ATTI DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli Atti della Società Ligure di Storia Patria) VOL. IV (LXVIII DELLA RAÇCOLTA) FaSC. I - - - ÿ Can. DOMENICO CAMBIASO oooooooooooo SINODI GENOVESI ANTICHI GENOVA NELLA SEDE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA PALAZZO ROSSO * J* — MCMXXXIX - XVII v't Jt PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA jt jt Scuola Tipografica « Don Bosco » Genova-San Pier d’Akena ALLA SANTA MEMORIA DI S. E. Mons. GIACOMO M.A DE AMICIS VESCOVO DI SINOPE L’AUTORE PARTE I SINODI GENOVESI DAL 1097 AL 1400 INTRODUZIONE Oli Atti dei Sinodi, provinciali e diocesani, sono senza dubbio documenti di primissima importanza per la storia religiosa ed anche civile, riflettendo essi le usanze, i costumi, l’ambiente morale, religioso e civile, in cui si svolgeva la vita di un popolo nell’epoca da essi rappresentata. E questa importanza aumenta ancora in Genova a cagione della grande scarsità di simili documenti; scarsità ormai riconosciuta e rassegnatamente, direi, subita da tutti i nostri scrittori. L’Accinelli che scriveva nella seconda metà del sec. XVIII, tessendo l’elenco dei Sinodi diocesani (e provinciali) tenuti in Genova, ne numera appena dodici, dal 1216 al 1683; e di questi, s’intende, fa appena cenno. Lo stesso numero fu ripetuto in seguito nei pochi elenchi che apparvero di quando in quando fino ai nostri giorni. Anzi in relazioni anche autorevoli si leggeva che il sinodo tenuto dall’arcivescovo Pulciano nel 1909 costituisce il decimo nella serie dei sinodi celebrati a Genova in tutto il corso dei secoli cristiani. E dire che secondo la disciplina della Chiesa, dal Concilio di Nicea del 325 fino al concilio Lateranense IV del 1215, si doveano tenere in ogni metropoli due sinodi provinciali ogni anno, ed in ogni diocesi altrettanti sinodi diocesani; finché poi il detto concilio lateranense ridusse ad un solo annuale tanto i provinciali quanto i diocesani, e finalmente il Tridentino ordinò un sinodo provinciale ogni triennio, ed uno diocesano ogni anno! (1) Ammettiamo pure che queste prescrizioni siano state in pratica molto ridotte, poiché sappiamo che vescovi anche zelantissimi e santi, e lo stesso S. Carlo Borromeo, ritennero conveniente dispensarsi dal celebrarli con quella frequenza. Ammettiamo ancora che molte volte i sinodi si celebravano senza (1) Benedetto XIV, De Synodo, L. /, c. V/. 10 — solennità, erano una semplice adunanza di clero presieduta dal Vescovo o da un suo vicario, non vi si emanavano decreti di singolare importanza, essendo la disciplina ecclesiastica regolata da costituzioni organiche di qualche sinodo provinciale anteriore, che rimaneva tavolta in vigore per lungo tempo, come per es. avvenne del sinodo dell’arcivescovo Della Torre, e probabilmente di quello del B. Giacomo da Varazze e di altri. Non è meraviglia che di tali sinodi non siano rimasti documenti, perchè forse non furono mai scritti. Tuttavia, pur ammettendo tutte queste attenuanti, è certo che i sinodi celebrati in Genova e Liguria furono moltissimi, e molti furono in piopor-zione i documenti relativi ad essi, benché questi documenti non siano peive-nuti a noi, e forse siano in gran parte distrutti. A dir vero pochi sono stati tra gli studiosi coloro che si dedicarono alla ricerca di simili documenti. Tra essi ricordiamo i Proff. Staffetti, Pongi-glione, Legè che pubblicarono sinodi di Sarzana, Tortona e Savona e special-mente i PP. Spotorno, Pendola e ab. Sbertoli che nel 1833 pubblicarono il volume Synodi dioecesanae et provinciales editae atque ineditae S. Genuensis ecclesiae; accedunt acta et decreta Visitationis Francisci Bossii ep. Novariensis, Genuae, Typ. Archiepiscopali; raccogliendo in esso i sinodi dall’anno 1310 al 1778. Ma in realtà si può dire che la raccolta comincia dal 1574 col Sinodo Pallavicini, perchè del tempo anteriore non ha che un cenno del Sinodo del 1310 e il breve testo di quello del 1421. Nel presente studio ho raccolto documenti e testi, quasi tutti inediti, riguardanti dodici sinodi, celebrati dall’anno 1097-1116 al 1400. Tra questi, capitale interesse ha il sinodo Della Torre del 1375, di cui pubblico per esteso il testo dall’unico esemplare che rimane oggi, dell’Archivio arcivescovile di Genova: testo importantissimo perchè mentre ci fa conosceie il diritto canonico vigente in Liguria nell’epoca pre-tridentina, colle sue molteplici costituzioni che riguardano i principali punti del costume e delle usanze del clero e del popolo, ci apre una splendida pagina della nostra stoiia medioevale finora sconosciuta. CAPO I. Sinodo del vescovo Airaldo a. 1097-1116. La prima traccia di un sinodo genovese l’abbiamo in