zibaldoni sono anteriori al 1822) con un ardore di ricerca veramente straordinario per l’età sua, come abbiam avuto occasione di vedere. Ma prima di porci il problema dell’influenza subita dal Mazzini completiamo la nostra esposizione con la conoscenza diretta del terzo rappresentante di questo movimento filosofico-storico-letterario, tanto più che il Mazzini — com'egli stesso confermerà più tardi — era in questi anni giovanili portato agli studi letterari, nei quali lasciò pure un’orma profonda. Il Villemain. quasi a complemento dei corsi dei suoi colleglli Guizot e Consin, s’era proposto di studiare la civiltà attraverso la letteratura e l’arte europea : l’argomento però venne in realtà limitato all’esame delle caratteristiche fondamentali del secolo XVIII ch'egli definisce: «époque de décadence et d’empire; où le génie frangais a dominé l’Europe et preparé le changement du monde ». Il Mazzini nei suoi ricordi non accenna al Villemain, forse perchè il letterato francese aveva subito profondamente l’in- (1) Ved. Cours d’histoire moderne, cit., Première lefon [18 avril 1828]. (2) Ved. Guizot, op. cit., pagg. 30-31. — LXI — fluenza della De Staèl che il Nostro, come sappiamo, già ben conosceva prima di risentirne gii echi attraverso la parola (lei compagno d’idee del Guizot e del Cousin. L’influenza della De Staél sul Villemain é infatti evidente: il suo corso di letteratura francese é frutto genuino del grande interesse destato dall’opera De V All e ma (pi e, che fece conoscere all’Europa la letteratura inglese e la filosofia tedesca, dal letterato francese studiata in saggi di letteratura comparata assai pregiati, portando essi un contributo non secondario all'azione svolta dal Globe, per la diffusione della conoscenza delle letterature e della filosofia dei due popoli nordici (1), come già s’è accennato. Pubblicando nel 1838 le lezioni di questo celebre corso il Villemain stesso in tal modo ne espone le conclusioni: «(''est (pie le dix-huitième siècle, quoiqu'il ait mallieureusement plus clétruit (pie fonde, a laissé partout des traces durables. Sts idées, ses opinions, ses espérances, en partie corrigées, en partie réalisées, forment le fonds principal de la société présente. On pourra donc souvent blàmer ou contredire les écrivains de cette époque; mais on ne peut cesser de s’oecuper d'eux : et l’opinion indépendante, qui les juge atteste leur puissance. En introdui-sant, mème aux prix de l’erreur, la libre discussion, en la por-tant partout, il préparaient la loi de notre temps, cette loi qui doit ramener le sentiment religieux par la plus complète liberté de conscience, et la stabilite sociale par le plus haut degré de liberté civile » (2). (1) La De Staél aveva anche in tal modo accennato alla filosofia del Lessine, che i sansimoniani più tardi porterannb in onore facendolo precursore della loro dottrina : « Lessing dit, dans son Essai sur Véducation du genre humain, que les révélations reli-gieuses ont toujours été proportionnées aux lumières qui existaient à l’époque où ces révélations ont paru. L’ancien Testament, l’Evangile, et, sous plusieurs rapports, la réformation, étaient selon leur temps, parfaitement en harmonie avec le progrès des esprits; et peut-ètre sommes nous à la veille d’un développement du christianisme, qui rassemblera dans un mème foyer tous les rayons épars, et qui nous fera trouver dans la religion plus que la moral, plus que le bonheur, plus que la philosophie, plus que le sentiment mème, puisque chacun de ces biens sera multiplié par sa réunion avec les autre3 » (Ved. De L’Allemagne, cit., II, 266). Lo stesso presupposto, prima del Rodriguez, l’avean posto alla loro dottrina il Jouffroy od il Constant, come s’è veduto. E’ stato già osservato (dal Bertana nel saggio Intorno al Mazzini edito nella Nuova Rivista Storica, Milano 1919, fase. V-VI, pagg. 502-503) che il Genovese ebbe conoscenza della dottrina lessinghiana attraverso questo passo. Noi crediamo che la De Staél abbia indotto il Mazzini a meditare anche la dottrina di questo filosofo : certo però si è che, anteriormente al 1831 in cui venne per la prima volta ripubblicato il saggio del Lessing (Ved. Lettres sur la religion et la politique, 1829; suivies de l’Édu-cation du genre humain, traduit de l’allemand de Lessing, Paris, Bureau de l’Orga-nisateur, 1831) la concezione mazziniana dell'evolversi progressivo dell’umanità e delle conseguenti rivelazioni religiose proporzionato al suo grado di civiltà, é già ben chiara nel saggio D’uno Letteratura Europea, che tra poco esamineremo e che risale, cou sappiamo al 1829. Il Mazzini nel 1835 penserà di far tradurre l’opera in lingua italiana (Ved. Scritti, E. N., X, 441). (2) Ved. Cours de Littérature franfaise par M. Villemain - Tableau du dix hui-tième siècle, Paris, Didier, 1838. voi. I, pag. XIV. — LXII Anche al Villemain, dunque, urge l’esigenza di risolvere la questione religiosa, come al Cousin ed al Guizot, ed é perciò^ questa che dobbiamo considerare nel vagliare i giudizi che si ritrovano nelle sue lezioni su fatti, personaggi e correnti ideali. Diremo subito ch'egli non nasconde la sua spiccata simpatia [ter i giansenisti e non dissimula il suo interesse per le vicende degli aderenti a Port-Royal ed in particolar modo perii Eollin (1). Trova le cause del trionfo dello scetticismo religioso francese nella mancanza delle libertà civili e nè rende evidente la nefasta influenza paragonando l’evolversi della civiltà in Inghilterra ed in Francia. Tra i filosofi francesi razionalisti ed ortodossi il combattimento fu ineguale nel secolo XVIII, « et cela ne tenait pas seulement à l’inégalité des talens. Mais les défenseurs des anciennes maximes, dans ce qu’elles avaient de pur et d’utile, étaient adossés à un rempart croulant de despotisme et d’abus. 11 y avait clerrière eux les lettres de cachet pour soupyon de-jansénisme, les scandales de cour, les persécutions ecclésiasti-ques, la censure. Dans un pays libre comme l’Angleterre, on a vu l’esprit inorai et religieux se ranimer et grandir par les attaques de l’esprit sceptique, les talens se partager dans les: deux camps rivaux, et, à plusieurs reprises, les écrivains religieux et spiritualistes l’emporter par l’éloquence, l’érudition et la faveur publique ; mais en France, le scepticisme, réprimé, au lieu d’ètre réfuté, pointait toujours victorieusement, et domina seni, du moins jusqu’au schisine de Rousseau » (2). L'analogia con quanto avveniva allora in Italia non poteva non sorgere spontanea nella mente del Mazzini e dei suoi amici, che già, per conto loro, avean superata la crisi giovanile della irrisione per la religione, prodotto necessario della contrizione degli spiriti : é quindi più che naturale la loro adesione al giudizio, severo sì, ma giusto, del Villemain sull’evolversi della civiltà in Francia nel secolo XVIII. E ancora l’esame comparato delle letterature inglese e francese offriva il destro a Villemain di affermare una verità, che doveva trovare più che mai consenzienti i nostri giovani : <( que-la liberté soit l’àme des lettres, qu’elle ait créé l’éloquence et souvent inspiré la poésie, qui n’est qu’une éloquence plus idéale et plus pure, c’est, je crois une vérité reconnue, et presque un’ lieu comniun inoffensif » (3). Il Mazzini che annota in questi anni nei suoi zibaldoni : « l’oratore fiorì nelle repubbliche libere » (4), non può dunque non seguire con interesse anche il corso del Villemain, pubblicato dal Gioie con giudizi assai lusinghieri, precedenti i re- ti) Ved. op. cit., pagg. 304, 312, 386 e segg. (2) Ibid., pagg. 391-392. (3) lbid., pag. 160. (4) Zib. cit., I, pag. 253. — lxih soconti delle lezioni, le quali son pure oggetto di ampia e serena disamina critica (1). Abbiam detto seguire con interesse perchè, secondo noi, non si può definire derivazione diretta dagli eclettici la sua dottrina : noi crediamo che per il Mazzini si possa ripetere quanto egli stesso disse di Jacopo Ruffini : « La santa idea del Progresso, che alla fatalità degli antichi e al caso dei tempi di mezzo sostituisce la Provvidenza, gli era stata rivelata dalle intuizioni del core fortificate di studi storici » (2). L’ intuizioni del core, e cioè l’ala del genio, non mancava al Mazzini, che non era digiuno di studi storici, come abbiamo veduto spigolando solo una minima parte delle annotazioni raccolte negli zibaldoni, i quali, probabilmente non son tutti quelli da lui lasciati ; e che pur così ricchi di notizie e di dati, non mostrano se non parzialmente la vastissima preparazione culturale da lui fatta prima d’iniziare la vita d’esilio. A questo periodo di intuizioni del core egli stesso accenna, ricordando che l’idea dell’unità d’Italia sorrideva a lui ed ai suoi amici « come una musica d’anime, come un raggio di sublime poesia che mandava il cielo d’Italia, perchè nel loro cuore s’ergesse un altare al concetto puro, santo, incontaminato, senza meditarlo, senza verificarne la possibilità, senza rintracciarne la verità politica per entro ai costumi, alle abitudini, alle credenze dei loro concittadini. Era il sogno di Dante, di Petrarca, di Machiavelli — e si venerava da loro, come l’idea della libertà greca e romana dai cospiratori Italiani del XV secolo, per istinto, per entusiasmo, per foga di slancio, non per convinzione ragionata e come frutto di studi severi » (3). Ma questi studi severi vennero, soprattutto dopo la crisi giovanile, cui s’é accennato ; ed allora opportune cadono per lui le parole ch’egli ebbe a scrivere nel 1828 a proposito dei filosofi tedeschi post-kantiani : « Una naturale inclinazione ad illimitate ricerche è ognor più avvalorata dalle scuole trascendentali, e dalle disquisizioni Kantiste. Pare, ch’essi vaghino in cerca d’un fine ideale, misterioso, indeterminato, collocato oltre i limiti della nostra sfera ; e se riconcentrano talora le forze, o gettano uno sguardo indagatore sulle umane cose, si slanciano ben tosto con più vigore a tentar di raggiungere questa idea, ch’essi vagheggiano sovra ogni altra. Quindi teoriche che ti seducono, perchè ogni sistema seduce, ma ti traviano ; meditazioni che ti sollevano dal fango di questa terra, ma per cacciarti nel vuoto, o ne’ vortici deirinfinito » (4). L’accenno alle disquisizioni Kantiste, che ti cacciano nel (1) Ved. ad es. i numeri del 23 gennaio e 17 febbraio 1827 nei quali si trovano riassunte le prime sei lezioni. Il 10 luglio, terminato il corso, E. P. ne fece un acuto-esame critico favorevolissimo all’autore. (2) Ved. Scritti, E. N., voi. XXXIV, p. 74 [1846], (3) Ved. Scritti, E. N., Ili, 264, [1833]. (4) Ved. Scritti, E. N., I, 116-117, [1828]. — LXIV - vuoto é diretto allo Schelling; elié é di questo periodo la trascrizione nei suoi zibaldoni di una pagina critica sul sistema del filosofo tedesco, la quale getta uno sprazzo di vivida luce sull'atteggiamento del Mazzini di fronte al grande movimento idealistico tedesco rappresentato dagli epigoni di Kant. Non si tratta di un suo giudizio sulla filosofia idealistica, ma della critica ad esse fatta dal Cuoco nel Giornale Italiano dal Mazzini condivisa, perché, come vedremo, s’egli fa suoi i fondamentali punti dottrinari dell’idealismo, se ne distacca nettamente quando gli sembra che gli ulteriori sviluppi finiscano in astrazioni, o peggio, nel materialismo fatalistico, come dirà più tardi (1). Ne accenniamo (pii, perchè tale scritto illuminando il suo atteggiamento di fronte alla dottrina degli epigoni del Kant, ci fa comprendere meglio le esigenze che gli fecero dettare il primo suo scritto filosofico, che esamineremo tra poco. « Gli errori, e le verità del filosofo Tedesco Schelling sono d’un ordine trascendentale. La storia della filosofìa offre pochi esempi di novatori sì audaci. Si è proposto in Germania un premio a chiunque trovi ne’ libri de’ filosofi Platonici del terzo, quarto, e quinto secolo dell’Era Cristiana, e nelle opere de’ cabalisti, qualche cosa, che rassomigli alla dottrina di Schelling, e che possa far credere, ch’egli ve l’abbia attinta. A buon conto, chi ha proposto questo soggetto di premio ha inteso dire a Schelling quello che il Cardinal d’Este disse a Lodovico : Dove diamine avete prese tante coglionerie ? « Egli è discepolo di Kant. Dalla scuola del filosofo di Ko-nisberga sono uscite più sette in pochi anni, che non uscirono armati dal ventre del cavallo di Troja. La filosofia del padre era guerriera, ed avea dichiarata la guerra a tutti i sistemi fino a quel punto ricevuti. Guerrieri son nati tutti i suoi figli : ma l’ardor militare si è convertito ben presto in rabbia civile, e non solo han fatta la guerra a tutti i filosofi, ma se l’han fatta, e fanno asprissima tra di loro. Fitche, Bonteuveck, Schelling, Bardili ecc. ecc. si chiamali tutti Kan fisti, non altrimenti che i Gesuiti, ed i Giansenisti chiamavansi tutti egualmente cristiani. « La filosofia di Kant tendeva manifestamente all’idealismo (2). Pure, per un tal quale rispetto verso il senso comune. (1) Si tenga pure presente, per ben comprendere le ragioni della critica che il Mazzini porterà sulla dottrina del Cousin, che il filosofo eclettico « par Hegel fut initié à la philosophie de Schelling ». (Ved. Janet, op. cit., pag. 53). Nel lt42 il Mazzini scrive al Passerini: «Lasciate che Schelling — il quale avea letto a Berlino le sue lezioni sulla Philosophie der Mythologie und Offenbarung — dica cib che vuole. Tutti quelli che fanno libri e corsi sulla Rivelazione, fanno l’anatomia del cadavere. Non v’é che una rivelazione continua, che si compie da Dio Sull’Umanità. Avremo checché facciano, un nuovo cielo e una nuova terra » (Ved. Scritti, E. N., XXIII, p. 14). (2) Negli zibaldoni troviamo questo accenno alla dottrina del grande filosofo tedesco : «Secondo Kant, lo scopo dell’educazione sarebbe di sviluppare nell’individuo tutta la perfezione della quale è capace ». (Zib. Ili, pag. 101). LXV — avea creduto all’esistenza del mondo. — Schelling ha tolta via ogni cosa; non vi è rimasta, che la sua mente sola ; la sua mente pensa, cioè agisce, ed agendo, e riflettendo sopra tutte le sue azioni crea ciò, che noi uomini del volgo, chiamiamo filosofia, e mondo : e questa stessa carta, ch’io ti scrivo, la quale non é letta da te, nè scritta da me, ma finché noi sapra Schelling non esisterà : egli sarà il solo, che l’avrà scritta, e letta. « Il me, secondo Schelling, si mostra al principio come una cosa infinita, la quale non ha se non qualità negativa. Ma col tempo s’impone egli stesso un limite e se lo impone con un atto, che è nel tempo istesso interamente libero, ed assolutamente necessario. « E la sensazione sai tu che sia ? E’ l’atto del me già limitato, che contempla il limite suo. La coscienza è il risultato di due forze opposte, una eccentrica, l’altra concentrica : quella ideale : questa reale : ma ambedue infinite, e capaci d’infinito numero d’azioni. Queste due forze combattono sempre. Schelling ha veduto i loro combattimenti, e li descrive con tanta esattezza, e tant’aria di veracità, che ti par di leggère i commentar] di Cesare. I combattenti erano egualmente forti, egualmente ostinati : poco mancò che non rimanessero morti ambedue sul campo di battaglia, ed allora addio mondo : ma per buona sorte surse una terza forza, che identificò i due nemici e prolungò il duello. « Or che credi tu esser la vita del mondo? Ment’al-tro, che la durata di questo duello. La storia altro non è che la relazione costante d’un certo ideale in un genere interno di esseri. Essa si avvicina sempre a questo ideale : ma il momento in cui lo raggiungerà non può essere determinato né per esperienza, né per teoria : è un articolo di fede dell’uomo, che agisce. La storia del passato non è che apparenza. Apparenza quella del futuro, e può essere indovinata collo stesso grado di certezza colla quale si conosce la storia del passato. Anzi vi è di più : una storia la quale fosse prammàtica, ossia empirica, cioè fondata sui fatti, sarebbe contraddizione. « In quest’istoria universale degli esseri futuri, egli distingue tre epoche : la prima è il regno del caso : la seconda della natura ; la terza di Dio. Imperciocché Dio non esiste ancora, e come potrebbe esistere, finché esistono ancora individui ? Appena appena si comincia a manifestare, come se si preparasse ad esistere. La natura è una specie di divinità in erba. Per ora è occupata a dar battaglia a tutto ciò, ch’è individuale: verrà un giorno,e la natura diventerà un prodotto, che si genera da se stesso, sarà l’infinito del limitato e il limitato dell’infinito : esisterà allora l’eguale, ed assoluta realità. Ricordati il primo duello, e tutta questa teoria diventa facilissima ad intendersi. Erano due sole le forze, che combattevano : e regnava allora il caso. Surse una forza terza ; le due prime si compenetrarono, — LXVI — s’identificarono; il primo duello lini, ma ne incominciò un altro; ed allora incominciò il regno della natura. ((Immagina una terza compenetrazione, e sia l’ultima; e vedi bene, che da quest’ultima compenetrazione deve nascere Dio. Il come già si sa: si sa cbe ciò avverrà per mezzo del magnetismo, il quale è la categoria reale della fisica, il costruttore generale della lunghezza, o sia della prima dimensione della materia ; e come tutto il mondo può intendere, è un dedotto, un estratto, dell’obbiettività assoluta. Del pari che lo sono il galvanismo, 1 ossigeno, e la forza vitale di Brown. Solo non si sa il quando avverrà quest’ultima compenetrazione, questa fau-s a apoteosi di tutto l’universo; e rimane a sapere ancora, se allora Schelling sarà Dio, o Dio sarà Schelling, giacché Scliel-ìng e la natura non è più dubbio essere una cosa sola. Vedi V™ fil l)egerando, e il Sistema dell’idealismo trascendentale di Schelling» (1). L’ironia nasconde qui un’esigenza seria e profonda sia nel noeo che nel Mazzini. Rintracciamo infatti ancora negli zibaldoni un indicazione di questo tempo — tra il ’27 e il ’30 — assai in eiessante : « Fatti che aiutano la divisione delle quattro epo-q V* +• a^a (In Zib. II, p. 315). (2) Sotto Paolo III, il Decamerone tradotto in più lingue s’allegava dagli antipapisti. Portin’s life of Erasm, pag. 218 ... (In Zib. II, pag. 207). — LXXI - antiche dottrine, una instancabilità delle ricerche, uno spirito di meditazione, e d’esame, una tendenza al grave, al profondo ». Sorgevano — e la stampa rapidamente li diffondeva — « i trovati di Galileo, le idee di Tommaso Moro, e i quadri tremendamente importanti di Machiavelli. Grozio insegnava la necessità d’un diritto pubblico universale. Descartes aboliva l’autorità. Una folla di scrittori si lanciava sull’orme loro : e tutti parlavano all’Europa intera, tutti parevano aA^er tolto ad impresa quelle memorande parole, che Bacone avea proferite : « La conoscenza di tutte le cose buone a sapersi non sarà mai l’opera d’un sol uomo, d’una sola nazione, d’una sola età : il tesoro della universa scienza non può conseguirsi, che dalla concordia di tutte le umane facoltà ». La lotta fra il vero e l’errore, suscitata dallo spirito di libertà nel quarto periodo della civiltà, prosegue nel quinto sotto mille forme ed ottiene vario successo nelle diverse parti d'Europa : « l’apparizione d’un gigante...... minacciò di soffocare la tendenza europea : ma la civiltà cammina per una spirale, e non retrocede mai che nelle apparenze ». Per ragioni ovvie — il Mazzini scrive in Italia nel 1829 — egli dichiara di « trascorrere su tempi » a lui più vicini, ma ciò non toglie valore alla sua affermazione che « gli ultimi quaranta anni, attraverso una eguale vicenda di pericoli, di sciagure, di rivolgimenti hanno condotto gli uomini a tale, che ormai non possono procedere che uniti. La Rivoluzione Francese — dichiara —- li congiunse coll’entusiasmo, e colla concordia de’ principj ». E l’unione degli animi — attraverso l’amore — che lega ormai l’umanitàè la conquista maggiore di quest’ultimo periodo: « v’hanno differenze ancora tra’ popoli ; ma lievi più ch'altri non pensa : v’hanno nazioni, alle quali rifulse più tardi la luce dell’incivilimento : ma valendosi dei tesori accumulati altrove dal tempo, esse saliranno rapidamente colla energia della gioventù al rango occupato dall’a lire...... gli ostacoli svaniranno quando che sia, perchè il tribunale della opinione ha pronunziato, e la coscienza del genere umano farà traboccar le bilancie » (1). Perchè ci siam soffermati a riassumere — sia pure scheletricamente — questo primo saggio assai noto di sintesi storica del giovine Mazzini ventiquattrenne? Perchè egli ricercò nella storia la via che gli additasse « la legge dominatrice dei fatti e delle loro conseguenze » (2), e soltanto seguendolo su questa strada noi crediamo di poter penetrare nell’intimità del suo spirito. L’importanza ch’egli dà al valore della tradizione storica é fondamentale nella sua dottrina : non dichiara egli infatti che é « nella continuità della tradizione storica che l'Italia deve attingere le ispirazioni e le sue forze per fondare la sua (1) Ved. Scritti, E. N„ I, pagg. 176-222, [1829], (2) Ibid. XVII, pag. 292 11838], - LXXII — nazionalità? » (1). Per cogliere ciò che sta alla base d’ogni funi zione sociale, non consiglia egli di desumere <( la nozione del pie [da raggiungere] dalla natura delle cose e dalla legge morale com’è rivelata via via dalla vita dell’umanità e dalla tradizione storica che ne è il ricordo?)) (2). Giunto ormai al fine della sua vita egli affermerà : « Cercare nella tradizione d'un popolo l'indizio della sua missione nel mondo, e ad essa, scoperta che sia dobbiamo ottemperare educazione e leggi ; ma il come e per quali vie quella missione debba esercitarsi, fra le nazioni, è problema che muta d’epoca in epoca» (3). Questa visione realistica che lo sorresse nel lungo apostolato egli l’aveva già in questi anni (4) ; ed ispirandosi ad essa elabora la sua dottrina, che in embrione troviamo già tutta nel saggio riassunto, e nei suoi scritti anteriori al 183<>, e cioè alla ben nota « tempesta del dubbio ». E’ dalle sue meditazioni storiche eh’ egli, ripetiamo, con realistico senso di concretezza trae la norma fondamentale dell’azione : nel saggio esaminato, pur attraverso le reticenze imposte dalle condizioni politiche del paese in cui scrive, troviamo già accettata da lui come dogma la credenza nell'evolversi progressivo dell’umanità e cioè la fede in quella legge del progresso, ispirata (( al fine collettivo » o « alla credenza intorno alla missione ed ai fatti dell’umanità » (5). La vita é immortale, essa é « sinonimo di progresso e d’iniziativa » (6) e le leggi che la governano si rintracciano nella storia dell’umanità ed i principj cui si ispira e « che predominano tutte cose, e che segnano la storia dell’intelletto » sono « Dio, l’Uomo, l’Umanità » (7). Il concetto dell’umanità, pietra angolare del sistema mazziniano, che fa dell’apostolo della nazionalità un critico acerbo della concezione nazionalistica della storia, é già chiaro ed esplicito nel saggio esaminato (8) ; il puro concetto di patria, egli infatti lo pone come caratteristico della prima epoca della storia della civiltà rappresentata dalla civiltà greca, come abbiamo veduto. (1) Ibid. XXI, pagg. 292-293 [1840], (2) Ibid., XXXIV, pag. 242 [1846-1852?]. (3) Ibid. E. D„ XVI, pag. 105 [1872]. (4) Nel 1832 si chiedeva : « Chi vieta all’Italia animare la storia con l’introduzione d’un principio generale che tramandi una luce su i destini italiani in relazione all’TJmanità ? ». (Ved. Scritti, E. N., Ili, pag. 5). (5) Ved. Scritti, E. N„ XXI, 139-147 [1840]. (6) Ved. Scritti, E. D„ XVI, 104-114 [1872], (7) Ved. Scritti, E. N„ I, 361-370 [1832], (8) « L’un popolo s’innoltra rapido nelle vie della civiltà progressiva, l’altro rimane addietro, o travia. Quindi varie le costumanze, derivazione per lo più delle leggi; varie le credenze, perchè la necessità di moti, che stimola perpetuamente gli umani, si consuma negli interessi nazionali, dove ne è concesso l’esame, e si sfoga in superstizioni, dove in altro è vietato. Intanto dalle ineguaglianze sorgono le su- — LXX1II E' in ordine di tempo la prima conquista dello spirito umano, (essa nella teoria mazziniana diventa il fine del programma da svolgere), (1) clie si avvia a raggiungere la sua Unità attraverso i sistemi religiosi rivelanti nel Cristianesimo il nuovo termine all’uomo, quello della vita interiore. Il principio della forza in azione, rappresentato da Roma e la nuova‘conquista del Cristianesimo caratterizza il secondo periodo. L’Unità della razza, nella concezione mazziniana, é il termine più alto che l’uomo possa raggiungere ; ogni epoca con le sue conquiste si avvicina sempre più alla mèta, che é « l’armonia progressiva d’idee rappresentate con le opere, di pensiero espresso in azione» (2). Questi fondamentali postulati son già acquisiti alla dottrina del Nostro, in questi anni (3) e occorrerà tenerli presente per meglio comprenderne gli sviluppi. Raggiunta questa nuova conquista, quella dell’eguaglianza, il Cristianesimo (proseguiamo nell’esame del saggio) però si limitò, secondo il Nostro, a sviluppare l’individuo nella sua più lata estensione : promulgò in pochi sublimi principj i più vasti risultati del periodo precedente e preparò le nuove epoche — la terza e la quarta — che rispettivamente acquisirono alla civiltà due grandi conquiste l’indipendenza e la libertà (ma sempre nell’ambito del perfezionamento individuale) che furono concluse con la rivoluzione francese. Lo scopo, anzi l’incognita — come nel 1830 la chiama il Mazzini — dell’epoca sorta dai principj del 1789 è l’Umanità collettiva e perciò l’Emancipa-zione (4). perbie, e le invidie, e agli uni la coscienza della propria civiltà, pone facilmente il sorriso di scherno sul labbro, agli altri la ferocia della ignoranza aguzza il ferro nel pugno. Quindi gli odj, e le guerre, dalle quali i vincitori imparano a sprezzare la scienza de’ vinti, e questi a vendicarsi collo sdegnare d’accomunare co’ primi i tesori dell’intelletto. E la civiltà nondimeno s’allarga, e diffondendo i suoi raggi su popoli che ne andavano privi, tende a ravvicinar gli uni agli altri; ma ogni passo da un lato sembra quasi usurpazione all’orgoglio di chi fu primo, come ogni consiglio dell’altro assume aspetto d’intolleranza agli occhi di chi sente il vigore de’ suoi principj, e molti pregiudizj, già minati dal tempo, si difendono acremente per soverchio timore di cedere, e molti ottimi esempj si rifiutano per sospetto di giogo ». (Ved. op. cit., pagg. 189-190). Cfr. pure questo concetto accennato nello stesso saggio a pagg. 180-185 e sviluppato ulteriormente anche prima del 1835, in Scritti, E. N., II* 190-194 [1832], (1) Nel Programma della Giovine Svizzera afferma: «Dio come principio, i Popoli come strumento, l’Associazione come mezzo, il Dovere come regola, l’Umanità. come fine; tali per sommi capi, i fondamenti della nostra dottrina» (Ved. Scritti* E. N„ IV, pag. 270 [1835]). (2) Ved. Scritti, E. N„ V, 359-360 [1844]. (3) « Il Pensiero senza Azione è un’anima senza corpo... colui che intende compiere tutta quanta la propria missione sulla terra deve diffondere con una mano le idee e tradurle in atto coll’altra; ...Il segreto dell’Epoca non può rivelarsi che fra le tempeste... e... apparirà soltanto quando un popolo, il popolo iniziatore e Messia* sorgerà... al cospetto del mondo, grande, libero, associato in ’ un solo pensiero, in un solo amore, e riconoscendo soli padroni Dio nel Cielo e l’Umanità sulla terra ». (Ved. Scritti, E. N„ IV, pagg. 172, 174, 176 [1834]). (4) Ved. Scritti, E. N., I, 281-283 [1830]. Quattro anni dopo sviluppa ancor me- LXXIV - Ma queste varie epoche — nelle quali il M. riassume la sua concezione filosofica — in che rapporto stanno con la verità, e cioè con Dio? «Le grandi epoche storiche hanno data, non dall’esistenza d'una legge, d’una verità, d'un principio — risponde — ma dalla loro promulgazione. Dove no sarebbe inutile parlare d'Epoche di sintesi distinte. La verità é una ed eterna; il pensiero, germe del mondo in Dio, la contiene tutta » (1). glio questo suo concetto: «La libertà è la Grecia e Roma; l’Eguaglianza è il Cristianesimo. Roma e la Grecia non ordinarono, è vero, la libertà fuorché per una minoranza; pur nondimeno, come concetto essa esci dalle loro mani, perfetta; essa è nostra conquista d’allora in poi... E da quando apparve Gesù » non fu compiuta un'opera « che compendiando il lungo lavoro della Grecia, di Roma e di Cristo, decreti solennemente... l’Emancipazione ? « (Ved. Scritti, E. N., IV, pagg. 164-176 [1834]). (1) Ved. Scritti, E. N., VI, 330 [1835], Al termine della vita, ancora afferma questa concezione della sua giovinezza : « L’intelletto è un tesoro, un sacro deposito affidato da Dio al pensatore, perch’ei lo distribuisca al Popolo di fratelli che non possono, soli e abbandonati, raggiungere il fine... » e perciò « il dovere più santo che sia comandato alla creatura » è « quello ■del proselitismo e dell’apostolato a prò’ di quello che crediamo vero ». (Ved. Scritti, E. D., XVI, pagg. 116, 124, 125 [1872]). — LXXV V. L’entusiasmo fattore peculiare dell’idealismo mazziniano — L’appello ai filosofi di ]Pierre Leroux dopo l’avvento al trono di Luigi Filippo ed il fallimento della prassi liberale — L'orientamento del Leroux verso la filosofia sansimoniana : analogie e contrasti fra la teoria del filosofo parigino e quella del Mazzini. Un elemento indispensabile al raggiungimento della verità nel pensiero del Mazzini, é dato all’ uomo da un fattore esistente fuori del puro intelletto : l’entusiasmo (« la guida più possente alla verità » (1)) eli’egli possedette in sommo grado, ed a cui diede singolare importanza, soprattutto durante il primo periodo della elaborazione della sua dottrina, prima cioè dell’esilio e della dura esperienza seguita alle giornate di luglio in Francia, ed ai primi moti falliti. Quale efficace elemento per procedere innanzi fosse appunto l’entusiasmo, e cioè l’ardore nell’accettare il bello ed il buono, anche quando il nostro raziocinio tenda alla fredda analisi distruggitrice della vita, il Mazzini l’avea ben provato, e la tenaglia dello scetticismo non avea del tutto allentato ancora il suo morso nel 1829, se potè scrivere sulla teoria del progresso, base prima, come s’é visto, della sua dottrina : « Le gesta della lega [lombarda] accadevano nel dodicesimo secolo, quando non v’era che un’alba di civiltà, e l’intelletto errava ancora nel vuoto, e nell’ignoranza : e noi, ripensandoci, e comparando l'un tempo, e l’altro, sentiamo sorgerci dentro un dubbio amaro : sarebbe mai vero, che incivilimento fosse maschera di corruttela — manto, che ricopre il cadavere? » (2). Quanto più amaro gli sorgerà questo dubbio tra pochi anni ! Certo molto più di quanto non ne sia stato esulcerato l’animo entusiasta dopo il trionfo delle gloriose giornate del luglio in Francia, dopo cioè che su la « commedia dei quindici anni » (com’egli con sarcasmo definisce (3) il periodo dalla restaurazione all’avvento di Luigi Filippo) fu calato il sipario. (1) Ved. Scritti, E. N., I, 126. Sette anni dopo da Londra, giudicando il carattere degli inglesi, afferma di provare una violenta reazione « contre le positif, l’utili-tarisme, la prose, un mot Qui envahit de plus en plus notre époque, qui giace toutes les facultés d’enthousiasme propres à feconder... ... (Ved. ibid. XII, 337 [1837]). L anno successivo trattando di proposito di Fra Paolo Sarpi scrive ancora : « Non apparteneva a quell’ordine d’individui, ai quali l’entusiasmo e l’energia di condizioni religiose o religiosamente sentite comunicano potenza per mettere in moto quella insolita attività, quella somma di forze latenti esistente negli uomini d’ogni popolo e capace sempre di nuove vie se una potente Iniziativa la susciti : apparteneva a quelli che abbracciando col guardo tutti gli elementi, tutte le forze, operanti nell’attualità, sanno come trarne partito e derivarne tutti i risultati normalmente possibili. Uomini siffatti non creano l’avvenire ma ordinano, definiscono, accertano il presente cosi bene e così chiaramente da farne un punto di mossa a chi voglia dopo d’essi, andar oltre » (Ved. Scritti, E. N., XVI, pagg. 227-228 [1838]). (2) Ved. Scritti, E. N„ I, 159 [1828], (3) Ved. Scritti, E. N., VI, 298 [18351. LXXVI — Eppure la rivoluzione era riuscita per « un miracolo di virtù popolare»! Ma il popolo era stato tradito da coloro che non avevano compreso la missione storica, derivante dai postulati, della dottrina bandita con tanto entusiasmo dal Guizot e dal Cousin; chè il primo l’aveva ridotta ((all’apoteosi della borghesia », il secondo « a fare [della missione filosofica] un mosaico del passato, senza vitalità di progresso » (1). Si ribella al mercimonio una minoranza audace con cui il Mazzini si trova d'accordo nella reazione alla menzogna trionfante : essa si raggruppa, intorno alla Rev-ue Encyclopé-dìquk, « nella quale — son parole del Nostro — profondità di pensiero, scienza e logica sono congiunte a una pura e fervida fede nel futuro dell’Umanità inteso a un dipresso come lui l'intende» (2). Assunta la direzione da Pierre Leroux, il filosofo parigino lancia un appello « Aux philosophes », il quale, secondo il suo biografo più acuto, « est peut-ètre la plus remarquable de ses oeuvres » (3). L' appello é un eloquente documento del momento, perchè vi ritroviamo esposto con chiarezza adamantina il disagevole stato degli spiriti dinanzi ai problemi spirituali che urgevano più vivi alle coscienze, dopo l’avvento al trono di Luigi Filippo : lo scoramento per il fallimento della prassi liberale é pungente né poteva essere altrimenti, se teniamo presente ch’esso fu dettato nel settembre del 1831. Diciamo subito che lo scritto, per noi, ha importanza, quale espressione del momento, e non per il contributo dottrinario : benché anche qui il Leroux, tipico rappresentante dell'intelletto francese, riuscì a rendere chiare probabilmente allo stesso Mazzini, non poche idee che nella sua teorica ancora non avevan preso forma definita, e cioè non erano ancora suo patrimonio ideale. Originalità non ne rintracciamo : « l’intelletto francese — scriverà più tardi il Mazzini stesso, probabilmente pensando al Leroux — crea poco, assimila molto : manifatturiero per eccellenza, riceve le materie prime d’altrove. Svelto, pieghevole,, attivo, pieno di fiducia in se stesso, tendente di propria natura al monopolio e aiutato da una lingua facile, chiara, fornita di tutte le qualità colle quali l’ingegno francese si impadronisce di idee trovate, ma troppo sovente obliate altrove, e dopo averle lavorate, ornate, fatte sue, le caccia in circolazione : sovente,, ad agevolarla, smembra, riduce in frammenti l’idea, come si dividono in piccola moneta i grandi valori per adattarli all’uso dei più. In questo è principalmente riposta la vita, l’importanza del Genio francese. E a questo ufficio speciale, che sem- (1) Ved. Scritti, E. D., I, 283 [1861]. (2) Ved. Scritti, E. N., IV, 175 [1834], (3) Ved. F. Thomas, op. cit., pag. 40. — LXXVII — bra trasmessogli dalla natura, ei soddisfa con una abitudine di dominio, con una sicurezza che crea il successo. Il prénd son bien où il le trouve, é frase che par creata per esso.......» (1). Qual’é infatti la concezione filosofica cui s’ispira il Leroux nel suo battagliero appello? Fu Ippocrate — egli afferma — il quale per primo dimostrò che la vita dei corpi non risulta da una semplice riunione di elementi, ma é l’espressione della loro coesione e della loro armonia. Questo fondamentale principio della vita organica, trova la sua conferma sia nella vita individuale nel suo complesso intellettuale che nella vita sociale, anzi da esso si trae quell'armonia che a sua volta non può avverarsi senza far capo a un principio eterno, il quale deve essere rappresentato dalla religione. Le affinità tra questo concetto dell’ unità nel pensiero del Mazzini, e in quello del Leroux é evidente: il Mazzini ne trae le logiche conseguenze, é vero, prima del 1831, ma lo definisce chiaramente soltanto nel 1834 ; infatti già nel ’29 aveva ■affermato che le conquiste della civiltà eran ormai giunte a tale che gli uomini non potevan procedere se non uniti (2). Questo a propostilo dell’eredità lasciata dalla rivoluzione francese, dalla quale prende le mosse il Leroux affermando : « La révolution frangaise n’a pas seulement été une révolution dans les intérèts matériels ; elle à été aussi une révolution dans l’ordre moral : elle ne peut se terminer que par une réorganisation morale et matérielle à la fois ». La rivoluzione francese — aveva già affermato il Mazzini — congiunse i popoli coll’entusiasmo, e colla concordia dei principj, ciò che rappresentò la chiusura di un’epoca, e cioè il compimento della missione affidata al Cristianesimo, la storia del quale é dal Leroux considerata allo stesso modo del Jouffroy, e cioè, man mano che la scienza e la civiltà han proseguito i vecchi dogmi son caduti perchè privi di vita, ma sulle loro rovine, sulla fede scomparsa non é però sorta nessuna novella fede che la sostituisca. Ed infatti, dopo aver fatto un breve excursus sulle cause che determinarono il sorgere dei fondamentali dogmi, che ave-van dato una perfetta e logica sistemazione della vita terrena e futura, egli si chiede : a -Te le demande, comment Pesprit humain aurait-il pu douter de cè ciel en voyant la terre, et comment aurait-il pu rejeter la loi terrestre en voyant ce ciel ? Vous vous étonnez que l’humanité ait pu rester si long-temps empri-sonnée dans ce redoutable cercle : ah ! je m’étonne bien plus qu’elle ait pu en sortir». Ma ne é uscita per la legge dell’evoluzione progressiva dell’umanità, proseguendo il compito che (1) Veci. Scritti, E. N„ XLVI, pag. 241 [1852], (2) Ved. supra, pag. LXXI. — LXXVII I — ad essa iia affidato la Provvidenza (1), concetto base come già, sappiamo, della teorica mazziniana. Ma dalla storia stessa del Cristianesimo, dal considerare l'immenso edificio costruito dove P umanità lui vissuto, che cosa si deduce se non che non si deve separare la religione dalla società? (2). Eppure — dichiara il Leroux — la società presente dà la riprova, con una dimostrazione palmare, che é possibile l’esistenza di una società areligiosa. Dal momento iu cui si tradussero in atto le conquiste ideali del sec. XVIII « tous ceux qui ont jeté sur la societé un regard profond, se sont écriés : — La société est en poussière — Les plus hardis des jacobins, parvenus au sommet de leur oeuvre san-glante, effravés de cette mer qu’ils avaient décliàinée, de ces flots que rien ne gouverne et n’arrète, prirent des vertiges, et cherchèrent, mais vainement, un principe régénérateur qui put fixer la societé ». Si tentò il ritorno ai costumi e alle costitu-tuzioni dell’antichità greca e romana, si provò il regime dell’e-guaglianza e della fraternità, come se ciò che era stato rispondente per qualche tempo alle esigenze di piccole repubbliche, dove i cittadini, nutriti da schiavi, eran fra loro in realtà eguali, in altro modo potesse risolversi che in una ridicola ed ipocrita parodia. Napoleone, a sua volta, preso per modello il medio evo e Carlo Magno, compiendo all’estero opera di conquistatore e di civilizzatore, chiuse la Francia in una enorme prigione. Sopraggiunta poi la restaurazione si tentò la prova a par un (1) Prosegue infatti il Leroux, sviluppando il suo pensiero: « Oui, je le comprends nettement, tout le travail d’édification du christianisme est en germe dans la pensée que je viens d'énoncer. Pourquoi l’humanité s’est-elle rattachée, par tant de travaux et avec tant de soumission et d’amour, aux vieilles traditions du judaisme? c'est qu’elles seules pouvaient alors lui donner l’explication de son origine, et en mème tems la prophétie de sa destinée, en lui enseignant et l’unité de Dieu et l’unité de la race humaine. Pourquoi l’arianisme a-t-il été vaincu ? c’est parce qu’il était impossible de concevoir que l’homme, puni et condamné par Dieu, pùt se sauver par lui-mème : donc le Sauveur était Dieu. Passé, présent, avenir de l’humanité : Adam, Jésus, le règne de Dieu, voilà les termes d’une serie où tout est clair, lié, enchainé; serie où le monde réel d’alors, le monde de l'inégalité et.du malheur, se trouve expliqué, en-tre une passé qui l’a produit, et un avenir réparateur, Douleur dans le présent, donc crime dans le passé, mais espérance et justice dans l’avenir : c’est ainsi que le coeur humain a senti, que l’esprit humain a raisonné; et, recueillant avec joie dans l’univers entier tous les vestiges de son histoire, s’inspirant de la terre, de cieux et de tous les phénomènes tels que l’homme les concevait alors, l’humanité a bàti l’i'm-mense édifice du christianisme, et elle jy a vécu ». (2) « Ne séparez donc pas la religion de la société — egli scrive —, c’est comme si vous sépariez la téte d’un homme de son corps, et que, me montrant ce cadavre, vous me disiez : Voilà un homme. La société sans la religion, c’est une pure abstra-ction que vous faites, ou c’est une absurde chimère qui n’a jamais existé. La pensée humaine est une, et elle est à la fois sociale et religieuse; c’est-à-dire qu’elle a deux faces qui se correspondent et s’engendrent mutuellement. A telle terre répond tei ciel, et réciproquement le ciel étant donné la terre s’ensuit. Cette vérité pourrait se dé-montrer pour toutes les périodes du développement de l’humanité, comme pour la période chrétienne ». — LXXIX — adroit compromis avec nos idées de ’89, de nous remettre dans le moule brisé de la vieille monarchie ». Il re, considerandosi come il successore dei suoi avi, il legittimo signore del suo popolo, i nobili si pavoneggiarono nella loro nobiltà e furon privilegiati apertamente od in segreto : i preti costrinsero nell’ignoranza la nazione; il popolo immenso, lavorò per nutrire l’ozio, abbandonato a se stesso e cioè all’immoralità, all’abbrutimento, alla miseria. « Et voilà — conclude — ce que des hommes d’esprit ont regardé comme definitif, voilà ce qu’ils ont paré du langage mystique du constitutionnalisme ! Finctions, pures fìnctions, contre lesquelles tant d’hommes genereux ont au contraire protesté de toute manière, et qu’ un geste du peuple a fait évanouir au soleil de juillet ». La battaglia non era però ancor terminata, ma continuava anzi accanita fra coloro che crédevano possibile il ritorno dei tempi della restaurazione e quelli che consideravano come ormai esaurito il compito degli uomini passati ; ma gli uni e gli altri non s’accorgevano che dopo la totale distruzione dell'or-dine sociale si era giunti ormai ad uno di quei periodi di rinnovamento, in cui un nuovo ordine stava sorgendo « parce que l’homme se con^oit de nouveaux rapports avec Dieu et avec d’autres hommes ». E’ questo il nuovo compito ; ma quanto ne siamo ancora lontani ! esclama. La società é ridotta in polvere, perchè gli uomini non sono tra loro legati con vincoli d’associazione, e cioè nessun legame li unisce, e così vivranno fino a che una fede comune non illuminerà le loro coscienze e non riempirà i loro cuori. V’é sì un clamore universale, che proclama essere ormai tutti gli uomini eguali ; ma nella realtà dei fatti ciò non corrisponde al vero : « ne voyez pas — dichiara — que le fait est en opposition avec le droit, et que l’ordre ne sera rétabli que lorsque le fait marcherà d’accord avec le droit ou s’acheminera. pour le rejoindre ? ». Scomparsa la fede dei padri, il cielo é muto : il mito della libertà e dell’eguaglianza é una finzione, così com’é concepita (1). (1) «Vous dites que les hommes sont égaux : dites-moi donc pourquoi tant d’hommes sont marqués au front toute leur vie du stigmate de leur naissance; expliquex-moi cette horrible fatalité qui pése sur les dix-neuf vingtièmes de l’espèce humaine. 3j© bonheur et le malheur sont donc l’effet du hasard? « Quels sont ces hommes qui peuplent les prisons, les bagnes, et dont le sang coule sur les échafaudsP Vous savez 1 influence de l’éducation et l’empire des circon-stances : la plupart de ces criminels 1 auraient-ils été si le hasard de la naissance les avait favorisés ? et ne seraient-ce pas les classes élevées, qui les méprisent, qui en ont horreur, qui les jugent; ne seraient-ce pas elles qui payeraient le tribut au bour-reau, si la roue de la fortune avait tourné différement? Quel frein d’ailleurs avez-vous donné? Vous avez effacé de leur coeur Jésus-Christ, qui commandait aux hommes, au nom de Dieu, de s’aimer les uns les autres, et qui promettait un port aux affligés : ainsi encore le crime est hasard, et la vertu hasard. Mais savez-vous que c’est une horrible chose de conserver le bourreau après avoir òté le confesseur ! ». - LXXX - Il Mazzini già l'anno precedente trattando del Dramma storico e particolarmente dell’Alfieri, aveva criticato il concetto eli libertà dell'astigiano, quell'ardore di libertà « nudo, indeterminato, senza età, senza colore particolare, sempre lo stesso in qualunque tempo, in qualunque argomento » che era rappresentato « a guisa di teoria inapplicata » e che perciò « assumeva apparenza di declamazione » (1) ; e pochi anni dopo, chiarendo meglio il suo concetto affermerà : « La libertà ci è necessaria per compiere un dovere, come per esercitare un diritto. Ma se darete un principio religioso all'educazione politica, la libertà diverrà, come deve, capacità di scelta tra le vie diverse che guidano al bene; se innalzerete sola la libertà a ufficio di mezzo e di fine, essa diverrà ciò che i giureconsulti copiatori del paganesimo definiscono diritto d'uso e d’abuso. Essa travolgerà dapprima la società vostra nelPariarchia, poi la ricondurrà al dispotismo » (2). Il Leroux constatando a sua volta che la filosofia dei contemporanei, alla quale lo spirito suo assetato di verità s’era abbeverato per risolvere il problema della libertà connesso con altri ben più importanti, e che altro non gli aveva dato che il dubbio, era ancor qui d’accordo col Mazzini (3) ; ed é significativo notare che all’uno ed all'altro non era sfuggita la caratteristica della filosofia materialistica contemporanea che avea fatto della teoria del dottor Gali il segnacolo in vessillo della nuova dottrina. Tanto più poi sarà significativo per noi questo accostamento, se terremo presente che la pagina dove é trascritta una nota sul sistema del Gali si trova nello stesso foglio dello zibaldone nel quale il Mazzini riportò quel giudizio tanto singolare (1) Ved. Scritti, E. N., I, 262. A pag. 95 dello Zib. I, sotto il titolo di Libertà son raccolti numerosi spicilegi riferentisi a fatti storici. (2) Ved. Scritti, E. D., VII, 288. I sistemi e la democrazia [1849]. Vedi pure Scritti, E. N., VII, p. 195 [18361 ed in modo particolare Fede ed Avvenire, in Scritti, E. N., voi. VI,, pagg. 326-328 [1835], (3) « Dès mon enfance j’ai ouvert vos livres, o philosophes, je m’en suis nourri vingt ans. Jamais Babel ne vit une plus grarlde confusion et tant de. discorde. Au milieu de tous vos systèmes, rien n’est certain pour personne que l’incertitude de toute chose. «Le que sais-je de Montaigne est devenu l’axiome universel; et la grande vérité du siècle est le proverbe espagnol, De las co^sas mas seguras, la mas segura es dudar. « Je demande au philosophes: qui gouverne le monde? ils me répondent : Le hasard. cQuel est le mobile des actions humaines? L’egoisme. « Qu’est-ce donc que l’humanité? Nous n’en savons rien. D’où vient-elle, où va-t-elle? Nous n’en savons rien. « Quoi ! n’y a-t-il donc pas une vérité à laquelle je puisse m’attacher? Pas une. La terre est pieine de confusion, et en prois à mille fiéaux; l’immense majorité des hommes vit et meurt dans la souffrance; on rencontre à chaque pas l’iniquité triom^ phante et la vertu sacrifiée et méconnue; n’y a-t-il pas, oh ! n’y a-t-il pas quelque part un lieu de réparation? Non, me crient les philosophes, et ma raison, éclairée par eux, est obligée d» convenir que le paradis des chrétiens est un monde imagi-naire ». LXXXI - del Cuoco sulla filosofia dello Schelling e sui filosofi idealisti tedeschi, che già abbiamo veduto. Anche sulla teoria del Gali (1) non formula apprezzamenti, perchè la considera esclusivamente dal punto di vista scientifico ; ma se avesse dovuto trarne illazioni, come ne trassero, anche ben vicino a noi non pochi pseu-do filosofi, egli non avrebbe dato giudizio diverso da quello espres- (1) " Il Dott. Gali — trascrive il Mazzini dal Cuoco — nel suo viaggio a Berlino visitò le prigioni : tra 500, e più d'individui d’ogni sesso, d’ogni età, egli ha conosciuto i vizj predominanti di ciascuno, ed il genere di delitti pe’ quali era in carcere : ha distinto il ladro dall’assassino, il ladro furbo dal ladro sanguinario. Un tal Tropp era in carcere per furto : il suo mestiere era quello di calzolaio. Gali osservò in lui molto rilevato l’organo delle arti, e di fatti Tropp aveva imparato l’orologeria senza maestri; riconobbe in lui una grandissima attitudine a fare da commediante e di fatti il furto di Tropp era furto da commediante, essendosi travestito da ufficiale di polizia per scroccare una somma di denaro. Egli fece queste sperienze in presenza di custodi delle carceri, di giudici, del Prof. Wibdenow, del consigliere Hufeland. Ebbe però molti schernitori ; si pubblicò una lettera d’un Francese da Berlino a Parigi : — Voi avete già udito del dott. Gali, e della craniologica sua dottrina. Quest’uomo arrivato qui con ampia provvisione di teste di morti, avendone da 400 a 500, che lo seguono ovunque, rassomiglia un cimitero ambulante ecc. ecc. « Si domanda, quale è il fondamento di questo sistema ? Gali assegna un organo particolare per ogni azione del nostro spirito. Come può egli dimostrare lo che la facoltà del nostro spirito, e del nostro cuore sian quelle, ch’egli nomina, e non altre? 2° che l’organo il quale corrisponde a ciascuna facoltà sia in quella parte del cervello che Gali ha indicata? « La risposta de’ seguaci di Gali è la seguente : la ragion vera delle cose non si può intender mai, perchè non si può conoscere la natura delle medesime. Noi non vediamo altro che fenomeni, ed un fenomeno spiega l'altro. Qualunque sia un sistema, la sua proposizione fondamentale non è che un ipotesi, e non può esser altra. Chieder la ragione d’un ipotesi è contraddizione; se potesse aver ragione l’ipotesi si cangerebbe in tesi. Quale è la ragione della tua attrazione? chiedevano a Newton. Newton non negava, ch’egli non sapeva dir cosa fosse l’attrazione, ma soggiungeva : non perciò il mio sistema è meno vero. Io ho osservati tanti fenomeni, che voi non sapevate spiegare. Era dunque necessario immaginar un altro modo per ispiegarli. Ho immaginata l’ipotesi dell’attrazione : e questa ipotesi spiega tutti i vostri fenomeni, e li spiega ragionevolmente; dunque è vera. Necessità di stabilire un’ipotesi, e sufficienza della medesima a spiegar tutti i fenomeni noti : ecco i due caratteri che Newton ha stabilito doversi ricercare in ogni ipotesi. « Le differenze, che Gali osserva ne’ cranj umani esistono : rimane solo a sapere, qual rapporto abbiano colle nostre facoltà intellettuali, e morali. « Che all’esercizio d’ogni nostra facoltà potesse servire come organo proprio una parte del nostro cervello; e che la migliore, o peggiore disposizione naturale di ciascun organo potesse contribuire al più facile, e più energico sviluppo della facoltà corrispondente; come al contrario l’esercizio di questa facoltà potesse influire a migliorar l’organo medesimo, tutto ciò, era già stato detto da altri, e non era privo di molta probabilità. Questa è la parte teoretica del sistema di Gali. « Ammessa una volta l’ipotesi della divisione del cervello in tanti organi diversi, Gali ha incominciato dall’osservare i cervelli, e i cranj d’alcuni animali i quali pos-sedono in grado eminente qualche facoltà, che noi sogliamo chiamar col nome di istinto. Si può negare p. e. che il cane ha un istinto, che lo porta alla sociabilità, ed il gatto è tra gli animali uno de’ più socievoli ? Gali ha paragonati i cranj de’ due animali ; vi ha osservata una differenza sensibile : nel mezzo del cranio tra il sincipite, ed il vertice, il cane ha una protuberanza bislunga, la quale non solo manca nel cranio del gatto, ma invece della protuberanza vi si osserva quasi una cavità : i cervelli de’ due animali hanno l’interna conformazione analoga all’esterna. Se mai la bontà sociale ha un organo, chi non vede, che quefcto deva esser grandissimo nel cane, picciolissimo nel gatto? e che in conseguenza il cervello, ed il cranio nel cane devono essere convessi in quel punto, nel quale l’organo si trova, nel gatto debbono essere o LXXXII — so dal Leroux nel suo appello: essa non avrebbe in altre parole piani, o concavi ? Se dunque si scopre tra questi due animali un punto nel quale i due cranj maggiormente differiscono, non è da credersi, che questo punto corrisponda precisamente a quella parte del cervello, eh'è destinata ad essere organo di quella facoltà per la quale i due animali son più diversi tra loro? « Collo stesso metodo Gali ha esaminato i cranj di tutti gli altri animali i quali aveano qualche istinto più rimarchevole : di quelli uccelli, che noi cliiamiam di passaggio, noti per la loro instabilità; di quegli altri, che sì facilmente ripetono i suoni e le parole ecc. Il risultato costante delle sue osservazioni si può ridurre alle seguenti parole ; diversità d’istinto, diversità di configurazione nel cranio. « Dagli animali passò all’uomo : e ne ebbe lo stesso risultato. « Se si prende un cranio, si vedrà una specie di albero, che dalla nuca si eleva, e distende i suoi rami per tutta la circonferenza del cranio : e tutti i varj rami hanno origine da un punto solo, nel quale Gali ripone l’organo della forza vitale. I rami più vicini al tronco sono gli organi addetti alle facoltà fìsiche, a quelle, che più da vicinò tengono alla forza vitale: l’organo della forza generativa... Questi tali organi tengono tutto l’occipite. L’albero si innalza verso il vertice della testa, ed a misura, che si eleva, incominciano gli organi di quella facoltà, che partecipano del fisico, e del morale : i vari organi dell’immaginazione : del coraggio, della costanza, dell’avidità ecc. Tutti questi occupano quasi il mezzo della testa. La parte anteriore è destinata agli organi delle facoltà intellettuali, quello dell’osservazione, che siede in cima della fronte: quello del giudizio immediatamente sotto, ecc. « Gali ha guarito molti mali, che secondo i suoi principj, dipendevano da vizio dell’organo, coll’applicazione di rimedj locali sopra l’organo medesimo ». (Ved. C [uoco], Gall in Giornale Italiano cit., n. 89 e suppl.; Zib. I, 105). Alla morte dello scienziato tedesco, avvenuta il 22 agosto 1828 il Mazzini ancora annota: « Jean [sic, ma Francesco], Joseph Gall, médecin, mourut le 22 aout, à dix heures du soir, dans sa maison de campagne a Montrouge près Paris, à l’àge de 71 ans. Le poids de la masse cérébrale était de deux livres dix onces sept gros et demi — il laisse parmi ses élèves le Dr. Fossati, Italien. « Il naquit en 1758 dans un village du duché de Baden, d’une famille marchande. II se rendit à Paris en 1807 — A partir du tems d’Hippocrate, il y a toujours eu quelques savans, qui ont placé les plus nobles attributs de l’homme dans la tète : et depuis Galien il s’est constamment trouvé des écrivains, qui ont soutenu que chaque faculté morale avait son siège particulier, et comme une loge, que lui était réservée dans le cerveau. Il règne en France et ailleurs des traditions orales parmi les hommes, qui se livrent à l’enseignement élémentaire, sur la forme du cràne la plus favorable à l’éducation des enfans. Travaux de Lavater ne pouvait que porter les observations à appliquer à la partie couverte par les cheveux, les remarques, qu’il avait faites sur la face, et sur la région frontale. Toutefois le diagnostic de l’intelligence humaine par les apparences exterieures de la tète était une chose bien vague. « Gall vint. Il se proposa d’étudier l’organe centrai de l’appareil nerveux dans tous les animaux qui en sont doués — Partant de ce fait incontestable, que le cràne est modelé sur le cerveaux qu’il contient, il se mit a noter les rapports des diverses régions de l’appareil encéphalique. La constance des rapports purement spéculatifs, qu’il remarquait entre le développement des diverses régions de l’encéphale, et les actes des animaux, jointe a des dissections repetées du cerveau, et du cervelet, le convainquit bientót, qu’il existe dans l’intérieur du cràne des paires de nerfs desti-nées aux instinets, aux appetits, aux facultés si diversifiées de l’intelligence, comme il en existe à l’exterieur pour les sens, et pour les mouvemens musculaires. Dèe lors le moral cessa d’ètre à ses yeux une unité invisible : il le vit étroitement lié à l’in-stinct, et du point culminant, où il venait de se piacer, il contempla l’étonnante ré-partition des facultés diverses — Alors il rejeta les classifications de nos facultés admises par les idéologistes : il en proposa une nouvelle, et entreprit d’assigner à chacune une siège, et un appareil nerveux particulier dans la cavité cranienne ». (Zib. III, pagg. 98-99). Ved. pure il giudizio che dà la De Staèl sulle illazioni che non pochi sedicenti filosofi trassero dalla nuova teoria del Gall, in De l’Allemagne cit., voi II, pagg. 198-199, e quanto ne scrive Agostino Ruffini al Eosazza il 9 ottobre 1829, - LXXX III condotto se non al fatalismo e cioè ad un abbrutimento delle più elevate facoltà dello spirito (1). Ma ciò, naturalmente, non era ammesso dai filosofi eclettici, i quali affermavano che l'uomo é una forza libera. Ma — ribatteva il Leroux — questa forza ha dei limiti ben definiti, questa libertà cessa nella follìa e nella passione eccessiva. Ma queste condizioni anormali che altro sono se non l’innata tendenza in noi divenuta cieca e furiosa per mancanza di direzione, o soddisfatta, o combattuta per uno sviluppo normale della vita che rende felice colui che lo compie in sè ? L'uomo non é dunque una libera forza se non alla condizione d’essere associato ed armonizzato con le altre forze libere che esistono sulla terra. Questa armonia esiste, con la lotta evidente fra il diritto ed il fatto ; fra il diritto che è l’eguaglianza degli uomini, ed il fatto che è l’ineguaglianza delle sue condizioni ? Questa direzione, questa regola morale esiste, in mezzo allo scetticismo generale e al caso che presiede ad ogni cosa ? Al problema posto con tanta appassionata foga, il Leroux risponde schierandosi fra i seguaci del Saint-Simon facendo precedere la sua dichiarazione di fede dalle seguenti considerazioni, che abbiam già ritrovato adombrate negli scritti del Mazzini anteriori al 1831, ma che d’ora innanzi egli farà sue integralmente, tanto che le ripeterà trattando di proposito della concezione della vita. « Aux grànds époques de rénovation, lorsqu’un ordre social tombe et qu’un nouveau monde va naìtre, le génie du mal semble se déchaìner sur la terre et le manichéisme triomphe. C’est que tous les élémens de la pensée humaine, ajant cessé (Cfr. G. Faldella, Incunabuli della Giovine Italia, in Riv. Stor. del Risorg., Torino, 1895, pag. 959). (1) « Fatalité donc ! Et voici la Science elle-mème qui est une éclatante révélation de cette fatalité qui pése aujourd’hui sur les hommes. En effet, après tant de travaux de la philosophie matérialiste, qui pourrait nier que chacun de nous n’apporte en naissant des déterminations, des penchans, des facultés diverses? La fatalité n’est donc pas seulement hors de moi, elle est en germe en moi. Quand Gall émit ses idées, on ne s’y trompa pas; le monde eut un instant d’horreur et d’effroi; on sentifr que la justice humaine telle quelle est aujourd’hui distributive ou pénale, n’avait plus de base. « Oui, Gall, ses devanciers et ses successeurs, ont ramené parmi nous l’idée ae la fatalité antique. L’enfant est déterminé dès le ventre de sa mère, et il me semble que je vois la main du physiologiste passer sur la tète du jeune homme pour faire une horrible expérimentation. « Va, lui dit-il, tu te crois un agent libre, mais j’ai découvert dans les plis de ton cerveau les motifs de tes actions. Va, marche au milieu de ce monde ennemi ou embarrassé d’obstacles; tu portes en toi une force divine, mais il y a tout à parier qu’elle ne produira que du mal ». « Que, pour échapper au fatalisme, des sophistes s’épuisent à démontrer que, dans l’état actuel de la société, la Science de Gall s’accorde parfaitement avec la liberté humaine, que m’importe leur bavardage? Ne voit-on pas que, pour qu’ils eussent rai-son, il faudrait qu’une providence harmonisàt ces déterminations intérieures de chaque homme avec les penchans des autres hommes et avec le monde extérieur ? Or, cela est-il ? Non. Donc la fatalité règne ». (Tètre coordonnés, luttent confusément cornine dans le chaos, jusqu’à ce qu’une parole nouvelle, messie impatiemment atten-du, leur ordonne de s’hannoniser. Il y a alors une crise de dou-leur et d'enfanteinent, de misere morale et phvsiques excessive, de pleurs et de grincemens de dents. C’est la dissolution qui précède la vie nouvelle ; c’est l’agonie, la mort ; mais c’est aus-si l’indice certain de la renaissance. Ce (pie l'immanité attend, c’est une parole de désir et d’espérance, c’est l’initiation à une nouvelle vie, c’est le programme de sa marche nouvelle, s'est le signal de son départ pour chercher un nouveau ciel et une une nouvelle terre. Cette parole sort du sein de Fhumanité souf-frante par la voix d’un homme, et cet homme initial, avec le-quel 1 humanité elitre dans une nouvelle pliase de son développement, s’est toujours appelé un révélateur ». La divisione della storia dell’umanità in epoche (e cioè la convinzione che ad ogni epoca corrisponda un più alto grado di civiltà) e la convinzione che un’epoca nuova stava per sorgere col compito di proseguire la missione dell’uomo sulla terra, erano già state infatti il caposaldo della concezione che aveva dettato al Mazzini il saggio sulla letteratura europea; la funzione del genio e la concezione che egli ne ha, è già chiara aneli essa prima della redazione dell’appello ispirato alla scuola sansimoniana : non ritroviamo infatti, nel saggio citato il genio definito «l’ombra, la scintilla di Dio», o nel saggio del Dramma storico, il genio ancora dichiarato a la più alta scienza, »? (1). Ma un'atfinità ben più profonda esisteva fra il Mazzini ed il Leroux : ambedue erano stati delusi sia dalla breve parentesi settaria (come s'é visto anche il Leroux fu Carbonaro) sia dai risultati inaspettati del lavoro di lunghi anni preparato dai filosofi liberali nel decennio precedente il 1831. Durante le gloriose giornate più di uno fra i capi aveva gettata la maschera e il 29 luglio il De Rémusat che abbiamo trovato collaboratore insieme col Leroux nel Gioite, ebbe a dirgli : « Vous avez été joué. Ceci [il vostro arresto] se tramait de longue date. Et puis, entre nous, votre République est un franche utopie » (2). Parole che il Mazzini si sentirà poi ripetere tutta la vita ! Il Leroux, che aveva già veduto con simpatia il sorgere della nuova scuola, ed orientando il Gioite verso le questioni sociali ed economiche, aveva, diremo così fiancheggiato l’opera dei seguaci di Claudio Enrico Saint-Simon, lanciò il 18 gennaio del 1831 un monito ai dottrinari con un fiero atto d’accusa contro di loro, espresso nel titolo stesso dell’articolo, con cui annunciava il fallimento delle teorie fino allora bandite : Plus de libérali sme impuissant. Da quel giorno il Globe si ispirò alle teorie sansimoniane (1) Ved. Scritti, E. ST., I, pagg. 221-310 [1829-1830], (2) Ved. Eugène de Mirecoubt, Pierre Leroux, Paris, Havard, 1856, pag. 55. — LXXXV ed il 22 agosto di quell’anno stesso modificò il vecchio titolo nel seguente : « Le Globe, journal de la religion Saint-Simo-nienne » con l’epigrafe : « A chacun selon sa vocation ; à cha-cun selon ses ceuvres. Toutes les institutions sociales doivent avoir pour but l’amélioration du sort moral, physique et intel-lectuel de la classe la plus nombreuses et la plus pauvre ». Il nuovo Globe proseguì l’opera iniziata fin dal 1S25 dal Le Producteur, organo ufficiale della nuova scuola, la quale, raccogliendo nel 1831, gli scritti apparsi nel 1828-1829 aveva affermato con la penna del Rodriguez : « Un philosophe du dix-huitième siècle, d’Alembert, avait réjà re-marqué que l’on commengait par liétrir les novateurs, du noni de rèveurs, et qu’ on fìnissalt par les accuser de plagiat; il aurait pu observer encore qu’après ces précautions on s’emparait de leurs idées, 'tout en continuant de les attaquer dans leur source : tout cela nous et arrivé..... Nos moeurs plii- losophiques, aussi bien que nos passions politiques, nous ont habitués, depuis quelques siècles, à voir dans un maitre un ty-ran, un despote ; à établir sur le terrain de la Science un système de souveraineté individuelle, constituant la lutte entre toutes les intelligences ; chacun prétend trouver en lui-mème le maitre et l’élève, au moyen de la doublé révélation et de l’action réciproque de la conscience et de la raison, divinités mystiques de l’ontologie moderne. Nos jeunes pliilosoplies ont mème trouvé un mot qui peint merveilleusement cette anarchie intellectuelle : demandez-leur à quelle école ils appartiennent, ils répondront : nous sommes de Fècole éclectique; c’est cornine s’il disaient : nous ne sommes de l’école de personne ; et ils ont bien raison, car aucune des vieilles philosophies qu’ils cul-tivent ne convient à l’état actuel de la civilisation. Un homme ne constitué une école et ne lui donne son nom, que lorsqu'il produit un système nouveau, généralisant tous les faits obser-vés, et donnant ainsi une direction aux observations nouvelles. Cette remarque, qui s’applique aux spécialités scientifiques comme à la philosophie, et qui nous fait dire l’école de Newton comme celle de Socrate, s’étend aussi aux systèmes politiques : le pouvoir de constituer une societé n’est donné qu’aux hommes qui savent trouver le lien du passé et de l'avenir de l’espèce humaine, et coordonner ainsi ses souvenirs avec ses espérances, rattacher, en d’autres termes, la tradition aux prévisions, et satisfaire égalements les regrets, et les désirs de tous. Si Gré-goire VII, par exemple, a constitué l’ordre social du moyen àge, si Mahomet a fondé l’islamisme, c’est que l’un et l’autre sentaient vivement les besoins généraux des masses qu’ils diri-geaient » (1). Concetti, come si vede, che il Mazzini poteva accogliere, (1) Veci. Doctrine de Saint-Simon - Exposition ■ Première année 1828-1829 - Troi-sième edition revue et augmentée. Paris. Au Bureau de VOrganisateur, 1831, pp. 11-13. — LXXXVI — come fece, senza riserva, perchè già rientranti nel suo patrimonio ideale: dai presupposti poi della sua dottrina, doveva scendere la conclusione, cui giunsero i sansimoniani ; a tale teorica, che comprende in sè tutti i fenomeni sociali, nelle sue più alte generalità, si deve rivendicare il bel nome di filosofia a prodi-gué si complaisamment de nos jours ». Ma il passo tra filosofia e religione è breve, in una teoria che voglia abbracciare (( tous les phénomènes humains, dans leur plus haute généralité », ed allora ne nasce la logica illazione : « Un autre noni, plus grand encore, Ini est réservé, un nom que toutes les doctrines qui ont dirigé les peuples ont successivement pris et quitté, celui de religion. Ainsi les 'philosophes de la Grece et de l’Italie, après avoir long-temps parcouru, et enfili senti le vide dans le-quel leurs interminables discussions étaient agitées, se sont tous vali ics à la voix du Christ, et la religion clirétienne a été fondée ; et depuis trois siècles les chrétiens, renongant à leur Conimu-nion, se sont détachés de VÉglise pour foriner des écoles philo-sophiques, qui s’éteignent à leur tour cornine celles d’Athènes et de Rome, et se dirigent, à leur insù mème, vers VÉglise nou-velle » (1). Accogliendo integralmente questa dottrina, il Leroux terminava il suo appello ai filosofi, con queste inspirate parole, che non dovettero rimanere senza eco sullo spirito assetato di religiosità del Mazzini : « Tout ce que nous dirons aux philosophes aura pour but de leur prouver que le tenis de la philosophie est passé et que le tems de la religion est venu. Quand les hommes commencent à douter de ce qu’ils ont crii, quand ils détruisent ce qu’ils avaient élévé, ce travail s’appelle philosophie. Alors ceux qui ne pensent pas comme les autres s’appel-lent les sages, les philosophes. Mais quand l’humanité, après avoir bien cherché avec les philosophes, a trouvé la solution du problème qui l’occupait, elle se réunit, s’accorde dans cette solution ; les sages, les philosophes disparaissent dans la fonie qui suit le révélateur ; et alors cela s’appelle une foi, une religion-Les philosophies détruisent les solutions incomplètes adoptées par l’humanité, et cette oeuvre importante prépare les religions qui doivent leur succèder et les ensevelir » (2). Molto trae sulle prime ’ il Mazzini da questa concezione, che risponde d’altra parte alle più intime esigenze del suo spirito, ma non tanto da inalvearne la dottrina nel suo solco, come ci accingiamo a dimostrare. (1) Ved. op. cit., pag. 29. (2) Ved. Revue Encyclopédirjue, ou Analyses et amionces raisonnées des productions les plus remarquables dans la littérature, les sciences et les arts, Paris, ediz. propria, septembre 1831, pagg. 499-526. - LXXX VII VI. La religione sansimoniana ed i diritti della nazionalità propugnati dalla Revue Enciclopédique, al dimani della Rivoluzione di luglio — Charles Didier ed i moti italiani del 1831 — La dottrina sansimoniana e quella mazziniana — Il secondo Globe — La filosofia post-Kantiana nel giudizio del Mazzini — Pierre Leroux e Félicité de Lamennais: analogie e contrasti fra le dottrine bandite da loro e la teorica del Mazzini. Il Mazzini si trova d’accordo coi sansimoniani, coi liberali della Revue Enciclopédique, coi cattolici liberali rappresentati dal Lamennais, finché si tratta di condannare la turlupinatura della commedia dei quindici anni, e di propugnare un regime di libertà, non come fine a se stesso, ma come mezzo a nuove conquiste ideali. Ma fra la loro dottrina e quella del Nostro son più numerosi i punti di divergenza che quelli di accordo. Anche la Revue Enciclopédique infatti, iniziando la nuova sua vita dopo la rivoluzione di luglio, ha cura di presentare un programma terminante con una dichiarazione di fede tale da essere sottoscritta pure dal Nostro (1) ; ma essa, probabilmente in buona fede, fa da sirena lusingatrice, ripromettendosi dalla monarchia di luglio una politica nei riguardi dell’Italia, che illude non poco il Mazzini ed i liberali italiani e che porta ai primi gravi insuccessi, dai quali però deve sorgere più forte, perchè consacrata dal sangue, la fede nel martirio. Nello stesso fascicolo della Revue in cui compare il programma sottoscritto da Jullien, é pure pubblicato un « Coup d’oeil sur l’état du Globe en 1830 », nel quale con baldanzosa fierezza si definisce l’anno decorso «mémorable entre celles du siècle » perchè rappresenta « le début d’une grande époque ». Si constata con compiacimento la grande eco che la rivoluzione di luglio ha avuto anche all’estero : la rinvigorita lotta dei liberali in Inghilterra, le ripercussioni nel Belgio e nella Svizzera, in Grecia, e nelle potenze del Nord. L’Italia é appena ricordata, con parole di simpatia sì, ma considerata però (1) Lo scritto Vues Oénérales sur notre pian et notre but, dovuto a M. A. Jullien, finiva con queste parole : « C’est la vérité, c’est le bien Public qui sont les deux buts auxquels notre recueil est consacré. Il doit s’améliorer, d’année en anntée, par le con-cours d'obsefvateurs instruits, d’amis du bien, de penseurs, de savans, d’écrivains habiles et ingénieux qui, de tous les points du globe, viennent se réunir à la légion sacrée qui s’avance, le drapeau de la philosophie en main, pour conquérir et pour répandre au loin des vérités nouvelles. « Nous espérons que notre appel sera entendu, que nos efforts seront puissament secondés, que partout notre difficile et dispendieuse entreprise trouvera des coopéra-teurs, des correspondans, des amis, des soutiens, des propagateurs. C’est la cause commune de l’humanité que serviront tous ceux qui viendront s’unir à nous ». (Ved. Revue Encyclopédigue cit., fase, gennaio-marzo 1831, pagg. 11-12). - LXXXVIII - come terra dei morti (1), non condannata per l’eternità, perchè la nuova monarchia costituzionale, impersonata nel re dei Francesi, ha la missione di mettersi alla testa della civiltà e di favorire perciò il risorgere delle nazionalità (2). Questo il compito affidato alla « loyauté frangaise », e l’Italia sarebbe stata la prima nazione, che ne avrebbe tratto vantaggio, realizzando quel programma d’indipendenza e di libertà, per tanti secoli vagheggiato. E che la Revue Enjòyclopé-dique propugnando con tanto calore la tesi del non intervento, avesse di mira anche la- nostra nazione, é confermato dal fatto che uno dei più chiari suoi collaboratori, Charles Didier, all’indomani della rivoluzione di luglio, percorre tutta l’Italia, e studiatene le condizioni politiche e intellettuali ne dà un ampio ragguaglio ai lettori della Revue, profetizzando gli imminenti moti delle Romagne, cui non sarebbe mancato il successo (3) se gli italiani tutti fossero stati uniti nell’insorgere per (1) «Le Midi de l'Europe doit à peine fìgurer dans cette revue; là, le déplorable système politique auquel le catholicisme semble avoir donné sa sanction, a repu son complet développement. Là, une alliance a été conclue entre les classes privilégiées et le peuple des derniers rangs, pour dominer la partie industrieuse et éclairée de la population. Toutefois, malgré les obstacles qu’on leur oppose, les lumières pénètrent peu à peu dans les masses : le libéralisme s’infìltre graduellement dans les canaux du corps social, et déjà l’on voit poindre l’aurore d’une régénération. Heureux ces peuples, si elle n’est pas accompagnée de sanglantes agitations; si le torrent des pas-sion populaires, long-tems comprimées par l’ignorance et le fanatisme, peut prompte-ment prendre le cours paisible et régulier qu’un sage système de concessions suc-cessives pourrait dès à présent lui imprimer ! ». (Ved. op. cit., pag. 20). (2) « Si nous examinons Fimpression produite sur l'Europe par cette étonnante révolution, nous voyons qu’elle a sur-le-cliamp excité un sentiment uriiversel d’admi-ration et une vive sympathie. Les peuples on été frappés du bon sens et de la droi-ture dont la population parisienne et la nation entière ont fait preuve dans ces gra-ves circonstances ; ils ont vu que, si la France devait aspirer à reprendre son rang dans les transactions européennes, elle était bien désabusée des réves de glorie mili-taire qui enflammèrent les générations précédentes; qu’elle ne veut plus d’autres con-quètes que celles qui sont, comme Alger, faites sur la barbarie; qu’elle ne prétend qu’à cette influence pacifìque qu’exercent nécessairement trente-deux millions d’hom-mes libres et heureux, par l’action d’institutions progressives, et qu’enfin, aprés l’exem-Ples des écarts et des folies de la république et de l’empire, la France ne peut vouloir que protéger la liberté partout où elle existe, et propager les lumières partout où elles n’ont pas pénétré. « Mais, dans le cercle où la loyauté franpaise s’est renfermée, elle doit agir avec franchise et indépendance ; la nation est plus que jamais appelée à marcher à la téte de la civilisation, et toutes les autres ont le droit de compter sur elle. Sa politique est entre deux systèmes; il y aurait également honte et péril pour elle à rom-pre la paix dans les vues d’une égoiste ambition, et à éviter la guerre qui aurait manifestement pour but la protection des droits d’un peuple à l’indépendance, et des résultats d’un affranchissement glorieusement consommé comme le notre. Elle est investie d’une sorte de médiation armée entre les nations de l’Europe et la diplo-matie de la sainte-alliance. Voilà son devoir et sa mission. Puissent les Conseils de la couronne ne le jamais oublier ! ». (Ved. P. A. Dufau, Coup-d’oeil sur Vétat du Globe en 1830 in Revue Encyclopédique cit., pagg. 16-17). (3) « Rome ménage Bologne, parce qu’elle la craint. Les Bolonais ont la téte chaude; Machiavel loue leur amour de l’indépendance, et les traditions de liberté — LXXXIX - cacciare lo straniero (1). L’insurrezione nelle Romagne avviene sì pochi mesi dopo, ma la politica del non intervento rimane nelle intenzioni di pochi generosi e la repressione facilmente si compie. Colpa tutta dell’estero, o colpa anche italiana ? Il problema si pone in tutta la sua dura realtà : il Mazzini non si nasconde le cause profonde del l’insuccesso, dovute sia alla mancata educazione degli italiani, che alle dottrine da lui considerate false e bugiarde dei filosofi francesi e tedeschi, dei quali la nostra nazione si trova mancipia. Abbiam già veduto come esplicitamente condanna i dottrinari francesi, ed in particolar modo il Cousin ed il Guizot ; non altrimenti egli considera esaurita l’opera dei liberali esplicata nel primo Globe, insufficiente la posizione di battaglia da essi assunta contro il primo ministero Guizot (2). ne sont pas mortes. Les armes de la cité portent le doublé mot de Libertas; répan-dues dans toute la ville, placées sur tous les édifices publics, elles sont comme un appel aux citoyens. Nous étions à Bologne, le jour où les journaux franpais de l'op-position y apportèrent la nouvelle de la révolution de juillet. Nous avons eu l’occa-sion de les lire à h'aute voix dans un lieu public; et nous avons óté étonnés de l'ef-fet produit par cette lecture sur les auditeurs. Nous ne nous étions pas attendus à. une manifestation d’opinion si énergique, à tant de sympathie pour la cause de la liberté. La nouvelle que les Franpais allaient passer les Alpes se répandait sourde-ment, et était accueillie avec enthousiasme. ti Tel est l’esprit public dans toute la Romagne, à Ravenne, à Forlì, à Ferrare. Il se manifeste à chaque occasion... ». Negli altri paesi delle Legazioni « l’arbre n’a pas été coupé dans sa racine, e n’at-tend qu’un vent favorable pour repousser ». (Ved. Ch. Didier, Coup-d’oeil sur la sta-tistique morale et politique de l’Italie, in Revue Encyclopédique cit., fase, febbraio 1831, pag. 291). (1) Dopo aver affermato che gli stati più forti erano quelli nei quali era più viva la fiamma dell’indipendenza e della libertà, prosegue : « Les Piémontais et les Lombards sympathisent ; leur cause est la mème. Les tentatives mal concertées de 1820 ont laissé des fermens qui n’attendent qu’une occasion pour éclater. Les canons braqués sur les places publiques en sont la preuve; leur bouche béante est là pour imposer silence aux murmures. Les Lombards, commes les Piémontais, sont bons sol-dats. Napoléon leur a rendu cette justice, et il s’y connaissait. La noblesse lombarde est éclairée; elle saura faire des sacrifices, et le peuple saura se battre. Gènes est un point militaire de la plus haute importance. Les montagnes la fortifient du cót§ de terre, et la mer lui ouvre les Communications de toute l’Italie. L’histoire prouve que les Génois savent se défendre, quand ils le veulent. Partout existent des germes de vie, des sympathies, des volontés fermes ; isolées, elles ont été impuissantes : réu-nies, elles seront invincibles. « Maintenant passons le Pò. Que trouverons-nous d'abord ? Deux petits duchés, satellites de l’Autriche, et une province romaine où elle tient garnison ». (Ved. op. cit., fase, gennaio 1831, pag. 34). (2) In tale giudizio è d’accordo con la Revue Encyclopédique, che in tal modo riassume l’opera dal primo Globe fino ai primi del 1831 : « On sait ce que fut le Globe dans sa première existence : recueil philosophique et littéraire, plutót que feuille politique, il prit un rang élévé dans la presse pério-dique de l’Europe. Il fonda une nouvelle école dp critique; il introduisit en France beaucoup d’idées philosophiques et économiques, qui depuis y ont germé et produit des fruits ; enfin, il traita la politique sous le point de vue d’un éclectisme large, et on peut dire qu’il devint le centre d’un nouveau libéralisme plus tolérant et plus éclairé, en mème tems plus fort, parce qu’il était plus jeune. « Les jeunes gens, en eft'et, se rattachèrent en fonie à ce drapeau qui conduìsait, xc - Per Patteggiamento assunto dalla rivista parigina, essendosi il Leroux e non poelii altri suoi amici decisamente schierati per la religione sansimoniana come s’é detto, il Mazzini segue sì con interesse questo rinnovato movimento che tanto chiaramente rappresenta il disagio morale ed intellettuale della generazione sua (1), ma la critica ch’egli ne fa, rientra nell'ambito di quella fatta alla dottrina del Saint-Simon, dalla quale pur derivò qualche cosa, ma non il molto che si va dicendo. ■non pas à la guerre, mais à un voyage de découvertes, et le Globe rendit ainsi de très-grands services. Nous laissons de còte quelques ridicules; un engoùment germa-nique ou breton, qui devait nécessairement accompagner des études fortes et pas-sionnées. " Immédiatement après la révolution de juillet, le Globe renouvela presque con-plètement le personnel de sa rédaction : il fìt, pendant deux mois, une opposition purement libérale contre la chambre et ie ministère Guizot ». (Ved. Anselme Petetin, Revue des journaux politiques de Paris, in Revue Encyclopédique cit., fase, febbraio 1831, pag. 319). (1) Lo notava con la sua consueta acutezza nello stesso saggio, la Revue Encyclopédique. Dopo aver accennato al nuovo orientamento del Globe, prosegue: «Nous devons aujourd’hui nous borner à remarquer la frappante coincidence qu’offre sa naissance et sa propagation avec l’état social de l’Europe. « Elle arrive, quand toutes les autres croyances meurent; quand le décourage-ment s’empare de toutes les intelligences fortes et poétiques; quand la partie morale de l’homme ne trouve plus à se nourrir d’aucun rève généreux; quand l’encom-hrement, la concurrence, c’est-à-dire, le combat remplissent toutes les carrières; quand l’industrie la science, la vie sociale enfin n’est plus que guerre acharnée et déchire-ment eruel, elle arrive avec des dogmes de bienveillance universelle, des promesses de classement paisible et d’équitable partage des biens; quand l’hérédité dans l’or-dre politique est prète à périr sous une dernière attaque, elle arrive avec le principe •de la complète abolition de l’hérédité, mème dans l’ordre social : enfin quand la mi-sère des iJauvres est un remords pour quelques riches et la terreur de tous ; quand partout les myriades de prolétaires menacent de devenir une armée de tigres, parce qu’on n’a pas daigné les traiter comme une race d’hommes, elle apporte un nouvel évangile, un évangile de science et d’industrie qui doit guérir cette lèpre immense. « Certes, il y a dans la concordance de cette doctrine avec les faits quelque chose qui porte à croire qu’elle n’est pas un paradoxe éphémère, et que, dans l’avenir qui se prépare pour le monde, la vaste pensée de Saint-Simon trouvera une application, sinon complète, au moins fort considérable. « En effet, laissant de cóté la partie mystique de la doctrine, tout homme clair-■voyant peut prédire que les peuples màrchent à l’accomplissement de plusieurs des principes organiques qu’elle renferme. Ainsi il n’est pas douteux que l’hérédité dont nous parlions tout à l’heure ne soit un jour totalement abolie; et ce jour est plus ou moins prochain, mais vraisemblablement moins éloigné que ne le pensent ceux méme qui croient à la nécessité de ce progrès. Ainsi, l’admission, mème timide, mème défiante et incomplète des classes lettrées à la jouissance des droits politiques est un premier pas vers le classement des individus, selon la capacitò. « On peut donc regarder le Globe comme un pamphlet quotidien, destiné à jeter dans le monde des idées que le tems et la marche des événemens y feront germer et grandir. L’examen, auquel elle3 seront soumises dans ce mouvement de propagation, les dépouillera des erreurs et des nuages mystiques qui les entourent, et n’y laissera qu’un nouveau principe, purement matériel, de réorganisation sociale. « Toutefois, le Globe n’abandonne pas le terrain des croyances religieuses; il cher-che, au contraire, chaque jour à la déblayer pour y piacer le tempie de Saint-Simon. Chaque jour il analyse, avec une effrayante vérité, la maladie morale de ce tems, le déperissement de toutes les croyances, l’absence de tout lien religieux. Il s’at-tache particulièrement à démontrer que le catholicisme est vieux, ou plutót qu’ils — XCI - Egli infatti riconosce, e non si smentirà mai, contro i tacili detrattori di ogni generosa impresa, i meriti della nuova scuola affermando che «.....il sansimonismo è l’unica scuola che abbia seminato in questi ultimi tempi — scrive nel 1S36 — di buone sante cose il terreno : unica scuola che abbia, non fos-s’altro, tentato realizzare, affrontando sacrifici, miseria, e ridicolo, qualche cosa di grande » (1). Dapprima infatti, sotto l’impressione viva della reazione a quanto accade, accetta uno dei fondamentali punti della nuova dottrina, quello cioè della divisione della storia in epoche organiche e epoche critiche (2) ; ma non passano tre anni che s’oppone ad esso e lo condanna esplicitamente, affermando : <( Chi divise le epoche organiche e critiche falsava la Storia. Ogni Epoca è essenzialmente sintetica : ogni Epoca è organica. L’evoluzione progressiva del pensiero, che il nostro mondo manifesta visibilmente, ha luogo per espansione continua. La catena non può interrompersi. I diversi fini si collegano l'uno all’altro. La culla s’inanella alla tomba » (3). Accenneremo tra poco ad altri fondamentali punti di dissenso fra la dottrina sansimoniana e quella mazziniana ; ora ci dobbiam soffermare a brevemente indagare che cosa il Mazzini oppone — oltre alla critica sempre di per sè negativa — alla teoria dell’eclettismo, ed a quella dei filosofi idealisti post-kantiani : ché non si può scindere questa critica dall’atteggiamento ch’egli assume sia di fronte ai sansimoniani che di fronte ai cattolici liberali lamennesiani. I filosofi eclettici — egli scrive nel 1S34 — « traviati da quel gigantesco ricordo della Rivoluzione che signoreggia, senza che pur se n’avvedano, tutti i loro pensieri sull’avvenire, credono, che la prima parte deU’Epoca sia stata già proferita e che i lavori intellettuali possano quindi bastare allo sviluppo e al trionfo delle sue conseguenze..... Non vedemmo, in vecchi sistemi rifatti moderni, or negata la libertà a profitto dell’eguaglianza, or soppressa l’eguaglianza a vantaggio della libertà, e chiuso il progresso per entro un circolo senza escita ?..... « Né al vecchio eclettismo soltanto appartiene l’idea di tessere la veste di fidanzata alla giovine umanità coi brani della lacera toga del vecchio mondo : l’eclettismo fondò su quella un sistema e fu condannato; ma l’idea stessa, dominatrice della Ristorazione e potente più assai che non parve alla Rivoluzione; l’idea che non crea nè cancella, che venera sopra ogni est mort, et que ce culte extérieur qu’il affiche au milieu de nous n’est plus qu’un fantóme que soutiennent et font mouvoir des ressorts étrangers ». (Ved. op. cit., fase, febbraio 1831, pagg. 318-319). (1) Lettera al Melegari del 14 febbraio 18*6 in Scritti, E. N., XI, 249. (2) Ved. Scritti, E. N„ II, 185 [1832]; III, 69 [1832], (3) Ibid. VI, pag. 325 [1835], — XCII altra cosa l'io individuale, ché rispetta quasi fosse eterna ogni esistenza e si studia di trovar dove collocarla nell’edifizio sociale, rivive ili tutti quei tentativi di rinascimento o come dicono di riabilitazione che invadono il campo della filosofìa progressiva, in tutti quei saggi di trasformazione che tentano innalzare una fede d'individualità alla missione d’una fede so-naie. Gli uomini stessi che intravvedono il vero senso deila Risoluzione francese e come essa fosse una gigantesca conseguenza anziché un programma, traviati dal pensiero che Vini-piativa debba pure esistere a neh’oggi vigorosa in qualche punto (l-huropa, rinnegano il santo carattere dell 'insurrezione, lampo di Dio sulle moltitudini, incarnazione dello spirito universale in un popolo, vera sorgente d'iniziativa, per dissotterare dalla pone dei secoli, come i seguaci di Buchez e altri un cadavere d autorità solitaria e inefficace.... Sia dunque ch’io guardi all’er-i oie, eli io cerco combattere, nella sfera politica o sulla via degli studi filosofici, io veggo derivarne una inerzia fatale......» e ne e prova evidente la Francia e cioè « un popolo che dopo .nere in tre giorni distrutto un mondo tendeva a crearne un «i io oggi ricade perchè gl’insegnano a non sostituire la propria forza alla /orsa delle cose » (1). Se non erriamo, la ragione che induce il Mazzini a condannare 1 eclettismo, é la stessa che lo ha già indotto a condan-uare quella dell’Hegel, anzi la prima come derivata dalla seconda (i). JSé si deve attribuire tale atteggiamento a incom- (1) A ed. Dell iniziativa rivoluzionaria in Europa, in Scritti, E. N., XV, pagg. 172-176 [1834]. (2) In vari scritti egli critica aspramente la dottrina dell’Hegel; ma più chiaramente espone il suo pensiero nel saggio sul Eenan scritto nel 1872. La dottrina del Eenan scrive — «è emanazione, variante delle dottrine materialistiche che, più o meno arditamente espresse, fraintendono e inceppano oggi l’idea di Progresso chiamata ad essere sintesi e legge religiosa dell'Epoca nuova. Quello di Eenan non è il materialismo brutale degli atei Francesi del XVIII secolo e dei tralignati Tedeschi del nostro; è il materialismo mite, velato, celato, alquanto gesuitico 'della scuola Hegeliana. Per esso la verità esiste, ma relativa : riflesso, risultato dei tempi e dei luoghi, e legittima, comunque si mostri, come manifestazione dell’io — esiste il mondo, ma non ha che fenomeni transitori, successivi, conséguenza l’uno e dell’altro : studiarli, intenderli, contemplarli è la nostra parte quaggiù — esiste l’ideale ma in noi, non fuori di noi : è la più alta forinola delle nostre noziortì sul Bello, sul Giusto, sull’Utile : concetto, non fine. " Ogni realtà, ogni fatto compiuto, è perchè deve essere, ha nella propria esistenza la propria ragione d’essere. Ogni evoluzione, ogni fenomeno è cagione ed effetto ad un tempo. Dio non esiste e non importa tentare l’impresa impossibile d’appurare se esista; ma l’uomo lo crea e la tradizione avendone fatto un importante elemento storico, giova serbarne il simbolo o il nome; e sono conseguenze tutte del concetto materialista che non vede nè può vedere nel mondo se non una materia necessariamente finita di fenomeni prodotti dalle forze d’una somma di materia necessariamente finita, fatalmente concatenati e chiamati a indefinitamente ripetersi ; moto a circolo, non a progresso. 11 conseguenze d idee siffatte sul modo d’intendere la Storia e lo svolgersi delle cose umane, sono evidenti e spiegano le proposte di Eenan alla Francia. Eliminata 1 esistenza d un Ideale assoluto supremo e d’una Legge educatrice - xeni prensione, e neppure, come si disse (1), al fatto del suo contrasto con Carlo Marx discepolo del filosofo tedesco : egli fra il Romagnosi e l’Hegel sta sì nel 1832 con il secondo (2) ; ma ciò non vuol dire che la filosofia hegeliana non sia da lui considerata come una concezione materialistica della storia (3). Come il Mazzini si oppone all’idealismo hegeliano, non senza però che la dottrina del Cousin, abbondantemente tinta di hegelismo, abbia lasciato traccia sulla sua concezione filosofi- provvidenziale, non rimangono a norma di giudizio sugli uomini e sulle cose che i fatti. Il reale mutabile, contingente, relativo, sottentra all'eterno Vero. L’intelletto della Vita collettiva si rende, logicamente, impossibile. L’analisi regna sovrana e non va oltre i fatti isolatamente, successivamente osservati senza poter risalire alla loro vera origine, disporli a serie, giudicarne il valore. La Vita, semplice risultato di cause ignote, smarrisce ogni idea di missione, di fine. La Tradizione è l’unico criterio, l’unica sorgente delle nozioni che possiamo acquistare dello sviluppo nei popoli e s’arresta davanti all’Avvenire.... L’Ideale del Governo di un popolo sta nel far serbo di tutti gli elementi storici che si rivelarono nella sua vita passata e collocarli in eguaglianza possibile a fianco l’uno dell'altro ». L’influenza della dottrina hegeliana su quella del Guizot e del Cousin, non gli è ignota. Infatti prosegue : « Così Guizot statuiva eterni ed eternamente legittimi quattro elementi : il teocratico, l’aristocratico, il monarchico, il democratico, dei quali ei trovava successivamente manifestazioni nella vita politica dei popoli. Così Cousin dichiarava che il segreto della Filosofia consiste nell’affratellamento per aggregazione dei quattro elementi, idealismo, materialismo, scetticismo, misticismo, ch’ei trovava nelle epoche anteriori. Come Hegel proclamava raggiunto il fine del progresso nelle Istituzioni Prussiane, Cousin e Guizot proclamavano l’inviolabilità della Costituzione data alla Francia da Luigi XVIII. I quattro elementi del passato v’erano, più o meno imperfettamente, rappresentati. « Assumendo aspetto d’ottimismo e di pessimismo, il Fatalismo è conseguenza ineluttabile di questa scuola. E conseguenze del Fatalismo sono la giustificazione del male e la contemplazione sostituita all 'azione. A che la condanna, dove tutto s’incatena in una serie di fenomeni che sono effetto e cagione ad un tempo, in virtù di forze e leggi della materia immutabili perchè non intelligenti? ». (Ved. Scritti, E. D., XVI, pagg. 118-121). (1) Ved. R. FoÀ, Mazzini e gli Hegeliani a Napoli, in Critica, Napoli, voi. X, 1912, pag. 76. (2) Scriveva a - Ch. Didier, l’autore del Saggio sull’Italia, cui s’è accennato, nel novembre 1832, a proposito dello scritto del Romagnosi Alcuni pensieri sopra un’ultra metafisica filosofia della storia (pubblicato nell’.-l-ntolofiiia del Vieusseux dell’aprile), in cui la filosofia hegeliana era portata innanzi come un « esempio dell’estrema ultra-metafisica da sfuggirsi nello studio delle cose umane », e definite le meditazioni del sommo filosofo « fantasmi alchimistici » e « strambotti sibillini » : « Vouz aves vu le factum que Romagnosi a lancé dans 1 ’Anthologie et au sujet d’Hegel, qu’il n’a du reste jugé que fort légèrement ». (Ved. Scritti, E. N., V, pag. 196). (3) Non ci sono ignoti gli argomenti che si oppongono a questa critica che il Mazzini fa dell’hegelismo, ma ci sembra superfluo di unire la nostra debole voce a quella dei tanti critici che trovano fragili ed inconsistenti le basi filosofiche del Nostro : non intendiamo cioè portar vasi a Samo. Ci importa invece raggiungere lo scopo prefissoci di seguire il Mazzini nel formarsi della sua dottrina la quale é, quello che é : si può discuterla approvarla o condannarla, ma non si deve tradirne il genuino contenuto, sia per rispetto ai supremi valori dello spirito, sia perchè soltanto in questo modo — secondo noi — si può dare il posto che spetta alla figura del Mazzini anche nella storia del pensiero. - XCIY ca (1), così si mette contro e supera quella sansimoniana, non senza averne subito il fascino, soprattutto per il misticismo di cui è permeata. Ne é da stupirsi, perchè anche quest’ultimo movimento filosofico é ancor oggi oggetto di esame, tanto serio da trovare chi rivendica l’attualità delle audaci soluzioni proposte da questa scuola ai problemi dell’umanità rinnovellantesi nell’altèrna vicenda della storia (2). Quale sia il ^pensiero di Mazzini appare evidente nelle polemiche ch’egli* ebbe col Leroux e nelle posizioni dottrinarie nettamente contrastanti fra il filosofo parigino e l’A-postolo genovese. Il sansimonismo sacrifica infatti l’individualità all’umanità ; anzi il Leroux, partendo dal presupposto che « l’égalité est en germe dans la nature des choses », concetto proclamato dalla ben nota dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1793, ne trae l’illazione di una eguaglianza tanto assoluta quanto astratta, cui il Mazzini oppone che nella società non si possono eliminare due disuguaglianze, una di fatto e l’altra di diritto ; la prima che esiste e perciò non può negarsi, la quale é d'altra parte un mezzo assai efficace di progresso ; la seconda che riguarda le facoltà intellettuali più o meno sviluppate, suscettibili di trasformazioni, ed anch’essa indispensabile all’evoluzione dell’umanità. «E’ necessario — scrive nel 1835, continuando nella enunciazione dei postulati fondamentali della sua dottrina — a ogni pensiero rivoluzionario un concetto che gli sia leva, un centro d’azione, un punto d’appoggio determi- (1) Si tenga presente ch’egli sin dal 1830 aveva scritto : « E’, o pare natura, delle umane cose, che le idee siano dapprima spinte agli estremi, poi retrocedano ad un giusto mezzo. Il confondere l’eccesso d’un principio col principio stesso, è follia comune sovente tanto a chi nega come a chi afferma. Gli uni sospettano d’essere tratti da una prima conseguenza fin dove non vogliono ; epperò negano ostinati ogni cosa, e violentando, per meglio combatterlo, il principio all’ultima sua conseguenza, si persuadono poi che il principio e quest’ultima conseguenza sien uno. Gli altri, noiati forse di dover conquistare lentamente e con infinità di contese ogni linea d’un sistema vero nella sostanza, trasvolano a chiedere senz’altro l’ammessione dell’ultimo corollario, dacché se mai vi riuscissero, tutte quante le proposizioni intermedie sarebbero vinte per essi. Così gli scrupoli de’ primi e la impazienza dei secondi ravviluppano ognor più le questioni, e chiudono le vie della pace ». (Ved. Del Dramma Storico, in Scritti, E. N., I, pagg. 263-264). (2) Vedi Sébastien Charléty, Histoire du Saint-Simonisme (1825-1864), Paris, Hartmann, 1931. Lucien Maury, recensendo il volume — notevolmente accresciuto nei riguardi della la edizione, che risale al 1896 — fra l’altro scrive : ■■ La réthorique des Saint-Simoniens peut quelquefois paraitre démodée leurs idées ne le sont pas; on en suit la pointe, que le temps n’a pas émoussée, au plus profond des chairs et des cerveaux. Ennemis du libéralisme, s’ils supprimaient la liberté au nom d’un dogma-tisme scientifique, et si, au nom de l’humanité, ils condamnaient l’individu, on ne sache pas que ces tendances, reprises et mises en forme par le positivisme et le so-cialisme, aient aujourd’hui moins de credit parmi des masses qu’au temps du ro-mantisme. L’homme de la rue les tient de plus récentes apótres et ignore les précur-seurs. De ceux-ci pourtant le trop vaste programme mérite encore examen ; leurs écrits sont un répertoire d’idées neuves, si neuves parfois qu’elles n’appartiennent pas encore au passé, mais se rangent parmi les anticipations d’une incertain avenir ». (Ved. Revue Blue, Paris, 4 juillet 1931, pagg. 416-417). — xcv nato. Il secolo trovò il suo collocandosi nel centro del proprio soggetto; e fu Vio, la coscienza umana, Vago situi di Cristo alla potestà de’ suoi giorni. In quel centro la Rivoluzione, conscia delle proprie forze e sovrana per diritto di conquista, sdegnò di provare al mondo le proprie origini, il proprio vincolo col passato. Furono rovine senza fine. Affermò..... negò. Ma di mezzo a quelle rovine, fra tutte quelle negazioni una immensa affermazione sorgeva : la creatura di Dio, presta a operare, raggiante di potenza e di volontà : — Vecce homo, ripetuto dopo diciotto secoli di patimenti e di lotte, non dalla voce del martire, ma sull’altare innalzato dalla rivoluzione alla vittoria: — il diritto, fede individuale, radicato per sempre nel mondo » (1). La concezione mazziniana del diritto, conquista ormai acquisita dell’epoca che si concliiuse con la rivoluzione francese, secondo il Nostro, é un punto fondamentale della sua dottrina (2); e, non ha nulla a che fare con la concezione materialistica dei sansimoniani che, come il Leroux, considerano l’eguaglianza di tutti gli individui come un fatto naturale. Ma prima di accennare donde trae vita il suo concetto del diritto é necessario soffermarsi ad accennare brevemente ai rapporti che intercorrono fra la sua dottrina e quella lammene-siana. Ancor qui é bene lasciar la parola al Mazzini : « Lamennais — egli scrive al padre il 14 giugno 1838 —, uomo ch’io non solo stimo altamente, ma amo, è il tipo dei sacerdoti di che parlate. Egli ha lottato contro l’opinione liberale finché l’ha veduta comparire sotto una veste di materialismo e d’irreligione : quando ha trovato uomini come noi del secolo, spiritualisti, credenti, volenti il bene e il progresso libero dell’umanità appunto perchè sta scritto nella legge di Dio, ei s’è ricreduto e s’è posto con noi » (3). Ciò che afferma il Mazzini é verità sacrosanta : nella teoria del Lamennais si trovano sì non pochi punti che la rendono affine a quella mazziniana ; ma non si può affermare che ne diti) Ved. Scritti, E. N., V, pagg. 322-323. (2) La natura di questo saggio — di proposito limitato — non ci permette di estenderci ad illustrare non pochi altri punti di dissidio fra la dottrina del Leroux e quella del Mazzini : il dissidio culminò nel 1851 di fronte alla rigida condanna portata dal Genovese sul socialismo. Non ci sembra però qui fuor di luogo ricordare la lettera che quest’ultimo scrisse all’antico amico mentre era deputato all’Assemblea costituente, il 7 settembre 1851 : « Nous suivons deux routes qui ne sont pas identi-ques, mais qui convergent. Vous, Trimégiste, vous voulez que les homme se régénè-rent par eux-mèmes; moi, je me sens dans l’àme quelque chose du Spartacus, et je n’entends pas qu’on puisse guérir un pestiféré sans purifier d’abord le milieu dans lequel il se trouve. Or, cette purification des milieux s’appelle insurrection ». (Ved. F. Thomas, op. cit., pag. 321). Pochi mesi dopo G. Ferrari accennando alle polemiche acerbe che dividevano il Mazzini dai socialisti francesi, scriveva al Cattaneo : « Sappi che L. Blanc e Leroux erano i veri e primi amici personali di Mazzini, Leroux in ispecie si imaginava fosse emanazione delle sue dottrine » (Ved. A. Monti, Un dramma fra gli esuli, Milano, Caddeo, 1921, pag. 122). (3) Ved. Scritti, E. N., XV, pag. 32. XCVI — penda. Troviamo nel Le Livre du peuple — lo scritto cui allude il Mazzini nella lettera al padre, libro allora allora uscito — non poche risonanze della concezione religiosa, in Mazzini già ben chiara e definita nel 1838, quando cioè il Lamennais scrisse (1). !STe rileviamo solo qualcuna, come lo comporta I indole di questa nota : « La félicité part'aite, à laquelle tout esprit lm-main aspire, n’est pas, il est vrai, de ce monde : vous y passez pour atteindre un but, pour remplir des devoirs, pour accom-plir une oeuvre » (2) ; concetto che già troviamo dal Mazzini messo innanzi fin dal 1836 e non soltanto teoricamente, ma come norma di vita, come vedremo. Il concetto mazziniano dell’associazione, già da noi illu- (1) Si deve anzi risalire al 1832, a quello scritto «Ai lettori italiani » nel quale si contiene un’esplicita condanna alla dottrina del primo Lamennais, come lo stesso Mazzini scrive due anni dopo al Melegari nel momento — si badi in cui é più profonda l’impressione suscitatagli nell'animo dalla lettura di poche pagine delle Paroles d’un croyant, ch’egli anzi intende far tradurre in italiano o da Agostino Ruffini o dal Ghiglione, riservando a sè il discorso preliminare : « Argomentando da alcuni estratti il libro — scrive nel maggio 1834 —, è scritto con vera potenza, e in un senso totalmente democratico — sarà censurato dalla Chiesa — proibito dai Governi. — E’ un’adesione solenne ai nostri principii, di un uomo che ha incominciata la propria carriera quasi sulle orme di De Maistre, di un uomo che ha fulminato le idee rivoluzionarie nei suoi libri, e nelle sue menome azioni — oggi ad un tratto si rivela apostolo ardito di principii popolari, e della cacciata contro i re. Per me non è sorpresa, e come io ho vaticinato sempre Victor Hugo nostro, cosi ho intraveduto in Lamennais un riformatore, un Lutero del XIX secolo : e credo di averlo detto in una prefazioncella al discorso di Didier tradotto. Gli fuma dentro troppa potenza, e secondo me, troppa ambizione, perchè volesse ostinarsi a ritroso del secolo non si fonda scuola in quel modo — e Lamennais vuol fondarla. Comunque, la sua voce è voce potente in Italia presso tutta la gente che parteggia per i Giansenisti, e l’altra che adora, non la verità, ma la bocca che la profferisce — i più insomma. Poi, una conversione è sempre importante. Bisogna dunque trarne profitto ». (Ved. Scritti, E. N., IX, pagg. 358-359). Lo scritto al quale si accenna nella lettera (Cfr. Scritti, E. N., II, pagg. 241-151) è assai interessante raffrontarlo con le Paroles d un Croyant. In questo libretto il Lamennais infatti con istile tratto dai profeti esalta l'amore fra gli uomini, la necessità dell’associazione, il grande valore del concetto cristiano dell’eguaglianza e quello della libertà, ma in termini poetici, senza scostarsi dalla dottrina cattolica. Il Mazzini, nello scritto citato, anteriore di due anni a quello lamennesiano, dopo aver affermato : « il papato è spento, ma la religione è eterna » conclude : « checché ne sia, e finché la rivelazione dei nuovi destini non s’affacci al mondo, conviene non obbliare che il cristianesimo ha profferito puma la parola d’eguaglianza, madre della libertà — che primo ha desunto i diritti dell’uomo dalla sua natura inviolabile — che primo ha schiuso una via alla relazione deWindividuo colla umanità, cacciando nella fratellanza il germe dell associa zione ». Che il libretto non sia uscito dai limiti della dottrina cattolica — e perciò poco atto ad influire sulla concezione del Mazzini — lo riafferma pure Niccolò Tommaseo al dimani della pubblicazione. « Libro che tali cose contenga, chiamarlo, come Gre^ gorio XVI fece, rovesciatore dell’ordine, ed esempio e turbatore delle cose divine, e indiretto a perpetuar le sommosse nei popoli, è un condannare Gregorio VII e i libri santi ». (Ved. Sulle parole di un credente del Signor di Lamennais • Considerazioni di un Cattolico Italiano, che trovasi in appendice alla traduzione stampata alla macchia (Italia, 1834, pag. 148) del libretto lamennesiano. (2) Ved. Le Libre du Peuple, par F. Lamennais, Paris, Pagnerre, 1838 (4a ediz.), pag. 33. — XCVII strato, é il concetto ispiratore della seguente pagina lauienne-siana : « Voulez-vous réussir ? pensez à vos frères autant qu’à vous ; que leur cause soit votre cause, leur bien votre bien, leur mal votre mal ; ue vouz voyez vous-mèmes et ne vous sentez qu’en eux; que votre insouciance se transforme en sympathie profonde et votre égoisme en dévouement. Alors vous ne serez plus des individus dispersés dont quelques-uns mieux unis font tout ce qu’ils veulent : vous serez un, et quand vous serez un vous serez tout ; et qui désormais s’interposera entre vous et le but (pie vous voulez atteindre? Isolés à présent parce que chacun ne s’occupe que de soi, de ses fins personnelles, on vous oppose les uns aux autres : quand vous n’aurez qu’un intèrèt, une volonté, une action commune, où est la force qui vous vainc-ra ? « Mais comprenez bien quelle tàche est la votre, sans quoi vous échoueriez toujours. « Ce n’est point de vous faire individuellement un sort meil-leur, car la masse resteroit également souffrante et rien ne se-roit changé dans le monde : le bien et le mal y subsisteroient en mème proportion ; il y seroient seulement, quant aux per-sonnes, distribués différement : l’un monteroit, Fautre descen-droit, et ce seroit tout. (( Ce n’est point de substituer une domination à une autre domination. Qu’importe qui domine? Toute domination impli-que des classes distinctes, par conséquent des privilèges, par conséquent un assemblage d’intérèts qui se comhattent, et, en vertu des lois faites par le classes élevées pour s’assurer les avantages de leur position supérieure, le sacrifice de tous ou de presque tous à quelques-uns. « Le peuples est comme l’engrais de la terre où elles pren-nent. racine. , « Yotre tàche la voici, elle est grande : vous avez à for-mer la famille universelle, à construire le Cité de Dieu, à réa-liser progressivement, par un travail ininterrompu, son oeuvre dans l’humanité » (1). Si leggano l’atto di fratellanza della « Giovine Europa » e lo Statuto della stessa, documenti redatti dal Mazzini e sotto-scritti pure dai Kuffini, e si raffrontino con la pagina del Lamennais che abbiam trascritto, e l’identità di concetti e di ispirazioni sarà per ognuno evidente. Il Mazzini l’anno successivo — 1835 — diede ad essi forma più smagliante in Fede ed Avvenire, ed il Lamennais non dovette certo ignorare queste pagine, scrivendo nel 1838. La critica mazziniana del concetto del diritto, ispirata dal concetto ch’egli ha del dovere, dal quale lo fa derivare, in opposizione alla dottrina degli enciclopedisti, è già esplicita in Fede ed Avvenire (2) ; ed il Lamennais non fa che parafrasare (1) Ved. op. cit., pagg. 36-39. (2) Ved. Scritti, E. N., VI, pag. 336 e segg. XCVIII - il concetto mazziniano, senza però attingere gli elementi di critica alla profondità del pensiero del Nostro. Infatti il Mazzini, che ha già condannato — come abbiam veduto a proposito del Leroux — il concetto dell’eguaglianza di tutti gli individui come un dato di fatto naturale, non può consentire col Lamennais, perche il filosofo bretone identificando il diritto colla libertà, cade nell’identico errore del Leroux e cioè degli enciclopedisti (1). Ci limitiamo ancora a cogliere altre poche analogie fra cui quelle del binomio mazziniano Dio e Popolo e la dottrina la-mennesiana che non ammette mediatori fra l’uno e l’altro. Sempre in Fede ed Avvenire il Mazzini afferma : «.......Noi respingiamo ogni dottrina di eclettismo e di transizione, ogni forinola imperfetta e senza vita contenente l’esposizione d’un problema senza tentativo per scioglierlo : ci separiamo da ogni scuola tendente a congiungere vita e morte e a rinnovare il mondo con una sintesi estinta. Poniamo Dio stesso mallevadore del popolo e della sua sovranità : porgiamo nel carattere stesso dell’Epoca una nuova base al principio del suffragio universale » (2). (1) « Je vous dirai toute la vérité, parce que c’est elle qui sauve. Il y en a qui croient bon de la voiler : ce sont ou des imposteurs, ou des timides que Dieu effraie: car la vérité c’est Dieu mème et la voiler c’est voiler Dieu. « i^a sagesse qui preside à la vie humaine et l'empèche d’errer au hasard consiste dans la connoissance et dans la pratique de vraies lois de l’humanité; et. l’ensemble de ces lois, dont se compose l’ordre moral, est ce qa’on appelle droit et devoir. « Plusieurs ne vous parlent que de vos devoirs, d’autres ne vous parlent que de vos droits; c’est séparer dangeuresement ce qui de fait est inséparable. Il faut que vous connoissiez et vos devoir et vos droits, pour défendre ceux-ci, pour accomplir ceux-Ià; jamais vous ne sortirez autrement de votre misère ». Occorre rispettare mutualmente i diritti degli uni e degli altri, ed è questa la giustizia, inizio del dovere; ma 1 giustizia non è sufficiente se non è accompagnata dalla carità: «C’est le droit qui affranchit, mais c’est le (levoir qui unit; et l’union c’est la vie, et la parfaite union est la vie parfaite ». La libertà é sacra perché ci é data da Dio : « Chacun, maitre de soi, peut à son eré disposer de soi. Autrement, au lieu d’étre ce que Dieu l’a fait, un ètre raison-nable doué de volonté, pouvant agir ou n’agir pas, selon sa propre détermination, il devient un pur automate. Or, je vous le demande, est-ce là l’homme? Concevez-vous un ètre humain prive de raison, ou une raison sans volonté, ou une volonté sans action, ou un acte qui soit réellement de celui qui l’opère s’il ne dépend pas de lui uniquement ? « Ainsi la liberté c’est le droit, et le droit c’est la liberté. « Avec elle disparoit tout ordre moral. Celui qui ne pense, ne croit, ne fait que ce qu'on lui commande, de quel mérite est-il capable et de quoi répond-il? Il n’exi-ste pour lui ni vrai ni faux, ni bien ni mal ». La libertà é dunque un diritto come l’eguaglianza, ma il popolo, anche se teoricamente tale eguaglianza l’ha conquistata, di fatto non la possiede : « des maux qui sont dans le monde une grande partie vient de là; et point de soulagement à y espérer, aussi long-temps que subsistera cette inique violation de l’égalité naturelle ». (Ved. op. cit., pagg. 34-69). (2) Ved. Scritti, E. N., VI, 342 [1835]. Lo stesso concetto é espresso così dal Lamennais ; « Y avoit-il des rois, des nobles, des patriciens et des plébéiens avant qu’il y eùt des peuples? Et si le peuple, égal et libre, préexistoit à toute distinction, toute distinction, si elle n’est pas le fruit de la violence et du brigandage, dérive donc du XCIX — Questa nuova base egli la trova nel concetto della nazionalità, strettamente collegato con quello dell’umanità, primo dovere dell’uomo : «Innalziamo la questione politica — dichiara proseguendo in Fede ed Avvenire — all’altezza d’un concetto filosofico. Costituiamo un apostolato dell’Umanità, rivendicando quel diritto comune delle nazioni che dovrebbe essere il segno della nostra credenza » (1), concetto che il Lamennais svi- peuple, de sa volonté indépendante, de son impérissable souveraineté. Hors de là, rien de légitime. Patriciat, noblesse, royauté, toute prérogative, en un mot, qui pré-tend ne reveler que de soi, se soustraire à la volonté, a la souveraineté du peuple, est un attentat contre la société, une usurpation révolutionnaire, un germe au moins de tyrannie. « Le peuple he fait point de classes, il ne crée point de privilèges, il délègue des fonctions; il confie tei soin à celui-ci, tei autre soin à celui-là; il les charge d’éxé-cuter ses décisions, ce qu'il a réglé pour le bien commun selon les formes établies par lui, et qu’il peut toujours modifier, changer. « Hypocrites, qui vous dites chrétiens, ouvrez la loi chrétienne; vous y lirez : « Les « princes des nations dominent sur elles; et ceux-là sont plus grands qui exercent sur « elles la puissance. Il n’en sera pas ainsi entre vous; mais que celui de vous qui « voudra ètre le plus grand serve les autres, et que celui qui votldra ètre le premier « parmi vous soit le serviteur de tous. » « Donc, à qui que ce soit qui oserà se dire votre maitre répondez : Non. Ne vous laissez ni opprimer par les hommes des violence, ni tromper par ceux qui vous prè-chent la servitude au nom de Dieu, qui s’efforcent de vous plonger dans 1 ’abrutisse-ment de l’ignorance, et disent ensuite : Le peuple manque de lumières et de raison ; il ne saurait se conduire lui-mème; il faut, pour son intérèt, qu'il soit gouverné. « Votre droit, au contraire, est que nul ne vous gouverne, ne vous impose des lois à son gré; qu’elles émanent de vous seuls, que le depositaire du pouvoir public exer-ce un simple office révocable, qu’il soit votre serviteur, et rien de plus. » (Op. cit., pagg. 83-86). (1) Ibid. pagg. 342-343. E nella stessa operetta ancor meglio definisce il suo concetto accennando pure al Lamennais delle Paroles d’un Croyant : « manca la fede ai popoli; non la fede individuale, creatrice dei martiri, ma la fede comune, sociale, creatrice della vittoria : la fède che suscita le moltitudini, quella fede nei propri fati, nella propria missione, nella missione dell’Epoca che illumina e scote, prega e combatte, e innoltra senza tema sulle vie di Dio e deU'Umanità, colla spada del popolo nella destra, colla religione del popolo in core, coll’avvenire del popolo nella mente. Ma questa fede, predicata dal primo sacerdote dell’epoca, Lamennais e che dovrebbe essere tradotta nazionalmente da altri, potrà venirci dalla forza o dalla coscienza? s’esiliò dall’anime nostre per un senso d’impotenza reale o per opinioni falsamente concette e pregiudizi capaci d’essere combattuti? Non basterebbe un atto d’energica-volontà per ristabilire l’equilibrio fra gli oppressori e gli oppressi ? E se ciò fosse, operiamo noi a crederlo? Son le nostre tendenze, le nostre manifestazioni del pensiero che vorremmo promovere, tali da potere raggiunger l’intento? ». Non trascura inoltre ancor qui, proseguendo nello sviluppo della sua dottrina, di portare la sua critica ai liberali cattolici e ai filosofi idealisti : alcuni « ricordando a un tratto la luce che illuminava la loro infanzia, si trascinarono addietro verso il sacrario dond’essa esciva e s’affaticarono a ravvivarla [non dimentichiamo che anche il Lamennais proveniva dai Carbonari] ; o riconcentrati in una contemplazione sub-biettiva, cominciarono a viver nell’io e dimenticando o negando il mondo fenomenale, si tennero immobili nello studio dell’individuo ». Ed ecco la conclusione : « La nazionalità dei popoli è la loro vita, la loro missione, la loro forza per compirla, la parte che Dio assegna ad essi nel lavoro comune, nello svolgimento del pensiero uno e molteplice anima della nostra vita quaggiù ». (Ved. Scritti, E. N., VI, pagg. 310, 316, 317). Il Lamennais a sua volta scrive ; « Toutefois, souvenez-vous bien qu’à la patrie elle-mème vous devez préférer l’humanité; car les peuples ont entre eux les mèmes relations que les familles entre elles et sont soumis aux mèmes devoirs. Le genre hu- c — lapperà pure nella sua operetta ispirata ancli’essa ai principi cui s’ispirò il Nostro, ché fin dal 1S32 il Mazzini aveva affermato : « Ogni popolo ha una missione speciale che coopera al compimento della missione generale dell’Umanità. Quella missione costituisce la sua nazionalità. La Nazionalità è sacra »(1). main est un par essence, et l'ordre parfait n’existera, et les maux qui désolent la terre ne disparaitront entièrement que lorsque les nations, renversant les funestes barrières qui les séparent ne formeront plus qu’une grande et unique,société. « Le patriotisme exclusif, qui n’est que l’egoisrae des peuples, n’a pas de moins fatales conséquences que l’egoisme individuel; il isole, il divise les habitants des pays divers, les excite à se nuire au lieu de s’aider; il est le pére de ce monstre horrible et sanglant qu’on appelle la guerre. « Quoi de plus opposé à la nature à ses lois que le nom d’étranger ? Ne sommes-nous pas tous frères? et comment le frère seroit-il étranger au frère? « Chaque peuple doit aux autres peuples justice et charité; il doit et respecter leurs droits, et au besoin leur prèter secours, soit pour les défendre si on les atta-que, soit pour les reconquérir s’ils en sont dépouillés. Leurs destinées sont solidaires. Le peuple qui souffre près de soi l’oppression d'un autre peuple creuse la fosse où s’ensevelira sa propre liberté. « Employez donc tous vos efforts pour unir toujours plus les nations entre elles, pour détruire peu-à-peu les préjugés qui maintiennent ». « Chacune d'elles, suivant son génie, le lieu, le climat qu'elle habite, a sa fonc-tion particuliére, que la Providence lui assigne pour le perfectionnement progressif de 1 humanité. Loin de lui créer des entraves, toutes la doivent seconder, car elle travail-le pour toutes en travaillant pour soi. Aucune ne sauroit se suffire; elles subsistent et se développent par 1 assistance qu’elles se prètent mutuellement. Il n’est pas vrai, comme le répètent ceux qui les trompent pour les asservir, qu’elles aient des intérèts oppo-sés : il ne le sont qu’accidentellement, par une suite du désordre apporté dans leurs relations naturelles. Rétablissez ces relations : le bien de l’une est le bien de l'autre; comme, en une famille ordonnée ainsi quelle doit l'étre, le bien d’un de ses membres -est le bien de tous, sa prospérité leur prospérité. “ Lorsque les pluies viennent à tomber dans le pays où le Nil prend sa source, le fleuve grossit et monte, et couvre de proche en proche la vallèe qu’il fécon'de. Pour •que ses fertiles eaux arrivent aux terres les plus éloignées, ne faut-il pas qu’il arrose d’abord celles qui touchent ses rives? « L’égoisme subsistera toujours sous une forme ou une autre forme; le progrès, arrèté dans toute3 ses voies, ne pourra pas mème ètre conpu, faute d'un but final, tant qu'au-dessus de tous les intérèts et de personnes et de nations on n'aura point placé les sacrés intérèts de l’humanité entière. Notre amour, comme notre dévoue-ment, aveugle, caduc, imparfait, s’égare et défaille à chaque instant si le genre humain n'en est le terme. Individus, familles, peuples, qu’est-ce sinon des parties d un tout, hors duquel elles n’ont aucune raison d’étre? Unité dernière et complète, en laquelle se coordonnent tous les rapports, se concentrent tous les droits, s’harmoni-sent tous les devoirs, il est l’homme mème dans la plénitude de son ètre impérissa-ble. » (Ved. op. cit., pagg. 138-142). (1) Ved. Scritti, III, pag. 58 [1832], Per il Mazzini infatti la questione della nazionalità é un problema profondamente religioso e discende da premesse ben diverse di, quelle del Lamennais. <■ Come la religione cristiana aveva abbisognato, a svolgersi, d’un rimaneggiamento territoriale compito in parte da Roma — scrisse nel 1861 illustrando il concetto informatore della sua dottrina che nel 1831 lo indusse a condannare l'eclettismo —, in parte dalle irruzioni settentrionali, la nuova sintesi esige che un altro e miglior riparto delle terre europee le appresti un terreno. E la necessità di questo riparto, fondato sulla missione speciale spettante ai diversi popoli da accertarsi armonizzando gli indizi che sorgono numerosi dalle condizioni geografiche, dalle lingue, dalle tradizioni, dalle facoltà predominanti e dagli istinti perenni delle moltitudini, é l’origine ed é a un tempo la consacrazione della questione delle Nazionalità, questione profondamente religiosa, perchè sola prepara le vie, e coll’associa- CI - Jn un punto essenziale noi possiamo scorgere tra l'altro la profonda divergenza tra la dottrina del Mazzini e quella del Lamennais : nel concetto di associazione, dal quale siam partiti iniziando i raffronti fra le due teoriche. « Soltanto da un concetto deWUmanità può desumersi il segreto, la norma, la legge di vita dell’uomo. E quindi la necessità della cooperazione generale, dell’armonia nei lavori, del-l'associazione in una parola, per .compiere l’opera di tutti !». Il Mazzini, in nota, a questa affermazione, ancor più chiaramente completa il suo concetto : « L’associazione, dicono taluni, non è un principio nuovo : essa non può quindi, come intento prefìsso agli sforzi di tutti, costituire una nuova sintesi o indurne la necessità. L’associazione non è se non uii metodo, un mezzo per tradurre in realtà la libertà e l’eguaglianza. Essa appartiene alla vecchia sintesi e non vediamo alcuna necessità d’una nuova » (1). Ciò che in altri termini significa nel concetto mazziniano che Vassociazione presuppone un fine comune da raggiungere, o meglio la coscienza di questo fine, e cioè un compito liberamente scelto da assolvere. Nel taluni è compreso, evidentemente anche il nostro Lamennais, il (piale come s’è visto, scriveva tre anni dopo il Mazzini (2). zione delle facoltà e delle forze d’Europa, allo svolgersi maestoso della sintesi contenuta nella sacra parola Progresso, sostituita al dogma della rivelazione immediata » (Ved. Scritti, E. D., Ili, pagg. 10-11). (1) Ved. Scritti, E. N„ VI, pag. 329 [18351. (2) Si chiede egli infatti ne Le Livre du Peuple: Quale è il fine dell’associazione? « Une plus forte garantie de l’égalité et de la liberté, le règne mieux assuré de la justice, un accroissement de bien-ètre par l’organisation du travail commun, par le développement de la puissance indéfinie de connaìtre et d’agir dont l’humanité con-tient le germe. Or, que faut-il pour cela? De bonnes lois. Voulez-vous donc savoir ce que sont les lois, regardez qui les fait. Si elle sont faites par quelques-uns; elles les seront uniquement ou presque uniquement pour leur avantage; si par tous, elle se-ront faites pour le bien' de tous, selon les principes éternels, les sympathies élevées et féconds, les sécréts intérèts d’où émane l’institution sociale. N’ayez donc point de repos que tous ne coopèrent à la confection des lois par le choix de ceux qui font les lois ». (Ved. Le Livre du Peuple cit., pagg. 136-137). I concetti di carità e di fratellanza predominano nella teorica del Lamennais sia nelle Paroles d’un Croyant, che ne Le Livre du Peuple, ma traggono la loro origine da postulati ben diversi da quelli della concezione religiosa del Mazzini. ii Gli uomini stimarono — scrive il Mazzini — d'avere trovato il rimedio, quando dissotterrarono dappiè di quella Croce -di Cristo che domina su tutta un’Epoca della storia del mondo, la forinola di fratellanza che l’uomo divino avea lasciata, morendo, al genere umano : sublime forinola ignota al mondo pagano e per la quale il mondo cristiano, aveva, spesso inconscio, combattuto molte sante battaglie, dalle Crociate fino a Lepanto. Pu scritta su tutte le bandiere, e formò, insieme agli altri due termini conquistati, il programma dell’avvenire. Pretesero chiudere il progresso dentro il cerchio segnato da quei tre punti. Ma il progresso lo ruppe. L’eterno a qual prò’? ricomparve. Chiediamo infatti noi tutti un fine, un fine umano; che altro é mai l’esistenza se non un fine coi mezzi atti a raggiungerlo? E la fratellanza non racchiude un fine terrestre, generale, sociale : non ne racchiude nè anche la necessità : non ha relazione essenziale, inevitabile, colla costituzione d’un intento che stringa in armonia tutte le facoltà e tutte le forze. La fratellanza è, non v’ha dubbio, la base d’ogni società, la condizione prima del progresso sociale, non il progresso. Essa lo rende possibile, gli somministra un elemento indispensabile, non lo definisce. Non — CII Se non vogliamo riconoscere, almeno pei problemi esaminati dei quali non pochi fondamentali, una derivazione del Lamennais dal Mazzini la cronologia conta qualche cosa (1) —, é pur ve-o peio t e hanno un’analogia di singolare carattere, che ci spie-Y‘ .C(!.ue \ rivolgendosi al Melegari il 21 novembre 1838 0 in ormi m tal modo intorno ai suoi rapporti col filosofo breto- aueste pn<5P ai(IÌZÌ0-ne-x ^ 6SSa 6 11 moto circolare. E la mente cominciò a intendere mini lìhprtn mlnci a >ntendere che la fratellanza, legame necessario fra i due ter- 1 limiti r>Vio ì egua° lanza' °he compendiano la sintesi individuale, non ne oltrepassa de facilmpnt a azlone esercitarsi soltanto da individuo a individuo, che pren-raimnr" ln0m? “T*4* °he pub istituire il punto donde l’Umanità move per no Intraverii^ n ^ s°c’a*e’ non sostituirsi ad essa. Le ricerche allora proseguiro-termine dpllo mm° ° ® 11 ^ne' funzione dell’esistenza, doveva anche essere l’ultimo di ner nvr a pr°gressione sviluppo che costituisce l’esistenza medesima; che quin-te?7T la ',,,! 11 lri tacente e rapidamente al fine, è necessario conoscere con esat-scerp In I*+IUe ^ Pr°gressione e porre le azioni in armonia con essa. Cono-blema n f i 6 ° mvfrarvi le opere è questo infatti il vero modo di porre il pro-dividnalp n™ egSe di individuo non può chiedersi che alla specie. La missione in-ottenprp finiii r' ^0 i'aQCertarSÌ. 6 def*nÌrSÌ clle dall’altezza signoreggiante l’insieme. Per . . 1 a gge del1'individuo è mestieri risalire» al concetto di Umanità, co- 327-329 e[1835] V6 6 qUmdÌ a QUell° di A ssoci^ione. (Ved. Scritti, E. N„ VI, pagg. isniralinno i f 'ei° c'le crediamo essere stato il Mazzini ad aver tratto a sua volta zionp dplln ^ amennais per il capitolo VI dei Doveri dell’Uomo, che riguarda la fun-comme li -IT* & ^ ^ famiglia. .. La famille — scrive l'abate bretone — permanente res any inio *+■ ^ CSt- ' é,ément primitif. Les relations qui la constituent, antérieu-P°sitives, dérivent directement de la nature mème. Un ètre incapable de Tls «’nnnoii 6. 05 Un étle incomplet : la femme est donc le complément de l’homme. fé Pt 1 ^ supP°sen^ 1 un 1 autre, ne forment en deux corps qu’une mème uni- continmTim,1' 1* QU- procèdent d’eux ne sont en réalité qu’un prolongement, une /.,• fe 6111 etre cornn3un; ils revivent en eux, comme on le dit, et, par les generat.ons successives, se perpétuent indéfmiment. Pt i6 mariage n est point une institution arbitraire; il est l’union physique ■ ,e 1 un seu homme avec un seule femme, qui se complètent l’un l’autre en viniat' li 6 °U 6 atte*nte Portée au mariage, à son unité, à sa sainteté, est une ilp-n i°n * j °IS nature^es’ une révolte insensée contre le Créateur, une source de desordres et de maux sans nombre. , , .^US j uJle on a vu se répandre dans le monde d’abjectes et licencieuses , nes, es ructives du lien conjugal. Kepoussez avec horreur et dégoùt ces hi-nivpp,Seien®me”ts (,e Quelques esprits dépravés, qui voudroient ravaler l’homme au a ru. e’ ™ème au-dessous de la brute; car en plusieurs espèces d’animaux • ?Pe^?01 ,eJa comn)e une foible ombre de ce qui devient, en s’élevant, l’union sainte d ou dépend la perpétJité du genre humain. " N ayez point à rougir devant la colombe fidèle et pudique, et ne dégradez point le sacre caractère imprimé sur votre front par le doigt de Dieu. . . ** re omme et la femme, l’époux et l’épouse, les droits sont égaux les apti-tudes et les fonctions diverses. a femme n est point la servante de l’homme, encore moins son esclave; elle est a compagne, son aide, les os de ses os, la chair de sa chair. À mesure que le sens ^0I'a, e'e °PPe chez un peuple elle croit en dignité et en liberté, en cette sorte e l'berté qui n’est point l’exemption du devoir et de la règie, mais l’affranchisse-ment de toute dépendance servile. «Man, vous devez à votre femme respect, amour et protection; femme, vous de-vez a votre man déférence, amour et respect. En lui donnant la force Dieu l’a chargé es plus rudes travaux ; en vous donnant la gràce, et la tendresse, et la douceur, il a parti ce qui en allège le poids, et fait du labeur mème une intarissable source de joies pures. ■■ Lorsque votre main essuie son visage mouillé de sueur, toutes ses fatigues ne — CHI ne : « Ho scritto a Lamennais che mi parea tempo d’escire dalla filosofia per entrare nella religione, nella chiesa militante ; ch'era-varno già d’accordo su tanti punti — e siamo infatti d’accordo più che forse non pensi — che a poter gettare le basi, non della chiesa futura, che deve, secondo me, escire da un popolo con-vocatore del concilio dell’ Intelligenza, ma di una chiesa di Precursori : che se si potea, si dovea ; che bisognava associarsi, costituirsi, e parlare in nome collettivosottomettendosi a tutte le persecuzioni possibili. Mi risponde, che Cristo poteva parlare al popolo all’aperto e sulla riva dei laghi, mentre oggi quattro persone non possono riunirsi in un campo per parlare di Dio e dell’umanità senza essere tradotte a’ tribunali» (1). sont-elles pas à l’instant oubliées ? Lorsque son àme est triste et sa pensée soucieuse, une de vos paroles, un de vos regard ne ramène-t-il pas le calme en son coeur et le sourire sur ses lèvre3 ? « L’homme seul est un roseau dont les souffles divers qui l’agitent ne tirent que des sons plaintifs. « La nature pour vous est pieine d’enseignements : ouvrez les yeux, et les plus frèles créatures vous instruiront. Quand les flots, tourmentés par les vents d’hiver, écument et grondent, le pauvre oiseau de mer et sa compagne, réfugiés au creux d'un rocher, se pressent l’un contre l’autre, et s’abritent, et se réchauffent mutuellement. Il y a bien des tempètes dars la vie: prenez exemple sur l’oiseau de mer et vous ne craindrez ni les vents glacés ni les vagues qu’ils soulèvent. « Mais la fin du mariage n’est pas seulement de rendre aux époux la vie plus facile et plus douce : se but principal est de perpétuer, par la reproduction ‘des indivi-dus, la grande famille humaine. « Pères, mères, qui de vous pourroit exprimer l’inénarrable joie dont vous tres-saillites lorsque, pressant sur votre sein le premier fruit de votre amour, vous vous sentites comme renaitre en lui? «De nouveaux devoirs viennent à ce moment se joindre aux devoirs primitifs destinés à unir l’époux et l’épouse. Autrement que deviendroient les foibles créatures qui tiennent d’eux l’existence? La mère leur doit son lait et les soins assidus et le dévouement infatigable d’où dépend leur conservation dans les premières années. Le pere leur doit, avec sa tendresse et sa protection vigilante, le pain et le vètement; il doit pourvoir à tous leurs besoins jusqu'à ce qu’ils puissent y pourvoir eux-mèmes ». (Ved. op. cit., pagg. 114-120). (1) Ved. Scritti, E. N., XV, 267. Il dissidio in realtà, era più profondo di quanto può apparire dalla risposta del Lamennais. L’abate bretone infatti in un’altra operetta, pure ispirata a concetti liberali, e cioè nella risposta polemica all’opuscolo Dialoghetti sulle materie correnti nell’anno 1831 di Monaldo Leopardi, aveva esposto chiaramente i principi della sua dottrina propugnando il sistema liberale « qui donne à la société le droit pour fondement », e aveva combattuto la dottrina .Uell’insur-rezione, che nel Mazzini scendeva direttamente, come abbiam veduto, dai fondamentali postulati della sua dottrina religiosa. (Ved. De V ab soluti sme et de la liberté -Dialoghetti - Par F. de La Mennais, Genève, Cherbuliez, 1834, pagg. 1-11). Quattro anni dopo — il 18 ottobre 1842 — il Mazzini scrivendo alla madre afferma: « V’è nella lentezza del moto umano di che sconfortare un’anima di ferro e una fede da santo. La-mernais ha la seconda, non so se abbia la prima... » (Ved. Scritti, E. N., XXIII, 297). Il profondo contrasto tra le due concezioni religiose influì anche nei loro rapporti personali che risalivano al 1834 : « Lamennais m’aimait — scriveva Mazzini a Daniel Stern il lo gennaio 1865 — mais comme malgré lui. Il y avait au fond de son àme je ne sais quelle défiance qui m’apparaissait comme un éclair soudain dans son regard. Je me rappelle toujours qu’à Paris un jour — j’y était en secret — dinant ensemble lui, moi, ce pauvre et brave Flotte, chez une dame ànglaise, il lui échappa de dire, après je ne sais quoi — le bon Mazzini, on ne peut pas s’empècher de l’aimer. Plus tard, vers la fin de sa vie, cette sorte d'arrière-pensée qu’il couvait en lui à mon egard - CIV La conversione del Lamennais al liberalismo fu indubbiamente sincera, tanto ch’egli per le sue idee subì, com’é noto, anche il carcere ; non dunque essa può apparire sospetta ; ma riserve non poche dovette fare il Mazzini all’obbiezione rivoltagli dall'abate* nella lettera su accennata ; poiché il punto fondamentale che differenzia il Genovese dai filosofi hegeliani o neo-hegeliani — compresi i dottrinari eclettici —, dai saniamo-ulani e dai liberali cattolici di tipo lamennesiano é non soltanto la diversa concezione del dovere, ma la prassi con cui questa concezione é posta in atto. Occorre ritornare quindi sulla critica ch'egli fa del concetto del diritto, conquista, come s’é visto, nella concezione mazziniana, della rivoluzione francese, per aver chiaro com’egli lo faccia derivare dalla concezione del dovere« Be fortifia, je le crains bien : quelques hommes, Montanelli entre autres, qui l’entou-raient et qui ne m’aimaient pas, durent chercher à l’influencer défavorablement. Cela me fit beaucoup de peine, car je l’aimais véritablement, et je voyais en lui le progrès individualisé dans un homme ». (Ved. Lettres de Joseph Mazzini à Daniel Sterri, Paris, Germer, 1872, pagg. 71-72). - CV — ■VII. 1 concetti del diritto, della fratellanza, della libertà e dell*uguaglianza nella filosofia dei contemporanei e la critica che ad essi oppone il Mazzini — Il valore del concetto di associazione nella teoria mazziniana — La necessità del dovere base per risalire alla fede attraverso la filosofia — Il credo di Mazzini. Il diritto, secondo il Nostro, contiene sì i termini di libertà e d’eguaglianza, ma di per sé é impotente a fondare e non può perciò condurre gli uomini alle conquiste dell'avvenire. « Un severo esame c’insegna che la dottrina dei diritti individuali non è nella sua essenza che una grande e sacra protesta in favore della libertà umana che la conculchi ; il suo valore è meramente negativo ; forte a distruggere, essa è impotente a fondare.......», occorre perciò « un principio educatore superiore a siffatta teoria, che guidi gli uomini al meglio, che insegni loro la costanza nel sacrificio, che li vincoli ai loro fratelli senza farli dipendenti dall’idea d’un solo o dalla forza di tutti » (1). La sua concezione della nozione del diritto é nettamente in contrasto con quella sansimoniana. L’Organisateur del 19 maggio 1830 riassumendo in poche parole il testamento spirituale di Saint-Simon, aveva scritto: « Moise a promis aux hommes la fraternità universelle : Jésus Christ l’a preparée; Saint-Simon la réalise. Enfin l’Église vraiment universelle va naitre ; le règne de César cesse ; une société pacifique remplace la société militaire ; désormais l’Kglise universelle gouverne le temporei comme le spirituel, le for extérieur comme le for intenerir » (2). Il Mazzini ribatte come già abbiamo veduto, che la fratellanza fu sì una sublime conquista dovuta al Cristianesimo, ma non é feconda di sviluppi, perchè, legame indispensabile fra la libertà e l’eguaglianza, non esce dai confini della sintesi individuale, e cioè dalle conquiste della rivoluzione francese, espressa nella concezione del diritto. La fraternità può infatti anche essere considerata come carità ; santifica sì il presente, ma non conquista il futuro, il quale é riservato soltanto ad un principio che armonizzi in sé i diritti del singolo e quelli della società, sottomettendoli ad un concetto unitario che diriga gli sforzi verso un fine universale e sociale ; questo concetto da considerarsi come un nuovo principio religioso é quello — come s’é visto — dell’Associazio-ne, il quale, a sua volta, trova la sua legge nella pratica attuazione del concetto superiore ad ogni altro, quello del dovere, da cui dipende quello del diritto. Partendo da questo fecondo principio, egli intende battere (1) Ved. Scritti, E. N., VI, page. 333-338 [18351. (2) Ved. Doctrine de Saint-Simon cit., pag. 70. evi - in breccia il sansimonismo e tutte le teorie idealistiche e realistiche : « 12 necessario — scrive nel 1835 — rompere, col guardo intento nell’avvenire — rompere quell’avanzo di catena che ci tiene legati al passato e innoltrare deliberatamente.... oggi dobbiamo..... risalire, attraverso la filosofia, alla fede ; definire e ordinare l’Associazione, proclamare l’Umanità, iniziare l’Epoca nuova. Dalla sua iniziazione, dipende il compimento materiale dell’antica.....» (1). Poche volte, e così chiaramente, Mazzini riuscì a definire il segreto della sua personalità : risalire, attraverso la filosofia, alla fede, ecco il compimento di tutta la profonda rielaborazione fatta, dopo la crisi d'incredulità giovanile, fino alla vigilia della tempesta del dubbio (2). Chiarisce e precisa la concezione del pensiero e dell’azione (1) Ved. Scritti, E. N., VI, pag. 340 [18351. (2) Lo stesso fattore psicologico, e cioè l’esigenza di un atto di fede che due anni . prima avea dettato alla direzione della Revue Encyclopédique la seguente pagina critica, poneva sì il problema, ma non lo risolveva, come lo risolse il Mazzini. « Ayant tout ramené à cette seule question [quella del principe de la certitude], ■si un catholique nous demandait ce que c’est que la tradition actuelle et la vie actuelle de l’humanité, nous ne rétorquerions pas mème contre lui l’argument; nous ne commencerions pas par lui demander ce qu’il entend à son tour par la tradition de l’Eglise, en quoi elle consiste précisement aujourd’hui, cette tradition perpétuel-lement variable d’époque en époque, comme en conviennent tous le catholiques les plus éclairés et le plus profonds. Mais nous lui montrerions que si, de siècle en siècle, et pour ainsi dire de jour en jour, il a fallii des conciles pour décider de la foi et interpréter la tradition, il s’ensuit nécessairement que l’Eglise elle mème na jamais considéré la tradition autrement que nous. Si l’Europe, qui n’a pas eu de con-■cile depuis le seizième siècle, en avait un aujourd’hui les découvertes scientifiques et les progrès de tous genres qui ont été faits depuis le concile de Trente, ou dont ce concile et ceux qui l’avaient precédé ne tinrent pas compte, s’y feraient largement jour, et la croyance actuelle de l’humanité s’y résumerait dans les grandes pnn-cipes de philosophie de liberté, d’égalité, de perfectibilité, qui se lisent en caractères si évidents dans tous les faits importans dont nos pères ou nous avons été temoins. Parce que l’Eglise s’est mise hors de la grande route de l’humanité, parce qu après avoir eu au seizième siècle des conciles impuissans, divisés de schismes et d érésies, elle s’est vue dans l’impossibilité d’en avoir depuis les trois derniers siècles, foudra-t-il donc que l’humanité se regarde comme destituée de ce qui apparaissait autrefois si manifestement en elle, la puissance de décider de sa foi d’époque en époque? « Mais n’est-ce pas une illusion que de s’imaginer que l’humanité n’a pas eu ses conciles depuis que l’Eglise e cessé d’en avoir? Ne sont-ce pas des conciles que la Con- stituante et la Convention? Le. protestantisme n’a-t-il pas eu ses conciles avant la philosophie ? « Au surplus il est bien évident que tous les principes de certitude et de foi qui on été mis en avant dans le monde ont toujours reposé au fond sur la vie actuelle et non sur la vie antérieure, sur le vivant et non sur le mort. « Les partisans de l’auctorité, comme les rationalistes, sont bien forcés de venir puiser lés uns dans la foi, les autres ce qu’ils appellent la certitude, à cette unique sources. « Les catholiques ont beau s’attacher à un révélateur dont près de deux milles ans les séparent, sur quoi pourraient-ils fonder leur croyance à ce révélateur, si non «ur le témoignage de l’Eglise actuelle? « Descartes, à son tour, dit: « Je pens, donc je suis »; et là-dessus il s’efforce de ■construire tout l’édifìce de l’entendement humain. Descartes n’a pas tort de chercher en lui, dans sa vie présente, le fondement de sa certitude. Son tort, c’est de se re-streindre, de se limiter, de s’enfermer dans la raison pure. «Il n’est pas sur du mode de sa pensée, il n’ose pas affirmer ce qu’il pense; mais, — CVII — strettamente congiunti (1) ; insiste ancora sulle ormai definite conquiste del pensiero umano, su cui non ci si deve soffermare nel cammino da percorrere perché fanno ormai parte del nostro patrimonio ideale ; condanna implicitamente ed esplicitamente l’individualismo, le concezioni filosofiche materialistiche e le dottrine d’eclettismo e cioè di transizione. Pone, infine « Dio stesso mallevadore del Popolo e della sua Sovranità », riconfermando ancor qui la sua fede in quella che d’ora in poi sarà la sua bandiera « Dio e Popolo1,» (2). Conci udiamo dunque. « La verità è una ed eterna », il pensiero « germe del mondo in Dio », che la contiene tutta, deve realizzarla : questo é il credo del Mazzini : il concetto dell’associazione, mezzo per tale conquista, non può trovare la sua legge se non nel fecondo principio del dovere. « Il diritto è fede dell’individuo : il Dovere è fede comune, collettiva. Il diritto non può che ordinare la resistenza, distruggere, non fondare : il Dovere edifica e associa ; scende da una legge generale, laddove il primo non scende che da una volontà. Nulla quindi impedisce la lotta contro il diritto ; ogni individuo offeso può ribellarglisi contro ; e tra i due contendenti solo giudice supremo la forza..... Il dovere, ammesso una volta. esclude la possibilità della lotta e, sottomettendo l’individuo al fine generale, tronca la radice stessa del male contro il quale il diritto ha soltanto rimedi.... L’esercizio dei diritti essendo necessariamente facoltativo, il progresso rimane abbandonato all’arbitrio d’una libertà senza norma e senza fine. E il diritto uccide il sacrificio e cancella dal mondo il martirio ; in ogni teoria di diritti individuali gl’interessi soli siedono dominatori, e sùr de penser, il se réduit à cette assertion : J’existe. Par là mème il cesse de vivre ■en relation avec aucune des réalités qui existent. Il se plonge dans l’absolu. « Laissons Descartes édifier, s’il le peut, quelque chose avec son axiome. Ce qui est certain et évident, c’est qu’il n’arrivera jamais par cette voie qu’à des consé-quences de raison pure, puisque son point de départ consiste précisément à s’isoler entièrement du domain de la vie. Par cette méthode qui exclut le sentiment, il pour-ra arriver à des vérités du genre des vérités mathématiques; jamais il ne sortirà de cet ordre; et tous ceux qui, séduits par son exemple, voudront appliquer sa méthode à la réalité, à la vie, tomberont presque inévitablement dans le plus profond scepticisme. « Dans l’ordre de- la vie, la modification de la pensée ne peut pas ètre separée de la pensée; sans quoi, comme nous venons de le dire, le phénomène de la vie n’a plus lieu. Donc, dans l’ordre de la vie, le principe de la certitude ne peut pas ètre le mème que dans l’ordre de la raison pure. « Dans l’ordre de la vie, il n’y a que deux sources de certitude : Vexperience, et le consentement; encore rentrent-elles jusqu’à un certain point l’une dans l’autre... ». (Ved. Préface al voi. LX delle Revue Encyclopédique cit., octobre-décembre 1833 [pubblicato nell’agosto 1834], pag. L-LIII). (1) « Credete e operate. L’Azione è Verbo di Dio : il pensiero inerte non n’è che l’ombra. Quei che disgiungono il Pensiero e l'Azione, smembrano Dio e negano l’eterna Unità — Respingeteli dalle vostre file; però che coloro che non sono presti a testimoniare della loro fede col sangue non sono credenti ». (Ved. Scritti, E. N., VI, pag. 375 [1835]). (2) Ibid., pagg. 342-343. - CVI1I il martirio diventa assurdo; quali interessi possono vivere oltre tomba ? ». Il dovere invece — nel concetto mazziniano — e qui si giunge alla completa definizione della sua dottrina — ha funzione di imperativo categorico, perchè — egli afferma — la sua origine sta in Dio. La definizione dei vostri doveri sta nella sua legge. La scoperta progressiva, e l’applicazione della sua legge appartengono all’Umanità (I). Ed infatti « donde possiamo noi dedurre un dovere comune, se non dall’idea che ci formiamo di Dio e della sua relazione con noi? ». La fede del Mazzini é dunque la fede nella Provvidenza, dando a questo termine l’accezione che ne ha dato il Pascal, e cioè la fede dell’ « uomo che impara sempre », nel creatore, autore della legge morale. Egli stesso infatti in tal senso definisce la sua credenza polemizzando col Melegari, che si ostina a non volerlo capire, come accadde e accade a tanti altri critici del suo pensiero religioso — « Credo in Dio, — scrive nel settembre del 1836 — intelligenza,. supcriore al mondo creato, causa, legislatore etc. perché credo che la sua unità si trasfonda e si riproduca in tutta la creazione, e generi necessariamente una legge, un pensiero, uno sviluppo continuo, una missione, un intento, un interprete, imi’umanità,, quindi necessariamente tm'arte, una filosofia, una politica, una religione, alla quale tutte Parti, le filosofìe, le epoche civili, le religioni non sono che evoluzioni, fasi, manifestazionii progressive, transitorie, divine ad un tempo ed umane tutte — — Tutta la mia intelligenza del progresso sta in che nelle serie delle sintesi, l’ultima deve necessariamente comprendere tutti i termini delle anteriori più il proprio » (2). E questa convinzione ritroviamo oltre che nelle parole del saggio sul Renan del 1872, anche nel 1832, come vedremo. Nell’operetta Doveri dell’Uomo poi, la prima parte della quale risale al 1841, egli in tal modo definisce la sua fede : « Dio esiste. Noi non dobbiamo nè vogliamo provarvelo : tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follìa. Dio esiste, perchè noi esistiamo. — Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell’umanità, neirUniverso che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti più solenni di dolore e di gioia. L’Umanità ha potuto trasformarne, guastarne, non mai sopprimere il santo nome. L’Universo lo manifesta coll’ordine, con l’armonia, coll’intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. Non ci sono atei fra voi ; (1) Ved. Scritti, E. N., VI, pag. 347 [1835], E ancora: «Noi crediamo in un Dio solo, autore di quanto esiste. Pensiero vivente, assoluto, del quale il nostro mondo è raggio e l’TJniverso una incarnazione. « Crediamo in un’unica Legge generale, immutabile, che costituisce il nostro modo d’esistere, abbraccia ogni serie di fenomeni possibili, esercita continua un’azione sull’universo e su quanto vi si comprende, cosi nel suo aspetto fisico come nel morale ». (Ved. Scritti, E. N., VI, pag. 345 [1835]). (2) Ved. Scritti, E. N., XII, pagg. 108-109 [1836] - CIX - se ve ne fossero, sarebbero degni non di maledizione ma di compianto. Colui che può negare Dio davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole » (1). E’ stato osservato, ed il Mazzini stesso lo riconosce, che la sua teorica del dovere non é concezione originale (2) ; però ciò che é suo indiscutibilmente, é l’aver trasformato, com’egli stesso afferma, la filosofìa in fede dopo essere ritornato al punto da cui era partito, alle fonti cioè più pure del pensiero italiano attraverso il Vico (3), e prendendo ad esempio per l’azione i più forti caratteri della nostra stirpe: Dante e Foscolo. (1) Ved. Doveri dell’ Uomo 'cit., pagg. 44-49. La De Staél aveva già affermato, a proposito della filosofìa di Kant: «Si l’on se mettait à raisonner, on pourrait très bien, comme l’on fait quelques philosophes grecs, prouver aux hommes qu’ils ne vi-vent pas. Il en est de mème de Dieu, de la conscience, du libre arbitre. Il faut y eroi-re, parce qu’on le sent; tout argument sera toujours d’un ordre inférieur à ce fait ». (Ved. De l’Allemagne, cit., II, pagg. 155-156). (2) Ved. Scritti, E. N„ VI, 340 [1835], (3) La sua filosofìa, dopo la divulgazione fattane dal Michelet in Francia nel 1825 ■ era stata oggetto di un esame critico da parte del Cousin e del Jouffroy. Il primo aveva accennato all’importanza del movimento filosofico da lui impersonato nell'ila lezione del corso del ’28, il secondo lo aveva esaltato dalle colonne del Globe recensendo il volume del Michelet (Ved. Globe cit. del 17 maggio 1827), articolo che in par te Mazzini trascrisse nei suoi zibaldoni: « Principes de la philosophie de l’histoire, traduits de la Scienza Nuova de Vico, et precedés d’un discours sur le système et la vie de l’auteur, par Jules Michelet, professeur d’histoire, 1827. « Né en 1668, Vico abandonna de bonne heure la profession d’avocat pour les fonctions de l’enseignement — Il passa d’abord neuf ans dans une paisible solitude, comme precepteur des neveux de l’évèque d'Ischia. Il obtint ensuite au concours une chaire de rhetorique à Naples, et l’occupa pendant 40 ans, n’ayant pu obtenir, dans une epreuve semblable, la chaire de jurisprudence — Des souffrances corporelles, et des chagrins domestiques repandirent sur sa veillesse beaucoup d’amertume. Il mou-rut en 1744. « Outre son grand ouvrage, il a laissé un traité latin sur l’antique sagesse des peuples d’Italie, attestée par les origines de la langue latine 1710 (traduit en italien -Milan 1816), une vie d’une personnage de la famille Caraffa; des Dissertations sur la Science du Droit; enfin des Opuscules, qui ont été recuellis, et publiés à Naples en 1818. « La manière, comme celle de Bacon, a quelque chose de prophétique, et l’am-bition de ses formules dépasse souvent la réalité de ses résultats. Le titre originai de l’ouvrage publié la première fois en 1725 est ainsi concu : Principes d’une science nouvelle relativement à la nature commune des nations, au moyen desquels on dé-couvre de nouveaux principes du droit naturel des gens. L’auteur ayant conservé son “titre dans sa seconde édition — 1730 —• nous ne voyons pas par quels motifs le tra-ducteur en a substitué un autre, qui est fort vague, tandis que l’autre résumé avec précision le système De Vico — C’est d’ailleurs la seule infidelité de Michelet -— qui a si bien merité par une traduction élégante, et mème par quelques retranchemens judicieux, par un discours préliminaire plein d’interèt, et par un article non moins reraarquable de la Biographie universelle. « Qu’est-ce que cette reclierche d’une nature commune de3 nations, objet de la ■science nouvelle ? « Ce problème est celui de la civilisation, et des destinées terrestres du genre humain, problème en effet inconnu aux philosophes de l’antiquité, et au moyen àge — S. Augustin, Bossuet etc. avaient bien envisagé du mème coup d’oeil la marche tout entière des societés, mais, seulement en vue de la cité celeste. La critique humaine de l’nistoire universelle restait à créer — Il était inévitable que les jurisconsultes, dans leurs recherches sur l’origines des droits, et de l’ordre social, en traitassent une partie; mais la science du droit naturel, fondée par Grotius, Solden, Puffendorf n’est — ex — Ritorniamo perciò anclie noi al punto di partenza della nostra indagine, a dar cioè il valore che gli spetta, al fattore psicologico, (profondamente umano), che trasforma i pensatori in apostoli. Mazzini non concepì la nazionalità italiana se non nel quadro più vasto dell’umanità : alimentò il suo forte intelletto attraverso profondi studi storici ed il risultato che ne trasse fu quello di educare religiosamente gli uomini ad osservare il dovere comune, per realizzare « l’assoluto Ideale supremo » che deve perseguirsi avendo « fede in un mondo soprannaturale » (1). Già prima della sua partenza per l’esilio — a soli venticinque anni — la sua dottrina é in gran parte elaborata : la Giovine Italia non nasce armata come Minerva dal cervello di Giove, nella segreta di Savona. Dal 1S31 al 183G la realizzazione del suo programma pensiero ed azione indissolubilmente connessi, passa per la prova del fuoco ed anche qui un imponderabile fattore psicologico lo sorregge : la costanza, quella ch'egli chiamerà nel ’51 « la suprema fra tutte le doti » ; ma che, al dimani della tempesta del dubbio, il 5 novembre 1836, in tal modo s’era fatta carne della sua carne, da fargli scrivere alla madre : a I casi e gli uomini possono mutare d’intorno a me : non io. Posso rompermi, non piegarmi. Posso anche disperare degli uomini [e come sempre disperò, infatti!], non già della mia fede: e parlando e scrivendo e operando, le mie azioni e gli scritti ne daranno sempre testimonianza » (2). E testimone, nel senso biblico della parola egli fu per tutta la vita : la sua filosofìa, appunto perchè vissuta da lui come religione, com’egli stesso afferma, non ha « rien de complexe, eie mystérieux, de savant, trois ou quatre principes en font tous les frais ; mais ceux-là il ne m’arrive jamais de les déserter » (3). Noi che ci siam proposti di non tradire il pensiero suo, sostituendovi il nostro, siamo convinti che questi principi già eran ben chiari e definiti in lui, prima della « tempesta del dubbio », e cioè, prima del 1836 ; poiché già in questo periodo egli non si sogna di farsi riformatore dell’ umanità, o fondatore di religione, come pretendono i sansimoniani. Al Sismondi pas encore celle des lois morales, qui dirigent les sociétés à leur insù dans leurs dé-veloppemens, et leur décadence et malgré le désordre apparent de leurs révolutions... “ Et cependant les principes sur lequels est construit ce bizarre échafaudage sont pour la plupart des traits de bon sens, et de genie, qu’on est forcé d’admirer, surtout si l’on songe à la direction tout opposée, que la philosophie empirique don-nait aux idées de l’époque, où parut Vico.... ! La méthode synthétique y domine : elle était nécessaire pour réduire en aussi peu d’éspace tant de grandes questions : mais elle fatigue par la multiplicité de ses clivisions ». (In Zib. Ili, pag. 97). (1) Ved. Scritti, E. D., XVI, pag. 116 [1872], (2) Ved. Scritti, E. N., XII, 187. (3) Ved. Scritti, E. X., VI, pagg. 107-108 [1836], — CXI — che gli scrive : « Gardons-nous de la prétention, gardons-nous de l’imposture de faire une religion nouvelle»; risponde in termini precisi. « Nous n’ attaquerons...... — le sentiment religieux des peuples — Doué moi-méme de ce sentiment, je crois que vouloir le détruire, c’est dé-truire la seule chose qui puisse établir un lien sùr et harmonique entre tous les hommes ; c’est semer l’anarchie, en leur enlevant l’unité, la foi dans un seul principe, et la conscience d’une origine et d’un but commun. Je crois ferme-ment qu’à ces trois élémens se réduira un jour toute institution religieuse. Mais nous n’en sommes pas-là; il s’en faut de beau-coup : tout marche par degrés,. et la religion >.1 Ter un temperamento sensibile come fu il Mazzini, la perdita dell’amicizia della madre dei suoi più cari amici, ed il sentirsi da loro severamente giudicato, deve essere ragione di sofferenza innsostenibile ; Giuditta scrive a Maria Mazzini, al momento del distacco : « Xon le scrissi, perchè non potendole dire tutta la verità sulla salute di Pippo, poiché egli me lo impediva, non ebbi cuore d’abusare della fiducia che ella avea in me, ingannandola. Ora però Pippo, quantunque debolissimo, sta un po’ meglio — egli ha bisogno di molte cure si rimetterà — l’amore degli amici, che egli chiama fratelli, e della loro madre, gli terrà luogo di qualunque altro affetto, e lo aiuterà a sopportare le tante sventure — é a me un sollievo in dovendolo lasciare il vederlo circondato da essi » (-)• Il 3 luglio Giuditta si allontana dunque lasciando Eleonora Giovanni ed Agostino con Pippo : nel periodo che corre tra questa data ed il ritorno da Ginevra a Genova della madre alla metà di novembre — accadono certo discussioni tra la madre Eleonora ed il Mazzini, e, quel che é più che probabile, fra gli ombrosi difensori dell'onore materno ed il loro grande amico, le quali scavano un forte solco di divisione fra loro. Quale la causa ? Il primo accenno ad essa lo troviamo nella prima parte del carteggio, nella lettera di Agostino alla madre del 1G maggio 1831: « Pour ce qui regarde Emilie, je irai pas renonc-é fi m ou-vrir franchement là-dessus avec vous toutes les fois qu'il y en aura besoin. Tous m'aimez trop. et vous étes trop vertueuse pour vous effaroucher jamais de ce que je pourrais vous dire. Cependant comme c’esit un sujet, que je ne puis aborder de sang-froid et qui nous rappelle des lugubres et cruels souvenirs je crois qu'il est bon et convenable d’en parler les moins pos-sible d’autant plus, que j’ai eu dernièrement l’occasion de lire une des lettres que vous adressiez à M.lle Emilie, et je Pai trou- (1) Ved. Scritti, E. N., voi. V, pag. 318. (2) Ibid. CXTX — vée tout-à-fait .selon mes tlesirs ce (jui m’a prouvé, que mème dans les plus difflciles situations de la vie vous savez toujours ce qu'il y a à faire, et comme l’on doit se comporter » (1). Pochi mesi dopo Giovanni che si trova a Berna, avendo lasciato a Ginevra il Mazzini, ritorna sul doloroso argomento con queste parole : « Je n’ai qu’à me louer des procédés d’Emi-lie, 011 ne peut ètre plus affectueux, plus délicat, plus tendre qu’elle pour moi. Si je pouvais déchirer une feudle de l’histoire de sa vie, je n’aurais pas de meilleure amie. Mais fatalement je ne peux pas, parce qi\’il s’agissait d’un Ange. Elle ne fait aussi que s’occuper de vous, m’en parie souvent dans ses lettres, s’a-pergoit que j’ai quelque chose sur le coeur, et dit que je ne la comprend pas. Elle cherc-he tous le moyens de me faire valoir ; il n’y a rien qu’elle ne tasse et ne dise pour moi. Et ne croyez pas que je sois en reste avec elle ! je m’occupe tous les jours d’améliorer sa position physique, et morale, et je compte tant faire qu’elle se deciderà à me rejoindre, et sera mieux où je suis qu’où elle est » (2). Parole chiare che non hanno bisogno di commento, se non quello di rilevare con sicurezza che la pagina da cancellare nella storia della vita del Mazzini, riguarda un torto ed assai grave fatto ad un angelo, e cioè ad Eleonora Ruffini. E che si tratti di un motivo di tal genere e non di un conflitto politico, religioso, morale, è confermato ancora da Giovanni in una lettera di pochi giorni dopo, nella quale annuncia di essersi riunito al fratello ed al Mazzini, cui allude scrivendo : « Elle n’est plus mon idéal, vous le savez, mais je l’aime encore chaudement, et plus encore je la vènere, car il y a dans cette femme là seule tout un avenir de bonheur, toute une destinée. Ainsi, comme vous aurez la bonté d’observer, je m’en occupe incessament en tant que la faiblesse des mes moyens le permet, non avec l’ar-deur d’un amant tei que je fus autre fois, mais avec le calme affectueux d'un frère, tei quel je suis pour elle et je serai toujours » (3). Le richieste della madre dei Ruffini ai figli sui rapporti loro col Mazzini, alle quali si risponde colle parole su riferite, son dovute al fatto che dopo la partenza di mamma Eleonora da Ginevra la corrispondenza tra lei ed il grande amico dei suoi figli s’é interrotta quasi interamente. Il perchè dell’ interruzione lo dice pochi mesi dopo il Mazzini alla Sidoli, rispondendo alla domanda fattagli se egli corrisponde ancora con la madre degli amici. Le dichiarazioni contenute nella lettera sono tali da chiarire ir perchè del raffreddamento intervenuto fra gli esuli : « Augustin est presque- (1) Ved. Parte I, pag. 53. (2) Ibid., pag. 106. Lettera 30 agosto 1834. (3) Ibid., pag. 123. Lettera 23 settembre 1834. — cxx — entièrement guéri — scrive il 23 marzo 1835 — son frère est avec moi — rien n'est changé dans nos rapports — tous les deux tm’aiment autant qu’ils peuvent aimer ; seulement il y a dimi-nution dans leur puissance d’aimer. Tu sais ce que c’est en moi : je suis né avec d'étranges manières de sentir : je ne chance pas quand j’aime; j’aime toujours au mème degré de force — les choses, les deceptions ne sont rien sur les sentiments de mon coeur, ils n’agissent que sur le bonheur, ou le malheur qui dé-coule pour moi de ces sentiments: Leur mère supporto la vie avec assez d'éner-gie pour eux qu’elle aime extrémement ; je sais qu’elle est bien par ma mère, et puis par les lettres, que je vois périodiquement parvenir à Jean. Du reste je ne com-prends pas comment tu puisses me demandar si elle m’ écrit toujours. Je croyais que tu savais ou devinais, que tout contact, toute relation a été brisée entre nous ; qu’elle s’est crue et qu’ils Font crue outragée, repoussée par moi, et (pie cette croyance m’a fait coupable à leurs yeux, d’autànt plus coupa-ble qu’il s’agissait de momens solennels. Je n’ai rien fait pour briser cet état : il suffit qu’il ait pu arriver, pour qu’il cloive ètre. D’ailleurs passif en tout exoepté que dans mon coeur, pourquoi voudrais-je plus d’amitié que l’on ne m’en donne, ou ■que je n’en mérite ? puis encore les rapprocbements ne sont rien à mes yeux, s'ils ne sont pas le produit d’un élan spontané et réciproque, puis enfin je ne venx plus rien dans le monde : le plus grand bonheur que je rève pour moi dans mes rapports avec eux, c’est les savoir réunis et calmes autant qu’ils pour-raient l’ètre encore » fi). ('on gli elementi che ormai possediamo vediamo di ricostruire, per quanto ci é possibile, in che cosa sia consistito l'oltraggio fatto dal Mazzini alla madre dei Ruffini. Giunta a Marsiglia, dopo la morte di Jacopo, donna Eleonora é certo in condizioni morali tragiche : la bufera infernale scatenatasi sulla famiglia, già duramente provata, con la morte di un figliolo e con l’esilio degli altri due, é infatti tale da infrangere qualunque resistenza anche virile; e la madre dei Ruffini, se si tengono presenti i precedenti della sua giovinezza, non é certo la donna più atta per reagirvi energicamente. E’ evidente quanto ella debba contare sul conforto e l’appoggio morale del Mazzini, ch’ella molto stima ed adora come un figlio : Pippo, invece, legato alla Sidoli, madre già di quattro creature, da un impegno d'onore, al quale non può assoluta-mente mancare, per nascondere a tutti l’imminente parto —L e lo nasconde in modo che neppure il Melegari, amico di Giuditta, lo sospetta — si fa dare il passaporto da Agostino e se ne parte senza comunicare ad alcuno il luogo dove si reca. Probabilmente va a Montpellier dove rimane per circa una (1) Ved. J. Rinieri, Carteggio di Giuditta Sidoli con Giuseppe Mazzini e Gino Capponi nell’anno 1835, Torino, Bocca, 1922, pagg. 118-119 dell’estratto. CXXI — settimana, assente dal fervore della lotta politica in un momento di reazione più che mai violenta e terribile, con grande scandalo anche di altri amici, oltre i Ruffini, fra i quali il tido Me-legari, che se ne offende e scrive 1111 biglietto di cinque righe, cui Mazzini risponde che «non deve, nè può giustificarsi » (1). Ma il Melegari insiste amorevolmente; il Mazzini allora apre l’animo esulcerato con l’amico, e svela con discrezione la tragica pagina vissuta in quei giorni: «le delusioni delle quali parli, mi son piovute addosso da tutte le parti — scrive il 28 luglio 1833 da Ginevra — e le più amare ad un tempo, in un mese. Anch’io ero nato per amare ed essere amato : oggi ancora ch’io dispero della seconda cosa, non ispero qualche momento di gioia che dalla prima, o meglio dal procurare una gioia altrui. — Però mi duole averti dato un dolore — Ed è la mia storia : storia intima che non narrerò tutta intera neppure a me stesso, storia più complicata di ferite irreparabili, che non appare a chi non conosce tutte le cose mie. — Ho voluto, io lo giuro, fare il bene a tutti gli esseri a’ quali mi sono avvicinato -— e sempre ho fatto male ad essi ed a me. Io la lascerò la mia storia in poche pagine; ma a chi? — terribil cosa, noi so. — Or basti, e forse a te queste mie parole parranno strane ed inesplicabili certamente. « Per ciò che ti concerne potrei dirti ciò ch’io credo averti accennato fin dalle prime lettere ; potrei dirti : se sai di me e pensi dov’io era, e intravedi ciò che mi legava, elevi avere la chiave di tutto : devi vedere tutti i doveri che m’erano onnipotenti » (2). Se il Melegari, legato a lui da vincoli d’amicizia meno stretti di quelli che lo univano ai Ruffini, si offende tanto da richiedere con insistenza al suo grande amico una giustificazione del suo riserbo, é ben naturale che di più si risentano i Ruffini, e la loro madre, i quali certo non possono non rimanere molto amareggiati per il silenzio mantenuto dal Mazzini sullo scopo di un viaggio, del quale non riescono a conoscere la mèta ; viaggio che fatalmente coincide con l’arrivo di donna Eleonora a Marsiglia e con i tremendi fatti che stanno preparandosi e che termineranno nel fallito colpo di Tolone. Il non potersi dare una plausibile ragione del rifiuto del Mazzini, fa nascere nell’animo dei Ruffini, provato da sciagure tanto acerbe, dei sospetti ingiuriosi, che maturano frutti di cenere e tosco : infatti essi credono di vedere in qualche frase di Mazzini, rivolta alla loro madre, un oltraggio verso di lei. La supposizione é confermata dall’accenno che si trova nelle lettera del Mazzini alla Sidoli: credevo che tu sapessi o indovinassi che causa della rottura ecc., e nell’altra ancora cette croyance m’a fait coupable à leur yeux, d>autant jìlus coupable (1) Ved. Scritti, E. N., voi. I, pag. 333. <2) Ved. Scritti, E. N., V, pagg. 384-385. — cxxn — qa’il s’agissait de moments solennels. Quali erano questi momenti, se non son quelli immediatamente seguiti al suicidio di Jacopo, alla memoria del quale il Mazzini conservò per tutta la vita un'adorazione che non sarebbe eccessivo definire culto ? D’altra parte i doveri che egli ha verso Giuditta sono davvero « onnipotenti » ; l’onore di lei é nelle sue mani ed una sua indiscrezione la colpirebbe, tanto più duramente in quanto, già dalla partenza da Marsiglia, é tra loro convenuto il distacco tanto doloroso. I Ruffini mai furono partecipi del segreto ; ché altrimenti negli sfoghi irosi sul Mazzini scrivendo alla madre, soprattutto dopo il 1840, un accenno discreto o no, lo ritroveremmo nel vasto carteggio. Continuano invece dal ’35 in poi le allusioni all’oltraggio fatto alla madre (1) ; anzi lei più serena dei figli, esorta Giovanni a dimenticare la presunta offesa, ma la risposta che ne ha, netta e categorica, ci fa comprendere come ormai — siamo nel 1835 — anche se vivono insieme, si sono allontanati ambedue molto dall’idolo d’un tempo : « Tu m’as demandò une cho-*se impossibile — le risponde infatti Giovanni il 29 maggio di quest’anno —, quand tu m’a demandé d’oublier une chose qui s’est identifiée avec ma vie, dont elle a marqué une des épo-ques; si je te disais, oui, je serais un làche, car je te trompe-rais. Pardonne-moi, mon Ange, mais si cela est impossible? » (2). Occorre mettersi nella condizione di spirito di questi esuli al dimani di un’immane tragedia, come fu quella del suicidio di Jacopo, per comprendere ìo stato d’esaltazione in cui si trovarono : in tal modo noi non saremo indotti a dare giudizi sommari. Giovanni, che addirittura si considererebbe un vigliacco se cercasse di dimenticare il presunto oltraggio é nello stesso stato d’animo di morbosa esaltazione che detta a lui ed a Agostino frasi d’amore nelle lettere che pubblichiamo, che tutt’al più si possono approvare in giovani adolescenti che scrivono ad un’innamorata per la quale sian presi da una violenta passione anche sensuale. Siamo, é vero, nel periodo del romanticismo più schietto, (1) « Il y a longtems que je ne te parie de mes rapports avec elle [Mazzini] : ils sont parfaits. Si je pouvais effacer quelque cliose, jamais je ne pourrais désirer une plus complète amitié. Elle est toute prevénance, amour et indulgence pour moi e Pau-lin. Mais ... ce qui est arrivé une fois peut arriver encore et je me tiens sur mes gar-des, je me défie de mon laisser aller de crainte que la chute n’en soit que plus lour-de, étant en proportion de mon abandon ». (Ved. Parte I, pag. 274). Annotando questo passo dichiarai nell’introduzione alla prima parte del Carteggio, che non si comprendeva bene a che cosa alludesse Giovanni con tali parole, perchè era da escludersi un contrasto di carattere politico : la ricostruzione ora fatta delle cause che provocarono la rottura fra i fratelli Ruffini .e Mazzini, le rende invece assai chiare, e secondo me é tale da non far prendere in considerazione l’ipotesi che il contrasto a\ \ enne per il suicidio di Jacopo, ché tale evento non avrebbe potuto « arriver encore ». (2) Ved. Parte 1, pag. 302. - CXXIII — ma non ci si può dare una ragione di Certi stati d'animo superlativamente eccitati — se non si tien conto anche di un altro fattore, che nei Ruffini (é doloroso constatarlo) deriva pure da una ereditarietà non invidiabile. Lo studio del Bassi, pubblicato nella silloge, cui già s’é accennato, rivelando la tabe ereditaria da parte materna — i suicidi in famiglia anche prima di quello di Jacopo, son parecchi — ci dà forse la chiave dell’enigma. Questo non diciamo a demerito dei due fratelli, che col sacrificio più puro contribuirono anch’essi a tessere la nostra storia dolorosa di redenzione ; ma per renderci conto del perchè venne scritta questa pagina della vita loro e di quella del Mazzini, che ci sforziamo di leggere sine ira et studio. Diversamente giudicando, potremo comprendere l’atteggiamento che tengono Giovanni ed Agostino ancora durante il 1836 di fronte al Mazzini, in occasione di un grande favore che egli fa alla loro madre ? Le lettere che pubblichiamo sono eloquenti : Donna Eleonora, per consiglio soprattutto dei figli, si indebita per aiutare nella fuga un altro eside, Antonio Ghiglione ; e non potendo far fronte ai propri impegni,.é assediata dai creditori e se ne addolora profondamente. I figli esuli non possono aiutarla, — a sentir loro son molto afflitti ; in realtà non si privano di alcuna cosa superflua, com’essi stessi dichiarano — ; il Mazzini soltanto ricorrendo ad un sotterfugio, — al quale per sè non si sarebbe forse mai prestato — richiede al padre una somma di denaro che fa mandare dagli amici suoi alla loro madre. L'annuncio ditirambico ch’essi ne danno in queste lettere ci dà la misura esatta del grande favore ad essi fatto dall’amico (1), al quale Eleonora Ruffini neppure si degna di inviare un ringraziamento, se non per il tramite di Maria Mazzini, se si eccettui forse un breve e freddo biglietto inviatogli alla fine di maggio, accompagnando il quale chiede evidentemente scusa ai figliuoli di averlo scritto, se Giovanni può uscire in una affermazione di questo genere : non ringraziare noi, « c’est Emilie que tu dois remercier comme tu l’as déjà fait tant de fois. Et tu sais qu’à cela je ne m’y suis jamais opposé » (2). E’ necessario fare il confronto tra il modo di comportarsi del Mazzini, in tale frangente, e quello dei Ruffini, anche se si ripubblicano qui pagine già conosciute dell'Apostolo, ma che non ci sembrano superflue, perchè vi si trovano anche eloquenti accenni alla sua fede religiosa. Il Mazzini, dopo aver lasciato passar qualche mese dall’invio del denaro, in tal modo si rivolge ad Eleonora Ruffini il 30 settembre : « Da tanto tempo io sento desiderio di mandarvi al- di Ved. per tutte, quella di Agostino del 21 aprile, pag. 98. (2) Ved. lettera 6 giugno, pàg. 163. - CXXIV — •cune linee, che v’accennino direttamente com’io vi sia grato, perle dolci espressioni clie#mia madre mi trasmette sovente per parte vostra : e noi fo perchè, non potendo parlare come vorrei, preferisco il silenzio : vi sono persone colle quali s’ha bisogno di parlar l’anima o nulla. E voi siete fra quelle, per me. Non so che cosa io darei, per avere 1111 colloquio d’un’ora con voi — per dirvi tutto me -— per chiedervi, come una benedizione religiosa, un conforto; conforto a una fede che non deve morire se non con noi, che ci è santa per la coscienza e per le memorie, che dobbiamo portare innanzi, checché avvenga, e checché le delusioni, e gli uomini e le cose possano farcela amara e sorgente di dolore e di persecuzioni. Noi non siamo che un pensiero religioso incarnato. Abbiamo una missione. Che importa se riesca o no ? La vita non finisce quaggiù. E per una vita che qui deve rompersi, v’è felicità possibile ? La vita umana è il dovere. Il caso ci ha posti in un’epoca di disfacimento morale e di nessuna credenza : un’epoca eguale a quella in che Cristo moriva — e la corruttela, e l’individualismo erano, co-m’oggi, al colmo — e i primi Cristiani morivano, martiri e derisi. Ma trecento anni dopo, il Cristianesimo regnava, ed emancipava gli schiavi. — Muoiamo colla nostra fede. Serbiamo il nostro Dio venerato. Dio, la coscienza, chi ci fu caro e guarda su noi di lassù : ecco il nostro mondo. E vorrei dirvi queste mie idee diffusamente, e sentir da voi, simbolo di virtù rassegnata e costante, che non sono illusioni : che non è il cervello che travii il cuore : ma che il cuore anzi le ha generate e le vuole. Perchè la pubblicazione delle idee mie di fede, d’umanità, d’avvenire, è cagione di noie e persecuzioni, a me e a’ vostri cari, m’amate voi meno ? amo io meno voi, e la mia famiglia ? S’io morissi martire della nostra fede, della fede di Jacopo, sarei io un insensibile — commetterei un delitto ? — Non fate cenno ad alcuno di ciò che vi chiedo ; ma se potete, senza mentire alla vostra coscienza, dirmi una parola che mi conforti, datela; se no, tacete, ve ne prego : saprò che ho torto : saprò che corro dietro a un fantasma : che la mia religione — e dico questa voce perchè ne sento tutti i caratteri — è, comunque sa Dio s’è religione di gioia, d’illusione, o di dolore e di dovere, una fal-£a credenza da cancellarsi: e la cancellerei, perch’io credo in voi come in oracolo, come nell’anima la più religiosa, la più virtuosa, la più pura e perfezionata dal dolore, che esista in terra. Amatemi. « Se rispondete, inchiudete nella lettera della madre — non nella vostra. — Se per cagioni, a me ora non note, non credete dover rispondere, ritenete che io né m’offenderei, né scemerei affetto per questo : né crederei d’aver perduto il vostro — crederei, senza indagare, che avete ragione. Vi rispetto quanto v’amo. Quanto esce da voi, é, per me, bene — I fratelli stanno hene. — Vi parlerò in altra mia — o alla madre — apertamen- — CXXY — te della speranza che possiamo avere di migliorare la nostra attuale condizione. Io ho più sempre ritemprato il mio affetto ad essi due, dacché ho pure la più gran parte nel sacrificio loro attuale, nel genere di vita cioè a cui siam forzati. Spero non durerà oltre l’anno » (1). A questa nobilissima lettera la madre dei Ruffini deve aver risposto con altrettanta nobiltà ed elevatezza di concetti, se il Mazzini calorosamente la ringrazia in due successive del 30 settembre e del 5 novembre : l’antica offesa sembra dimenticata, ma non é ; non é almeno per i due fratelli, nei quali cresce la insopportazione verso il Mazzini. Come abbiam detto terminando la nota premessa alla prima parte del carteggio, non pochi degli amici che « generosamente avevano aderito agli entusiasmi di poesia che loro giungevano attraverso i caldi appelli mazziniani, era naturale che al contatto della terribile realtà trasformassero la protesta sentimentale in fredda concezione politica, con l’esatta valutazione dei mezzi più opportuni da usare per il raggiungimento del fine cui tendevano. Non tutti potevano essere d’accordo col Mazzini, ché non tutti ne avevano la potenza ed il fervore di fede » (2). I Ruffini si devono collocare fra costoro, né son per questo da condannare : la potenza del genio unita ad un profondo spirito religioso é sempre una eccezione nella storia, ed appunto perchè tale, non poteva il Mazzini essere seguito nell’aspra via prescelta. Gli ultimi mesi dell’esilio svizzero portarono in verità le ^sofferenze morali sia del Mazzini che dei Rutfini ad un acme terribile : per il primo abbiamo le pagine eloquentissime da lui lasciateci sulla « tempesta del dubbio » : per i due fratelli non si hanno che pochi accenni nelle lettere che pubblichiamo e se ne comprende il perchè, essendo dirette alla madre desolata dei pericoli che incombevano sui figliuoli. Si aggiunga per Agostino la morte della donna amatissima, Anna Courvoisier, avvenuta in quei mesi; per Giovanni il ■distacco da Luisa Rogen ; per ambedue la mancanza di notizie della madre lontana, mentre in Liguria infieriva il cholera; l’impossibilità di distrazioni e di moto, perchè nascosti presso estranei, i quali li avevan tratti dalle ugne della polizia, che li ricercava come degli assassini, e comprenderemo con più profondo senso d’umanità come potessero sfuggire, per esempio, ad Agostino scrivendo alla madre il 18 dicembre espressioni come le seguenti: (( don ce amie! ne te laisse pas aller à ces af-faissements moraux. L'ideé que sans nos illusions, sans notre inexpérience, des hommes et des choses, nous serions encore à (1) Ved. Scritti, E. N., XII, pagg. 134-136. (2) E’ sempre cosa poco simpatica il far citazione dei propri scritti; ci scusi dunque il lettore, ma tenga presente, che ne siamo qui costretti (Ved. Parte I, pag. CXXI). — CXXVI ton coté, que nous pourrions consoler ta vieilles.se, te rendre plus supportable les mémoires articles sur un journal contre les cosmopolites. Aujourd’ hui nous recevons un journal espagnol, ou il y a un premier article qui confute mon premier, c’est-à-dire qui croit le confuter. Ce qui me fait rire c’est que mon antagoniste parie comme si mes articles étaient écrits contre lui. J’appelle cela se prendre le mal del rosso cartaio. 10 parlant pas de sectes, parce que peut-ètre elle ne l’ose pas, mais faisant des allusions indirectes, me demanda nt des conseils, et des consolations. Sa grande terreur est de ne pas aimer assez Dieu. Elle se reproche d’aimer la nature, la lecture, la musique, et la patrie. Vois un peu à quelles aberrations peut se laisser aller une forte intelligence (telle est Eugénie) lorsqu’elle est assiégée par les scrupules. Comme tu le supposes bien, je Pai tancée d’importance. Je me suis déchaìné contre les sectes, contre la manie de ne jamais vouloir s’en tenir au sens littéral, et lucide de la Bible, mais d’aller pècher quelque chose au-dessous, contre les excès du fanatisme, etc. Je me suis attaché à lui prou-ver que les choses qu’elle se reproche sont justement les moyens les plus propres pour gagner la vie éternelle. Que celui qui n’a pas uneime pour Part, qui n’a pas un vif sentiment des beautés de la nature, qui n’aime pas la patrie, ne peut pas avoir son entrée au ciel,- parce que Dieu ne veut pas des àmes froides, insensibles, et qui vivent d’un égoisme religieux. Aujourd’hui j’enverrai ma lettre qui est passablement longue, et je saurai te dire l’effet qu’elle aura produit. Bien entendu tant que l’effet de ma lettre durerà, Eugénie ne tombera pas dans le méthodisme. Mais puis entourée comme elle est comment pourra-t-elle résister long-tems? C’ est dommage, car elle est un bon coeur, et ime tète tout à fait virile. Malgré cela je crains qu’elle ne soit subjuguée. En attendat avoue-moi que tu te moques un peu de ton ami. Me voilà un petit Pierre-l’Hermite, moins le fanatisme des croisa-des, que veux-tu? dans ce monde il faut se fagonner à tout. Aujourd’hui je suis un prètre, demain je serai autre chose. Ainsi passe la vie. Je ris moi-mème de moi. Quelquefois aussi je me plains. Car je vois de plus en plus quelle distance énorme, il y a entre la th'éorie, et la pratique. Je suis le plus blanc des Anges en théorie, et bien noir dans la pratique. Quelquefois je crains mème de n’ètre qu’un hypocrite. J’écris des lettres si belles, si parfumées de vertu, comme celles que j’écrivais à Anna, et si je descends dans mon coeur je dois répéter : verba, verba, pre-tereaque nihil• Pourtant au moment 011 j’écris, je suis en bonne foi, je sens les choses que je dis. Puis je retombe, la nature ili-firme, et débile reprend le dessus. Je ne suis ni un scélérat, ni un vicieux sans pudeur. Mais je suis bien loin d’atteindre à ce que mes lettres à ces femmes devraient faire espérer. Je le leurs dis pourtant : prenez garde : ce que je vous dis, je le sens, mais je n’ai pas toujours la force de l’appliquer ; je puis vous dire de 11 bonnes choses, mais je puis faire de mauvaises choses. Jugez-moi sur ma condiate, ne me jugez pas sur mes idées. Celles-ci ne sont pas des terreurs vaines, comme celles d’Eugénie. C’est la constatation d’un fait malheureusement trop général. Tant d’auteurs qui respirent la vertu, et le dévouement dans leurs écrits, ne sont que de làches égoistes dans leur vie. La vertu ne serait donc qu’une marchandise? ou bien il est donné de sentir la vertu par abstraction, dans sa chambre, de la traduire en belles phrases mème aux àmes les plus déhontées? Alors la vertu ne serait plus qu’une prostituée. Mon Dieu ! quel labyrinthe, ma tète s’y perd. Aujourd’hui mème on nous écrit de Paris dès choses qui peuvent nous faire douter de la conscien-ciosité (sic) d’Alfred de Vigny. Moi qui l’aimais tant ! Lui le chaud ■ avocat du poéte, du soldat, et de la femme ! et tout cela ne serait que de l’art ! en quel tems vivons-nous donc! Quel est le livrU ( 0lt au ('<)lltraire qu’il nous faille prendre la première ie> P°ui \ u qu’elle cadre à ce doigt tout à fait diminutif. me que ce soit, forte ou non, belle ou laide, nous enverrons la bague. ’ t ,111 < niI,Iesse de te participer une bonne nouvelle. lett 0 r c sl( chez nous. Hier matin j’ai regu une , rJ^. ' ( ^011 (^u Parent qui m’annonce son retour à Paris; il , ien ' '(j" ^ 7 a.Ì°ute la menace de passer par ici à son n. ,atrie ’ ma^s il u’en fera rien. Tout de mème le perii, 1 ( la douleur purifient l’àme des bons : chano-pnt * T*T n* n* l’éspérance, seulement elles en aussi&esnPT>e °n ement- TaÒ| que j’ai crii dans les honimes, j’ai plus eran de ^ fi”*’ ^a*S 11 G8t a remar(luei‘ que l’époque de ma Iaouelle ìp r-C^H anCe f)ans ^es h0Illmes est aussi l’époque, dans relio’ieuse« V'm! danS Un C0111Plet scepticisme sur les destinées moins en! SUI‘ I)ien’ Sur la vie immortelle ; alors cides spnf^ a Présent ce n’est plus que surrection ri’ providentiellfk*- Auparavant j’attendais la ré-vant i’étais T r’ * présent ^ ri,lW« d’en haut. Aupara-sans m’en • mp& ent’ plem de haine> Purement réactionnaire plein de ?ujourd’hni Je su| calme, tranquille, n, et place au dessus de tonte miserable réaction, CCLXIV. Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 25 de tonte passion mesquine. Sans me donnei* les airs d’un S* Pbi-lippe? .ìe puis (lire que je suis mathématiquement religieux. An-ciennement mon horizont se bornait à cette vie courte, et de rien. Or, mon horizon n’a plus de bornes, car je me suis placé au point de vue de l’éternité. Et pour cela je ne renie pas les affaires de ce monde. Sois sùre, mon amie, que chaque fois qu’il y aura une occasion de faire un peu de bien, je ne la manquerai pas. Seulement l’homme doit vivre comme s’il était doublé. Devons-nous renier l’enthousiasme, ce parfum de l’àme, devons-nous renier la poésie? Jamais. Mais ce feu sacre nous devons le concentrer en nous, entre nous, ehacun dans le c-ercle svm-pathique, qu’il s’est formé autour de lui. En tant qu’esprits tendant au perfectionnement moral, en tant que créatures de-stinées à une vie immortelle, soyons mème des Anges, si nous le pouvons. Prèchons la réhabilitation humaine, la paix, la fra-ternité, le dévouement. Celle-ci est la premiere face de l’homme, face de toute sublimité, où l’on ne saurait ètre ni trop poétique, ni trop enthousiaste. Mais lorsque nous descendons de cette vaste conception pour ne voir plus dans l’hoinme qu’une fourmi entourée d’autres fourmis, la scène change. O’est alor la face extérieure, et pratique de l’homme. Celle-ci n’est pas déter-minée par nous, mais par les objets qui nous entourent. De mème que nous portons chapeau rond, et eravate parce que les autres hommes les portent, de mème dans tous nos rapports avec les hommes, nous devons nous règler, et conduire d’après leur examen. Si les hommes sont méchants, et trompeurs, nous ne devons pas devenir trompeurs, et méchants, mais nous se-rions bètes de ne pas nous armer d’une juste défiance. Faisons-leur du bien : cela va sans dire. Mais comment, de quelle manière? Voilà la grande question. La société actuelle est corrompile. Peut-on la changer tout d’un coup? Assurément non. Il n’y a d’autres moyens que la prédications des vertus privées pour le moment, qui sont d’une exécution facile, et mème utile. Lorsque nous aurons fait de bons pères de famille, de bonnes mères, des marchands, qui volent un peu moins, des libertins, qui soient un peu moins déhontés, des maris, et des femmes, qui se soient un peu plus fidèles, ne croyez-vous pas, (pie le passage aux vertus publiques d’homme d’état, de citoyen ne sera plus facile qu’il ne l’est à présent? Oh ! non, je ne désespère, moi. Je ne suis ni une àme faible, ni un coeur froid. J’espère parce que Dieu est grand, j’espère parco que l’humanité marche, 26 et tous méchants que nous sommes au XIX siede, nos pères l’étaient encore plus au XVIII, et nos bisaieuls l’étaient d'avan-tage encore au XVII. J’éspère parce que je sais que rien n’est impossible à Dieu, et que le Christ a paru dans le monde juste-ment à une époque de désorganisation complète au moral, et au physique de l’état social .Si je détruis des illusions placées sur les hommes, sur tei noni, ou tei autre, sur tei ministère ou tei autre, en revanche je crois vous offrir des points d’appui plus solides, en vous offrant Dieu, et ses lois. Loin de moi 1 idée de décourager qui que ce soit. En écrivant vite, et bref, quelquefois 011 est obscur. Ce que je te dis là n’est peut-ètre qu’un centième de ce que je te devrais dire pour t’expliquer toute ma pensée. Je me résumerai en deux mots : nous sommes doubles. vis-à-vis de Dieu, et des destinées à venir, soyons des Anges, vis-à-vis des hommes, soyons des hommes. Je laisse à ton arbitre de lire ou non la page qui précède à Monsieur, pourvu qu’il s’arrète là. Est-ce que tu te crois obligée, ma chère, de me rendre compte de l’emploi de cette somme? Au demeurant je suis charmé d’avoir concouru à combler ce vi e, que j’avais fait moi-mème lors des 300 francs de l’avocat. Pauvre femme, t’en ai-je donné des embarras? Qui est cet aigle, au aiglon, qui prétendait que ce magnifique article pourrait sortir que d’une piume célèbre? Cela ne fait pas grand honneur à sa perspicacité. Le fait est, que ce n’est pas par gioire qu on a écrit cela. C’est par une idée un peu moins noble, comme jeus l’honneur de te le dire. Réjouis-toi : le terrible parent ne vien ra plus. Il était déjà près de nous, à Lausanne, je crois mérne, tou^ à coup on ne sait pas pourquoi, par quel mystère, par quel ien tutélaire, il rebrousse chemin, et retourne à Paris. Je crois que ce sont tes voeux ardents, qui nous ont valu ce miracle, car c est presqu’un. Au reste nous approfondirons mieux les causes de ce coup apopleticque, et nous t’en dirons quelque chose. e a ne peut ne pas renfoncer nos doutes. Comme vous avez bien re marqué toi, et Francois, le parent est ce qu’on appelle un àne. Pourtant ces provinciaux ne manquent d’une certame fouibene, et si l’historie de la Myladi est une fable, il a plus de savoir faire, qu’il ne paraìtrait de prime abord, car il nous en a fai accroire à tous. Je te remercie de m’avoir dit franchement 1 éta actuel de ta santé. Permets-moi de te dire à mon tour, que ce n’est pas l’état, que nous puissions souhaiter le plus. Non, je 27 ne veux pas m’inquiéter, car d’abord ce n’est pas ta faute, ma pauvre martyrisée, et en second lieu en m’inquiétant je ne fe-rais qu’empirer ton état. Mais il m’est bien permis au moins de te conjurer aux noms des saints, de notre pauvre martvr, au nom de tes deux amis lointains, de ton amie Emilie de t’avoir tous les soins imaginables. Vendez les terres, faites banqueroute, mais que rien ne manque à ta cure. J’en trouverai moi de l’argent, si cela est impossible à Monsieur, pour ce but. Que je sache, tu ne souffrais pas anciennement de palpitations de cceur. Prends des bains a-utant qu’il faut les meilleurs, qui se trouvent à Gènes. Si tu épargnes quelque chose à cause d’économie, je te préviens que nous faisons des sottices ici, nous nous adonnons à prodiguer. Je désirerais que tu consultasses aussi le Médecin S.[olari] en qui j’ai beaucoup de confiance. Ne fais pas trop abus de digitale. Ne t’a-t-on pas proposé de l’émulsion de franck avec quelques gouttes de jusquiamus? Je crois qu’un peu de mouvement, serait convenable pour ta maladie. Chez-vous le printemps va com-mencer bientòt. Je me recommande à toi, à Nina, à Octave pour te faire promener au moins une heure chaque jour. Puis cette année il faudra penser à quelques semaines de campagne. J’in-siste l'-our que tu te couches plus de bonne heure, que tu n’en as l’habitude. Je te supplie de ne pas trop te fatiguer en tra-vaillant, de ne pas trop écrire : tu nous écris trop long. Une solile page nous suffira. En revanche je te promets d’étre plus long, moi, à mesure que tu seras plus courte. Mange des choses qui puissent convenir à ton état anormal. La dépense n’v fait rien, je te répète. Vadano i coppi, per Dio santo! Cette tenacité me fait autant de peine que la palpitation. Peut-ètre celle-ci n’est que le résultat de celle-là. Ne pourrait-on pas trouver à Gènes des pruneaux comme nous en mangeons à Genève? Une telle pitance serait au-dessus de la capacité de Catherine? Si elle savait lire, je lui écrirais pour la supplier de déposer sa morgue habituelle, et de descendre à te donner quelques soins. Est-ce des bains sulphureux que tu prends? Dans la chambre où la baignaire se trouve, ou dans une chambre à còté il devrait se trouver un lit pour te reposer une heure après le bain. Si cela est possible fais-le. Dorénavant tu dois me tenir à. jour des progrès, en bien, ou en mal. Dieu fasse que ce soient des progrès en bien. Mr, la Nine, et Cathérine auront à nous répondre de ta santé. Si je savais que l’avarice, ou l’économie vinssent à se 28 traverser à tes cures, j’en deviendrais fon. TAche aussi de tran-quilliser ton esprit. Prends 1’ exemple de nous qui sommes calmes, résignés, et majestueux. La tranquillité de l’esprit est la premiere médecine contre les palpitations. J’insiste surtout sur ees promenades, et sur la dimiuution de ta correspondance. Tu vois, mon amie, que je ne m’inquiète pas. Mais cela à la con-(lition que tu me donnes ta parole d’honneur, que tu rempliras toutes ces choses-là, que tu auras pour toi les mémes soins que tu aurais pour moi, ou pour Francois, et que tu nous diras toujours la vérité sur ce qui en est. S[olari] ne se refuserà pas à une consultation. Il a aussi l’instrument que mesure les pul-sations du coeur. Voilà peut-ètre l’occasion de s’en servir. Donne-moi le résultat de la consultation. Je te répondrai une autre fois sur la cousine. Quel diable ! Comment le parent peut-il vous avoir fait voir des correspondances de moi, qui ne le connais mème pas de personne? Le créancier des 2000 francs me parait une escarpolitte. Tantót exigeant, tantót généreux. Cela ne dépendrait un peu aussi de la tète timorée de Mme Lille? Qui est le petit médecin devant qui elle insistait pour les intérèts? J’aime mieux lui en-voyer une bague moi-mème, d'abord pour l’idée, en second lieu, si elle avait découvert la ruse, nous aurions dù.rompre pour toujours, ce que je ne veux pas ; sa devise : légère, mais bonne ! Dis-lui donc que j’ai regu la mesure du doigt, et qu'elle ne pou-vait pas me faire un plus grand plaisir que celui-ci. Au reste, si je ne suis pas riche, je le serai. J’emprunterai au bon Francois. Peut-ètre nous sommes à la veille d’arranger nos affaires. Peut-ètre pourrons-nous sous peu venir aussi à ton secours. Dieu n’abandònne pas le sien. Ceci, cette espérance fondée du reste, devrait te faire l’effet d’une digitale à l’esprit. Mais ne parie à personne, à personne de cette espérance. Guéris-toi, mon amie, et tu me rendras heureux. Adieu. Ton Auguste 29 CCLV. Giovanni alla Madre Berne, le 24 Février 1836. Ma chère Amie ! Je n’ai pas de tes lettres aujourd’hui, ni hier ; j’en aurai infailliblement demain, et ne m’en inquiète nullement ; ce qui me contrarie c’est que je n’ai aucune matière et me sens d’une sterilite, d’un vide de cerveau accablant. La bague est achetée, de la mesure requise, et mème, si j’ai bien compris ton expli-cation à ce propos, du genre que l’on désirait. J’espère aussi qu’elle est diablement solide. Elle n’attend plus, pour se mettre en voyage, qu’une lettre d’accompagnement de Paulin. Je pense d’envoyer lettre et bague à sa destination directement, sans me servir de ton moyen, et cela pour t’épargner des t'rais inutiles, vu que la lettre sera un peu volumineuse. Aujourd’hui le soleil nous a fait la gràce de nous montrer sa terne lumière de midi à quatre heures à peu près. Tu vois qu’il est très ménager de sa présence dans ces pays. Il ne fait pas bien froid non plus, et tant mieux. Les amis sont très bien, ainsi qu’Ange, et moi. Ange te salue cordialement. La dernière fois que je fus à l’Hermitage je m’amusai à faire le faché avec les Demoiselles, je feignis de partir mècontent, et disant qu’elles m’avaient traité comme 1111 chien, et sem-blables. J’espérais que la plaisanterie était assez palpable par l’exagération mème de mes plaintes, et par les rires fous dont je l’entrecoupais ; mais elles l’ont pris au sé-rieux, et après mon départ elles ont paru ètre très peinées de ce que je m’en étais allé si mècontent. Je leur ai écrit une lettre toute en ei pour les faire rire, en m’excusant, dont le début est = Je ne puis vous exprimei la contrariété que j’ai éprouvéi = et ainsi pour le reste. Il faut savoir (pie dans ce pays, comme aussi dans le Canton de Vaud, 011 ajoute en parlant 1111 i à toutes les terminaisons en e, 011 dit amitiéi, confederéi etc. Autre remarque que j’ai faite c’est un abus incroyable de Ja Ja, et oui oui. Tu es là à faire conversation, il y a deux minutes CCLV. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Gènes - Italie. — Bollo postale: Berne, 26 Févr. 1836. 30 de silence, comme cela arrive souvent, et voilà que de ce silence surgit un Ja Ja Ja, comme si celui qui le prononce se répondait à soi mème. Puis les femmes rompent, et entrecoupent souvent leurs phrases, mème les mots, par des soupirs, mème des espèces de sanglots, moiivements convulsifs, manège qui n’est pas' sans gràce, surtout dans les femmes jeunes et jolies, chez lesquelles tout est gràce. Tu penses (pie nous faisons notre profit de ces petites observations, et que nous en rions au besoin. Je pense à la grande consommation de ravioli, lasagne, tagliarmi, curzetti, maccaroni, risi etc. qu’on aura faite à Gènes dans ce Garnaval, et l’eau m’en monte à la boucbe. Tu sais comme j’étais friand de la vianda, et penser que dans ce pays l’on ne connaìt rien de tout ga, rien que des mauvais potages, dignes d’entrer en lice avec la soupe noire des Spartiates. Minestre, musique, et cliinat, voilà trois choses qu’on ne trouve nulle part hors de l’Italie. Je veux composer une complamte, et la faire mettre en musique, dont le refrain sera Mai ciu lasagne — Mai citi taggiein (1). Salue la famille, et tout le mond pour moi. Ménage toi bien, donne-moi un bulletin exact de ce qui regarde ta sauté, et regois mille baisers de ton meilleur ami. Zane COL VI. Giovanni alla Madre Berne, le 25 Février 1836. Ma chère Amie ! Hier c’était ta chère du 18, toute pour moi, que je recevais. Aujourd’hui, c’est le tour de Paulin ; en effet je regois ta missive du 20 pour lui. Tu vois que nulla dies sine linea■ Je souhaite que tu en puisses dire autant. Eh bien ! ne parlons donc plus d’argent, ni de regrets, cessons une lutte de générosité, dans laquelle, cela s’entend, j’aurai toujours le dessous; mais toi à ton tour cesse de parler de sacrifices, d’abnégations, etc. qui (1) In dialetto genovese : non più lasagne, non più tagliarini. CCLVI. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - GSnes - Italie — Bollo postale : Berne, 26 Fcvr. 1836. 31 n’existent que dans ton imagimation. En vérité, je ne me refuse rien de ce qui est compatible avec mon état; je vis en petit Sybarite. Je n’ai retranché aucun des menus plaisirs de ma vie; je me passe toujours à l’ordinaire un verre d’absinthe ; je vais une fois par jour régulièrement au café ; je me permets mème le luxe d’eau de Cotogne, ou de Lavande et je suis prodigue au point d’en tremper mes foulards. Je mange bien, je bois de très bon vin en bouteilles, j’ai des gants toujours propres, enfin, je te répète, je ne me refuse rien de ce que je me donnais avant de tomber en misère. Cela te va-t-il? Tu sais à l’heure qu’il est que nous sommes presque mira-culeusement délivrés de l’importune visite de notre Cauchemar ; réjouis-t’en avec nous. Je crois que c’est à ton intercession que Dieu lui a touché le coeur. Le tems s’est donc mis chez vous à l’unisson de la sai-son grave, et sévère dans laquelle vous vous trouvez rnain-tenant. lei, il est toujours couvert, mais pas si sombre que la semaine passée ; puis, nous n’avons plus eu de neige, et le froid est loin d’ètre rigoureux. En Italie je rappelle que la transition des folies du Carnaval à l’austérité du Carème est d’un brusque, qui donne le vertige, qui fait mal au coeur. lei, tout est égal, monotone, ni Carnaval, ni Carème; il n’y a que les foires qui jettent quelques lueurs d’animation dans un pays grave et dans une population d’ordi-naire empressée et torpide. La santé des amis, y compris Ange, et moi est on ne peut meilleure. Sur quelle herbe a-t-elle marche cette personne, qui provoque une réconciliation? c’est une sensibilité, qui lui arrive un peu tard. Quant à moi, je n’y crois pas, j’y vois mème un manège ténébreux. Si Dieu lui a vraiment touché le coeur, tant mieux pour lui, je m’en console sincère-ment ; mais je n’étreins jamais la main de l’homme làche et bas, qui a jeté la fange à la figure du malheur dans toute sa solen-nité, qui non seulement a renié l’amitié, mais a mis au lieu d’elle la baine, et la persécution. De tels hommes, quand ils sont repentants, je les oublie, je leur pardonne mème, et je prie pour eux ; mais, quand je les rencontre sur mon chemin, je me dé-tourne avec dégout, car ils me font l’effet d’une bète malfaisan-te, d’un crapaud, d’une desharmonie de la nature. Qu’il aille donc où bon lui semble sans crainte que nous nuissions à sa ré- 82 putation. Tu as bien fait de repousser ses avances, comme tu fais bien tout. Je sais positivement d’avoir parie dans le tems de ce Mr dans les termes d’une juste indignation ; mais je ne sais pas avec qui — probablement, à aucun étranger, mais à Paulin, ou Emilie, ou mème Antoinette, enfln dans mon cercle très circon-scrit. —- quant à Paulin, j’ignore absolument s’il en a parlé, et avec qui. Je lui enverrai exprès la lettre afln qu’il puisse te renseigner exactement. Adieu, ma chérie, je laisse à Paulin le soin, et le plaisir de te répondre. Ce que tu lui marques d une légère amélioration dans ta santé me charme, et console. Je re-commande à Catherine le 42 et le 24. Je me flatte que le premier du moins est digne d’ètre essayé en le plagant sous son chevet. Mille choses affectueusel à la famille, et à tout le monde. A toi l’àme, l’ame brillante d’une ardeur, que la mort n’éteindra pas. Adieu. Ton Zane CCLYII. Giovanni alla Madre Berne, le 28 Février 1836. Chère Amie ! J ai resu liier ta chérie du 22, à laquelle je réponds. Je crois t’avoir donné per summa capita le détail de ma petite excursion, ainsi que ceux ooncernant nos amis. Paulin, sans ètre gras, beaucoup s’en faut, est bien en chair, comme l’on dit chez vous. feon teint est bronzé, mais d’une couleur qui annonce la force, et la santé, pàle si tu veux, mais nullement de cette pàleur mate qui annonce la faiblesse. Il m’est apparu comme un véritable sauvage avec sa longue barbe, qu’il laisse croìtre toute indins-tinctement — sa moustaclie est neuve encore — ce n’est pas par envie que je parie, car... mais ce n’est pas à moi de faire l’éloge de la mienne. Il est toujours vif, passionile dans ses gestes et paroles, irascible mème ; il dit volontiers le mot pour rire quand il se présente l’occasion. — Emilie n’est pas aussi bien CCLVII. — Pubblicata, tradotta in parte e inesattamente, dal Cagnacci, op. cft. pag. 78. 83 que lui, sans pour cela ètre mal; je diraìs qu’elle a tant soit peu maigri depuis ma dernière visite; chose qui s’explique par le manque absolu de mouvement, dont la conséquence est très peu d’appétit. Tout cela s’évanouira, j’en suis sur, avec le premier beau tems. Elle a le stratum indispensables de tristesse que nous avons tous, mais c’est une tristesse douce, meditative, mysti-que presque. Ce stratum normal n’empéche pas que l’on ne soit très gai parfoi, et presque toujours de passable humeur. Elle a été de très bonne humeur tout le tems de ma courte visite — nous avons jasé, discutè, disputò, chanté, formé mille projets des travaux littéraires pour l’avenir. Elle et Paulin m’on trouvé talis et qualis ils m’avaient laissé, pas trop maigre, pale comme à l’ordinaire, mais teint de cette pàleur maladive, que tu sais, mangeant avec appétit, buvant sec, vif et passionné dans mes gestes, et dires, enfin, jeune encore. Es-tu contente à présent? Mais, est-ce bien vrai, mais vrai, que l’eau minérale te fait du bien? est-ce bien vrai que tu es un peu mieux? Je veux te croire, et en remercie Dieu de toutes mes forces. A peine regue je fis communication à Paulin de ta lettre qui contenait l’éloge de Mr —• nous en avions parlé en faisant des jugements téméraires, aus-sitòt je me suis empressé de détruire les mauvaises impressions, car je suis en vérité, très consciencieux. Remercie bien pour moi le brave Nicolas de son souvenir, et rends-lui à usure de ma part les choses aimables, qu’il luì plait de penser de moi. Salue aussi bien la famille, et tous les aruies, qui se souviennent de moi. Nous somme tous, tous très bien en santé. Ange te remercie de tòn souvenir, et se recorn-ìnande à ton amitié. Il a neigé tonte la journée d’hier. Aujord’hui, à midi, le ciel s’est un peu découvert, et il y a eu une vélléité de soleil. Au moment que je t’écris, '5 heures après midi, il commence encore à neiger. Vive l’abondance ! mais il ne fait pas froid. Il s’exliale de tes lettres un parfum de virginité, d’amour si saint, si pur, si divinement senti, que c’est un avant goùt du Paradis. Sois-tu bénie entre toutes les femmes ! tu es la plus riche fille d’Eve, car ton arne est un trésor. Bénédiction, mille fois bénédiction sur l’Ange, qui nous console, et renforce, qui seul nous fait la vie douce ! ! Voilà quelque tems que je ne te parie de Louise. C’est que je n’ai l’espace, ni le tems de te dire tout d’elle — aussi, je n’ai pas le talent pour te la rendre entière, et j’aime mieux me taire, 34 que de la rendre à demi, incomplète. C’est une femme qu’il faut pouvoir suivre pas à pas comme moi je le fais, pour l’apprécier a son just e prix. Pas une journée, qui ne soit marquée par un nouveau dévouement, une preuve d’attachement, mème une im-piudence de sa part. ,Te la résumé dans deux mots. Toujours plu*> bonne, plus aimante, et plus malheureuse. Si elle pouvait me ^oir plus souvent, elle ne le serait pas tant, car je lui tiens ìeu de tout mais elle ne le peut pas. Pauvre enfant ! Adieu, adieu, mille fois adieu... Zane CCLVIII. Giovanni alla Madre Berne, le 2 Mans 1836. Clière Amie ! t -^U. me paidonneras> ma chérie, si n’ayant que très peu de rns, car un import un m’a empèché de t’écrire cette après dìner, J ' e oine au stiict nécessaire. Aussi je suis sans nouvelles de oi, consequemment sans matière — j’aurai une lettre de toi emaiii in a liblement, mais tout de mème ce sera trop tard. Ce qui impoite c e.st de savoir si je suis bien — quant à ga je puis P eiI1.ement te satisfaire ; je me porte supérieurement, ainsi que au m, et Emilie dont j’ai des nouvelles pas plus anciennes que ce in pour l’étrangeté du cas, qu’il neige à euie qu il est, et qu’il a neigé aussi dans la journée. Ma foi! nous auions cette année de quoi faire des sorbets et à bon mar-ie encore. C est qu’on ne les aime pas dans ce pays 011 ne con-nait que la chopine, vin et toujours vin. C’est dommage, car autrement l’on pourrait faire une spéculation sur la giace. Et toi comment vas-tu? Je le saura! demain, si tu es bonne, e eie a me donner ton bulletin, comme moi à te donner le 110 re. Eh attendant, salue la famille, et tout le monde pour CCLVIII. Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Génes - Italie. — Bollo postale : Berne, 2 Mars 1836. 35 moi, et sois sure que je te dédommagerai une autre fois du vide, et de la brièveté de cette inconcluante lettre. Aime-moi, cornine tu m’aimes, et regois de ma part trois baisers, les plus chauds que l’on puisse donner, et recevoir deux sur le deux joues, le troisième sur la bouche. Adieu, adieu. Ton Zane OCLIX. Giovanni alla Madre Berne, le 4 Mafls 1836. Ma bonne Amie ! Hier in’est arrivé ta cliarmante missive du 25 pour Paulin, auquel je laisse le soin de te répondre. Il parait que l’biver est extraordinairement rigoureux partout, et vous aussi vous en avez votre part. Cela devrait apprendre un peu aux Italiens à prendre leurs mesures contre le froid, puisqu’ils toucbent avec leur inaili que leur pays n’est pas inviolable. Quant à moi, si janiais j’avais à remettre le pied dans ce pays, vous verriez quelle terrible revolution je ferais relativement au chauft'age. La grande cheminée de notre salle à manger serait toujours flamboyante, après j’organiserais des cheminées partout. Heu-reusement à ce qui parait, j’aurai tout le tems de rnùrir mon pian. Chez nous il n’a fait que neiger, et pleuvoir toute la journée d’hier, et apparemment la journée d’aujourd’hui ne s’écoulera pas toute sans quelque chose de semblable. Mais l’at-mospbère continue d’ètre douce; à quelque chose malheur est bon. Tout cela n’empèche nullement, que ma santé ne soit excel-lente, ainsi que d’Ange, et des autres amis. La neige abondante, qui gène les Communications, et retarde les courriers me laisse peu d’espoir de voir arriver assez à tems pour ètre réunie à la mienne la lettre de Paulin. Dans le cas que je sois devili, tu as ma parole qu’il est 011 ne peut mieux, et ma parole est sacrée. Je crois bien (pie Paulin a deviné le motif véritable du rappro-chement [essayé] par ce Monsieur — c’est qu’il a à faire un voyage à Paris, et il craint que nous [nous] fassions près de nos CCLIX. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gènes - Italie, — Bollo postale : Berne, 4 Mars 1836. 86 amis que que lettre de recommandation peu engageante. Il exa-0(i< sa propie importanee s'il croit que nous nous occupons oms < u monde de lui. Non vale il fango che mi lorda i piedi. p aile?u ce matin mème une lettre du Parent qui se trouve à ìnm Zf ' peut <‘tre Papt pour Londres. Il ne viendra pas abso- rhnnte V* " ,n'S'se’ ^ ne Peilt pas. Dieu soit loué! As-tu lu les T • - * lt‘P'1''('|iIe de Hugo? n’ayant pas de matière, je ne tomhéT * envie de t en copier un passage sur la femme Pai h- es< de l’amour, et de la réhabilitation. J ai ble11 ^ fois songé a elle (1) en lisant ces vers. Oli., n insultez jainais une femme qui tombe! Qui sait sous quel fardeau la pauvre àme succombe! Qui sait combien de jours sa faim a combattu ! Quand le vent du malheur ebranlait leur vertu ìui de nous n’a pas vu de ces femmes brisées ! y cramPonner longtems de leurs mains épuisées! Gomme au bout d’une branche on voit étinceler ne goutte de pluie où le ciel vient briller Q on secoue avec Parbre, et qui tremble, et qui lutte erle avant de toni ber, et fange après sa chute! a fante en est à nous, à toi, riche, à ton or! Cette fange d’ailleurs contient Peau pure encor. om (lue la goutte d’eau sorte de la poussière t iedevienne perle en sa splendeur première 1 suffit, c’est ainsi que tout remonte au jour, un ìayon de soleil, ou d’un rayon d’amour! Coiuois tu une image plus vraie, jilus evidente, plus attra-yante? Le derider vers est sublime. . ,TU Pa» de saluer toute la famille pour moi, si que ous < eux, amis ou arnies, qui se souviennent encore do moi. Demani j’aurai une lettre de toi, je le sens, et toute poni moi. On vient nous demander de l’argent pour un pauvre ia ble de passage. Nous t’associons en idée a cet acte de bien-sance. Je t’aime comme on aime... je ne trouve pas de point de comparaison. Je t’aime comme je t’aime. Adieu. Zane (1) All’amica Luisa. 37 CCLX. Agostino alla Madre [Grenchen], 6 Mars 1836. Chère Ame! Je suis possesseur de ta jolie lettre du 25 Février. Le froid qui vous a surpris si soudainement m’étonne un peu. Nous avons ici un soleil magnifique, un del pur et resplendissant, comme les yeux d’une belle anglaise, la temperature est plus haute de manière que nos poéles n’ont plus besoin d’ètre ré-ohauffés aussi souvent. Les oiseaux commencent à garouiller le matin devant nos fenètres. Il serait encore ridicule que nous eussions le printeins avant vous autres, salamandres du midi. Seulement les chemins sont encore iuipraticables. Le neige se ì'ond, et il en résulte un tei amalgame de quintessence de boue, qu’il est impossible de se promener. Je ne crois pas pourtant, que nous n’ayons pas encore quelque écartade du tems : ce serait trop prétendre. En attendant nous jouissons le présent. J’espère que chez vous ce seront définitivement les dernières boutades de l’hiver, et que vous entrerez dans le printems le jour de St. Benoìt. En attendant garde-toi. Peut-ètre as-tu suspendu tes bains attendu le froid. Tu as bien fait, mais il n’en est pas moins fàcheux que cela soit arrivé, puisque les bains parals-saient te convenir. Tu ne me dis pas un mot sur ta santé, ou à mieux dire sur ta maladie. Je t’en veux. Francois m’en parie un peu : il me dit que tu parais aller mieux, mais il me le dit d’un ton, qui n’est pas trop rassurant, quoique ta lettre à lui soit postérieure à la mieme. Je voudrais savoir au juste ce qu’il en est. Si tu nous trompais, si tu nous cachais quelque chose, ce serait indigne de toi, et de nous. Benjamins du malheur, nous épargne donc pas, dis-nous la vérité, toute la vérité, si le ciel voulait écouter mes vceux, tu serais bientòt quitte de ce nouveau tourment. Mais je ne mérite pas que le del prète l’oreille à mes prières. Il est bien douloureux pour nous de nous trouver dans rimpossibilité de soulager un peu tes maux, de t’assister, de te dire, au lieti de t’écrire notre amour. Cette impossibilité de te soulager, dans laquelle nous nous trouvons, devrait ètre, ce CCLX. — Pubblicata tradotta in parte dal Cagnacci in op. oit. pag. 78. » 88 me semble, un aiguillon de plus pour toi. Tu dois faire le doublé. Te soigner une moitié pour toi-méme, pour remplir ton devoir envers Dieu, qui nous donne l’existence en dépót, que nous devons garder, et soigner avec jalousie, et ton devoir envers nous, envers tous ceux qui t’aiment, parce que quand nous sommes aimés notre existence ne nous appartient plus en entier, car elle est liée à l’éxistence d’autrui. Te soigner une autre moitié pour nous, accomplissant ainsi toi-méme ce que nous devrions taire, et ne pouvons. La Nina aussi, puisqu’à présent elle d'oit ètre une donnetta bien sage, et bien gentil le, devrait se piquer d ambition, et nous faire voir qu’à elle seule elle est capable de travailler pour trois. L’intérét de ta sauté, cornine tu le sens bien, est le plus fort de tous nos intérèts. Partant soyons endettés, ou non, croule le ciel ou non, aillent au diable les oliviers, ou non, il ne faut rien, rien épagner de ce qui est nécessaire à ta santé. Ceci ce n’est pas une prière dietée par l’amour, ce n’est pas 1 ami qui te parie en ce moment : c’est le prétre, c’est le juge qui t admonète sévèrement, qui vient te dire : sachez que dre ne&li gence sur cet article est un crime contre vos amis, est un pèché envers Dieu. Je suis donc en expectation de nouvelles précises. Il y a deux lignes au fond de ta lettre, dont je ne comprends pas l’allusion. Et comme je veux tout comprendre dans tes chères lettres, je t’en demande l’explication. Après m’avoir parlé de la ebaufferette, que la bonne Nina pose tous les matins à ton cóté, tu ajoutes <( je suis impatiente de mon inaction. J’ainie qu’on finisse cette visite minutieuse pour avoir une cause chérie de mouvement. Je me compare à la petite monche posée sur le taii-reau. Que fais tu là? Je laboure la terre ». Je ne sais pas si tu veux faire allusion à quelque visite réelle ou des Opensi, ou d autres, ou bien si c’est une visite allégorique ou bien si tu parles de l’inaction à laquelle t.’oblige les froids survenus tout à coup etc. Veuille donc m’éxpliquer cela, ma bonne. Ahi! ahi! Si ce que tu me dis à propos des exemplaires envoyés à la cité sainte est vrai, je doute que votre entreprise littéraire puisse avoir lieu. Convenez — en il faut ètre bien méticuleux pour trouver à redire à un drame très-moral et trés-chrétien. Cela me fait inalidire l’insouciance d’Accursi, quoique je fusse disposé à lui pardonner, attendu ses revers financiers, dans lesquels il se trouve depuis quelque tems, attendu son bon coeur, et sa bonne foi : la bonne foi dans ce siècle est la plus 89 sotte des sottises(l). Eh bien! apprètez-vous à soutenir en héros le choc du veto de la révision. Vous ne me paraissez pas trop for-tunés dans vos projets littéraires. Cette colleetion aurait peut-ètre fait honneur au Piemont, mais il parait que le gouverne-inent n’est pas trop tendre de la gioire de ses sujets. Peut-ètre n’est-ce pas le gouvernement qui s’occupe de cela, et 011 ne doit s’en prendre, qu’au système de révision aveugle, dont vous jouissez dans votre midi. Tout vice vient d’ànerie, disait Montaigne. L’amputation de la main droite de Laurent m’a causé un bien vif chagrin. Inutilement vous garder le silence là-dessus. Je ne m’en appergois que trop. Pauvre Laurent ! jeune et man-chot ! avocat, et manchot ! infatigable correspondant, et manchot ! C’est embètant. Dorénavant je ne me plaindrai plus de son silence. J’en ai trouvé la cause. Il est manchot. Je me résigne à ne plus recevoir une ligne de lui, car il est manchot. Oh le pauvre manchot ! Il y a encore un moyen. On peut apprendre à ecrire de la main gauche. Lorsqu’il sera en état de le faire, j’exigerai peut-ètre de lui quelques lignes, mais à présent... il est manchot. J’entends un écho lugubre qui répète manchot, manchot. Dis-lui que je m’intéresse bien vivement à sa situation. Adieu, on vient m’appeler à diner. On a cassé la corde de la sonnette, ainsi on me prend à l’impourvu, et il faut que je fasse encore plichi, e pacchi. Je t’embrasse donc, adoratimi de mon àme. Ton Auguste CCLXI. Giovanni alla Madre Berme, le 7 Mars 1836. Ma chère Amie ! Je suis en possesion de deux de tes chéries, du 27 et 29 passé. En laissant le soin à Paulin de répondre à la dernière, qui est CCLXI. _Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno ■ Génes - Italie. — Bollo postale : Berne, 7 Mars 1836. (1) L’Accursi era della stessa opinione. Pochi giorni prima infatti aveva scritto al Governo Pontificio : « Si stabilisce una congrega a Parigi di pochissimi, che riunirà Carboneria e G. J-, ohe si porrà in relazione con altri paesi : questa fusione avrà l’approvazione di Mazzini a cui si è scritto; il carbonarismo còrso accederà alle 40 à lui, je réponds à la première qui est bien et dument à moi. Mon Dieu ! on dirait qu’il s’agit d’un voyage au Póle, du moment que tu trouves que quatre jours de repos ne sont pas suffi-sants pour se restaurer et pourtant il ne s’agit (pie de buit lieues à faire et que l’on fait, par ces routes toutes encombrées de neige, en 7 heures ! Ainsi, tu vois que le repos que je me suis donne, doit avoir pleinement suffi à me remettre dans mon as-siette, dérangée par la fatigue, et les immenses périls et priva-tions d’une traversée de 7 heures. Dieu sait quelle mouche a piqué le Parent pour le décider à rebrousser chemin si brusque-ment — peut-ètre aussi (pie tu es dans le vrai, en supposant qu’il veut profiter de l’adresse qu’il a, pour en conter a Borace. Ma foi, je ne sais vraiment plus (pie penser de ce Protliée, d au-tant plus après les jolies choses, qu’on t’en a conte, et, que tu marques dans ta lettre à Paulin. -Te me dis comme Bantes. Je ne crois rien, et je crois tout. Au reste, peu importe l’unique pensée qui me peine dans tous cela c’est que le diable te met toujours des intrigants par les pieds. N’en parlons plus. Je congois très bien que l’affaire de la Pucciarrina trainerà en lon-gueur. Dieu veuille du moins qu’elle ait un plein succès, de manière que tu puisses rétablir tes fmances délabrées car je te le dis dès à present, et il n’y a ni si, ni mais qui tienile, le pie mier et exclusif usage que tu auras à faire des fonds touch s sera de cicatriser tes plaies, et de t’òter de l’estomac ce lour cauchemar, qui s’appelle Dettes. Telle est ma volonté h i évo cable. En en disposant autrement, tu t’exposerais au chagrm de voir tes fonds renvoyés. Voilà. Je veux bien croire, pour ne pas ètre trop malheureux, les assurances consolantes d’un mieux sensible dans ta santé. Con tinue ta cure, et tous les soins imaginables. Malheur à toi si, par une sollicitude malentendue, tu me trompais sur une chose si capitale, comme ta santé ! Je veux croire à tout ce (pie tu me dis. Les amis, Ange, et moi sommes très bien, et dans la ferme m-tention de continuer à l’ètre. L’air est très doux depuis quelques jours. L’on est très bien sans manteau. Le soleil a fait hier proposte. Questa è la prima operazione, la seconda è un censo approssimativo degli elementi liberali; la terza sarà un progetto di movimento aiutato da una spedizione all’estero, quindi la cooperazione del governo spagnuolo, se non saran cangiate le intenzioni. Vedete dunque che non e’è stato tempo, in cui la nostra opera possa riuscire di maggiore giovamento ». (Ved. I. Kinieri, Le cospirazioni mazziniane nel carteooio di un transfuga, in II Risorgimento Italiano, Rivista Storica, Torino 1927, lettera del 24 febbraio 1836). 41 une tentative d’apparition. Le soir il a più légèrement. Aujourd’hui, il fait sombre, humide et terne, comme dans un cachot. Mr Canali s’est donc lancé dans les liautes régions ! Bravo lu! on effet, c’est qu’à force de courbettes qu’on peut parvenir à quelque chose et gagner quelques écus. Il a pris la bonne voie, et je l’en félicité. Voilà un furieux contretems ! VAngelo traduit à Milan ! (1). Tout de mème, je crois que nous ne pouvons pas reculer, car il ne s’agit pas d’un Drame pour nous, mais d’une sèrie, avec un pian etc. c’est tout de mème très fàcheux. J’envoie ta lettre à sa d'estination — au plutót eux vous donneront une réponse dé-finitive. Fapier, encre, et piume conspirent contre moi. Salue tendrement la famille, et échange les salutations à tous ceux, hommes, et femmes qui n’ont pas oublié l’ami lointain. Je t’aime à la folie, et je renonce à te le dire, car il n’y a pas de mots dans la langue infirme des hommes. Un jour, nous nous le dirons au Ciel, comment nous nous sommes aimés. I’our le moment, je t’embrasse à t’étouffer. Adieu. Zane CCLXII. Agostino alla Madre [Grenchen], 8 Mars 1836. Chère Ame, Je vois bien qu’il y a une conspiration contre vous. L’appa-rition de VAngelo Milanais est sans faille un contretems san-grenu. Mais qui est-ce qui vous a fait accroire que le traducteur soit le Barbieri des Saisons? Ilya tant de Barbieri, et mème des Barbieri espions. Celui-ci doit ètre ce Barbieri, qui a traduit l’Histoire de Robertson, de Jean Muller, le Romeo et Juliette de Shakespeare, en un mot un enragé traducteur, mais bien diffé- (1) Era uscita a Milano in quei giorni pe’ tipi del Bonfanti la traduzione dell’opera da parte di Gaetano Barbieri col titolo: Angelo, tiranno di Padova, prima versione italiana. C. Cantù scrisse intorno a questa traduz. nel Ricoglitore Straniero, anno III (1836), parte I, p. 158. Anche il Mazzini si lamentava con la madre per questa traduzione che veniva a danneggiare l’edizione curata da lui e dai Ruffini (Ep., E. N., IV, 377 e passim). CCLXII. _ Pubblio., tradotta in parte e non fedelmente, dal Cagnacci in op. cit., 42 rent de l'auteur des Saisons, qui, je crois, est mort. \ous me demandez mon conseil. En vérité je pense qu'au point, ou en sont les choses, il ne nous est plus permis de délibérer. Il faut marcher en avant. Il y a une autre considération à faire. Chez vous il s’agit, pas d’un drame, mais d’un cours de dramatique pratique, et théorique. Or parce que le hasard porte que le.premier drame de cette bibliothèque est traduit à Milan, doit-on renoncer à ses plans, perdre encore du tems, ajourner indé'fini-ment l’apparition du Manifeste? Je conviens que Barbieri vous fera du tort puisqu’il vous à prévenu. Mais j’espère bien que vous n’avez jamais trop compté sur le premier, ou second volume de la Bibliothèque. Non, les premiers volumes ne serviront qu’à vous faire connaìtre, et sous ce rapport là qui sait, que Barbieri ne vous soit plutòt utile, que nuisible? Mais l’on ne peut espérer quelque chose de la bibliothèque qu’au troisième ou qua-trième volume. Jusque là il faut se borner seulement à l’ambi-tion de retirer ses frais. Oe qui ne sera pas impossible, malgre Barbieri, si l’edition d’Angelo sera jolie, si le prospectus sera un peu machiavéliquement tourné, par exemple, s’il y aara (lue ques plirases à peu près comme celles-ci (( notre bibliothèque esordirà par VAngelo de Victor Hugo. Au moment où nous mettions sous presse notre traduction, nous vìmes annoncee ce e de Barbieri. Malgré le défaveur, que cela jetait sur la nótre, malgré la crainte que nous inspirait le nom d’un traducteur d un talent remarquable (cette politesse inconnue aux mceurs italien nes sera utile sous le doublé rapport de la nouveauté, et de a modestie conciliatrice de la sympathie), nous n’avons pas re 1 notre traduction d’ Angelo, quoique nous eussions in promptu maintes autres traductions de Drames tout à fait nouveaux pour l’Italie (cette boutade — ci ne manquera pas son effet). Con ciossiacosachè nous ne nous laissons pas aller au hasard dans la pubblication des pièces. Nous avons un pian, non, nous avons un système muri dans notre tète, chaque drame qui parait a sa raison suffisante de paraitre plutòt lui qu’un autre, lui ava^ d’un autre, comme cela résultera du discours preliminare c VAngelo, et de l’ensemble de tous les Discours, qui s’engrène ront l'un dans l’autre, et (pie le public jugera. Notre pian aurai été gàté si nous eussions dù changer le premier Drame. Pour asseoir nos idées d’esthétique, de synthèse dramatique il fallait auparavant un travai] d’analyse, d’anatomie critique; montrer auparavant où est la gangrène pour remonter après au remède, $ 43 détruire enfili pour réédifier. Angelo a été élu passez moi l’expres-sion, comme le bone expiatoire des pèchés du matérialisme dramatique moderne déguisé. Nous avons prétention de faire oeuvre de pliilosopbie ; nous nous flattons que notre bibliothèque soit conine d’après une idée neuve, et profonde, où les conceptions dramatiques ont toujours été des speculations, jamais un ensemble de dòctrines coordonnées. Au reste notre bibliothèque ne pourra ètre bien jugée qu’au quatrième au cinquième volume, car alors on commencera à saisir le fil d’enseignement pliiloso-phique, et de réforme dramatique qui enchaìnera entre elles, toutes nos successives publications ». Ces choses-ci je crois qu’il faut les tourner élégamment dans le Prospectus après avoir touché tous les points capitaux, qu’Emilie vous a fournis. Voilà donc Messieurs de la Révision. Il ne le doutent pas qu’ils peu-vent ruiner une entreprise par leur lenteur. Il faudrait leur faire sentir tout doucement cela. Qu’y a-t-il donc dans VAngelo, qui puisse mériter une méditation aussi profonde? ich verstehe nicht (1). Si ce pauvre Laurent n’était pas manchot, je le prie-rais peut-ètre de m’écrire un mot, mais je n’ai pas le courage de venir l’assaillir au milieu de son malheur par mes exigences. E11 attendant fais-lui mes condoléances bien sincères. Vois donc s’il y a une véritable malédiction sur tout ce qui est Angelo. La pauvre Eglise a été touchée de la foudre parce qu’elle se nomine di’Angelo. Je suis persuadé que tu apprendras de grands mal-heurs arrivés à tous ceux qui s’appelent Angelo. Qu’il y ait de nouveau quelque chose au paradis entre les Anges, et le bon Dieu? J’ai 45 remarques critiques à faire sur les dernières lignes de ta lettre du 29 février où tu me parles un peu de ta santé. D’abord tu nommes du noni du malaise ce qui est quelque chose de plus sérieux malheureusement. Ayez des palpitations, qui vous ótent le sommeil, qui demandènt des bains presqu’au milieu de l’hiver; ayez le foie terriblement tourmenté; que votre corps se refuse aux opérations plus nécessaires, et communes, et après cela venez me dire : eh ! ce malaise est passé, comme on dirait d’une petite nausée, d’un rimine de deux jours, d’une indisposi-tion causée par un cigare. Ce n’est pas tout. Tarce que vous avez dit la vérité, parce que vous vous ètés plalnt de ce dont vous aviez bien droit de vous plaindre, après faites-vous-en un re- fi) « Io non oapisoo ». 44 proche : cherchez à attenuer ce que vous avez dit, rejétez-le sur le compte d’un spleen accidentel etc. Comme si nous ne connais-sions pas ton caractère, comme si nous ne savions pas ab antiquo que si tu as du mal pour dix, tu annonces du mal pour trois seulement, à la différence de tout ton sexe. Quel est le résultat de tout ceci? Voilà, ma chère. Je veux bien croire, que tu es effectivement un peu mieux, car il me répugne trop de croire que tu nous abuses. Mais je ne croirai jamais que tout soit passé apoplectiquement, parce (pie qui nimis probat nihil probat. Je pense qu’ayant vu que ta maladie nous causait du déplaisir (comment pourrait-il en ètre autrement?) je pense, que tu as voulu nous rassurez tout à fait en exagérant la vérité, en faisant un petit mensonge, dont j’espère que il Reverendo Gandolflm te reprimandera vertement, car si mentir est toujours mal, mentir à ses amis est une chose horrible. Dis-nous que tu vas mieux, dis-nous la vérité, mais ne l’éxagères pas. Comment veux-tu que nous * puissions avoir pieine foi en tes assurances, lorsque tu traites de malaise tes maux. Cela me rappelle ce sergent, qui menaient ses soldats à la charge contre 1111 canon chargé a mi-traille. Les pauvres hères tombaient comme des mouches, et la compagnie pensait qu’il était bon de rebrousser chemin et le sergent de s’étonner de cela, et le leur dire qu’est ce qu’il j a donc ! vous marcher en arrière ! la mitratile? eli sacré noni ga tue, voilà tout. A tout prendre je suis bien content de penser que tu es 1111 peu mieux. Ton zèle pour ta santé, qui est aussi la nòtre, ne doit pourtant pas se ralentir, au contraire, il doit encore s'augmenter pour éviter des rechutes. Ne manque pas de nous envoyer des bulletins qui ne contiennent que la simple vérité. Il est inutile de te répéter que le parent ne viendra plus nous ennuyer. Mais fut-il venu, comment peux-tu croire, que nous n’aurions été sur nos gardes contre lui, quand c’est nous qui avons commencé à te donner l’alarme sur sa mauvaise con duite, et sur son caractère? Quant à moi, crois bien que si je péche en quelque chose, c’est plutòt de défiance que de con fiance. Mais nous en sommes délivrés, ce qui est une véritab e fortune. Je ne sais pas où il est à présent : probablement à Paris. Tant mieux si César se trouve en dehors de toute persécu-tion. Tant mieux si tu n’as rien donné. Comment? il a un onde conseiller, et nous devons venir à son secours, nous, pauvres autant que lui? Je ne parlais de donner que dans l’hypothèse 45 que Mme Catherine se fùt adressée directement à toi. Alors il était de ta dignité de lui faire l’aumóne. Tu comprenda sans doute que c’était nous venger dignement. Mais puisqu’elle ne s’est pas adressée directement à toi, nada. Et VAffaretto? Le vois-tu souvent, cet àne? Que dit-il? que fait-il? Ne le salue pas de ma part. Le Cecco (1) est donc tout à fait rétabli? J’en suis bien aise. Je le salue avec affection, et charge-le de me saluer la Malvina. Que fait-elle? Se marie-t-elle au frère de Pierre? Bah ! si son amant ressemble à son frère, ce n’est pas une pre-somption en sa faveur. Adieu, ma vie. Notre santé à tous est parfaite. I’uisse-t-il-en ètre bientót autant de la tienne. Adieu, mon àme, je t’aime comme les Anges, ou les malheureux seul savent aimer. Je salue tout le monde. Laurent devrait faire usage d’emplatres pour son poignet. Ton Auguste CCLXIII. Berne, le 9 Mars 1836. Giovanni alla Madre Ma seule Amie! Tu me pardonneras, si je suis court comme l’éclair, mais j’ai eu tant de sottes lettres à écrire, aujourd’hui, que me voilà réduit au dernier instant pour t’écrire deux mots à toi. Aussi, je n’ai point de lettres de ta part, chose qui me peine, sans pourtant m’inquiéter —i partant aucune matière. Entre les lettres, auxquelles j’ai dù répondre au toute hàte, il y en a une de notre ami Frédéric, qui me dit se trouver dans un terrible embarras, et avoir absolu besoin entre tout le mois de 1000 fr. Imagine ! c’est une bagatelle que 1000 fr. Il prétend qui entra moi, et Emilie nous devons les lui trouver, et que si nous ne pouvons pas pour le moment, force est à nous du moins de lui en envoyer sans delai 500. Je crois qu’il plaisante! Si j’avais (1) Probabilmente Francesco Polleri, amico anche di casa Mazzini, spesso ricordato nelle lettere della madre dell'Apostolo. (Ved. A. Luzio, La madre di G. Mazzini, cit., passim). CCLXIII. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno ■ Génes - Italie. — Bollo postale : Berne, 8 Mars 1836. 46 500 fr., je ferais un saut kaut comme la Lune, et je commence vais par donner un à compte à mon pauvre Ange. Il se fait fort de faire payer cet- argent à sa mère en six mois. Je vois qu’il prépare de nouveaux chagrins à cette pauvre femme. J’ai ré-pondu, comme tu penses, que je n’avais pas le sou, et que je n’avais aucun moyen pour trouver de l’argent — que si je savais de qui emprunter, je l’aurais déjà fait dès longtems pour mon propre compte, pour ma bien — aimée Marnali, qui est dans de terribles embarras pécuniaires occasionnés par la bonté d’un coeur, qui n’a pas son pareil ni en terre, ni au Ciel. Ange te salue cordialement. Il est très bien aussi que moi, et les amis, tous tous. Salue bien la famille, et tout le monde. Ob ! l’ennuyeux tems. 11 neige, et il pleut par intervalle mais aucun froid. Demain le plus beau soleil va luire car demain doit, infailliblement m’apporter une toute belle lettre de mon amie. Je le sens. Adieu adieu. J’ai le tems à peine de t’embras-ser. Pas un mot de cela à personne, s’entend. Ton Zane CCLXIV. Berne, 1© 111 Mars 1836. Giovanni alla Madre Ma tendre Amie ! Je réponds à ta chérie du 3 courant, que j’ai regue hier avec le billet inclus pour Frédéric. J’attends l’argent pour lui que tu m’annonces pour faire du tout un seul envoi, afln de ne pas lui doubler la dépense, car je pense que dans la crise où il se trouve, il doit regarder jusqu’au frane; et moi, je ne peux, si cela devait contili uer, ni je n’ose pour une seule fois lui affranchir la lettre. La bague qui est maintenant, je suppose, à sa destination, ne laisse rien à désirer quant à la solidité ; il n’y a non plus d’émail ; peut-ètre, elle est trop peu riche, mais comment en trouver de riches et simples avec une si petite mesure? Au reste, elle regar-dera au souvenir qu’elle représente, et pas du tout à la bague (1). CCLXIV. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Génes ■ Italie. — Bollo postale : Berne, 10 Mars 1836. (1) Come s’è veduto nelle lettere precedenti l’anello era stato comprato da Giovanni per incarico di Agostino e inviato a Laura Spinola Di Negro. 47 Ne t’inquiéte nullement à propos des petits fonds, qui sont encore en inaili du Parent ; il ne faudra pas beaucoup d’adresse pour les lui soutirer, car il parait mème que cette obligation lui pése, du moment qu’il m’a écrit avec instance de lui suggérer les moyens pour me les remettre, désir auquél j’ai aussitót satisfai. Le tout d'épend de ce que ma lettre le trouve encore à Paris. Tu n’a pas certainement besoin de me précher par rapport à la méfiance, qu’on doit avoir des hommes, toujours en la rai-sonnant ; je serais mème tenté de te faire une petit préche à ce sujet ; mais non, tes défauts, si tu en as, sont les défauts des anges. Quant à moi, né naturellement déflant, les événements, (pii m’ont emporté dans leur tourbillon, et tout ce que j’ai vu des hommes depuis trois ans, n’ont fait que fortifier, peut-ètre mème exagérer cette tendance. Non pas que je nie l’honnèteté, la probité, la vertu en un mot, non; mais, pour moi jusqu’à preuve contraire, il existe présomption legale que la personne que je rencontre n’est pas vertueuse. Avec cette méthode, l’on risque de se tromper, peut-ètre mème (lix fois sur cent — avec la méthode contraire, 90 sur 100. Le tems n’est plus glacial, comme je t’ai dit, le froid est tout à fait modéré — quand mème, qu’est-ce que ga nous ferait, à nous sous les triples remparts des habillements chauds, des doubles fenétres, du poéle et cheminée? Le froid serait-il à 80 degrés cliez nous, tu ne devrais jamais t’en inquiéter. Je crois tout ce que tu me dis par rapport à ta sauté, j’en suis tout plein de joie et de reconnaissance pour le bon Dieu. Pourvu qu’il te conserve à mon amour, que fait le reste? Ah ! la Nina veut m’intliger une lettre? eh bien, je la subirai sans murmures. Mieux vaut une lettre qu’une volée de coups de canne. Que Dieu bénise cet homme qui attente à la propriété, en gardant un mois un manuscrit que l’on peut scruter dans deux heures. Il y aurait matière à action en dorn-mages et intérèts. Oui, l’opinion des amis aussi, est d’aller en avant, et sans broucher, sì empèchement il n’y a (1). Eux sont très bien, j’en ai des nouvelles fralches d’hier d’un témoin de vìsu, et auditu. Quant à Ange, et moi, il n’y a pas à en parler. Nous sommes deux taureaux. Ange t’envoie dire mille choses. que je te laisse suppléer. Que la famille ait mes salutations (1) Allude alla revisione dell’4rigelo, per il cui ritardo anche Mazzini ha parole aspre. (Ved. Epi'st., cit., IV, pag. 277, 290). 48 sincères, ainsi que Marthe, Cicchina, Benoìte, Victoire, Catherine et le pauvre manchot. Et toi, aime-moi comme tu fais, et ce sera le meilleur moyen de t’assurer de ma santé, du cairn,? de mon ame, mème de ma bonne humeur. Adieu, adieu. Ton Zane Les beaux foulards que tu nous a dèrnièrement envoyés, combien coutent-ils par pièce? C’est uniquement pour voir s’il conviendrait de les acheter chez vous, ou ici. Adieu adieu. Encore une question. Te rappelles-tu cette belle eravate en soie, couleur de café, à carrés, que tu m’apportas ? Cela à 1’ oc-casion du premier trimestre, quand il va échoir, si tant est qu’il y en a. Mais j'en doute. Que je suis enfant, et coquet, n’est-ce pas? Adieu adieu. Pardonne moi... CCLXV. [Grenehen], 17 Mars 1836. Agostino alla Madre Chère Ame, C’etait la nuit. J’avais d’éjà passé une heure dèvant la porte de ta maison, essayant de ehanter, mais ne le pouvant guère. Emilie était a une fenètre de l’entresol (à vrai dire la maison n’a pas d’entresol), et s’efforgaìt de m’accompagner avec la guidare, mais elle aussi avait perdu son talent musical. L’arrivée de quelqu’un me décida enfln à monter chez-toi. La porte de la salle était ouverte. Au-dessus de la porte au beau milieu le mur etait entamé, et un million de crevasses partaient de ce centre commun. Cette apparence de décadence me fit mal. J’entre dans la salle. Personne. .Je criais à voix déployée un mot allemand1 : 11 ohi an' !, et pas de réponse. Je me tourne du cóté du salon à piano, j’y vois briller de la lumière, et entends quelques accords. Tout à coup je te vois sortir de ce salon, et entrer lentement dans la salle il manger. Je m’avance vers toi, et la première question que je t’adresse (bétement à vrai dire) est pour m’in-former de la cause du degàt, que j’avais observé dans le mur au-dessus de la porte. Comment? me réponds-tu, est-ce-que tu CCLXV. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 49 ignores cela? C’est un boulet qui a fait ce joli travail. J’aurais pù demander quelques explications, au lieu de cela je me mis à crier ! oli mon amie, mon amie, je sa vais cela, j’avais révé tout cela la nuit passé. En disant cela nous nous étions appro cliés d’un lit, qui était tout près de ce vieux meuble caché par un jaunàtre et misérable tapis dans la salle à manger. Arrivés là tu te laissas aller les bras ouverts sur le lit, et t’ écrias en pleurant : oui, tout prévu, tu as tout prévu, excepté 1’ horrible fin de Nicolas Fabriz. J’étais plein de terreur, envain j’essayais de parler ,je ne le pouvais, je tremblais, et sanglottais. Enfin à force de gestes je te fis comprendre, que je désirais savoir la cbose. Alors tu me donnas un papier, où il y avait une histoire, seulement il ne s’agissait plus de Nicolas, mais d'une autre personne. Or cette bistoire disait que le Pape Jean XIV avait fait emprisonner un pére, et un fils, qu’il avait proinis la vie du pére au fils, et celle du fils au pére, et qu’il trompait l'un et l’autre. Qu’un jour le pére avait découvert cette tromperie par un journal (le Bon Sens) qu’on avait oublié sur la table. Cette histoire finissait par ces mots : mallieur aux deux? Dans ce moment je me réveillai. L’impression que ce rève fit sur moi, me decida à t’en faire le pale récit, afin que d’accord avec Catherine tu en puisses tirer quelques milliers de francs. Le 14 et le 2 me paraissent trop évidents pour les négliger. Les autres vous les trouverez vous-mèmes. Seulement je vous préviens que si Cathérine ne réussit pas cette fois-ci, elle ne doit plus espérer de moi ni aucun rève ni aucun numero. Conviens donc que mes rèves sont un peu singuliers. Mettre en regard le Bon Sens, et Jean XIV est un anachronisme un peu fort. Puis je me suis ren-dormi, et j’ai encore rèvé mille autres balourdises. Entr’autres, qu’une Dame de Neuchàtel, qui est ici dans ce moment, Me Silcher, était la directrice des Treize; j’avais découvert cela, et par conséquent on cherchait à me tuer. On essaya de m’eni-poisonner au moyen d’une certaine farine mise dans mes bottes, que j’avais données à décrotter. Mais pour comprendre cela il faut avoir lu l'Histoire des Treize par Balzac. A propos de lire te fournit-on de livres ? Je compte pour cela sur le bon Laurent. On ne doit pas perdre les bonnes habitudes. Qu’est-ce que tu lis à présent? Mais ne lis pas trop le soir, je t’en prie. Ros[alesj vient de nous jouer un tour pendable. Nous croyons qu'il allait venir ici, et tout-à-coup nous recevons une lettre de lui datée da Strasbourg, dans laquelle il nous annonce deux choses : 50 1° qu’il va à Paris, et puis à Londres; 2° qu’il nous envoie un pà/té de Strasbourg ce qui nous réconcilie un peu avec lui. Tu sais que les pàtés de Strasbourg sont fort estiraés. Mallieureuse-ment il n’est pas encore arrivò. Ma lettre est bien vide ce matin. Mais d’abord je n’ai pas regu de nouvelles de toi, en second lieu je suis absorbé dans mes rèves. A dimanche donc. En attendant je t’embrasse avec pas sion, espérant que tu me feras avoir de bonnes nouvelles de ta santé. Adieu, mon ange, ma vie. Ton Auguste CCLXVI. [■Greruchen], 21 Mars 1836. Agostino alla Madre Chère Amie, Je voulais répondre hier à ta bonne lettre du 10, mais comme j’avais plusieurs choses à te dire, et que je m’étais laissé surprendre par l’heure, j’ai préféré remettre ma réponse à aujourd’ bui. D’abord remarquons bien que c’ est aujourd’ liui la Sainte Benoite, le premier jour de primtems. Nous 1’ avons commencé dignement. Depuis quelques jours nous avons un tems superbe : un soleil éblouissant, un ciel pur et clair, comme la nappe d’un lac, les Alpes blanches vis-àvis de nous, qui dépouil-lent leur bonnet de nuit, leur bonnet de brouillards, qu’elles ont por té trop longtems : le noir, et sourcilleux Jura lui-mème deride un peu son front. Les chemins sont bons. Les Demoiselles de la maison sont là travaillant au jardin, négligé forcément depuis tout l’hiver. Les oiseaux garouillent, comme une pension de jeunes tilles. Plus de bois dans nos poéles, excepté quelques petits morceaux le soir à dix heures, ce qui est presque une superfétation. Nos fenètres ouverte tout le long de l’après-dìner. Tu vois que ma lettre a l’air aujourd’hui d’une de ces ampM-cations, qui me font recider jusqu’aux tems de ma rhétorique. Nous avons commencé nos promenades nous trois, Emilie, moi, CCLXVI. — Inedita. Senza indicazioni d'indirizzo. Il secondo foglio della lettera fu tagliato per due terzi. 51 et Diamant, tu sais, le chien de Mr Courvoisier, que Rosales n’est pas encore venu prende, et qu’il prendra à son retour d’An-gleterre. Qu’il était gai le cliien ! Il courait, il sautait, il bon-dissait, comme un chevreuil. Ces promenades-là nous feront du bien, surtout à Emilie, qui s’i] est possible, fait une vie encore plus sédentaire que la mieime. Or, je voudrais savoir si le prin-tems s’annonce cliez-vous d’une manière aussi brillante. Je crois que tu devrais suivre mon exemple, c’est à dire, faire un tour de promenade tous les jours. Tu me feras bien d’objections, mais je te réponds d’avance, que l’intérèt de ta santé mérite bien quelque chose, et qu’il n’y a pas d’arguments qui tiennent contre cet argument. Un petit tour de promenade quotidien est bon contre les anormalités du cceur, et si tu ne mets pas à profit le printems, voudras-tu te rótir pendant l’été? Nous n’avons pas seulement célébré la Sainte jBenoìte, mais aussi la Sainte Josepha (avant-hier 1!J) : cela pour cause. Imagine-toi qu’il y a eu dans la salle à manger à peu près sept Joseph, puis une Josepha. Le maitre de la maison est Joseph, son ainé le Docteur est Joseph, un petit sommelier est Joseph, un domestique d’écu-rie est encore Joseph. Puis il nous était venu de Soleure deux autres Joseph, nous en avions encore un cliez nous. Jusq’au Docteur Vòchtli de Soleure, qui nous avait amené un petit Joseph de quatre ans, jusqu’au colonel. Voitel, qui nous avait amené une Josepha de 20 ans. Je me suis trompé : il y avait bien plus de 7 Joseph. La table était donc passablement noin-breuse, des bouquets de fleurs avec le noni de Joseph sur la table. Je vais te nomnier les personnes seulement qui nous inté-ressent, car les autres n’en valent pas la peine. J’avais cédé ma place, qui est au bout de la table, au colonel Voitel, homme de 02 années, Suisse, mais ayant vécu presque toujours en Espa-gne, et beaucoup souffert. Bon homme au fond, bon militaire, mais un causeur à faire donner Fame au diable. Aussi a-t-il G2 ans à narrer, mais passe pour cela, le mal est qu’il oublie d'une semaine à l'autre ce qu’il nous a conté, de manière que ce ne sont plus 02 ans, qu’il narre, mais G2 x X, x raprésentant le nornbre des fois qu'il nous a vus, et verrà. A droite de Voitel à l’angle de la table Mme Vòchtli avec ses deux enfants : grasse femme, figure rouge, figure piémontaise, habillée en vert, répon-dant en allemand aux questions frangaises, mais bonne, et sim-ple, comme en général les femmes suisses. A gauche de Voitel Emilie. A còte de Made Vòchtli Madlle Mariquita Josepha 52 Voitel : 20 ans, peu d’ésprit, figure pale, regrettant le midi (car elle est espagnole), maigre et partant dernière de Paris, pingant très-mal, mais gàtée par son pére qui la croit un prodige en tout genre, mème sur la guitare, du reste bien élevée, passablement sentimentale, une tàche noire sur le nez, ce qui n’est pas très-agréable à voir. A coté d’Emilie ton serviteur Augustus. Après Mlle Voitel une jeune Neuchateloise qui est ici depuis quelque tems à cause d’un oeil, qu’on lui a opéré : naive, enfant, laide, toucbant du piano, bonne, insignifiante, parlant poupées à 20 ans, fiLncée à demi. A còte d’A^gustus Seltuer autre colonel, mais beureusement à 40 ans ; ajant servi 15 années en Polo-logne, bomme très serviable, poli, trop poli, ne causant qu’à point, tendance à flatter, bon chasseur, aimant nos compatrio-tes, nous envoyant lunettes d’approche, méthodes de sor (sic) pour la quitare (avis à Ninette), touchant, pingant ; Wayant, un de ces hommes qui savent tout faire, des Barbieri de Seville dans les societés. A coté de Mlle Silcher un zèro femelle, qui s’appelle Scholl, nom qui ressemble à un mot gènois qui veut dire bete. A còté de Selteur le docteur Vòchtli, bon enfant, très-bon enfant, plein de prévenances pour nous; à còté de lui notre bon docteur Joseph. A còté de Mademoiselle Scholl, Madame Silcher la mère femme doucereusement ennuyante. Le reste peu importe. Au milieu de tout cela le pàté provenant de Strasbourg, que pour ma part j’ai trouvé fort bon, et dont nous avons envoyé les reliques à Frangois, mais liélas ! toutes les truffes avaient disparu. Un diner confortable, deux bouteilles de champagne, et trun tran trin trun. Ceci exprime les quatre accords, par lequels Seltuer a préludé aux galoppades, walser, etc. qu’ on a dansées. J’ai dansé aussi, c’est-à-dire j’ai roué de coups les pauvres dames, que j’ai eu l’impudence d’engager. Ces dames faisaient semblant de s’en prendre au piano. Mais en Suisse tout est permis, mème des coups de pied en walsant. Enfili la nuit survint, tout le monde s’en alla, et je me hàtai d’aspirer une longue, et bienheureuse pipe. Voilà l’histoire véridique de la Sainte Josepha, felle que nous l’avons fètoyée. A demain, ma chère. Puisse ton auge gardien te réunir dans de doux rèves au sein briìlant d’amour de tes amis. 22. Je veux absolument avoir pieine confiance en tes paroles. 55 Ta lettre du 14 qui vient si à point confiriner les bonnes nouvelles de ta santé contenues dans celle du 10, óte toute incerti-tilde de mon esprit. Je remercie Dieu d’avoir radouci tes maux, et je le prie de garder toujours sa main providentielle sur ta tète chérie. Ton amélioration actuelle ne te dispense nullement du devoir d’avoir beaucoup de soin de toi-méme. Pauvre marty-risée, je sais bien que les tourments ne te manquent jamais, et que pour toi la santé est ce que pour les autres on appelle mala-die. Je sais bien la vie que tu mènes. Si par la gràce du ciel nous sommes quittes pour le moment des pulsations de coeur je connais tes anciens, et desespéré maux d’estomac, de foie, de coeur mème, de tète, et de dents. Si tu as perdu tout espoir là-dessus, au moins il faut se tenir en équilibre, faire en sorte que si ces maux ne peuvent plus céder, n’augmentent pas du moins. C’est ce que je te recommande à genoux. Je sais que tu ne peux mettre en oeuvre les conseils de notre Docteur, moi-méme je ne le voudrais pas. Je t’en ai parlé plutòt pour te faire voir comme la méde-cine elle aussi varie suivant les lieux, les climats, et les systè-mes. Notre Docteur cure grand nombre de maladies par l’aco-puncture, les moxas, remèdes qui feraient jeter les hauts cris chez-vous, et pourtant il fait des cures merveilleuses. Par exem-ple je suis persuadé que notre Docteur soignerait bien Mme Lille. Les pillules, quelques gouttes de laudanuin ne sont pas les réactifs, qui puissent vaincre, ou combattre du moins un mal invétéré. En médecine comme en politique je crois qu’il faut frapper fort pour frapper juste. Ne cesse pas pourtant de nous donner de tes nouvelles toujours circonstanciées. Que veux-tu? je croyais que tu prenais des bains d’eau minérale. La saison à vrai dire ne me paraissait pas trop convenable, mais je pensais qu’on les avait jugé nécessaires. Ne crois-tu pas qu’il sera bon de faire une cure de bain, 1’ été venu, soit minéraux, soit d’eau salée? J’en ferai une moi aussi. Ne discontinues pas encore de boire ton eau matinale. Lorsque quelque chose nous a fait du bien, ne soyons pas ingrats, ne la quittons pas de si tòt', comme l’abeille qui quitte la fleur à peine elle en a sucé les principes sucrés. J’ai regu une lettre d’Eugénie Du-Commun. Elle me remercie tendrement de la lettre que je lui ai écrite. Elle m’assure que mes arguments lui ont fait beaucoup de bien, mais pourtant elle craint de retomber. Elle me prie de ne pas l’abandonner, elle me fait une foule de questions sur plusieurs versets de la Bible, sur des c.as théologiques etc. Me voilà donc 54 tout à fait lancé, il no me manque qu’un chapeau de Cardinal; sa grande peur est de manquer de foi, d’aimer trop les parente, de ne pas aiiner assez Dieu. Je lui ferai faire une distinction entre l’assez par rapport à Dieu, et l’assez par rapport à nous. Il est clair que ]>ar rapport à Dieu jamais nous ne pouvons l’aimer assez, supposé mème que notre amour pùt nous embra-ser, comme la foudre, ce ne serait pas encore assez aimer Dieu, parce que comment combler l’immense espace qui nous séparé de lui? entro un ètre fini, et Tètre infini il n’y a pas d’échelle proportionelle. Pour aimer assez Dieu, il faudrait ètre Dieu. Ce n’est donc pas cet amour impossible (pie la Religion oré-tienne nous demandè. Par rapport à nous, ou aime assez Dieu quand on l’aime au-dessus de toutes les choses, quand on aime ses créatures, comme contenant un rayon de lui, un reflet de lui, quand on est prèt à subir le martyre pour l’honorer. Vou-loir de plus c’est forcer la nature humaine. Une tète forte comme la sienne une fois engouffrée dans le mysticisme est plus difficile à calmer qu’une femme ignorante. Je ne saurais te dire tonte l’affection fraternelle que sa lettre respire. Elle m’invite pour la centième fois à la Chaus-de-Fonds. Il faudra bien qu’un jour je finisse par faire une course de deux ou trois jours jusque dans les montagnes. Elle me mandè que Mme Courv[oisier] est encore à Brugg entre sa mère sa grand’mère, et sa sceur muette. Il parait qu’elle a quelques sujets de chagrin. Sons peu elle re-tournera à Bienne, et Eugénie ira lui faire une visite de quelques jours. — Mais sais tu que tu m’étonnes au plus haut dègré en me disant que le Parent........ inerite pas tout ce guignon du sort. Au fond c’est un bon enfant. Si tu as de nouvelles de lui, je te prie de me les communiquer. En vérité dans ce monde on est parfois ridicule. Je connais l’auteur de l’hymme. C’est un effet un jeune homme avec beaucoup de talent, mais sans mceurs, et mème peut-ètre sans mora-lité. Je sais sa situation qui est fort triste, et il est à plaindre qu’on se soit avisé de lui empècher un honnète gain, qui le mettant en état de gagner sa vie, cela aurait contribué peut-ètre, à améliorer sa conduite. E sempre iene. Je tire de ce fait de mauvais présages. Votre lecteur, correcteur peut-ètre, tout ce que vous voulez en un mot, commence à m’ennuyer, à m’émbèter 55 d’une manière originale. Veut-il apprendre par coeur tout cela ? C’est à n’y plus tenir. A peine vous connaitrez le résultat, faites-nous le savoir. Le beau tems continue. Aujourd’hui comme hier. Dans l’après-dtner nous renouvellerons notre promenade. Jouis-sons de ce peu. Il me parait presqu’impossible que nous n’ayons plus à subir aucun assaut de froid. En attendant nous sommes très-bien. Réponds par des salutations aux salutations des Opensi. Ne manque pas de (1)......... CCLXYII. Berne, le 23 Mars 1836. Giovanni alla Madre Ma chère Amie ! Paulin m’écrit qu’il est un àne, et en cela nous sommes parfaitement d’accord, de ce qu’il s’est laissé surprende par l’heure du Courrier sans t’avoir écrit, ainsi tu ne t’étonneras pas de ce vide, dont il faut aussi rejeter un peu la faute sur une quantité d’occupations qu’il a. Au reste, il se porte à merveille, ainsi que sa compagne, ainsi qu’Ange, et moi. Tout est dans le stata, quo, que je te marquais dans ma dernière, vis-à-vis du Parent. As-tu idée de ce que c’est qu’un pàté de Strasbourg? moi je ne l’avais pas, et je l’ai acquise hier. Le pàté, qu’envoya Ros[ales] de Strasbourg aux amis, après avoir été défloré par eux, est venu s’abattre sur nous. Il n’était plus si frais, mais ce qu’il était encore, prouve ce qui il devait ètre : une chose exquise, d’une délicatesse ineffable, tout semé de truffles, et dont l’ingrédient principal consiste en foie d’oie. Enfin je re-nonce à t’en donner une idée, car les mots n’y suffisent pas ; la première fois que je passe par Strasbourg, je t’en envoie un pour essai. (1) I puntini sparsi in questa lettera sostituiscono il testo che manca essendo stato tagliato in parte il foglio, come s’è già avvertito. CCLVII. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Génes - Italie. — Bollo postale : Berne, 23 Mars 1836. 56 Paulin aussi en est enthousiaste, tandis qu’Emilie en médit; que Dieu veuille lui pard’onner cet horrible blasphème! Le tems se soutient beau, et tempéré, seulement il y a des nuages, qui ne sont nullement d’un bon présage pour demain. Bien enten-du, qu’on ne peut pas prétendre que ce printems dure, puisqu’il serait trop précoce— et tout le monde s’attend encore à une petite queue d’hiver. — Mais l’on s’habitue si facilement au bien qu’on ne voudrait mème plus du mal, auquel l’on s’était résigné d’avance. J’ ai lu à voi d’ oiseau Seraphita par Balzac — mon jugement le voilà en deux mots. Je n’ ai compri» goutte. Je le lirai tant que je réussisse à y voir quelque chose. C’ est trop méthaphysique, et mystique pour moi. Il y a dèdans un talent prodigieux, un effort de talent, mais ga fatigue. J’ai fini de lire le roman d’ Ange. Quant à moi je le trouve très bien. En pur-geant la diction, qui est très incorrecte, en ótant quelques lon-guers, enfin aìrec quelques amendements de détails, 011 en ferait quelque chose de tei à procurer un nom à l’auteur (1). Nous ver-rons ce qu’en disent les amis, qui l’ont à présent sous les veux. Je ne me fìe pas beaucoup à mon jugement. Je n’ai pas de lettre de toi postérieures à la dernière du 14. Je te marque uniquement pour la régularité ! Demain j’en ai infailliblement. Comment va la santé? J’y verrai demain. Adieu bonne, et sainte amie. Salue la famille, et tout le monde. J’ai rèvé cette nuit que nous avions gagné un terne à la Loterie, et que nous portagions l’argent. Oui, je m’en fie. Soigne-toi, aime-moi, moi je t’aime, et pense toujours à toi. Adieu. Ton Zane CCLXYIII. Giovanni alla Madre Berne, le 25 M'ars 1836. Ma chère Amie ! J’ai regu hier ta lettre du 17 pour Paulin ; de tes plaintes sur la nouvelle organisation postale, j’induis que tu n’y trouves (1) Vedi voi. I, pag. 417. CCI/XVIII. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Génes ■ Italie. — Bollo postale : Berne, 25 Mars 1836. 57 pas Ioti compte, et, que nos lettres te manquent bien souvent, chose qui me chagrine ; mais ce vaglie, précisement. ce manque d’un point fixe dans cette organisation me plaisent infinement ; pon est désappointé aujourd’hui? L’on se fle sur le demain, et comme ga tous les jours ont leur part d’ espérance. Pendant qu’avec l’ancienne méthode si un courrier te manque tu as la triste perspective de deux, trois jours sans espoir de sorte. Je dévore les consolantes nouvelles de ta sauté améliorée, j’y crois à yeux fermés, car j’ai besoin d’y croire, et je suis tout plein de reconnaissance pour le bon Dieu, qui ne nous délaisse pas. Ne te lasse pas de bien te soigner, et de me continuer ton bul-letin, comme moi je fais pour ma part en très peu de mots, mais qui doient ètre des Evangiles pour toi — nois sommes tous très bien portants sans aucune exception. Le beau tems nous à déjà quittés, et nous voilà revenus à la pluie. Patience ! Il v avait la plus belle lune du monde, et nous la perdons. C’est dommage ! peut-ètre le beau tems reviendra encore assez vite pour nous la rendre. Le vandàlisme de ce barbare, qui coupé et déchire à droite et a gauche sans pitié, et sans discernement me prouve que c’est un parti pris, et qu’on ne veut pas d’aucun genre de littérature. Pourtant, il y a contradiction, et pour ètre conséquents, ils de-vraient interdire l’entrée de ces livres — comment permettent — ils qu’on lise en Frangais ce qu’ils condamment en Italien ? les lecteurs de cette sorte de littérature rentreht dans une classe, qui comprend parfaitement la première langue, ainsi le nombre des lecteurs ne s’augmente pas d’une traduction Italienne. Comment aussi imprime-t-on à Milan ce que l’on défend chez vous ? Or imagine toi qual aspro governo il va faire de ce qui lui reste encore entre les griffes! Je vois le cas désesperé, et j’en suis fàché pour le pauvre traducteur, qui y avait peut-ètre fondé l’espoir d’un petit lucre. Aueune nouvelle du vieux parent, et de Frédéric. Diable ! ces 100 fr. pour lui sont bien longs à arriver, il va croire que je les ai mangés. Salue tonte la famille bien affec-tuesement ; après Yictoire, Benoìte, Marthe, Cicca, Lille, Laurent, et que sais-je? Je donnerai un dernier conseil à Catherine, l’indigne Catherine, qui nous a trahis pour un Evèque, Iudas femelle, qui nous a vendus pour quelques derniers — c’est de jouer le 32, et toutes celle de Charles. Si elles sont trop, tant pis pour-elle, c’est la fortune qu’elle perd. Celle-ci est la dernière fois que je donne des numéros. Adieu, bonne et sainte 58 amie ! puisse mon amour jeter dans ta vie la moitié du parfum, que le tien jette dans la mienne. Adieu. Zane CCLXIX. Agostino alla Madre [Grenchen], 27 Mars 1836. Chère Ame ! Vite, vite, sans fagons, sans compliments, sans retard1 en-voyez — les tous au diable. Je sais bien qu’ils sont dans le plein exercice de leur droit, mais ils ont le droit de nous refuser, et non pas celui de nous chàtrer honteusement. Qu’on n’en parie plus. Vous concever qu’iinprimer VAngelo de la sorte serait : 1° un pèclié contre l’art, 2° s’exposer à ètre ridiculisés, 3° un avant-gout de banqueroute. L’ Angelo ainsi mutilé, tout notre échafaudage vient s’écrouler. Il n’y a pas de drame au monde, où il n’y ait pas d’expressions au moins comme celles qu’on vient de casser, par conséquent il faut abandonner toute idée là-dèssus. En outre je crois un peu que c’est un parti pris, et nous ne pou-vons pas lutter. Adieu donc, bibliothèque : ce n’est pas sans un regret, que je prononce cet adieu, mais il le faut. Ce qui m’em-bète le plus, ce sont les corrections : elles marquent un beau talent. Voici ce que vous avez à faire. Prenez VAngelo tei qu’il est, retirez la préface : puis prié Octave de ma part de chercher en ha ut, s’il existe encore un Haurs, Cours de Physique, que javais dans le tems. S’il existe, faites un paquet de ces trois chefs de robe ; s’il n’existe pas (ne le cherchez pas trop longtems, car je ne puis assurer son existence), faites un paquet seulement de VAngelo, et de la préface, et envoyez-le nous à Berne. Une fois arrivé nous aviserons à quelque chose. Nous voilà donc deux fois enfoncés. Il y à quelque chose de ridicule à t’avoir cédé le profit résultant de VAngelo, non je me trompe, du Chatterton. Je crois qu’en définitive, tu y as remis une soixantaine de francs. Très-bien. Puis la bibliothèque, qui était destinée à boucher petit à petit quelques trous. Aussi la faute n’est-elle pas la notre. Pouvions-nous nous attendre raisonnablement à un pareil tour? CCLXIX. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 81. 59 Mais à la garde de Dieu ! il ne faut pas s’avilir à cause de cela. On tombe à Calcutta, on se relève au Kamschakta. Et moi, pauvre bète, qui étais là depuis cinq jours écrivant en net, d’un beau caractère, bien soigné, bien clair, la seconde livraison, pour vous l’envoyer à peine aurions-nous eu une réponse favorable ! Je viens justement de mettre mes cabiers de còté tout à l’heure. Eh bien! n’en parlons plus. Ce qui me charme, ce qui me met cent toises au-dessus de toutes les bibliothèques du monde, de toutes les censures de la terre ce sont les bonnes nouvelles que tu me d'onnes de ta santé. Voilà notre véritable victoire. Le reste peu ìmporte. Je bénis l’eau de Voltri, qui te dégrossit le ventre (tu ne m’avais pas parlé de cette incomodité-là) je bénis ton coeur, d’abord parce que c’est un noble coeur, et puis parce qu’il ne bat plus hors de mesure. Tu vois par toutes ces paroles-là (pie je suis rassuré, parfaitement rassuré. Que veux-tu, ma bonne? Je suis d’une haute difficulté à croire le bien ! Nous y sommes habitués si peu. Toutes les mauvaises nouvelles me trouvent au contraire très-credule. Mais as-tu jamais vu une màuvaise nouvelle se démentir? pour ma part jamais. Ne quitte plus ces bonnes eaux de Voltri. Lors mème que le coeur n’en aurait plus besoin, elles ne peuvent que faire du bien au système général. J’ai pris l’habitude de boire vers le soir une carafe d’eau soi — disante ferrugineuse, et quoique je n’aie pas grande confiance dans la vertu de cette eau, je m’en trouve bien. C’est que l’eau lave l’intérieur, pour parler comme les femmelettes. Ta lettre m’a vraiment consolé — tàches donc de te maintenir dans un certain équilibre. C’est tout ce que j’ose demander. Mme Lille, et ma bague me font rire. Nous sommes comme deux amoureux, qui s’ennuient l’un de l’autre à se fendre les mà-choires, mais aucun d’eux ne veut ètre le premier à dire : je m’ennuie. Ainsi Mme Lille casse ma bague, et envoie presque une estafette pour en avoir mie autre, comme si elle ne pouvait vivre sans ma bague. Moi, je me prète au jeu, j’envoie une bague, que je n’ai pas mème vue (historique, car c’est Francois qui la achetée) accompagnée d’une lettre toute fraiche de sentiment. Or Madme Lille laisse ma bague à la poste, et moi je ne trouve mème pas que cela piqué mon amour propre, ce qui est mauvais signe. Quant à toi, ne lui soufflé pas un mot de tout cela. Sa tète est légère, son coeur est bon — voilà son grand mérite. Je lui suis reconnaissant, et ami, voilà tout. Si mes lettres sont un peu poétiques. c’est qu’avec sa tète il faut un peu de rococo. « 60 Dans le.s lettres qu’on lui écrit il faut au moins deux compa-raisons, trois fois le mot Ange, une fois au moins musique, hnrpe, harmonie, un voyez-vous, maintes àmes deux fois ténè-brés en parlant de la vie. Ne suis-je pas bien méchant? Si elle pouvait se douter de tout ce que je dis là, elle me haiirait. Et pourtant je lui veux du bien. Adieu, mon àme, la terrible clochette vient de sonner, et Marianna se fàcbe si nous laissons refroidir la soupe. Je t’embrasse, et te presse tendrement sur mon coeur. Ton Auguste OCLXX. Giovanni alla Madre Benne, le 30 Mars 1836. Ma chère Amie ! Heureusement pour toi, ma bonne, ma prévision s’est ac-complie, et le courrier d’hier m’apporte ta lettre du 19 un peu retardée. J’ai aussitòt envoyée la lettre de change incluse à ce pauvre Frédéric qui en a grand besoin et j’envoie aujourd’hui mème à Paulin le billet du manchot. Quant à la lettre de change, ga allait très bien, et j’en ai fait la girata, comme tu m’incul-quais. Au reste, je me suis assez clairement expliqué dans une de mes dernières par rapport à la doublé méthode, dont tu pou-vais te servir, pour m’envoyer de l’argent sur Paris, le cas échéant. J’ ai peur que cette tractative pour la vente de la Pucciarina n’échoue comme l’annata decantata, et la Bibliothèque Dramatique, faute de zèle et d’activité de la part de qui s’en est chargé. En effet, ce serait avoir découvert le Phénix que d’avoir trouvé un homme, qui sans vue d’intérèt, ferait tout son possible pour la conduire à bon port. Quant à la Bibliothèque, tu as notre ultimatum dans l’incluse de Paulin. Nous ne sommes pas encore descendus si bas pour nous prostituer, en passant volontairement sous les fourches caudines de l’absurde, comme nous n’avons pas le droit de trahir, et de chàtrer Victor Hugo, CCLXX. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno ■ Génes ■ Italie. — Bollo postale : Berne, 30 Mars 1836. 61 et compagnie. C’est un parti pris. Que bien leur fasse ! L’assu-rance positive de l’état passable de ta santé m’enchante ; je te dirai par manière de compensation que nous aussi, tant que nous sommes, nous juissons de la santé la plus parfaite. Je regarde au tems par ma fenètre, et ne peux m’empécher de scurire en voyant la neige tomber à gros fiocons. Imagine-toi que depuis les 9 de ce matin à 5 heures, que je t’écris, l’atmosphère aura changé quinze fois complètement d’état. Soleil, pluie, neige, puis soleil, puis ouragan, neige encore, et sic deinceps. Au moment de finir la période, je m’apergois que la neige a cessé, et (pie le tems s’ouvre, comme on dit chez vous. J’ai ma fidèle cheminée allumée, comme tu penses, car il ne fait point chaud du tout. Enfìn, vous ètes redevenus Italiens, vous jouissez d’un peu de printems. Loué soit Dieu! il le fallait bien après tant d’ en-nuis, et de froid. A vrai dire tes foulards sont superbes, moins un qui a perdu sa couleur à ètre lavé, (c’est le plus délicat, sans rouge, à tieurs brunes) mais ils sont extrémement chers. Ici Fon en trouve de passables à 6 fr., ainsi he parlons plus de ga. Seulement, quand le tems du trimestre viendra, nous aviserons pour cette eravate, que tu sais, et pour laquelle je me sens un grand faìble — mais pas avant. Le pardonne-moi dont tu t’ es plainte voulait uniquement dire — Vois comme je suis enfant ! Dorénavant je ne parlerai plus de trimestre, ni d’époque, ni d’argent, et je prendrai ce que le bon Dieu m’enverra. Diable ! tu es l’intendante de notre liste civile, à ce que je vois, et nos intérèts sont en de bien bonnes mains. Bien des choses affec-tueuses à la famille, et à la Mna en particulier, que si elle est pressée d’avoir une réponse de moi, à se fasse china. Peut-ètre je lui répondrai en 37. Enfili cette grande Dame a trouvé un in-stant pour descendre à la Poste, et se procurer la bague. Ne la salue pas de ma part, je t’en prie, mais salue au contraire Be-noìte, yictoire, Marthe, Cicca, Laurent, et toute l’antienne Absolument, je ne vous donne plus de numéros. C’est vous rui-ner. Que Catherine se souvienne nous avoir trahis pour... A toi mille millions de baisers, Farne, le cceur, le foie, les entrailles, la pensée, la vie, le jour, la nuit. Adieu. Ton Zane 62 CCLXXI. Agostino alla Madre [Grenchen], 31 Mars 1836. Chère Ame, La lettre de l’ex-manchot que tu m’avais annoncée, m’arrive aujourd’hui. Je lui réponds quelques mots que tu lui remettMs, après en avoir pris connaissance (1). Nous avons un tems dete-stable : neige, pluie, vent, froid tour à tour. Lorénavant je n’oserai plus me fier aux apparences. Au reste je me fiche du tems : je suis très-bien dans ma chambre, et les contrariétés actuelles me feront mieux apprécier les belles journées qui vien-dront, car tòt ou tard il faudra bieu qu'elle viennent. Je souliaite que vous ayez un printems tout à fait difterent du nótre. Yeux-tu lire, mais rire de bon cceur ? J’ ai révé la uuit passée que je faisais ma cour à une lille de Louis-Philippe, et que j’étais agréé. Elle était belle, babillée en blanc, si bonne, si douce, que jamais lille royale ne le fut dayantage. Je lui faisais de sérieuses objec-tions. Que diable ! disais-je, votre pére ne voudra pas vous donnei* à un manant. N’importe, répondait-elle, aimons-nous toujours. A la fin si mon pére ne consent pas à no tre union, je te suivrai en Suisse. .N’est-ce-pas beau de sa part'/ Quel diable de rève. Mais ees demoiselles si bonnes, si douces, si blanches, si dévouées ne se trouvent qu’en rève. Crois-tu que si Louis-Plii-lippe savait cela, ne demanderait-il pas mon extradition au Vo-rort comme prévénu d’avoir débauché une de ses filles? A propos CCLXXI. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. U; Non a Filippo Solari, ma al Bettini è da identificarsi l’ex manchot cui è indirizzata la lettera elle ripubblichiamo, non senza avvertire che alcune parti ne furono già edite nel voi. Il degli Scritti mazziniani (cfr. pag. XLIII e segg.), dove si identifica col Solari, al quale pure si attribuisce l’incarico dato dal Mazzini al lì. di stendere il Manifesto per la Biblioteca drammatica e di curare l’edizione del Chatterton e dell’Angelo. Achille Neri la pubblica integralmente, restituendo l’esatta indicazione del de3tinatario (cfr. Catalogo del Museo del Risorgimento di Genova, voi. I, pag. 360-382). Non ci sembra fuor di luogo ripubblicarla qui, conducendo la nostra redazione, come al solito, sull’autografo. [Grenchen], 31 Mars 1836. « Mon cher Avocat, Puisque vous avez le noble courage d'avouer votre faute, je veux vous par- 63 de femmes as-tu lu les lieures du crépuscule par Victor Hugo? 11 y a uno ode à celui qui vend une femme qui me parait supé-rieure. Connais-tu Balzac? O’est le genie des minuties psycho-logiques. Il fouille dans l’àme; il devine toutes les natures, le prètre, la duchesse, le pére, les lilles, le gros banquier, comme le petit rentier ; il connait Paris, comme moi mes pantoufles : pour lui Paris est quelque chose qui parie, qui vit, qui se remue. il a paru de lui Le Livre Mistique. Ce sont trois contes : Louis Lambert} les Proscritti, et tèéraphita. Les deux premiere me paraissent deux chefs d’ceuvre. Le troisième est l’exposition du systòme du iSvedenborg. L’histoire n’est rien dans ce troisième conte, les idées sont donner, ne fut-ee que pour vous prouver que j’ai moi aussi un coeur tendre et boa. iles dernières lettres vous apprendont que nous avons abandonné le projet de la biblio-thèque ab uno disce omnes. Imprimer V Angelo tei qu’ il est sorti de la révision ce serait une profanation de l’art. Il est présumable qu'on en agirait de la mème sorte, et pis encore à l’egard de Schiller. Et voulez-vous que nous [nous] exposions au clanger ue ne plus pouvoir dormir nos nuits tranquilles? L’ombre du grand tragédien viendra.it s’asseoir au chevet, de notre lit. « Qui vous a donné le droit, crierait-eUe d’une voix menapante, de mutiler les morts ? Ayez ma malédiction : la malédiction de tous mes confrères en Drame, depuis le vieux Tespi jusqu’ au jeune auteur d'Alexandre Mèdicis ». Et vous surtout, qui aurez été l’instrument de l’indigne Luutilation, les cheveux ne se vous dressent-ils pas sur la tète d épouvante, en à la terrible responsabilité qui pèserait sur vous? Une nuit ou l’autre vous entrednez sarrèter à votre porte un clievai. Ce serait un chevail noir. Une voix vous appeilerait : « Viens, mutilateur des morts, les morts t’attendent ». Peut-ètre deviendrez-vous le sujet d’une ballade noire comme celle de Bùrger sur Lénor. Nous, dans votre intei et dans le nò tre, nous envoyons au diable la bibliothèque avec accomì-agneiuent. ìte-stons honnètes gens: ne devenons pas scélérats. Après sa fatale expéri enee d’Angelo quel est le drame de Schiller, qui pourrait paraitre, je ne dirais pas entiers, mais seulement à moitié ? Les plus belles tirades de Moor ne seraient-elles pas biffées ? Puisqu’on a aboli jusqu’au paradis, et le sommo bene (ce qui me rateile le summum bonu.m des écoles;peut-ètre a-t-on entrevue là-dedans une allusion) avec quelle rage ne pourfendrait-on pas l’éxpression ardente de l’amour d’Adélaide? Et la philosopine à vrai dire infernale de Francois ? el les parodies de la Bible dans la bouche des Bauber? qu’importe si le résultat de la pièce est profondement moral? on ne eom-. preiid pas cela. Pour le comprendre il faudrait un cràne un peu pius synthètique. Que dire après du Marquis de Posa, de Guillaume Teli, du Wallenstein, qui est lebelle à la maison d’Autriche, etc.... etc.? N’y pensons plus. Dites adieu à toute le monde. Nous aviserons autre chose. Vous devez avoir repu quelques conseils de moi relativement à •a coasine. Pesez-les, et voyez s’il est convenable d’en suivre queiques-uns. Je voudrais la savoir heureuse, elle, et vous débarasser de ce lourd fardeau. Je m’en veux d’avoir uontnbué à vous l’attirer. Mais que voulez-vous? Talleyrand l’a dit: le premier mou-\ojient de notre coeur est presque toujours bon. C’est une vie bien pénibie que de devoir rester toujours le fusil à l’oeil, et habituer son coeur à l’indifférentisme humain. Et pourtant il est nécessaire de le faire. La cousine est bonne au fond. Mais je ne sais pas, l’air suisse ou parisien parait lui avoir fait mal. Elle est devenue insouciante et oublieuse comme un enfant de 10 ans. Elle ne rève plus que drames, gioire littéraire, fastigia summa. Les autres intérèts disparaissent. Ainsi on froisse le coeur de ees amis. Mais soyez toujours bon pour elle malgré ce changement, qui pourra encore clxanger, lorsque l’expérience du monde lui aura prouvé que le amis lui ont toujours dit la vérité. Pour ma part je ne lui ai pas fait faute. Dire les vérités mème un peu crues c’est ma mission. Moi aussi j’ai eu la lubie de me mettre à écrire; mais de jour 64 tout. Il y a une tliéorie sur le nombre, un décomposition du son en azote, et oxygène, qui m’ont étonné. Peut-ètre cela appar-tient-il à Svedenborg. Mais c’ est toujours beaucoup que de Pavoir coinpris, et de savoir le rendre passablement clair. Je voudrais que tu lusses cet ouvrage. Je crois que la tliéorie des hommes se inétamorpbosant en anges sera de ton gòut. Adieu, mon amie. Je suis court, et insipide. Aujourd’hui je n’ai pas de lettres de toi, mais je sais que tu as écrit à Francois, c’était bien juste. Adieu, je Sembrasse mille fois. Ton Auguste Je viens d’écrire aujourd’hui à ton cher Dall ari. Il est maladif depuis quelque tems. CGLXXII. Agostino alla Madre [Grancheai], 3 Avrii 1836. Ohère Ame, Ce inatin j’ai reyu une lettre d’Eugénie L>u Commuu datée de Souceroz. Au moment où elle m’écrivait elle était en route pour Bienne. Ella va passer la première quinzaine du mois chez ta joar je m’aperpois que je manque du matériel nécessaire. J’ai trop peu étudié, et sans méthode; il me faut encore 10 années d’étude avant de pouvoir écrire quelque c uose. Mais aussi 10 années dans notre position c’est un siècle, et le courage manque. Faut-i. donc vivre et mourir comme certains damnés de Dante sema infamia e senza lode ? Mais allons toujours : arriverà ce que poarra. Un journal italien va paraitre h Paris. Aara-t-il longue vie? Je ne sais pas, mais vos gouvernement n’aiment guère )es mar-chandises irangaises. Pourtant se sera un journal très-moral, modeste et ne touchaut-jamais aux intéréts politiques, ou religieux. Videbimus (a). En attendant je vous embrasse avec beaucoup d’amitié et vous transmets les cordialités de l’Jimilie. Votre Aug. Si par hasard vous avez commencé la traduction de Kabale un Lìehe, ne la discon-tinuez point : ce pourrait encore venir a taglio. » (a) Il foglio letterario mensile L’Italiano (Edit. Proux, Parigi), che inizierà la sua breve vita nel maggio 1836, diretto da Michele Accursi, la 'ben nota spia. Il manifesto che ne annunciava la pubblicazione, con l’epigrafe : Bisogna dunque riporsi in via, era già pubblicato quando Agostino scriveva. (Ved. A. Linaker, La vita ed i tempi di Knrico Mayer con documenti inediti della storia della educazione e del Risorgimento Italiano, Firenze, Barbera, 1898, I, pag. 365 e segg. ; Mazzini, Scritti, Ed. Naz., Vili, pag. XVII e segg. ; XI, pag. 281 e passim). CCLXXII. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit, pag. 81. 65 soli amie Madme Courvoisier. Tu ne saurais t’imaginer quel plai-sir in’a cause cette nouvelie. J’airne beaucoup l’une et l’autre, et j attends de bons effets (le cette entrevue. Peut-ètre les scrupules religieux d’Eugénie se calmeront-ils devant la logique saine et sans détours d’Anna; peut-ètre le cceur déchiré d’Anna recevra-t-il quelque consolation de l’àme eompatissante et male en mera e tems d’Eugénie. Cette dernière rvannonce que se trouvant si près de moi elle ne peut pas re-noncer au plaisir de m’embrasser. Mais elle n’ose pas venir ici •tccompagnée de Me Courvoisier à cause des mauvaises langues. Elle n’ose non plus venir seule, car ce serait un crève-cceur pour son amie. Tu vois par là que la question est difficile à resoudre. J’ai propose d’aller moi-mème à Bienne accompagné par la bonne Emilie. Nous verrons ce que ces dames résoudront dans leur sagesse. Toujours est-il que j’aimerais beaucoup revoir cette bonne, originale, et loyale Eugénie. C’est une relation entre nous deux, qui ne se refroidira jamais... pourquoi?... parce que entre elle et moi il n'y a la moindre idée d’amour. Nous sommes amis cornine deux Messieurs. N’est-ce pas une malédic-tion, que l’amour-passion doive ètre de sa nature périssable? S’il est contrariò par le devoir, par les lois sociales, il faut que les deux qui s’aiment se disent tòt ou tard adieu, s’ils ont de la moralité, comme par exemple Madame et moi. Si l’amour n’est pas contrarie, s’il peut couler tranquille et limpide comme l’onde d’un fieuve, alors tòt ou tard il s’éteient par lui-mème. On veut me soutenir que non, mais je crois tout bonnemment qu’oui. Il y a dans la physiologie humaine des phénomènes que nous n’avons pas encore résolu. La communauté de Campanella et de Saints Simoniens me répugne, et pourtant par la réliexion je suis amené quelquefois a penser que la communauté des femmes, une fois bien réglée, pourrait bien ètre une des conséquences logiques, si non justes, de la tendance de l'homme à la variété. Mais laissons ces bètises-là qui doivent t’ennuyer. Quelques phrases d’un billet de Francois me font soupgon-ner que la cousine t’ennuie à cause du violon. Cela commence à scier le dos, comme 011 dit vulgairement. Malheureusement je l’avais prévu. Je ne veux rien préjuger encore là dessus ; mais il est certain que si la cliose est comme je l'imagine, je te don-nerai un moyen de te tirer d’embarràs. Je compte que tu me par-leras de cela dans ta première lettre que je recevrai. Sacre noni 66 de Dieu (pardonne-moi ce jouron) nous ne sommes les serviteurs de personne, et autant moins de la cousine. Si elle frappe à coups de niassue, nous frapperons à coups de Mclie. Nous ver-rons alors qui aura meilleur jeu. Il est arrivò jusqu’à nous des bruits d’une altercation qu’il y aurait eu ebez vous entre quelques militaires, et quelque étu-diants. Mais j’espère bien que ce n’est absolument rien. Deux niots et voilà tout. Lors de mon séjour à Gènes, les étudiants se faisaient remarquer par leur sagesse, et par leur discipline. 11 doit en ètre toujours de mème, car la jeunesse ne se pervertit pas en deux ou trois années (1). Hier nous avons eu ici un frangais, un allemand, et un spectre. Tu ne voudras pas me croire, et pourtant je ne te dis là que la vérité nue. Demande plutòt à Francois, il le connait aussi, il a eu mème le courage de prendre quelques legons d’alle-mand de lui. Au reste c’est un bon spectre, un spectre bon en- (1) Su questo conflitto tra militari e studenti, assai importante come indizio della tensione degli animi dei genovesi contro l’esercito piemontese, la madre di Mazzini, scrivendo il 22 marzo al tìglio, dava i seguenti ragguagli : « Negli scorsi giorni è successo un po’ di subbuglio tra’ nostri studenti [e gli ufficiali di guarnigione]. Certo De Ferrari studente di legge, amico di certo ufficiale, aiutante del generale della brigata Savoja, parlando questi dell’onore della stessa brigata, ebbe l'imprudenza di ribatterlo, dicendogli che un anno fa lo studente di medi-c.na Berlingieri di Spotorno aveva battuto in faccia non so dove un cugino dell’aiutante, ufficiale della stessa brigata. Costui adunque si porta all’Università ove eravi tutta la scolaresca per gli esercizi ed insulta sans ménagements studenti, professori con parole indegne. Il Berlingieri risponde con fermezza e prudenza : che egli rispettava il locale, ma che fuori era pronto a dare ogni soddisfazione. Intanto gli studenti a centinaia girano la città, gridando di quando in quando « espulso de Ferrari ». Questo succedeva domenica p. Alla messa militare alla Nunziata altro chiasso in Chiesa con altri ufficiali e studenti, perchè uno di questi, certo Bruno alessandrino, giovane di gran coraggio, vien rampognato da due ufficiali perchè li guardasse. Uscivano dalla Chiesa i due militari e il Bruno con 6 studenti. Gli ufficiali dicono al Bruno che scelga un compagno, essendo essi due, egli risponde: non ne ho bisogno, valgo io solo voi due. Allo stesso momento i postiglioni che stanno nella piazza si pongono a gridare: abbasso quei pennacchi... demmo de man ai timoin de carozze. Vecchi militari hanno tosto portati via i giovani ufficiali e la cosa finiva così. Intanto la deputazione riunivasi alia sera ed il presidente Durazzo si portava dal colonnello della Brigata e dal Governatore, quali tutti, come pure la popolazione, lodavano la condotta ferma e prudente del Berlingeri. Ecco come si aggiustava la cosa dalle rispettive autorità : i primi due ufficiali in arresto allo Sperone per 20 giorni, cancellato dall’Università quello stordito del De Ferrari, e sin qui va benone. Il Berlingieri 10 giorni d arresto, motivato perchè due anni addietro aveva contravvenuto ai regolamenti andando al teatro ove successe la rissa col militare. Dietro le giuste rimostranze di autorità universitarie per siffatta ingiustizia verso lo studente, il governatore diceva : Come volete che io faccia? Bisogna ch’io agisca così... Meno quell’andar girando in massa per la città [la condotta degli studenti ebbe l’encomio di tutti]. Figurati e le pattuglie di giorno e i carabinieri in moto... Un niente poteva portare disastri immensi fra truppa e cittadini...... (Ved. A. Lezio, La Madre di Mazzini, cit., pag. 83-84). 67 fant, qui cause, mange et boit. Par moment on pourrait méme le prendre pour un homme, si les yeux, et l’immobilité ne lo trahissaient. Ce qu’il y a d’étrange c’est qu’il est marie, et a des enfants. Il veut que nous allions un jour diner chez-lui. J’ai peur. Tu vois par là que tes arnis ont de rares connaissances. Continues-tu de prendre ton eau minerale? Continues tu de te trouver dans ce mieux-étre que tu me signalais dans tes der-nières missive®? J’espère bien qu’oui. Nonobstant ne manque pas de me donnei- le bulletin de ta santé. La mienne est bonne, parfaitement bonne : enfili elle ne sau-rait ètre meilleure. J’ai dit plus haut que je suis quelquefois amene par la réflexion à me deniander si la communauté des femmes ne serait pas une conséquence de cette penser que je suis un brutal. Cela répugne à mon coeur, s’il dépendait de moi d’introduire cela, je ne le ferais pas. J’ai parie philosophique-nient,. J’avoue que la question prise par abstrait me parais se devoir résoudre dans ce sens, car le progrès pourra donnei’ une meilleure direction aux passion de l’homme, mais il ne les chan-gera pas dans leur essence. L’amour douc sera toujours péris-sable, il y aura toujours des passions secrètes, des adultères. Or, que dire d’un progrès si loué qui n’arrivera pas à perfec-tionner la chose plus necessaire à l'homme, sauvoir les relations du coeur? Donc il y aura une organisation nouvelle. Au reste ma communauté est prise dans un sens très-limité. Un homme ne peut avoir plus d'une femme. Le mariage existe également ; seu-lement il sulfit du consentement des deux mariés exprimé à trois differents reprise dans l’espace de 3 mois pour divorcer. Celui ou celle qui divorcerait plus de trois fois serait couverte d’ignominie. Mais quel diable d’idée de t’entretenir aujourd'hui de ce systèine là. Mais je n’ai pas voulu que tu te meprisses sur le sens de mes paroles écrites plus haut. Hier nous avons regu un billet de Laurent, et de Gazettes. Je crois qu’Emilie répondra au bon avocat, que tu voudras bien me saluer affectuesement. Tu n’oubliras non plus la Nourrice, Ninette, Mr, Octave, Catherine, et tout le monde. Quant à toi, je ne saurais t’envoyer autre chose que moi-mème. Si tu me veux pourtant, car en bout des comptes je ne suis pas trop savoureux. C’est seulement mon coeur qui vaut quelque chose, mais comment pourrais-il en ètre autrement, quand il appartient à toi? Tout ce qui t’appartient se trouve sanctifié par ton contact. Adieu, àme de mon àme. Ton Auguste 68 CCLXXIII. Agostino alla Madre [GTeaiohm], 5 Avril 1836. Bonne Amie, Je regois aujourd'li ni une lettre de toi datée du 26, et une autre de Mr Gatto du 29 mars. Tu diras ou feras dire à ce dèrnier que je viens de lire les bonnes choses qu’il me mande : que je lui répondrai incessamment : que quant à ce morceau de musique, dont il me parie, je le trouve fort de mon goùt. Voilà pour lui. Dans ta lettre tu me dis tant de bonnes choses, que je suis plein de joie, en mème tems tu m’attribues tant de inerite que je suis rouge de honte. Je ne veux pas me mettre à réfuter un après l’autre les arguments dont tu te sers à mon avantage. Je dirai seulement que ton ravon visuel a des liaisons avec la lumière celeste de manière que la lumière terrestre a pour toi des jeux inconnus à nous autres. Le corps qui regoit tous les rayons, et n’en réflécbit aucun, nous l’appellons noir. Mais est-il noir en effet? Ton ceil se joue des lois de l’optique : c’est pourquoi tu vois en moi plus qu’il n’y a. Je dirai en second lieu que je suis enohanté de ce que nous tombons d’accord sur les mèmes idées. Vois-tu, la clef du caractère de la cousine est dans ce seul mot : Artiste. Il n’y a pas de gens qui ine soient plus insupportables. Ce n’est pas qu’à l’occasion ils ne sachent pas déployer un grand dévouement pour leurs amis, mais dans les relations ordi-naires de la vie ils sont d’une insouciance, d’une tendance à tout reporter à eux-mèmes, d’une irréfléxivité mère de l’indélicatesse qui les rend insupportables. De la moindre chose ils savent faire jaillir une angoisse pour vous : témoin le violon. Ils vous de-manderont quarante plaisirs un après l’autre, parce qu’au second ils ont oublié le premier, au troisième le second, au qua-rantième les trente neuf précédents. C’est une véritable malédiction. Ils n’ont pas d’idées arrètrés : un jour ils vous diront : ah ! c’est vrai, les hommes sont méchants ; un autre jour ils voient tout en rose ; par conséquent hier ils auront manqué d’égard pour une personne qui en mérite, aujourd’hui ils em-brasseront comme un frère un coquin qui se joue d’eux. Ils par- CCLXXIII. — Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 82. 69 lent d’amour, ils vous taxent de froidèur, de calcili, et ils auront aimé quatorze femmes dans ime année. L’amour propre les aveu-gle, les fait déraisonner, lenr insouciance les jette dans de graves embarras, et pourtant ils ne perdent jamais une nuit. Il* sont bons ou méchants selon la sensation du moment. Malgré cela la nature de Partiste est quelquefois grandiose, et susceptible de noble élans. Mais convivre avec eux c’est impossible. Tour amé-liorer la cousine, il n’y a qu’une longue et triste expérience. TI v a deux jours elle me raillait amicalement de ce que je suis toujours le prophète de mauvais augure. Une lettre d’aujourd’hui m’apprend qu’elle commence à voir que je n’ai que trop raison. Notre conduite à nous à son égard doit ètre celle de personnes qui l’estiment et l’aiment, mais qui ne peuvent plus obtempérer à ses volontés. Sois toujours douce et bénévole dans tes lettres, mais ne lui cache pas ta position très-fàcheuse qui te met hors d’état de venir en aide à qui que ce soit. Garde cette gouthe de rosée que mes paroles ont déposée dans ton coeur. Si ce n'étaient certaines misérables lenteurs je pourrais aujourd’hui te dire quelque chose de positif, mais tout le monde n’a pas notre coeur et notre activité. Continue de me garder le silence envers et contre tous. Je prie le ciel qu’il te fasse réussir dans le vente de ton petit bien romain. La dette de Mr Serra est comme un cau-chemar. Je n’y pense pas moins quoique je t’en parie fort rare-ment. Quelquefois il me manque le courage de mettre le pied sui* cette cendre douloureuse. Il faudrait que Mr lui aussi se donnàt un mouvement dans ce but. Les prélats trainent les choses en longueur, et il faudrait absolument que tu fusses en mesure de salder cette dette l’année prochaine. Mon Dieu ! l’in-telligence humaine peut inventer le système du monde, comme Galilée. et Newton, peut voler un harmonie aux cieux, comme Beethoven, peut briser en strophes rythmiques un rayon de la divinité, comme Byron, et l’intelligence humaine la plus élevée, la plus noble, la plus puissante ne peut trouver par sa seule force une dixaine de milliers de francs. C’est terrible et horrible ! Mais tu es mieux ! Devant ce mieux de mon amie, de la personniflca-tion de tout mon enthousiasme d’amour, comment se plaindre du sort? Oui, je suis rassuré, je te crois. Je suis bienheureux à cause de cette nouvelle. Aie toujours soin de toi, car, tu sais, c’est à cette condition que je puis me réjouir de mon existence. Ne t’étonnes pas, mon amie, de ce que j’ai acquis cette fatale expérience des liommes. moi qui suis né l’année 1812. D’abord 70 je pourrais te citer uno douzaine (ìe faits, dont une uioitié nous sont conimuns, à toi et moi, qui te donneraient la clé de l’énigme. Puis ajoute quelque peu de cette intussusception que Balzac mot au nombre des facultés humaines. Chaque jour porte une nou-velle addition à mon cours de physiologie humaine. Mon inten-tion est bien décidée de ne pas franchir le cercle que Dieu lui-mème a tracé autour à moi : petit cercle si je le mesure géomé-triquemeut. immense si je le calcule dans sa valeur morale. Ne pense pas à nos blessures particulières. Je ne te trompais pas en disant que nous sommes à la veille d’en cicatriser bon nombre. Ce (pii atti re toute notre attention c’est toi-mème chargée comme tu es. Mais n’anticipons pas sur les explications à venir. Cette Lille ! Elle est donc contente de la solidité de la bague. En parlant d’elle tu me dis : elle est bonne, supérieurement bonne. Fùt-elle mon ennemie, je dirais encore cela, car c’est la vérité. Ces derniers mots soulèvent un nuage dans mon àme. Sont-ce des mots que tu dis par manière de dire, ou bien ont-ils un sens? Est-ce qu’il v aurait quelque chose dans la condmte de Lille qui peut te les suggérer? Avoir pu les écrire est déjà une mau-vaise prévention contre elle, car enfin les idées que nous expri-mons ont toujours un pourquoi. Partant je te dèmande une explic-ation franche là-dessus. Je puis tout passer à Lille, l’aimer malgré ses défauts, ne me souvenir que de ses bontés, mais je ne pourrais jamais transiger sur quelque point qui te regardàt, toi, mon àme, mon tout. T’a-t-elle parlé de ma lettre. Le genre dévait lui en plaire. Je crois que cette allemande finit de la gàter. En allant à Soleure nous n’avions d’autre bnt que de faire une empiette : on ne va pas à Soleure pour s’amuser. Les capitales des Cantons Suisses on les appelle villages chez nous. Croirais-tu qu’on ne trouve ni à Soleure, ni à Bienne un maitre de danse? est-ce crovable? Quant à ma barbe tu as bien raison de la ca-resser, car je crois qu’il n’existe pas une plus belle barbe en Europe lorsqu’elle est lavée et peignée. C’est quelque chose de suave, de raphaélesque, de poètique, de divin. C’est une fleur, c’est une symphonie, c’est un ètre moral, c’est un ètre phisique, c’est une étoile, c’est un baiser, c’est un doux parfum, c’est un délice, c’est un monde... mais sans habitants au moins! J’ai l’abitucle de dire à toutes les femmes que je vois qu’elle devraient raffoler de moi uniquement pour ma barbe. Aimer une barbe! eh bien ! quelquefois on aime une paire d’yeux. Or si c’est pour le? veux, je dirai que ma barbe est aussi un Argus. En revanche 71 je suis fort mécontent, de mes moustaches. Elles son petites, re-vàlches, blanchies par le fumèe du cigare. Je suis obligé de les porter courtes, parce qu’elle se briìlent lorqu’elles sont longues, et il en résulte du mal. Que veux-tu? On ne peut tout avoir. Je suis si bien partagé sous le rapport barbe que je ne dois pas me plaindre à cause des moustaches. Si Lille me voyait, elle serait folle de moi, pendant... 7 jours, c’est beaucoup dire. Adieu, mon àme, ma vie. Fais bien des compliments à Mr, Ni nette, Octave, Laurent, idque genus alia. Je t’aime, je t’adore, je te mange. Adieu. Ton Auguste CCLXXIV. Giovanni alla Madre Berne, le 6 Avril 1836. Ma chère Amie ! Il paraìt que ma cervelle a subi par l’effet du froid survenu une espèce de condensation qui me rend tout à fait imbécile, et me met dans l’impossibilité de lier deux idées eonvenablement. Pourtant je suis très bien portant, je ne suis pas de mauvaise humeur, et n’ai non plus nulle raison de l’ètre. Explique-moi d’onc, je t’en prie, ce phénomène pliysico-moral. Aioute à cela que je n’ai point de lettres de toi depuis la dernière du 28, non que cela m’inquiète nullement, mais pour constater que cette circonstance conjure aussi contre moi, par le manque absolu de matière qui en résulte. Non que je manque de matière absolu-ment parlant, ce n’est que comparativement, car si au lieu d’écri-re avec une piume, encre, et compagnie, il m’était permis de susurrer à qui j’aurais à dire, et de l’enfermer dans ma lettre à l’état volatile, je t’assure qu’elle serait bien longue. Ne pouvant faire cela, je commencerai donc par te donner les meilleures nouvelles de la santé des amis, ainsi que de la mienne et d’Ange. Voilà que est d'éjà passablement, intéressant, du moins pour toi, ma chère. Après je te parlerai du tems, et je me contenterai de dire qu’il ne pleut, ni neige, quoiqu’il ait neigé dans la nuit. CCLXXIV. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Génes. — Bollo postale : Berne, 6 Avril 1836. 72 Le ciel en général est passablement sombre. J’ai lu le journal, après avoir déjeuné, s’entend, puis je me suis rasé, ou pour mieux dire, écorché, à présent, tout en t’écrivant, j’allume un demi-cigare. T:n demi-cigare! comprends-tu tout ce qu’il y a de làche, et de barbare dans cette mutilation? pourtant, j’en suis réduit là, à cause Grencliem : « Aibbiam passa/te ventiquatta' otre colila cugrima maggiore — vemtiquattr’ ore di lietezza, perché vederla è sempre per me nuova gioia, e mi ritempra l'anima, che talvolta s’inaridisce. Ho certezza (Tesserne amato come desidero essere amato : e per me che non vivo d altro, è gran conforto nella vita ». (Yed. Mazzini, Scritti, cit., XI, 318). (2) Da Berna Giovanni aveva scritto a Mazzini e ad Agostino a Grange: Martedì sera. « Miei cari, Tant’ è il mio antomedomte (non. poteva digerirla che gli at/txxrrij recitassero senza cappello in testa. Vendete stranezza ! Poi era mofl/to malcontento dii iMaria — dicie che recitava troppo piano — che però ha fatto ila morta benissimo. Quanto alla farsa matto d’ammirazione je vous dirai franchefiient che non avrebbe creduto mai si recitasse a quel modo a iSotbetta — che ili igrasi9o era inrianitaibiile — e avrebbe fatto così volentieri la sua conoscenza. [Ma Ha musàica? oh poi la mfusica valleva malia; bisogna sentire d nostri dii Berna — spero che suoniamo un po’ meglio. Poi unii indicava tremando dove avevamo giustiziato iLedibendgat e il sito dov’ esso aveva aspettato e assassinato ila sua vittima — vi han mesiso umia pietra — e dove 1’avea cioaii-gedata, (dandole tiJl 'danaro. iLe casie mei vari villaggi dove ^/assaivamo^ eran quasri tutte il luminate, dacché le domemjiiche isecoindo il’ iuso fS/vizzero i paesani vanno a&le veillée come isapete, a mezzanotte — ossia entrano per la (finestra, e vau’mo me-fla camera della ragazza di casa, lino ial) mattino — ciò va (bene fra tu omini e donne deli ijstesso vidilaggio — ma igiaaij aJUl ’ iauttruso ! 'Se esce melila motte^ ed è visto son bastonate e pugne porche. Se aspetta il giorno, lo fischiano senza offenderlo altrimenti, e gli dicono: Vieni sempre di giorno tu che mon osii leiscdire la tnoltte — Passando da non so qual villaggio un paesano imcantornato ctì gridava — appetti aspetti puire, che lo coglierò voglio fdargliemie pulito ! iGilò fortissimo iperchlè l’altro di dentro sentisse. Quest’almeno è dia traduzione del mio vetturino. Non ho altro a dirvi e vi abbraccio GIOVANNI ». (in Carte Ruffini cit,., N. 1591). 99 CCLXXXY. Agostino alla Madre [ Grenchen], 21 Avril 1836. Mon Ame! Gare à vous ! voici la bombe qui éclate. Historie du monde en deux lignes. Dieu créa le monde et le peupla d’hommes. Les hommes fì-rent des sottises. Dieu envoya le déluge, et les hommes de con-tinuer de faire des sottises. Dieu alors envoya sur terre son pro-pre flls, mais tems perdu ! les hommes firent encore des sottises. Dieu finit par perdre la patienee et n’envoya plus rien. Episode de l’histoire du monde. Farmi les sottises humaines la plus grande est celle d’avoir des créances, car on n’est jamais remboursé ; à celle-ci succède de droit celle d’avoir des dettes, car on est obligé de payer quel-quefois. Or dans une belle vallèe de la Suisse étaient des jeunes gens doublement sots parce qu’ils avaient des créances, et ne pouvaient exiger un sou, parce qu’ils avaient des dettes et vou-laient payer jusqu’aux intérèts des intérèts. Je dis qu’ils le vou-laient, mais le pouvaient-ils? Trait d’héroisme moderne. Un matin Emilie se réveilla de plus bonne heure qu’à l’or-dinaire, vint trouver Auguste, et lui dit : nous aurons de l’ar-gent. Auguste se mit une trombe marine à la bouche et cria dans la direction de Berne à Francois : nous aurons de l’argent. Les échos des alpes répétèrent : Argent. Deux jours après une lettre voyageait dans la direction de Gènes chargée d'une de-rnande d’argent auprès d’un vieux médecin. Rayon de lumière dans les ténèbres du monde. Or une femme était sur un fauteuil. Ce fauteuil était antique, cette femme était sublime; c’étaii le plus lourd des fau-teuils, c’était la plus vertueuse des femmes. Cette femme, en qui le sacrilice s’était incarné, avait elle aussi des dettes, qu'elle avait contractées pour pouvoir faire du bien à ses amis. Alors on dit : mais si nous aurons de Pargent, il faut que cette femme, ce rayon de lumière dans les ténèbres du monde, en ait sa part. C’est juste, répondit-on en chorus. CCLXXXV. — Pubblicata tradotta in parte dal Cagnacci nell’op. cit., pag. 91-95. 100 Lamentatio. On jurait, 011 se déchirait les cheveux, mais l’argent n’arri-vait pas. O11 faisait des tours et pnis encore des tours a fatiguer un mort. Il fallait un concile écuménique pour choisir le ban-quier à qui on remettrait l’argent, pour fixer le jour, pour... ou était furieux du retard. En attendant 011 criait à cette femme sur son fauteuil : espère ! Elle, pauvrette, pensait : sur qui dois-je espérer? sur le vent. Alleluja. Enfili ! le voici ! le voilà ! le-voilà ! le voici ! Descendons des nuages. Voici, ma chère, un effet de 1200 francs qui est pour toi. Emilie te prète cet argent avec un grand plaisir et tu l’accepteras de méme (1). Notre première idée était de t’envover 2000 francs, mais nous avions mal lalculé. Youlant 7 • payer nos dettes à l’étranger, nous avons entamé la somme qui était destinée pour toi. Nous te jouons toujours de mauvais tours. Telle qu’elle est ce sera encore une petite ressource, qui ne fut-ce autre te délivrera de ces maudits 000 francs des filles, et te mettra à mème de payer ponctuellement les intérèts des 2000 francs de Lille. Dieu et l’avenir penseront au reste. Il est de la dernière importance que personne n’apprenne cette affaire. Il faut que tu fasses mème semblant avec tout le monde d ignorer que Mr Jacques a envoyé une somme à Emilie. Pourtant il faut quelqu’un qui alile retirer l’argent. Peux-tu compter sur le si-lence absolu de Laurent? J’avais pensé moi au Gatto,.qui a le doublé avantage d’ètre riche, et par conséquent ne te volerà pas, et celili d’étre taciturne à désespérer un inquisiteur. Dans le cas que tu te décides pour lui, tu lui remettras ce petit billet, et il ira. Dans le moment que j’écris j’ai bien l’argent mais pas l’effet. Nous irons demain à Bienne échanger l'or contre un pe-! it bout de papier : le noni sera en blanc : par conséquent vous pourrez mettre le 110111 que vous voudrez. Si tu pencbes pour le (1) Sui rapporti d'interessi tra Eleonora e la famiglia Ghiglione numerosi accenni aMbiam già trovato nelle lettere ohe precedono; essi si riferiscioiEiO ad un deibi'to di Li. 2600 contratto dalla madre santa per agevofiare la fuga dii A/nitonio Ghiiglioo*> e cioè L. 600 alle sorelle De Mari e L. 2000 alla Laura Spinola di Negro che aveva garantito per tale somma, quando Eleonora se la fece prestare su richiesta della madre del Ghiglione. L’impossibilità di far fronte a tali impegni crucciava « la madre di Jacopo » che « correva rischio — come scrive il Mazzini al Rosales il 18 gennaio 1836 — di passare per dilapidatore in famiglia ». XI Mazzini era, ricorso al padre, ottenendo la sorania dà iL. 7000, delle quali 1200 ne inviava ad Eleonora ed il rimanente destinava all’incremento della Jeune Suisse. (Ved. Mazzini, Scritti, ci/t., voi. XI,, pagg. 188, 189, 255). 101 Gatto, tu fera les choses de manière à ce que personne ne voit entrer cet argent chez-toi. Qu’il le mette dans ses poches, s’il y a quelqu’un ; et toutes les autres précaution convenables. Prends gardè à ceci : ou il faut cacher à Laurent, ou tout dire, lui cacher mème le payement que tu feras aux filles, car il pourrait en parler par hasard et on devinerait la source. Dans tout ceci il faut un peu de ruse féminine. Par e.xemple, je ne sais pas s’il te sera possible de cacher le payement aux filles à Laurent, pui-squ’il a les affaires de la Cousine entre les mains. Faut alors trouver une bonne excuse : tu pourrais dire que nous autres ayant encore un peu d’argent du dernier trimestre nous te cé-dons la moitié de celui-ci si tant il est que Monsieur veuille l’envoyer. Au reste tu feras tout bien, et personne n’en saura rien. Quant à nous c’est un secret mème pour nous. Autre aver-tissement. Il ne faut rien dire à la cousine qu’on a payé cette dette. Alors il se croirait tout à fait déchargé, tandis que si par hasard un jour ou l’autre on pouvait tirer quelque chose de son gàchis de testament, au lieu des filles on donnerait les 600 francs à Emilie, ce qui est trop juste. Et puis au moins qu’elle n’en parie expressèment il ne peut plus entamer ce sujet avec la cousine ; c’est trop embètant. Yoilà donc notre mystère expliqué. Nous avons voulu nous ménager le plaisir de la surprise. Puis-se-t-elle né pas ètre la dernière ! Je répondrai plus en détail une autre fois à ta chère missive du 14. Eemercie le médecin de ses quelques lignes ; dis-lui qu’ elles m’ ont fait beaucoup de plaisir. Je ferai une remarque. Tes dernières lettres, et mème celle d’aujour-d’hui parlaient et parlent de ta maladie comme si elle était complètement évanouie. D’autre part le Docteur annonce bien un certain améliorement, mais nullement de guérison, et puisqu’il eommence une autre cure, la première n’a pas donc porte les bons effets que tu nous disais. Si tu n’as trompé, je ne te gronderai pas, parce que je sais quel principe aurait cette tromperie, mais je te prie de me dire la vérité, toute la vérité à présent, et je te demande cela si solennellement que ce serait mal à toi de chercher à m’abuser encore. Si tu me dis encore une fois que tu es bien je mettrai mon coeur en calme, et te croirai aveuglément, mais pense que ce calme, cette foi aveugle seraient un remords pour toi si tu m’en avais imposé. J’écrirai une autre fois au Docteur. En attendant je te recommande à lui, comme la plus chère chose que j’aie dans 102 re monde ; je sais qu’il remplira le coeur de son lointain ami. Tout est bien chez nous, bonne sauté, l’esprit plus serein or ce que nous avons pavé toutes nos dettes, excepté quelques petites bagatelles que nous nous sommes réservées pour une autre fois. Je ne pourrai jamais me louer assez de la conduite délicate d Emilie dans tonte cette affaire. Encore avant liier voulait-elle qu’on t’envoyàt au moins 1600, et c’est, moi qui me suis opposé à cela, parce qu’elle aurait été obligé d’entamer un fond qu’elle a à Berne, et qu’auraient alors pensé ses parents? à présent tout va bien, sois sur que ceci n’est nullement un sacriti eie de notre part; nous t’envoyons no-tre superflu : tu dois t’en convaincre en voyant quel terrible coup nous avons porté à la somme qui t’était destinée ; nous t’avons volé 800 francs. Adieu, mon àme, je prie Dieu qu’il t’ac-corde un peu de lwnne santé, et de tranquillité d’esprit. Je t’envoie mon àme, regois-la dans un baiser de fils. Tou-jours ton Auguste CCLXXXVII. Giovanni alla Madre Berne, le 22 Avril 1936. Ma chère Amie, Je possède ta douce du 16 courant, avec un billet que j’en-verrai à sa destination pas plus tard que demain. Tu t’alarmes mal à propos de ce qu’il te plaìt d’appeler mes terribles réves, en tirant induction de la nature des images, que m’apporte le sommeil à celles de la veille. L’induction est fausse, mon amie. Les réves ne pouvent absolument rien ; tu auras des images toutes riantes après la journée la plus noire, et viceversa. La po-sition plus ou moins génée, une croùte de pain, on un verre de vin de plus qu’à l’ordinaire, voilà l’explication toute naturelle de ces terribles échaufaudages explication prosaique, si tu veux, mais pourtant la seule vraie. Au reste, ces réves me laissent tei qu’ils m’ont trouvé, ni faible, ni mécontent ; je suis trop philo-sophe pour cela, est c’est tout au plus l’impression m’en CCLXXXVI. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Génes - Italie — Bollo postale: Berne, 22 Avril 1836. 103 dure une heure. Ce que tu me dis de ta sauté est pour moi la source d’eau vive dans le désert, la lumière dans les ténèbres au voyageur, qui va au hasard, et sent le fleuve mugir sous ses pieds. Puisses-tu m’en dire toujours autant, et bénédiction sur ceux, qui par des soins efficaces, réussisent à t’alléger le poids d’une vie déjà assez amère, et décolorée sans la compliquer de douleurs physiques incessantes. Je t’enverrai la ehansonnette avec la traduction, mais il faut pour cela que j’écrive aux de-moiselles de l’hermitage. Cette lourde, et humide atmosphère, qui s’appesantissait sur ma cervelle, comme un couvercle de plomb, s’est enfin dissipée, comme je t’ai dit ; le beau tems se soutient, quoique de tems je vois monter des nuages gros, et noirs qui me font peur. Ce n’est pas par économie que je coupé les cigares en deux, c’est parce qu’ils sont mauvais. Nous en attendons incessemment du genre que nous aimons le [plus.] C’est d’un passage de la lettre de Nina que j’ai induit qu’elle fumé la pipe; je l’eu... (1) elle devrait aussi laisser pousser la moustache. Je n’ai aucune nouvelle de Frédéric, il ne [m’a] pas mème accusé réception des 100 fr. Ma foi je ne saurais quels conseils te donner sur ta conduite vis-à-vis de sa mère, moins les généralités, que je t’ai dites. L’occasion se présentant, je ne te les épargnerai pas, sois-en certame. Je chargerai Paulin de la démarche officielle regardant l’échéance du trimestre de notre liste civile. Mon secret, qui te sera révélé incessemment par une lettre de Paulin, peut se formuler dans ces mots. Une grosse joie à nous trois de pouvoir te procurer une petite joie. Nous nous portons tous, tant que nous sommes, présents, et absents, à merveille. Echange mes salutations cordiales à la famille, Be-noite, Yictoire, Cicchina, Laurent, et Marthe, que tu remercie-ras particulièrement de ma part d’une certame branche d’oli-vier benìte, qu’elle m’a envoyée. Je n’avais pas encore vu une fleur de violette, quand, l’autre jour, en me promenant à la campagne, une tonte petite paysanne fort déguenillée se rua sur moi, et m’en présenta un petit bouquet. J’éprouvai une sen-sation d’esprit bien riante. C’est une espèce de spéculation, un espèce de droit de péage, qu’on prélève sur le monsieur qui se promène. Tu t’imagines que je lui payai dix fois plus que son attente la sensation agréable, qu'elle venait de me donner à son insù. (1) Manca un parola per la lacerazione della carta prodotta dal sigillo. 104 Après, dans ma course, j’en ai beaucoup vu, et cueilli, mais l>;is le plus misérable brin de vergiss-mein vichi. A dieu, chère àme. Aime-moi Gomme tu sais et cornine tu fais — c’est t’assurer par cela de mon parfait bìen-ètre physique, et moral. Je t’em-brasse ton Zane OOLXXXYIII. Agostino alla Madre [Grenchen], 26 Avril 1836. Olière Ame, Dans ta missive du 18 tu me fait de grands éloges de Mme Lille. Je crois aussi qu’elle est bonne, et qu’elle te veut du bien car je ne sais comment on ferait pour ne pas t’en vouloir. Mais dans les relations qu’on a avec elle il faut se résigner d’avance à des inconséquences qui chez-elle sont un produit na-turel de la mauvaise éducation de la noblesse. Elle est trop vieille pour pouvoir se corriger ; sa mobilité nerveuse s’est tra-duite aussi dans son caractère de manière qu’elle prète rare-ment attention à un disc-ours sérieux et si mème on pouvait la contraindre à prèter attention à deux pèriodes de suite au len-demain elle aura il tout oublié. Dans le tems que je fréquentais sa maison je lui vis prendre et quitter avec la mème facilité plus de vingt svmpathies. C’est pourquoi j’avais pris l’habitude de ne jamais me mèler de ces sortes d’affaires, et lorsqu’ elle me faisant l’éloge de quelqu’une de ses connaissances nouvelles, je m’en tenais à quelques phrases banales et laissais tomber le di-scours. Dans l’intervalle qui séparait une syrnpathie de l’autre file revenait à moi de manière que je remplissais les vides, mais cornine je la connaissais bien, et que 111011 coeur était toujours tranquille jamais je ne lui parlais d’amour, toujours d’amitié. Si j’avais joué, auprès d’elle le róle de cascamorto je suis con-vaincu qu’elle aurait fini par se fatiguer de moi cornine de tout le monde ; tandis qu’ avec mon sérieux j’ai gagné son amitié et je me fatte aussi son estime, sentiments un peu plus durables CCLXXXVIII. — Edita in parte tradotta dal Cagnacci nell'op. cit., pag. 97. Il Cagnacci pubblica il brano riguardante Lilla sotto la data 26 maggio 1836. ] 05 que 1 amour. A présent elle s’est fourvoyée dans cette allemande, mais je savais bien que cela ne pouvait pas durer. Peut-étre l’allemando-inanie cessée, il surgira quelque chose de nouveau. Es-tu destinée à remplir ses vides comme un tems ton ami. Mais je l’excuse. Que veux-tu qu’elle fasse une pauvre veuve, jeune encore, pas tout à fait laide, avec une mauvaise éducation, et un esprit sautillant comme un feu follet? Les soins du ménage? mais les domestiques y pensent pour elle. L’éducation de ses enfants? Mais ils ont des bonnes, et des maìtres. Des études sé-rieuses? mais sa volubilité ne s’y prète guère. De la dévotion? mais ce serait encore pis. Pourtant il lui faut de Poccupation, et surtout de Poccupation dans la variété. C’est vraiment un pro-dige qu’elle ait encore gardé son bon coeur à travers tant de vicissitudes. Celui-là ne s’est jamais démenti au fond, ce qui au XIX siècle est une étonnante anomalie. Au reste tu ne lui avais fait aucun tort : seulement comme je suis très soup^onneux j’avais voulu savoir si elle t’avait manqué d’égards, puisque si je suis enclin à ne pas lui tenir compte de sa légèreté en raison de son coeur, tant que cette légèreté ne s’exerce que sur des objets extrinséques à toi, du moment qu’elle porterait sur toi, elle viendrait me blesser au centre de mon coeur et il n’y aurait plus moyen à pardonner. C’est pourquoi tes explications sont très consolantes pour moi et je t’en remercie. Pour l’amour de Dieu, si tu entends clocheter la sonnette de la maison cache cette lettre, car si c’est elle, tu auras encore à soutenir un fier assaut afin de la lui soustraire. J’apprends avec chagrin la mort soudaine du beau-père de Podestà. Si je ne me trompe pas c’ est un Mr Morosini. Son fils qui est à Paris en sera sans doute consterné. Etait-ce un galant homme? C’ était donc juste qu’il fùt foudroyé d’un coup apoplectique. Il faut ètre fripon pour vivre longteins sur la terre ; la patrie des justes n’est pas ici-bas. Ce qui me désole encore plus c’est la réapparition du choléra en Italie. Venise, Plaisance, Bergamo en sont déjà tourmentées au dire des journaux, et nous allons contre l’été saison très-dangereuse. Imaginez donc le choléra à Venise, dans ces lagunes ! Il n’en sort plus. Il ne manquerait plus qu’il s’approchàt encore de vous. C’est presque ridicule tant c’est embètant : avoir aussi à penser au choléra. Peut-ètre les journaux ont-il exagéré, mais je me souviens en tremblant de votre superbe adage : pensa la, peggio e Vindovinerai. Mais réservons nos jurons pour l’avenir. Tu me 106 promets de te soigner cornine une benne mère soigne ses enfants. Tu ne saurais te faire une idée de la béatitude qu’il y a pour moi dans cette assurance. L’amour d’une mère est quelque chose de si fort, de si sublime, que je crois qu’il opere souvent des prodiges inconnus aux autres sentiments. L’amour d’une mère est Pindication de la manière dont Dieu aime ses créatures. Si tu te soigneras ainsi, je me repromets beaucoup de toi. Quels sont les effets de la cure entreprise par le nouveau Docteur? Quelles sont les ordonnances principales? Et ton coeur? Et ton foie.' Et ton ventre? Et ton àcreté? Ne nous cache rien dis-nous toujours la vérité tout entière. Entre nous c’est à la vie et à la mort : tout est en commun entre nous : joies, douleurs, maladies et santé : celui qui n’en fait pas leur part à les amis péclie contre l’amour et sa propre conscience. Parle-moi du résultat des démarches de l’avocat auprès de Mme Giusejìpina. Je n’en espère rien soit par rapport aux exem-plaires de Ghatterton, soit pour la fille. Si tu peux éviter de la voir, évite ; son contact pourrait te salir si tu étais salissable. Remercie affectueusement de son dernier billet notre bon Laurent. Dis-lui que j’entendais bien qu’il ne mit le main à Schiller que dans les moments perdus, dans les moments d’ennuie et d’oisiveté, que tout ce qu’il me dit à propos de la Cousine prouve son bon coeur et la justesse de son raisonnement, qu’au reste la présence de Madme Giuseppa à Gènes pourrait lui òter quelques uns de ces embarras, car je sais que la cousine avait l’intention de faire remettre entre le mains de sa mère les papiers de la dot et autres ; que pour cela il faudrait écrire à la cousine, et que peut-étre l’occasion se présenterait-elle tout naturellement de lui dire la vérité, touchant ce qu’elle a à espérer du testament de sa grand’mère. Du moment que Mr s’intéresse à la dette Serra je prends bon courage. Une fois habitué à l’idée qu’il faut payer, comme il tient beaucoup au point d’honneur, je suis stìr qu’il trouveta ou te fera trouver l’argent. Il faut lui rendre justice : malgré son ancienne avarice (tu vois que je dis ancienne) si une fois il avait dit : faut payer, il payait. Par exemple quel est le locataire plus exact que lui à payer ses loyers la veille du terme? Et puis vous avez devant vous deux magnifiques projets. Quelle est cette terre qu’on veut, acheter à Mr? Est-ce un dès flefs de Finale? Diable ! on lui propose la valeur et un cadeau en sus ! Diable ! à ces conditions-là je vendrais jusqu’au dernier arbre. En général les vieillards tiennent à ce qu’on dise : il est prò- 107 priétaire ! Belle sottise ! je préfèrerais avoir de bonnes piles d’écus chez un bon banquier : celles-là ne craignent ni vent ni pluie ni grèle ni moucbes. Mais sans vouloir óter aux vieillards leurs idées, refuser de vendre, lorsque les terres ne rendent rien (car si c’est une terre de Finale on n’en a pas retiré un sou depuis une éternité, et son frère vivant en Harpagon se fait payer jusqu’à l’impòt fonder), lorsqu’on a grand besoin d’ar-gent, lorsqu’on vous offre sa valeur et le pourboire, ce serait une folie. J’avoue que si tu me disais un jour : je n’ai plus de dettes ce serait une jouissance que rien ne pourrait égaler. Que veux-tu? Jusqu’à la Franoe qui nous retarde au Docteur et moi le payement de ces 25 millions américains : ce serait une petite somme qui nous mettrait un peu plus à notre aise.^ Mais je vais écrire une lettre foudroyante à ce petit Thiers. Je ne prétends au reste exercer aucune influence sur la décision de Mr. Aussi faut-il avouer que ce conseil sorti de ma bouche serait par trop suspect. Notre santé à nous est ce qu’on appelle une santé magni-fìque, mais on ne peut en dire autant de Francois, non qu’il soit malade, mais il souffre un de ces ennuis, qu’on appelle chez-vous raffreddore, qui ont l’habileté, comme il nous l’écrit aujourd’bui de distiller le cerveau en eau par le nez (1). Mais il (1) Aveva scritto Giovanni agli amici a Grange informandoli oltre che del raffreddore anche d’altro, come si rileva dalla seguente lettera. Domenica notte. « Miei cani Non è etnano oh’ io mon trovi materia di sorta a scrivervi dal momento che il mio cervello s’ è liquefatto, e per la via del naso se n’ è tiutto andato nei miei fazzoletti. Che seccata, sempre il na°o in bocca. Ora però sto assai meglio, e domani o doipo sarò affatto guarito. Però,, sono di pessimo umore, un di quei momenti itn cui sii vede tutto dm nero, momenti di sensibilità fabbrile, nei quali tutto scuote, attrista, e fa paura. Vedremo più tardi se i presentimenti, e le paure che mi risultano da questo stato un po’ eccezionale s’avverano, o no. Se sì, ne parleremo, se no, ne rìderò fra me stesso. liuisa è malata, convulsioni, crampes allo stomaco, male locale a un piede — trista fino alla- morte. M’ha iscritto ieri una lettera romantica, che deve essere (bellissima, ma della qmffle non ho 'inteso ohe le ultime righe. Un invito ad andar la notte a fare una passeggiata don lei. ÌLa lettera, per darvene un’idea ©oandmcia dosi. D’attorno a me silenzio di tomSba — A capo. Tutte le labbra per me son suggellate. A capo, etc. Sono andato, l’ho trovata, abbiamo (parlato ddeoi minuti assieme, poi, io a ci-fo.'are, ed essa a piangere — un’ ora abbiamo passeggiato a quel modo. Perdonatemi la libertà, diceva essa, se io v’ho scritto per invitarvi sta sera; mai più oserò scrivervi, mai più, miai più. E eu questo ci siamo lasciati. Stamane poi, alzandomi trovo una sua lettera, scritta la notte, lettera infantile, cara, tenerissima. Ve ne trascriverei i morceaux saillants se non fossi in questa desolante superficie. — Le ho risposto buono buono — Perchè sei tu così oattivo, direte voi, salvo a pentirvene poi? Perchè non so perchè lo sono, e non posso essere altrimenti. Impotesdbile. Perchè ho 108 nous annonce qu’il sera guéri demain ou après — demai n, par conséquent lorsque tu auras ma lettre, il n’en sera plus question, et il sera radicalement guéri. Dans notre course à Bienne nous avons été voir un petit moment Mad® Courvoisier, et les deux enfants. Tous les trois sont bien, Madme et assez tranquille d’esprit aussi, et te mande ses salutations. Nous avons été voir également le spectre, «pii nous a presentés à sa femme, pour avoir elle aussi quelque chose d’extraordinaire porte sur le front une marque de fer-à-cheval, le signe de Bedgauntlet. Us nous ont donné du thè, et du beurre, et j’ai vu avec surprise le spectre manger cornine les hommes. J'envoie mille salutations à Laurent, Monsieur, Octave, Ni-nette, Catherine, et à la Nourrice, chaque fois que tu la vois. A toi j’envoie le coeur, l’ame et aussi la barbe, si tu la veux, Mais... je ne sais pas, depuis quelques jours ma barbe a perdu dans mon estime. Quoi ! tout cela aurait été une illusion. Adieu, ange de ma vie, consolation de mes jours. Donne-moi des nou-velles de ta santé, et parle-moi de la marche du trois fois maudit choléra. Adieu. Ton Auguste CCLXXXIX. Giovanni alla Madre Berne, le 27 Avril 1836. Ma bonne Amie, ♦ J ai ta lettre du 21. Qui cette inaction du parent en face •1 une si grave accusation est une preuve accablante contre lui. •Te me félicite du parti que j’ai pris, d’abord par la preuve, qu’il me fournit, et aussi parce qu’il m’évite une polémique ennujeu-ses, et peu-ètre des scènes embarassantes, car il n’y a rien de si blità
  • Tnviz-era. ciré si pretende essere il foyer di tutti i progetti rivoluzionari; anzi da alcune démarches fatte a Berna, ipanrobbe che segretamente fossero già state date — poi, v’è um r.«incerto d’accuse, di calunnie, d’ insulti, dm tutti di giornali svizzeri, appartenenti al partito assolutista, che indica intenzioni sinistre ». (Ved. Mazzini, Scritti, cit., XI, pagg. 391-392). 119 antérieur à celui-ci. Cela n’est pas dépendu de notre volonté, mais le depart de Francois a causé un quiproquo, que je ne pour-rais t’expliquer que par de long détails très-peu intéressants du reste et dont le résultat est de te priver pour une fois de nos nouvelles. Je voudrais que tu ne t’abandonnasses point à des alarmes, qui n’auraient aucun fondement. Dans ma dernière et cpurte lettre qui t’arrivera plus tard que celle-ci je te disais entr’autres choses à propos du billet de Laurent que les vanteries de Mme Giuseppa ne m’étonnaient guères, car elle ne se fait pas faute de mentir à l’occasion, mais que suivant mes calculs les envois faits à sa fìlle dèpuis le tems qu’elle vit à l’étranger ne pouvaient pas dépasser 1400, ou 1500 francs. Je te priais égale-ment de nous révéler le sujet de cette nouvelle contrariante qui t’avait détournée de la pensée des trois numéros, qui, par fata-lité, sont sortis justement parce que tu ne les a pas mis ; par conséquent ne regrette rien de cela, car si tu les avais mis, il est sur qu’ils ne seraient pas sortis. Pour le surplus des détails je te renvoie à cette mème lettre, qui suivra celle-ci. Les journaux ne portent rien aujourd’hui concernant le choléra, mais nous sa-vons qu’il est déjà à Milan, ce qui me fait l’effet d’une boisson bien amère. Nous sommes en été, ou au moins près de l’été, Milan n’est pas éloigné de Turili, Turin ne l’est guère de Génes. D’un còté il me paraìt impossible que Dieu, la destinée, le hasard, le diable se conjurent contre une pauvre ville qui a déjà essuvé une si rude épreuve. D’un autre còté je sais que ce sont les bons présentiments, qui ne se réalisent point, les mauvais toujours. Ali ! c’est une vie semée de tant d’épines qu’il faudrait avoir mille mains pour les arracher toutes au fiir et à mesure qu’elles nous piquent. Mais je ne veux point commencer déjà nous affliger de ce qui n’existe pas encore : je veux ètre bon et tranquille, promets-moi seulement de nous tenir à jour des progrès de cette maudite bète, et des précautions qu’on prend chez vous contre elle. En effet la tragèdie qu’on nous a envovée est tellement sotte, que son auteur au lieu de l’imprimer aurait dù eu brùler mème le manuscrit. Peut-ètre l’ayant vu seulement re-présenter le public aurait-il pu continuer dans son illusion, mais lue, il n’y a pas moyen de prendre le change. Mais que lui importe? Un homme (pii à écrit cette préface, cet homme est con-vaincu d’avoir fait un chef-d’oeuvre. Or, comme la gioire et le bon he ur sont relatifs à chaque individu, il a raison d’ètre très-glorieux, et très-heureux. Faisons-nous un délit à un fou de ce 120 qu'il se croit roi, einpereur, Dieu? Ne vous affligez point de ce que notre projet dramatique a avorté. Je vous dis que nous avons gagné plus que nous n’avons perdu. Peut-étre le tems mùrit-il pour vous quelque surprise qui vous sera agréable, peut-ètre n’avons-nous pas entièrement renoncé à notre idée, mais seulement l’avons-nous modifiée. Attendite et videbitis- Je suis passablement curieux d’apprendre l’effet cause par ma lettre demandatoire sur l’esprit de Mr. Je m’imagine les coni-mentaires qu’il aura jugé à propos de faire là-dessus. Pourtant je ne lui ai dit que la simple vérité, mais lorsque les vérités vous eoùtent de l’argent on s’en passerait fort volontiers. Tu m’en parleras donc à son tems. Tu peux suspendre ton voyage à Stras-sbourg : malheureusement la saison des pàtés vient de finir, car les juifs cessent à cette époque de fournir les foies d’oie qui en sont de concert avec les truffes la clé de voiìte. Mais certes celili qui n’a pas mangé de ces pàtés ne peut pas concevoir cornine Dieu se manifeste par la gastronomie. Mais un jour nous en mangerons, j’espère. Ros[ales] doit ètre parti de Paris, il passe par Bruxelles, et sous peu il sera en Suisse ; je crois qu’il viendra nous faire visite, et prendre son Diamant qui au reste se porte parfaitement bien, quoiqu’improprement. Et ce maudit tems ! Sais-tu qu’il pleut aujourd’hui, qu’il fait du vent, un froid cochon, et qu’à midi on n’v voit presque pas pour écrire ! Oeci commence à devenir embè-tant. Et le Docteur aiguille qui a annoncé dans les journaux l’ouverture de son établissement pour le 1 Mai et qui se voit favorisé ainsi par le tems? Armer Doctor! Notre Laurent a-t-il jamais eu connaissance d’une traduction du Faust par un Scal-vini? C’est une superbe traduction, mais il a travaillé autour d’elle 10 années ! ! ! ! Elle a été imprimée à Milan, mais chàtiée par la censure : secundum usum, amen Jesus. Je voudrais qu’il a lùt. Des numéros de moi? nein, meine seele. De Mr Francois tant que tu veux, car il paraìt avoir la main heureuse et un commencement de divination, mais moi? Si je te donne le 1 c’est le 90 qui sort ; si je te donne le 90 c’est le 1. Il vaut mieux qu’au lieu d’un numéro je te donne un bon embrassement, de ces em-brassements qui mélent les àmes, et rajeunissent une vie entière. Pour celui-là je te le donne de grand coeur et je compte sur ce que tu le recevras de mème. Ne-manque pas de faire mes com-pliments et mes salutations à Mr, Octave, Ninette guitaristique. Lille, Catherine grognon, Laurent, Maurice, etc. Est-ce que tu n’as plus rien su de César? Ne vois-tu jamais le Checco? Salue-le 121 aussi. lu y a raison de ne pas trop insister auprès d’Opensi pour le violon. Je serais presque tenté de lui écrire moi-mème et de lui <*n toucher un mot, mais il me répugne de me remettre en correspondance avec ce monde-là. Ils sont trop ignorante. As-tu vu Gatto? Adieu, mon àme, ma vie, mon esprit, mes plus belles pensées à toi. Ton Auguste 4 Mai 1836. Ma chère, Arrivé hier dans l’après diné, l’espèce de confusion insépa-rable d’une arrivée, et des milles explications réciproques qu’on se donne, m’empèche de trouver un peu de tems pour t’écrire. Plus tard, cornine j’étais plein de fatigue, et tombant de sommeil je n’en fis plus rien. Ce matin après une longue dormite, je m’éveille avec la sonnette, qui nous invite à table. Ainsi je me borne à te dire que ma santé est on ne peut mieux, que j’ai aussi trouvé les ami très bien, et que je t’aime à la folie. Adieu ma chère, au premier courrier. Ton Zane CCXCV. Giovanni alla Madre [Grenchen], le 5 Mai 1836. Enfili, me voilà tout a fait restauré de ma terrible course, et avec assez de tems devant moi pour t’écrire a loisir. J’en pro-fìte d’abord pour répondre a ta dernière du 25 ecoulé, que les circonstances m’ont fait jusqu’ici laisser sans réponse. Les mémes circonstances ont apporté, a ce que je pense, la lacune d’un courrier dans ma correspondance, lacune qui ne t’aura pas inquieté. j’espère, car tu l’auras attribuée a sa cause veritable, c’est à dire a ma loco-motion. Je vois avec delices que ta santé continue d’ètre passable ; cette assurance me charme la vie, et beni soit le beau tems, puisqu’il contribue a ton bien-ètre. Je puis t’en CCXCV. — Edite poche righe dal (, agnacci nell’op. cit., in nota a pag. 185. 122 dire autant, et mieux de nous quant à la santé, car à la vérité nous sommes 011 ne peut mieux, maix mallieureusement je ne peux t en dire autant du tems. Imagine toi qu’aujourd’hui 5 Mai nous avons une bise seche qui nous relègue -dans nos chambres, et encore echauffées ; car sans cela on aurait froid mème dans sa chambre. Au reste, ce sont le derniers efforts de l’hiver expirant. les derniers lueurs d’une chandelle qui s’éteient, et sous peu de jours je me flatte pouvoir te donner des meilleures nouvelles, et aller cueillir le vergiss me in nicht, et la violette. O’est un veritable miracle que ces 20 exemplaires vendus, dont le montant te rentre au moyen de Madme Josephine. Je t’avoue que je n’y comptais guères. A voir ta joie enfantine de cette toute petite ressource je m’imagine combien tu es pauvre, pauvre, pauvre. Patience ! Esperons en de tems meilleurs. Quant à la prétention de cette dame d’avoir envoyé a sa fìlle plus de 3000 frs., pur mensonge, comme Paulin Paura dit, Laurent peut bien la défier a lui exhiber les regus. Mieux tard que jamais, si cette pauvre Claire devient discrette au moment de mourir. Elle a assez vegu, je pense. Il ne faut pas que tu t’en affliges trop, ni que tu te dònnes trop de peine pour la soigner, du moment qu’elle a toute Passistence desiderable. J’ouvrirai le paquet, cornine tu me dis et j’en retirerai les deux cravates, dont l’une sera pour Paulin, auquel je parie que tu la destinais dans ton for intérieur, ou auquel tu pensais bien que je la destinais moi-mème. Seulement, comme ainé, je me réserve le choix. Tu vois que je tiens à mes droits. Je sais positivement avoir lu La fee aux miettes par Nodier, mais dans la grande favaggine de livres de ce genre, que j’ai lus, j’ai complètement oublié celui-là. Ainsi, je ne puis pas t’en parler. Je sais seulement que Nodier est un écrivain qui a des ouvrages très estimés, malgré son imbroglio du Roi de Bohemeauquel on ne comprend goutte. De quoi je m’occupe? ma foi, je ne sais pas, de beaucoup de choses, et de rien. Jusqu’ici tout mon travail est dans ma tète, et n’a pas encore revètu un corps. Si tant est qu’un jour j’arrive à rompre la giace, et commence à écrire ce sera un grand pas de fait, car je suis d’une indolence, et d’une défiance de moi-mème peut-ètre exagérée. L'intention est bonne, caro autem infirma. Quand je serai bien et dument installé, quand j’aurai assis mes habitudes, quand enfin le tems aura calmé la douleur de Luisa, et par conséquent la rnienne aussi, qui n’est qu’un reflet de la sienne, alors je tà-cherai de faire quelque chose. 123 Cette pauvre Luisa ! elle a été atterrée de mon départ cornine si la foudre lui fut tombée aux pieds; elle n’a fait que pleurer, et sangloter jusqu’au moment où je dus la quitter, et j'eus une peine infinie à me débarasser de ses bras, qui m’étrei-gnaient convulsivement. Je Pai laissé dans un état à faire pitié, anéantie, brisée, pliée en deux. Pauvre Luisa! jamais je ne serai aimé de tei amour, jamais je ne le fus. Elle a exigé, la chère àme, que j’acceptasse son ciuffo et après l’avoir préchée une demi-heure, après lui avoir dit tout ce qui était mon devoir de lui dire, je le coupai enfin en tremblant, car j’v fus cornine forcée. A toutes mes observations de la possibilité d’un regret elle me souriait d’un air de pitié, comme en voulant me dire : Tu ne connais donc pas le coeur des femmes — puis elle me disait. — Regrets? mais jamais, mais je suis heureuse de faire ce petit sa-crifice pour vous, qui n’en est pas un pour moi ; voulez-vous que je me fasse couper tous les cheveux, raser comme une Capucine? Dites-moi que cela vous fait plaisir, et moi je le fais avec tran-sport. Elle m’aurait donné l’àme dans ce moment, sa part de Paradis, sa vie, tout. Quels trésors d’amour il y a dans ce coeur -là! L’aspect de sa douleur m’a fait mal, je ne saurai te le dissi-muler, mais la réflexion, et la conscience d’ètre beaucoup aimé in'ont un peu réconcilié avec ma position. Aussi, je ne suis qu’à l) lieues d’elle, et elles sont bientòt franchies, car je compte la voir de tems en tems. Adieu, sainte, et douce Mamaly. Salue famille et tout le monde pour moi. Il y a un amour qui n’a rien de terrestre, un amour pur et brùlant et infini comme celui des anges, un amour vis-à-vis duquel celui de Luisa n’est rien. C’est ton amour, auge de lumière — qu’il me reste et tout ce qui peut m’arriver n’est rien. Adieu. Ton Zane 124 CCXCVI. Agostino alla Madre [Grenehen], 8 Mai 1836. Olière Ame ! C’est bien justice qu’on nous pavé généreusement de notre attente depuis deux eourriers. En effet voilà que nous recevons deux cliarmantes lettres de toi, une pour Francois, l’autre ponr moi. Mais ce n'est. pas tout : contre tous nos calculs, contre toute probabilità, nous trouvons dans la lettre pour Francois un con-solant effet de .1000 francs de France. Ma foi, si nous nous plai-gnons aujourd’hui nous sommes incontentables. A présent je vais tàcher de répondre à la lettre qui me regarde si mes nerfs, su-rexcités par l’abondance de tes doux caractères, et par cette pluie d’argent, voudront bien me le permettre. Cette fois notre séparation avec Mr Francois n a pas été longue, comme tu vois. Seulement notre réunion n’a pas été aussi volontaire que d’habitude ce qui la gàte peut-ètre un peu, car avant tout la liberté. L’hoikme est libre, et on aime [à] faire les bonnes choses par impulsion propre, non pas forcément. Du reste nous nous en moquons fort agréablement. Ce qui est dròle c est que le petit Ange parait menacé du mème coup. Le proprietaire jusqu’à présent ne lui avait fait aucune intimation, peut-ètre à cause qu’il ne le voyait point; aujourd’huf il y a une rurneui sourde par le monde qui ne présage rien de bon pour le petit avec lunettes. Est-il fou ce propriétaire? Yeut-il dépeupler sa maison? Jusqu’à présent pourtant il n’y a rien de positif à son egard, et je me réserve de te tenir au courant de tout ce qui pourra arri-ver, et rien n’arrivera probablement. Dans tous les cas souviens-toi du refrain de Gédéon dans le Menestres de Sckokke : nous avons vu d’autres majestés. L’occasion qui avait occasionné notre première entrevue te regardait en effet, mais tu te trompes en croyant avoir saisi la clef de l’énigme d’après quelques mots que j’ai dits à Monsieur. Lors mème que j’aurais été agréé dans cet Institut de la Suisse orientale, crois-tu que j’aurais envisagé cela comme une grande ressource? Sans doute cette place aurait pu me mettre en état de céder de tems à autre mon trimestre, d y CCXCVI — Inedita. La lettera è datata 8 maggio, ma fu scritta nel foglio sul quale il giorno 9 aveva già scritto Giovanni. 125 renoncer en faveur (le Monsieur, ou de toi, ou de Francois, mais jamais je ne t’eusse parlé de cela cornine d’une chose qui pouvaìt cicatriser quelques-uiues de nos blessures immédiatement. Tout est éclairci à présent : à l’beure qu’il est tu dois étre en posses-sions de ce mince eft'et, hien mince si nous le comparons à la grandeur de nos souhaits. Nous sommes fàchés d’avoir été obligés de te voler 800 francs, mais le diable y a mis la queue. Tu me narréras tout, tu me diras si tu as réussi à avoir l’argent chez-toi sans que personne s’en apergoive et qui as-tu préféré d’entre Laurent et Mr Gatto. Vraiment il y avait un peu de curiosité chez nous de nous repaìtre les yeux du spectacle consolant des ratures de l’Anerie combinée avec la malignité, mais je respecte trop les décisions de notre bon Laurent pour oser murmurer. Nous attendons cet immense envoi, où il y aura des salami, des biscuits du Lagaccio et autres fariboles qu’Emilie a demandées à Mme Marthe. Nous voulons faire une magniflque indigestion et nous procurer un hoquet qui retentisse depuis ici jusque chez-vous. Ah bah ! Ne t’effrayes pas, tu sais bien que nous ne sommes point des loups dévorants. Il y a quelques phrases dans ta lettre concernant Anna, qui m’étonnent. Tu me fais presque supposer qu’elle soit enceinte, mais couiment peux-tu le savoir puisque je ne t’en parie pas, et ne pourrais pas t’en parler du moment «pie je n’en sais absolu-ment rien? As-tu mal interprété quelque expression de ma lettre ou bien est-ce moi qui interprete mal les tiennes? Dans tous les cas notre quiproquo est singulier. Au reste je ne sais rien qui m’autorise àcroire cela, la Du-Commun, ou Anna elle-mème m’en aurait parie. Par conséquent je lui ferai savoir toutes les bonnes que tu lui mandes, excepté celles qui paraissent faire allusion à une grossesse. S’il y à bévue, la bévue ne peut venir que de moi ; suis-je donc bète ! Les détails que tu me donnes sur la bonne Ni-nette sont charmants; j’aime cette vie douce, retirée, modeste. Toutefois je congois ton soucis de la voir bien casée. Eh ! ma chère, le ciel t’enverra un bon parti, je l’espère. Toutes les de-moiselles trouvent un damoiseau, et notre Ninette seule ne trou-verait rien? Aie bon courage, et ne parie pas de sottises. Sais-tu ce que j’espère moi? D’embrasser un joli et dodu neveu, et de te voir embrasser un petit-tils. Ainsi seras-tu alors une grand’mère ! tu seras bien imposante alors, mais tu seras toujours bonne, tu seras toujours notre meilleure, notre plus douce, notre plus 126 aimée amie. Puisse-t-il le ciel nous accorder la gràce de consoler tes vieux jours. Tous mes rèves d’aveuir ont disparu, mais il m’en reste un, et celui-là ne disparaìtra jamais : une maisonnette bien propre, bien confortable, bien solitaire, et toi au milieu de tes deux amis : une vie coulante, modeste, une vie d’amour ; une culte quotidien à notre saint, des causeries mélancoliques mais pleines de foi en Dieu, et dans les siècles à venir; deux ou trois visites mais d’intimes, un piano forte anglais, des chansons alle-mandes, des livres, un repas frugai mais homogène, toujours deux soupes, une au bouillon, l’autre à la sauce, la dimanche une bouteille de Bordeaux ; nous écririons nos mémoires qui ne man-queraient pas d’intérèt. Une vie intime, une vie d’àme, une vie religieuse ; tu serais notre centre, notre esprit, notre providence. Nous ferions des promenades dans des allées toutfues, nous irions près des ruisseaux cueillir le vergiss mein nicht• Rien ne me tente dans ce monde : gioire, ainbition, luxe tout cela est de la fumèe pour moi. Tout est concentrò pour moi en toi, en Francois, en Emilie. Que le ciel m’aecorde l’accomplissement de ce rève, et je l’en glorifierai dans tonte l’éternité. Le paragraphe suivant est in solidum pour toi et Monsieur. ^ ràiment vous ètes trop bons pour nous. La promptitude avec laquelle vous avez exécuté notre demande, n’est rien en comparai-son des larmes qu’une pale esquisse de notre condition vous a arrachés. Ces larmes sont presqu’un un remords pour nous : nous qui aurions dii semer quelques roses dans le chemin de votre vieillesse, nous vous donnons au contraire des sujets perpétuels de chagrin et de tribulation. Mais quand est-ce donc que nous pourrons vous donner une joie? Si vous aviez vu l’éinotion profonde qui nous a saisis à la lecture de la peinture des sentiments. qu’a réveillés chez Monsieur et chez-vous tous ma lettre, au moins vous auriez vu que nous vous rendons amour pour amour ; pour-quoi ne pouvons-nous pas aussi vous rendre bienfait pour bien-fait? Mais non, nous ne saurions nous plaindre de notre sort, car vos deux cceurs sont deux trésors pour nous, les plus grands d?s trèsors, parce qu’ils représentent l’amour, et la Providence. Nous savions (pie vous étiez à court d’argent, et pourtant avec quelle célèrité n’avez-vous pas envoyé notre trimestre ! Croyez-vous que nous n’apprècions pas toute la délicatesse de ce procède? Avons-nous assez de paroles pour vous témoigner notre gratitude? Vous ètes deux nobles cceurs. En ceci nos malheurs ont porte (le bons fruits, qu’ils ont rap- I 127 proché de plus en plus nos àmes, et qu’ils nous ont fait voir quelle puissance de sacrifìce se cachait dans les vótres. Nous re-cevrons avec plaisir la lettre de Monsieur : il y a quelques jours j’ai vu une inscription de Foscolo transente de sa main : ga m’a donne urie sensation que je ne saurais rendre, c’était cornine le parfum de la campagne de sa patrie à l’exilé (1). En attendant je vous mèle dans un long embrassement, et je prie le ciel de me donner vos chagrins, et de vous donner mes joies. Si pourtant il m’en réserve quelqu’une. Adieu. Votre affectionné Auguste (1) « Ho ricevuto non oggi, ma l’altr’ieri — scriveva Mazzini alla madre il 26 aprile 1836 — le vostre due 16 e 18 aprile — e in una l’acchiusa iscrizione di Foscolo, ricopiata di mano del Sig. Bernardo, del quale ho riconosciuto lo scritto anche prima d’aver letta la vostra. Voglio dunque, che ringraziandolo da parte mia, gli diciate che il suo augurio s’è inteso — che spesso parliamo di lui, e lo ammiriamo un de’ pochissimi a’ quali gli anni non tolgono, in certe materie, la gioventù dell’aniino, in certe materie, dico, nelle quali, pare che la prudenza e l’esperienza prendano negli uomini d’una certa età aspetto di paura, di cieca rassegnazione e d’egoismo. Ditegli che noi, com’egli, serbiamo intatti ed incrollabili le idee che non ci vengono dagli uomini, ma da più alto — e che serbiamo anche le speranze, perchè le grandi crisi della natura son precedute sempre da un silenzio e da un’apparente immobilità delle cose che gli uomini chiamano calma, e non è che concentramento di quelle forze naturali, che poi producono i terremoti etc. Ditegli anche che noi viviamo confortandoci l’un l’altro dell’antica amicizia, che nessuna cosa ha potuto rompere — e ch’ei deve andare superbo de’ suoi figli, com’io vo’ lieto del loro affetto » (Scritti - Epist., E. N., IV, 323). — La madre, in risposta, scriveva il 7 maggio : « Oh mia cara, quale soddisfazione giuliva recava il tuo paragrafo al Bernardo non potrei descrivertelo. Volle che io glielo leggessi più volte, fiero di esser creduto da te nutrir sempre gli stessi sentimenti; ed il suo cuore si dilatava andandosi egli ripetendo le stesse tue parole, chiamandole sacre e più che profetiche... Quindi ricominciava a preparare e dirigere tutta la riserva dei suoi accidenti, indi gli energici suoi colloqui aU’Bcce Uomo nel quadro. Cose dell’altro mondo su te, che il tuo nome per lui è quello di Sole; indi svisceratezza d’amore e disposizione a tutti sacrifizi, per le tue compagne. E si era scosso talmente che diceva allo zio ch’egli sentivasi capace di fare il viaggio per venire ad abbracciare le nostre eroine uniche al mondo, ed in questo pensare è di vera e tutta buonafede, credendovi tali. Gran pregio al mio cospetto dappoiché in tutte le più disastrose fasi percorse egli seppe sempre rendervi tutta la dovuta giustizia e mai mai sua bocca s’aprl in minimo cenno di biasimo; cosa, ripeto, osservata ed ammirata da me con soddisfazione..... (Cfr. A. Luzio, La madre di Mazzini, cit., pag. 95). 128 CCXCVII. Giovanni alla Madre [Gremcben], Je 9 Mai 1836. Ma bonne Àmie ! Je préviens le courrier de demain matin en t’écrivant quatre mots dès aujourd’lmi, afin de ne pas me laisser réduire aux der-niers moments, chose qui arrive aux paresseux qui ont la louable habitude de ne se lever qu’entre onze heures, et midi. Il faut mème qu’à ees propos je te tasse mention honorable dePaulin, qui m a absolument édiflé, tant il est matinal. Je crois que, si j’ai .1 tester ici longtems, je finirai par en faire autant. Mon départ de Berne a été le signal d’un cataclysme postai; le courrier du I iernont n’est pas arrivé, et c’est la seconde fois qu’il manque. On attribue cela, comme de droit, à une empèchement physique, tei que fonte de neiges, ou écroulement de routé, ou que sais-je. ' est pour cela que nous ne nous inquiétons nullement de ce vide, quoique le manque de tes caractères nous chagrine paSsablement. J espère, je crois, je suis mème sur que le courrier de demain matin va nous dédommager de cette lacune, en nous apportant doublé ration. Nous aurons bien le tems de te le marquer, avant que de fermer la lettre. Je t’écris d’une chambrette toute proprette, mon nouveau logement, vis à vis de moi sept portraits de la tamille patriarcale, chez laquelle nous sommes, qui par mstants m embarassent avec leur perpétuel sourire. Je ne peux le\er les yeux sans me trouver presqu’en devoir de sourire moi aussi, si je ne veux avoir l’air d’un rustre. Sur ma table mes livres, des cigares, des pipes, compagnes inséparables, qui... je te citerai un passage de Oicéron, relatif aux livres, si je le rap-pelais, je ne rappelle que le mot rusticantur. Plus une image de la Madone, avec légende Allemande, tout près une lettre de moi à ma bonne Julie, un verre a-vec pensées, violettes, et vergiss mein nicht, un autre verre plein ras d’extrait d absynthe dans l’eau. Tu vois que quoique obligé à dire adieu au sejour des villes, je n’en ai pour cela renoncé au confortable de la \ ie citadine. La volpe perde il pel etc. De ma fenètre je CCXCVII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria vedova Cogorno - Génes - Italie. - Bollo postale: Berne, 9 Mai 1836. — Nello stesso foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. 129 découvre la campagne, qui est encore passablement morne, car l’hiver de cette année a juré de n’en plus finir ; il fait toujours de la bise, passablement froide, le ciel est sombre, et nuageux. lmagine-toi la moitié Novembre chez vous, et tu auras une idée du tems chez nous. Mais nous sommes d’abord bien réparés, et quand nous avons froid, on nous fait du feu. De cette manière, la santé est parfaite à nous tous; l’humeur, sans ètre toujours gaie, est du moins égale, et unie ; sans excepter la gaìté, mème un peu folle, par instants. Mais c’e^t l’exception à la règie, si je voulais te donner une idée de notre manière d’ètre au moral au moyen d’une comparaison mat-rielle, je te dirais que notre humeur ressemble à un lac tranquille et uni dans lequel se reiiètent les rayons pàles et mélancoliques de la Lune. De Berne je ne sais autre chose sinon qu’Ange se porte bien ; j’aurai demain des nouvelles de tout ce qui m’intéresse. En attendant je t’embras-serai un million de fois [je] te prierai de saluer famille, amis. et amies de ma part. Adieu à toi, en qui je vis, par qui je vis, ■ir qui je vis. Adieu adieu. Ton Zane CCXCVIII. Giovanni alla Madre [Grendien], le 13 Mai 1836. Ma chère Amie ! Je préviens le courrier de demain qui probablement m’appor-tera de tes nouvelles, en laissant le soin à Paulin de te le dire, car moi je serai encore au lit. Non pas que l’arrivée d’une lettre de tei ne soit un petit événement pour moi, et tei mème, que les jours de courrier je donne ordre qu’on m’éveille à peine le courrier arrivé, à peu près les liuit heures du matin ; car il me tarde toujours d’avoir tes nouvelles ; mais tout de mème, si je ne trouve rien dans tes lettres de pressant pour y répondre, j’aime laisser la tcìebe à Paulin plus matinal de t’écrire, et je fais encore un petit sonine d’autant plus calme et doux que la certitude de ton bien-ètre a infiltré dans mes veines une fraìcheur agréable. et CCXCVIII. — Inedita. A tergo: illa Signora Maria vedova Cogorno - Génes - itati. Bollo postale: Berne, 13 Mai 1836. 180 suave. C’est. pourquoi, (et ajoute aux raisons dessus un peu de paresse) j'aime mieux écriré la veille du courrier. Pour cette fois, j’ai très peu de choses à te dire, ce qui se ressume en cela, que nous somme tous parfaitement bien, Ange y compris, que Rosales nous est arrivé cet après diner, et qu’à table il a dit que tu es un Ange, chose qui me le fait aimer encore un peu plus. Ci-incluse une lettre pour la mère de Frédéric. Je ne l’ai pas lue, mais j’en devine la teneur par une autre qu’il vient de rn’é-crire. Mon pauvre ami est aux abois. Voilà trois mois, qu’il soufire d’une maladie très douleureuse, et dispendieuse, sans en vouloir rien dire à personne par une fausse bonte. Les mémoires du pharrnaciste, et du medicin l’ont enfin obligé à rompre le si-lence avec sa mère. Il doit 900 fr. de sa cure, chose qui ne m’éton-ne pas dans un pays comme Paris où tout est cher, et s’agissant d une maladie qui exige des remèdes très coùteux, tels que salse-pareille, Robb à 13 fr. la bouteille etc. Il a été obligé pendant un mois d’avoir un bain chez lui, ce qui revient à deux frs. par jour, et il me raconte avoir mis peut-ètre un millier de sangsues pour chasser l’inflammation, qui menagait à tout instant ses glandes inguinali. Les sangsues coùtent à Paris six saux de France la pièce. Imagine-toi, pauvre ami. Il avait eu d’abord recours à moi, et aux amis, mais malgré tout notre désir nous n’avons rien pu faire, car nous sommes tous pauvres comme fra Curzetto. Je le plains de tout mon coeur, et sa mère aussi, sur laquelle va tomber cette rude besogne, mais comment faire? Il te salue de tout son coeur (1). Salue toute la famille, Benoite, Victoire, Marthe, Cicchina, Laurent, et tout le monde pour moi. Rosales te salue tendrement. Aime-moi comme tu m’aimes, moi je t’aime de toutes mes forces, comme on n’aime pas ici-bas. Ton Zane (1) Questa descrizione a tinte fosche di una. presunta malattia di Federico Campanella, non era altro che un mezzo — certo non troppo simpatico — escogitato dall’esule genovese per ottenere dalla madre un assegno, onde togliersi dalle strettezze finanziarie in cui si dibatteva sempre più in Parigi. — Vedansi le lettere seguenti. 131 CCXCIX. Agostino alla Madre [Grenchen], 14 Mai 1836. Chère Ame, Avant que je ne l’oublie, quelle somme avez-vous payée à Mons.r Croce? Sachez que si vous avez payé 1000 francs, il vous en a volé 30 dans la réduction de la somme en francs de Suisse. Le frane suisse est 10 batz, celui de Trance seulement 7 ; par conséquent 10 : 7 : : 100 : 700, c’est-à-dire que 1000 francs de France forment 700 francs de Suisse. Mais dans l’effet que vous avez en-voyé il manque quelque chose, 30 francs je peuse, mais je veri-fierai la chose, car dans ce moment l’effet est à Berne. Je vous dis cela afin qu’une autre fois vous soyez sur vos gardes : pour cette fois il n’y a plus moyen de rien faire. Partez toujours du point que le frane suisse est au frangais comme 10 à 7 et on ne vous trompera plus. Peut-ètre aussi ce n’est qu’une simple équi-voque, mais j’ai cru qu’il était utile de vous en prévenir. Nous avons ce matin ta bonne lettre dans laquelle tu nos dis tant de choses à propos de cette bagatelle. Eh! ma chère, sou-viens-toi des envois réitérés de 1000 frs., que tu nous as faits et qui étaient du sang de ton sang, et puis extasie-toi, si tu le peux, à propos de ce que nous venons de faire. Emilie est extrèment reconnaissante des bonnes choses que tu lui maudes, mais elle veut que je te rappelle, que ce n’est qu’un prèt, que lorsque elle avait besoin de 4000 francs tu t’es donné tant de peines, et tu as subi tant de refus, que la reconnaissance est encore de son còté, qu’enfìnj tu ne dois nullement t’étonner d’une chose que tu aurais faite pour elle avec le mème transport avec lequel elle l'a faite pour toi. Tu vois que nous raisonnons juste. Je te recommande une chose : la lettre que Frédéric écrit à sa mère pourrait décider cette dernière à te demander un emprunt ; ma chère, il faut faire un coeur de bronze et refuser en disant franchement qu’on n’a pas le sou. Cette petite somme que tu possèdes en ce moment n’est en eftèt qu’un capitai passif, non pas actif, c’est-à-dire destiné à combler un vide. Pour avoir quelque chose d’actif à disposer en faveur des amis il faudrait que toutes nos dettes fussent payées, et nous sommes encore loin de cela. J’ai déjà insistè pour CCXCIX. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 132 que cette affaire demeure un secret entre nous quatre : tu recon-nais sans doute Pimportance de ceci. Rosales est revenu de Paris, et a passò ici l’après-dìner d’hier. Ce matin il est parti emportant mon pauvre Diamant. En vérité s’il n’était un chien de chasse et partant inutile pour moi je n’aurais pu m’en séparer. Hier en suivant la charrue Diamant a pris un lièvre, cela est venu tout a propos pour donner à son futur maitre une preuve étonnante à vrai dire de son habilité. Hier au soir à table Rosales a fait un pompueux éloge de toi, ce qui m’a réjoui le coeur. Il va sans dire qu il nous a chargé de te faire mille et mille salutations. Il parait que Monsieur veut nous envoyer deux ou trois volumes. Ce sera la lettre-monstre, comme le procès-monstre devant la cour de Pairs. Adieu, ma petite. Le beau tems est revenu chez nous, mais il fait toujours un peu froid. Je vois que décidement l’hiver ne veut plus vous quitter : cela commence à scier le dos. Prenez un baiai et cbassez-le. Il va sans dire que nous jouissons tous d’une parfaite santé! Rosales de mème est très-bien portant, toujours bon, toujours aimable. C’est beaucoup qu’il nous soit resté un pareil ami. Fais mes compliments à Mr, a Ninette, Octave et Laurent. Je t’embrasse, comme le tils de Dieu embrassait sa mère. Quel àne que je suis ! Tu es bien la Madona, mais je ne suis pas moi le Christ. Adieu. Ton Auguste Nel retro le seguenti linee di Giovanni : Le paragraphe de ma lettre regardant Frédéric est faux, de fond en comble. J’aì un peu de remords de lui servir de complice, mais comment faire autrement? entre jeunes gens habitués à ètre peu scrupuleux, il faut quelquefois transiger avec sa conscience, et refuser certains services devient impossible. Le mal d’abord était fait du moment que lui-mème écrivait à sa mère qu’il a été, et qu’il est encore malade. Or, voilà dans quel but je t’ai écrit ce paragraphe. Supposé que sa mère ne prètàt pas grande foi à la lettre de son fils, et qu’elle t’interrogeàt à ce propos, tu dois froidement lui répondre — Voilà ce qui m’écrit mon.tils — et lire mon paragraphe. Si elle te demandait de Par-gent en prèt retranche-toi dans ces mots : Je n’ai le sou, ni moyen d’avoir le sou. Je te défends absolument de prétez 20 fr. Adieu adieu. Pardonne-moi. ìóò ccc. Agostino alla Madre [Grenchen], 15 Mai 1836. Chère Ame, Nous recevons aujourd’hui deux charmantes lettres de toi ; chacun a donc aujourd’hui son pain de gràce. Monsieur Francois est dans ce moment au lit, il te répondra le premier courrier. Quant à moi je vais te dire quelque chose ce matin mème à propos de cette missive qu’une àme seule comme la tienne peut concevoir et écrire. Emilie dit que tu l’as payée au centuple du petit Service qu’elle t’a rendu par le témoignage d’une reconnaissance qui sans doute lui est bien chère, mais qui lui parait exagérée. En effet je ne sache pas que nous ayons fait quelque chose de bien merveilleux et de bien grand. N’as-tu fait bien plus pour nous, et non seulement une fois, mais deux, trois, six, douze fois? Combien de fois ne sommes-nous pas venus trapper à ta porte dans nos détresses et as-tu jamais refuser de nous ouvrir? Combien de sacrifices n’as-tu pas fait pour nous, et pour moi particulièrement, qui t’ai jeté mille fois dans des embarras? Ces mèmes dettes qui te tourmentent aujourd’hui, ne suis-je pas moi qui te les ai procurées en partie? Veux-tu donc nous óter ce bonheur d’avoir pu faire une si petite chose pour toi, pour toi dont nous ne pourrions pas paver l’amour, ni le dévouement perpétuel, fussions-nous véritablement des essences séraphiques. comme tu te plais à dire, farceuse que tu es? Nous sommes un peu lìers d’avoir pu te soustraire aux griffes de ces gens riches, qui pour 400 misérables francs voulaient te crucifler. Tout ce que tu as fait est merveilleusement bien fait. Ta prudence et ton tact. égalent ta celeste sensibilité. La première fois que tu verras Mr Gatto aie la complaisance de le remercier vivement de ma part. T’a-t-il dit par hasard d’avoir regu une seconde lettre de moi? Je me réjouis, on ne peut plus, de ce que le secret que je t’avais tant recommandé n’ait été d’aucune manière traili. Tu as encore le courage do me parier des 500 francs. Je ne te trompais pourtant pas en te disant que je n’en avais aucune-ment besoin. Pour payer les dettes de nous trois il fallait bien autre chose que 500 francs, et quant à vivre j’étais assez pourvu. CCC, — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 134 Puis nous avions déjà des projets en vue et ces 500 francs étaient une bagatelle que nous dédaignions compter panni nos ressour-ces. A present nous attendons courageusement l’avenir : il est vrai que les plaies de Génes sont bien loin (Tètre cicatrisées, mais on a bàti votre cathédrale petit à petit. Si l’entreprise du Journal ne fait pas banqueroute, nous pourrons aviser à (le nouveaux remèdes. Yois-tu, nous sommes nés avec une ame trop magniloque, nous avons un trop large coeur pour ètre destinés à vivre toujours dans la pauvreté. Il faut qu’un jour Mr Francois ait son chevai arabe, et moi mon tilbury. Cela ne peut pas manquer. Imagine donc tes deux amis changés en véritable bergers de Florian : tous les jours nous allons cueillir du vergiss mem nielli. Avant hier nous avons trouvé un petit ruisseau qui en avait Jes bords parés dans la longueur de plus d’une vingtaine de pas : nous en avons reporté un bouquet à la maison qu’a fait jeter des cris d’admiration aux demoiselles. Hier nous avons fait une course jusqu’à Voffling, petit village dans les montagnes du Jura. En revenant nous avons fait un cliemin délicieux entre dc-s arbres touffus et sur un parterre de fleurs. Nous avons trouvé tant de vergiss, que nous commengons à le déprécier. parce qu’il v en a trop. Une fleur si belle et si symbolique devrait ètre très-rare, sinon eile perd de sa valeur. Peut-ètre aussi puisqu’elle repré-sente les promesses des amants est-il bien qu’il y en ait beaucoup comme il y a beaucoup de promesses d’amour. Reste à savoir qui est plus durable d’entre une promesse d’amour et un vergiss mein niclit, je parie au moins des amants vulgaires. Il serait bien souhaitable que Mme Giuseppa persista! dans l’idée de cèdei à sa Alle une portion des fruits de sa dot, quoique ce ne soit pas grande chose. C’est à l’avocat qu’il appartient de pousser les :-hoses en faveur de sa cliente. Je ne doute pas qu’il ne fasse tout ce qui est en son pouvoir. Je le salue affectueusement. Je regois aujourd’hui une longue lettre de ma bonne Du-Commun. Elle m’attend à Chaux-de-Fonds, dans sa chambre qu’elle a meublée elle-mème, elle me parie déjà des promenades que nous ferons ensemble, de ses parents qui brùlent de me con-aaitre, et autres douceurs : on me gàte, ma chère. Dans sa lettre il y a un morceau transcrit d’une lettre d’Anna, qui m’a pro-fondément touché. Le médicin ne parait pas se plaire beaucoup dans sa maison: ce sont des gens extrémement prudents. Peu importe. J’envoie dire bien des choses à la chère Lille. Quant à 185 moi je me transforme en vergiss mein nicht et viens vers toi. La Ninette pourra la chercher dans les vases de la ferrasse. Adieu, je t’embrasse mille fois. Mon àme à toi. Ton Auguste La lettre de change était de 675 francs de Suisse qui équi-valent à 975 de France, dont 25 francs de France de moins : cal-culant 10 francs pour l’escompte, 15 francs de perdus, mais ce n’est rien. CCCI. Giovanni alla Madre ['Gremchen, 15 Mai 1836]. Ma chère Amie ! Ih Ih Ih ! comme tu prends feu pour rien ! te voilà jetant les hauts cris, faisant les merveilles, t’exaltant — et à propos de quoi? à propos d’une chose si simple qu’il ne vaut pas l'a peine d’en parler. En effet, ne sommes-nous pas tes eufants chéris, n’es-tu pas notre mamam à tous? ne sommes-nous pas frère, et soeur, ou quelque chose de mieux? Tes plaisirs, tes peines, tes embarras ne sont-ils pas nos embarras, nos peines, nos plaisirs? ne sommes-nous pas tout un? tout n’est-il pas commun entre nous? En conséquence, quoi de plus naturel que nous mettions aussi en commun un peu de cette méprisable matière, qu’on ap-pelle argent, puisque cela sert à quelque chose? Est-ce que nous jetions les hauts cris, et faisions les merveilles quand tu nous envoyais des lettres de change de mille francs par extraordinaire. et cela plus d’une fois? Ainsi, plus un mot de cela. Seulement, je veux constater trois choses : ler que la petite joie, que nous nous étions promise surpasse de beaucoup notre aspectation, de manière que nous gagnons beaucoup au marché, car ta joie est notre joie ; 2de que nous t’avons joliiuent attrappée. toi qui pré-tendais savoir tous nos secrets; 3me que tu te plains à tort de ne pas savoir rendre ce que tu as dans l’àme, car ta lettre du commencement à la fin est un Hymne. Emilie te remercie du fond du coeur de tes expressions affec-tueuses, et est confuse et mortifié de l’expression d’une recon- CCCI. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci nell’op. cit., pag. 95. naissance si grande à propos d’un si petit Service. Elle ne t’en dit pas d’autres, car il lui siérait mal de faire des phrases. Toi qui hi eonnais ne sais-tu pas parfaitement que son unique réconi-pense dans cette affaire, c’est d’avoir pu te rendre un léger Service, de t’avoir procuré un instant de plaisir? N’est-elle pas ton enfant aussi? La nouvelle méthode d’envoi introduite par Mr Lacroix ne nous incommode point du tout. Ainsi, vous pouvez en faire de mème pour les envois successifs. Les cravates ne sont pas elicere arrivées — nous t’en dirons notre opinion remoto odio, et amore, comme tu l’entends. — C’est vrai, je ne sais dans quelle occasion, j’ai gagné un raffreddore le soir, dont je ne t’ai pas parlé pour la raison que j’ai oublié de l’avoir eu, car le lenrle-mein il s’était évanoui. Le Docteur de l’hermitage est un peu ta bète noire. tu t’en es fait une fausse idée ; il est loin d’étre un vendeur d’orvietan, e’est le médecin le moins blagueur, et le moins charlatan du monde. Il borne d’autre part son système d aco-punct.ure aux varices, et il ne prétend pas de guérir les rhumes de cette manière — ainsi, je n’avais rien à craindri de s?s aiguilles, comme tu penses. Ni moi non plus je suis homme à ^ mettre entre les mains du premier venu, d’une personne en qui je n’aurais pas conflance. Heureusement l’occasion ne s’est pas encore présentée, ni se présentera d’aussitót, car je suis sain et fort, comme un Hercule, ainsi que mes amis. Le premier para-graphe de ma lettre t’aura appris que je réponds à ta charmante du 5 Mai. Nous avons fait aujourd’hui une superbe course dans la montagne nous trois, et les Docteur ; nous avons cueilli vio-lettes. et vergiss peu s’en fallait que nous ne courussions der-rièr^ aux papillons. Voici ta recette pour le parent au cas qu’il viendrait chez toi. Tu dois le traiter comme si rien n’était changé entre vous, ni entre nous. Tu dois lui dire que je t’ai écrit d’une certaine lettre que je regus de lui pendant que j’étais en tournée dans le Jura, à laquelle ma tournée m’empécha de répondre. Que revenu à Berne après 20 jours d’absence j’atten-dais toujours un mot de lui pour lui écrire car sur le doute qu’il fut parti je ne voulais aventurer une lettre de quelque impor-tance. Or, ce mot n’est pas venu, et moi [je] n’ai pas écrit. Voilà tout. S’il est bon, je ne l’offense pas; s’il est mauvais, ut minus noceat! Je t’embrasse. Adieu. Zane CCCI1. AGOSTINO ALLA MADRE [Grenchen, 19 Mai 1836]. Chère Ame, Je me trouve aujourd’hui sans grand’matière, n’ayant pas reyu de tes lettres. Je regois pourtant une novelle de Paris que je veux te communiquer. Depuis un mois Céleste se trouvait à Londre® pour essayer de vendre un brevet d’invention, depuis la fàcheuse réussite de son entreprise d’ imperméabiiité. On n’avait de lui que des nouvelles indirectes : j’ai raison de croire qu’il a réussi à vendre sa patente. Mais voilà tout à coup qu’il revient accompagné... par qui? par une bellissima augi ai se. qu’il a épousée en Angleterre sans en prévenir personne, pas méme ses parents. Il arrive, il descend chez son pére, il lui présente sa femme, qui ne parie ni frangais, ni italien. Le pére malade d’une jamlw; véritable stoicien du reste se lève s’appuyant sur sa chaise, et dit sovez la bienvenue, j’aurai une Alle de plus. Et voilà la chose arrangée ni plus ni moins. C’est tout ce que je sais ; ma Céleste ne manquera pas de m’envoyer des détails. Nous pouvons donc nous rassurer sur la continuation de cette famille vraiment exceptionelle par la bonté du coeur. Aujourd’hui je lui enverrai un petit billet de félicitation. Je fais des voeux de tout mon coeur pour qu’ils soient éternellement heureux. On me inande aussi que le premier Numéro du Journal Vlta-lien va paraìtre avant la fin du mois. Lorsque vous l’aurez il faudra que l’avocat, Frédéric, Niccolino, les Médicins, et pa-reille canaille fassent des pieds et des mains pour trouver des abonnés. En général le Journal aura une physionomie sérieuse et morale: j’espère que ce sera une recommandation valable sous tous les points. Mr Francois t’envoie un billet que tu feras remettre à Mme Marthe. Dans ce billet il y a deux tiges de vergiss mein nicht pour Madame : une de la part de Francois, l’autre de la part du pauvre Auguste. Il v en a une troisième que nous t’envovons in solidum nous deux. J’y dépose en ce moment un doux baiser et je voudrais que ce baiser fut une goutte de rosée du ciel qui put Ini conserver sa fraìcheur pendant tout le trajet. Emilie n’a pas le tems d’écrire à Mme, étant très occu- CCCII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 138 pée ce matin. La sauté est parfaitement bonne. Dimanche notre maison était pieine de bruit et de danse. Nous avions au moins une douzaine de Dames. Il Ara sans dire que je m’en suis douné. J’ai dansé beaucoup, et ce qu’il a de mieux c’est que Francois entrainé par l’exemple a tournoyé lui aussi avec M1Ie Madelaine. Tu vois que nous menons une vie sybaritique. Là on se marie, ici on danse, on cueillit des fleurs, on chante, c’est une véri-table Arcadie. Tu devrais nous grondèr de nous laisser aller à tant de bruit et de plaisir. Cette sceur Claire paraìt donc tout à fait décidée de nous quitter. Elle s’en va droite au ciel, et son Age était tei, qu’on aurait tort de la regretter. Ici-bas elle s’ennuyait ; là-haut elle se réjouira. Le tems chez nous est superbe mais il siffle une bise tant soit peu indiscréte. Point de roses sans épines. Je croyais recevoir aujourd’hui la lettre-monstr*e ; peut-étre Mr en a-t-il de-posé l’idée. Nous verrons. Que fait-elle, Mme Lille? Je lui écrirai un de ces jours. Adieu, ma chère àme. Un rayon de soleil bat contre mes croisés dans ce moment. L’idée que tu vois, que tu admires cette mème lumière est une joie pour mon coeur. Tu mériterais une couronne de plus lumineux rayons, car ton ame est un soleil. Adieu — ton Auguste te presse contre son coeur et ne veut plus que tu sortes de là, tyrannique qu’il est. Mes salutations à tout le monde. Ton Auguste CCCIII. Giovanni alla Madre [Grenchem], le 20 Mai 1836. Ma seule Amie ! Je n’ai pas grande matière, comme tu penses, étant sans tes nouvelles, car le courrier n’arrive que demain matin, et moi j’écris toujours le soir, de crainte que la paresse, ou la cloche du diner ne me joue un mauvais tour. La vie de ce coin du monde, sans ètre fatiguante, est pourtant passablement monotone, et les jours se suivent, et se ressemblent. L’unique événement de quel- CCCIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 139 que importante, qui accidente, et colore 1111 peu cette vie monacale c’est l’arrivée du courrier, qui nous apporte les lettres, et Ics journaux ; ceux-là sont nos grands jours d’affaire. Les autres jours, à peu de différence près, c’est toujours la mème cliose. une espèce de vie beate, meditative, et digestive. Une vie de Chanoine. Aujourd’hui, par exemple, je me suis levé à dix heures. J’ai fait ma toilette, brossé mes dents ; après j’ai pris un cigare, et tout en fumant, à l’aide de la Grammaire et du Dictionnaire j’ai traduit quelques versets de Lamennais en mauvais Allemande. La cloche du diner m’a appelé. Nous trois, deux demoiselles qui ne parlent et ne mangent pas, puis le Docteur, voilà le personnel du diner. En vérité, ces deux demoiselles sont de très bons enfants, mais si enfants qu’on ne sait de quoi les entretenir. Le diner fini, j’allume ma pipe, et m’en vais par travers champs, et vallons chercher du vergiss mein niclit. Eh bien! le croiras-tu? encore une délusion — car c’est une profanation que d’en rencontrer à chaque pas, que de ne pouvoir marcher sans risque de le fouler, que de voir enfìn le vergiss mein nicht se prostitner. Par suite de la profusion je crois que je serai bientòt blasé sur cette aimable fleur. Revenu de ma course tout essoufflé, et suant, car le soleil était très vif. et je suis habillé comme en plein hiver, je m’étendis de tout mon long sur un canapé, comme un petit Pacha-non sans avoir auparavant artistement disposé ma récolte dans un pot, en y soignant quelques mélancoliques pensées (fleurs). Dans cette commode position nous devisàmes avec Emilie et Paulin tant que les six heures arrivèrent ; remarque qu’afin de ne pas trop nous dessé-cher le gosier, on buvait de tems en tems une gorgée de bière. Cela pour te donner une idée du còté confortable de notre vie. A six heures, en véritable sybarite je m’en fus au bain, duquel je sortis frais et dispos comme l’argent. A huit heures le souper ; le Docteur était d’une humeur diamante, et nous fit pàmer de rire à plusieurs reprises. Puis l’on joua à certain jeu de péniten-ces, qui toutes se résolvent en baisers à donner, ou à prendre. J’en ai donné pour ma part une douzaine au moins. Les autres soirs ou l’on danse, mais vraiment en famille, et sans fagons, ou une demoiselle nous fait un peu de musique sur le piano. A présent. onze heures passées, je suis retiré dans ma chambre, ma pipe à la bouche, et je t’écris ces deux mots. Dans une heure je serai au lit, et dans une autre heure, employée à lire, j’éteindrai ma chandelle, en pensant que demain c’est jour de courrier, et que 140 j’aurai de tes nouvelles. N’est-ce pas qu’on peut dire de notre vie avec Virgile Deus nobis haec otia fecit? En attendant, notre santé à tous est excellente, Ange aussi se porte à merveille. Faites-en autant de votre còté, toi principa-lement, du bien-ètre relatif, de qui notre bien-ètre physique et moral dépend. Mille choses affectueuses à la famille, aux amis et amies un souvenir, et une étreinte de main. A toi ce que l’on n’écrit pas, mais ce que l’on sent, et que tu devineras aisement, i-ar tu le sens si bien. Je t’embrasse au front, à la bouche aux jeux, au cceur. Adieu, vie de ma vie, ame de mon ame, mon tout. Ton Zane CCC1V. Agostino alla Madre [Grenchen], 21 Mai 1836. Chère Ame, Voilà vraiment ce qui eommence à devenir embètant. Pas de lettres aujourd’hui ni de toi ni de Mme Marthe. Il va sans dire que cela n’est q’un tour que la fonte des neiges nous joue (] nel que part, mais cela ne laisse pas de scier le dos. Nous voilà renvoyés jusqu’à dimanche : ces deux journées vont nous paraìtre bien lougues. Baste ! je veux m’armer d’une grande patience par amour de toi et dans la pensée qu’une joie retardée est d’au-tant plus chère. A dimanebe donc. Aujourd’hui j’ai regu une lettre de la cousine : elle est bien en santé, et pas trop mal au moral. C’est un caractère heureux, qui sait faire surgir des moyens de jouissance du roc stèrile, comme la source de Moise. Elle sait que sa mère est à Génes, mais n’en parie guère. Je lui écrirai aujourd’hui mème quoique je sois un peu occupé. Nous apprenons d’une lettre arrivée de Bologne qu’on a tiré le cordon autour de cette ville. Il parait donc que le choléra se fait sérieux dans la Lombardie. Ma foi, quand j’y pense cela me met de mauvaise humeur. Ce n’est pas à cause des Lombards à vrai dire que cela me fait sortir des gonds, mais je crains que cet infernal fléau ne s’étende à d’autres contrées. Ah ! Mon Dieu, mon Dieu, quand CCOIV. — Inedita. Sul foglio in cui Giovanni scrisse la lettera precedente. 141 est-ce donc que nous aurons un peu de tranquillité? Le eiel d’hier et d’aujourd’hui est magniflque : la bise a cessé. Pouvez-vous eu dire autant de votre ciel? C’est bien ridicule que nous autres montagnards nous vous donnions l’exemple de la belle saison. Le bon Laurent pousse-t-ìl les choses avec Mme Giuseppa? Il s’est jeté à mauvaise partie, mais son noble coeur sait tout supporter en raison de l’utilité qui peut en résulter pour la cou sine. Tu ine pardonneras d’ètre bref : il faut que tu t’en prennes à ces fontes de neige qui, m’empèchant d’avoir de tes lettres inspiratrices, m’empéchent aussi d’avoir de la matière dont t’en-tretenir. A vrai dire je pourrais te màrquer comme quoi j’ai rèvé la nuit passée que j’étais dans une église, que j’avais avec moi un chien très-hargneux, que ce chien appartenait à Locatelli, mais, mon Dieu ! cela vous donnerait quelques numéros qui ne sortiront infailliblement pas : taisons-nous donc. Fais mes eom-pliments à Monsieur, à la guitariste, à Octave, Catherine, la nourrice, et tout ce monde. Regois le plus tendre des embrasse-ments que deux bras d’homme peuvent former, et aime celui qui vit et vivrà de ton amour. Adieu. Ton Auguste CCCV. Giovanni alla Madre [Grenchen], le 23 Mai 1836. Ma chère Amie ! Le dernier courrier était vide de tes lettres, chose qui me chagrine passablement, sans pourtant m’inquiéter le moins du monde. Déjà à Berne, où le courrier vient en ligne droite et sans interruption, ces irrégularités n’étaient pas rares. Or imagine-toi dans ce pays , où le courrier ne passe que trois fois la semaine, et où nous recevons les lettres de seconde main. Par exemple, une lettre peut arriver à Berne le Mercredi à midi, et nous la recevons au plus vite , devine quand...? Dimanche matin. C’est pour cela, et pour d’autres causes aussi, comme une certi-tude intérieure que rien n’est arrivé de mal, que, tout chagrin que je suis de cette lacune, je ne m’en inquiète pas. Demain CCCV. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 142 matin, sans faute, nous aurons de tes nouvelles, et consolantes. En attendant, je me trouve sans matière, cornine tu penses. Si au moins 'cet envoi des cravates, etc. fut arrivé je pourrais en tirer argument de discours; mais il paraìt que lui aussi s’est égaré en route. Tout de mème, je commencerai par te parler de nous. ^Notre vie s’écoule comme à Pordinaire semblable à un ruis-seau écarté, et solitaire, calme, et sans bruit. La santé est excel-lente, le coeur calme, la tète sereine. Le tems est beau et chaud ; hier nous avons eu la parodie d’un orage, avec deux ou trois eoups de tonnerre au lointain, semblables à ceux du théàtre des Vignes (1) ; puis une petite heure de pluie, puis une soirée superbe avec lune, et detti. Frasche de Mai. A Pinstant, 5 heures après midi, Emilie entre dans ma chambre, et m’apporte un verre de bière, que je bois avec grand plaisir, car je suis échauffé, devine de quoi? d’avoir lavé ma pipe. Tu souris, comme si c’était une des fatigues d’Hercule — eh bien, sache pour ta gouverne, que laver une pipe, quand’elle est bien sale, c’est chose très longue, et passablement fatigante. Ma pauvre Luisa m’écrit lettres sur lettres : sa première m’a été retardée, je ne sais pour-quoi, de presque une semaine ; c’est pourquoi ma réponse lui a été retardée d’autant et plus. La pauvre enfant croyait que je Pavais oubliée, que j’avais cherché un prétexte pour l’abandon-ner, que je m’étais en allé de ma parfaite volonté etc. Après, elle avait rèvé que j’étais malade, après, mort. Elle était dans des transes mortelles ; elle pleurait comme une folle avec Ange, qu’elle a rencontré. Enfili, à la réception de ma lettre elle s’est un peu calmée. « Je veux prier Dieu qu’il me donne la force pour sup-porter mon état ; pour vous aussi je veux prier, et prie toujours afin que vous puissiez trouver le bonheur ; quand mème vous m’offensiez, et atlligiez, quand mème vous seriez un trompeur pour moi, mon pauvre cceur n’éprouvera jamais la moindre vel-léité de rage, ou de désir de vengeance ; non, mon ami, je vous pardonne tout, tout », elle m’écrivait cela avant que d’avoir reir de leur maison jusqu’à un de leurs plus intimes amis pour la seule raison que sa présence ne plaisait pas à Mr le Due. Ceux qui nous persécutent sont ceux-là mème qui nous devraient protection. Mais je te le répète, son bras pour long qu’il soit ne nous atteindra pas : 011 pourra bien nous chicaner un peu, mais nous ne sommes pas neufs au métier (1). Rassure-toi donc, et méprise, comme nous, toute cette engeance. Eh bien ! je ne te questionnerai plus sur ton énigme, mais ce beau feuilleton dont tu nous parlais n’est pas arvivé : nous avons tous les cahiers du Journal depuis le 20 jusqu’au 30 Avril, mais il nous manque celui du 13. Il faut absolument que rien ne nous réussisse. Ou il n’est pas arrivé, ou malheureusement est-il perdu. Nous ne manquerons point de faire de nouvelles recherches, et Dieu fasse que nous réussissions, car je serais presque navré de ne pas pouvoir compléter la collection des calikjs. Lorsque j’ai un ouvrage incomplet c’est comme si je n’avais rien (2). Tant mieux si les bruits concernant le choléra sont exagéres, pourtant il faut bien qu’il y ait un commencement de vérité là-dessous, puisqu’on tire le cordoli sanitaire à Bologne. Jusqu’à présent il est loin de vous, et je répète avec toi tes su-blimes paroles : Dieu peut nous encore chàtier, s’il le veut, mais il ne le fera pas parce qu’il est bon. Yotre Alfieri -moderne ne (1) Napoleone Lannes, duca di Montebello, era stato inviato, sul cader del 1835 in Isvizzera, quale ambasciatore dal Ee de' Francesi presso il Governo elvetico, con la precisa misssione di rendervi impossibile la permanenza dei liberali e dei mazziniani, mediante pressioni sul Governo del paese che l’ospitava. Il duello serrato fra il Montebello ed il Mazzini, che già si era iniziato con l’espulsione di Giovanni Kuffini da Berna, non tarderà a farsi drammatico : costringerà sì il Mazzini ed i suoi amici ad allontanarsi dalla Svizzera, ma essi otterranno d’essere trattati non diversamente che se fossero rappresentanti di una potenza, come vedremo. (2) Si accenna alla Gazzetta di Genova del 13 aprile 1836, nella quale era inserita fra i « Manifesti Camerali e Senatorii e Regie Patenti », la convenzione stipulata fra il Governo sardo e quello toscano per la reciproca consegna dei rei di lesa maestà sì divina che umana non che dei complici in tali delitti. 145 vaut pas le sou (l), je le savais d’avance, et je loue Niccolino d’avoir couj)é court à cette liaison. Niccolino est un beau caractère, une ame créée pour les tendres sentTments, et les idées gé-néreuses. Il a bien autre talent (pie ce c-ouseur de vers : Niccolino ne fera point de tragedies, ou il en fera qui seront à celles de ce Monsieur comme la richesse à la pauvreté. Si tu le vois, dis-lui mille choses de ma part. Je suis bien aise que le prospectus ait trouvé un favorable accueil chez vous, mais c’est la seule victoire qu’il ait remportée. En generai on a applaudì à l'idée du Journal, mais on a été mècontent du prospectus. Il n'est que trop modeste, il est écrit avec insouciance, enfin c’est l’oeuvre de Partiste : et les artistes peuvent faire de beaux drames, mais qu’ils ne se mélent point de philosopliie. Il fallait exposer un ensemble de doctrines littéraires et on ne l’a pas fait. Mais s’il plait chez vous tant mieux. Au reste on s’en remet au premier numéro qui va paraìtre sous peu. C’est de là, et de là seul, qu’on pourra prendre une notion exacte de la valeur de la chose. Depuis les dernières choses que tu m’as mandées à propos des Opensi je ne veux plus leur écrire. Devons-nous nous ravaler à eux à cause d’un violon? Je crois que le conseil que je t’ai donné dans une de mes dernières serait bon à suivre. Retire le violon de chez eux sous le prétexte d’avoir trouvé l’acheteur et envoie-les au diable. Je crois aussi qu’Antoine n'a plus un aussi pressant besoin de cette petite somme : Accursi lui fournit 100 francs au mois pour travailler au journal, mais le croirais-tu? Avec 100 francs et une extrème économie il aurait pu vivre tant bien, tant mal : qu’a-t-il fait? Il s’est marié à la parisienne, c’est-à-dire il vit avec une demoiselle. Peut-ètre est-elle bonne, et alors je ne sais pas lui faire de reproches ; mais avec une tète comme la sienne, il est probable qu’il ait pris la première femme qui lui a dit un mot d’amour. Mais quelle tète! de ces 100 francs, et de la demoiselle n’en parie à personne, bien moins à lui mème si-tu lui écris. Laurent a très bien fait de lui écrire, il répondra sans doute et nous verrons ce qui en resulterà. Foin de Mme Josephine ! Sa résolution me va a sangue. Francois dort dans ce moment, mais il a lu ta lettre il y a une heure : par conséquent son sonimeli doit ètre doux. Sa sauté, la mienne, celle d’Emilie sont par-faites. Notre humeur est tranquille et égale : à tout prendre nous (1) Evidente allusione a M. G. Canale. 146 menons une vie fort bornie. Tu es l’étoile qui projette les rayons lumineux dans notre àme. J’avoue que sans toi la vie me pa-raitrait quelquefois un fardeau trop lourd à porter, mais lorsque je pense à toi, à ton amour, à ta douceur d’auge, à tes malheurs, j’aime la vie parce qu’elle est le moyen de t’aimer. Aujourd’hui c’est la Pentecóte, que l’esprit saint descende sur toi, et le couvre de ses ailes de colombe. Adieu, mon àme. Ton Auguste CCCVII. Giovanni alla Madre [Grenchen], le 25 Mai 1836. Ma chère Amie ! J’avais bien raison d’ètre tranquille sur ce retard de tes lettres — en eft'et, voilà ta Charmante du 14 courant qui coupé court, mème à tout pretexte d’inquiétude, du moment qu’elle nous rassure sur ta précieuse santé ; après cela, que pouvons nous désirer de plus? Ce n’est pas mème une épreuve que ce petit inconvénient qui m’arrive, du moins c’est une bien petite épreuve pour qui en a subi de bien rudes. Aussi vrai que Dieu est Dieu, si ce n’était pas pour Luisa, je voudrais en rire de bon coeur. et secouer la poussière de mes souliers au nez de qui ne veut pas de moi. Je ne regrette autre chose, qu’elle, mais à tout prendre. ma position n’est pas bien douleureuse, car je la verrai toutes les fois que je voudrai, tant qu’elle m’aime, cela s’entend. Je suis 011 ne peut plus heureux de ce que nos nouvelles ne t’aient pas été retardées dans cette circonstance qui était nulle en soi-mème, mais que tu avais pris au sérieux, comme il est naturel à une àme exceptionellement aimante comme la tienne. Non, Dieu ne nous a pas abandonnés, et il ne nous abandonnera pas. Le tems est désormais impuissant à nous tracasser sérieuse-ment ; ses boutades de bises, ses velléités de froid, et de pluie sont regues avec un sourire d’incrédulité, qui se traduit — mais il fera beau demain — et ce symptóme est décisif. L’hiver a passé du moment qu’on n’y croit plus. Sais-tu qu’il est désormais in-décent à ce paquet contenant les cravates de ne pas arriver? libre CCCVII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 147 à ces messieurs de le fouiller tant qu’ils veulent, mais il me parait que les premières notions du principe de la propriété leur commanderaient de ne pas le retenir. A l’heure où tu regois cette lettre la pauvre Olaire aura sans doute cessé de souffrir — c’est une destinée commune, la dissolution n’est jamais exempte de douleur, il faut s’y résigner, Que paix soit faite à son àme. Dans deux jours j’embrasserai Luisa. Je lui ai parie souvent de ton amour pour nous, de notre amour pour toi — il me paraissait que cet entretien devait la purifier en quelque sorte. Mais je ne lui ai jamais dit que tu m’écris d’elle, que tu l’aimes, etc. Non. Que ce soit un préjugé, un pressentiment, ou autre chose, je trouvais une anomalie à lui dire des choses semblables — toi si pure si sainte si haut placée tu dois jouer vis-à-vis d’elle le ròle de la sainte vierge, un róle d’indulgence, de pitié, de pro-tection — mais l’aimer, la bénir de ce qu’elle m’est une compensatimi à tant de déceptions, non ma chère, ce n’est pas encore le tems. Si jamais elle se purifie assez pour me devenir tout cela ce sera alors à toi de la bénir. Nous sommes tous on ne peut mieux — une musique enragée m’assourdit les oreilles au moment où je t’écris; les pavsans dansent en bas, boivent, voci-fèrent, chantent — le diable à quatre. Je m’en vais prendre un peu d’air. Mille choses à la famille, aux amis et aux aniies. Mille baisers à toi unique fleur qui rende gaie la lande de ma vie, rayon de soleil qui pénètre l’obscurité de ma destinée. Adieu. Zane CCCVIII. Agostino alla Madre [iGremchen], 26 Mai 18:36. Chère Ame, Comme je te l’ai marqué la dernière fois, nous n’avons pas pu lire le feuilleton du 13 parce qu’il n’est point arrivé, mais par un feuilleton d’un numéro postérieur qui parait se rattacher à celui-là je devine à peu près le sujet de l’article. N’est-ce pas une dissertation sur Byron, et quelques essais de traduction. CCCVIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. Nello stesso foglio in cui Giovanni scrisse la lettera precedente. 148 entr’autres celle da Prisonnier de Chillon? Le sujet est fort beau, mais les traductions de Byron me font mal au coeur. C’est comme qui voudrait traduire Dante : par conséquent je maudis de tout mon coeur les traducteurs. Le malaise de notre bonne Ninette me donne du chagrin : je voudrais savoir si tu croies que ce malaise dépende encore de la maladie antérieure, qu’elle a eu à subir et qui nous a inquiétés vivement. Le sort paraìt avoir dé-cidé qu'il y aura toujours quelqu’un de malade d’entre nous, et qu'il y aura toujours de nouvelles tribulations pour toi, pauvre unge. Cela est bien fatigant. Baste! je ne veux plus en parler pour mes bonnes raisons, dont la première est que je ne suis pas médecin, mais je te prie de me tenir au courant des nouvelles de ma Ninette, et surtout de ne pas trop te fatiguer toi-méme en soignant les autres. Nous recevons aujourd’hui ta charmante lettre du 16 de ce mois. Ma chère, jamais je n’ai voulu te faire le serinon à propos de la loterie : je jouais moi-mème étant en Italie. Je peux avoir dit quelques phrases comme cela en badinant. S’il y a quelqu’un qui mérite d’ètre favorisé par le sort c’est certainement toi, mais la fortune est presque toujours aveugle. Au reste tu dis vrai : le choléra n’est rien en comparaison de la méchanceté des hommes. On guérit le premier, ou au moins il tue vite, tandis que la seconde est inguérissable, et qu’elle tue mille fois cbaque jour. Ma seule consolation est de penser qu’il existe un Dieu miséricordieux et bon, et qu’il ne voudra pas trop appesantir sa inaili sur toi, parfaite et douce créature. La conduite de Madame Josephine est tout à fait digne d’elle : écrire dans ses lettres autant de mal qu’elle peut, et puis en présence de l’avocat s’extasier sur ta générosité, et témoigner grande reeonnaissance. Je l’estimais bien peu auparavant, à présent il ne me reste plus qu’à la mépriser. Quelle engeance. L’avocat doit ètre également supérieur aux calomnies qu’aux louanges perfides de cette Dame. Je réponds à son affectueux salut par un autre salut bien amicai et tendre. Il vaudrait mieux, je crois, que le parent disparut compiè-tement de la terre. L’bumanité ne perdrait point grand’chose. Et Montecuccoli? Cela est passablement curieux. Je regois juste-ment aujourd’hui une lettre de lui, et je puis bien constater qu’il est à Paris en cliair et en os. Le printems passe il est allé en effet faire un voyage en Allemagne, il avait l’intention de pousser jusqu’à Costantinople, et de là il serait allé probablement à Na- 149 ples et puis à Gènes, mais le choléra l’a fait rebrousser cheinin, arrivé à Stoeholm. Ce n’est donc qu’en imagination qu’il est venu chez vous, mais pour cela je te réponds que j’y viens souvent moi aussi de cette manière là. Que veux tu? Lorsqu’on est marié, qu’on n’a pas d’argent, il faut faire le cuisinier et le garde-malade malgré tous les talents du monde. Et puis pour nous le talent est une monnaie qu’on ne dépense pas. La belle chose que d’avoir du talent lorsqu’on ne peut l’utiliser ni pour toi, ni pour les autres. .Te crois que toutes les ressources de Gustave se ré-duisent pour le moment à quelques petites legons qu’il donne, et on ne va pas trop loin avec ga. Il parait avoir l’intention d’aller à Paris : peut-ètre fera-t-il mieux là-bas. Notre santé est parfaitement bonne, et sur ce point tu peux vivre tranquille. Je voudrais pouvoir en dire autant de tout ce qui te regarde toi, toi, la prunelle de nos yeux. Aujourd’hui j’ai un peu de spleen, mais il va passer bientót. Aussi faut-il avouer que les sujets de chagrin ne nous manquent guère. Ce malaise de la Mnette est une contrariété passablement embétante. Que Dieu nous soit en aide à tous. Je t’entoure de mon amour, et je voudrais que ce fùt un bouclier contre les dards du malheur. Adieu, chère àme. Fais mes compliments à Monsieur, Octa-ve, Angelina, Catherine, Nourrice, à tout le monde en un mot. Je t’envoie un baiser et dans ce baiser mon àme. Adieu. Ton Auguste CCCIX. Agostino alla Madre [Girencben], 26 Mai 1826. Chère Ame, Ce matin je suis sans lettres de toi, mais j’en aurai proba-blement dans une heure on deux, vu que nous attendons notre petit Ange qui aura voulu porter lui-mème notre correspondance. Mr Francois va rendre une visite à son ancien propriétaire, et Ange en personne vient le prendre et emmener. Tu vois par là qu’on peut bien se moquer des animosités sottes de certaines gens puisque l’on n’en fait pas moins ce que l’on veut. Je viens CCCIX. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 150 d’écrire ce imitili à la cousine en lui marquant qu’elle doit re-cevoir une lettre de son avoca t, et je n’ai pu m’empèclier de lui parler aussi de la visite faite par sa mère au mème, et des louanges et des remercimens qu’elle lui a debités. Ainsi elle aura le moyen de mettre en regard ce qu’elle écrit avec ce qu’elle fait, sa eonduite secrète avec sa conduite patente. Est-il possible que nous autres honnètes gens s’il y en a, gens réfléchis et posés nous ayons toujours à faire avec des mi-sérables comme Mme Giuseppa, ou des écervelés comme sa Alle? On m’invite à Paris pour la direction d’un Journal, et pour cela on m’offre de pourvoir aux dépenses du voyage, et de me loger gratis dans une belle maison. Tu vois que ma fortune va commencer. J’ai refusé jusqu’à présent pour maintes raisons : d’abord il m’en cóuterait de me séparer de Frangois et d’Emilie dans ce moment ; puis je me suis tellement fait à ma solitude que l'idée d’aller vivre dans une grande capitale où il faut voir bon gré mal gré de soi-disant amis, m’est presque insupportable. Enfili je n’ai pas trop de confiance dans la durée de ce journal. et me déranger pour rien, ne me con vient pas trop. Si pourtant contre toute probabilité le Journal recevait bon accueil, s’il arri-vait jusqu’au troisième cahier sans encourir des avances, si la place de Directeur devenait lucreuse, il est possible que j’irai attiré par l’appàt du gain, car vraiment il serait tems que je gagnasse quelques écus. Mais jusqu’ à présent ce n’est qu’ un projet en l’air, auquel 011 coupera court par la mort du Journal. Cette nuit j’ai fait d’étranges réves. J’étais dans le portique du palais où demeure Lomellini, au fond il y avait un grand jar-din, d’où un Monsieur sortait en poussant devant lui plus de cent tortues sans écailles. Puis j’étais avec Emilie et Francois sur une montagne, et je vois une bète informe, une sorte d’oiseau avec un visage d’homme, et chapeau, qui trainaìt une queue immense couleur de cendre. Emilie dit: c’est le'muse, diable! répondis-je, puisque c’est le muse prenons-le. Je vais pour attra-per l’oiseau, mais l’oiseau se jette dans un antre, se lève debout, prend une pierre et la jette, avec force contre moi. Ne sais-tu pas, me disait Emilie, que ces bètes-là lancent les pierres mieux (pie les hommes? Puis Rosette du Port qui était une dévergondée, qui avait couché avec un Monsieur gras, gros, petit de Soleure. que j’ai vu dimanche passé pour la première fois. Le matin on pendait ce Monsieur à une figuier, mais la pendaison consistaìt en ce que le nez lui devenait noir comme du charbon, et lui tom- 151 bait à terre. Puis encore Napoléon qui disait au fils du Maré-chal Ney tu auras bien d’autres honneurs que ton pére et tu les a bien autreinent mérités. Je te demande s’il serait possible d’imaginer un gàeliis pareil étant éveillé. Si j’écrivais tous mes réves, ce seraient, des contes plus bizarres au moins que ceux d’Hoffmann, où diable puis-je prendre toutes ces idées-là. Il y a pour le moins 5 ans que je n’ai pensé au muse. Et puis un oiseau qui est le muse. Quelle vie doit-on pourtant préférer celle des réves ou celle de la réalité? Ma foi, je ne sais guère. Eugène Sue a une histoire, ou pour mieux dire, un roman sur cette donnée ; un homme qui regarde comme des réves la réalité, et qui le soir boit son opium, va au lit, et commence à vivre de la vie réelle. Je voudrais te parler du malaise de la Ninette, te question-ner sur la nature du mal, sur la durée probable, sur les avis du médecin, mais comme il s’agit de maladies de femme, et qu’il faut avant tout respecter la pudeur, je ne l’ose pas. Je te répé-terai pourtant : pour soigner les autres ne va pas te tuer toi-mème. Je mets au reste ma confìance en Dieu et dans ton coeur maternel. Tu as soigné tant de malades, tu as eu tant de maladies toi-mème que tu dois en savoir à ces heures plus qu’un Docteur. Pourtant si tu voudras de tems à autre me glisser un mot là-dessus, sans porter atteinte à la pudeur de Ninette, tu m’obbli-ras beaucoup, car enfìn tout ce qui interesse ta famille me touche vivement, comme tu le crois sans doute. Sous quelques jours je ferài une course à la Chaux-de-Fonds. J’ai promis cette visite depuis l’automne passé et je n’ai pas encore bougé. Que veux-tu? Je m’ennuie rien que de voyager pendant deux heures. Il n’est agréable de voyager selon moi qu’en pouvant dépenser au moins 10000 francs par jour. Mais est-il vrai que les Ducs d’Orléans et Nemours s’amusent? Et pourtant ils peuvent bien dépenser 10000 et mème 20000 francs par jour au moins pendant le voyage. Il est vrai que leur pére les gronderai! un peu au retour. Adieu, cher Ange de ma vie, donne-moi des nouvelles de ta santé, et de l’assiette de ton esprit. Ne manque pas de faire mes comnliments à Mr, Octave, Ninette, Laurent, Catherine etc. Quant à toi re$ois mon àme dans un soufflé d’amour. Adieu. Ton Auguste Emilie n’a pas le tems d’écrire à Mme Marthe, mais fais-lui savoir que nous recevons dans ce moment mème tous les paquets de Gènes, et qu’ Emilie a re$u sa lettre du 19. 152 CCCX. Giovanni alla Madre ['Gremichen], ile 27 Mai 1836. Ma bonne Amie, La rosee rafraìchissante de tes nouvelles ne nous à pas man-qué le dernier courrier, comme ton correspondant du matin, Paulin, t'aura annoncé sans faute. Demain, jour de courrier, elle ne nous manquera non plus ; je le sens, le devine, j’en suis sur — c’est comme si je tenais déjà ta lettre. La continuation de tes bonnes nouvelles me réconforte et [me] fait pàmer d’aise. Seulement j’en veux à cette drólesse d?atmosphère, qui s’avise d’ètre froide en Mai, et de vous régaler de neige insolite : à part le désagrément, je vois dans ce retour une menace discrète de rhume, toux et choses semblables. Il n’y a rien de plus dange-reux que ces subits revirements de saison à une époque où l’on se laisse aller à une douce conflance, où l’on s’imagine que le retour du froid est impossible, et que l’on renonce par conséquent à la laine, et autres préservatifs. Le froid vous [trend au dé-pourvu, et vous voilà en un din d’ceil constipé à en mourir d’ennui. Ainsi, ne t’y fie pas, et souffre plutòt un peu de chaleur que de t’exposer à des chances de ce genre. Chez nous il ne fait chaud non plus, une bise du diable, puis un ciel nuageux et triste. Il a passablement più les deux nuits dernières, de sorte qu’il faut se tenir chez soi et renoncer à cueillir le vergiss mein ìiiclit. Je t’avertis qu’à présent je n’en cueille (1) plus que du blanc, qui est très rare, tandis que le bleu foisonne de manière que je le dédaigne. As-tu lu par hasard dans $Èarr] l’origine du nom de cette fleur? Quand-mème je te la risque en deux mots. Deux amant, je ne sais dans quel pays, se promenaient aux bords d’un torrent très rapide, et je suppose, devisant d’amour. Or, il arriva que l’amante avisa sur le ravin, dont la pente était très dangereuse, une belle fleur bleue, toute solitaire, qui avait l’air de narguer les passants, en leur disant dans son langage : Je vous défie de me cueillir. La belle eut envie de cette fleur. A CCCX. — Inedita. A tergo: Alla Signora Marie Veuve Cogorno ■ Génes - Italie. — Bollo postale : Berne, 27 Mai 1836. (1) Cuellis ou cueille? Je ne sais pas bien [nota di Giovanni]. 153 pei ne avait-elle indiqué ce souhait, que l’intrépide jeune homme se glissa sur la pente dangereuse et malgré les cris, et les sup-plications de la belle, je suppose, se liasarda jusqu’à la fleur, qu’il cueillit tout triomphant. Mais juste dans ce moment le pied lui glissa, et il tomba dans le torrent. Emporté par le cou-rant, il n’eut que le tems de s’écrier en agitant hors de l'eau la fleur qui lui còutait la vie : Vergiss mein nìclit. Ne m’oublie pas, et disparut. Je ne sais si la belle l’oublia. Je crois que non pour l’honneur du sexe. Voilà en raccourci la légende (pii court sur l’origine du noni de cette fleur, légende simple, et touchante à 111011 avis. Ma vie continue sur le méme diapason. Je in auge, je l>ois et je fumé dans cette pipe que tu eonnais, car tu en as le doublé sous tes yeux. Je promène aussi à travers champs, quand il fait beau. Cela pour la vie animale. Quant à la vie intellectnelle, je lis beaucoup, écris.très peu, et pense beaucoup. Il est inutile de te dire quel objet forme le basso continuo de mes pensées. C’est la personne (pii pense le plus à moi. Du reste, la santé est excel-lente ; ainsi de la mienne, que de celle des amis, Ange compris. Demain au soir, à moins que le tems ne soit inabordable, j’em-brasserai Ange, et Luisa. Mais tout de méme, ne flit ce qu’un mot, tu auras de mes nouvelles. A coup sur, cet envoi a fait naufrage. On ne voit rien poindre à l’horison. Bon pour les cra-vates, et le reste, qui ne se détériore pas ; mais, les salami, grand Dieu ! les salami■ Seulement que d’y penser j’en frissonne. Un baiser à Nina, ma créancière d’une réponse qui viendra quand Dieu voudra. Mille amitiés à Mr et Octave. Un souvenir aux amis et aniies collectivement. A toi l’àme pieine de toi, à toi tout mon ètre, mon avenir, mes espérances, tout enfili. Il timbrasse mille fois ton Zane 154 CCCXI. Giovanni alla Madre Berne, Je 30 Mai 1836. Ma chère Amie ! J’ai tes deux précieuses du 19 et 23 courant, auxquelles je dois réponse, plus un intermède pour Paulin en date du 21, avec ineluses deux lignes de Laurent. Je remercie Dieu de m’avoir accordé assez de philosophie pour que les petits inconvénients de ma position n’altèrent pas la sérénité de mon àme, et me laissent l'esprit assez libre pour risquer le mot pour rire, puisque mon égalité d’humeur infine si puissamment, et si agréablement sur toi. En vérité, ces portraits ayant l’air de me faire la grimace m on donné du fìl à retordre avant que de m’y habituer. Ils me donnaient des distractions. J’ai été extrèmement peiné de la quasi-obbligation qui m’est échue d’avoir à te confier une tàche très penible, et à donner indirectement une douleur à la mère de Frédéric, en me faisant son complice, mais que veux-tu?... Pour le coup, je ne serai pas hautain, car j’ai aussitót répondu a Mme Marthe. Son foulard, soit dit entre nous, est du gout le plus détestable. Tes cravates sont bien, très bien, mais inférieures à celles que tu sais, soit pour la distinction, soit pour le tissu, soit pour la forme. J’aime que les cravates soient faites tout bonne-ment à la manière des cravates, à l’ancienne. Quant à ga je me déclare classique. Un des salami que nous avons entamé, superbe. J’ai pris pour compagnon de voyage une bouteille de Malaga, que j’ai là devant moi tonte honteuse de me montrer déjà son c... et que j’ai trouvé excellent. A propos, tu devines quelle des deux cravates j’ai c-hoisie. Celle en couleur de café. Je tien à avoir tes lettres à peine elles arrivent car deux ou trois heures de gagnées à propos de tes nouvelles sont un trésor inestimable pour moi ; note aussi que je n’òte rien sur mon sommeil, car le courrier avec les clochettes fait assez de bruit pour me réveiller, et puis son arrivée imprime à toute la maison une espèce d’agitation maté-rielle, qui rend impossible le dormir. Après avoir lu, et quand le calme est un peu revenu, alors, s’il y a lieu, je me rendors. CCCXI. — Pubblicate poche righe tradotte dal Cagnacci nell’op. cit., pag. 186, in nota. 155 11 n'est pas nécessaire de t’approfondir pour t’aimer ; une mère qui inspire un culte d’amour à ses enfants est bientót jugée, appréciée, et aimée. Cela à propos de bon souvenir de Rosales, auquel je ne ferai pas tes amitiés pour la raison qu’il est loin depuis à peu près deux semaines. La bise froide qui m’a accom-pagnée ici se maintient. Hier on ne voyait que manteaux. Cela par oui dire, car je ne suis pas en état d’en juger par moi-mème, préférant de rester dans ma chambre, comme tu supposes. Cela me sourit extrèmement qui enfin le printems étale ses richesses pour vous. Fais bien des compliments à Mr et engage-le aussi de ma part à bien soigner son rhume. Il ne faut rien négliger aux époques du changement de saison. Encore une peine, un embarras que je te donne, moi qui voudrais te les épargner tous, en les prenant sur moi. Que veux-tu? nous sommes les eselaves de certaines convenances, qu’on ne peut fouler aux pieds, sans passer pour des ours. Il s’agit d’une demoiselle Ida Peters, que je ne connais pas, qui se rend à Na-ples en passant par Gènes, et pour laquelle un mien (sic) ami et de ses parents m’a demandé deux lignes de recommandation, (jue je n’ai pu refuser. Je lui ai donné deux lignes pour toi. Si j’ai le bonheur que cette lettre t’arrive avant la recommandée, voilà de quoi il s’agit : de lui indiquer une auberge économique, de l’accompagner aux endroits où elle a besoin d’aller, comme par exemple au Bureau du Paquebot le plus économique pour Naples, et semblables détails matériels. Comme tu ne peux faire ces choses là par toi mème, il te faudra te créer un aide de camp, (pii te remplace, et ma pensée tombe tout naturellement sur Laurent, que ce soit lui, ou un autre tu le priera d’avoir patience par amour de moi. Absolument, je ne pouvais décemment refuser. Au reste, il ne s’agit ni d’invitation, ni de dìners, ni d’étiquette — ma recommandation se borne aux détails matériels dont je t’ai dit plus haut. J’ai trouvé Luisa toujours plus bonne et plus aimante, folle de joie à me voir, me dévorant de caresses, se demandante mille fois à l’heure si elle n’est pas le jouet d’un rève, et semblables. Sur ma question, si elle se repentait de m’avoir sacrifié son ciuffo, elle m’a sérieusement proposé de me donner tous ses cheveux, indistintement. Puis, propos d’enfant, elle s’est engagée à ne plus jamais porter de ciuffo, et à peine il a poussé de nouveau de me l’envoyer partout où je serais, et sic deinceps jusqu’à la consommation des siècles. Conti lunghi, 156 comme tu vois. Je te le marque comme §a, pour te donner une idée de la tempre enthousiaste et ardente de son àme. Une seule pensée lui rend amer son bonheur, c’est d’avoir à me perdre si tòt, car je la vois encore une fois demain, et je pars. Si tu Pavais entendue cette nuit comme elle pleurait et sanglotait au souvenir de ses erreurs passées ! comme elle me bénissai't d avoir été son Ange, son sauveur, comme elle me jurait fin* la tòte de ses enfants d’étre toujours bonne et sage ! L’homme le plus prévenu contre elle serait tombé à ses genoux d’amour et d admiration. Elle m’a fait prier avec elle, car à présent elle prie deux fois par jour, en allant au lit, et en se levant. Que Dieu lui [donne] la force et la constance nécessaires pour ac-complir ses fermes propos. Qu’il la bénisse, elle et ses enfants, qu il la fasse sainte, heureuse! C’est mon voeu le plus fervent. Ce serait pour moi un bonheur si suave d'y avoir faiblement con-tribué, fa serait un rayon de soleil dans l’obscurité de ma vie, qui me réchaurf'erait doucement tant que je respire. Après demain, comme je te dis, j’irai me réunir à mes bien-aimés. En attendant, salue de bien bon coeur tout le monde pour moi, et prends mon ame dans un baiser ardent comme l’amour de ton Zane CCCXII. Agostino alla Madre [Langenau], 31 Mai 1836. Chère Amie, Je viens t’apprendre de fameuses nouvelles pour prévenìr les bruits des journaux, qui pourraient te causer de fausses al-larmes. Tu sais que Paulin et Emilie vivaient tranquillement dans leur solitude de Grenchen-Bad. Ils ne demandaient pas trop aux hommes, ils demandaient la liberté "de vivre, ce qu'on ne refuse mème pas aux brutes. Le 28 de ce mois le gouvernement de Soleure, ou à mieux dire la Commission de Police de Soleure sur l’instigation du bourgmestre Hirzel de Ziirich, des Ambas-sadeurs, et mème du Vorort fit une bétise solennelle, une bétise CCCXII. — Pubblicata, tradotta in gran parte, dal Cagnacci nell’op. cit., pag. 100 e segg. 157 qui resterà dans les annales du Cauton et de la Suisse entière. On avait à peine fini de diner quand on vit foudre sur l’établis-sement des Bains toutes les forces réunies du Canton ou à peu près. 1 ne vingtaine de gendarmes armés jusqu’aux dents errant dans les chambres, salles, casses, galetas etc. 90 hommes du con-tingent échelonnés autour de la maison. 1(X> hommes du contin-gent en réservfc à la distance d’une demi-heure sur la route qui va de Soleure à Grange. Des piquets disposés dans tous les en-virons. Il ne manquait plus qu’un peu de cavalerie, et le canon. Et tout cela pourquoi? Pour arrèter deux pauvres jeunes hommes bien pàles et bien maigres, et qui avaient été bien souvent se promener à Soleure. On les arrèta donc, et avec eux deux étran-gers (1) qui venaient d’arriver depuis quelques heures. La fa-mille Girard était consternée, les deux prisonniers parfaitement tranquilli. Le pére Girard se plaignait hautement de l’infamie du gouverneruent : « Oh ! vous ferez une belle figure dans les journaux avec votre chapeau-haut — disait-il au commandant de la gendarmerie —; votre pére est un bougre d’aristocrate, et vous de mème ». Puis il jurait, et argumentait avec cette logique de la nature en parlant des prisonniers. Et pourquoi diable les arrète-t-on donc? Le Docteur a été un moment sur le point de se jeter sur le commandant. Enfia tout le monde était extrèmement ému : les pauvres demoiselles pleuraient, criaient, etc. On fit une perquisition, de celles qu’on voit à peine en Italie, on prit tous les papiers, papiers fort inno-cents du reste, et à 6 heures on partit pour Soleure, les prisonniers escortés d’une manière vraiment ridicule, vu l’intention bien évidente des prisonniers de ne pas se sauver. On les amena tout droit aux prisons. Là ils furent traités avec tous les égards possibles, attendu que le directeur des prisons est une très esti-mable personne, et qu’il avait regu l’ordre du colonel Widiner de traiter les prisonniers en gens comme il faut. Au point qu’on ne (1) Il 28 maggio, per iniziativa della polizia di Soleure, senza cioè una pre* ventiva autorizzazione da parte del Consiglio Esecutivo, vennero arrestati, nel modo che è narrato in questa lettera, il Mazzini, Agostino, Harro Harring e Soldan, membro del Comitato Provvisorio della Giovine Germania. Sembra che fosse partita da parte di qualche console estero — probabilmente dal duca di Montebello — la denuncia di una riunione presso il Mazzini allo scopo di invadere armata manu il Cantone di Zurigo. Liberati il giorno successivo, ma con l’ordine di allontanarsi dal Cantone, gli esuli s’erano rifugiati presso il pastore protestante parroco di Langenau ed ivi rimasero nascosti due giorni (Ved. Cronologìa antoliografica di Agostino, voi. I, pag 445). 158 fermait point les portes de leurs prisons, et qu’ils auraient pu se sauver en voulant. En attendant la ville criait contre le gou-vernement : le conseil exécutif criait contre la Commission de Police d’avoir fait cette énorme sottise. Des demoiselles assem-blaient le peuple dans les rues en criant en faveur des prisonniers, la société des Carabiniers avaient décidé de leur donner une sérénade et mème s’il fallait de les délivrer par la force. Enfln pour abréger l’histoire à 3 heures après midi du 29 dimanche, le colonel Widmer vint signifier aux prisonniers qu’ils étaient libres, que le gouvernement avait trouvé leurs papiers fort innocents (et en effet tous furent restitués), mais qu’ ils eussent à sortir du Canton dans le terme de 24 heures. Alors l'ovation commence. Plusieurs Messieurs vinrent offrir leurs voitures à Paulin et Emilie : on accepta celle de Mr Felber. En sortant de la prison tout le monde s’arrètait et venait toucher la main etc. Mr von Biiren, membre du grand conseil arréta les chevaux par la bride : il avait préparé une réjouissance où de-vaient assister tous les patriotes, mais on refusa attendu qu’on était pressé de retourner à Grange. Les villages était en tumulte. A moitié chemin, on trouva le pére Girard, qui venait à la ren-contre avec deux voitures. Dans le village de Grange on fut regu par des vivats. Mais le véritable triomphe fut aux Bains : il v avait un monde immense qui les attendait : à peine entrés dans l’allée ils trouvèrent des musiciens qui venaient à leur rencontre en jouent des fanfares : baisers, compliments, felicitations, bou-teilles de vin, demoiselles, dames, visages connus et inconnus, jdeurs et rires, enfin il me serait impossible de tout dire. La conduite de Mr Vòchtli a été admirable. Il pleurait comme un enfant en embrassant les prisonniers délivrés. Tout cela pourtant n’empèchait pas qu’on ne dii quitter le Canton. Cela leur a fait uii peu de chagrin parce qu’ils s’étaient habitués à cette vie douce et tranquille, qu’ils aimaient leurs hótes etc. Une autre chose qui les chagrine c’est que toutes ces choses-là ruinent leurs bourses : pourboires, coinptes, voyages, transport, c’est embétant. Lundi 30 ils quittèrent les bains au milieu des larmes de la famille Girard, et se transportèrent dans un endroit où ils avaient donné rendez-vous à Francois. A présent ils sont là tout les trois parfaitement en sureté délibérant sur ce qu’il y a à faire, l’endroit où il doivent flxer leur demeure etc. Tu seras in-struite de leurs délibération. Enfin eeci n’est pas un malheur : c'est plutòt un triomphe de la moralité sur l’injustice : Ah! 159 Messieurs les Ambassadeurs auraient bien voulu qu’on les trans portàt en Angletérre, mais nenni ! Remarque qu’ ils étaient avertis, et qu’ils ont préféré se faire arrèter pour prouver au monde qu’ils n’avaient rien à craindre étant des honnétes gens. Le gouvernement de Soleure payerait une belle somme de ne pas avoir fait cette sottise, je t’en réponds. N’aie donc aucune crainte sur ces choses-là. .Te n’ai pas le tems aujourd’bui de répondre en détail à ta lettre du 21 que je regois aujourd’hui, et au billet de Laurent. Je te dirais seulement à propos d’Anna, que si j’ai dit quelque chose cela regardait elle et son mari, quant à nos relations, elles ont toujours été innocentes. Mais j’avais oublié ma phrase : je vois que tout le tort est de mon còté. Quant aux duretés dont tu me parles je ne les comprends que trop. Ne te fais pas une peine de ne pouvoir mieux employer l’argent, il est bien employé, s’il est employé pour quelque chose qui te re-garde. Cette affaire-là me donne bien plus de soucis que tout le reste ensemble. Adieu mon àme. Continue d’éc-rire à la méme adresse, et sois forte. Dieu arrangera tout pour le mieux. Zane est encore au lit; mais il ajoutera deux lignes plus tard. Notre santé est très-bonne — soigne la tienile pour l’amour de Dieu. Adieu, mon enfant, mon étoile, mon Ange. Mille chóses à Mr, Octave etc. Ton Auguste CCCXIII. Giovanni alla Madre [Langenau], 31 Mai 1836. Ma chère, Et moi j’étais loin ! comprends-tu tout le guignon qu’il y a dans ce mot? et je n’ai pu prendre ma part dans cette misérable farce qu’a été jouée au bénéfice de quelques misérables intrigante étrangers, et dont toute la lionte est retombée sur eux. Car il y a un coté très comique dans tout cela, et je regrette de de n’y avoir pas été, car j’aurais essavé de saisir la nature sur le fait, et d’y glisser mon mot pour rire. Au reste tout ce tracas CCXIII. — Pubblicate poche righe tradotte dal Cagnacci, op. cit, pag. 108. 160 est fini, et nous sommes rentrés dans un état norma]. Le còté tragiqne de la chose, c’est la saignée à la bourse, qui en est le résultat. J’étais à Berne, quand j’appris tout cela, encore au lit; aussitót je me mis en route et à quatre heures après midi j’étais réuni aux amis, et nous riions à gorge déployée. L’unique chose que je regrette c’est d’avoir mis en inquiétude Luisa, à laquelle je dus écrire à la hàte pour lui expliquer mon absenee car j’étais convenu d'aller la voir le soir. Je lui écrirai d’ici pour la tran-quilliser. Quant à toi, écris toujours et gouverne-toi en tout comme si rien n’était arrivé. En attendant, notre santé est on ne peut mieux ; que nous puissions en entendre autant de la tienne, comparativement parlant et la constance, ni la bonne humeur ne nous manqueront. Adieu, mon àme, je t’écris un peu à la hàte, et t’embrasse un million de milliards de fois. Salue tout le monde. Adieu. Ton Zane CCCXIV. Agostino alla Madre [iSoleure], 2 Juin 1836. Chère Ame, Nous recevons aujourd’hui ta bonne lettre du 26 du mois passé. En vérité tu nous dis des choses qui nous étourdissent tout en nous charmant. Ton coeur grand comme l’univers sent en prò portion de sa grandeur, et par conséquent ta gratitude stirpasse de mille toises un bienfait qui n’était au fond qu’un simple devoir. Au surplus Francois et moi nous te permettons d’ètres reconnaissante envers Emilie, mais vis-à-vis de nous te priori* d’ètre plus Joyalement amie : car entre nous il ne peut pas y avoir ni bienfait ni reconnaissance, mais seulement amour et aide mutuelle. Emilie est confondue du témoignage si éclatant de tes sentiments : elle t’en remercie du fond du coeur, et fait des vceux bien sincère® pour un peu de tranquillité pour nous tous et pour toi surtout qui en as si besoin. Ne reviens plus sur ce sujet car tu nous forcerais de rougir. Les choses que les filles ont CCCXIV. — Pubblicato un piccolo brano tradotto dal Cagnacci nell'op. cit., pag. 107. 161 répondu aux farouches créanciers ine vont à l’àme : elles au moins te connaissent bien, elles, puisqu’elles se font si bien les interprètes de la manière de te venger, digne d’un auge seulement et de toi. Ma chère, pour aujourd’hui au moins il m’est impossible de t’envoyer une tige de vergiss mein niclit fraic.be; nous en avons bien, mais il est fané, et par conséquent indigne de toi. Nous ne pouvons aller en cueillir, et tu devineras bien pourquoi. Mais j’engage ma parole de te refaire une autre fois, lorsque l’embargo ne sera plus sur nous. Ma course à Chaux-de-Fonds est pour le moins pro-crastinée ; je ne désespère pas de pouvoir la faire dans le cours de l’été, mais pour le moment je dois vaguer à autre chose et entreprendre d’autres voyages. Je remercie Laurent de ses deux billets : je vois qu’absolument il n'est plus manchot. Je souhaite qu’il réussisse dans ses tentatives en faveur de la cousine, c’est ainsi qu’on gagne le paradis. Quant aux indica-tions pour le libraire, tout sera fait selon sa volonté, et dans le sècond cahier au lieu de Gravier et Ponthenier on mettra Beuf comme centre d’abonnements à Gènes. Le premier cahier vien de paraltre, nous ne l’avons pas encore regu. Mais hélas! on m’annonce qu’il y a beaucoup de fautes d’impression. Ah ! si j’avais été à Paris. Pourtant il faut réfléchir que ce n’est que le premier numéro, que pour les successifs numéros on aura bien de soin, et qu’on peut compter dorénavant sur une scrupuleuse exactitude. Vous le recevez sous peu, j’espère, mais je prévois qu’on ne vous le laissera pas lire. C’est un pressentiment comme un autre. Nous avons passé deux jours dans la maison d’un ministre protestant, qui nous en avait prié instamment. Ce sont des gens fabuleux : lui et sa femme, bien àgés, bien laids, sont encore simples, innocents, et bons comme des enfants. Ils nous auraient dorés si nous avions voulu. Hier au soir ils ne voulaient absolu-mant pas que nous les quittassions : j’ai vu le moment où Madame allait nous bouder. Et pourtant ce sont des gens qui nous connaissent à peine, des gens auxquels nous n’avons eu jamais l’occasion de faire du bien, et ils se mettaient en pièces pour nous servir, ils tremblent presque en s’adressant à nous. Tant de monde au contraire à qui 011 a fait du bien, qui devrait ètre plein de reconnaissance pour vous, vous tournera le dos, si vous avez besoin de lui. Ah! la maudite planète que nous habitons. J’espère que Venus et Jupiter sont meilleurs (pie la nòtre. (in 162 continue de jaser comme on le veut à propos de l’arrestation de Paulin et son ami. Quelqu’un dit qu’ils auraient été consignés à la France et puis dirigés sur l’Angleterre, sans l’opposition de l’Avoyer de Berne. Moi je ne crois pas cela : je crois qu’ils doivent leur libération à quelques membres du conseil exécutif de Soleure, et à la bonne volonté hautement prononcée des pa-triotes soleurois. D’autres disent que l’arrestation a été mani-pulée par Hirzel et le corps diplomatique, d’autres disent Hess au lieu d’Hirzel, et pourtant Hess était ou paraissait leur ami. D’autres accusent le Vorort. Eux, ils en rient, car ce sont de grands pbilosophes. Et puis il arrive des quiproquos si ridicules à cause de la ressemblance qui existe entre Paulin et son frère qu’on pourrait refaire la Comédie de Piante : les Ménechmes. Personne ne doit avoir de l’inquiétude sur eux, moi-mème qui les aime beaucoup n’en ai aucune. Leurs idées ne sont pas encore tout à fait arrètées, mais je crois que sous peu ils se mettront en voyage. Alors on en avertira qui de droit. Moi-mème je suis dans l’intention de voyager un peu et comme il peut se faire qu’à cause du voyage il arrive quelque imbroglio à la poste, ainsi si par hasard tu restais sans lettres un courrier, n’aie aucune inquiétude et donne cela aux embarras de la locomotion. La monaca est donc allée au paradis : elle a quitté cette terre stèrile dans laquelle elle n’avait plus grand’chose à moissonner. Ma foi, sa mort n’est pas à regretter, car c’est le commencement de sa vie. Notre santé est parfaitement bonne. Nous ne souhaitons qu’une chose : celle de te savoir bien portante toi-mème et tranquille. Notre tranquillité à nous, et notre bien-ètre dépendent en grande partie du tien. Je suis bien aise que Mme Lille soit près d’ètre soulagée du poids un peu incommode de son arnie. Si tu la vois tu la salueras bien tendrement de ma part, et tu lui diras que lorsque je serai assis quelque part, je ne manquerai pas de lui écrire. Parle-moi du malaise de Ninette. Je suis in-quiet à cause de ce malaise. Elle est à l’époque de sa croissance, et c’est une époque très-critique pour les jeunes gens. Je compte pourtant sur son tempérament assez robuste, et sur sa docilité à suivre les ordonnances des médecins. Adieu, mon ame, ma vie, ma providence. Salue bien alfectuesement Monsieur, et dis-lui de tàcher de guérir de la toux : qu’il boive chaud, qu’il fasse quelques jours de diète, et qu’il ne s’expose pas au vent. Dis-lui qu’il peut voir que lorsque je lui ferais le tableau de notre positi on, qui nous empèche absolument d’utiliser nos talents et 165 notre bonne volonté pour gagner quelque chose, je n’exagerais point. Toutes ces ehoses-là sont tragiques du point de vue de la flnance. Ah ! nos pauvres bourses! ce sont elles qui en pàtissent. Mais courage. Je t’embrasse bien tendrement. Ton Auguste Au lieu du vergiss je t’envoie une pensée. ccoxv. Giovanni alla Madre [iSol&ture, 2 Juin 1836]. Ma chère, Deux simples lignes pour te donner signe de vie. Une trai-tresse de lettre en allemand, que j’ai dù écrire à Luisa pour la tranquilliser, m’a pris plus de tems que je ne croyais, mais il me faut avoir recours si souvent au Dictionnaire, que c’est à n’en pouvoir finir. Nous sommes bien, très bien, àme et corps. que cela te sufSse. Le diable n’est pas si laid qu’on le fait. Si nous sommes obligés à un petit voyage, eh bien, tant mieux, ce sera une secousse salutaire pour le phvsique, et le moral ; d’autre part, nous y gagnerons à connaitre du terrain. Le manque de tems, et de matière aussi fait que je me réserve à une autre fois. L’assurance de ton bien ètre est tei que me ravit au sep-tième Ciel. Embrasse tout le monde 'pour moi, et aime, comme tu fais, ton ami, qui t’aime bien lui aussi. Adieu, adieu. Zane CCCXVI. Giovanni alla Madre [iSoleure], ile 6 Juin 1836. Ma chère Amie ! Je suis en possession de ta belle du 28 Mai. Je remis au mème instant de la réception ton billet inclus pour l’Emilie, par con- CCCXV. — Inedita. Sul foglio in oui Agostino scrisse la lettera precedente. CCCXVI. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno ■ Génes ■ Italie. — Bollo postale: Berne, 6 Juin 1836. 164 séquent je ne l’ai pas lu, comme tu m’insinues. -Te ne pouvais le faire décemment, puisqu’elle était-là. Après, quel besoin avais-je de le lire? Ne sais-je donc pas que tout ce qui vient de toi est pur, et sans tàclié comme la source dont il émane? ton ame delicate n’est-elle pas le juge le plus compétent pour décider ce qui est plus convenable, et meilleur? qu’avais-je donc à faire d’y fourrer le nez dedans? Pour apprendre mieux à te connaìtre. à t’admirer? Impossible, car j’ai épuisé à ces propos toutes les combinaisons, et je suis arrivé au point culminant. Je ne pourrai jamais plus t’aimer, et t’admirer que je ne fais. Cela, quand nous vivrions encore un million d’années. Le Christ avait raison de demander où étaient les autres lépreux, qui ne l’avaient pas re-mercié, et tout de mème tu as tort en le faisant. Je pourrais fac-ilement te signaler le vice radicai de ton argumentation, mais ce serait inutile, car tu as assez de pénétration pour le deviner, je crois mème que tu le sentais en écrivant qui étaient les lépreux aux Christ des malheureux étrangers qui en recevaient un bienfait. Nous, que sommes nous à toi? Rien, 011 plutòt tout, car nous sommes toi-mème. Or n’est-ce pas ridicule de se remercier soi mème? Ajoute que nous, à la riguer, nous n’avons rien fait. C’est Emilie que tu dois remercier, comme tu l’as déjà fait tant de fois. Et tu sais qu’à cela je ne m’y suis jamais opposé. Ces misérables et làches créanciers ont-ils donc peur de toi, à présent qu’ils sont satisfaits? J’en suis bien aise. La bassesse et la cupidité portent souvent leur punition en elles-mémes. Ils ne savent pas ces àmes de boue que la vengeance des natures nobles est le bienfait. Domine, parce illis. Est-011 coupable de nier la lumière du soleil quand on est né aveugle? La pensée de la joie que tu dois avoir ressentie à les satisfaire, en les avilissant à leur yeux mémes, me vibre au coeur comme un accord d’harmo-nica, et en cbatouille délicieusement toutes les fibres. Ob ! si j’étais riebe ! Il doit y avoir erreur dans cette retenue de 25 fr. Déjà Mr Lacroix de Berne en a exprimé la pensée à Ange, qu’a été notre intermédiaire pour le payement. Nous verrons après. Quant au parent, il y a plus que du louche dans sa conduite actuelle. C’est un fripon, ou l’ètre le plus stupide de la création, puisqu’il fait tout au monde pour justifier, et corroborer des soupgons peut-ètre sans fondement. Ce que tu m’annonces d’une recru-descence de l’atmospbère m’étonne outre mesure-ga passe les limites. Chez nous elle est passablement douce-deux ou trois 165 ondées de pluie l’ont aujourdhui passablement rafraicliie. Pour-quoi ne peux-tu pas envoyer cbez la mère de Frédéric? est-ce que son mari ne t’aimerait pas? je ne sais pourquoi, mais ce mystère me fait un drole d’effet, j’y trouve quelque chose d’of-fensant pour ton caractère. Peut-étre aussi, je me trompe com-plètement. Notre santé à nous tous, Ange coinpris, est on ne peut mieux. Nous n’avons pas encore bien positivement assis nos idées pour l’avenir, mais en attendant nous sommes très bien, et en parfaite sùreté où nous sommes. Le moindre inquiétude à notre égard, serait pour le moins déraisonnable, je te le jure. Ainsi, je t’or-donne, comprends-tu la force du mot? de n’en avoir d’aucune sorte. A propos, j’ai besoin de mon extrait de naissance, alias ma foi (sic) de baptéme légalisée au Consulat Suisse. Cela peut me servir par la suite; et le plus tot sera le mieux. Puisque ta tige de vergiss mein niclit était abimée, tu as tous les droits à une indemnité. Mon Dieu ! pourquoi ne puis-je t’envoyer beau et frais, cornine je l’ai là devant mes yeux, tout ce que j’ai dans ma chambre? tu vois par cela que dans le confortable de notre vie actuelle pas mème les fleurs ne nous manquent. Un mot de souvenir, et d’amour à la famille, et aux amis et amies. A toi, l’àme entière dans un baiser d'amour saint, éternel, incessant. Ton Zane CCCXVII. Giovanni alla Madre [Soleure, 7 Juin 1836]. Ma chère ! Deux mot.s à peine car je ne fais que de me lever et on nous appelle déjà à table. Je ne jx'ux concevoir qu'on ait de l’appétit à l’heure qu’il est. Tout de mème, il faut le subir. La santé se maintient excellente, comme à Pordinaire, l’humeur aussi est passable eu égard aux circonstances. Comme notre position n’est nullement changée depuis notre dernière lettre, ainsi il n’y a nulle raison pour que tu changes ta manière de voir eu égard à nous. En d’autres mots je te renouvelle l’ordre d’ètre tranquille, entièrement tranquille, car nous sommes on ne peut mieux. In- CCCXVII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 166 clus, tu trouveras quelques tiges de vergiss mein nicht, qui te reviennent de droit. Je désire qu’elles ne t’arrivent pas si inaltraitées que la dernière fois. Je n’ai pu m’en procurer du blane pour le moment. J’ai regu ce matin mème une lettre de Luisa. Elle me dit mille choses aimables, entr’autres que si je m éloigne beaucoup d’elle elle va mourir, car elle ne saurait vivre sans moi. Propos d’amoureux, comme tu remarques. Ange aussi se porte bien et te salue. Je te quitte, car je n’ai plus de tems. Embrasse tout le monde, et aime comme tu fais celui qui sous la sainte ègide de ton amour se rit de misérables persécutions des pigmées, et défìe le sort à l’abattre. Un million de baisers. Adieu. Zane CCCXYIII. Agostino alla Madre [.Sol&ure], 7 Juin 1836. Chère Ame, ]Sfous avons regu aujourd’hui le premier numéro du journal italien qui s’imprime à Paris. A tout prendre ce numéro n’est pas mal, mais pourtant il pourrait ètre mieux. Ce n’est pas que les articles soient mauvais : au contraire, sous ce rapport-là je crois qu’on sera content, si pourtant on aimes les arguments sévères et sérieux. Mais on y trouve beaucoup de fautes d’im-pression, il est vrai que c’est le premier numéro, c’est-à-dire un essai, et les ouvriers imprimeurs sont presque tous frangais. Mais pour les numéros suivants on aura tant de soins qu’on y trouvera bien moins de fautes, et j’ose presque dire qu’il n’y en aura point. Je ne sais si vous l’aurez de suite, car il peut y avoir mille retards accidentels, mais je suis sur qu’on fera tout le possible pour vous le faire parvenir d’abord. Aujourd’hui je ne peux pas t’écrire longtems à cause que le courrier va partir bientòt : contre son habitude il passe assez tòt ce matin, au point que Francois qui voulait mettre dans la lettre une tige de CCCXVIII. — Inedita. Sul foglio ne! quale Giovanni scrisse la lettera precedente. 107 vergiss mein nicht pour toi, se trouve encore au lit, et comme il est alle assez tard au lit je n’ose le réveiller. Tu ne m’en voudras pas, car Francois aura soin de te refaire une autre fois, n’est-ce pas? J’espère que tu es compìètement tranquille sur notre compte : nous n’avons rien à craindre, et puis nous sommes de vieux et fins renards. Notre santé est parfaitement bonne, notre àme est tranquille. Notre seul souhait, notre seul bonheur est de te savoir bien portante, et dans une bonne assiette d’esprit. Fais nos compliments à Mr, à Octave, à Ninette, et tout le monde. Regois mon àme dans un baiser d’amour. Adieu. Ton Auguste CCCLXIX. Agostino alla Madre [Isoieure], 7 Juin [1836]. Chère Amie, Nous vous envoyons pour vous égayer un moment un article tiré d’un journal allemand (1). L’avocat s’amusera à vous le traduire. Ce sont les détails de l’arrestation de deux italiens, dont je crois vous avoir touclié un mot dans une de mes précé-dentes. Lisez donc et riez. J’ai regu ta bonne lettre du 30 du mois passé. J’espère que la cousine se fera un devoir de ré-pondre à la lettre de l’Avocat, si tant est qu’elle lui arrive. Elle a changé de domicile, sans vous prévenir : l’Avocat lui aura écrit à la première adresse, la cousine aura négligé de faire des recherches, etc. ; tout cela aura pu causer de grands retards à la lettre, mais j’espère qu’à cette heure tout sera en règie. Il peut se faire que la nouvelle du cor don tiré à Bologne contre CCCXIX. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. (1) E' la copia (mutila però) di mano di Agostino dell’articolo scritto da un amico loro, certo Pabber, comparso nel Solothurner Blatt: Descrizione dettagliata della memorabile spedizione della polizia di Soletta contro una potenza ignota, che ebbe luogo nell’anno di salute 1836, il giorno di S. Germano, 28 maggio. S’offre qui il testo — mutilo com’è — non senza avvertire che la traduzione del Bettini, cui accenna Agostino, fu effettivamente fatta ed anche pubblicata in nota agli Scritti del Mazzini. (Vedi Mazzini, Scritti, cit., voi. XI, pagg. 368-372). «... Haus so leer von Gàsten liess. Ihr musst aber wissen, dass die Polìzei unter 168 le choléra ne fòt qu’une exagération : en effet quelque journal en aurait parlé, et vous en sauriez quelque chose, car enfili un cordon tiré autour d’une ville si célèbre n’est pas un petit bout de ficelle qu’on puisse cacher dans sa poche. Tant mieux donc si 011 nous a exagéré les choses : nous airnons mieux nous en rapporter à tes douces assurances. Mais qu’a-t-il donc ce maudit hiver.' Il ne veut plus quitter le monde cette année-ci. Chez vous un froid à briser les os, chez nous un ciel morne, noir et livide, une pluie presque journalière, ou bien de la bise, ou bien du froid. ISTous voilà à un quart du mois de Juin, et on nous a escamoté le printems. Nous eseamoter a - t-on de mème l’été? Je veux espérer que non: ce serait par trop fort. Brava! la manière dont tu t’es affranché de ces misérables Opensi me va au «iieser grossen Versammlung nicht eine friedliche Versammlung von lieben Bade oder Wassergàsten, sonderà eine Versammlung von deutschen Windgàsten verstand, die einen Ballon, wie damals im Steinhòlze in Bern in die Luft lassen wollten, uro ihren Landleuten im Ausland zu zeigen, dass sie auch im Exil das Windmachen nocli nicht verlernt hàtten. Es war aber im ganzen Landhause durchaus windstill und die Wirts-leute wusten weder von einer Versammlung noch von einem bestellten Mittagsessen Auskunft zu geben, die Polizei jedoch wollte durchaus eine Versammlung haben, sie wollten nicht umsonst marschirt sein. Wenn keine Versammlung da war, so musste eine gesucht werden. Daher wurde strenge Untersuchung angestellt. Vom Keller bis tinaus unters Dach wurden alle Zimmer; alle Ladekassen, alle Winkel durchstobert, unter Betten, Tischen, und Bànken, in alien Kleiderschrànken wurde der Versammlung nachgespurt, wenn eine Versammlung im Ofenloche gesteckt wàre, sie hàtte he-rausmiissen. Aber zum Aeger der vielsuchtigen Polizei konnte keine Versammlung entdeckt und keine gemacht werden. Dafur wurden zwei Italiener, Mazzini und Ruffini, die seit Jahr und Tag friedliche Gàste dieses Hauses waren. Die geschàftige Polizei ging so weit, dass sie verlangte, die Briefe eines jungen Frauenzimmers zu lesen oder zu òffnen, welche den nàmlichen Tag in den Kanton Neuenburg verreiste, obgleich die-selbe die Landjàger bat, sich mit Lesung der Adressen zu befriedigen. Es war wohl theilweise ein Gluck, dass gerade keine Badegaste anwesend waren, sie wàren schwer-lich einem kleinen Ausflug ins Zuchthaus entgangen. Die Polizei war so muthig ge-worden, als sie einmal ihren Feind vor sich hatte, dass ein Landjager sogar der ge-rechten Entrustung des Badwirtes mit den Worten 'begegnete : Wir haben ebenfalls Kugeln fur Euch. Nach diesen Heldentaten wurde zum Ruckzug kommandirt. Der Sieg war unschwer errungen, doch, heisst es, haben auf Seiten der Polizei Viete die Kòpfe verloren. Der Transport der Gefangenen solite nun den Triumph verherrlichen. Nach-dem man sie nicht zu Puss mitschleppen konnte, so wollte man in den Wagen, der die herren Mazzini und Ruffini trug, noch zwei bewaffnete Landjager stecken. Da es aber der Raum nicht gestattete, so begniigte man sich mit einem, dafur jedoch liess man unmit-telbar in einem andern Wagen zwei Landjager vorfahren, Landjàger vorn, Landjager hinten, Landjàger zur Seite ! So ging es bis ins Gefangniss, in welchem die vier Herren von dem Gefàngenwàrter mit aller jener Menschenfreundlichkeit, die ein gobildeter Mann mit seiner Pflicht in Einklang bringen kann, behandelt wurden. Das ist der einzige Zug der nicht zu dieser Geschichte passt. Am andern Morgen sass und rathschlagte der kleine Rath, was jetzt zu thun sei. Die Herren, sonst bekannt fiir ihre auffal-lende Uebereinstimmung, konnten diesmal lange nicht einig werden. Es wollte cheinen, als ob ihnen der grosse Sieg, den ihre Polizei Tags zuvor errungen, gar nicht recht munden wollte — die riethen her die riethen hin und konnten sich doch nicht heraus 169 coeur. Voyez donc ces gens qui vous tournent le dos en vous rencontrant dans la rue'.Eh! croient-ils par hasard compro-mettre leur noblesse «pii a pour devi se le verbe amare? Envoìe-les au diable ime fois pour toutes : ils ne valent pas les clous de nos souliers. Quant au violon ne t’en donne plus de soucis. J’écrirai à la cousine le prix auquel ou Fa évalué et j’espère bien qu’elle se desisterà du projet de le vendre : car te donner tant d’ennui pour ime somme si maigre c’est vraiment une sottise. Plutòt je lui envoie 30 francs depuis ici à la condition pourtant qu’elle ne t’ennuie plus. Je regois aujourd’hui une lettre d’Eugénie pieine du plus tendre intérét. Anna est à Chaux-de-Fond avec elle. Anna nous fait offrir sa maison, mais comme tu le con^ois bien nons n’acceptons pas. Son mari doit étre de retour sous 4 ou 5 semaines. Quant à nous nous sommes parfaitement tran-quilles et sùrs. Tu ne dois avoir aucune inquiétude, là-dessus. mon ange. Si tu nous entendais, tu rirais, car toute la journée nous nous moquons agréablement de LL. SS. Je cesse car je rathen, namlich aus der Verlegenheit heraus, wàrend dem Mazzini und Ruffini so behaglich wie zwei englische Parlamentsmitglieder auf ihren Wollsàcken sitzen, auf ihren Matratzen ihre Cigarros herunterdampften. Mazzini làchelte noch zehnmal sanfter als gewòhnlich.. Es lag in diesem Lacheln ein herzliches Mittleid mit den Hochgeachten. Endlich nach 3 Uhr nach Mittag kiindete der Polizei-direktor den Gefangenen den hohen Entscheid der Regierung an : dass sie namlich in-ner 24 Stunden den Kanton zu meiden und dfcnselben, ohne Ihre Schriften in Ordnung zu haben nicht ferner zu betreten hatten. Die Gefangenen, die sich auf den ersten Ruf, ohne Widerstand vor dem Richter erstellt haben wiirden und die man mit Gewalt ins Gefàngniss fiihrte, wurden sofort ohne Verhor wieder in Freiheit gesetzt. Im Publikum war unterdessen das gerauschvolle Ereigniss von Mund zu Mund, von Ohr zu Onr weiter getragen worden und der Antheil, den dasselbe in alien Gemuthern erwekte, war er nur freundlicher oder freindlicher Natur, zeigt, dass man in Solothurn noch Sinn hat fiir das Recht des Asyls dieses schònen Kleinodes einer Republik. Als Mazzini und Ruffini wieder in Grenchen ankamen, um sich, wahrend der gestatteten Prist von 24 Stunden, auf ihre Verbannung aus dem Kanton. zu riisten, da sahen sie liberali heiter lachende Ge-sichter, da klangen ihnen aus den Hàusern wie von den Strassen lautgriissende Stim-tnen entgegen, einige nahten ihrem Wagen und driickten den lieben Gàsten, die Nie-mandem weh, vielen wohl gethan, herzlich die Hànde. Es ist ein Schòner Genutz zu sehen wTie Menschen einander lieben ohne es sich sagen zu kònnen, weil zwar ihre Her-zen einander verstehen, aber ihre Zungen — nicht. Eben so traulich, unamtlich, feierlich war ihr empfang im Badhause. Die ganze anwesende Gesellschaft, wie durch einen, und denseVben elektrischen Schlang bewegt, nahm theil an diesem schònen Momente. Mann lionnte in dem Augenblicke sagen : hier sind viele Menschen, und ein Herz fiir alle ! Es ist nicht Mittleid, was die Menschen zu solcher Theilnahme bewog, es ist Achtung vor dem erhabenen TJngliick verbunden mit dem bittern Gefiihl der eigenen gekrank-ten Menscheit im Anblick der Unterdriickten. (1) Es soli wirklich im Dorfe Grenchen ein Mittagessen mit 12 Gedecken fiir so viel deutsche Fluchtlinge bestellt gewesen sein. Ein Beweis, dass diese Leute nicht allein vom Wind leben kònnen. Mit diesen Herren und dieseA Essen hatten die zwei italieni-schen Gàste im Badhaus nichts gemein. 170 veux écrire encore deux lignes à Eugènie, et le tems me manque. Je t’embrasse, et repose mon cceur sur ton noble coeur, le plus noble des coeurs. Adieu. Ton Auguste cccxx. Giovanni alla Madre [/Soleure], le 10 Juin 1836. Chère Amie ! Obligé à t’écrire avant l’arrivée du courrier, et partant sans lettres de toi, en conséquence sans matière, tu m’excuseras si je suis court. C’est un précédent que je décline, et je ne veux pas qu'il passe en exemple. Quand Dieu le voudra, je te dédom-magerai quelques retards dans la réception des lettres, quelques retards dans l’envoi, un peu de hàte quelquefois, car l’occasion se présente inopinément, et il faut profiter de dix minutes. Voilà les inconvénients insépàrables pour le moment de notre posi-tion, inconvénients qui au reste ne sont rien, car ils sont plei-nement compensés par d’incommensurables avantages, ceux entr’autres de la sécurité et partant d’une entière tranquillité d’esprit. Un entr’autres des inconvenients sus-cités c’est d’avoir à t’écrire dans un papier qu’a l’air d’ètre rnàché. Mais, que veux tu? Je n’ai pas le choix pour le moment. L’intéressant pour toi c’est de nous savoir bien au phjsique, et au moral. Eh bien, quant a ga je t’en réponds entièrement, nous sommes on ne peut mieux, ainsi que le bon Ange dont nous avons des nouvelles très fraiches. Je désire en entendre bien vite autant de toi, et je serai content comme un bienheureux. Il a più aujourd’hui toute la journée. Il a fait mème un orage passable, mais à quelque distance, qui nous a régalé de deux, ou trois tonnerres de peu de conséquence. J’en espérais mieux. Tout de mème, ils m’ont un peu électrisé, grand amateur du tonnerre tei que tu me connais. En vérité je ne sais quand la belle saison commencera. Tout ce qui se passe ici-bas est étrange, et dépasse la compréhension humaine. Nous verrons. CCCXX. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 171 Je te fais un toast d’un verre d’excellent Malaga, que je bois en manière d’intermède d’une période à l’autre. Tu vois que nous n’oublions jamais le confortable. Bien des amitiés à Mr, Octave et Mna, un souvenir à -Victoire, Benoìte, Marthe, Oichina, Laurent et tout le reste. Aie bien soin de ton ami en ayant soin de toi-méme. Je t’embrasse un million de fois. Avec ma conscience, et ton amour je me moque de toutes les contra-riétés, que le mauvais vouloir de quelques hommes peut m’exci-ter contre. Elles né peuvent faire que mon amour pour toi en augmente, ou en diminue d’un seul grain, car comme je t’écri-vais dernièrement, je ne puis t’aimer plus que je ne le fais. Quand j’irai [me] couclier, j’invoquerai ton nom. Ce sera une prière toute — puissante à éloigner de moi l’esprit du mal. Adieu. Aime qui t’aime. Ton Zane CCCXXI. Agostino alla Madre [Soleure], 13 Juin 1836 Chère Ame, Si tu es restée un courrier sans nouvelles de nous, je te prie de croire qu’il n’y a pas de notre faute. Monsieur Francois t’avait bien envové quelques lignes, mais un accident survenu à celui à qui on avait remis la lettre, a empéché qu’elle ne partit pour Gènes. Nous en sommes marris parce que nous pensons que dans ces moments tu as soif de nos missives. Nous mémes nous en ressentons beaucoup de peine, mais nous ne pouvons porter remède à ce contretems, qu’en t’écrivant aujourd’hui. et en te renouvelant les plus stables assurances sur notre santé, sur notre sureté et tranquillité et mème sur notre bonne humeur. Nous sommes tous les trois ensembles et comment le spleen, la crainte ou autre soucis pourrait se glisser en si bonne société? Nous devisons, nous rions, nous nous moquons un peu de tout le monde, et le tems passe en attendant, et la solution de toutes ces misérables intrigues approche-t-elle peut-ètre. N’est-ce pas une maxime assez générale que celle, que toute peine a à còté CCCXXI, — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci nell’op. cit., pag. 108. 172 d'elle sa consolation, que chaque effort de constance a sa ré-compense, que chaque martyr regoit sa palme? Eh bien! Voilà justement notre cas : on vomirai! nous faire du mal, et 011 ne le peut, parce (pie nous sommes des honnétes gens, que tous ceux qui nous eonnaissent de près aiment et respectent : on vou-drait nous chasser, et chaque maison, chaque liameau s’ouvre devant nous, et nous refoit avec amour. On voudrait faire de nous de malheureux Parias et peut-ètre sommes nous à la veille de remporter un grand triomphe sur l’injustice, de confondre les méchants par un solennel téiuoignage en faveur de la mo-ralité. N'aie donc aucune inquiétude sur notre compte : tu sais bien je ignorais s’il me resterait du tems de reste. Le 29 matin, après la nouvelle regue, je pouvrais bien ajouter deux mots, et annon-cer le malheur; mais, à quoi bon. Dans la ferme confiance que la chose ne pouvait avoir de suite sérieuse, confiance, que le résultat a justifié, je me dis que c’était, mal de te mettre sur les épines à propos d’une chose, qui n'en valait pas la peine, car je te le répète, j'avais le pressentiments que tout allait s’arranger pour le mieux. En général, j’ai la certitude qu’il ne peut rien nous arriver de mal ; Dieu, et toi n’ètes-vous pas pour nous? Notre position est toujours la mème, c’est-à-dire assez passa-ble ; l’horizon commence un peu à s’éclaircir ; une révolution s’est cléjà opérée dans l’esprit de quelques uns mèmes, qui criaient pis que pendre contre nous ; la convinction de notre innocence a pénétré les hommes de l’autorité ; le public en général a toujours été pour nous. De cette réaction il en résultera avec un peu de tems un grand adoucissement à notre i)osition ; ayons confiance en Dieu, et en notre conscience. La commune de Granges est folle d’enthousiasme pour nous ; elle s’est réunie spontanément, et nous a accordé le droit de bourgeoisie dans la commune; sur 144 votants nous avons eu 122 voix favorables. Ce n’est qu’une éclatante manifestation de sympathie, qui est pourtant; bien douce à notre coeur, et qui doit remplir de confusion nos enne-mis ; est-ce à des hommes d’intrigue et de trouble qu’une commune, au seìn de laquelle ils ont vécu, voudrait faire cet hon-neur? ce n’est que le premier degré de jurisdiction, que ce choix spontané de la commune. Elle doit adresser sa demande au Con-seil exécutif, lequel en fait rapport, et la soumet au grand Conseil, (pii approuve, ou rejette. Or comme le grand Conseil dall'indomani, nessun indizio di uovelle turbolenze essendo risultato contro di loro, 4'uori deH’avviso avuto da Zurigo. Il consiglio di stato di Zurigo ha udito in tale occasione (il 2 giugno) un rapporto sulle scoperte recentemente fattesi. La polizia, avuta notizia d’imprese che dai rifuggiti tramavansi contro gli stati finìtimi ha ordinato l’arresto di coloro che furono partecipi ad un’assemblea generale, il che la mise in potere di carte importantissime, principalmente presso il nominato barone de Eib il ciuale sotto diverso nome si è già dato in Berna a simili imprese. Gli arrestati sono stati messi a disposizione de’ giudici competenti, e fu ordinato che si ripigliassero le inchieste intorno all’uccisione di Lessing ». Sulla figura del barone de Eiib, ved. Mazzini, Scritti, op. cit., XI, 407. 181 ne se réunira au plus tòt qu’au mois d’Octobre, nous avons donc encore quatre longs mois à attendre. Dans le c-as que le grand Consei] prononce pour l’affirmative, nous serons forcés de demander un gros sacriflce à la famille, pas de quelque cen-taines, mais de quelques milliers de francs, car la bourgeoisie en Suisse s’achète, mème quand elle est spontanément offerte. D’ailleurs nous n’avons pas le ehoix. Nous ne pouvons absolu-ment décliner l’honneur (pie la commune nous fait, et puis aussi ce sera un sacriflce qui nous assurera une place ou poser la tète jusqu’ici battue par les orages. Mais de cela en tems et lieu. Quand le tems sera venu, nous vous ferons des révélations in sul)jecta materia, qui seront déeisives sur l’esprit de Mr Bernard, je n’en doute pas .En attendant nous recevons des felici-tations de tous les còtés. Tant mieux. Crois que nous n’oublie-rons pas tes recommandat.ions ; nous serons prudents, mèflants mème, nous scruterons corda, et renes avant que de nous aven-turer. Mais aussi, comme je te répète, que tout le monde est pour nous, il ne faut pas croire que nous avons besoin d’une défiance excessive. Notre santé est on ne peut meilleure, à tous. J’ai des nouvelles d’Ange, qui sont parfaites aussi. Embrasse pour moi la famille. Que diable pense la Nina d’ètre malade? qu’elle prenne garde à guérir bien vite, autrement je me fàcherai tout de bon. A Yictoire, Marthe, Cicchina, Laurent etc. un salut. Sois ferme, et tranquille, mon ange. Aie foi en Dieu, et en nous. Remercie tous ceux qui s’intéressent à nous. Aime-moi comme tu fais. Adieu. Zane CCCXXYI. Agostino alla Madre [Soleure], 26 Juin 1836. Chère Ame, J’ai regu ta lettre du 11, qui, compliments à part, est quelque chose de si tendre, de si beau, de si sublime, que si je vou-lais instituer une comparaison entre tes missives et les miennes je m’avouerai vaincu de suite. Il faut que dans l’amour mater- CCCXXVI. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pagg. 109-112. 182 nel il v ait quelque chose de plus délicat, de plus subtil, de plus celestini, que dans l’amour filial. Et cela me fàche presque, car je ne pourrais pas supporter l’idée que tu m’aimes plus que je ne t’aime, moi. Car enfin je t’aime avec toute mon àme, mon coeur et mon intelligence : car je t’aime plus que moi, plus que tout le monde ensemble, plus que les joies du paradis, je t’aime comme une mère, comme une patrie, comme une religion ; com-ment donc pourrais-tu m’aimer plus que je ne t’aime, moi? Les nouvelles de la Gazette n’étaient que trop vraies, mais de méme qu’elle avait rapportò le noir elle n’a pas rapporté le blanc. Aucun journal mème n'a reproduit l’ovation que nous avons regue : en partie parce que les relations ont été inexactes ou incomplètes, en partie parce qu’on voulait ménager le gouver-nement de Souleure qui a tout prendre est bon enfant quoique un peu àne. L’ article du Solothurner-Blatt lui mème n’est qu’une faible et pale narration de tous les témoignages de sym-pathie que nous avons recueillis dans notre chemin. Le rédac-teur de cette feuille, qui est le Moniteur de Soleure, est un tei certain Mr Falber qui quoique lié avec nous, ne veut pas rompre avec le gouvernement. Par conséquent il a supprimé dans son article certaines démonstrations du peuple qui auraient alarmé sérieusement le gouvernement. C’est pourquoi il n’a point parlé des fanfares avec lesquelles 011 nous a regus à Grenchen, de la sérénade que les carabiniers méditaient de nous donner, de l’in-tention qu’ils avaient manifestée de nous délivrer par la force, de la réception que nous avaient préparée quelques membres du Grand Conseil, et que nous avons refusée par prudence et modestie, etc. ; et ce n’est pas seulement dans le canton de Soleure que cette sympathie a éclaté, mais presque partout, dans le canton de Berne, à Chaux-de-Fonds, à Lausanne etc. Imagine par exemple qu’un soir nous étions cachés dans une chambre près d’une salle dans laquelle se réunit du monde pour manger et boire. Quel ne fut pas notre étonnement en entendant entonner des chansons en notre honneur où nos noms s’adaptaient parfaitement bien pour servir en guise de rimes. Dans un autre endroit on était décidé à sonner le tocsin si on voyait approcher un seul gendarme. Dans cette occasion le ca-ractère suisse s’est révélé sous une de ses faces que nous igno-rions encore. La conduite de la commune de Grenchen envers nous a été exemplaire; sans que nous le sussions le conseil com-munal s’est assemblé et a vote à l’unanimité qu’on demande- 183 rait la bourgeosie pour nous trois. Le dimanche procbain les avant-vote se rassemblèrent et nous décernèrent la bourgeoisie à la majorité de 100 voix : nombre des votants 144 : pour la bourgeoisie 112, contre 22. Où il y a remarquer deux chose : 1°, que cette décision était une haute improbation de la conduite du Yorort, et du gouvernement soleurois ; 2°, qu’elle était une haute démonstration de notre moralité et de l’amour de ces populations parce qu’elles préféraient trois étrangers à leur gouvernement, et que la plus grande partie mème des aristocrates votait pour nous. Nous regumes cette nouvelle avec beaucoup de reconnaissance : une bourgeoisie serait notre salut : on n’est plus étranger, on n’est plus proscrit, on peut aspirer à un emploì, on vit sous son nom, en un mot, on a une patrie, on est citoyen. Mais il faut la ratification du Grand Consei] de Soleure qui malheureusement ne s’assemble qu’au mois d’Octobre de cette année. Jusques là il faut vivre comme on peut. Une autre con-sidération douloureuse c’est que si le Grand Conseil de Soleure accepte la proposition de la Commune vous serez obligés à un sacriflce de quelques milliers de francs. Cela nous fend le coeur. Vous donner un si rude coup, c’est affreux. Mais aussi comment faire? Notre honneur est engagé : comment dire à une commune qui vous dècerne une bourgeoisie comme une palme de victoire, comment lui dire : nous n'en voulons pas? Ce serait de l'ingra-titude. Et puis ne nous dissimulons que si le cadeau de la eom-mune nous a conte cher par rapport à nos misérables bourses, il est acheté à bien bon marche par rapport aux avantages qu’il nous procure. Que sommes-nous à présent? rien : nous sommes hors de la loi, tous les cantons et tous les pays peuvent nous chasser à leur gré ; dans l’humanité nous ne comptons pas mème pour une voix ; nous vivons dans ce moment comme des mal-faiteurs, traqués partout, persecutés, ensevelis dans une chambre. Ne nous dissimulons pas que sans la protection populaire nous arions pu courir des dangers sérieux : rappelons nous aussi que le peuple est mobile et changeant, qu’il faut le mettre à profit dans ce moments d’enthousiasme. Que serions-nous au contraire une fois bourgeois du canton de Soleure? Nous pouvons [nous] promener librement et prononcer hautement notre nom. Mème nos ennemis sont obbligés de respecter en nous le citoyen suisse. D’un moment à l’autre il peut s’ouvrir une carrière devant nous. Supposez que j’eusse été citoyen suisse, je n’aurais pas 184 été obligé d’interrompre mes études de mathématiques à Paris. En un mot on est mort, on ressuscite. Mais d’ici à Octobre nous avons encore quatre mois, et partant tout le tems nécessaire pour parler de cela. Cette nouvelle de la bourgeoisie est une nouvelle ai gre-douce ; mais pourtant il fallait bien la donner, ne fiìt-ee que pour vous mettre à jour de tont ce qui nous arrive. Au reste nous ne Pavons pas demandée, car quoique tous les avantages d’une naturalisation nous fussent connus nous n’aurions pas osé la demander, sachant ce qu’il en serait coùté à la bourse de Monsieur, que nous sugons cornine des sangsues. Mais puisque les évéffements nous ont portés-là, pou-vions-nous la refuser? Si le Grand-Conseil nous accepte, nous pourrons vous dire des choses qui vous prouveront ce que c’est qu’une bourgeoisie pour nous. An reste pour le moment 11’ayez pas de craintes ; nous vi-vons siìrs, gràce au peuple. Ce n’est pas que les ambassadeurs ne jettent pas des flammes contre nous et ne poussent pas l’in-sensé Yorort contre nous, mais si nous pouvons durer et nous soutenir jusqu’à Octobre, la victoire est à nous, et nous nous sou-tiendrons pour sur. Est-ce à nous les hommes les plus déflants du monde que tu recommandes la défiance et la prudence? N’aie pas peur, ma mie : si nos ennemis sont des serpents, nous sommes des renards. Ne t’ai-je pas dit que nous étions prévenus de la venue des gendarmes, et que nous nous sommes laissé arrèter exprès sachant ce qu’il en serait arrivé? A présent notre intérét nous conseille an contraire de nous esquiver de la police et nous sommes en mesure. A tout prendre tout ce qui nous est arrivé est une rude legons aux ambassadeurs et au Vorort. Nous savons que celui-ci a regu des lettres de Ziirich foudroyantes. Une autorité très-influente nous offre un asile ; je te le répète, nous sommes en mesure pour soutenir la guerre, jusqu’à Octobre; après nous verrons. Pour te prouver que là où nous sommes, nous sommes bien je te dirai qu’une très-aimable demoiselle, dont je te dirai un jour le nom, a déposé en présence de Francois, un baiser sur mon front afin que je te le transmette. Ce que je fais de bien bon coeur : regois-le donc avec complaisance et renvoie-lui en un autre, afin que j’aie droit de le lui rendre avec usure. Le bon Pfarrer} et la Pfarrerin (ce ministre et sa femme) dont nous avons quitté la inaison, font des choses étranges pour nous : le Pfarrer à ce que je crois a écrit à tous les ministres protestante en grec, afin qu’ils nous 185 préparent un logement. Sa temine a gftté la maison pour faire une cache sùre qui puisse nous recevoir au besoin. Et pourtant pourquoi nous aiment-ils ces gens-là? Nous les avions vus une seule fois. Un curé catholique ne ferait pas autant. Voici un petit billet pour Niccolino : j’écrirai aujourd’hui ou le courrier prochain à Mme Lille. Je t’embrasse mille fois. Ne manque point de dire de ma part mille choses à Monsieur, Octave, Ninette. Avocat, et tout le monde. As-tu vu Gatto dans cette circonstance? Ton Auguste CCOXXYII. Agostino alla Madre [.Soleure], 22 Juin 1836. Chère Arae, Je laisse le soin de répondre à ta dernière missive à Mr Francois. Nous recevrons demain matin une nouvelle lettre de toi, au moins je l’espère. Mais comme nous devons envover nos lettres à la poste ce soir ou demain de très-bonne heure, je n’ai pas le tems de l’attendre pour répondre. Ce qui importe le plus c’est que tu ne manques point de nos nouvelles et que nous ne manquions pas des tiennes : le reste s’arrangera toujours. Ce matin on nous a donné un espoir (pii comme tous les espoirs m’a l’air d’ètre tant soit peu trompeur. On nous a dit que le Grand Conseil de Soleure pourrait bien se rassembler sous trois se-maines. Dans ce cas au lieu de nous ennuyer pendant quatre longs niois à attendre une décision sur notre affaire, nous sau-rions bien vite à quoi nous en tenir là-dessus. L’incertitude est bien la pire de toutes les situations de Pànie, d’autant plus avec nos caractères brusques et essentiellement inquiets. Si cela était, nous serions aussi contraints d’anticiper notre demande d’un gros sacrifice que quoique le cceur fendant il faut que nous adressions à Monsieur. Je l’avoue : toute cette joie n’est pas sans amertumes : d’une part une éclatante démonstration de svmphatìe et d’estime, de l’autre part une terrible saignée à la bourse de nos parents. Si le Grand Conseil ratifie l’offre de la CCXXVII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 186 commune, nous pourrons dire comme Pyrrus : une autre vic-toire comme celle-ci et nous sommes enfoncés. Mais aussi ce serait une belle victoire : un soufllet sur les deux joues de la diplomatie, qui est acharnée, un coup de pied au Arorort qui parait nous avoir pris tout à fait eu guignon. Pourquoi? on ne sait : car enfili nous sommes aussi innocents que la première chemise qui couvrit nos membres. Mais il parait qu’on avait pris des engagements, qu’on avait fait des promesses pour une certaine époque, et qu’on voudrait bien les tenir si l’on pouvait. Remarquez que dans toute la Suisse nous n’aurions pu obtenir la bourgeoisie, eussions-nous voulu la payer le quadruple. Ce n’est pas qu’il soit si difficile de se faire naturaliser lorsqu’on est disposé à largement payer : mais c’est qu’il existait contre nous des préventions fatales, et des craintes irabéciles qui nous fermaient à tout jamais cette porte. Eli effet jamais nous n’avons pensé à cela quoique ga aurait été le moyen plus naturel de nous procurer un peu de repos, si nous l’avions cru réalisable pour nous. Tout à coup une population généreuse a comme Alexandre coupé le noeud gordien par l’épée. Elle s’est mise en liostilité avec tout le monde pour nous favoriser. Si je ne savais les circonstances de notre famille, je dirais que cet honneur, et les conséquences de cet honneur, savoir, la tranquillité, la sureté, les droits de citoyen, l’inviolabilité individuelle etc., ne se peuvent pas payer trop cher. Mais comme je te le disais cet espoir que le Grand Conseil va bientòt se rassembler est encore incertain et vague. Nous prendrons nos informations, et nous nous résignerons à patienter jusqu’au mois d’ Octobre où nous vous exposerons l’état des choses et formulerons notre requòte. Du reste rien de nouveau dans notre situation. Nous sommes assez tranquilles, terriblement prudens, magnifiquement portants, un peu ennuyés à certaines heures du jour, mais gé-néralement gais, bien dispos et mème un peu moqueurs. Quant à l’extérieur voilà : on a fait quelques perquisitions dans le Canton de Berne, on a arrété un Allemand. Il y a plusieurs arrestations à Ziirich : je ne sais de quoi inculpe-t-on ce monde. Mais cornine parmi les Allemands il y a bon nombre de bla-guers, il peut se faire qu’à force de blague ils aient réussi à épouvanter les gouvernements suisses et à fournir des pré-textes à la diplomatie. Nous autres nous n’avons la moindre relation avec tous ce 187 monde : notre vie solitaire, paisible, adonnée à la contemplation et aux études pacifiques est un fait de notoriété publique, si bien que ceux mèmes qui ont provoqué les arrestations so plai-gnent au Vorort d’avoir voulu nous mèler nous autres à des intrigues dans lesquelles jamais nous n’avons trempé ni direc-tement ni indirectement. Partant tout cela doit aboutir en definitive à reliausser notre moralité, à mettre en évidence notre innocence. Le Solothurner-Blatt dit en s’adressant à la com-mune : les enfants de vos enfants vous béniront encore de cette décision. Je suis entré exprès dans quelques détails afin que vous ne vous laissiez point en imposer par les sottises qu’on pourra bien débiter sur tout ceci. Le Vorort est bien le maitre d’avoir des caprices contre nous, mais nous savons du moins que le bon droit est pour nous. Puis tous les membres du Vorort ne sont pas également injustes : une fois notre innocence recon-nue, il est à presumer (pie quelqu’un eleverà la voix en notre fa-veur, que quelqu’un rougira au moins de cette chatne non in ter -rompue de faiblesses. De tout cela vous devez tirer cette conciu-sion : que notre situation peut ètre pour le moment ennuvante, mais qu’elle n’est point dangereuse. Ne t’alarme pas, ma bonne amie. Je te le répète, nous sommes très-prudents, les gens (pii nous entourent nous sont dévoués, et nous soignent avec amour et sollicitude. Tout cela pourrait bien en dernière analyse amélio-rer au lieu d’empirer notre condition. Dans ce cas on pourrait faire l’application de ce proverbe italien : la biscia lia morso il negromante. J’ai écrit à la Cousine, la priant de faire recherehe des lettres de l’Avocat, ou tout au moins de lui envoyer son adresse, car la chose, à vrai dire, commence à trainer en une longueur insupportable. J’ai regu une lettre de Mlle Du Commini dans la-quelle elle renouvelle ses offres en tout et par tout (halte là! toujours dans le bon sens), et ses démonstrations d’intérèt pour notre sort et d’affection pour nos personnes. Je lui répondrai bientòt. Elle était au lit un peu malade, mais elle en est sortie exprès pour me répondre. J’ai écrit deux petites lignes à Madame Lille, mais petites petites. En vérité il est ini possible qu’avec votre nouvelle loi des postes on n’ouvre point les lettres qui lui sont adressées directement, et je ne me soueiais guère (pie des yeux étrangers lussent, tout ce que j’aurais voulu lui mander. Tu pourras lui dire ceci pour m’excuser de ma brièveté. Adieu, mon Ange. Re^ois le coeur de ton fidèle ami, et mar- 188 (jue l’éffusion de mes sentiments à Monsieur, Octave, Nmette, Laurent, Catherine, Nourice etc. Toujours à toi ton Auguste cccxxviii. Giovanni alla Madre M x [Soleure], 22 Juin 1836. chere Amie ! charmó n * * " J)0sspss^0n fle ta chère du 13 courant. Je suis s'iufpv f’o ,?■ 1111 ^°11^ Ce b^nbaha nos nouvelles tranquilli-beaucnnn ^rnent' ln’est une joie qui me peut faire supporter «tTn * 1Mti7Ce' °e Wnvre Frèsie en est „« r-piotif ' piste pour avoir quelque renseignement D'irf- r»^S )(>IUK s esP(1rances. Je ne suis pas fàché que cette oup nvi]lerm+ UUe .ses défauts il est assez bon enfant au fond, oup mon ami, et qu’il a été celui de notre Saint, du Saint ■innìvoT» S.ne P eurerons jamais assez. I] vient de s’écouler cet IpmiPi S.tUle a ***** triste, et solenne!; malgré le tracas, dans fons 'lennent (1s d’autres sont venues douces, et conso-^ ™.°! ,S eS* ass*se à mon chevet et m’a murmuré des fp 1IU1 a ) es (;0lll‘°nne de sacriflce, de réunion éternelle, k.jo j ' ' e I>aiX’ ^ ivresse dont nous n’avons pas d’idée ici-ton ni-pìn6 6 ^3S ^Ue ^es m®mes mots n’aient été souflés à vpnir- pì l ’- e n d^en* servi à tempérer l’amertume de ce sou-se ouitrpi*01' Cr°'an^e Pleine de foi, et d’amour. C’est si peu de réunii- , * P°!‘J .quelques heures quand on a la certitude de se nas nnp tiUI ' ^ 210lls l’avons cette certitude, n’est-ce 1 ous 1 avons? (1) Comme Paulin t’annonce, il est pos- CCCXXVIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. riiver«'ark>eCe ma*n- Aujourd’hui, j’espérais à bon droit n’avoir sane ^ Y-* avant (lue d’avoir de tes lettres, mais j’ai calculé aDDort^n °^' (OIIIT,er est venu, et ne nous a rien du tout no» i 6 - P’ ^ PS^ ^mPossiWe que nous n’avons pas de lettres, clnr ( mTKJ ^ n lV en aura^ Pas des tiennes. Ainsi il faut con-pst G) .^U /. a eU retar(l’ 0,1 négligence de la part de celui qui t C laIp,( nons envoyer la correspondance. Cela nous fàche -, ll(|0ul)’ car cela nous prive de notre consolation, du pain spi-, sans lequel il est impossible de vivre — mais cela ne -, ln(luiète nullement, car nous avons la certitude que tes res existent bien quelque part. Nous ferons l’impossible nous les procurer au plus vite, mais tout de mème je suis * s matière, et sous 1 influence de ce désappointement, qui ne e me ,Pas bonne humeur. Ainsi, je vais me borner au strict •essaire, qui consiste à te donner les assurances les plus po-nes^ e notre bien ètre soit pbysique soit mora!. Notre posi-ion nest point changée, quant au matériel; quant au inorai, e se modifie en bien de jour en jour, car chaque heure d’écou-ec aircit de plus en plus notre innocence, et notre absolue par ìcipation A des menées, qu’on à prétendu exister, et que s 1Sn°rons complètement. Encore quelque tems et l’opinion CCCXXXIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 199 publique un moment indecise sera tout à fait ramenée à la vé-rité. La vérité triomphe toujours. Pardonne-moi ma brièveté ; vraiment je ne saurais que dire. -Te tàcherai de te dédommager à la première fois. Salue bien la famille pour moi, ainsi qu’amis et amies. Aiine bien ton ami, qui t’aime bien lui aussi. Adieu, mon Ange consolateur. Ne vois rien dans le ton de ma lettre, je t’en prie, si non simplement la contrariété de manquer de tes nouvelles, et d’ètre partant sans matière. Je t’embrasse un million de fois. Ton Zane CCCXXXIV. Agostino alla Madre fSoleure, 29 Juin 1836], Chère Ame, Voilà un de ces ennuis auxquels il faut s’attendre lorsqu’on est dans une condition comme la nòtre : non pas que notre con-dition soit mauvaise, mais lorsqu’on ne peut pas faire les choses-soi-méme, elles ne vont pas si bien. Nous attendions aujourd’hui de tes lettres, nous y comptions mèmes comme sur quelque chose de sur, mais étant obligés de nous servir d’intermédiaires pour les recevoir, je ne m’étonne nullement que nous avons été frustés dans notre espoir. Peut-ètre recevrons-nous tes lettres d’ici à une heure, ou au plus tard ce soir : toujours est-il que ces re-tards ne sont pas agréables. Mais aussi si on n’avait pas l’occa-sion de l’exercer, la vertu de la patience n’existerait point. Pre-nons donc patience encore cette fois-ci : c’est la seconde. Ma foi, tu m’entendrais joliment gronder à la troisième. Ma conscience m’oblige à adresser une question décisive à Monsieur, et je te prie de la lui faire en mon noni. Jusqu’à présent nous avons parlé de l’affaire de la naturalisation comme d’une chose qui aurait son consentement à un bonheur, qui cicatriserait toutes nos plaies, mais il pourrait se faire qu’il ne jugèat pas possible dans ses moyens de faire front aux dépenses. Nous voudrions par conséquent savoir à quoi nous en tenir là-dessus, car il serait. passablement ridicule de travailler de tout son possible, d’avoir CCCXXXIV. — Inedita. Sul foglio in cui Giovanni scrisse la lettera precedente. 200 la sanction du Grand Conseil pour la naturalisation et puis de rester là la bouche beante, et dire : eli bien ! qu’on annulle la décision du Grand Conseil, car nous ne pouvons payer. Autre la perte réelle de la cbose, nous aurions par dessus la honte. Voilà donc la question : dans le cas que le Grand Conseil ratilie la décision de la commune, pouvons-nous compter sur la somme nécessaire au payement des droits de bourgeoisie? Dans le cas affermatif nous pousserons la chose le plus que nous pourrons, et peut-ètre réussirons-nous à la fin. Dans le cas négatif, nous enverrons jusque dès à présent, quoique avec immense regret, notre renonciation à la commune, afin de ne pas nous trouver dans une position doublement fausse. Quant à la somme en elle-mèine, on ne peut rien décider là-dessus : c’est au Grand Conseil de la fixer. Il y a trois catégories de bourgeoisie : une pour les gens du canton, qui cónte le moins : une pour les suisses des autres cantons, qui est la moyenne : la troisième pour ceux qui sont absolument étrangers : les frais de cette dernière sont assez considérables, mais peut-ètre ne voudra-t-on pas les appliquer dans leur totalité. On peut pourtant calculer que la dépense (pour les deux collectivement) ne saurait dépasser 7000 frane s, ni ètre moindre de 5000. D’après ces bases, Monsieur pourra voir si au moyen d’un einprunt hypothéqué, d’une vente, de la cession des droits de notre hérédité quelconque il peut se procurer 1 ar-gent ou non. S’il le peut ce sera une bénédiction pour nous tous, s’il ne le peut pas, eh bien ! nano ad impossibilia tenetur, nous continuerons à mener notre vie de juif errant. Seulement nous voudrions savoir à quoi nous en tenir là-dessus, car jusqu a pre-sent nous avons cause, mais si on ne peut trouver l’argent toutes nos causeries ne servent à rien. En attendànt fais mes amitiés à Monsieur. Adieu, ma divinité : je cesse, parce qu’il me tarde d en-voyer l’homme prendre tes lettres. Nous sommes très-bien por-tant, et tranquilles. Je t’embrasse longuement. Ton Auguste 201 CCCXXXV. Agostino alla Madre pSoileure], 6 Juillet [1836] Chère Ame, Tu seras passablement étonnée d’apprendre qu’aujourd’hui non plus nous n’avons de tes lettres. A vrai dire ces retards sont embètant, et si nous n’avions pas acquis, au moyen d’une longue expérience, la certitude que tout cela est le résultat de la sottise postale, nous aurions de quoi nous inquiéter sérieusement. Emilie a été plus heureuse (pie nous : elle a regii une lettre de sa tante en date du 27 Juin. Elle lui donne la nouvelle officielle qu’elle a passé une journée entière avec Monsieur et Ninette : cela nous tranquillise sur ton compte, car ni Monsieur ni Ninette n’auraient été à la campagne si tu étais malade, ou s’il y avait eu en air quelque autre inconvénient. C’est donc à l’admi-nistration seule des postes qu’il faut s’en prendre de cette con-trariété, et un peu aussi à notre nouvelle situation, qui a dérangé la régularité de notre correspondance avec le petit factotum (1). Ayons donc patience et supportons cela en pénitence de nos péchés : fais attention (pie je parie seulement des rniens, et nul lement des tiens, car toi, sainte, tu n’en as pas. Ma prévision de l’autre jour c’est vérifiée. Des raisons, qu’il serait trop long d’énumérer, nous ont fait ajourner notre demande au Grand Conseil : qu’il te suffise, que tout calculé cela ne peut nous ètre qu’utile. Il y a bien l'inconvénient d’attendre et un moment nous avons été sur le point de jouer notre vatout ; mais la réflection est venue à notre aide et nous a persuadés de patienter encore quelque mois afin d’assurer notre affaire. Tu te répéterai encore comme l’autre jour : Fabio cunctando restituii reni. Vous trou-verez un peu ridicule que nous ayons fait tant de liàte pour nous décider en définitive à transporter les choses à une autre époque, mais au moment que nous vous écrivions, nous étions en parfaite bonne fois et nous comptions d’aller cette session mème. Des circonstances nouvelles et imprévues nous ont fait adopter une nouvelle marche. Fais nos excuses à Monsieur à cause des em- CCCXXXV. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 114. (1) Angelo TJsiglio. 202 barras que nous lui avons occasionés, mais il n’y a pas de notre faute : je suis sur qu’il vomirà avoir un peu de patience, attendu que ses amis en ont beaucoup. Si pourtant on est réussi à obtenir le papier que nous avons demandé, envoyez-le toujours : il n’en sera pas moins précieux pour l’avenir. A present dormons : ne parlons plus de cela tant que nous ne nous rapprochions de l’epo-que décisive, mais que nous ne pouvons encore vous indiquer, attendu qu’elle est encore incertaine pour nous-mème. Les précautions sanitaires prises par Charles Albert et par le Due de Modène preuvent que le choléra est réellement en Lombardie. On dit mème qu’il fait des épouvantables ravages à Brescia. Je voulais bien voir si cette fàcheuse nouvelle pouvait recevoir un démenti : ce sont les bonnes nouvelles qui ne se vé-rifient point, mais pour les mauvaises on peut toujours parier dix contre un. Je ne sais que penser, mais religieusement par-lant, il me parait impossible qu’il puisse retourner chez vous : il a bu assez de sang Gènois. Pourtant cela s’est vu à Paris et à Marseille. Je veux m et tre ma confiance en Dieu. Que sont les prévisions humaines devant la volonté divine? Nonobstant com-mencez à prendre les précautions qu’une sage prudence conseille. Toi surtout, ma bonne amie, tu dois avoir grand soin de forti-fìer ton corps et ton mora!. Pour le premier nous n’y pouvons absolument rien : pour le second si nous te disons que nous jouis-sons d’une santé parfaite, d’une humeur claire et égale, que nous sommes assurés contre les coups des méchants, que nous avons trouvé une tranquillité profonde, que nous sommes entourés de bonnes gens qui nous aiment, qui nous estiment, qui ont pour nous tonte sorte d’égards, ne pourrons-nous pas en te disant tout cela, qui est bien la vérité, tranquilliser ton esprit, relever ton moral? Je veux espérer que oui : je compte que tu te mettras en état de pouvoir braver le choléra et pareils ennemis par amour de tes deux amis. Dieu et ton cauir me sont garants de l’avenir. Ce matin je regois une lettre d’Eugénie : ma pauvre sceur de Chaux-de-Fonds est malade : elle a la toux, des crampes d’esto-mac, et autre chose ; malgré cela elle est obligé de donner ses le^ons pour gagner sa vie, car Eugénie n’est pas riche, au contraire elle est pauvre. Je la plains beaucoup, mais espère qu’elle guérira, car elle est jeune et forte. Sa lettre était, dedans un volume de Pichon, que je lui avais prété, mais qu’il y avait-il encore dedans ce volume? une belle bague de cheveux tressés par la main d’Eugénie mème, et sur la petite pia que qui relie les 203 cheveux la devise : partout et toujours! Il est superflu, de te dire (pie les cheveux sont d’Anna, et que c’est un cadeau qu’elle ine fait : tu vois qu’au milieu de nos péripéties nous trouvons aussi des consolations. Cette preuve d’amour dans ces moments m’a beaucoup attendri ; d’autant plus (pie nous ne correspondons plus ! Madame Marthe ne nous dit encore rien sur la décision de la Révision, décision qui parait se faire beaucoup attendre. Le journal a été accueilli à Rome et à Turin : pourquoi donc trouve-t-il tant de difficultés chez-vous? Veux-tu rire? Louis Philippe (ce scélérat d’Alibaud qui a attenté à sa vie! (1)), la reine, le I)uc d’Orleans sont abonnés à ce journal : si on ne le défend pas en Italie il fera fortune, mais c’est là qu’est le busillis. Le 2 cahier a paru, je le regois ce matin. Adieu, mon àme, ma vie. Mes compliments à Monsieur, Octave, Ninette, Laurent, etc. Te dire comme je t’aime c’est iin-possible : il faudrait la voix d’un ange : en revancbe je te presse sur ma poitrine à te suffoquer. Adieu. Ton Auguste CCCXXXVI. Giovanni alla madre [Soleure, 6 Juilùet 1836], Ma chèrie, Paulin t’aura déjà informé de cette étrange absenee de tes lettres si impatiemment attendues. Fort heureusement qu’il s’en trouve une de la tante de Mademoiselle, qui nous tranquillise tout à fait sur vous tous et particulièrement sur toi. Nous sommes donc contrariés du manque de tes caractères, mais partant tranquilles. En conséquence, je suis tout à fait sans matière, d’autant plus que Paulin a épuisé avec toi tonte la matière existante à propos de la bourgeoisie. Je te répéterai seulement que notre santé à tous est excellente et notre position assez tenable. Je regois une lettre de Luisa. Son enfant ne fait ni pied ni jumbe, CCCXXXVI. — Iendita. Sul foglio in cui Agostino sorisse al lettera precedente. (1) Luigi Alibaud, che aveva attentato alla vita di Luigi Filippo il 25 giugno 1836 e che verrà giustiziato l’il luglio. 204 toujours de la mème manière. Il parait que du coté gauche elle est sans mouvement ; l’enfant. Pour ta gouverne, la dernière lettre que nous ayons de toi est en date du 24. Espérons que le courrier prochain sera riche pour nous. Bien des compliments à la famille, aux amis, et amies. A toi, rame, dans un embrassement sans fin. Ange se porte bien, et t’envoie mille choses amicales. Aime qui t’aime. Ton Zane CCCXXXVII. Giovanni alla madre [Soleure], le 12 Juillet 1836. Ma chère Amie ! Nous possédons tes deux charmantes du 30 Juin, et ler Juillet. Je réponds pour ma part en laissant à Paulin le soin bien doux d’en faire autant. Je n’ai pas la fausse modestie de décli-ner à propos de l’adoption spontanée de Granges tes éloges, ma chère. Oui, c’est bien une eonduite irrépochable qui nous a pro-curé cet honneur — nous pouvons le dire avec orgueil — est-ce que nous avons jamais fait le mal sciemment ou omis de faire le bien qui était en notre pouvoir? Pourtant, prends bien garde que c’est le voeu du peuple qui s’est inanifesté en cette occasion, et ce vceu est toujours suspect, mémes dans les républiques. De cette manière un précédent qui devrait nous ètre très favorable nous devient tout le contraire par le point de vue duquel l’envi-sagent les hommes d’état, subissant l’influence étrangère, qui ne nous est certainement pas très propice. Cela je te le dis afin que tu ne te berces pas trop d’un espoir qui pourrait bien devenir chimérique. L’unique lueur de réussite pour nous c’est dans la inéthode de Fabius, qui allietando vicit rem. Il faut laisser passer ce premier choc, 011 les esprits sont aveuglés par de fausses pré-ventions, ou, ce qui est pis, par la peur qui ne connait ni droit ni logique. Nous n’aurions pas dans ce moment le 5 pour 100 de chances en notre faveur. A une époque lointaine peut-ètre, mais indéterminée ; quand les esprits seront plus calmes, et pas CCCXXXVII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 205 si talonnés par la peur, 011 verrà s’il y a chance — mais pour le moment, impossible. Tout ce qu’on peut faire c’est d’attendre, et de s’effacer le plus complètement possible. En conséquence de cela, je ne réponds pas à la question du quantitatif de la somme. Nous aurons tout le tems d’en parler à notre aise. Dieu veuille que nous nous trouvions dans la nécessité d’imposer ce sa-crifice à non familles ! Je ne sais pas juste si Frédéric ne m’exagè-re pas 1111 peu son état. ('eia pourrait bien ètre. En tout cas, s’il me trompe, tant pis pour lui, car il n’a pas de quoi. Mille fois vaut mieux d’ètre trompé (pie de tromper. N’est-ce pas? Com-ment? Tu ne rappelles plus cette saccente de Baden, amie de Luisa, dont les lettres' me faisaient rire — je crois mème t’en avoir trascrit quelques passages qui prétendait s’ètre amourachée de moi par correspondance, et qui, actuellement, que je suis un pauvre diable persécuté, me néglige? Peut-ètre aussi je porte un jugement teméraire, et cette négligence apparente est la conséquence de ses occupations, qui sont grandes dans ce moment, et de la précariété de ma position. A la réception de cette lettre, tu changeras l’adresse de tes lettres, ainsi que Mme Marthe, et écrirez à celle de Mr J. Lacroix, négociant à Berne. Sous couverture à Mr Gautliier. Tachez que les lettres ne soient pas bien épaisses. Ne t’enquiète pas si nos réponses t’arri vero nt à une date un peu longue, car tes lettres pour nous parvenir seront obbligées à un circuit. Cela n’est que provisoire. Peut-ètre, nous serons obligés dans quelque tems à cbanger de direction, peut-ètre à sortir de la Suisse pour un tems; mais en tout cas nous t’instruirons de tout, entr’autre de ce qui importe au-dessus de tout, c’est-à-dire de la régu-larisation de notre correspondance. N’est ce pas que tu me trouves passablement mvstérieux? Eh bien ! résigne-toi, pour cette fois, sans autres explications (1). Surtout, que cela ne te fasse le moins du monde sortir de la sécurité que je tàclie, dans toutes mes lettres, de t’inspirer. Cela m’affligerait immensé-ment, d’autant plus que cela n’aurait aucun fondement. Car, je te le répète, cette fois comme les autres, notre santé est parfaite, (1) Le pressioni dell’ambasciatore francese sul Governo svizzero si eran fatte sempre più forti; agenti francesi travestiti s’erano inviati in Isvizzera persino per compromettere il Mazzini ed i suoi compagni, come si rileva dalla numerosa documentazione che trovasi a commento delle lettere del Mazzini, alla quale si rimanda il lettore, per non ripetere quanto è già noto (Ved. Mazzini, Scritti, XI, cit., pagg. 384-423). 206 notre esprit tranquille, notre conscience sans reproche, et notre position bonne et stìre. A moins d’un cas extraordinaire nous n'aurons pas besoin d’argent jusqu’au trimestre d'usage. Seule-ment, et dis-le de notre part à Mr. B., vu les dépenses extraordi naires dans lesquelles toutes ces nouveautés nous ont mis, nous voudrions que nul retard ne s’interposàt entre l’expiration, et l’envoi. Nous le prions lui d’avoir aussi égard à notre position. Milles ehoses à la famille. Continue de veiller sur nous, aime-nous comme tu fais, sois notre Providence, enfìn, notre entremise avec le Ciel, et que pourront nous faire les hommes malinten-tionnés? Adieu. Zane cccxxxviii. Agostino alla Madre [,Soleure], 12 JuiiHet IO. Chère Ame, Ta bonne lettre du premier Juillet m’a fait l’effet d’une douce rosée qui tomberait sur moi du haut des cieux. Tu es toujours sublime dans tout ce que tu dis et fais. Seulement tu me donnes quelquefois des éloges que je suis loin de mériter. Ainsi par exemple chaque fois que tu institues des compa-raisons entre nous deux, et que tu conclues à mon avantage, je crois que tu as grand tort. Il n’y a point de comparaison possible entre les Anges et les hommes. Mais je veux briser là-dessus parce que toute question est superflue : tu ne me convaincras jamais et je ne pourrais jamais te convaincre. Sache seulement que je te tiens pour le plus noble cceur qui soit dans le monde, et que je t’aime d’un sentiment qui participe du fìls, de l’amant, et du frère. Francois t’a parlé de certains changements provisoires qu’il faudra adopter dans notre correspondance. Tu ne dois voir en cela autre chose que notre scrupolosité à suivre en tout tes conseils en adoptant toutes les précautions, toutes les mesures de prudence possibles : non seulement celle qui sont tout-à-fait nécessaires, mais celles aussi qui ne l’étant pas peuvent toute- CCCXXXVIII. — Pubblicato un brano tradotto dal Cagnacci, op. cit., pag. 114. 207 foi contribuer mème de loin à notre sécurité. Nous faisons cela de grand coeur, parce que nous s’avons que cela te fera plaisir. Notre position est bonne : nous ne manquons de rien, nous pou-vorn nous rire des efforts de nos ennemis. Pourtant si notre intérèt à, venir nous conseillait d’entreprendre un voyage, nous Pentreprendrions, parce que tous ces ennuis aboutiraient en dernier résultat à notre avantage. Le Vorort vient encore de faire preuve de sa faiblesse en retirant, ou pour le moins en modifiant la décision du Grand Conseil de Berne touchant les ccnférences du Baden. En outre la Diète est assemblée, et sans doute vous en savez assez sur son compte pour que je me dispense de vous apprendre qu’elle est constituée de manière, qu'il y a de tels vices dans son organisation, qu’aucune bonne pensée ne peut éclater de son sein, et qu’elle est au contraire la pius déplorable en trave à la liberté et au progrès de la Suisse. Toutes ces raisons et autre encore nous ont fait ajourner no ere affaire, attendu (pie le tems serait horriblement mal ehoisi. Ces raisons aussi pourraient faire naìtre en nous des résolutions qui ne seraient ni l’effet de la peur, ni l’effet des dangers qui nous menaceraient, mais uniquement comme je te l’ai dit des mesures inspirées par notre haute sagesse, et par cette prudence que tu nous as conseillée à plusieurs reprises. Au reste j’espère que nous pourrons mieux expliquer sous peu. Sois seulement sans crainte, et sache (pie nous sommes en position à pouvoir mème maìtriser les événements. Notre santé est bonne, notre séjour parfaitement sur. Au reste je suis sans nouvelles. L’en-voi du Journal à Turin ne m’étonne pas, mais c’est un nouvelle preuve de la bètise de vos sommités. Tu feras bien des compliments à Monsieur, Octave, Ninette, Laurent et tu aimeras toujours celui qui t’aime mieux que le Paradis. Adieu. Ton Auguste 208 CCCXXXIX. Agostino alla Madre [Soleure], 14 [Juillet 1836]. Un hasard bien singulier a empéché que nos lettres ne par-tissent pour l’Italie : elles ont marche comme les écrevisses : elles sont revenues au point d'où elles sont parties au lieu d'aller en avant. Nous mèmes nous ne savons de quelle manière expliquer ce contretems. J’en suis à penser, (pie celili qui devait vous envoyer la lettre, s’est trompé : qu’il nous a envoyé autre part cette autre qui était pour nous. Cela est très-remédiable ici, mais il n’en est pas moins vrai que le silence absolu d’un courrier est fàclieux pour vous. Vous vous laisserez peut-ètre aller à des alarmes, qui n’ont d’autre sujet au fond qu’un ridicule qui prò quo; mais vous n’ètes pas tenue à le deviner. J’espère pourtant que l’expérience du passé vous fera attribuer ce retard à quelque cause indépendante de notre volonté, et étrangère à tout malheur, comme c’est la vérité. Ne faut-il pas que jusqu’aux qui prò quo nous fassent la guerre, et que deux jours après nous recevions la lettre que nous croyons déjà bien loin de nous? Je m’attends à ce qu’un de ces jours notre encre devienne bianche en voyage, et que vous ayez à dire : que diables nous en-voyent-ils, des feuilles de papier non écrites. Mais à mauvais jeu bonne mine. Nous avons adopté une nouvelle méthode pour écrire : un jour ce sera Mme Marthe qui recevra, l’autre toi-mème. C’est encore une nouvelle mesure de prudence dans la-quelle nous persisterons jusqu’à ce que les choses ne soient debrouillées, et jusqu’à un ordre de vous, si vous trouviez que cela ait des inconvénients. Ce qui a un peu radouci notre bile, c’est qu’avec notre lettre envoyée nous etìmes en mème tems ta bonne lettre du 4 Juillet, et le certificat de ce bon Monsieur, et le decret de S. M. touchant l’abolition de la confiscation. Nous avions déjà prudemment regu les extraits de baptème : n’aie donc aucune inquiétude à ce sujet. Tout est parfaitement en règie. Le certificat de Monsieur est à notre pieine satisfac- CCCXXXIX. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 209 tion, et nous nous plaisons à reconnaìtre que lorsque Monsieur se mèle d’une chose elle ne peut réussir que bien. Fais-lui nos remerciments et qu’il se charge, le cas échéant, d’en faire de notre part à celui qui a délivré le papier. A présent que nous avons toutes nos arrnes, nous ne livrerons pourtant pas bataille. Mais je ne reviendrai pas là-dessus, attendu que je t’en ai dit assez dans mes précédentes et qu’il n’est pas bon pour nous d’insister sur ce sujet,. Au reste notre santé est bonne : notre position est tenable puisque nous n’avons aucune inquiétude, et que nous sommes à l’abri de toutes injustices. En attendant les jours passent, et tu sais qu’il n’y a pas de plaie que le tems ne puisse cicatriser. Ainsi nous vivons passablement contents ; Dieu ne peut nous abandonner puisque nous sommes sous tes ailes de sainte. Adieu ma vie, mon bon-heur. Mes compliments à toute le monde. Ton Auguste Une ligne seule, ma bien aimée, pour te dire que nous sommes bien, très bien, que nous avons la lettre du 4 avec in-clus les papiers en question. Je t’écrirai avec loisir le prochain courrier. Dans le moment je suis occupé, et je n’ai pas le tems. Cela n’empèche pas que je ne t’aime comme l’on n’aime pas dans ce monde. Adieu, mon Ange, mon salut, mon commence-rnent, et ma fin. Adieu. Zane CCCXL. Giovanni alla madre [Soleure], de 15 Juillet 1836. Ma chère Amie ! De mème qu’un rayon de soleil venant visiter le pauvre prisonnier, et dissipant les ténèbres matérielles de son eachot, le fait bondir de joie ; telle ta lettre d’avant hier, en date du 4 courant est venue dissiper les ténèbres morales qui coinmen-gaient à nous envelopper, vu le vide de tes lettres, et nous a rendus à la vie, à la joie, qui consistent pour nous à avoir de tes nouvelles, et en pouvoir [de] t’en donner des nótres. Malheu- CCCXL. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 2io reusement, une ombre est venne assombrir ce riant tableau ; la certitude que notre lettre du précédent courrier n’était pas partie, et que vous alliez par conséquent vous trouver privés de nos nouvelles pendant un courrier. La chose ne pourrait que trop malheureusement se renouveler, vu notre position, qui nous oblige à tout faire au moyen d’instruments, auxquels il nous est impossible de communiquer notre activité, et l’inten-sité de l’intèret que nous attachons à quelque chose qui n’est que pour eux qu’un morceau de papier noirci. Que veux-tu, mon Ange? c’est une conséquence forcée de notre position néga-tive. C’est pourquoi je ne pourrai jamais assez te recomman-der la patience, et la foi ; il ne faut que jamais ces lacunes, t’allarment, il faut que tu les donnes à notre actualité, il faut que tu te dises : point de lettres, j’en aurai deux le courrier prochain ; en attendant ils sont bien, ils s’occupent de moi, ils m’écrivent, mais une circonstance bien indépendante de leur volonté peut retarder la lettre. Nous te prèchons aussi d’exem-ple, ma chère, car ces retards, contre l’effet desquels je tàche de te prémunir, nous aussi nous les éprouvons, et nous nous sommes promis à nous-mèmes de ne pas nous en inquiéter. N’est-ce pas que tu en feras autant, mon amie? Les papiers, qui étaient inclus dans ta lettre du 4, vont à merveille. J’espère que nous pourrons nous en servir avec avan-tage un jour ou l’autre. En attendant mille remerciements à la personne qui s’est prétée avec tante de noblesse à notre demande. Il y a un siècle, ga va sans dire, que nous avons regu tous les extraits imaginables, y compris celui regardant Gliat-terton. Je ne sais si j’ai oublié de te le marquer. L’auteur, à nous personellement connu n’a pas inventé la poudre. Mais il a fait preuve au moins de bonne volonté. C’est déjà beaucoup dans ces tems (1). (1) L’articolo sullo Chatterton che Agostino pubblicò ne II Repubblicano di Lugano e che fu ripubblicato mutilo dal Cagnacci negli Scritti vari di Agostino, nell'op. cit. a pagg. 552-556. Il testo integrale di cui ci serviamo è tratto dal numero de II Repub-Vlicano in cui venne inserito a pag. 602 dell’annata : « Chatterton, dramma di Alfredo di Vigny - Trovasi presso G. Ruggia e C. - Prezzo T.. 2 Ital. (Genova Tip. Arcivescovile, 1835), L’anno 1835 in Francia sono venute a luce, una a poco intervallo dell’altra, tre drammatiche composizioni di tre famigerati scrittori, diverse d’indole, di pensiero e ; forma, ma dal pubblico, con poco discernimento come suole, agguagliate, e confuse in un comune entusiasmo. I critici delle riviste, e de' feuilletons notarono difetti e virtù, con dubbia lealtà, con estetica nessuna. Non fu chi ponesse mente al carattere individuo e distinto di quelle singole composizioni; non fu chi avvertisse di rintracciare in loro le teorie artistiche, il genio peculiare, la scuola e la fede de' loro 211 Comme t’auront appris mes dernìères lettres, l’état de l’enfant de Luisa n’était pas désespéré. Peut-ètre que Dieu aura pitié d’elle, et le lui rendra. Je n’en ai pas de nouvelles depuis bien longtems pour la mème raison qui fait que mes lettres, ne t’arrivent pas quelque fois, ou retardées, et viceversa. Entin, détours et contre détours, n’en parlons pas, pour l’amour de Dieu. J’ai fait mon possible pour lui donner courage par mes lettres, puisque il m’est défendu de pleurer avec elle. E11 me l’òtant, ils m’ont òté le seule rayon de lumière, qui éclairait dans ces parages la chambre obscure de ma vie. Je te jure qu’il n’y a pas l’ombre d’égoisme dans mes regrets, veuille Dieu tenir sa inaili sur elle, et en faire une Sainte, et je serai au comble de mes voeux, quand mème je devrais ne plus la voir de ma vie. Parfois une pensée brillante comme un ter rouge, me sillonne l’esprit. Si tu lui étais encore nécessaire, me dis-je, si en Pab- autori. Bensì a noi parve, che il Chatterton, l’Angelo Malipieri e il Giovanni d’Austria fossero nette e chiare forinole delle diverse tendenze, che, siccome avviene nelle idee politiche e religiose, così screziano a colori diversi la letteratura del secolo attuale. E diresti alla lettura, o alla rappresentazione di quelle, che Alfredo di Vigny, Vittorio Hugo e Delavigne venissero nella gara di chi meglio e con più evidenza stamperebbe in un dramma il suggello del proprio ingegno e delle proprie dottrine. Così, Vittorio Hugo, avventato campione del romanticismo, e condotto da uno sbaglio del-l’intelletto a bandire il povero e non umano principio dell’arte per l’arte, come il solo e l’immortale nella letteratura, nell’ Angelo Malipieri rovinò in un materialismo indegno di lui. Quel suo bel concetto della Donna caduta, redenta dall'amore, non cape nelle meschine proporzioni dell’ossatura del suo dramma. V’ha una fantasmagorìa di uscioli segreti, di chiavette di oro, di trabocchetti e di apparizioni, che ti stordisce noiando; crederesti aggirarti nelle gotiche stanze, o su per le scale a chiocciola di un castello della Racdliffe; crederesti, che Hugo avesse poetato pel macchinista, non per gli attori; pe’ sensi, non pel sentimento della platea. Se non fosse la magìa dello stile, il carattere puro, appassionato, ingenuo di Caterina ed alcuni tocchi qua e là, che tradiscono il pennello raffaellesco, io non potrei capacitarmi, che l’Angelo Malipieri sia stato acclamato sulle scene parigine. A definire le mie opinioni intorno il Giovanni d’ Austria di Delavigne non mi soccorre altra espressione, se non questa di dramma del giusto mezzo. Pongasi mente al carattere politico, e alle idee letterarie dell’autore, e forse la mia definizione non sembrerà, nè stravagante, nè ingiusta. La vita di lui è una perpetua transazione, — transazione fra due principi repubblicano e monarchico — transazione fra le due scuole, classica e romantica. Errò Vittorio Hugo, perchè nel romanticismo, — mera protestazione della coscienza, e non altro, a favore della sua libertà, — stadio del passaggio e non altro, dalle dottrine antiche, inconciliabili all’ indole de’ tempi nuovi, a una letteratura sociale e progressiva, — intravvide, e volle intravvedere un sistema bello e compiuto, una riforma bella e consumata. Scambiò colla preparazione alla riforma la riforma stessa ; e quindi dando tutto alla libertà, poco o niente alla socialità, cadde, come accennammo, nell’ individualismo. Errò Casimiro Delavigne, perchè presentando l’epoca novella, e le crescenti necessità, non seppe accommiatarsi d’un mesto e generoso addio delle Muse antiche, nè mettersi arditamente sur una linea parallela al suo secolo; ma oscillando di continuo fra il sì e il no, non fece nè tutto bene nè tutto male, e nessuna delle due fazioni può vendicarlo a sè, però che egli partecipò in ambedue. A conforto del nostro asserto invitiamo alla lettura del suo dramma, che secondo noi non è altro che il vaudeville innalzato al quadrato. Minore forse di potenza e di vivezza poetiche, maggiore per nerbo di moralità, e per intendimento sociale, era sceso nell’arringo avanti i due col suo Chatterton Al- / 212 sence de l'haleine pure qu'elle respirait avec toi elle vint à en respirer une empestée avec un autre — si elle allait retomber !... Je chasse cette pensée comme une tentation du démoin. I)ieu est grand et c’est à lui que je la confie. Il sait, lui, qu’il n’y a pas eu de ma faute, si je l’ai perdue. En tàchant de l’amélio-rer, je m’en sentais devenir meilleur. Mais à quoi bon parler plus longtems de cela? Que je ne t’oublie pas à travers de toutes ces vicissitudes? Mais je crois que tu badines. Tu es mon Alfa, et mon Omega. Tu es ma vie. Il n’y a ni Luisa, ni persécution qui tiennent, la perspective de l’échaufaud ne pourrait me faire penser une fois de moins à toi, ni diminuer d’une partie infi-nitésimale le culte d’amour, que je t’ai voué, qui est tout mon ètre, mon bonheur, ma gioire, et mon espérance. Oui, nous recevons bien tard vos lettres, et vous aussi les nòtres. Ces retards ne feront probablement qu’augmenter pour un tems com- fredo di Vigny. Il Giovanni d’Austria è il dramma dell’opportunità, il dramma cortigiano, che beffa la maestà della storia, che la impicciolisce, ritaglia, e frastaglia a suo modo, il dramma senza intento, se non è quello di piacere all’uditorio, e dirru-rugare la fronte a’ pensosi con frizzi, sarcasmi, e tratti di spirito. L’ Angelo Malipieri è il dramma della sensazione, il dramma dell’ effetto teatrale, che abusa la storia esagerandola, facendola più atroce, convertendola in romanzo e vince spaventando. Il Chatterton di Alfredo Vigny è il dramma civile, lo sviluppo di una idea profonda, la dimostrazione di un teorema di morale. Udiamo a parlare l’autore stesso nella sua ultima notte di lavoro, premessa al dramma. « Ho fede nell’avvenire, e in un bisogno universale di cose gravi, ed oggi il mondo, pur di mezzo ai suoi grandi eventi, sorride alle fanciullesche sorprese, che divertono gli occhi, è giunto il tempo, parmi, del dramma del Pensiero. — IJna idea che è l’esame d’una ferita dell’anima, esigeva un’assoluta unità, e una severissima semplicità nella forma. S’io sapessi di un nodo meno complesso di questo, lo adotterei. E non pertanto l’azione materiale è presso che nulla. Credo che nessuno possa ridurla a una espressione più semplice di questa mia: — la storia di un uomo che ha scritto, in sul mattino, una lettera, ed aspetta fino alla ■era la risposta — che giungendo lo uccide ». Nessuno, — meno certi materialisti, che sconoscono, e rinnegano la poesia del cuore —j nessuno tema che la semplicità del nodo nuoccia all’ interesse. E vi hanno vicende, che interessano ben altrimenti, che i casi pomposi delle storie, e l’aggrupparsi, e lo disgrupparsi degli accidenti materiali. V’hanno amori velati, silenziosi, chiusi in sè, come in tomba, che fanno palpitare i cuori d’un palpito ignoto agli amori prorompenti in tetre declamazioni, in atti e smanie violenti. E Chatterton, il poeta, il re della natura, il paria della società, seduto a’ piedi del suo povero letto, a mezzo una notte fredda e nebbiosa, che non può comporre il dovuto poema, perchè — perchè ha fame, oh ! è spettacolo ben più sublime, e ciò che più monta, ben più morale che non i moderni amanti a’ notturni pugnali. A me, — quando in Parigi vidi Jouffroi, pallido, asciutto, cadaverico, dopo bevuto l’oppio, levare gli occhi al cielo, lacerare lentamente i suoi scritti, e gettarli nel fuoco, — quando l’udii pronunciare le solenni parole = andate, nobili pensieri, ch’io scrissi per tutti questi ingrati, che sdegnano: purificatevi nella fiamma, e risalite in cielo con me ! — = non stava più dinanzi Jouffroi, ma Chatterton, vivo, e palpitante Chatterton, e non il Chatterton dell’Inghilterra, di un tempo, ma il Chatterton del mondo, il poeta di tutti i luoghi, di tutti i tempi, Omero e Ossian, Dante alla porta del convento, Tasso e S. Onofrio e Camoens nell’ospedale, — l’uomo grande tipo, l’uomo grande infelice. Alfredo di Vigny ha perorato la causa del poeta. Avrà egli perorato indarno questa causa ? — “Il perpetuo martirio, com’egli dice, e la perpetua immolazione del 213 me je t’ai marqué dans ma dernière. C’est une nécessité qu’il faut subir dans notre intérét à tous, sans autre explieation. Faisons le sacrifìce moitié chacun. Résigne-toi, comme nous nous résignons. En attendant, courage, et foi et Dieu. Il ne retirera pas sa main de ses enfants. C’est à lui que dans tout ce travers nous sommes redevables du don le plus précieux, et sans lequel tous les autres ne sont rien. Une santé parfaite à tous. C’est à lui aussi que nous devons la constance et la séré-nité d’àme si nécessaires dans les circonstances actuelles. Que cela te console, et redouble ta confiance. Eien jusqu’ici n’es définitivement changé dans notre position générale. Le tems, ce grand médecin, la modifiera sans faute en mieux. Il faut laisser faire leur cours aux mauvaises passions comme aux ma-ladies. Quant à notre position particulière, sans ètre magnifi-que, elle est très supportable. Tu en croiras j’espère, mes pa-roles comme tu crois à celle de F E vangile. Il faut pourtant que je laisse un peu de place à Paulin. Adieu donc. mon Ange, chéri, continue à veiller sur nous et tout ira pour le mieux. Beaucoup d’amitiés à la famille, amis, et amies complexive- poeta, il suo diritto alla vita, il pane, che gli è negato, la morte, alla quale forzatamente ei ricorre? ». La traduzione italiana di questo dramma del Pensiero riuscirà cara ed accetta in tutti i paesi dove il si suona, e per la moralità e l’efficacia dell’opera originale, e pel merito intrinseco della traduzione medesima. Due cose lodiamo altamente in lei : ottima scelta e fina intelligenza d’interprete. Arricchiamo l’Italia di buoni libri. Forse ella ne abbisogna più, che il nazionale orgoglio non permetta confessarlo. Per nostra sventura il più delle traduzioni sono vere tradigioni. L’arte del tradurre è più utile e santa, che altri non pensa, come quella che mette in communione le proprietà esclusive di un popolo, e si fa mezzo potentissimo alla fratellanza universale. A noi giubila l’anima, quando ci casca fra mani — rara cosa ! — una buona traduzione di un buon libro. Rammentiamo allora con compiacenza l’Eneide del Caro, il Viaggio sentimentale di Yorick per Foscolo, le recenti versioni del tedesco di Maffei, e la recentissima del Fausto di Scalvini. E buona è questa traduzione del Chatterton non però senza alcuna lieve macchia. Lo studio pertinace della semplicità dell’originale, l’amore forse soverchio del tradurre letteralmente, hanno nociuto talvolta alla scioltezza dello stile. V’ ha forse abuso degli articoli partitivi dei, delle, che la nostra lingua pudica, e contegnosa raro e difficilmente ammette. Confortevole e non confortatile può sostituirsi all’inglese confortarle, nè sapremmo tollerare quell’esotico toast, mentre abbiamo ilare, p spumeggiante il brindisi italiano. U complesso è tale, che fa scordare le piccole imperfezioni, e desiderare di rinfrescar conoscenza col traduttore. Poche pagine originali, piene di forti e gravi pensieri, stanno avanti il dramma. Non sapremmo meglio conchiudere il nostro discorso, che togliendo da quello una nobile e fervida esortazione. Oh ! riponete in trono la poesia ! adorate l’entusiasmo ! spandetelo su tutte le cose ! riconciliate Chatterton colla vita ! riconciliate il mondo poetico col terrestre ! Non brilla su tutte cose il raggio del sole ? — ricreate un sole pel mondo morale. — La ' roesia è santa. La poesia non è una fantasia sconnessa, isolata nell’anima del poeta. La poesia è diffusa come elemento per entro a tutte le cose; è il pensiero del mondo, ! anima della creazione, — e voi non potete esigliarla senza far del mondo una vasta macchina inerte, senza ridurre a scheletro la creazione. — Pensateci ! — A. ». 214 rnent. A toi toute mon ame dans une étreinte d’amour brùlant é temei. Ton Zane CCCXLI. Agostino alla Madre [1Salenare], 16 Jiaiilet [1836]. Olière Ame, Je viens d’apprendre que le qui prò quo de l’autre fois est réparé, du moins en partie, puisqu’on vous en a donné de suite Pexplication : tu n’auras donc pas d’inquiétudes. Mauvaises nouvelles, ma toute bonne : la cousine a été arrétée à Paris. Pourquoi? On ne sait, probablement à cause de certaines irré-gularités dans ses papiers. Je trouve pourtant qu’on y va un peu lestement. JNTous avons appris la nouvelle hier par Frédéric dont voici une lettre pour sa mère. On croyait que la cousine allait ètre mise en liberté tout de suite, et que sauf l’ennui rien de mal ne lui pouvait arriver. O’est ce dont je suis sur moi-mème, par conséquent je suis très tranquille là-dessus, et je compte de recevoir demain ou après demain au plus tard la nouvelle de son affranchissement. J’ai voulu t’en parler afin de te prémunir contre les exagérations, qui ne font jamais défaut, en pareille occasion. Je sais positivement que la cousine n’a rien à se reprocher, et qu’elle ne court aucun danger. Sois donc confiante en mes paroles et ne te laisse pas surprendre par des inquiétudes sans fondement. Si sa mère est encore à Gènes, vous, c’est-à-dire l’Avocat, pourra l’en informer : on pourrait aussi saisir l’occasion pour la prier d’envoyer au moins une petite somme à la fille : au reste que l’Avocat n’insiste pas : qu’il donne cela comme un simple conseil, sans paraìtre vouloir forcer le monde. Dans le cas favorable (mais c’est presque im-possible) on pourra fair payer à l’ordre, et adresser à Mr Horace Valmy, Eue Taitbout n. 32, Paris (1). CCCXLI. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pag. 116. Sullo stesso foglio in cui Giovanni scrisse la lettera precedente. (1) Antonio Ghiglione era stato arrestato a Parigi; sarà rilasciato dopo una diecina d! giorni con l’ordine di uscire dalla Francia entro il 26 luglio. 215 Tu as bien fait de ne rien avoir cominuniqué à. Monsieur de la lettre à laquelle tu fais allusion dans ta missive du 7 Juillet. Dans le moment que j’écrivis, personne de nous ne gardait de doute sur ce que notre affaire aurait été présentée cette session mème. J’écrivis et peut-ètre j’écrivis sèchement, crù-ment, soit que je fusse pressé, soit que je me trouvasse dans un moment de spleen, mais ce n’était pas mon intention de mé-connaìtre la bonne volonté, et le bon coeur de Monsieur. Au contraire jamais nous ne cessons entre nous de faire son éloge, soit par rapport, aux sacrifìces qu’il serait prét à faire pour nous, soit en raison des sacrifìces qu’il à déjà faits. Quant à moi donc je reconnais que je me suis trop hàté à faire cette interpellation, et que je Fai faite d’un ton trop tranchant. Toi, avec ta prévoyance d’ange, tu avais déjà tout trouvé, mais j’espère que nos successives lettres te seront parvenues en tems pour te déconseiller de rien conclure avec ce Monsieur, qui fournirait la somme. Notre espérance n’est pas morte, mais elle est ajournée à bien loin d’ici. La diplomatie et le Vorort sont acharnés, comme des chiens affamés : ils ne peuvent battre le cheval, ainsi frappent-ils la selle : ne vient-on pas de signifier l’ordre à notre cher Ange de quitter la Suisse? C’est une hon-teuse vengeance. Nous perdons beaucoup en perdant Ange. C’est absolutement un parti pris : en haine du Journal la Jeune Suisse on vient d’arrèter à la fois le directeur de Fimprimerie, le prote et le traducteur allemand : ce dernier est cet liomme-spectre, dont je t’ai parlé un jour en badinant (1). Je remercie Me Lille, je tàcherai de faire retirer sa lettre. Francois ne t’écrit plus aujourd’hui : il te fait dire pourtant que si la mère de Frédéric voulait correspondre avec son fils par ton entremise et la nfttre, tu dois refuser, en lui disant : que pour le moment il nous faut une prudence extrème, et que tout, mème une lettre trop grosse, pourrait nous nuire : qu’elle lui écrive donc directement. Le voi des 50 Chatterton est presque amusant, tant il est impudent. Que diable! As-tu pris au se-rieux tout ce que je te mandais à propos des abonnements au journal? Je badinais : je sais bien que les abonnements ne sont pas des cailloux qu’on ramasse dans la rue. N’as tu pas vu que (1) Charles Mathy, traduttore de la Jeune Suisse era infatti stato arrestato il 13 luglio 1836, insieme al direttore della tipografia e a Mr. Lempert « expéditeur de la bibliothèque populaire » (Ved. Nouvclliste Vaudois, 13 luglio 1836). 216 mon strie était exagéré à dessein? et puis il est si douteux qu’on veuille l’accueillir ! Au contraire ne te donne pas trop de peine pour cette affaire : les abonnés viendront, si le Journal pourra continuer, mais j’en doute. Au reste rien n’est changé dans notre situation : nous sommes tranquilles et surs, nous pouvons dire, comme votre Regina : barbascuscia? Mais on ne peut s’empècher de gémir sur la Suisse tombée si bas. Elle court à grands pas à sa ruine. De concession en concession elle va tomber dans l’avilissement. Le peuple suisse est bon au fond, mais trop matérialiste. Le Bon Sens, journal Parisien, disait, à la Suisse en parla nt de nous : celui qui chasse son hòte n’a plus bientòt de maison à lui (1). C’est une belle maxime. Adieu, Ange de mon coeur, sois sans crainte, car Dieu et ton amour nous protègent. Adieu. Ton Auguste CCCXLII. Agostino alla Madre [iSoleure], 16 Jiiillet 1836. Chère Ame, Nous devenons tout à fait précieux, c’est-à-dire que nos lettres deviennent d’un imposant laconisme. Mais nous sommes obligés de nous soumettre à certaines circonstances, qui nous forcent à suivre le bon plaisir d’autrui au lieu de suivre le nótre. Nous voulons seulement vous envoyer à toi et à Me Marthe une preuve que nous sommes bien en santé, que nous sommes toujours en mesure de déjouer les machinations de Satan : cette assurance qui n’est pas une vaine fanfaronnade (notre caractère ne la supporterait nullement), doit vous faire tolérer et vous consoler de notre laconisme. Nous ne pouvons disposer de notre tems comme nous le voudrions. Ajoutez que le Journal, qui comptait principalement sur nous, a besoin CCCXLII. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pag. 118. (1) L’articolo Voix de la presse populaire fran^aise sur les mesures du Vorort contre les réfuoiés en Suisse, pubblicato dal foglio liberale parigino il Bon Sens e ri-pubblicato da La Jeune Suisse del 2 luglio 1836, nel quale si biasimava aspramente l’operato del Vorort nei riguardi degli esuli. 217 plus que jamais de notre aide, et dans les moments actuels on n’a pas Pinspiration toute prète. Au reste point de nouvelles : ni de bonnes, ni de mauvaises : silence complet. Nous ne savons plus rien de la cousine, quoique j’aie la certitude morale qu’à Pheure qu’il est elle a été mise en liberté. Quant à notre auge gardien, il parait absolument qu’il doit s’envoler de la Suisse, quoique un homme d’Etat ait promis de s’intéresser à lui. Au reste lui s’en moque bien : le seul chagrin que nous ayons, nous et lui, est celili de devoir s’éloigner les uns des autres. Que tout cela ne vous cause point d’alarmes : ce sont des ma-lignes vengeances qu’il faut passer à certains esprits tracassiers qui détourneraient l’Aar de son cours s’ils pouvoient supposer que cela vous ótàt l’eau pour boire. Il y a déjà quelque tems que je ne sais plus rien d’Eugénie. A vrai dire la fante en est un peu à moi car il y a quelque tems que je lui dois une ré-ponse, mais elle m’excusera. En revanche nous sommes en cor-respondance avec Anna, qui s’est prètée avec son amabilité ordinaire à nous rendre quelques petits servioes. Pour le Dominicain je n’en ferais rien : il vaut mieux laissez perdre ces 50 exemplaires que de s’exposer à un refus. Cela m’a rappellé la fable de Phèdre : un juge ne sachant décider à laquelle des deux parties plaignantes devait ètre adjugé un lièvre, dit : eli, bien! in duliis je le mangerai moi-mème. Quelles misérabilités. Je crois que le monde est une cage de fous ou un lupanar de fripons. Yous pourrez partager cette lettre au beau milieu, et chacun de vous en retenir la moitié. Encore un coup : nous sommes bien et nous ne craignons rien ; soyez donc bonnes et tranquilles. Mes compliments à Mme Marthe, Monsieur, Octave, Laurent e Ninette. Je t’embrasse et t’envoie mon àme. Adieu. Ton Auguste CCCXLIII. Giovanni alla madre [Soleure], 16 Juillet 1836. Nous t’écrivons un mot à la liàte, comme probablement t’aura écrit Paulin, dans l’unique but, ma chère, de te pròuver CCCXLIII. — Inedita. Nel foglio sul quale Agostino scrisse la lettera precedente. 218 que nous sommes encore de ce monde, et encore en état de tenir une piume dans nos mains. Tu t’attends tous les courriers, j’imagine, à de longues lettres, à des explications regardant la crise actuelle, à mille nouvelles enfili — et nous te donnons une dizaine misérables de lignes vi des comme une bulle de savon. Tu as raison et nous aussi — tous les deux cótés parfaitement. D’abord, nous ne savons rien du monde, duquel nous vivons tout à fait relégués. Quant à nos réflexions, elles ne sont vraiment pas tout à fait de nature à ètre écrites par extensum. C’est pourquoi je m’abstiens. Nous n’avons pas de tes lettres postérieures à celle du 7. Cela ne fait rien pour le moment, au contraire cela c’est tout à fait naturel. Notre sauté se conserve 011 ne peut mieux. Notre amour d’autant mieux que celui-là est impérissable. On ne se rattaehe jamais plus fortement aux affections que dans les jours de crise. Heureusement, nous n’avons pas besoin de ces aiguillons-là pour t’aimer à la folie. Adieu ma chérie, aie soin de toi, comme de nous-mèmes et aimes nous comme tu le fais. Ton Zane CCCXLIY. Agostino alla Madre [:Sotteure, 18 Juiliet 1836]. Chère Ame, Nous avons regu ce matin ta bonne lettre du 9 de ce mois, mais avant de te répondre je veux te donner deux nouvelles que t’intéressent pour sur. On nous annonce en date 6 de •Juiliet que la cousine devait ètre mise en liberté le soir du mème jour, et tout porte à croire que cette espérance s’est réa-lisée, vu la parfaite innocence de la prisonnière, et l’intérèt actif qu’elle a réveillé chez tous ceux qui la connaissent de près ou de loin. Voilà la première. On parait s’humaniser un peu à l’egard de notre Ange, an moins son départ ne parait plus ètre si exécutif : nonobstant je ne me fìe pas trop aux apparences : par conséquent ne t’y fie pas trop non plus. Je crois qu’il finirà CCCXLIV. — Pubblicata in parte in Cagnacci, op. cit., pag. 119. 219 par aller rejoindre son frère à Malte. Nous ne saurions pas assez nous louer de la eonduite vraiment noble de Monsieur. Le désintéressement qu’il montre à l’occasion d’un saeriflce qui est de conséquence, nous donne une mesure de tout ce que son coeur vaut. Au reste, nous n’avons jamais douté de lui, car nous savions qu’il se ferait tuer pour nous, comme nous nous ferions tuer pour lui. Mais pourtant il y a bien des pères qui auraient jèté les hauts cris : lui au contraire a mème prévenu notre demande et s’était mis à mème de faire front à toutes nos depenses avant que nous sussions à quoi elles seraient montées. C est encore une consolation pour nous de savoir que le malheur à de plus en plus renforeés les liens d’affection dans notre fa-mille. Nous te chargeons d’ètre notre interprete auprès de lui, de lui traduire toute la plénitude de gratitude, d’affection, de respect dont notre coeur déborde. Nous ne serons pas malheu-reux tant que nous pourrons nous vanter de posseder des coeurs si nobles, si dévoués, si tendres. Seulement le circonstances ont ( ìangé et nous venons prier Monsieur de suspendre toutes les tractatives concernant cette affaire. Nous espérons d’ètre un ]our a mème de lui renouveler cette demande pour le mème but, mais pour le moment toute demarche serait inutile. Je me suis expliqué longuement là-dessus dans mes dernières mLssi-ves, je crois donc inutile de revenir sur les uièmes arguments. Mais que cette affaire soit suivie ou non d’effet, cela ne di-nnnue le moins du monde le mérite de sa promptitude à nous obìiger, et qu’il croie bien que nous savons l’apprécier. Ali ! madame la marquise (style de certificat, que nous a\ons approuvé, du reste) il parait que vous ètes en traili de donner de magnifiques soirées. Vous attendez les cantatrices chez vous. Qui est-elle cette cantatrice? Serait-elle par basar»! mie demoiselle Schultz du Danemark qui à chanté et que j’ai ( ( nnue à Paris? Si c’est elle c’est une bonne nature de femine, mais diablement aristoeratique. Le grand tir fédéral de Lausanne est terminé. Si nous avions tout le vin qu’on y a bu et (Ved- Xlizini. Seri:: . voi. SI. cit.. pagg. 459-441'. U pet::-arr::\ cui accenna al principio della lettera è Angelo Fsìglio che sarà tra breve costretto a partire: sul Kasthofer <1777-1855 ved. parte I. di questo Carteggio pag. 229 e GaetjlXo Caplsso, G. Massimi, Carlo Kasthsyfer e . Giacine Strizzerà • in fiir. Stor. del Biiorgimento, Torino, voL I, pag. 569 e segg. : I aigi SneU 1755-1854' era direttore del foglio svizzero il Bepublikaner: Gionata Wei-srart era direttore deUa tipografia delta Jeune Suiite ed era stato arrestato perciè fatevi parte d'una ■ Commissione nazionale d'organizzazione generale della Giovine Svizzera ». Ved. Mazzim. Scritti. cit- voi. XI. pag. 25c>. 227 nous prouver que la I’rovidence ne cesse de s'intéresser à nous. Je vais t expliquer ce bonheur. Notre ami Ange a été remis provisoireinent en liberté. Pendant le tems de son incarceration à domicile deux des tes lettres arrivèrent à son ad resse : le Prefet de Berne, comme de raison. s'en ernpara. Il croyait pro-bablement trouver la-dedans qnelque chose d'important. quelque chose de bien terrible. et le pauvre honne n'a trouvé que des espressions d'amonr. d'un amour tei qu' il ne peux exister qu'entre une mère et ses enfants. des consolations d'ange pour fortifier notre coeur contre Fadversité, de su-blimes invoeations à Dieu à fin qu' il n' oublie pas ces eroyants. puis des détails de famille : des choses qui ne peuvent intéresser que nous autres. S'il est vrai que Mr Rotski prefet de Berne est un honnète homme lon le dit au moins : cela n'empèche point qu'il ne soit grand ennemi des étranger- : on voit souvent ees contradic-tions en Suisse). la lecture de ces lettres doit l'avoir edifié. Le résultat fut qu'Ange remis en liberté le prefet lui restitua tes deux lettres pour nous et retint celle de Mme Marthe à sa nièc-e. Nous ne conc-evons point la raison de cette odieuse distinction. persuadés que nous sommes que les lettres de Mme Marthe étaient aussi innocente?- que les tiennes. mais les hommes d'état ont de bien singuliers caprices. Ta troisième lettre nous pervint par le nouveau canal. Ne te rejouis pas trop de la mise en liberté de notre ami. elle n'est qu'une dérision : il doit quitter la Suisse sous peu. MontebeUo a écrit au Ministère pour demander la permission pour notre ami de séjourner en France. Si on accorde cette permission tu congois bien qu'on le ensevelira dans quelque departement du nord, bien loin de tous ses amis. Si la France ne veut pas Faecepter. on le releguera dans un village du canton de Berne. Voilà de quelle manière on dispose de la vie d'un homme s'il est vrai que la vie d'un homme consiste principalement dans ces affections. Il y a dans ces lettres une bien triste nouvelle : celle concernant le choléra. Il parait que le Gènois font tous le possible pour l'attirer chez eux. En effet il n* y a rien de plus funeste qne ees alami es. ces terrenrs à propos de rien. à propos d'un évanouissement produit par la chaleur. Cela ne fait non plus honneur à la nature humaine: et par ce qne quelqu'un tombe (suppo-sons mème qu’il meurt de choléra) est ce nne raison pour Ini eourir sus? Ce serait un malhenr pour la ville mais il est aussi 228 plus que cruel d’en faire supporter les peines à celui qui en tombe victime tout le premier. 0 Genovesi uomini diversi. Tu m’écris d'ime manière à faire évanouir toute espérance : si vous n’avez pas le eboléra ce sera un prodige! Je ne croyais point que nous en fùssions déjà là. On dit qu’il avait cessé ce ravage à Brescia, qu’il était douce à Milan, et qu’il ne sévissait plus qu’à Còme. Tes paroles me prouvent que le danger est très près de vous. et presqu’inévitable. Quant’à moi, je ne veux plus rien dire. A quoi bon, mon Dieu ! écrire un volume de plaintes, lorsque tous cela est inutile? A quoi bon te donner des conseils, lorsque les evenements viennent cbaque jour dejouer nos cal-culs? 11 n’y a que deux routes : s’adresser au fatalisme des Ma-bometans, s’envelopper du manteau des stoiciens et rester là les bras croisés : ou bien s’adresser à Dieu, au Dieu providen-tiel et lui dire : je niets ma confiance en toi : je> sais que tu es bon et misericordieux, tu ne voudras donc pas la mort de tes enfants. Tu vois que notre coupé n’est 2jas trop douce, tu ne voudras pas la remplir d’absynte. O’est ce second parti que je veux suivre : je ne veux ni m’avilir ni me désespérer. Dieu te doit sa protection, si non Dieu ne serait plus juste. Malgré tous cela nous ne pouvons rien cbanger à nos dernières instruc-tions relativement à la suspension de la correspondance. Vrai-ment ceci est terrible : ne pouvoir mème ètre tenus à jour des progrès de ce maudit choléra ! Quant à nous notre situation n’est nullement mauvaise, nous sommes toujours tranquilles et bien portants. L’ennui que nous avons à supporter ne serait riens sans ce maudit choléra : il me donne le spleen. Adieu, mon àme. Que Dieu veille sur toi, comme ton esprit veille sur moi. Mes complimens à Monsieur, Octave, Ninette, Me Marthe, Laurent, Lille, Catherine, et tout le monde. A toi, l’àme. Ton Auguste CCCXLIX. Giovanni alla madre [Soieure, 2 Aoùt 1836]. La miséricorde de Dieu est si grande, si ingénieuse qu’elle trouve moyen à nous consoler mème quand bumainement nous désesperons de pouvoir Tètre. Elle se plait à faire des miracles CCCXLIX. — Inedita. Sullo stesso foglio in cui Agostino scrisse la lettera pre- cedente. 229 par «le voies qui paraissent toutes naturelles, peut-ètre à fin de ne pas ètre payée d’ingratitude — car les hommes n’y sont que trop disposés, et elle serait par trop impardonnable si Dieu ne temperàt pas la manifestation de sa bonté avec l’apparence de moyens naturels et solites. Pour ma part je ne serais jamais ingrat à la Providence ; j’adore ses voies mystérieuses et me prosterne devant sa main toute puissante. Voilà donc trois de tes chères missives, dont nous avions presque désesperés. Les voilà, suintant par tous les pores amour, dévouement, passion sainte, et immortelle. Pussais-je au moins y répondre digne-ment ! Mais non, une main de giace m’arrète, je suis baillonné, il faut que je mesure tous, mème les battements de mon coeur, mème les élans impétuex d’un amour, d’une reconnaissance sans borne. Mais, comme tu m’en donne la précieuse assurance, à travers ma contrainte tu lis et peux lire tout ce que ma position me défende de t’écrire. Probablement, tu es privée de nos nouvelles depuis bien longtems — à part que nous somme im-possibilités à t’écrire aussi souvent que nous le voudrions, je sens un pressentiment en moi qui me dit que nos lettres ne t’arrivent pas. Je n’insisterais pas sur les arguments, que j’ai fait plus d’une fois valoir. Seulement, pour te calmer dans tout cas possible, je ferais valoir avec toi la protection visible de la providence pour tes creatures, protection, qui te trouverait ingrate, si à tout petit inconvenient, à tout manque de nouvelles tu te laissais aller à dés craintes exagérées, à des pressentiment funestes. Non, tu ne le feras pas, tu attendra avec rési-gnation, et courage. La manifestation de la protection divine se fera jour d’un coté, oiì d’un autre pour te guider, et te consoler, sois en bien certaine. Comme tu vois, les persécutions ont empreint mon style d’une teinte mistique —< que je bénis de bon coeur cette bonne Ninette, qui donne à son àge de preuves si éclatantes de la mu-reté de sa raison, et de son amour pour toi. Sa conduite dans sa maladie a été vraiment exemplaire, et felle à faire rougir bon nombre d’hommes qui au moindre mal de tète se mettent dans la tète d’ètre presque morts, et pèsent ainsi comme un cauchemar pour les personnes qui les entourent, en ajoutant affliction à affliction. Embrasse-la bien de ma part cette brave enfant, et dis lui combien je l’aime pour toutes les douleurs que son ingénieuse délicatesse à su t’épargner. Bénie la mère d’une felle enfant! Le pauvre Ange va quitter Berne bien contre 230 coeur, et Dieu sait s’il y de sa fante. Le soufflé de la persécu-tion ne l’a non plus epargné. Il en est très malheureux, comme tu penses. Il pourra probablement rester en France à Pendroit qu’on lui assignera. Que Dieu le bénisse, comme je souhaite, que Dieu guide le pauvre exilé ! Nous ferons retirer l’argent que tu nous annonces. Il ne fallait pas me prendre tellement au mot. Je supponile qu’il y ait quelque petite superclierie de ta part dans cet envoi si prompt, je dirai presque précipité. Dieu vueille que je me trompe car cela serait une douleur. Mon intention était uniquement de t’avertir afin que tu te tinsses prète, et operasses en conséquence pour l’ètre au moment de l’échéance. A moins d’un cas extraordi-naire le bilan de nos finances est satisfaisant, n’aie à ce sujet aucune inquiétude. Je ne me fie pas du tout à l’annata que tu me préconises. Je suis trop habitué à les voir s’évanouir en fumèe, soit par le vers, soit par siccitc, ou autre chose. Les oliviers sont trompeurs comme la mer. Je ne m’étonne pas que Mr ne se fasse pas une idée bien précise de notre position. Il n’y a que les mères pour cela. Elles ont un instint qui anéantit les distances, une seconde vue par laquelle elles voient, sentent, souffrent, -et espérent dans les os de leurs os mème à de centai-nes de lieues. Bénies soient les mères, et entre toutes sois-tu bénie, mon Ange, car tu es la plus sainte et la plus douce et la plus devouée des mères. Tu diras bien de choses à Mr et à toute la famille. Un souvenir d’amour aussi à Victoire, Be-noite, Marthe, Ciccliina, Laurent, et tous. Notre santé à tous est parfaite en tout sens. La chaleur ne nous importune pas du tout. On ne se douterait jamais d’ètre dans le mois d’Aoùt. Prends bien soin de ta santé, surtout n’oublie pas de te baigner. J’ai dans l’idée que cela doit te faire du bien. Je me pends à ton cou et t’embrasse avec l’espansion, dont mon coeur est ca-pable. Ton amour m’est une compensation plus que suffisante à toutes les contrarietés dont l’esprit des ténèbres nous abrevue. Adieu, adieu, aime comme tu fais ton enfant chéri Zane 231 CCCL. Agostino alla Madre [Soleure], 4 Aoùt [1836]. Chère Ame, Nous serious des ingrats si nous nous plaignions, car il est clair que la Providence ne nous oublie point au milieu de notre détresse. Elle nous fait parvenir de tes nouvelles, malgré l’inquisition Bernoise : elle jette des gouttes de la rosée des cieux dans nos cceurs au moment où l’on dirait qu’ils vont se fàner comme des fleurs. Nous voilà possesseur d’une lettre qui pour-rait à elle seule changer un désert en un jardin magique : une lettre qui nous donne un courage et une fermeté dont nos ennemis n’ont la moindre idée. C’est ta bonne, douce, charmante lettre du 23 Juiliet. Un billet de mille francs était dedans dont nous vous remercions bien vivement toi et Monsieur. Il suffira à nos besoins si rien n’arrive de nouveau et j’espère que rien n’arri-vera. Au reste ne doutez pas de notre franchise : vous ètes nos meilleurs et peut-ètre nos seuls amis : par conséquent qu’une urgence quelconque vienne à se présenter et nous ne vous épar-gnerons pas, bonnes àmes que vous ètes. L’amour ne connaìt, pas de ménagements parce que l’amour ne vit que de sacrifices. En attendant ayez l’assurance que cet effet de mille francs est un bon auxiliaire qui nous fait redressez le chef avec plus des fierté. L’argent est le roi du monde : cette maxime qui n'est que trop vraie est la plus amère satyre du XlX siècle. Je fais aussi des voeux afin que l'annata ne soit pas trompeuse, comme cela arrive bien souvent. Dieu doit protéger les siens : j’espère donc qu’ il ne vous frusterà pas dans vos calculs. Pourquoi crains-tu, ma bonne amie, que notre énergie puisse jamais chanceler devant ces basses et indignes persécutions? S:ms doute, nous avons mis notre confiance dans le Très Haut et [la] mettrons toujours. Ni le Vorort ni tous nos ennemis ensemble n’auront la joie de pouvoir troubler un moment notre sérénité. La sérénité est des innocents et nous ne la perdrons pas tant que nous n’aurons perdu notre innocence. Si quelquefois tu crois voir CCCL. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pag. 126. 232 dans mes paroles quelque peu d’amertume, il faut donner cela à des eonsidérations un peu ])lus élevées que ne le sont les cha-grins privés. Qui ne s’indignerait pas de voir un peuple républi-cain, un peuple bon enfant au forni, mene par le nez par une quin-zaine d’intrigants parvenus qui n’ont cherché dans les révolu-tions que leur propre intéret? Cela fend le coeur que de voir que nous sommes ànes et bètes dans le sièele qui prétend avoir résolu la plupart des problèmes humains ! Mais ceci dure un moment. Ma philosophie vient à la rescousse, et ma foi me dit : Qu’est-ce que c’est que la vie entière de l’individu? Une goutte dans l’océan, une fraction infinitesimale dans le tout. X’as-tu pas l’éternité devant toi? N’as-tu pas un Saint qui veille sur toi du baut des cieux? Et mème dans ce triste et lourd monde n’as-tu pas pour protectrice, pour mère, pour amie, la plus noble créature qui soit sortie des mains de Dieu? Avec cela aurais-tu le droit de te plaindre? serais-tu bien venu à te révolter contre ces petites épreuves qu’il plait à Dieu de t’en-voyer pour purifier ton àme, qui en a tant besoin? Ces idées sont pour moi, ce que l’éperon est aux fiancs d’un généreux destrier. Je regarde alors nos ennemis avec un oeil de pitié et je leur demaride : que pouvez-vous contre moi? et quelquefois mème je prie le ciel pour eux : je les envisage comme des hommes aveugles et prie le Seigneur qu'il leur dessile les yeux, à ces pauvres gens. Tu dois me connaitre : tu dois savoir qu’il n’est pas dans mon caractère de me laisser abattre par quelque cir-constance que ce soit : ma fierté et mon courage augmentent cri proportion direc-te des perséc-utions des méchants. Tu peux en dire autant de Francois et d’Emilie : notre bonne humeur ne nous a pas abandonnés un seul moment : sois tranquille là-dessus. Je te ferai rire, si je te dirais par exemple que je n’ai jamais aussi bien dormi que cette nuit que j’ai passée dans les prisons de Soleure et que le soir en soupant, en discu-tant avec un allemand sur Schiller Goethe ecc. j’avais complète-ment oublié le lieu où je me trouvais. Ce qui fìt bien rire mes compagnons. Xe doute non plus de notre prudence : nous ne bougeons une seule paille sans savoir où elle va, d’où elle vien, de quoi est elle formée, à qui appartient etc. etc. Imagine donc lors-qu’il s’agit de nous bouger nous-mème. Eh ! mon amie, que pensez-vous donc? Ne savez-vous pas que vos amis commencent à grisonner, et qu’on ne peut grisonner sans avoir acquis une grande prudence? confìe toi donc à notre empressement à faire 283 tout ce que tu peux désirer. Nous ne sommes ni prophètes, ni tout-puissants, par conséquent il pourrait se faire que le hasard déjouàt un jour nos calculs, mais nous aussi nous avons étudié un peu de barca menandi et nous ne sommes au monde pour rien. Console-toi, ma mie, repose-toi sur nous : donne-nous de bonnes nouvelles de ta santé et le reste n’est rien. Je voudrais que vous puissiez ètre de fer contre le choléra comme nous le somme contre nos ennemis. Ah ! ce maudit choléra : voilà un méchant b... (1). Donne-moi des nouvelles et ne me cache pas la vérité. Dis bien des choses pour moi à Monsieur, Octave, Ninette, Marthe, Lille, Laurent, Catherine, et regois mon àme dans un soufflé d’amour. Adieu. Ton Auguste GCCLI. Giovanni alla madre [Soleure, 6 Aoùt 1836] Chère Amie, Yoilà ton incomparable du 28 J,uillet avec la lettre de change. Qa ce n’est pas un rève, il est bien la lettre qui est là. Congois-tu un pareil bonheur! Mais Dieu mitige le vent à l’agneau fondu et ne delaisse pas sa créature dans la souffrance. Je n’insisterai plus sur un point sur lequel déjà j’ai peut-ètre trop insistè, du moment que tu m’assures de ta parfaite rési-gnation pour les cas trop probables de retards ou de suppres-sions de nos lettres pour quelques tems. C’est que c’est une chose si chanceuse pour le moment qu’une de nos lettres arrive à sa destination primitive! Par exemple, nous t’avons écrit en date de 2 de ce mois. Eh bien ! Je sais positivement que quelque chose est arrivé qui te retardera cette lettre, ou qui peut-ètre t’empèchera de jamais t’arriver. Que veux-tu, chère Ange? On ne peut pas prévoir le futur, et nos ressources sont bien loin d’étre inépuisables. Tu me parles de certame promesse, que tu exiges de nous, relative à ce que nous devons et voulons prendre CCCLT. — Inedita. Nel foglio sul quale Agostino scrisse la lettera precedente. (1) I puntini sono nel testo. 284 toute contrariété avec humilité et résignation, comme une preuve qui nous vient dii très Haut, qui aime .d’éprouver ses enfants comme le feu éprouve l'or. J’espère que je n’ai pas besoin de te rassurer sur ce point, car la teneur de nos lettres doit, à l’heure qu’il est, t’avoir prouvé à l’évidence comment nous nous sommes cuirassés d’un triple cercle de philosopliie et de reli-gion, qui défend aux flèches de nos ennemis de percer jusqu’à nous. Oh n’y pense pas, mon amie, n’avons-nous pas notre bonne conscience et ton amour? n’avons-nous pas aussi sans doute la protection du très Haut qui ne peut vouloir l’oppres-sion injuste? Rassure-toi donc, et ne crains pas que nous man-quions ni de courage ni de résignation. Que si quelquefois la chair est faible, l’esprit est toujours prompt et il reprend le dessus. Nous ne sommes que de pauvres créatures d’argile, nous ne sommes pas des anges. Quoique l’argent ne nous pressàt pas grand chose, ta lettre de change est pourtant la bien-venue et nous ne lui ferons pas mauvaise mine. Le montant nous sera remit à l’échéanche. Je t’ai déjà dit pourquoi je ne te soufflerais plus mot de mon amie. Il faut que j’aie bien de raisons pres-santes pour ne pas t’en parler du moment qu’il me faut résister à tes avances, à tes provocations si douces, et empreintes de tant d'amour. J’accepte ta prophétie, je prierai pour elle et tu en feras autant aussi. Puisse-t-elle ètre heureuse, et bonne voilà tout ce que je demande au bon Dieu. pas pour moi, mais pour elle et pour ses enfants. Tu me ferais presque rire avec tes recommandations de prudence, de ne pas nous fìer au premier venu etc. Va, mon amie, n’aie pas de craintes à ce sujet. La confiance et l’abandòn ne sont plus notre faible. Si tu savais que de choses nous avons apprises depuis que nous nous somme quittés — tu trouverai peut-ètre que nous penehons mème un peu de l’autre estrème. Mais, ma foi, c'est chose pardonnable, quand Fon voit... qu’est-ce que l’on voit? Je n’en sais rien. Je prévois sans doute que le Journal aura le mème sort d'Angelo. On le garde trop longtems. Je ne sais qui disait : Donnez-moi deux lignes de quelqu’un, et crachez moi au visage si je ne vous le fais pendre. A force d’examiner, on réussit par trouver un cas pendable. Adieu, cher ange, consolation de ma vie. Notre santé à tous est, gràce a Dieu, parfaite. Ange est ancore a Berne, mais sur le point du départ. Il t’envoie dire milles choses. Soigne bien ta santé comme nous faisons de la 255 nòtre, toi pour amour (le nous, nous pour amour de toi. De ce piedestal sublime, que les hommes, et leurs passions baineuses doivent nous paraìtre petites! Adieu, mon coeur, ma providence. ma sainte amie, et mamam. Zane CCCLII. Agostino alla Madre [Soleure], 4 Aoùt ’36. Cbère Ame, Me voilà sans grande matière, ce qui ne doit nullement t’étonner après les milles difficultés à recevoir tes lettres que nous t’avons énumérées dans nos antécédentes. Il faut faire bonne mine à mauvais jen, et espérer dans le tems ch’ogni gran piaga sana, et surtout dans le Pére des affligés. Rien n’ est ehangé à notre situation : toujours mème tranquillité, mème sérénité de notre part, mème animosité de la part de nos ennemis. Mais comme le bon droit est de notre còté, il n’y a pas de folle présomption à préconiser que victoire nous resterà. J'en ai au moins la confiance. Notre santé est felle que tu ne saurais nous en souhaiter une meilleure. Nous respirons un bon air. nous sommes logés de manière à pouvoir nous donner du mou-vement et à tout prendre nous ménerions une vie. si non agré-able, passable au moins, si ce n’était ce dérangement dans notre correspondance. Mais comme il est nécessaire, et que personne ne peut lutter contre la nécessité, résignons-nous et espérons que cette résignation nous sera comptée devant Dieu. Les per-sonnes qui nous entourent nous sont parfaitement dévouées : à mesure que l’animosité de nos ennemis a augmenté contre nous, d'autres personnes ont cru devoir nous montrer plus d’égards et de soins, de manière qu’il y a c-ompensation : l’équilibre est la loi du monde. Tu ne dois donc avoir aucune inquiétude là-dessus: j’insiste sur ce point, parce que je sais qu’il est capitai pour toi et que ton coeur maternel a besoin de ces assuranees, quoique ton àme soit forte. Il y a déjà quelques jours que nous ne recevons point de nouvelles de notre Ange. Nous comptons CCCLII. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 125. 236 en recevoir ce soir mème. En attendant je ne peux rien te dire de précis snr lui; son départ est arrèté, mais nous ignorons la réponse du Ministère Frangais, savoir si on lui accordo ou non d’aller demeurer dans un département. Je t’en parlerai par conséquent dans ma première. Et quelles nouvelles avons-nous à Gènes? Bonne ou mauvaises? le choléra s’éloigne-t-il, s’appro-che-t-il? mais, mon Dieu ! qui est-ce qui peut calculer avec cette maladie si bizarre et si funeste en mème tems? Je fais des vauix ardents : à certaines heures il me parait impossible que Gènes puisse ètre si tristement privilégiée ; que Dieu puisse vouloir vous accabler deux fois. A d’autres instants, mon àme ondule, les exemples de Marseille ou de Paris, deux fois ravagée par ce fleau, me viennent à la memoire et m’épouvantent. Ne nous cache rien de tout ce qui peut arriver, soit en bien soit en mal ; nous saurons tout supporter avec courage et fermeté. Ne som-mes-nous pas un peu habitués à la douleur? Seulement nous te prions, nous t’ordonnons de prendre toutes les précautions que la prudence humaine peut conseiller. Notre situation à nous ne doit ètre le moins du monde un empèchement aux détermina-tions qu’on pourrait te suggérer. Au contraire moins notre position est heureuse en elle-méme, plus fort te court le devoir de te conserver à tes amis. Tu es notre ange et notre consolation. La vie sans toi serait quelque chose de diaboliquement en-nuveuse. Ecris-nous longuement sur ce sujet, je t’en prie. Je voudrais savoir ce que l’Avocat a conclu avec Madame Josephine, si tant est qu’il ait pu conclure quelque chose, ce dont je doute fort. Ne manque pas de faire des compliments à FAvo-cat de la part de nous tous. Je ne sais rien des dernières affaires de la Cousine, nous avons cessé de recevoir des lettres de Paris depuis quelque tems. Je ne sais par conséquent si elle est encore en France ou si elle est partie pour Londres. Je compte qu’elle vous aura écrit elle-méme. Adieu, mon Ange. Fais dès salutations amicales à toute la famille. Tàche de te bien porter, voilà ce qui est essentiel pour nous : le reste n’est qu’un brouil-lard, que le soleil fera disparaìtre. Je t’embrasse. Regois Pànie de ton Auguste 287 CCCLIII. Giovanni alla Madre [iSolewre, 7 Aoùt 1836]. Ma chère et sainte amie, De sorte que, attends aujourd’hui, attende demain, rien ne m’arrive de ta part; en conséquence, après avoir bien attendu, la patience m’échappe. .Te désirais grandement utiliser tout à fait ma lettre, c’est-à-dire, je voulais qu’outre mes bonnes nouvelles, elle t’apportàt aussi l’assurance de ma parfaite tranquillité à propos de toi, et de la famille-mais j’ai conflance en Dieu, et Dieu pourvoira. .Te n’ai donc plus de tes nouvelles depuis ta ehère, je crois, du 24, avec la lettre de change, et je ne m’en plains pas du tout, car ma foi il pourrait m’arriver pis. Seule-ment, je fais le miracle de Mahomet, et comme la montagne ne vient pas à moi, je vais à la montagne. J’y viens pour te tran-quilliser à propos de nous, pour te dire (pie la santé est parfaite, et que l’humeur n’en va pas plus mal, comme tu peux deviner par la teneur de ces deux lignes. J’y viens pour te dire que j’en espère autant de votre part pour ne pas devenir fou, et (jue je t’aime par dessus le marche à la folie. Ici s’arrète toute matière, car que fait le monde? ma foi, je n’en sais rien. Non, j’ai tort, il fait du vent ; le tems se met à la pluie ; nous aurons un orage ce soir. Quant au reste, sais-je s’il y a un monde des hommes. des femmes, des gazettes, des nouvelles? Rien, ma foi rien, je suis enterré tout vivant, mais heureusement sans voeux d’absti-nance, et de jeun. Sais-je si Ange est vif, ou mort, si mon arnie respire ou non, où elle est, ce qu’elle fait? Sais-je si le vent soufflé toujours d’un còté, s’il est toujours violent et acharné ou s’il s’est radouci? Imagine-toi un homme mure sans Communications d’aucun genre au dehors, et tu auras une idée de tes amis. Tout ce que je sais de consolant, et positif se réduit à cela : qu’il existe dans ce monde un Ange, qui veille sur moi nuit et jour, dont les voeux ardents me suivent partout et obtiennent de Dieu la gràce que je ne méritérais pas pour moi mème. Que j’ai de cet Ange une lettre d’il y a une douzaine de jours, lettre CCCLIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. Sullo stesso foglio in cui Ago- stino scrisse la lettera precedente. r 233 toute chère et rassurante, et que quoique douze jours soient bien longs, pourtant je ne m'en plains pas, car dans certaines circonstances la meilleure vertu c’est la discrétion. A propos, et avant que je ne l’oublie, ne regarde jamais à la date de mes lettres, que par formalité, car je proflte de toutes les occasions, et j’écris aujourd'hui, par exemple, mais Dieu sait quand la lettre arri ve. Nous sommes bien portants au inorai, et au phy-sique, te dis-je ; que cela su f fi se à ta tranquillité. Je te parlerai de la lettre de change à peine j’en aurai des nouvelles; pour le moment, je n’en sais rien, comme je ne sais rien du monde entier. Adieu, cher Ange, je sais, et cela je ne l’oublierai si facilement, que je t’aime comme un fou, et que tu m’aimes comme une chère mamam, et une sainte que tu es. Adieu, à toute la famille, amis, et amies. Je t’embrasse avec ardeur. Ton Zane CCCLIV. Agostino alla Madre [iSo'l'eure, 11 Aout 1836]. Chère Ame, Mieux tard que jamais. Nous ne recevons qu’aujourd’hui tes lettres du 25 et du 28 Juillet. Je t’assure que ces deux mis-sives sont un joli cadeau pour nous. Nous avions soif de tes caractères et quoique décidés à tout souffrir, nous n’en sommes pas moins heureux de voir que le diable n’est pas aussi laid qu’on se figure et que tes lettres, quoique longuement soupi-rées, ne sont point perdues pour nous. Pour mon compte, je vais répondre à celle du 25 qui me regarde particulièrement. Aujourd’hui j’ai enfili regu des nouvelles de la cousine et je te les transmets quoique je pense qu’elle mème s’empressera à vous informer de tout ce qui est arrivé. Elle a obtenu son élar-gissement le 25 ou le 26 Juillet à la condition qu’elle partirait pour Londres après un delai de six jours pour arranger ses affaires. Il est probable que durant ces six jours on fera des démarches pour obtenir qu’elle puisse séjourner à Paris ; mais je doute de l’issue. On ne veut pas paraìtre d’avoir jamais tort ; CCCLIV. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., j:ag. 125. / 239 soyez innocents ou coupables, cela re vient au mème : il faut toujours déguerpir. Au reste ce n’est pas un grand malheur : Londres est bien près de Paris. La cousine sait passablement l’anglais, son caractère excentrique doit ètre sympathique à ces insulaires, l’un plus fou de l’autre, et ce qu’elle aurait pù s’entreprendre en France, elle pourra l’entreprendre avec plus de chances favorables encore en Angleterre. Ses alfections ne sont pas profondes, par conséquent tout lieu est bon pour elle. Nous lui avons fait faire des olfres pour tout ce qui nous serait possible pour son avantage : nous lui ferons tenir quelques lettres de recommandation et j’espère (jue Dieu aidant tout ira bien. Mais d’après cela il est évident que je ne pense envoyer l’adresse que l’Avocat demande. Il faut pour cela que la cousine soit partie, arrivée et fixée quelque part. Alors il aura tout. Je crois que Mad. Josephine n’aurait rien fait tout de mème étant à Gènes. Sans doute sa Alle lui écrira, si elle est capable d’un mouvement un peu généreux ; elle est en tems pour allei* à son secours, mais dubitai Augustinus. L’équi-voque de la rudesse et clu spleen métamorphosés en éloges m’a fait un peu rire, mais tant mieux si cela n’a produit aucun mau-vais effet, à moins qu’il n’ait voulu dissimuler ce que je ne crois pas. Il m’est arrivé aussi de pareils oublis : une fois à Paris j’ai donné à lire une lettre d’Emilie à un tei dont 011 se moquait un peu dedans. N’avise pas à l’étourderie, cela peut arriver à tout le monde quoique tout le monde ne soit pas étourdi. Rien de nouveau pour notre Ange. Il est toujours où il était, mais il ne peut guère se promener sans avoir quelqu’un qui épie ses démarches. Mais il s’en fiche, car il ne fait rien de mal autre que de se promener pour sa santé. Nous attendons la réponse du Ministère Frangais : je voudrais presque qu’elle fùt défavorable, mais elle ne le sera pas. Il est chagrin de nous quitter et nous le sommes de la perdre, car comme tu le dis très-bien c’est un rubis enchassé dans l’or. Mais nous ne nous quittons point pour toujours. La circonférence de notre globe n’est pas aussi grande qu’on la croit : nous nous retrouverons. Seulement il est victime d’une injustice criante. Il n’y a personne qui se mèle de politique moins que lui ; mais les excel-lentes Bernoises portent sur le nez des verres grossissants. Que Dieu leur pardonne comme nous leur pardonnons : mais ne 240 craignent-ils pas qu’un jour Dieu leur demande compte de la manière dont ils traitent des hommes faits de chair et d’os comme eux et de la honte qu'ils font retomber sur leur patrie? Le squelette est élargi avec les autres suisses, mais Ini, comme il n’est pas suisse, doit partir pour l’Angleterre ou retourner dans sa patrie qui est l’Alemagne. Au reste la tournure des choses n'empire pas, 011 pourrait mème dire qu’elle s’avantage un peu. Ce n’est pas aux réfugiés qu’on en veut, qui pauvres, peu nombreux, tranquilles et solitaires pour la plupart ne penvent donner de sérieux ombrages aux puissances. C’est à la Suisse mème qu’on en veut. Le note de Montebello à la Diète le prouve clair. Les réfugiés ne sont que le pré-texte. I cenci vanno all’aria (1). Quelques bons suisses, com-mencent à mettre le nez dans l’affaire. En général on blàme la conduite du Vorort. Son plus grand tort est de ne pas avoir su faire une distinction entre les innocents et les coupables. Tous les réfugiés ne sont point des anges : il y en a mème qui sont des diables : mais les bons doivent-ils ètre confondus avec les mechants? M.r le Due n’a-t-il pas le courage d’avancer dans sa note que tous les réfugiés en masse sont complices d’Alibaud? Qui nimis próbat nihil probat. Ceux-là mème qui sont le plus acharnés, contre les réfugiés ne penvent donner créance à ces calomnies absurdes. Ce qu’ il y a de plus beau, c’est que la France elle-méme est dupe en tout ceci. On la met en avant atìn que tout l’odieux retombe sur elle. Les salutations de Bonté U) Il Consiglio di Stato del direttorio Federale di Berna, abdicando all’effettiva sua sovranità di Stato indipendente, aveva inviato il 22 giugno al duca di Montebello una nota chiedendo l’aiuto della Francia nella soluzione dello scottante problema ael diritto d’asilo per gli esuli italiani. Il duca aveva risposto il 18 luglio i on una elaborata nota nella quale, dopo aver constatato l’impotenza della Svizzera a tutelare gl’interessi delle nazioni confinanti, minacciate dai rivoluzionari ospitati in territorio elvetico, offriva l’asilo del suo Governo, concludendo : « Le soussigné aime à le répeter ici, le gouvernement du roi a la confiance que le directoire, loin de se méprendre sur le caractère franchement amicai d'une communi-cation si complètement en harmonie avec les principes qu’il vient encore de procla-mer, n’hésitera pas à réclamer de la diète, et surtout à mettre en oeuvre les moyens les plus propres à preserver, par la prompte expulsion de tous les réfugiés qui se trou-vent dans le cas d’étre atteints par cette mesure, le maintien des rapports de bonne intelligence que la Confédération helvetique est interessée à entretenir avec toutes les puissancs qui l’avoisinent. La bienveillante amitié de la France ouvre, à cet égard, des voies sens lesquelles il serait difficile à la Suisse d’atteindre un but si désidera-ble. La haute sagesse du gouvernement fédéral garantit qu’il s’empressera de les mettre à profit, et d’acquérir ainsi de nouveaux titres à l’estime de l’Europe. Le due note furono pubblicate con aspre rampogne dal Nouvelliste Vaudois del 26 luglio 1836 e ripubblicate in nota ad una lettera del Mazzini contenuta nella raccolta degli Scritti più volte citata, (Ved. voi. XII, pagg. 10-20). 241 me sont d’autant plus précieuses qu’elles m’arrivent inopiné-ment. Si tu as moyen de le voir, dis-lui que je suis profondé-inent touché du souvenir qu’il garde de moi et qu’il veuille bien croire que non moins Constant et fort est le sentiment d’amitié que j’ai pour lui. Qu’il ne m’oublie et qu’il soit assuré d’une affection impérissable de ma part, Je te répète et je te le ré-pète liardiment que nous sommes tranquilles et sùrs. Tu vois par le fait que jusqu’à présent nous ne t’avons point fait illu-sion : que cela te soit garant de l’avenir. Nous ne prétendons point faire des miracles, nous ne sommes point prophètes, mais nous avons caìculé aussi sageinent que des hommes peu-vent le faire et c’est d’après ces données (pie toi et nous nous devons avoir bonne confìance et bon courage. Le choléra prend le chemin du nord : il s’en vient au Tessili : tant mieux si cela peut le détourner de l’Italie Meridionale. Qu’en dit-on? Qu’ap-préhende-t-on? C’est un article très intéressant pour nous, ne l’oublie pas. Et ta santé? tes dents? ton estomac? Ton coeur? ton foie? ton ventre? En as-tu des tourments ! Prends-tu des bains? Ah! le 28 c’était la fète de notre Ninette! Je lui envoie une paire de baisers bien sonores pour sa fète. Le 2 Aout je vois m’arriver une bague avec la devise : Souvenir d’amitié, des guirlandes de fleurs et un grand gàteau en massepain. Et tout cela au nom de ma fète! Cela m’a un peu etonné. Je consulte l’Almanae catholique et je trouve « Invention de S. Etienne ». Que diable! Yeut-on me lapidei* de gentillesses? Jusqu’à présent je n’ai pas la clef de l’énigme, mais je l'aurai bientòt et t’en reparlerai. Adieu ma bonne, ma douce, mon auge. Je t’embrasse avec effusion. Mille choses à Monsieur, Laurent etc. Ton Auguste CCCLV. ‘ -‘r- v Giovanni alla Madre [Soleure, 11 Aoùt 1836]. Ma chère, Je suis à toi, mon Ange, dans la plénitude de ma joie, et de ma reconnaissance pour l’heureuse réception de deux de tes lettres, du 25 et 28 Juiliet. Il y a là evidemment le doigt de CCCLV. — Inedita. Scritta sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precede ite. 242 Dieu, qui nous ménage de bien douces compensation dans nos malheurs. Je t’écris un peu a la hàte, et pour cause, car je n’y vois plus guère, et le tems me presse. Tu eomprends bien, ma chère, que certaines explications regardantes nos contradictions apparentes de ces tems passés quoique contenues dans une lettre adressée à toi n’étaient pourtant pas à ton adresse. Ai-je jamais besoin d’explications avec toi, si bonne, si indulgente, si saintement aimante, que tu n’as rien de plus pressé qu’à in-terpréter favorablement, qu’à justifier tout ce qui pourrait exister de contradictoire dans ton ami? Oh, jamais. Seulement, comme je connais mes gens, j’ai bien fait de glisser deux lignes explicatives de ce qui aurait pu avoir l’apparence d’un caprice déraisonnable à certains yeux. N’as-tu pas deviné? Je ne ta-cherai pas de vous remercier tous tant que vous ètes, de la promptitude avec laquelle vous avez adhéré à nos desirs, polir ce qui regarde la somme, que vous deviez tenir en depót et toujours prompte pour toutes les occurrences. Mon coeur apprécie toute la noble délicatesse de votre conduite dans cette triste circonstance. Puis, à toi je n’ai besoin de rien dire, car nous entendons complètement sans besoin de paroles. Et moi aussi j’espère, j'ai mème entière confiance que l’occasion de recourir à cette somme ne se présentera pas. J’en suis persuadé, mais l’impériosité des circonstances était telle que ga aurait été de notre part un manque impardonnable de prévision, si nous n’y avions pas songé. Dans beaucoup de cas, d’autant plus en pays étranger, le manque d’argent est la plus mauvaise recomman-dation qui puisse ètre faite à un homme ; et puis, on parait avoir adopté certame procédure expéditive, qui ne vous laisse le tems de la réftexion. Mais, je répète, nous sommes bien loin du cas d’avoir à recourir à cette somme. Je compte précisément sur ton amour comme le meilleur préservatif pour ta santé. Mon Dieu ! Toi malade, que deviendrions nous? Je frissonne seulement que d’y songer. Pauvre Yictoire ! elle aussi est destinée à souffrir. Dis-lui bien de ma part combien je partage ses justes regrets. Notre santé est parfaite à tous, tous, tant que nous sommes. Notre position est très tolérable. Tes prières feront le reste, car il est dit que nous devions ètre redevables à toi de tout ce qui nous arrive d’heureux. Le pauvre Ange est bien triste de la séparations que des circonstances impérieuse com-mandent. Il t’écrira un mot d’adieu. Pauvre ami, véritable ami ! Que Dieu le bénisse, comme je lui souhaite ! Bien des choses à Mr, et à la famille en masse. A toi l’àme bouillante d’amour, que les malheurs ne font que rendre plus intense, car ils me font sentir quelle source sublime de consolation et de bonheur renferme cette idée. Etre aimé par toi ! Adieu. Ton Zane CCCLVI. Agostino alla Madre [iSol&ure, 14 Aoùt 1836], Chère Ame, Je dois répondre à deux angéliques lettres de toi : la première du 30 Juiliet, la seconde du 4 Aoùt. Quoique tu fasses, ta tristesse perce de tes expressions. Je t’avais annoncé que vous resteriez probablement quelque tems sans recevoir de nouvelles de nous et je t’avais donné la clé de notre silence en te disant qu’il était utile à tes amis et que vous ne deviez en ressentir aucune alar me, appliquant à cette occasion le vieux proverbe : point de nouvelles, bonne nouvelle. Ta réttexion te fait passer en revue mon escadron d’arguments et tu tache de te rassurer et de faire bonne contenance. Je te remercie de ton noble courage, mais je m’appergois que ton coeur saigne. Et je ne saurais te donner grand tort, pauvre colombe : on ne peut mettre le frein à son coeur comme on ferait à un chevai in-dompté. Et puis ne sais-je pas par ex périenee ce que c’est qu une longue privation de lettres des gens, sur lesquels se reposent nos plus douces affections? Malgré mes menaces ton coeur d’ange a déviné sans doute que jamais nous ne pourrions rester trois courriers sans t’écrire : on a beau dire, mais notre amour avant tout. Seulement j’avais la prévision du mal et j’ai du parler en conséquence. Nous avions bien 1 intention de tenir plus que nous ne promettions, mais nous savions d autre part que malgré notre bon vouloir de fàclieux incidens pouvaient avoir lieu dans notre correspondance par la malignité des hommes. C’est pourquoi je t’ai crié : quoiqu’il arrive, ne t’ef-farouche point. Aujourd’hui que mes prévisions se sont réali- CCCLVI. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 244 sées, je te répète encore : quoqu’il arrive, ne t’effarouche point : souffre en résignation un silence de deux, de trois, méme de quatre courriers ; pense qu’il est bien difficile que tes amis lais-sent s’écouler un si long intervalle sans t’écrire, mais pense aussi en quelles mains tombent nos lettres. J’insiste aussi sur ce point : un silence long mème est douloureux en lui-mème, mais n’est nullement un signe de malheur, parce que si malhenr nous arrivait nous vous écririons et ferions écrire par tant d’endroits différents et à tant de différentes adresses qu’il serait impossible qu’une au moins de ces lettres ne vous parvint pas. Voilà! J’écris, j’écris, je clierclie à t’armer d’impassibilité, mais sais-je si ma missive pourra t’arriver saine et sauve? Aura-t-elle le sort des autres? Ecoute, mon amie, nous sommes destinés à souffrir : cela se voit clair ; mais que notre courage et notre fermeté se rebaussent en proportion directe de nos soutfrances. Ne détions pas Jupiter comme Capanée, mais en-tonnons un cantique au Seigneur du milieu de la fournaise ardente et le Seigneur nous préservera du feu et nous donnera la couronne de vie. J’espère pourtant qu’à l’beure qu’il est on aura òté l’embargo à quelqu’une de nos lettres et le 24 Aoùt [1836]. Chère Amie ! Je regois ta douce du 11 courant, qui me remplit le coeur de joie. Enfin, tu as de nos nouvelles ; tes transes, tes inquié-tudes ont fait place à une douce sécurité. Mais que tu dois avoir souffert ! Mon Dieu ! en étais-je donc réservé à cette òpre uve, que ce fut ma main mème qui d!ut enfoncer le poignard dans ton coeur? moi, qui me ferais mille fois en morceaux pour t’épargner la moindre des douleurs devais-je t’en donner une si grande, te priver de ta vie, de l’unique jouissance de ta vie, en rompant brusquement notre correspondance? De ce que tu as souffert tu peux argumenter aussi ce que je devais souffrir en exigeant de toi quelque chose de si barbare, car, tu le devines, c’était une épée à doublé tranchant, dont je me servais, et le mème coup qui te frappait déchirait en mème tems ma poitrine. Mais il le fallait, il le fallait absolument — les circonstances devaient ètre bien étrangement extraordinaires pour que je pusse te demander, et m’imposer en mème tems un si grande sacrifice ; et elles l’étaient. Il y a une cruauté, (pie les poètes ont appelé pietosa, qui consiste à faire un mal pour en éviter un plus grand, un peut-ètre inévitable. Ainsi, la- mère aimante s’efforce d’ètre sourde aux cris de son enfant, puisque de l’opé-ration douloureuse, à laquelle il est soumis, surgira sa gu èri -son et son salut. Les masses, comme les individus, sont sujettes, à certaines attaques de fièvre chaude (pii les mettent en délire — dans cet état il n’y a plus rien de sacre, un pas dans la voie de l’absurditè en entraine une douzaine et ainsi deinceps. Nous avons voulu laisser passer cette période a-scendante de la fièvre, et il n’y n’avait qu’un moyen pour cela : de s’effacer. C’était prudence nécessaire afin que pire n’arrivAt. A présent, Dieu merci, la période effrayante de la maladie a passé. On com-mence à se voir aux pieds, à se demander : où voulait-on nous mener? Il y a un commencement de revirement dans l’opinion publique, et, dans l’état normal, quand la fièvre ne s’empare pas des gouvernements, dans ce pays-ci c’est l’opinion qui CCCLX. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 258 guide, et dirige les gouvernements. Non pas que la plus grande prudente ne soit nécessaire, car mème on a enrichi la législa-tion d’une loi nouvelle contre les réfugiés, mais la position de la question s’est modifié. On n’est plus si passionné, on commence à réfléchir, l’on devient impartial. Encore un peu de tems, et l’on verrà bien au fond de la question, que les réfugiés n’étaient qu’un pretexte, et qu’on avait bien autre chose en vue. Mais, que diable parler politique? me voilà presqu’à la fin de page, et pas un mot d’amour n’est sorti de ma piume. Quel mot en effet pourrait en sortir qui fut digne de toi, et, je l'ose dire, de moi? Nous nous devinons sans parler. Quant à la santé, elle va 011 en peut mieux. Le tems ne nous est non plus bien long, car nous tàchons de nous occuper. 11 faisait hier au soir une lune si belle ! Je suivais son rayon se jouant sur les ondes légèrement crispées, et je pensais à toi, aux tems où tu étais à mon còté, et je me demandais : qu’ai-je fait à Dieu et aux hommes pour ètre mis au bau de l’humanité ! Je demande si peu de chose. Une cabane qui m’a-brite avec celle, pour qui je veux, et peux vivre! Rien que cela je ne demande aux hommes ! La lune, le lac, le bruissement des pian tes, la brise fraìche du soir, c’est la part que Dieu m’a faite dans l’héritage commun. Les hommes 11’y peuvent rien... Ange est encore in loco. Je lui écrirai pour cette infamie de l’escompte, mais qui sait si seulement ma lettre le troverà encore. On ne peut suivre absolument aucune pratique avec cette incertitude par rapport aux correspondanees et quand 011 ne peut faire ses choses soi-mème. Un souvenir à la famille, amis, et amies. Je ine pends à ton 0011, sainte et chère amie, ma seule consolation, ma bonne mamam, et t’embrasse d’amour. Ton Zane 254 CCCLXI. Agostino alla Madre [.Soleure, 24 Aoùt 1836]. Chère Arne, Par ta lettre du 11 de ce mois, nous apprenons (pie tu as regu de nos nouvelles et (pie ton inquiétude a cessé. Cette nouvelle m’est venue droite au coeur, je ne dirai pas cornine un coup de poignard, mais comme une déclaration d’amour, suppose que je l'usse une demoiselle. En el'fet tout ce qui te regarde nous intéresse bien plus que le reste du monde. Te savoir pieine d’anxiété sur notre sort et privée du seul plaisir qui te reste, celui de pouvoir ouvrir et épancher ton àme dans le .‘'ein de tes amis, est pour nous quelque chose de plus grave que les persécutions de nos ennemis. Il y a malheureusement des circonstances dans lesquelles la cruauté est presque de la pitié, des circonstances dans lesquelles il faut tordre son coeur comme on ferait d’un linge trempé dans l’eau et avaler le calice de l’amer-tuine jusqu’à la lie. C’en était une que celle dans laquelle nous t’avons mandé de suspendre toute communication avec nous, car nous avions la certitude (pie toutes les lettres tombaient en des mains tierces. Et alors à quoi bon nous écrire? pour amuser les ennuis de nos ennemis? Mais si grande (pie fut ta douleur, je doute qu’elle put ètre plus intense (pie la nótre, car nous restions comme un vaisseau dans l’océan sans boussole et sans constellations pour nous diriger au port. Il nous manquait le pain que nous demandons chaque jour à l’Eternel, le pain de consolation et de vie. A présent l’orage commence à remettre de sa fureur; au moins nous est-il permis de recevoir des nouvelles de toi, ce qui est le point capitai pour nous ; car tout le reste est contili-gent et précaire, notre amour seul est durable et nécessaire. Recevons avec reconnaissance ce que Dieu nous envoie dans sa miséricordie et rejouissons-nous de voir qu’au moment méme où il parait nous avoir mis de coté, c’est alors qu’il pense à nous soulager. Je t’ai dit que l’orage commence à remettre de sa fureur : en effet le peuple Suisse (pii jusqu’à présent avait C'CCLXI. — Inedita. Sul foglio nel quale Giovanni scrisse la lettera precedente. 255 lourdement sommeillé, paratt se réveiller. La lettre tant soit peu crue du ministre Thiers au Due, le peuple n’a pu la digérer. On fait des réunions partout : il y en eu une à St. Gali, c’est-à-dire dans ce Canton, qui s’évaluait à 8000 membres. Il y en aura une autre dimanche près de Zofingue qui ne sera pas moins nombreuse. Puis une multiplicité de réunions secon-daires. Dans ces assemblées on parie de l’indépendance de la patrie, de l’honneur national, on évoque l’ombre de Teli, 011 flétrit la politique du Vorort. Puis on envoie des adresses en conséquence à la Diète ou au Vorort mème (1). On découvre et arrète un espion italien à la solde de l’Ambassade frangaise, les intrigues duquel font beaucoup de tort au gouvernement frangais (2). On dénonce un complot tramé à Bemgarten contre la vie de Louis Philippe et de Léopold, on établit une enquéte et il n’en résulte rien moins que l'alibi des personnes inculpées. Toutes ces choses dégoutent le peuple. D’une autre part, les derniers événements de l’Espagne appelent l’attention de la politique frangaise sur une autre question plus importante. Malgré tout ceci la Diète n’en va pas moins son train, le conclusum contre les réfugiés à la majorité des états et on n’attend plus que la rectification des respectifs eantons. De manière qu’il ne faut se laisser aller ni à trop de confiance ni à trop de crainte. La politique d’aujourd’hui est comme les vagues de l’Océan qui tantót poussent les vaisseaux jusqu’aux nuages, tantòt les ensevelissent dans leur sein. Celui qui désespère de l’humanité est 1111 impie, comme celui qui se laisse aller à toute nouvelle d’un jour, à toute espérance est un sot. Ce qui 11'est ni impie, ni sot, ni douteux, mais positif et certain c’est que nous sommes tranquilles, que nous nous portons très bien et que nous t’aimons comme mère n’a jamais été aimée. Que ton- fi) In una breve e perentoria nota inviata dal Thiers al duca di Montebello si sollecitavano le deliberazioni su quanto già conosciamo, da parte del direttorio e della dieta del Cantone di Berna. Conosciuto questo nuovo atto d’invadenza i fogli liberali svizzeri — fra cui il Nouvelliste Vaudois del 9 agosto — protestarono violentemente e ad essi fu risposto ufficiosamente con una nota comparsa sul Journal de Paris che venne pure segnalata da un quotidiano ufficioso della penisola in questi termini : Parecchi giornali stampano una pretesa lettera del ministro degli affari esteri al duca di Montebello. Il Journal de Paris si dice autorizzato a declinare formalmente apocrifo un simile ufficio, siccome quello che produce alterata nel senso e nell’espressione la lettera in discorso » (Ved. Gazzetta Piemontese, Torino, 24 agosto 1836). (2) Sulla figura della losca spia Augusto Conseil, che verrà espulso dalla Svizzera, ved. gli ampi riferimenti documentati in Mazzini, Scritti, cit., voi. XII, pagg. 28-31 e pa,rticolarmente da pag. 407 a pag. 475. 256 tes tes transes disparaissent devant la certitude de notre bien-ètre tant au moral qu’au physique. Ne te tourmente non plus sur l’article fìnances : pour le moment nous sommes à notre aise. Il est possible qu’au premier trimestre nous demandions un crédit supplémentaire pour faire tète à un genre nouveau de dépenses que vous pouvez supposer : jusque-là ne t’en inquiète pas, moins un cas imprévu et improbable. Pour l’es-compte ga était la mème histoire que l’autre fois : nous récla-mons de notre coté, vous réclamerez de votre coté aussi. Voici la proportion qu’il faut opposer au banquier : 1 frane de France est à 1 frane de Suisse comme 7: 10. Ajoutez deux zéros à 7 et deux à 10 et vous aurez 1 fr. Suisse : : 1 fr. Frangais : : 700 fr. Suisses : 1000 fr. Frangais. Je sais ce qu’il peut répondre, votre banquier ; quant au notre il a bien le droit de ne payer que ce qui se trouve sur l’effet, sinon nous changeront. Nos lettres font de grands tours; ne t’effarouebe pas des vides qui peuvent arriver dans notre correspondance. Rien de nouveau pour Ange. Sicut erat. Mille compliments a Mr., Ninette, Rose, Octave, Laurent etc.. L’àine à toi ! Ton Auguste CCCLXII. Agostino alla Madre [Saleiure], 2 iSeiptembre [1836], Chère Ame, Nous recevons ta triste missive du 20 Aout. La nouvelle que tu nous annonces de la mort de Monsieur Jacques, n’était que trop prévue de nous d’après tes dernières lettres : nonobs-tant ce mot de mort, cette idée d’une séparation aussi longue que l’on vit sur la terre, fait toujours une douloureuse impres-sion dans le coeur. Et lorsqu’il s’agit d’un bon parent qui avait eu lui aussi sa part dans cette distribution de malheurs, que le sort nous avait assignés à chacun, d’un parent, qui avait toujours rnontré une ame sensible pour nous et dont l’amour s’était pour ainsi dire redoublé à l’époque de notre débàcle, cette émo- CCCLXII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 257 tion, cette impression ne saurait ótre passagère. La pensée des souffrances qu’il a endurées dans ses derniers jours, nous fait du mal. A présent il jouit : à présent il est dans les bras du bon chanoine qui l’a précédé dans la vie immortelle, et sans doute ils parlent de nous, ils prient pour nous. Leur intervention auprès du Très-Haut doit ètre très puissante. Nous aurons un Saint de plus au ciel qui plaidera notre cause. Tàchez donc d’essuyer ce nouveau désastre avec résignation et force : la mort est le commencement de la vraie vie. Je me figure la douleur de Monsieur en se voyant dérober l’un après l’autre ceux qui étaient sortis des mèmes entrailles que lui, mais qu’il oppose au sort un coeur béroique et qu’il répète la devise du véritable cbrétien : que ta volonté, Seigneur, s’accomplisse. Une autre pensée doit vous corroborer. Au fur et à mesure que les bran-ches du cbène tombent, il faut que les brancbes qui restent soient mieux soignées et qu’elles prennet plus de vigueur et de consistance, afin que le chène ne devienne un pauvre tronc tout nu. Soignez-vous donc, ayez courage, conservez, ménagez votre précieuse vie à ceux qui sans vous seraient comme des graines de froment jetées dans un bois, comme de petits oiseaux aban-donnés dans le nid. Puissent mes paroles verser quelques gout-tes de baume dans la nouvelle blessure qui vient de s’ouvrir dans vos cceurs (1). Ta lettre dévoile ton inquiétude sur nous. La faute en est à ces maudits retards dans notre correspondance, car sans ses lacunes tu aurais l’assurance de notre bien-ètre physique et moral. Ne te laisse pas abattre par ces contrariétés. Un jour plus calme luira aussi sur nos tètes, sois en sùre, Dieu n’aban-donnera pas ceux qui ont toujours aimé la justice. Le conclusum dont je t’ai parlé dans ma dernière a obtenu la majorité de 16 états (2). Donc il n’y a plus à en parler. Point de nouvelles aujourd’bui, je suis sec comme la bouche d’un ivrogne. Pardonne-moi di’ètre bref aujourd’hui : c’est que j’ai encore quelque chose à faire. Notre santé est parfaite, notre tranquillité toujours la mème. Ave confiance dans les paroles de ton ami. Je remercie l’Avocat de ses renseignements : tòt ou tard (1) Era morto il 20 agosto lo zio Giacomo, terzogenito della famiglia paterna dei Ruffini. (2) Era stato approvato il 22 agosto ed entrato in vigore il giorno successivo. Per l’artic. 1« di tale legge il Mazzini ed i Ruffini avrebbero dovuto essere condotti alla frontiera francese. 258 je les ferai parvenir à ieur destination : en outre je l’embrasse. Adieu, àme de mon àme : mon esprit t’entoure comme une atmosphère de lumière et d’amour. Ton Auguste CCCLXIII. Giovanni alla Madre [Soleure, 2 Seiptembre 1836], Ma chère, Moi aussi, par une combinaison, qui parait fatale, j’ai quelque eliose à faire, et le tems bien court. Je t’en dédommagerai une autre fois. Nous avons ta chère du 20, et une autre encore postérieure de Marthe ; de manière que nous sommes tranquil-les parfaitement sur vous. Soyez-le de mème à notre régard, car notre santé est excellente, et notre situation toujours la mème, savoir bonne. Je m’attendais à la mort de notre pauvre onde ; il a fini de souffrir. Oh ! ne le regrettons pas ! Cette mi-sérable planète en vaut-elle la peine? Comme il était naturel, le conclusum de la Diète a été ratifié par 16 Etats et a passé en vigueur de Loi depuis le 23 du mois. Cela ne change pas notre position, puisqu’il regarde les réfugiés coupables d’avoir etc., par des faits constatés. Or, quoiqu’on prétende nous en trapper, et qu’on le dise méme à haute voix, et nominalement, notis croyons qu’il ne peut pas nous trapper puisqu’il il n’y a pas de faits constatés à notre charge. Attendons donc le moment où l’on revienne des préventions du moment, pour ètre adrnis à prouver notre innocence. Adieu, mon chère Ange, je t’envoie l’àme dans un baiser d’amour. A une autre fois. Ton Zane Notre amie Ange a du précipitamment partir, nous ne savons pas encore pour quelle destination. CCCLXIII. — Pubblicata in parte tradotta in Cagnacci, op. cit., pag. 130. Nello stes- so foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. CCCLXIV. 259 Giovanni alla Madre [iSaleure], 8 Septembre 1836. Chèr Ange, J’ai là devant moi ta douce lettre du 20 écoulé, à laquelle j’ai déjà répondu ; mais, faute de tes nouvelles postérieuses, je la relis et m’inspire à elle pour y puiser force, confiance, et patience. Nous n’avons jamais eu besoin de foi comme à présent ; à voir ce qui se passe, on serait tenté de douter de tout et de renier les notions premières du juste et de l’injuste. Ces réllexions me sont suggérées par le manque 'de tes nouvelles, manque que je suis forcé d’attribuer aux mauvais vouloir et pire des postes d’ici. Qui l’aurait pensé il y a un an? La dérno-ralisation fait des pas de géant ; on a adopté les traditions des pays les plus corrompus, les liens de famille ne sont plus chose sacrée. Où marche-t-on donc? Pourtant, ces réllexions, ont leur bon còté pour moi, car la conviction qu’on a arrèté, ou sup-pnmé tes lettres à la poste m’empèche de m’arréter à des sup-positions immensément plus graves, comme serait maladie de ta part, invasion de choléra, en conséquence désordre nécessaire dans les correspondances etc. Je m’imagine donc que tu es bien, que tu as écrit, et que tes lettres me viendront plus tard ; et je n’en démordrai point. Ne suis-je pas un véritable Croyant? Dans ma totale séparation du monde, tu sens bien que je ne puis avoir grande matière. Les journaux vont leur traili, ceux qui du commencement avaient crié sus aux réfugiés, eonti-nuent à justifier les mesures Gouvernementales et à crier contre les proscrits. Les journaux de l’opposition, défendant mol-lement les proscrits en principe, n’en continuent pas moins leur vive opposition au Gouvernement. Quant à celui-ci, il va son train méme au galop. Il a dit, il faut les sacrifier, et il est logique. J’ai lu dernièrement une circulaire du Vorort dénon-gant, aux Cantons comme materia arrestabile une demi-dou-zaine de malheureux, particulièrement inculpés. Tu imagine CCCLXIV. — Inedita. Senza indicazione di indirizzo. 260 lesquels (1). C'est un acharnement qui passe toute mesure. La peur rend féroce. Quant à l’opinion publique, je n’en sais rien. Naturellement ce Gouvernement et les journaux doivent reagir sur les masses. Il faut du tems avant qu’on en revienne d’autant plus que les hommes assez courageux pour dire ce qu’ils sentent, ne sont pas fréquents. Un de ces hommes s’est trouvé pourtant qui a écrit une courte défense des réfugiés (2). On verrà, si elle fait effet. Quant à- la circulaire du Vorort, je suppose qu’on s’empressera de la publier sur votre Gazette : et voilà il quanto. En attendant la santé est excellente, l’esprit prompt, la situation tolérable. Nous avons perdu une bien douce compagne la lune, mais elle reviendra. La fraìcheur, qui règne déjà ici, nous force aussi de renoncer aux bains dans les lacs qui étaient pour nous un bien doux diversif. Le tems est à la pluie, il fait sombre et frais. La cousine, comme tu dois savoir, a obtenu de pouvoir rester à Paris, Ange a été obligé de déguerpir précipi-tamment afin que pis ne lui arri va t. Pourquoi? Je n’en sais rien, ni lui non plus. C’est probablement qu’on en veut finir avec tous colite que colite. C’est naturel, puisque ces gens ne croient point en Dieu, qui est le pére des orpbelins. Adieu à présent, ma chère. Bon courage, et confiance en Dieu ! Mille choses à la famille, amis, et amies. Oh ! comme je voudrais rire de tout cela si je ne savais combien tu en souffres ! Mille bai-sers. Adieu, mon chère Ange. Ton Zane (1) Questa circolare era già nota alla madre dei Ruffini, perchè la Gazzetta di Genova del 3 settembre 1836 l'aveva pubblicata senza commenti, e cioè in tal modo: «Il direttorio elvetico ha diretto la seguente circolare ai cantoni, in data del 24 agosto : « L’adesione definitiva dei sedici Stati al conclusum dell’ll del corrente agosto, gli dà forza di legge. (Seguono i nomi de’ sedici cantoni). Incaricati, come direttorio federale, di vegliare all’esatta, pronta ed uniforme esecuzione di tale risoluzione, dobbiamo colla maggiore istanza richiedere di far allontanare dal territorio svizzero, nel modo che presenta miglior sicurtà contro il loro ritorno, tutti i profughi o stranieri domiciliati nel vostro territorio, compresi per qualsivoglia modo nella disposizione dell’art. 1 di essa risoluzione. Dobbiamo poi incaricarvi in particolar modo di adoperare ogni modo possibile, affinchè i qui appresso mentovati, incolpati specialmente, sieno arrestati e condotti alla frontiera francese : Giuseppe Mazzini, detto Strozzi, di Genova; Giovanni ed Agostino Ruffini, pure di Genova; Ernesto Hermanno di Rau-schenplatt, detto Kater, di Annover; Giorgio Peters, detto Jack, e Zoller di Berlino; Bernardo Litzius, detto Reis, di Asciaffenburgo. (2) L’opuscolo Quelques mots en faveur des proscrits, dovuto a Giovanni Mandrot pubblicato a Losanna coi tipi di Samuel Delisle, il quale reca sulla copertina una frase del Rapport de la Commission de la Diète cliargée de donner un preavis relative-ment à l’affaire des réjugics, e cioè la seguente : « A Dieu ne plaise que le coeur du peuple suisse se ferme jamais aux interét des autres peuples, ni aux intéréts gé-néraux de l’humanité ! ». 261 CCCLXV. Agostino alla Madre [iSoleure], 8 Septembre 1836. Chère Ame, Nous avons un tems diabolique : il n’est pas encore six heures du soir et, nous sommes déjà presque dans les ténèbres. On croirait ètre au régions polaires, non pas au centre de l’Eu-ìope. Au reste le tems n’intiue le moins du monde ni sur notre p y sique ni sur notre inorai ; je crois mème que sous un cer-ain rapport ce tems-ci nous convient beaucoup, car, comme les genois disent, di notte tutti i gatti son neri. Je puis te certifìer que nous jouissons d’une santé parfaite et que notre constance, notre énergie auginente en proportion directe de la malveillance de nos persécuteurs. A propos de malveillance il faut que je te dise que le conclusum ayant eu la majorité à la Diète, il est entré en vigueur le 24 ou le 25 d’Aout. Le Vorort a donc donné une circulaire aux Cantons Souverains, dans laquelle, apiès avoir enjoint d’arréter tous les réfugiés qui sont déchus du droit d’Asile, il désigne specialement six individus, trois Italiens et trois Allemands. Un journal dit à propos de cette circulaire, que la chasse aux oiseaux ayant commencé le ler Septembre, il est juste que le Vorort et la Diète veuillent un peu chasser eux aussi, et qu’ils choisissent un si noble gibier. ( ette circulaire n’óte ni ajoute rien à la condition aetuelle de ces individus, si tant est qu’ils soient encore en Suisse. Leurs parents (car les réfugiés eux aussi ont des parents quoiqu’on paraisse n’y prendre garde) ne s’allarmeront donc pas de ce nouvel acte, qui n’est que lai répétition oisive de ce qu’on avait fait il y a un mois, il j a deux mois. S’ils n’ont pas réussi il y a un mois, il y a deux mois, je doute qu’ils puissent réussir à présent. Cela dévoile seulement la baine profonde et mème l’impuissance de ces Messieurs. S’ils croyaient en Dieu, ils ne feraient pas cela, mais ce sont tous des athées sans le savoir. Ah ! ga, parlons un peu de nous mèrues. Tu sauras d’abord que notre cher Ange est parti pour une ville de France, Troyes dans la Champagne. C’est presque heureux pour lui, car vrai- CCCLXV. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. Sul foglio dove Giovanni scris- se la lettera precedente. 262 ment il avait tant de sujets de chagrin et d’ennui à Berne, qui’l aurait fini par toni ber malade de spleen. J’ai passe par Troyes: c’est une grande ville, un peu triste, avec une belle Cathé-drale, mais elle offre quelques ressources. Probablement de Troyes il pourra passer à Paris, où il trouvera quelques amis. Ses dernières pensées bien entendu 011 été pour ses amis d’ici et pour toi. J’ai envoyé le petit billet de l’Avocat à la cousine, laquelle vit très tranquillement à Paris, de manière que sa dernière aventure, qui paraissait si fàcheuse au premier abord, à eu un dénouement très heureux pour elle. Les artistes sont un peu comme les ivrognes : il y a un Dieu qui les protège. J’espère quelle se déterminera une fois à répondre au très longanime Avocat. J’ai regu une très fraternelle (aujourd’hui je donne dans les superlatifs) missive d’Eugénie. Elle se plaint de mon silence, elle croit que je suis fàché avee elle, parce qu’elle n’a pu me donner une preuve de son dévouement. Je Pai un peu raillée, un peu grondée, et je crois que nous sommes plus amis que jamais. Anna est toujours bonne pour nous, et continue de nous rendre tout les services compatibles avec sa position. Elle nous écrit des choses très belles et consolantes : certes : si tous les coeurs suisses étaient comme le sien, ce serait une autre paire de manc-hes. Mais quoi qu’on dise, quoi qu’on fasse, il n’en est pas moin vrai que tous ceux qui nous ont connu de près, nous aiment et nous estiment. Celle-ci est la condamnation de nos ennemis. Monsieur est-il revenu? supporte-t-il avec constance et résignation ce nouveau malheur? Nous entrons dans ses sen-timents, nous apprécions toute la justesse de ses regrets, mais prions le très Haut qu’il mette la main sur sa tète et qu’il tem-père un peu cette nouvelle coupé amaritudinis. Fais-lui nos affectueuses salutatious, et donne lui l’assurance que nous par-tageons son affliction et que nul sacrifice ne nous couterait pour alléger ses souffrances. Et toi-méme, ma bonne, comment te portes-tu? Comment as-tu supporté ce coup? As-tu pensé à tes amis au sein desquels tu dois puiser une force et une énergie à braver le sort? Quelles nouvelles du choléra? Rosette est-elle avec toi? et ton voyage, c’est-à-dire ton expédition militaire contre les voleurs? Je salue tous et je ine te pends an con. Adieu, mon trésor. Ton Auguste 263 CCCLXYI. Agostino alla Madre [Soleure], 12 Septembre 1836. Chère Ame ! Nous sommes à mème de t’annoncer l’heureuse réception de ta missive du 23 Aout, qui nous a rempli de joie pour les bonnes choses qu’elle contient. D’abord te voilà délivrée de cette inquiètude mortelle que le manque de nos lettres t’avait causée. Ceci n’est pas seulement une consolation pour le présent, mais aussi une assurance, une espèce de garantie pour l’avenir. L’expérance nous a prouvé à cette heure, que notre correspondance est tant soit peu lunatique et capric-ieuse, mais bonne enfant au fond, car tòt ou tard elle flnit par se rendre. Au moment donc que notre imagination épouvantée voit un sujet d’inquiètude et mème l’annonce d’un malheur dans un courrier qui ne nous apporle rien de nos bien aimés, faisons venir à notre aide la réflexion et disons : tei et tei jour j’ai eu les mèmes craintes et puis une bonne lettre est venue dissiper mes alarmes : tei et tei jour je croyais qu’un mur de bronze s’était élevé entre eux et moi, et tout à coup une colombe arriva portant dans son bec la branche d’olivier. Ayons donc aujourd’hui de la foi et de la patience : la patience et la foi seront couronnées. Je ne croyais pas que tu eusses connaissance de ces Ballades Ecoissaises dont tu me cites un vers. Tant mieux puisque je me suis trompé. Il en a déjà paru quatre volumes, mais je doute que tu puisses avoir connaissance des derniers. Dans tous le cas tu m’en diras un mot. Tu as donc lu la fameuse note de Montebello. On dit qu’elle n’a- pas produit d’effet : ceci est du jargon républicain et rien de plus. Les Assemblées sont belles et bonnes pour jeter de la poussière aux veux des imbéciles, mais il n’en est pas moins vrai que l’Ambassadeur a eu tout ce qu’il voulait. Que voulait-il en effet? Une chasse aux proscrits et il l’a eue, des lois générales contre les proscrits, et il les a eues, des concordats particuliers contre les proscrits, et il les aura. A présent la Diète a voté une réponse à cette note : mais c’est une pure question de mots. CCCLXVI. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci nell’op. cit., pag. 130. 264 Qu’importent quelques phrases clair-semées tant soit peu éner-giques après avoir cédé sur tous les points substantiels? Ce n’est qu’un jeu entre deux loups : il faut que l’agneau soit mangé tout de mème. Je n’al pas besoin de te dire l’agneau qui c’est. Dans les assemblées qu’a-t-on fait? On a crié : indépen-dance, point d’intervention étrangère, mais personne n’a touché au fond de la question. La question etait celle-ci. Y a-t-il des réfugiés coupables? Eli bien, qu’on les juge et qu’on les pende, s’il y a lieu, mais qu’on ne procède point par voie économique et arbitraire. Personne n’a dit cela : au contraire la grande partie a applaudì à cette traite des blancs. Où est donc cette fermeté que quelques journaux vont prónant partout? En dernière analyse on ne trouve que de la faiblesse. Moi-mème j’ai pu croire un moment que les assemblées auraient fait mieux que la Diète n’a fait, mais j’ai eu lieu à me convaincre que ma croyance n’était nullement fondée. Au reste je ne sais pas pourquoi je me mèle aujourd’hui de parler politique, tandis qu’il n’y a rien pour moi de plus ennuyant que ga. Brisons donc là-dessus. Je suis fàché de la détermination prise par la mère de Frédéric. Quels que puissent ètre les torts de son enfant, il ne faut jamais le mettre en état de rougir de honte. Je ne sais rien de lui. Tu en souffres en attendant par ce babillage de Madame. Si tu pouvait t’en débarasser avec bonne manière! Ta méthode pourtant de la laisser dire me parait assez bonne. Tu ne me dis pas peu de chose en me disant que le choléra parait diminuer sur tous les points où il s’était montré. Qa me donne d’espoir que vous soyez exempts de la présence d’un si mauvaise hóte. En vérité si la température descendait chez vous comme elle descend chez-nous, mon espoir serait encore plus fondé. Croiras-tu qu’aujourd’hui j’ai fait allumer le feu dans ma chambre? Car, malgré la prossimité du lac, j’avais un froid diabolique. Mais je préfère de beaucoup le froid à la chaleur. Du reste notre santé est parfaite, notre sécurité sans exceptions, notre humeur assez bonne. Fais mes compliments à tout le monde. Anna est malade, mais je ne crois pas grave-ment. Adieu, mon àme, mon esprit est avec toi ton Auguste 265 CCCLXVII. Giovanni alla Madre [Soleure, 12 Settembre 1836]. Cher Ange ! Enfili Dieu soit loué ! puisqu’on te laisse tomber une goutte de la rosée vivifiante, qu’on a pourtant l’air de te menager diablement. Que veux-tu, ina chère? Il faut plier la tète, et avoir patience. L'année .30 est absolument phénoménale, on voit des choses, qu’on n’aurait jamais rèvées. Il fallait réellement des circonstances tout à fait extraordinaires pour nous faire renoncer en partie à la seule jouissance de notre vie, je veux dire à notre fréquente et régulière correspondance. Mais des meilleurs tems viendront, j’en ai la foi vive, attendons, prions et ayons patience. Je crois que vous ètes encore bien arriérés pour ce qui re-garde les nouvelles de la Suisse, puisque tu me parles de la note frangaise. Bien des choses se sont passées depuis là ! Un conclusum a été fait par la Diète regardant les réfugiés, un con-cordat est sur le tapis, et on a mème répondu, toujours la Diète à la note à laquelle tu fais allusion. On a sauvé les formes, mais 011 a tout accordé au fond. A présent on prétend que l’ambassadeur francais va ètre rappelé par son Gouvernement. Peu à peu votre Gazzette vous mettra au jour de toutes ces nouvelles. Je ne romprai certainement pas une lance en faveur de Frédéric ; il a certainement lui aussi son còté bon, mais le faible ne lui manque pas, non plus. En général j’observe que les meilleurs caractères se gàtent à Paris. Comment diable se tirera-t-il d’affaire à présent que la supercherie est connue, et que sa mère refuse d’accepter sa traite? Je n’en sais rien. Pourtant, dans ces cas trop de rigidité nuit comme trop de faiblesse. Oui, certainement, ce Monsieur qui avait l’air d’ètre flatté de notre confiance en Ini, s’est bassement sali, comme je t’ai écrit. Le fleau du tems présent, c’est la faiblesse de caractère, mème en ceux qui sont naturellement bons, et honnétes. Tant pis pour lui, en tout cas — cecidit in fov>eam quam fecit. Ange doit ètre à sa destination, quoique nous n’en ayons CCCLXVII. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. 266 anemie nouvelle jusqu’ici. Sa nouvelle résidence c’est la ville de Troyes en France. A peine nous en saurons quelque diose je t’en écrirai un mot. Notre santé en attendant ne peut ètre ineil-leure, le reste viendra avrec le tems et l’assistance de Dieu. Nous lisons quelques-uns d’allemands mème, dont nous ne compre-nons pourtant que deux lignes sur 20. Nous avons aussi le jour-nal Italien imprimé à Paris ainsi que la feuille de province, que tu sais. Nous nous occupons cornine nous pouvons, et l’on fìnit aussi bien que mal à tuer le tems sans grand ennui. Une étreinte de main à la bonne Yictoire la première fois que tu la verras. Un bon baiser sur la joue rebondie de Nina. Mille ami-tiés à la famille, amis et amies, tous compris. A toi avec l’assu-rance de notre bonne santé celle aussi d’une constance, et ré-signation imperturbables aux coups du sort ; tes bonnes nouvelles de ta santé, et ton amour ineffable n’y a-t-il pas là de quoi compenser à usure toutes les contrariétés et glorifier Dieu? Je t’embrasse mille millions de fois en esprit. Adieu, mon bon Ange gardien. Je t’aime. Adieu. Ton Zane CCCLXVIII. Agostino alla Madre [Soleure], 22 Septembre 1836. Chère Ame, Nous recevons à la fois trois lettres : la première du 31 Aoùt, la seconde du 5 Septembre, la troisième du 7 Aoùt, mais sans doute tu as voulu écrire 7 Septembre. Dans ces trois mis-sives, il y a du bien et du mal, peut-ètre y a-t-il encore plus de mal que de bien. Avant de répondre à ce qui me regarde plus directement, je vais te parler d’un grand malheur et d’un grand bonheur. Le malheur est que mon amie A[nna] a été en danger de vie : les médecins avaient un moment désespéré d’elle. Le bonheur est que tout à coup une crise favorable est venne décider qu’elle continuerait encore à faire le bonheur de ses en- CCCLXVIII. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 267 fants, et de son époux. Les nouvelles désespérantes et celles con-solantes se sont succédées avec une telle rapidité que, pour ainsi dire, je n’ai pas eu le tems de savourer toute l’amertume de cette menace de mort : que Dieu soit loué. La maladie fut une dissenterie très doulourense : elle a souffert avec beaucoup de constance, et tant que ses facultés n’ont pas été vaincues, par la continuité des souffrances, et par la faiblesse qui en est le résultat, elle n’a point cessé de s’intéresser à nous. A présent elle est dans un état de grande faiblesse, mais elle est sauvée. Sa mère l’a assistée et ce qui me rassuré tout à fait c’est que son mari est revenu de son voyage. Il faudra un grand soin pour se remettre, mais le point capitai est vaincu. Tu devines de qui je tiens ces détails : la bonne Eugenie, à peine eut-elle appris l’état très alarmant de son amie, accourut à elle pour la soigner, et ne se rebuta nullement de l’accueil pas trop flatteur de la mère d’A. Imagine si j’ai de la reconnaissance pour cette véritable sceur. Je continuerai à te donner les détails qui me parviendront. En attendant rassure-toi, comme je suis rassuré moi-mème : les souffrances ont tout à fait cessé : sa conva-lescence n’est plus qu’une question de tems: la force lui re-viendra petit à petit. En voilà d’une malade ; mais de deux se serait un peu trop. Qui donc est venu te dire que j’avais été malade, et que j’entrais à peine en c-onvalescence? On t’en imposé, chère amie. Supposé mème que j’eusse voulu te tromper étant malade, peux-tu croire que je m’obstinerais à t’entretenir dans cette erreur, la maladie passée? Non, ma bien aimée, ce que nous te disons de notre santé est parfaitement vrai. Pour ma part, depuis que je suis revenu en Suisse, je n’ai eu à accuser la moindre maladie, si ce n'est quelques petits rhumes attrapés dans les changements de saison. Un jour seul j’ai dtì garder le lit, mais il y a de cela au moins cinq mois, et le lendemain j’étais mieux qu’auparavant. Comment donc se fait-il qu’on t’ait persuadé de cela? Vraiment cela m’étonne ! Je n’ai aucun correspondant, toi exceptée, je ne vois personne, et personne ne me voit, comment donc aurait-on pu savoir une chose que tu ne la stìsses la première? Ai-je jamais laissé de t’écrire pendant trop longtems? Quelquefois mes lettres étaient courtes, quelquefois aussi passablement longues. Mais leur brièveté provenait d’une cause tout à fait differente. Cette histoire de ma maladie m'a l’air d’ètre le pendant de cette autre bistoire du couronnement de 268 laurier dans la faculté de mathématiques. Je suis donc inju-stement accusé et j’ai donc droit de me plaindre. Au moins eut-on spécifié le genre de maladie que j’avais : ètre malade, sans savoir où l'on souffre, sans savoir comment on souffre, est tant soit peu étrange, tu en conviendras aisément. Explique-moi donc ce qui prò quo car c’en est un sans faute, et tu ne seras pas fachée que c’en soit un. Je voudrais que la présence du choléra chez vous fùt aussi immaginaire que ma maladie et ma convalescence. Mais celle-là mallieureusement est bien réelle. Tu veux me rassurer, mais tu n’y réussis que médiocrement. J’ai grande confiance en ton courage, mais le choléra est toujours un terrible hòte qui donne à penser et à suer froid. Et cela au moment où je me flattais qu’il vous oublierait. En effet le voici qui monte le Splugen ; devais-je croire qu’il n’en sui-vrait moins pour cela son voyage au midi? Insister pour des précautions et des soins est tout à fait superftu pour vous, qui savez que nous vivons de vous, et que votre santé nous appartieni. Fais bon courage à Monsieur, quant à Octave je connais son imperturbabilité de stoicien, et l’àme virile de Ninette. Sois l’Ange de la maison, comme tu l’as été la première fois, et comme tu l’es toujours. Puisse faire le ciel que le choléra ne sévisse pas plus qu’il ne sévit aujourd’hui ; puisse tu m’envoyer toujours de bonnes nouvelles. Je veux m’endormir dans ce douce espoir, et que le Seigneur ait sa main sur nous tous. Je ne réponds pas aux calculs de M. Laurent pour deux raisons : 1° Nous n’avons plus de Communications avec notre Banquier, par conséquent il n’y a plus à revenir sur cet escompte ou tromperie qu’on veuille la nommer. Notre effet a été payé, ga va sans dire, ne sois donc pas inquiète ; 2° Ponr trancher la difficulté, vous avez bien pensé de ne plus vouloir compter qu’en argent de France. Il peut se faire que tous les calculs en livres tournoises etc. soient très exactes, mais personne ne pourra me persuader que j’ai eu 1000 francs lorsque je ne les ai pas eus. Il peut se faire que la friponnerie si fripon-nerie y a, ne tienne que de notre banquier ici, mais dorénavant point des francs suisses. Quant à ma proportion de 7: 10 je la crois exacte, mais je ne connais pas les mille et une égratignures que les banquiers peuvent faire subir à un petit effet de 1000 francs. Quoi qu’il en soit, je vous dirai que ce système de batz est en effet très ennuyant. Les premiers tems entre autre un batz me paraissait presque rien ; lorsqu’on me demandait un, 269 deux batz, il me paraissait donner un, deux sous ; mais 35 batz sont 1 écu frangais. -Te suis peiné de tant d’ennuis que nous avons causés pour cette bètise à Laurent. La Cousine lui en procure d’autres : mais diable ! Avocat jusqu’à présent n’est pas synonyme de trésorier. Je l’embrasse avec effusion. Adieu, ma ebère. Je prie Dieu qu’il t’envoie du moins un millionième du bonbeur que tu mérites. Ce serait plus que tu n’en as jamais eu, et je te serre contre mon coeur. Ton Auguste CCCLIX. Giovanni alla Madre [Sdleure, 22 Septembre 1836]. Cbèr Ange, Je suis heureux de pouvoir t’annoncer réception d’une qua-trième lettre en date 12 eourant, outre les trois dont Paulin t’a parlé. L’abondarìce m’étouffe et le tems m’étraugle. Je me vois de la sorte condamné à te noter à peine ce que je crois de stricte nécessité, sauf une autre fois à te dédommager. D abord, je dois te dire que j’apprends que notre dernière lettre pour toi a souffert un tei retard, que peut-ètre eu mème tems Dieu sait combien d'inquiétudes t’aura occasionné ce retard, mais il faut se résigner, car il n’y a pas de faute d'bomme ; ce sont les circonstances qui le veulent ainsi. Ne te laisse pas aller à 1 idée que notre correspondance puisse marcher à présent régulière comme auparavant ; non elle marcherà toujours a brani, tant qu’à Dieu ne plaise en disposer autrement. Comme ta confiance pourait t’exposer à de cruels désappointements, je me trouve forcé bien à contrecoeur de t’òter pour le moment cette illusion. Elle marcherà comme elle pourra, voilà tout. Ine autre fois je te saurai dire comment il foudra s’y prendre dans 1 envoi de l’argent, afin d’ètre volés le moins possible. A présent je n ai pas le tems. Je ne sais vraiment pas quel a été le mauvais plaisant qui t’a mis en tète que Paulin a été malade, et qu il CCCLXIX. - Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. 270 est à présent en eonvalescence. Il n’y a pas un mot de vrai. Depuis qu'il est en Suisse, il n'a jamais été ni malade ni eon-valescent, à moins que tu ne veuille qualifier de maladie un rii urne, qui l’hiver passé le forya à garder le lit quatre heures de plus qu'à l’ordinaire, par manière de simple précaution, voilà tout. Je ne troinpe jamais, car je ne veux pas ètre trompé. Ange se porte bien, et te salue. Je ne me fie pas à ce choléra qui fait pattes de velours. Qui sait ce qu’il vous réserve le traitre! Puisse Dieu vous avoir en sa sainte garde. Adieu, à une autre fois. Notre sauté est excellente. Bien des choses à la famille, amis, et amies. Je te quitte avec la piume mais le coeur est toujours avec toi. Adieu, adieu. Zane CCCLXX. Agostino alla Madre [Soleure], 6 Oetobre 1836. Chère Ame, Nous voilà sans lettres de toi : mais pour te prouver que nous ne sommes pas seulement philosophes en théorie, mais aussi en pratique, que nous savons prècher et en mème tems supporter avec longanimité, je m'empresse de te dire que nous ne nous inquiétons pas trop de ce silence, faisant leur part aux mille et une entraves, y compris les Alpes, qui se traver.sent entre toi et nous. Il est vrai que l’apparition du choléra aux environs de Gènes et a Gènes mème ne laisse pas d'ètre une épine. qui de tems à autre se fait sentir pas trop agréablement. Mais tu nous as tellement rassurés et nous avons tant de ma-lheurs sans cela, que nous mettons notre confiance dans le Sei-gneur, et nous nous persuadons qu’un nouveau poids ne sera pas ajouté à notre c-harge. Dans les journaux on ne trouve rien : il ne reste donc à consulter que la voix de notre coeur. Cette fois la voix du coeur nrannonce bien : fasse [Dieu] qu'elle ne soit pas trompeuse, comme elle l'a été tant de fois. Je ne perds pas l'espoir pourtant de recevoir bientòt une de ces lettres qui ont la vertu de me eolorer en rose une semaine entière : c'est CCCLXX. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. * 271 comme [une] essence renfermée dans une petite boite qui par fumé un appartement entier. Ainsi nous avons appris à ne pas-ètre exigeants : nous savons que pour nous écrire tu voies ton tems au sommeil, pour te soustraire à la jalouse vigilante de Monsieur ; de manière que l’abondanee de tes lettres ne serait pas sans un grain d'amer, quoique tes lettres soient notre seul bonheur ici-bas. En outre nous-mème, nous te donnons l’exem-ple de la parsimonie. Nous croirions faire mal, nous croirions t’exposer au górémiades de Monsieur, si nos lettres se succé-daient avec la mème rapidité d’auparavant. Ce revirement subit dans l’humeur de Monsieur ne laisse pas de m’ennuyer, mais du moment qu’il a pu concevoir une injuste défiance de nous, il est de notre devoir et de notre intérèt de ne plus fournir des armes ni contres nous ni surtout contre toi. Foin de 1 autonté maritale, lorsqu’elle fait de la temine une esclave, et un tiran du mari. En attendant personne n'en souffre que notre pauvre coeur : il nous faut renoncer à une bonne moitié de notre riehesse. Et nous n'avons contres ces maux que la foi et la résignation. C est pourquoi tu dois supporter avec constarne et force cette sépa-ration dans notre eorrespondance. Quoiqu'il en c-oùte à nos cceurs, il faut se mettre au-dessus des circonstances, ne pas se laisser abattre par elles. Espérons qu'un jour les veux de Monsieur se désilleront et qu'il s’apercevra que nous n’avons jamais cessé de mériter son estime et son affection et que nous pour-rions reprendre notre ancienne, douce, suivie, affectueuse eorrespondance. Ma dernière t’apprenait une bien triste nouvelle : la mort d'une de mes amies, d'une de ces amies qu'on [rencontre] bien rarement sur la terre. J'ai supporté cette nouvelle et doulou-reuse èpreuve avec courage. Sans doute je pense bien souvent à elle, et je la regrette e regretterai longtems : mais l’état de mon coeur est très-bon. Lorsqu'à certaines heures mon chagrin menagait de dèborder, je me réfugiais dans ton sein, comme une colombe menacée par un vautour. se réfugie en son nid. Dans ton sein je trouvais la force et les c-onsolations dont j'avais besoin. Puisse cette sourcè d'amour et de bonheur ne jamais me manquer et ma bouche trouvera encore des hymnes de louange à mumurer à l'Eternel. Ses enfants n'ont pas pu saisir tout entier ce terrible vide, mais un jour lorsqu’il seront en état de consulter le règistre des souvenirs. ils iront dèposer bien des fleurs sur le tombeau de leurs pauvre mère. Son amie m*a écrit 272 elle est atterrée : il lui parait d’ètre seule dans ce monde. En effet elle a beaucoup perdu. S’il y a quelqu’un de malheureux ce n’est pas celle qui s’en est allée aux cieux (1). Notre sauté est prodigieusement belle, malgré les airs d’incrédulité que quelqu’un de ma connaissance te donne. Le tems tantót mau-vais, tantót froid, tantót tempéré. Les hommes sont capricieux, pourquoi le tems ne le serait-il pas lui aussi; d’autant plus que quoiqu’on ait l’habitude de le peindre vieux, il est toujours jeune. Donne-moi des nouvelles de ta sauté, chérie, et puissent-elles ètre aussi bonnes et aussi sincères que le sont les nótres. Embrasse toute la maison. Et toi, ame céleste, tourne-toi à nous et bénis tes amis, qui ne vivent qu’en toi, pour toi, par toi. Ton Auguste (1) Non ci è stata conservata la lettera con cui Agostino annunciò la morte di Anna Courvoisier alla madre. In uno dei suoi quattro taccuini in cui raccolse note per la sua Cronologia autobiografica, Agostino lasciò scritto : « Povera, santa, amatissima Anna! Morta, morta per sempre! Morta il Giovedì a mezzogiorno e mezzo 19 Settembre dell’anno fatalissimo 1836, sendo io nascosto con Pippo e Giovanni in casa Schmidt (S.). Il convoglio funebre e la tumulazione il 21 Settembre dello stesso anno, Sabbato. Mi fu data aspramente la nuova il Venerdì, 20 Settembre, la sera vicino alle 8 ore, mentre stavo voltando temi dal francese in tedesco di Meidinger dal dottor Wògtly (S.). Anna avea 30 anni. Due figli, Paolo, Emilio. Occhi azzurri, bellissimi. Fronte sporgente e ampia. Un colorito di chi non è sano. Bel viso. Voce altera. Capelli castani. Grande ingegno. Gran cuore. Balbettava, specialmente se commossa o in soggezione. Nervosissima. Nata in Argovia (Brugg). Sponde del lago. Dissenteria epidemica. Suo marito bravissimo «29 ottobre 1836 - 3 ore pomeridiane - dal luogo dov’io la conobbi: Non la conobbe il mondo mentre l’ebbe, Conobb’il io che a pianger la rimasi. Il ricordo di Anna ritornerà più vivo al momento della partenza dalla Svizzera. Annotò infatti ancora il 24 dicembre 1836 « A’ Bagni Grangeschi (sera). - Nel momento ch’io era più vivamente commosso, entrò mio fratello nella mia camera chiedendomi se avessi osservato la commoda vettura ch’era giù dinanzi la casa. Ciò contribuì non poco a far cessare quello stato d’esaltazione. Oh ! Anna, t’amai più allora, o t’amo io più adesso ? ». 273 CCCLXXI. Giovanni alla Madre [Soleure, 6 Octobre 1836]. Chère Amie ! Voilà bien du tems, ma chère, que nous sommes sans nouvelles de toi car ta dernière, je crois, était datée du 12 Sep-teinbre ; mais nous sommes désormais aguerris et cela nous chagrine un peu, sans pourtant nous inquiéter le moins du monde. Je voudrais bien te savoir autant de constance et de fermeté que moi pour ne point t’inquiéter des vides, hélas ! trop fréquents qui ont lieu dans notre correspondance. Qui sait s’il n’y aura pas bientòt impossibilité matérielle à correspon-dre? La France, comme tu sais, oft'ensée par la Suisse a réalisé le blocus hermétique et mème les lettres on été renvoyées des frontières, et ne passent plus. Qui sait si les autres puissances, qui entourent la Suisse, et qui ne sont pas bien contentes des ces procédès, à ce qu’il parait, n’en feront pas autant. Je veux espérer que cela n’arrivera pas ; mais j’ai voulu te premunir contre un malheur possible. Non cela n’arrivera pas, car la Suisse est trop raisonnable pour ne pas céder aux justes exi-geances de ses puissants voisins, et les gouvernements Suisses sont disposés à tout sacrifier pour que la bonne harmonie des deux états ne soit pas troublée. D’ailleurs que pourrait faire un petit état comme la Suisse contre des voisins si puissants? La Suisse aime la tranquillité avant tout et le bien matériel, les Suisses pourvu qu’on leur laisse la pipe, la danse et la chopine, ne s’inquiètent pas grands chose du reste — et je leur donne raison. De manière que tout s’arrangera à l’amiable, et la Diète accorderà la satisfaction que la France exige, voilà tout (1). CCCLXXI. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. (1) Il duello fra il Duca di Montebello e la Repubblica di Berna, per la questione del diritto d’asilo accordato agli esuli italiani, era entrato nella fase acuta : l'affaire Conseil, al quale s’è già, accennato era stato il pretesto colto dal Governo di Luigi Filippo per imporre con tracotante albagia il proprio imperio. Abbiamo già veduto con qual disprezzo i Ruffini avevan giudicato la risposta data dal Governo di Berna il 29 agosto alla nota del Duca di Montebello; ebbene, nonostante ch’essa fosse molto ossequiente e deferente, venne considerata offensiva : « A cóté de ces dispositions [quelle del conclusum del 23 agosto], la note présentait une étrange réponse aux réflexions que le sous3igné — scriveva il Montebello il 27 set- 274 Nous en sommes au 6 d'Octobre, et si je ne me troinpe [les trois mois] depuis la réception du dernier trimestre sont révolus. Je n’ai pas le tems d’écrire à Monsieur B. pour lui demander l’argent, mais tu lui liras ce paragrapbe de ma lettre. Qu'il nous envoie donc le trimestre d’habitude, si cela lui est possibile et bientòt car les besoins et les dépenses sont grandes et la bourse de ses serviteurs est presqu’à sec. Je ne répèterai pas combien nos incessantes exigeànces nous sont dures à expri-mer à nous-mèmes, mais nous connaissons son coeur par expé-rience et dans les circonstances actuelles nous n’avons pas besoin d’excuse auprès de lui-car son coeur nous justifie, j’en suis sur. Quant à la manière d’envoyer, confermez-vous en tout et pour tout à l’ancienne métbode; seulement que l’argent soit payable en francs de France pour éviter les imbroglio des autres fois. Après avoir parlé d’affaires, bien peu d’espace m’avance à parler d’autre choses, mais bien peu de matière aussi. La santé, gràce à Dieu, est on ne peut mieux et Fhumeur passable. Paulin est revenu du premier coup de malheur qui l’a frappé dans son amie, il n’est que doucement mélancolique parfois, au reste il se porte parfaitement bien. Je compie sur une lettre de toi tembre 1836 _ avait refu I’ordre de communiquer au directoire dans cette note, les conseils donnés par la France avec autant de désintéressement que de bienveillance, sont interprétés avec amertume et repoussés avec irritation, ses intentions sont dé-naturées et ses paroles perverties; certes, la France devoit voir dans cet acte une offense grave ». Era dunque la Francia ch’era stata offesa, e l’offesa s’era aggravata perchè il Mazzini era riuscito a dimostrare che il Conseil era una spia francese : « Ainsi les étrangers font la police — soggiungeva il Montetello alludendo ai documenti sequestrati al Conseil da amici del Mazzini — les conspirateurs provoquent des arrèts, sai-sissent les autorités ». Questo procedere degli esuli era un attentato aU’indipendenza della Svizzera — secondo il Montebello — e se il Governo di Berna non si fosse voluto « sottrarre » a tali « funestes et criminelles influences », la « France se doit à elle méme de témoi-gner d’une manière eclatante qu’elle ressent l’injure, et qu’elle en attend la prompte satisfaction ». In attesa che questa giungesse il Governo di Luigi Filippo interrompeva ogni rapporto con quello Svizzero, e se soddisfazione non fosse giunta la Francia non avrebbe ascoltato « que sa dignité offensée » e giudicato « seule alors des mesures qu’elle » avrebbe preso « pour obtenir une juste soddisfation ». In qual modo si comportò in questa situazione il Governo svizzero ? « Gli uomini che governavano in quel tempo la Svizzera — scriverà più tardi Mazzini — invece di rispondere all’ambasciatore: mentite e chiederne il richiamo al governo; invece di dire ai gabinetti stranieri : voi non avete diritto di giudici in casa nostra; lasciateci in pace — e certi come pur erano per esperienza che nessuno avrebbe osato di varcare la frontiera e assalirli — risposero sommessamente alle Note, querelandosi d'essere fraintesi, invocando le vecchie alleanze, gli antichi vincoli d’amicizia. I governi, vedendoli tremanti, insolentivano più che mai ». (Ved. Mazzini, Scritti cit., Ediz. Daelli, voi. V, pagg. 201-202; Ediz. Naz.. voi. XII, pagg. 159-164). / t 275 demain, aujourd'liui peut-ètre, peut-ètre dans une heure, qui m’en dise autant de toi et de la famille. Rien ne manque que cela à notre parfaite tranquillité. Encore un mot. Il est possible que Me Marthe t’indique un autre moyen pour l’envoi de l’argent qui lui aura probablement été communiqué par sa nièce, de notre consentement. Dans ce cas tu dois l’adopter, et avoir pour non dit ce que je t’ai marqué plus haut. Bien des amitiés à Mr B. et à toute la famille, amis et amies. Toi je t’en-brasse au front, comme ma bonne maman, mon enfant chéri, ma seule et sainte amie, ma protectrice et ma consolation. Ma piume te quitte, mais mon coeur est toujours avec toi. Zane CCCLXXII. Agostino alla Madre [Soleure], 14 Octobre 1838. Chère Ame, Nous avons à répondre, devine? à cinq lettres de toi, regues en deux fois, deux la première, trois la seconde. Ainsi il n’y a pas d’attente qui reste sans récompense. On soupire un peu, il est vrai, dans les intervalles, dans ces solutions de continuité, mais le jour d’abondance arrive et on oublie toutes ses peines dans la joie du présent. Il est donc constaté que tes douces missives nous parviennent : il est constaté aussi qu’ elles ne nous parviennent pas très régulièrement. Mais, vois-tu, mon amie, il n’y a point de lumière sans ombre et lorsque je réflé-chis à la désolation qui s’emparerait de nous, si nous man-quions de tes nouvelles, les autres détails de retard etc., me paraissent peu de chose. Ainsi au moment mème que le Seigneur nous sèvre douloureusement, il fait sortir une abondante source de consolation du sein mème de la douleur. Puis nous nous faisons une raison, parce que nous connaissons les causes de ces retard et en défìnitives elles nous sont utiles, puisqu' elles nous assurent la j>ossession de te lettres. En attendant je me charge de répondre à celles qui portent la date du 21 et du 29 Septembre parce que c’est moi qu’elles regardent plus parti-culièrement. CCCLXXII. — Inedita. Senza indicazione d'indirizzo. 276 Avant tout je vais t’expliquer la pkrase de la Cousine. J’avais déjà appris d’elle le quiproquo occasionò par cette plirase. Les artiste dans leurs expressions sont très métapho-riques, et souvent il ne faut pas prendre à la lettre leurs pa-roles. Moi qui ne suis pas poète en parlant d’un marchand qui fait banqueroute, je dirais tout bonnement : ce marchand-là a fait banqueroute. Un poète dira au contraire : cet liornme du commerce a succombé à une terrible maladie. Et pour conti-nuer ma coinparaison, si ce marchand paye ses dettes, je dirai moi : ce marchand-là a ajusté ses affaires, tandis que le poète en relation de sa phrase medicale dira : ce marchand-là est entré en pieine convalescence. La, phrase donc de la Cousine était toute métaphorique et allusive à mes et nos derniers ennuis, sur lesquels il est inutile de revenir, attendu que nous t’en avons entretenu à satièté. Ce qui est Constant et pas de toute métaphorique c’est que je jouis et j’ai toujours joi d’une santé parfaite et qu’avec l’aide de Dieu je ne démorderai jamais de mon système de bien me porter. Qu’ainsi Madame ma cousine et Monsieur l’Avocat se rèsignent à s’entendre dire que l’une ne sait guère écrire, que l’autre ne sais guère lire. Mais je leurs pardonne, généreux et sublime que je suis. Ne pense plus aux chemises : nous avons assez de linge. Je te dirais sin-cèrement que celui qui nous fournissait les habits et ce dont nous avions besoin depuis Paris, a cessé d’avoir notre confiance, voleur qu’il est, pire encore que voleur si tu veux. Nous qui l’avions recommandé à tout le monde, comme une personne honnéte et digne de confiance, nous sommes presque convaincus aujourd’hui que ces comptes sont tous exagérés et qu’il ne nous témoignait tant de considération et de déférence que pour mieux nous tromper et duper. Nous avons cessé toute communication avec lui, et lorsque nous aurons besoin d’habillements, je m’adresserai directement à un tailleur, qui m’habillait dans le tems. Ne te soucie pas plus des chemises que je ne me soucie de souliers. Nous en avons en suffiance. Ce que je te dis de notre fournisseur, doit te prouver qu’elle est triste la race humaine. Nous avions beaucoup fait pour lui, et je le traitais moi plutòt en ami qu’en protégé. Et nous finissons par décou-vrir que c’est un misérable, qui mange notre pain et à l’oc-casion nous vendrait comme Judas. Voilà deux mois que vous avez le choléra. Qu’il soit doux, qu’il soit insaisissable, qu’il soit comme tu voudras, ce n’est 277 pas moins un ennui à faire donner l’àme au diable. Ne pas avoir de l’appréhension, cela nous est impossible. Et tout en faisant droit à tes sages réflexions et à tes bons conseil nous répétons encore que c’est une maudite corvée qu’on nous donne. Au nord de l’Italie il parait en diminution. Il avait fait une courte apparition cbez les Grisons, mais il a rebroussé cbemin. Pretend il s’enraciner cbe vous? Ab ! mon Dieu, si vous détournez les yeux de nous, vous avez bien tort, parce que nous vous aimons bien. Mon avant dernière lettre t’apprenait la soudaine et cruelle catastrofe de ma pauvre amie. Dans tes missives tu es pieine de confìance dans la nouvelle que je te donnais qu’elle était sauvée. Ah ! je fus cruellement abusé. Vraiment si d’un còté je pense que je ne suis pas le plus heu-reux des hommes, que bien des douleurs et des pertes ont déjà fait saigner ma jeune vie je trouve ce décret du sort par trop barbare : c’était une fleur solitaire qui brillait pour moi, et à peine je m’approche d’elle, la voilà qui tombe : c’est une étoile qui s’est voilée à peine je l’ai regardée. Je me surprends à de-mander au ciel quel borrible pécbé pése sur moi. De l’autre còté si je pense que sa santé était délabrée, que sa situation était peu tenable, que sa vie était une souffrance, que bien des fois elle me témoigna le désir de s’en aller m’at-tendre au ciel, je crois que le décret sur enfanté par la pitié du Seigneur, qui la voulait près des anges : je croise les bras et dis : que la volonté de Dieu se fasse. Mes amours, ne sont pas heureuses : je débutai par aimer une Frine, une mécbante femme, pire mère, coquette, médisante, pieine d’ignobles pas-sions rongée par la haine et la malignité, un amour dont je rougis comme d’une action déshonorante : puis voici venir une enfant; douce pàle souffrante... (1) mais legère au fond et trop enfant. Elle se moqua presque de moi et finit pour se marier ce quelq’un, qui sans vanité, ne [valait plus] de mois. Enfìn j’avais trouvé....; pas une aimante, mais une amie selon mon coeur et au bout d’un an elle me meurt... mais il y a un amour qui à lui seul vaut tous les amours, plus pur que... plus fort que le bronzo, un amour qui cicatrise... réjouit et immorta-lise ma vie; c’est l’amour Aliai d’[ma mère]. Soit donc bénite! Ton Auguste (1) Manoano qui e nelle linee seguenti alcune parole, trovandosi la carta ridotta in brandelli. * 278 CCCLXXIII. Giovanni alla Madre [Soleure, 14 Octotore 1836], Chère Amie ! Au moment oiì nous nous disposions à répondre à deux de tes lettres regues depuis quelque tems nous en voilà tomber trois du Ciel, trois lettres charmantes, trois lettres bijoux, trois étoiles. T’expliquer la raison de ces arrivages en bloc, serait trop long, et parfaitement inutile; qu’il te suffise de savoir que c’est chose tout à fait naturelle, quoiqu’elle ne manque d’avoir ses inconvénients ; mais, il n’y a qu’à répéter le refrain d’habi-tude. Patience ! Je vois avec peine que tu restes des semaines entières sans nouvelles de nous, mais qu’}r faire? Dieu sait si l’àme m’en saigne, si le pensée de ton inquiétude me déchire l’àine ; mais qu’y faire? que puis-je y faire moi malheureux à qui l’on dispute tout au monde, jusqu’à l’innocente satisfac-tion, qu’est tout pour moi, de te donner des mes nouvelles? Parlons d’autre chose, et avant tout d’argent. Je t’ai déjà écrit à ce propos de quelle manière tu dois envoyer la somme c’est-à-dire de la manière qui te sera indiquée par Mme Marthe qui doit la tenir de sa nièce. Et pour le cas possible que la lettre qui en traitait, fut venue à s’égarer tu n’as qu’à suivre identiquement la méthode suivie jusqu’ici, avec la seule différence que le paye-ment ait à se faire en argent de France, et que là lettre de change soit par conséquent tirée en cette monnaie-là. Tu me dis aussi [de ne] pas oublier de te marquer au juste la somme que tu dois mettre de còté pour le premier envoi. J’avoue [que] je ne te devine pas bien. S’il agit de la somme légale, et-ordinaire pour le premier envoi, ma foi, tu [en sais] certa inement comme moi. Si au contraire, en faisant allusion à quelques phrases de Paulin, tu veux parler d’un extra, d’un de plus, à ajouter à la somme ordinaire, ma foi, il m’est difficile de te la préciser, je pourrais bien le faire, si je savais que vous ètes bien, mais en sachant comment vont les choses, je ne veux pas te mettre une épine au coeur, car connaissant ta nature irrequiète, quand il s’agit de faire Service à tes amis, des que j’aurais précisé une somme, tu commencerais à te mettre en quatre pour te la pro- CCCLXXIII. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. / 279 curer ; or cela ne m’arrange pas. Je me résumé. Si les circonstances ne sont pas favorables, n’envoie rien d’extra; si cela peut se faire sans sacriflce, je te laisse la latitude depuis 100 frs. jusqu’à 100/mille. Nous accepterons avec amour et reconnaissance tout [également (?)] la première que la dernière de ces sommes. Oui, il y avait précisément un malentendu dans ce mot convalescente de la cousine, qui t’avait tant alarmé. Elle vient de nous l’écrire, en s’en excusant comme d’une légèreté. Ce diable de cboléra qui a l’air d’avoir cboisi donneile chez vous depuis deux mois, et demi quoique faisant patte de velours me contrarie diablement. Ce serait bien tems qu’il déguerpìt enfin — que nous puissions ètre au moins sans c-raintes dece còté-là ! A propos, ce journal italien, dont tu me parlez ne m’arrive plus depuis bien longtems. Je ne sais pas si c’est la fante de la Direction, ou de l’intermédiarie qui me l’envoie — dans le premier cas, je ne saurais pourquoi on me le suspendrait du moment que je paye mon argent. Au reste [je vais] écrire à M. le Directeur. Je suppose qu’on a tiré du couvent la petite pour la marier. Est-elle bien instruite, bien elevée, bien portante? Dis-lui bien des choses si elle se souvient encore de moi. Mr Antoine avait donc [l’idée] de marier son Charles à la Ninette? Qui y aurait pensé? peut-ètre, elle aurait été malheureuse avec ce gargon-là. Ange est bien, et à sa destìnation. Il écrit rare-ment, sans jamais t’oublier ; je crois qu’il vaut mieux que tu « ne lui écrie pas. Ce n’est pas vrai, comme j’avais lu dans un journal, que le blocus s’étende aux lettres aussi — le 17 la Diète va se réunir et tout s’arrangera à l’amiable. On prétend qu’on réclamera les bons oflfrces de l’Angleterre come médiatrice. Quant à moi, je pense que la Diète accorderà la satisfac-tion demandée. Tu me fais rire avec ta simplicité, pauvre Ange ! Accorder le droit de défense à ceux qu’on veut coupables de force? v penses-tu? Dans l’enquète à propos des proscrits on a traité cette demande faite par quelqu’un d’eux de prétention arrogante et impossible à réaliser. Cela est imprimé, tu vois où nous en sommes. La santé gràce à Dieu est excellente. Tu vois que c’est déjà beaucoup. Ayons la foi, et nous serons san-vés. Toi aussi, il faut que tu aies la foi, et que tu sois tranquille sur nous, mème quand tu n’as point de nos nouvelles, car, comme tu le dis si bien, avons-nous besoin d’un peu d'encre 280 et de papier pour mettre en rapport nos àmes, pour les unir, les confondre? Ne conversons-nous des heurs entière mème de loin? Adieu mon cher amour. Zane CCOLXXIV. Agostino alla Madre [Soleure], 22 Octobre 1836. Olière Ame, Voilà un intervalle assez long de notre dernière lettre à celle-ci. Si tu pensais nonobstant que ce laps de tems a amon-célé beaucoup de matière pour t’entretenir aujourd’hui, tu serais dans l’erreur. Notre vie est si tranquille et si égale, qu’elle confine à la monotonie : cornine les compagnons d’U-lysse, nous nous sommes bouchés les oreilles afin que les fasti-dieux bruits du monde n’arrivassent point jusqu’à nous. Chacun de nous a deux confidents, mais depuis longtems nous nous sommes dit tout ce que nous avions sur le coeur : à présent nous radotons, c’est-à-dire nous nous répétons un peu, mais cela n’òte rien de leur fraìcheur et de leur enjouement à nos cause-ries. Jamais nous n’avont trop aimé les visites de l’extérieur, dans ce moment elles nous ennuieraient plus que jamais. Comme je te le disais donc au commencement de ma lettre, notre vie est aussi unie que la surface d’un petit lac, qui n’est jamais sillonné de bateaux, ni agite par les autans. Quel triste lac ! diras-tu peut-ètre, autant vaudrait l’appeler étang. Et pourtant non ! il y a des choses dans ce lac ignorées de la plupart des matelots de la vie. Cette nappe d’eau transparente et calme reflète la plus douce, la plus suave, la plus sainte image qu’on puisse voir. Cette image entourée de tant d’amour, de vénéra-tion, et aussi de vouleurs peuple et vivifie notre solitude, comme un accord d’orgue qui fait vibrer d’une liarmonie éclatante une cathédrale entière, comme le parfum d’une fleur, qui em-baume tout un appartement. Te rappelles-tu la pauvre Margherite de Faust qui a recours, dans sa détresse, à la Madone CCCIjXXIV. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 281 des douleurs? Ainsi tes deux amis ont recours à cette image de Femnae-Martyre, qui a toujours un sou ri re pour leurs amours, une larme pour leurs douleurs et un coeur d’ange pour leur bonheur. Ainsi ceux qui pourraient nous croire malheureux, se tromperaient-ils étrangement. Celle-ci est la vie de notre àme, si tu y ajoutes quelques pensées particulières à chacun de nous, par exemple la pensée de L[uisa] pour Francois, pensée de la pauvre A. pour moi. Quant à la vie de notre corps, c’est la vie du Michelaccio, abstraction faite de la dernière condition. On mange, on bois, on fumé, on dort. C’est presque du sybary-tisme. Ajoute que de tems à autre nous avons des fètes magni-fìques que nous ne donnerions point pour la salle Favart à Paris. C’est lorsque nous recevons tes lettres. Elles sont un objet de douce attente au moment qui précède la reception, c’est une fète au moment de la reception, c’est une suite de bonnes pensées et un renouvellement de nous mème après les avoir lues. J’ai bon espoir d’en recevoir ce soir mème et c’est déjà un commencement de jouissance quoique mèlée d’un peu d’impa-tience. Or si tu ajoutes à tout ceci comme pour-boire une ma-gniflque santé (n’en déplaise au style métaphorique de Mademoiselle notre cousine) tu te persuaderas que nous ne sommes pas si mal partagés. N’ayant pas de vos nouvelles nous ne savons rien du choléra, ni de ses progrès. Ce qui nous rassuré un peu c’est que les journaux n’en font aucune mention, et s'il sévissait chez-vous, les journaux de Marseille en sauraient et diraient quelque chose. J’attends donc impatiemment quelque chose de vous. Puisse-je ne pas m’abuser dans mes calculs. Je vourrais te narrer un mien rève que j’ai fait la nuit passée, mais il est si long et si compliqué que je désespère. En voici le résultat en deux numéros, qui serviront pour un ambo à Catherine, 77 et 60. Mais bien entendu je ne le lui garantis point. Que fait-elle, ma Ninette, cette divine artiste? Peut-ètre me suis-je trompé, mais j’ai cru saisir l’autre soir un accord de sa guitare : elle aura pressé un peu plus fort les cordes. Et la pauvre Malibran qui est morte si jeune et si soudain ! Je crois qu’elle est morte parce qu’elle faisait exception panili les vir-tuoses : on dit que c’était une femme douce, charitable, pieine de bonnes qualités — La morte fura prima i migliori e lascia stare i rei. — Le beau tems est revenu chez-nous. Nous avons une lune d’argent et un soleil d’or et un ciel d’émail. La tem- 282 pérature n’est pas trop basse. Que fait Monsieur? se porte-t-il bien? Fais-lui bien des compliments de notre part, ainsi, qu’à Octave, M.mes Lille, Marthe, Cichina, le bon Avocat et notre chat. Je suis sans nouvelles d’E[ugénie]. Peut-ètre a-t-elle beaucoup à faire attendu ses legons. Puis elle a une soeur qui probablement va se marier, elle-mème, à ce qu’on me dit n’est pas loin de ce pas si solennel. Elle ne m’en a pourtant pas parlé. C’est que la meilleure a aussi sa petite malice, et si tout ce que qu’on me dit est vrai, il y a certaines complications dans son projet de mariage qui ne la laisseraient pas tout à fait sans reprocbes. Mais je la plains plus que je ne la condamne. Elle a cru pouvoir aimer la diffonuité et peut-ètre s’appergoit-elle a présent, que l’esprit est beaucoup, mais pas tout en amour. Adieu consolation de mes jours, étoile de mon àme. J’ouvre mes bras dans la direction du midi, et je te presse sur ma poitrine. Tout à toi. Ton Auguste CCCLXXV. Giovanni alla Madre , [.Soileure, 22 Octobre 1836], Chère Ange, Voilà bien du tems, ma bonne, que je ne t’écris ; j’attendais d’un jour à l’autre de tes nouvelles, enfin, comme il n’en vient pas, je me décide à t’envover deux mots ; ne crois pas que je sois inquiet, car il y aurait indiscrétion de ma part si je me plaignais ; j’ai été si riche la dernière fois ! et puis, une lettre est beaucoup, c’est vrai, mais n’est pas tout enfin ; ne corre-spondons-nous pas d’une manière plus intime, et incessante par l’élan de nos cceurs, qui, en dépit des distances, s’élancent perpétuellement l’un vers l’autre, confondent leurs battements, se comprennent, s’identifìent à tout instant spirituellement? Nous nous voyons, nous conversons ; nous nous consolons, nous pleurons ensemble, nous vivons enfin en commun mème en songe, CCCLXXV. — Inedita. Sul foglio in cui il fratello Agostino scrisse la lettera pre- cedente. 2S3 n’est-ce pas? Cette nuit, j’étais dans une église de ton pays ; tout à coup, je te vois là sur un banc, agenouillée et priant Dieu pour nous; aussitót je m’élance vers toi, je te presse sur mon sein altéré de tes étreintes, nous riions, nous pleurions comme des fous, seulement nous ne parlions pas. La foule ordinaire-ment égoiste, qui faisait cercle autour de nous, était électrisée par le spectacle de tant d’amour, on nous regardait presque avec envie, certaiìnement avec tendresse et j’entendais chu-cboter à mon oreille : heureux le fils d’une telle mère ! et aussi heureuse la mère d’un tei fils, car ils s’aiment tant! Le rève a disparu me laissant une sensation de regret mélancolique, qui n’est pas sans grands cbarmes. Les différends de la Suisse avec les hautes puissances sont sur le point de s’aplanir tout à fait. Mon heureux pressentiment ne m’avait pas trompé. Les députés à la Diète ont presque tous regu de leurs commettants des instructions tellement sages, et modérées, qu’il est impossi-ble qu’une conciliation ne s’en suive. Si la France tient à obtenir une satisfaction, on la lui accorderà pour sur et on fera bien, car la France n’est elle pas l’amie et la protectrice natu-relle de la Suisse? A l’heurs que je t’écris, cet heureux résultat est déjà sans doute obtenu, car la Diète est réunie depuis le 17. Seulement je ne suis pas à mème de te le participier ; ce que je ferais avec grand plaisir, vu que tes nouvelles ne parviennent jusqu’à notre trou que fort tard, chose naturelle. J’espère pouvoir t’en dire quelque chose de positif dans ma première, ou tu l’apprendras par les journaux, qui s’empresseront sans doute de vous faire part d’un arrangement si satisfaisant pour tous (1). (1) La risposta alla intimidazione del Duca di Montebello, contenuta nella nota del 27 settembre non verrà deliberata dalla Dieta se non il 5 novembre; ma era già facile arguirne il contenuto sia per gli esuli che per le loro madri. Infatti la Gazzetta di Genova — come ironicamente prevede in questa lettera Giovanni — non tarderà a darne contezza in questi termini : « Sino al 25 Ottobre non fuvvi alcuna nuova seduta alla Dieta. Il blocco della Svizzera è ora levato su tutta la frontiera dell’Alto Reno, mentre dura tuttodì sopra alcuni di quella di Doubs. Vuoisi che questa mitigazione di rigore sia avvenuta in conseguenza dei numerosi reclami del cornine i ciò francese. Dicesi che il sig. dott. Luigi Snell sia stato espulso dal governo di Iturna. Il Giornale dei Dibattimenti' Ai Francia lagnasi che nella elezione dei membri della commissione incaricata di preparare un progetto di risposta alla nota del sig. Montebello non siansi usati tutti quei riguardi, che la natura pacifica delle istruzioni date ai deputati della Dieta avevano fatto sperare. Tale lagnanza sarebbe relativa alla nomina di Keller e di Monard. — La Pace, altro giornale ministeriale parigino, dice: Sema dubbio il richiamo del rapporto (il rapporto Keller sull'affare Conseil) non soddisfa la Francia, che deve pretendere una più esplicita soddisfazione; ma 284 Nous nous approchons de Novembre, mois destiné à ton dèpart pour Taggia — que Dieu te conduise, et méne à bonne fin l’épuration des vouleurs, que tu projettes dans tes terres ! Les voeux ardents de tes amis te suivent partout, et mes lettres t’y suivront aussi de tems en tems. Je crois qu’il vaudra mieux ne rien innover dans notre méthode de correspondre. M. IL retirera les lettres et te les transmettra où tu seras, et tu trans-mettra à lui les tiennes, pour nous, qui nous seront envoyées comme à l’ordinaire. Qu’en dis-tu? Adieu, Ange cbéri, la santé est excellente, absolument on ne peut mieux. A part quelques moments d’ennui, chose naturelle l’on réussit passablement à passer son tems. Je t’embrasse un million de fois, ma chère, bien des choses à la famille, amis, amies, et a tous ceux qui te demandent de ton ami. Zane CCCLXX VI. Giovanni alla Madre [Solerne], le 28 Octobre 1836. Ma chère Amie ! J’ai le regret de t’écrire encore une fois sans avoir été con-solé du baume d’une de tes lettres; j’en devine a peu près la cause, et je m’attends à en recevoir un de ces jours une demi-douzaine tout à la fois; c’est toujours comme ga que la chose va. Patience ! à peine j’aurai un million de rente j’établirai un Service de poste exprès pour notre correspondance de manière à éviter tout retard. Je ne sais rien de ce qui se passe par le monde ; il ne m’est arrivé jusqu’ici que des bruits confus, que l’on peut resumer dans ce sublime proverbe : les chift'ons sau-tent toujours en l’air, ou cet autre adage : quand on ne peut CCCLXXVI. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. questo richiamo, per il quale la Dieta sembra dover essere unanime, risparmierà, almeno un grande passo. La Gazzetta di Zurigo nota, senza darvi molta importanza, che in Francia verso Ginevra, e nel Tirolo, hanno luogo dei movimenti di truppe verso i confini della Svizzera ». (Ved. Gazzetta di Genova, cit., 2 novembre 1836). 285 battre 1 àne on bat la selle. Tu devines bien qui sont les chiffons et la selle. Au reste, avant que cette lettre ne parte, Paulin pourra peut-ètre ètre à mème de t’en dire quelque cbose de précis. Je te prierai aussi du suppléer à la brièveté de ma lettre, car j ai très peu de tems, et lui en aura de reste. Cela t’a l’air un peu loucbe. En bien ! Je ne te l’expliquerai pourtant pas du tout, et je parie que tu ne t’en fàches pas, n’est-ce pas? Le manque de tes lettres me dépite un peu aussi à cause de l’argent, que par une voie ou l’autre je suppose devoir ètre arrivé, et qui ne nous serait pas de trop. Mais ayons bon espoir ; ce silence ne durerà pas longtems. En attendant, je puis te donner les meilleures nouvelles de notre santé à tous, qui est excellente. Nous avons eu une suite de journées superbes ; à présent le Ciel s est rembruni et le froid est devenu passablement piquant, ce a quoi nous mettrons bon ordre à force de laine et de feu. J’espère aussi avoir des nouvelles rassurantes par rapport au cboléra qui ne laisse pas d’ètre une puce bien importune dans l'oreille. Je te prie de m’en parler toujours sans me rien dissimuler, car à l’heure qu’il est je suis de trernpe à tout entendre sans m’émouvoir. J’ai foi en Dieu qu’il vous proté-gera, et nous aussi. Si les prières d’un Ange tei que toi n’étaient pas efficaces, il faudrait en conclure qu’il est inutile de prier. On m’assure que le choléra fait de grands ravages à Naples. Toutes les plaies de l’Egypte sur votre pauvre pays. Adieu, chère chère chère amie. Bien des choses à M. B. et à toute la famille, la Ninette comprise, si tu te trouves encore sur les lieux ; mais en réfléchissant, je suppose que tu n’es plus dans ces parages. Adieu, étoile polaire de ma vie, astre dont l’in-fìuence bénigne neutralise toute l’influence maligne, descendu du ciel pour notre consolation, adieu ma bonne chère et sainte mamaly. Je t’embrasse mille fois avec l’effusion que tu connais à ton Zane 286 CCCLXXVII. Agostino alla Madre [Soleure, 28 Octobre 1836J. Chòre Ame, Je n’ai qu’un petit moment pour t’accuser reception de ta lettre du 8 Octobre qui m’est remise aujourd’hui... par < an0er ^ jota-et de t’exliorter toujours à la résignation, et au coura^ Cet état de choses ne durerà pas, j en ai la comiction in Les jours viendront, où nous pourrons, comme pai av£ échanger regulièrement une goutte de baume lefiigeian a coeurs froissés. Nous avons aussi ta douce du 11 (oman , e est toute pour moi, et je prends l’engagement d \ iépon i ^ ^ première fois que je serai un peu moins pressé. De\int un pi L’argent ne peut pas se toucher vu le manque de certaines formalités, lettre de crédit, que sais-je.' mais ga ne fait rien nous ne sommes pas pressés, nous avons bonne ìéputation, au moins, sur cette matière. D'aujourd bui mème Emilie ecn ce propos, et dans une quinzaine, tout au plus, j espere que tout cela sera régularisé (1). Ils sont si tenaces, et cau i eux CCCLXXXV. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pa^. (1) La lettera precedente, questa e quella seguente di Agostino al padre, erano state trasmesse dal Mazzini alla madre con una avvertenza in cui scrive intorno alle difficoltà incontrate nel riscuotere la somma della quale è cenno nel testo. Non ci sembra fuor di luogo qui ripubblicarla : « Avvertenza : la lettera inchiusa delle cugine è metà per la loro madre, e metà pel loro padre. Bisogna che voi la dividiate, perchè vada a ciascuno la parte sua. « Ho scritto al commerciante per ciò che riguarda le cose finanziarie... Il negoziante di Berna ricusa pagare la somma di 2000 franchi, cioè 1000 miei e i 1000 delle eugine — malgrado l’ordine avuto, dicendo che ha bisogno d’una lettera di credito per la persona che deve riscuoterli, e della quale avete già il nome. Conviene adun- 804 ces négociants! et ils ont raison. Gela fait l’éloge du siècle moral par excellence, où nous vivons. Je ne sais rien de ce monde. On me dit qu’il fait froid, en effet il neige à gros flo-£ons, et il fait du vent ; quant à moi, je ne rn’en apergois vrai-ment pas, car l’atmosphère de ma chambre est voluptueusement tiède. A propos, voilà tout ce que je sais de nouveau, et dont vos feuilles vous régaleront probablement. C’est pourquoi je te le dis. Il parait que le Vorort est à la piste d’une bande d’assassins, car il vient de mettre un talion de 25 Louis d’or par tète à quatre, ou cinq individus, qui, je suppose, ne s’en porten pas moins bien (1). On m’assure aussi que ces mesures d’excessive rigueur indisposent ceux mèmes qui passent tout au Gouvernement. Au reste, bon plaisir leur fasse, qu’ils s’arran-gent comme ils veulent. N’est-il pas écrit du fils de l’homme — et super vestimento, eius posuerunt cortem. La santé est on ne peu mieux. Bon voyage, ma sainte amie, mes voeux te suivent, et veillent sur toi comme un Ange gar-dien. Soigne-toi bien, préserve-toi du froid, et aime comme tu fais ton enfant. Sous l’égide puissante de ton amour il peut tout défìer. Ton Zane CCCLXXXVI. Agostino al Padre [Soleure], 29 Novembre 1836. Mon cher Monsieur, Je vous écris deux petites lignes dans le seul but de vous marquer le parfait état de notre santé et pour vous envoyer une faible démonstration de mon profond attachement pour CCCLXXXVI. — Pubblicata in parte tradotta dal Cagnacci, op. cit., pag. 134. que mandar questa lettera al più presto, onde possa reclamare la somma ». (Ved. Mazzini, Scritti, cit., Ed. Naz., XII, pag. 236). (1) I fogli dello Stato Sardo non pubblicarono la circolare. Il Mazzini scrivendo alla madre lo stesso giorno, ripeteva in tal modo la poco gradita nuova : « Qui nulla di nuovo che importi gran fatto. Credo saprete presto o tardi da qualche giornale che una circolare del Vorort offre un premio di non so quanti luigi a quel tale che riuscisse ad arrestare quei pochi esuli di che sapete » (Ved. Scritti, cit., voi. XIl! pag. 234). 805 vous. Nous avons appris que les espérances fondées sur la bonne apparenee des oliviers ont considérablenient baissé à cause de l’apparition soudaine du ver. Disons-le francbement c’est gui-gnonant. Mais puisque la colere n’y porterai point de remède, ayons patience et mettons notre confiance en celui qui ne trompe jamais. A force d’affection mutuelle nous avons jusqu’à présent résisté à tous les coups du sort, à force d’affection mutuelle nous pourrons braver les orages à venir, s’il est écrit que nous n’ayons jamais à cesser d’ètre ballotés par les tempètes. Au milieu de notre souffrance l’idée de cette sainte femme, qui ne vit cpie pour nous, l’idée de son mari qui fait pour nous tous ce que le meilleur des pères pourrait faire pour ses enfants, est pour nous une consolation telle, que nous ne saurions signifìer par des mots. Certes : le monde peut tout nous oter, le ver peut manger les olives, mais rien ne peut détacber votre coeur du notre et le nòtre du votre. Dans cette affection, que l’ab-sence et le malbeur ont de plus en plus renforcés il y a quelque chose de si beau et de si noble, que les Anges doivent s’en réjouir au ciel. Nous vous devons beaucoup, nous vous devons tout mé-me, mais ce qui met le combre à notre gratitude, c’est cette constante et délicate protection que vous exerc-ez sur notre pauvre amie. Que Dieu vous bénisse pour le bien que vous nous faites, à nous et à elle. De graves pertes ont aftiigé nos coeurs. Le bon Jacques a suivi de trop près cette ame armante, ce juste, le Clianoine, qui ne vivait que pour sa famille. Nous avons perdu deux nobles coeurs : mais c’est le ciel qui les a gagnés. Que cette certitude (c’en est bien une) vienile rendre moins amers vos regrets. Et (pie ces pertes vous fassent un strict devoir de soigner au mieux votre santé, qui est notre palladium. Si Catherine savait lire, je lui écrirais de ne vous donner que du stochfìxes bien tendre et en petite quantité, quant aux escar-gots je voudrais les bannir absolument. Je ne plaisante pas, mon cher Monsieur, vous ètes fort et robuste, mais il faut se ménager : il faut se ménager pour vous, pour votre femme, et pour vos amis. Dites bien des choses de notre part à notre seconde mère, Mme Marthe, et à la brave Ceceliina, notre bien-aimée sceur. La Cousine me parie d’un certain intérèt d’une certame dot (la somme dépasse 2000 francs) : elle voudrait que j’en écrivisse à son Avocat ; mais, mon Dieu ! pour le moment j’ai assez de mes propres ennuis. La dot est celle de sa mère, le capitai et 306 Fintérèt est entre les mains de Tagliavacche. La Cousine demande au moins 500 francs sur l’intérèt. En voudriez vous toueher un mot à l’Avocat, si par hasard vous le trouvez? Vous seriez bien bon, et vous m’obligeriez beaucoup. Adieu, uion cber Monsieur. Francois vous envoie mille affectueuses saluta-tions. Quant à moi je vous prie de croire à l’inaltérable affec-tion de mon coeur. Un million de tendresses à notre chère voyage use. Je suis votre dévoué et respectueux Auguste Je n’ai que le tems de vous embrasser bien tendrement en esprit. Portez-vous bien. Jean CCCLXXXVIL Agostino alla Madre [Soleure], 9 Décemtoré 1836. Chère Ame, Ainsi te voilà véritable chàtelaine du moyen àge, au milieu de tes vassaux. Je doute seulement que ton chàteau se prète à ma comparaison et que tes vassaux soient aussi soumis qu’ils l’étaient il y a deux cents ans. Mais toute loi humaine se ré-sout en équilibre ; les seigneurs y ont perdu, les paysans y ont gagné. Mais laissons là le moyen àge et venons à nos moutons. Cette pauvre rivière occidentale n’est pas une contrée bénite par Dieu. Après avoir vu ses huiles tomber à demi à cause des inventions des chimistes, qui tireraient rimile de leurs souliers, à ce que je crois, plutót que d’aclieter la notre, elle voit se dis-siper encore ce peu qui lui reste à cause de ces petites mouches qui chaque année, et surtont dans les années, qu’on compte sur une bonne récolte, viennent ronger et gàter le fruit des oli-viers. Au lieu d’étre propriétaire d’oliviers, il vaudrait mieux ne posséder que des pierres. Celles-là du moins les vers ne les mangent point. Les oliviers sont comme les femmes qui font profession de coquetterie. On dépense beaucoup et on n’en re-tire rien ou presque rien. Mais comme toutes les doléances de CCCLXXXVII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. « 807 ce monde n’einpèchent pas que le fruit ne soit gàté, il ne nous reste qu’à croiser les bras sur la poitrine et nous écrier : patience, attendons l’année prochaine. Nous avions aussi un peu compté sur cette récolte pour demander un extraordinaire que nos circonstances ne justifient que trop. Eh, non! il faut justement que tout aille au pire. Encore une fois : patience ! C’est le refrain de la ballade d’Eléonore par Burger. C’est dommage qu’on ne vende point cette drogue comme on vend le poivre et le sei ; je te réponds que j’en ferais une bonne provision. Pro-cliainement nous te parlerons plus longuement de nos idées, qui, à ce que je crois, te conviendront bien : s’il y aura moyen, il faudra que Monsieur fasse encore un sacriflce, s’il n’y aura pas moyen, nous ne nous donnerons pas pour vaincus, c-onvain-cus que nous sommes que Dieu n’abandonne pas ceux qui souffrent, ceux qui aiment. Ne te donne point de souci pour ces choses, je puis au contraire t’assurer presque que notre condi-tion est près de s’améliorer ; quoique notre retraite nous soit très chère, je pense pourtant que nous la quitterons. Sois donc tranquille. Seulement ne te laisse pas aller à trop de fatigues à cause de la récolte : soigner son bien est de toute justice, mais soigner sa santé est un devoir plus strict encore. Com-prends-tu? Nous voulons, cher Ange, que ce voyage ne te porte préjudice en rien, si non, gare à toi. 24 heures n’est pas trop en effet, seulement je suis fàché que ton cavalier se soit tro*uvé mal. Je pensais que vous vous seriez arrètés au Tort (1), au reste je ne suis aucunement fàché, que celà n’ait pas èu lieu. Moins d’obbligations on contraete, plus on est libre. Je suis, d’un vide aujourd’hui épouvantable : pas la moindre nouvelle à te donner. L’assurance de notre bonne santé t'a été donnée sans doute par Francois. Je ne puis que la confirmer, si tant est qu’elle ait besoin de confirmation. Combien de tems comptes-tu rester là-bas? La Ninette s’y plaìt-elle? et Octave trouve-t-il romantiques ces endroits? Dans tous les cas c’est du romantisme bien sombre. Pour voir un peu d'horizon, il faut au moins monter jusqu’à Triora. Croirais-tu que cette bi-coque de Triora est célèbre dans l’histoire? Dans les premières années du XYII siècle le Connétable de France Lesdighières et Charles Emmanuel de Savoie envabirent le territoire de la (1) Porto Maurizio. « 808 République de Gènes. Gènes mème et Savone tremblaient : toute la rivière occidentale vint au pouvoir des alliès. Qui ré-sista donc aux deux plus grands capitaines de ce tems, qui garda sa foi à la Republique et au Sénat de Gènes? Cette bi-coque de Triora ! ! ! J’ai envoyé la dernière fois une vingtaine des lignes à Monsieur et puis ta portion. Successi ve ment Emilie éc.rivit une lettre à sa tante, mais cette fois nous te fìmes défaut et pour cause. Mais 011 t’aura marqué cette réception et tu n’auras pas eu d’inquiétude sur nous, parce que tu sais que si Emilie se trouve bien, nous nous trouvons bien aussi et viceversa. Je te dis cela pour ta gouverne. Dorénavant je te ferai l’historique de nos lettres afin que tu saches ce que tu dois avoir. Nous voilà à Décembre : bientòt Noél, bientòt 1837. L’année pro-chaine sera-t-elle bonne, sera-t-elle comme toutes les autres années? Ma foi, je croirais d’un còte que le sort devrait presque se trouver fatigué de l’acharnement qu’il met contre nous; de l’autre coté je n’ose pas m’abandonner à l’espérance, voyant qu’elle est une déesse fausse et trompeuse. Faisons comme St. Thomas : attendons de voir et de toucher pour juger. Adieu, chère ame. La nuit passée nous étions ensemble dans un en-droit que tu n’as jamais vu, mais qui te plairait assurément : j’ai soupiré douloureusement au réveil, mais je me suis dit : nous àmes ne sont-elles pas ensemble? C’est toute ma conso-lation. Je t’embrasse trois fois, Nine, Rose, Rosette, Catherine, etc. une fois. Mille choses à Octave. Ton Auguste CCCLXXXVIII. Giovanni alla Madre [Soleure], le 9 Décembre 1836. Ma chèrie ! Te voilà donc installée dans ton manoir, qui est bien loin d’ètre gothique, entourée, au lieu de blasons héraldiques, et de vassaux accourant à te fèter de quelques paysans voleurs, et rusés, et de tas d’olives à demi pourries. Et c’est encore à cause CCCLXXXVIII. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. 309 de nous que tu te trouves réduite à supporter tous ces ennuis, les ennuis ineffables d’une vie étroite, prosaique, et de détail pour toi, qui est la poesie personnifiée, et dont l’àme ardente embrasse l’univers d’une étreinte d’amour. Encore, si le résultat pouvait en partie effacer les inconvénients attachés à y arri-ver ! Mais non. L’annata, tanto decantata è sfumata en vers cette fois aussi. C’est un mythe qu’une bonne récolte de ce fruit trompeur, c’est la roue d’Ixion, ce sont les pommes et l’eau de Tantale, qu’on envie toujours et qu’on n’arrive jamais à saisir. Cela me fàehe d’autant plus que nous sommes probla-ment à la veille de demander un secours extraordinaire, à Mr, si tant est que certaines de nos prévisions se réalisent-mais bon gré malgré il le faudra bien, car contre la nécessité point de remède. Mais nous en parlerons en tems et lieu. Ainsi ce pauvre Octave a bien souffert dans la traversée ! C’est du guignon, il faut l’avouer, souffrir par terre, et par eau ; s'il faisait un peu plus souvent des courses en voiture, je suis persuadé qu’il fi-nirait par s’y habituer. Tu sauras, à l’beure qu’il est, que nous n’avons pas encore touché l’argent, à cause du refus du négo-ciant de le débourser à une personne tierce sans certaine lettre de crédit, et que sais-je? mais à l’heure qu'il est la lettre de crédit doit ètre déjà en chemin, et sous peu de jours il n’y aura plus de difficulté. Au reste,, cet inconvénient n’a aucune suite fàcheuse pour nous, je t’en assure. .T’ai eu une joie l’un de ces jours ; elle m’a envoyé son portrait ; hélas ! c’est tout ce qui me resterà d’Elle. Elle a eu vent de certain bruit concernant la possibilité de notre prochain départ, bruit qui pourrait bien se confirmer, et dont nous te parlerons en tout cas ; et en est toute triste et marrie. Voilà ce qu’un ami m’en écrit : « Elle est d’une tristesse, et d'un découragement désespérant. J’ai appris par le babil naif de sa petite que Maman verse bien des larmes quand elle est seule, surtout quand elle est au lit ; ce soir, quand je lui répondis négativement à sa question, si j’avais de vos lettres pour elle, elle ne parla plus de tonte la soirée; son enfant la regarda d’un air triste — Mamam, je crois que tu vas pleurer, ne pleure pas, sans cela je vais pleurer aussi ». Je puis supporter tout malheur pour ma part, mais faire le malheur d’une autre personne, je l’avoue, ga me fait bien du mal. Je me demande parfois ce que j’ai fait à Dieu, et aux hommes pour ètre sevré de cette manière de toute douceur dans la vie. Mais tu me restes toi, éternellement, ton amour « 310 peut me compènser de tout. Dieu veillera sur elle, et la consolerà. Notre vie continue toujours sur le mème pied, monotone et tranquille; la santé est 011 ne peut mieux. Rends à usure toutes les salutations à la baraque saluante; une étreinte de main à Octave et une tape sur les joues rebondies à Nina. Avez-vous eu la visite de Mr Antoine? N’y a-t-il pas à Taggia une Demarini mariée en Curii? l’as-tu vue? je créve de rire en pensant aux frais d’étiquette de toute cette haute aristocratie taggiasca pour faire et recevoir visite. Je t’embrasse avec le coeur. Ton Zane CCCLXXXJX. Agostino alla Madre [Grenchen], 18 Décembre 1836. Chère Ame, Nous sommes les heureux et enviables possesseurs de trois missive de toi, du 25 et 29 Novembre et du 2 Décembre. Je congoi aisément ce qu’il en aurait coiìté à ton coeur aimant de devoir quitter Gènes et aller t’ensevelir dans ce lieu d’ ogni luce muto, sans une provision de nos nouvelles. Ce que tu me dis à ce sujet porte le cachet de la plus esquise, de la plus ina-ternelle des sensibilités. Je te le dis franchement : si un jour la-tentation me prend d’ètre auteur et d’écrire quelque chose qui ait trait au sentiment, je me prépare à faire de grands larcins à ta correspondance, car il y a des pages, qui désespéreraient tout artiste: en effet elles contiennent des secrets volés à la nature. Au milieu des ennuis, que ta nouvelle dignité doit te procurer, il m’est bien doux d’apprendre que nos lettres te par-viennent sans de trop grands intervalles. Il y a bien eu un courrier dans lequel Emilie seule a écrit, mais j’espère qu’on t’aura mandé cela, que tu n’auras pas éprouvé d’inquiétudes. Nous sommes parfaitement rassurés sur le choléra : nous croyons ce que tu nous dis : il a transporté sa cour au milieu des pauvres Napolitains et il parait qu’il s’en donne. Mais n’avions-nous pas juste motif de trembler, tant qu’il demeurait CCCLXXXIX. — Pubblicate poche righe tradotte dal Cagnacci, op. cit., pag. 125. 311 au milieu de vous autres? Il ne faisait pas de grands ravages . d’accord; mais le bon Andreas (1) n’est-il pas sani presque pai miracle? Pour nous épargner de vives alarmes, 011 ne nous a annoncé sa maladie qu’au moment où sa guérison n était plus douteuse. Mais en reflécliissant au danger qu'il a couru on sent son cwur tant soit peu opprexé. ITn ami si fidèle et si loval de Mme Marthe, une providence pour la bonne Emilie! Il est vrai qu’en mème tems 011 ne peut s’empècher d’adresser de vives ìe-mercìments à Dieu de ce qu'il a voulu préserver cette excellonte personne quoique l’àge et une santé vacillante déjà fussent de mauvais prognostica. Tu le vois : le ciel ne nous abandonne point. Mais à qui dis-je cela, moi? A toi, dont la 1oi si vive, dont le paroles sont pleines d’un miei, qui ferait croire aux abeilles du paradis, à toi, qui pour le moins es cousine gei-maine des séraphins? Tes réflexions à propos de la Cousine sont très-juste ; depuis quelque tems elle se tait ; mais 1 occasion ne tardera point à se présenter, dans laquelle je pourrai lui donner les conseils que son sort et mon amitié me suggèrent. «le ne l’ai point fait jusqu’à présent parce qu’il aurait paru que je voulusse lui faire peser ce petit bienfait, mais je le ferai à coup sur. Ce que je crains le plus, c’est sa facilité à se faire illusion sur tout. Combien de fois ne lui ai-je pas dit quelle devrait se désillusionner touchant l’héritage! Ce sont des mots jetés au vent. Ne crains nullement que je puisse faire de tort a 1 Avocat. Somme toute, il a accepté rude corvée par sentiment d amitié et n’en a recueilli que des ennuis et des soucis. Il ne fait pas tout ce qu’il pourrait faire, il fait beaucoup plus que la plupart des hommes ne feraient. Puis-je donne beaucoup au tempéra-ment. Si tu lui écris, salue-le pour moi, et remercie-le de son billet, empreint d’amitié pour nous et pour toi. Tous ceux qui t’aiment, tous ceux qui sont à mème d’apprécier un rayons du moins de cette vertu, qui resplendit comme un soleil dans ton àme, ont bien mérité de moi. Tu m’as profondément touché en me racontant l’impression produite par mon portrait sur cette bonne et simple Mannoena. Elle m’aime donc encore, elle aime encore ce mauvais garnement ! Ce retour aux souvenirs de mon adolescence m’émeut au fond des entrailles. Embrasse-la bien des fois. Mais de quelles tristes réflexions ne fais-tu pas (1) Andrea Gambini. 312 suivre ce fait. Ah ! il me parait que tes larmes devraient avoir la puissance d’ouvrir la porte des cieux. Douce amie! ne te laisse pas aller à ces affaissements moraux. L’idée que sans nos illusions, sans notre inexpérience des hommes et des choses, nous serions encore à ton coté, que nous pourrions consoler ta vieillesse, te rendre plus supportable les mémoires du passé par quelques joies du présent, par la démostration ininterrompue, et tangible de notre amour immense, est déjà accablante par elle mème. Nous ne pouvons lui opposer (pie la pureté de nos intentions et la générosité elle-méme de nos illusions. C’est le seul titre aussi que nous ayons à ton pardon. Mais nous as-tu perdus? Ah ! si tu pourrais lire dans nos cceurs ! N’es-tu pas la pensée constante de nos jours? Si nous nous laissons aller à quelque beau rève, à quelque tranquille arrangement d’une vie nouvelle, n’est-ce pas toi qui es comme l’essieu de ce rève, n’est-ce pas toi que nous posons comme centre de cette vie? Cet antre de Tabbia ne souscrirais-je pas à v passer toute ma vie, fut-elle de cent ans, pourvu qu’on m’y laissàt réuni à ma seule amie, à la seule Ame qui ne m’a jamais fais défaut? Ah ! pourquoi les choses sont-elles ainsi ! Pourquoi ne peut-on refaire sa vie ! Ah ! t’aimer et pouvoir te le dire à chaque minute du jour, je n’aurais du avoir d’autre vie. Mais est-il possible que Dieu ait décreté que nous ne nous réunirons plus? Non : je ne puis le croire : c’est une idée plus fort que moi. L’horizon est sombre, et notre vie orageuse, mais l’un ne se peut-il éclaircir d’un moment à l’autre, l’autre ne peut-elle se calmer tout à coup? Alors... oh! Alors ce sera la résurrection de nous-mèmes, car notre idée fixe c’est toi, notre seule espérance et notre am-bition c’est de nous réunir à toi. Que Dieu nous donne cela, et il sera bèni trois fois. Adieu, àme de mon àme. Je suis à toi, pour toujours à toi. Mes salutations à tous! Auguste 313 cccxc. Giovanni alla Madre [Grenchen], le 18 Déceinbre 1836. Ma bonne amie ! Me voilà en possession de trois chéries, du 25, -•* éeoulé et 2 courant. Je suis on ne peut plus beureux et ieconnaissan e la régularité relative, avec laquelle nos nouvelles te par\ien nent. C’est une grande consolation entre tant de misere, i < n’éveillons pas eliat qui dort. Tu étais déjà en route < is u, e ^ il était si beau de continuer sous une bonne esc-orte t ecus. . mais une raffale de vent indiscréte a emporté dans son tour dì -lon bien de beaux projets ! Hélas ! ma chère, nous aussi avions t'orgé de beaux rèves, de superbes chàteaux en jSpa^ qu’une autre raffale vient de disperser pour Dieu sait i om m de tems. Ainsi nous avons essuvé deux tempétes, aous ( e 'o ie còté, nous du nòtre, qui toutes les deux, prises sépaiemei , suffisaient pour mettre un obstacle invincible aux esir. • plus chers de notre coeur. Il y a longtems que nous sentions a terre trembler sous nos pieds, qu’une intuition de la preeane de notre position nous faisait tout regarder autoui ce nous comme instable, et tei à s’évanouir au premier souffe (( "n ' Sans cela, aurions-nous hésité à dire le mot tant désirt < < 1) plus tòt qu il sera possible par Monsieur. Au reste Frangois écrit a ce sujet a Monsieur, il lui fait les excuses, lui indique la manière de rembourser Mr. Courvoisier. Voilà dono le troisième point que lui aussi ne doit te causer aucun souci, car nous nous mettons en voyage les poches enllées. Monsieur nous a éciit un billet tout à fait aimable et plein de tendresse pour toi et pour nous. Je lui en sais bon gré. Nous sommes venus passer ces derniers jours à Grange, chez cette bonne et cordiale famille que tu sais. Demain (ler -Jamiei) nous dinerons tous ensembles, après demain nous nous quitterons contents les uns des autres. Le mari d’Anna dìnera aussi avec nous ; il amenera ses enfants. Je ne te fais aucun souhait pour le nouvel an : je crois que ce serait une impru-dence de ma part. Je sais de quelle manière mes voeux sont exaucés pour Pordinaire, et puis si les vceux pouvaient quelque chose dans ce monde, ne serais-tu pas heureuse, puisque ma vie n est qu’un voeu de tous les jours qu’une longue prière pour toi. Prions donc tout bas. Je me contenterai de te dire: que Dieu soit avec toi, comme mon esprit y est toujours. Je vois que les foires te donnent de Poccupation : je remercie bien dis-tinctement les personnes qui daignent se rappeler de nous. Timbrasse mille fois Ninette, Rosette, Mannenin, et n'oublie ni Octave, ni quiquecesoit. Il me faut finir pour laisser de 1 espace à Francois, qui va écrire à Monsieur. Tu as mon coeur, mon ame, et toutes mes pensées. Je crois que Frédéric est à Paris. Sous peu nous saurons tout. Auguste cccxcv. Giovanni al Padre ("Grenchen], 31 Décembre 1836. Mon cher Pére ! Nous avons regu avec bien du plaisir vos deux mots du 10 Décembre, mots passablement misanthropiques. Ma foi, je ne saurais vous donner tort. Je me borne à vous dire, confirmo quantum supra —• seulement une observation. Vous appelez CCCXCV. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino scrisse la lettera precedente. 323 quelque part les hommes des lions. Mon Dieu, c’est un lapsus linguae. Des liyènes plutòt, qui voulent déterrer les cadavres pour s’en repaìtre ; mais non ; c’est trop fort ; il faut un certa in courage pour cela. Des mulets plutòt, mais non plus, la com-paraison est trop noble. Appelez les simplement des ànes. En effet, ne portent-ils pas le bàt avec une docilité singulière et ne régalent-ils pas des coups de pieds à ceux qui leur veulent du bien? Je vous écris à la veille de notre départ. Après demain, Lundi, au matin, nous nous mettons en route pour Londres. Mon antécédent billet vous faisait déjà pressentir la nécessité où nous nous trouvions d’avoir recours à l’obligeance d’un ami, pour une somme ; c’est ce que nous avons fait, en lui ern-pruntant 1000 francs de France. Ce chiffre ne vous paraìtra point exagéré quand vous réfléchirez qu’il s’agit d’un long voyage, et qu’on ne sait pas ce qui peut arriver quand on est par le monde. Nous avions encore 150 frs de dettes, que nous avons du acquitter. Calculez le voyage à 250 frs. par téte, c’est le minimum en voyageant par Diligence, d’autant plus que nous avons une surcharge d’effet, qui paye diablement. Restent 350 frs., avec lesquels nous arrivons à Londres; ce n’est pas trop, j’espère, en deux, dans un pays comme Londres pour faire face aux dépenses, tant que l’époque du nouvel envoi ne vienne à échoir. C’est bien à regret que je vous fait cette saignée extraordinaire, mais je défìe qu’on pùt en faire autre-ment. Notre gentil prèteur est un Mr Fritz Courvoisier demeu-rant à Bienne, Canton de Berne. Je vous prie de faire tout votre possible pour le rembourser au plus vite. Ce sont de ces services qu’on ne peut trop reconnaitre par les tems qui courent et la meilleure manière de les reconnaitre c’est une scrupuleuse exactitude. Mr Grendi de Gènes a des relations avec la famille Verdan de Bienne, qui est dans le commerce. Faites donc prendre chez Mr Grendi un effet de 1000 frs. (l’escompte à votre charge) sur Mr Verdan de Bienne, ou autre maison, s’il en connaìt à l’ordre de Mr Fritz Courvoisier — et envoyez l’effet à ce dernier dans une lettre avec deux simples mots d'avis, et remerciement. Je vous recommande la simplicité, et de n’entrer dans aucun détail domestique ; j’ai mes raison pour vous en prier. Je vous ai indiqué Mr Grendi parce que je sais qu’il est en correspondance à Berne ; au reste, tout autre né-gociant, qui pourrait vous faire un effet payable dans cette ville, est également bon. Encore une fois je vous recommande 324 la sollicitude, et regrette que les choses en soient venues au point de nécessiter pareille demande. J’espère que votre premier jour de l’an aura été plus gai que celui que nous allons passer. Je vous souhaite du fond de l’arne toute prospérité, ainsi qu’Au-guste, et suis tout à vous. Zane Indice dei Nomi Accursi Michele. — 38, 63, 145. Alembert (d’) Giovanni. — LXXXV. Alfieri Vittorio. — Vili, LXXX, 144. Alibaud Filippo. — 203, 240. Alighieri Dante. — XII, XLVII, LXIII, CIX. Alvarez y Mendizabal Giovanni. — 88, 89. Angelo. — 12, 13, 15, 50, 40, 41, 42, 43, 47, 58, 62, 73, 179, 234. Antologia (V). — ix, XI, XCIII. Archambaud, conte di Perigord. — XXIV. Aretino Pietro. — 291. Aristide. — XXVII. Arnaldo da Brescia. — LXX. Arnaud Antonio. — XXV. Bacone Francesco. — XLVII, LXXI. Balbo Cesare. — XII, XLVII. Balzac Onorato. — LXIII, 49, 55, 63, 69. Barbieri Gaetano. — 40, 41, 42, 179. Bardili Cristoforo. — LXIV. Battaglia di Monteaperti (La). — 79. Beethoven Ludovico. — 69. Benedetto XI. — XXIV. Bentham Geremia. — XXX. Benza Giuseppe Elia. — XIII. Berlingieri, studente. — 66. Bernardo da Chiaravalle. — LXX. Bernier Francesco. — XXI. Beroso. — XX, XXII. Berry (duca di). — IX, L, LII. Bertana Emilio. — LXI. Bettini Filippo. — 5, 6, 11, 12, 15, 19, 23, 38, 43, 45, 47, 48, 49, 57, 61, 62, 67, 70, 95, 100, 101, 104, 106, 108, 112, 114, 117, 119, 122, 125, 130, 132, 134, 137, 141, 145, 148, 151, 154, 155, 159, 161, 167, 171, 173, 174, 177, 181, 185, 187, 188, 192, 197, 198, 203, 207, 214, 217, 226, 228, 230, 233, 236, 239, 241, 251, 256, 262, 268, 269, 282, 293, 305, 306, 311. Beuf Antonio. — 161, 172, 177. Byron lord, Gordon Giorgio. — 69, 147, 148. Blanc Louis. — XCV. Boccaccio Giovanni. — LXX. Boeri Benedetta. — 23. 47, 48, 57, 61, 67, 103, 112, 130, 149, 171, 174, 188, 192, 230, 297, 322. Boeri Caterina. — 2, 4, 12, 19, 20, 23, 27, 28, 32, 44, 47, 48, 49, 57, 61, 67, 74, 81, 103, 108, 112, 120, 141, 149, 151, 173, 177, 188, 192, 198, 228, 233, 281, 293, 305, 308. Boeri Rosa. — 245, 247, 251, 256, 262, 297, 298, 303, 308, 314, 318, 322. Bolingroke Enrico. — XXIX. Bonaparte Luigi. — 292. Bon Sens. — 49, 216. Bonteuveck. — LXIV. Borbone Carlo Luigi, infante di Spagna. — 88, 89, 95. Borbone Francesco, principe di Napoli, — 17. Borbone - Orléans Luigi Carlo Filippo, duca di Nemours. — 151. Bossuet Giacomo. — XLVII. Bourget. — LXVII. Brenno. — XXVIII, 7. Bruys da Pietro. — LXX. Brunissenda di Foix. — XXIV. Bruno, (studente). — 66. Buchez Filippo. — XCII. Buffon Giorgio. — XXIX, LXVII. Buren (von). — 158. Biirger Goffredo. — 307. Burnet Gilberto. — LXVII. Camoens Luigi. — 212. Campanella Federico. — 22, 45, 57, 60, 103, 110, 130, 131, 132, 137, 154, 173, 188, 215, 246, 264, 318. Campanella Tommaso. — 65. Canale Michele Giuseppe. — 40, 79, 80, 119, 145, 290. Cantimori Carlo. — XLVII. Cantu Cesare. — 40. Capasso Gaetano. — 226. Capponi Gino. — XV, XVIII. Carlo Alberto di Savoja Carignano. — 196, 197, 202, 208. Carlo I. — XXIV. Carlo X. — IX L. Caro Annibaie. — 213. Cartesio Renato. — LXVII, LXXI, CVI. Carulli Ferdinando. — 83.. Castello di Ricolfago. — 80. Cattaneo Carlo. — XCV. Chab-Jedi. — XXI. Charléty Sébastien. — XCIV. Chateaubriand Francesco Renato. — 91. Chatterton. — 5, 58, 62, 106, 114, 210, 212. 215. Chatterton Tomaso. — 79, 212. Cicerone Marco Tullio. — 128. Ciro. — XXI, XXII. Claissens Antoine. — XIV. Clara. — 147. Claviio. — 86, 87, 93. — 326 — Codignola Arturo. — XXII. Condorcet Giovanni. — XLVII. Confucio. — XXV, XLIV. Conseil Augusto. — 255, 273, 274, 283, 291, Constant Benjamin. — XV, XIX, XXX, XXXVIII. XXXIX, XL, XLI, XLII, XLV XLVI, LXI, LXVII. Courvoisier Anna. — CXXV, 10, 20, 21, 54, 64, 72. 74, 108, 125, 134, 159, 169, 189, 203, 217, 220, 246, 262, 264, 266, 267, 271, 272, 277, 281, 286, 294, 321. Couvoisier Emilio. — 272. Courvoisier Fritz. — 6, 20, 21, 50, 286, 316, 322, 323. Courvoisier Paul. — 108, 272. Cousin Vittorio. — XXX, XLVIII, XLIX, L. LII, LUI, LIV, LV, LVI, LVII, LVIII, LX, LXI, LXII, LXVII, LXXXIX, xeni. Cozzolino Cremona Itala. — X. Creuzer Giorgio. — XLVII. Critica (La). — XCIII. Croce. — 131. Cundworth Raffaele. — XX, XXI. Cuoco Vincenzo. — XLIX, LXIV, LXVI, LXXXI, LXXXII. Cuvier Giorgio. — XXI. Dallari. — 64. Damaso Pareto Lorenzo. — L. D’Aste Ippolito. — 80. Daudet Léon. — XVI. Débats. — 283. De Eib (barone). — 180. De Ferrari (studente). — 66. Delavigne Casimiro. — 211. Delécluze Etienne. — XLIX. Delisle Samuele. — 260. Delue Giovanni Antonio. — XXII. De Maistre Giuseppe. — XV, XVI, XVIII, LXVIII, XCVI. De Mari (sorelle). — 100, 101. De Martignac Giovanni Battista. — L. De Mirecourt Eugenio. — LXXXIV. Demon Catherine. — 175. De Musset Alfredo. — 112. Denina Francesco. — XXIV. De Roux. — IX. De Staèl-Holstein, Anna Luisa. — X, XI, XIX, XLVII, LXI, LXXXII, CIX. De Vigny Alfredo. — 11, 210, 211, 212. Didier Charles. — LXXXVII, LXXXVIII, LXXXIX, XCIII. Dolomieu Deodato. — XXII. Don Carlos ved. Borbone Carlo. Dorvillier Rogen Luisa. — CXXV, 33, 36, 77, 82, 107, 122, 123, 142, 146, 147, 153, 155, 160, 163, 166, 174, 189, 194, 196, 203, 205, 211, 212, 221, 237, 247, 281, 294, 300, 309. Droz Francesco. — LVI. Dubois Paul Francois. — LUI, LIV. Ducange Vittorio. — XI, XIII. Du Comrnun Eugenia. — 9, 10, 11, 21, 53, 54, 64, 65, 72, 74, 81, 95, 125, 134, 169, 170, 179, 187, 202, 217, 246, 262, 267, 271, 282, 288. Dufau P. A. — LXXXVIII. Dupuis Carlo Francesco. — XLVII. Durazzo Marcello. — 66. Duvergier de Hauranne Prospero. — XXXVIII. Encyclopédie moderne. — XXXVIII. Enrico IV. — 8. Esiodo. — XXVIII. Eusebio. — XXI. Pabber. — 167, 182. Fabrizi Nicola. — 74. Fa Dièze. — 4. Faldella Giovanni. — LXXXII. Faust. — 120. Felber. — 158. Ferdinando II. — 178. Fichte Giovanni Teofilo. — LXIV. Filippo il Bello. — XXIV. Florian Giovanni. — 134. Ferdinando II. — 17. Ferrari Giuseppe. — XCV. Filippo. — XXVIII. Foà Raffaele. — XCIII. Foscolo Ugo. — CIX, 127, 213. Francesco I. — XXIV. Francesco IV (duca di Modena). — 202. Fréret Nicola. — XLVII. Galilei Galileo. — LXXI, 69. Gali Francesco. — LXXX, LXXXI, LXXXIII. Gambaro Angiolo. — XVIII. Gambini Andrea. — 226, 311. Gandolfini, don, confessore di Eleonora Ruffini. — 43. Garrick Davide. — XI. Gazzetta di Genova. — 110, 144, 178, 260, 265, 283, 292. Gazzetta di Zurigo. — 284. Gazzetta Piemontese. — 179, 182, 255. Gerard (famiglia). — 158. Gerard Giuseppe. — 14, 51, 52, 53, 74, 75, 78, 80, 86, 87, 120, 136, 137, 139, 157, 321. Gerard Maddalena. — 80, 94, 111, 138, 157. Gerard Marianna. — 59, 94, 111, 157. Gerard (sorelle). — 29, 50, 157, 179. Ghiglione Antonio. — XCVI, CXXIII, 5, 11, 17, 18, 19, 32, 65, 68, 96, 100, 101, 106, 117, 140, 145, 176, 187, 214, 236, 238, 239, 262, 269, 276, 281, 293, 305, 306. Ghiglione Giuseppina. — 106, 114, 117, 119, 122, 134, 141, 145, 148, 150, 165, 214, 236, 238, 239, 251. Ginguené Pietro. — XXIV. Gioberti Vincenzo. — XV, XVIII, CXIII. Giornale Italiano. — LXVI. Giornale Storico e Letterario della Liguria. — CXVI. — 327 - Giovanni di Salisbury. — XXIV. Giovanni XIV. — 49. Giovanni XXIII. — XXIV. Giulia. — 72, 82, 109, 117, 128, 189. Giuliani Mauro. — 83. Olobe (Le). — IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XXIX, XXX, XXXVII, XXXVIII, XLIX, LII, LIV, LVI, LXI, LXII, LXXXIV, LXXXV, LXXXVII, LXXXIX, XC, CIX. Goethe Volfango. — 86, 93, 232. Goggi Luigi. — 80. Gonin. — 17. Gòrres Giacomo. — XLVII. Gotte Betrando (di). — XXIV. Granville Giorgio. — 320. Gravier Yver. — 161, 173, 177. Gregorio I. — XXIV. Gregorio VII. — XCVI. Gregorio XVI. — LXXXV. Grendi Carlo. — 323. Grillo Cesare. — 19, 20, 44, 120. Grozio Ugo. — LXXI. Guicciardini Francesco. — XXIV. Guizot Francesco. — XXX, XLVIII, XLIX, L, LI, LII, LUI, LVIII, LIX, LX, LXI, LXII, LXV, LXVII, LXXXIX, XC, XCIII. Guntherus. — LXX. Harring Harro. — 157, 179. Harry. — 88. Hegel Federico. — XXX, LII, LIII, LIV, LV, XCII, XCIII. Hermann Ernesto. — 260. Hess. — 162. Heures du crépuscule. — 63. Hirzel. — 162. Histoire des Treizes. — 49. Hoffmann Ernesto. — 75, 151. Hugo Victor. — XCVI, 35, 36, 42, 60, 63, 79, 91, 211. Indicatore Genovese 39 CCLXII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 8 Mars 1836 ..... » 41 CCLXIII. — Giovanni alla madre — Berne, le 9 Mars 1836 .......> 45 CCLXIV. — Giovanni alla madre — Berne, le 11 Mars 1836 ..... » 46 CCLXV. —Agostino alla madre—[Grenchen], 17 Mars...... » 48 CCLXVI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 21 Mars 1836 .... >• 50 CCiLXVII. — Giovanni alla madre — Berne, le 23 Mars 1836 ...... » 55 COLXVIII. — Giovanni alla madre — Berne, 25 Mars 1836 ....... » 56 CCLXIX. — Agostino alla madre — [Grenchen], 27 Mars 1836 .... » 58 CCLXX. — Giovanni alla madre — Berne, le 30 Mars 1836 .........60 CCLXXI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 31 Mars 1836 .... » 62 CCLXXII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 3 Avril 1836 ..... » 64 COLXXIII. —Agostino alla madre — [Grenchen], 5 Avril 1836 ..... » 68 CCLXXIV. — Giovanni alla madre — Berne, le 6 Avril 18i6...... » 71 CCLXXV. — Agostino alla madre — [Grenchen], 8 Avril 1836 ..... » 72 — 332 - CCLXXVI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 10 Avril 1836 . . • pag. 73 CGLXrvXr. — Giovanni alla madre — Berne, le 11 Avril 1836 ........ ?6 OCLXXVIII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 12 Avril 1836 ..........” ?8 COLXXIX. — Giovanni alla madre — Berne, le 13 Avril 1836 ............" 82 CCLXXX. — Agostino alla madre — [Grenchen], 14 Avril 1836 ..........’’ 83 OCLXXXI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 17 Avril 1836 ..........” ®6 COLXXXII. — Giovanni alla madre — [Berne], 17 Avriil 1836 ............” 90 CCLXXXUI. — Agostino al padre — [Grenchen], 18 Avril 1836 .... » 90 CCLXXXIV. —Agostino alla madre — [Grenchen], 19 Avril 1836 ..........11 ^3 CCLXXX V. — Giovanni alla madre — [Berne], le 20 Avril 1836 ..........” 96 COLXXXVI. — Agostino alla madre — [Grenohen], 21 Avril 1836 ..........” 99 CCLXXXVII. — Giovanni alla madre — [Berne], le 2? Avril 1836 ..........» 102 CCLXXXVIII. — Agostino alla, madre — [Grenchen], 26 Avril 18i6 .... » 104 CCOLXXXIX. — Giovanni alla madre — Berne, le 27 Avril 1836 ............” 1®® CCXC — Agostino alla madre — [Grenchen], 28 Avril 1836 .... » H® CCXCI. — Giovanni alla madre — Berne, le 29 Avril 1836 ............8 HI CCXCII. — Giovanni alla madre — Berne, 1 Mai 1836 ............” H3 CCXCIII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 1 Mai 1836 ..........» 114 CCXCIV. — Agostino alla madre — [Grenchen], 4 Mai 1836 ..........” H8 CCXCV. — Giovanni alla madre — [Grenchen], le 5 Mai 1836 .... » 121 CCXCTVI. — Agostino alla madre — [Grenohen], 8 Mai 1836 ..........» 124 CCXCVII. — Giovanni alla madre — [Grenchen], le 9 Mai 1836 .... » 128 OCXCVIII. — Giovanni alla madre — [Grenchen], le 13 Mai 1836 .... » 129 CCXCIX. —Agostino alla madre—[Grenchen], 14 Mai 1836 ..........» 131 CCC. — Agostino alla madre — [Grenchen], 15 Mai 1836 ..........» 133 CCCI. — Giovanni alla madre — [Grenchen], 15 Mai 1836 ..........» 135 COCII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 19 Ma,i 1836 ..........» 137 CCCIII. — Giovanni alla madre — [Grenchen], le 20 Mai 1836 .... » 138 CCC1V. — Agostino alla madre — [Grenchen], 21 Mai 1836 ..........» 140 OCCV'. — Giovanni alla madre — i[Grenchen], le 23 Mai 1836 .... » 141 CCCVI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 22 Mai 1836 ..........» 143 CCCVTI. — Giovanni alla madre — [Grenohen], le 25 Mai 1836 .....>> 146 CCOVin. —Agostino alla miadre — [Grenchen], 26 Mai 1836 ..........« 147 OCCLX. — Agostino alla madre — [Grenchen], 26 Mai 1836 ..........» 149 CCCX. — Giovanni alla madre — [Grenchen], le 27 Mai 1836 .... » 152 CCCX3. — Giovanni alla madre — Berme le 30 Mai 1836 ..............» 154 CCCXII. — Agostino alla madre — [Lanigemau], 31 Mai 1836 ..........» 156 CCCXIII. — Giovanni alla madre •— [Langenau], 31 Mai 1836 ..........» 159 CCCXIV. — Agostino alla madre — .[Soleure], 2 Juin 1836 ............» 160 CCCXV. —Giovanni alla madre — [Soleure], 2 Juin 1836 ............« 163 CCCXVI. — Giovanni alla madre — [Soleure], le 6 Juin 1836 ..........» 163 COCXVIT. — Giovanni alla madre — [Soleure], 7 Juin 1836 ............» 165 OOCXVm. — Agostino alla madre — [Soleure], 7 Juin 1836 .......>166 COCXIX. — Agostino alla madre — [Soleure], 7 Juin 1836 ............» 167 CCCXX. — Giovanni alla madre — [Soleure], le 10 Ju:n 1836 .... » 170 CCCXXI. — Agostino alla madre — [Soleure], 13 Juin 1836 » 171 OCCXXII. — Giovanni alla madre ■— [Soleure], le 15 Juin 1836 ..........» 173 COCXXIII. — Agostino alla madre — [Soleure], 16 Juin 1836 ............» 175 CCCXXIV. — Agostino alla .madre — [Soleure], 18 Juin 1816............» 177 CCCXXV. — G.iovianni alla madre — [Soleure], le 20 Juin 1836 ..........» 179 CCCXXVI. — Agostino alla madre — [Soleure], 21 Juin 1836 ..........» 181 CCCX VII. — Agostino alla madre — [Soleure], 22 Juin 1836 ............» 185 CCCXVTIT. — Giovanni alla madre — [Soleure], 22 Juin 1836 ............» 188 OOCXXIX. —Agostino alla madre. — [Soleure]. 24 Juin 1836 ........ 190 CCCXXX. — Giovanni alla madre — [Soleure]. 24 Juin 1836 ............» 193 COCXXXI. — Giovanni alla madre — [Soleure], 26 Juin 1836 ............« 195 CCCXXXII. — Agostino alla madre — [Soleure], 26 Juin 1836 ........ 197 CCOXXXITI. — Giovanni alla madre — [Soleure®, .le 29 Juin 1836 ..........» 198 CCCXXXIV. — Agostino alla madre — [Soleure], 29 Juim 1836 ............» 199 COCXXXV. — Agostino alla madre — [Soleure], 9 Juillet 1836 ..........» 201 — 333 — CCCXXXVI. — Giovanili alla madre — [Soleure], 6 Juiliet 1836 .... pag. 203 CCCXXXVII. — Giovanni alla madre — [Soleure], Je 12 Juiliet 1836 .... » 204 COCXXXVIII. — Agostino alla maxire — [Soleure], 12 Juiliet 1836 ..... » 206 CCCXXIX. — Agostino alla madre — [Soleure], 14 Juiliet 1836 ..... » 208 CCCXL. — Giovanni alla madre — [Soleure], le 15 Juiliet 1836 .... » 209 CCCXIil. — Agostino alla madre — [Soleure], 16 Juiliet 1836 ..............214 CCCXLII. — Agostino alla madre — [Soleure], 16 Juiliet 18>6..... » 216 CCCXLIII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 16 Juiliet 1836 ..... » 217 CCCXIilV. —Agostino alla madre — [Soleure], 18 Juiliet 1836 ..............218 OCCXiLV. —Giovanni alla madre — [Soleure], 18 Juiliet 1836 ..... » 220 CCCXLVI. — Giovanni alla madre — [Soleure], le 28 Juiliet 1836 .......222 OOCXLVII. —Agostino a.lla madre — [Soleure], 29 Juiliet 1836 ..............223 COCXLVIII. — Agostino alla miadre — [Soleure], 2 Aoùt 1836 ...... » 226 CCCXLIX. — Giovanni alla madre >— [Soleure], 2 Aoùt 1836 ...... » 223 COGL. — Agostino alla madre — [Soleure], 4 Aoùt 1836 ...... » 231 CCCLI. — Giovanni alla madre — [Soleure], 6 Aoùt 1836 ...... » 233 CCGLII. — Agostino alla madre — [Soleure], 4 Aoùt 1836 ...... » 235 CCOLIII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 7 Aoùt 1836 ...... » 237 CCOLIV. — Agostino alla madre — [Soleure], 11 Aoùt 1836 ..... » 238 OCCSLV. — Giovanmi alla madre — [Soleure], 11 Aoùt 18i6..... » 241 COCLVI. — Agostino alla madre — [Soleure], 14 Aoùt 1836 ..... » 243 COCLVII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 14 Aoùt 1836 ..... » 246 CCCLV III. — Giovanni alla madre — [Soleure], 18 Aoùt 1836 ..............248 OCCLIX. — Agostino alla madre — [Soleure], 18 Aoùt 1836 .......... CGGLX. — Giovanni alla madre — [Soleure], le 24 Aoùt 1836 .... » 252 CGCLXI. — Agostino alla madre — [Soleure], 24 Aoùt 1836 ..... » 254 COGLXII. — Agostino alla madre — [Soleure], 2 Septembre 1836 ... » 256 CCCLXIII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 2 Septembre 1836 ..........258 CCCLXIV. — Giovanni alla madre — [Soleure], 8 Septembre 1836 ... » 259 CCCLXV. — Agostino alla madre — [Soleure], 8 Septembre 1836 ... » 261 CCGLXVI. — Agostino alla madre — [Soleure], 12 Septembre 1836 ... » 263 CCCLXVII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 12 Septembre 1836 ... » 265 OOCLXVin. — Agostino alla madre — [Soleure], 22 Septembre 18i6 ... » 266 OCCLIX. — Giovanni alla madre — [Soleure], 22 Septembre 1836 ... » 269 OCCLXX. — Agostino alla madre — [Soleure], 6 Octobre 1836 .... » 270 CCCLXXI. —Giovanmi alla madre — [Soleure], 6 Octobre 1836 .... » 273 COOLXXII. — Agostino alla madre — [Soleure], 14 Octobre 1836 .... » 275 COCLXXIII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 14 Octobre 1836 .... » 278 OCCLXXrv. — Agostino alla madre — [Soleure], 22 Octobre 1836 .... » 280 CCCSLXXV. — Giovanni alila madre — [Soleure], 22 Octobre 1836 .... » 282 OCOLXXVI. — Giovanni alla madre — [Soleure], 28 Octobre 1836 .... » 284 OCGLXXVlI. •— Agostino alla madre — [Soleure], 28 Octobre 1836 .... » 286 CCCLXXVIII. —Agostino alla madre —[Soleure], 5 Novembre 1836 ... » 287 COOLXXIX. — Giovanni alla madre — [Soleure], 5 Novembre 1836 ... » 289 CCCLXXX. — Agostino alla madre — [Soleure], 11 Novembre 1836 ... .. 291 CCCLXXXT. — Giovanni alla madre — [Soleure], 11 Novembre 1836 ... .. 295 CCCLXXXII. — Agostino alla madre — [Soleure], 22 Novembre 1836 ... » 296 OCCLXXXIII. — Giovanni alla madre — [Soleure], 22 Novembre 1836 ... >.299 CCCLXXXIV. — Agostino alla madre — [Soleure], 29 Novembre 1836 ... » 301 CCCLXXXV. — Giovanni alla madre — [Soleure], 29 Novembre 1836 ... » 303 CCCLXXXVI. — Agostino al padre —[Soleure], 29 Novembre 1836 ... .» 304 CCCLXXXVII — Agostino alla madre — [Soleure], 9 Décembre 1836 ... .. 306 CCCLXXXVIII — Giovanni alla madre — [Soleure], 9 Décembre 1836 ..........308 CCCLXXXIX — Agostino alla madre — [Grenchen], 18 Décembre 1836 . . » 310 CCCXC — Giovanni alla madre — [Grenchen], 18 Décembre 1836 . . » 313 CCCXCI — Agostino alla madre — [Grenchen], 24 Décembre 1836 . . » 314 CCCXCII — Giovanni alla madre — [Grenchen, 24 Décembre 1836] . . » 317 CCCXCII! Giovanni alla madre — [Grenchen], 31 Décembre 1836 . . » 318 CCCXCIV — Agostino alla madre — [Grenchen, 31 Décembre 1836] . . » 319 CCCXCV — Giovanni al padre — [Grenchen], 31 Décembre 1836 ..........322 Indioe dei nomi......................... „ 325 tndioe generale.......................... » 33! ' . r ' • V ' r: . ■ v . t * v : ~~ ■ - , - -, ■•-■•> —, . - • ' ' . tir . .. **-+■ j=u \* 'W ■ 4A /-» . '1 * '•/• - ««.••••>' - • f - ", • •*?%,% •: ,, *. ; * t - \ : - ' *, _ • . J’ ' ' i - - -. ■ r* ' . <* .» «f 5" 4-:* * * . •• *»4 -V ‘C-4 Jv . .**' - - .....: ' • 4 ■ • • »■ •■'. / ’■ «• 4 « f ì'. •- ^ - T- . ______ _