una bolla d’Innocen-zo II, dell’ll gennaio 1134, riguardante le decime già assegnate ai signori di Carmandino e delle Isole ed ora dalla bolla assegnate al monastero di San Siro. Da essa apprendiamo che l’abate di S. Siro pretendeva quelle decime poiché gli erano state assegnate dal vescovo Oberto (1052), e quindi ne aveva il possesso colla prescrizione di oltre 70 anni. Per contro, il capitolo di S. Lorenzo ribatteva non esservi prescrizione perchè nel sinodo del vescovo.... (manca il nome per corrosione del foglio) questo vescovo le assegnò ai canonici: Prepositus et canonici in synodo quam bone recordationis anime.... eumdem episcopum ibidem lectis capitulis ut eedem decime ecclesie beati Laurentii redderentur publice mandasse dixere » (1). Il vescovo di cui è parola era Airaldo Guaraco che governò la diocesi nel 1097-1116. Ciò risulta dal contesto della bolla, dalla quale benché molto guasta e monca, si ricava che i canonici impugnavano la prescrizione invocata dai monaci di S. Siro, perchè essa non poteva verificarsi nel periodo che va dal vescovo Oberto ad Airaldo, attese le disastrose condizioni del governo diocesano d’allora, per cui era impossibile al capitolo far causa per interrompere quella prescrizione: e tanto meno essa si verificò dopo Airaldo, perchè questo vescovo nel sinodo attribuì le decime al capitolo. (1) Il primo Registro Arcivescovile, in ASLSP, II, I, p. 448— C. De Simoni, Regesti delle lettere pontificie riguardanti la Liguria, in Atti cc., XIX, n. 93. — Schiaffino, Annali, II, 241 N. B. — ASLSP equivale a Atti della Soc. Ligure di Storia Patria. CAPO III. Sinodo dell’arcivescovo Giovanni Rossi, a. 1248. L’unico cenno che abbiamo sull’esistenza di questo sinodo è quello che ne dà la Cronaca di Frà Salimbene, il quale Io presenziò trovandosi allora in Genova. Egli dice che I’Arcivescovo, che era Giovanni Rossi di Cogorno parvus corpore et valde senex congregò nel 1248 nel suo palazzo arcivescovile molti sacerdoti e chierici e religiosi tamquam ad sinodum; ed in questo furono oratori prima l’Arcivescovo stesso, e poi frate Stefano d’Inghilterra, francescano e celebre maestro di teologia nel convento di Castelletto in Genova, letterato e predicatore di grido (1). Questo sinodo è un esempio di quanto abbiamo già osservato a principio, cioè che in antico i sinodi non erano spesso che un’adunanza parziale del clero, presieduta dall’Arcivescovo o da un suo delegato, senz’alcuna solennità, nè forma giuridica, precisamente come quello ricordato da Frà Salimbene. (1) C/ironica parmensis, in Muratori, R. I. S., IX, e in Monumenta historica ad. provincias parmesem et placentinam pertinentia, Parma 1857, p. 145. jt jt CAPO IV. Sinodo provinciale del B. Giacomo da Varazze, a. 1293. Il B. Giacomo da Varazze, nella sua Cronaca, all’anno 1293, scrive che egli in detto anno adunò nella cattedrale di San Lorenzo il Concilio provinciale, a cui intervennero i vescovi d’Albenga, Brugnato, Noli, Mariana e Nebbio; mentre il vescovo di Bobbio, vecchio e infermo mandò un suo procuratore. Il vescovato di Accia era vacante. Intervennero pure gli abati di S. Siro, S. Stefano, S. Fruttuoso di Capodimonte e di Tiro; quelli di Bor-zone e dell’isola Gallinaria, vecchi ed infermi mandarono procuratori. Intervennero ancora prevosti, arcipreti e rettori di chiese in multitudine copiosa, dice la Cronaca (1). Essa non dice il giorno nè il mese in cui fu tenuto il sinodo; ma certo fu a giugno inoltrato, se al 2 luglio è datata la protesta dei monaci di S. Siro contro la dichiarazione fatta dall’Arcivescovo nel sinodo sulla traslazione delle reliquie di S. Siro. (2). Aggiunge la Cronaca che in esso concilio si fecero molti decreti e costituzioni assai utili per la vita religiosa del clero e dei fedeli. Quali fossero questi decreti e costituzioni non lo sappiamo, perchè mancano gli atti del sinodo. Mons. Giustiniani scriveva che ai suoi tempi ne esistevano molti esemplari, ma oggi, malgrado le più minute indagini eseguite dai dotti dell’Ordine domenicano ed estranei, fino ai recentissimi Richar-dson, Monleone ed altri, non se ne trova copia. Anche il dottissimo P. Spotor-no, che si era messo con tutta la sua abilità archivistica alla ricerca dell’impor- (1) Chron. Gerì, in Muratori, R. I. S., IX, 54. (2) Ferretto, / primordi del Cristianesimo in Liguria, in ASLSP, Vol. XXXIX, 244. — 16 - tante documento, dovette rassegnarsi a smettere « la vana speranza di trovare il testo del concilio * (1). E perdute sono pure le copie della lettera d’invito al sinodo, che il Beato aveva indirizzata ai vescovi ed al clero, esponendo in essa il piano di riforma che egli aveva preparato per trattarlo in quella assemblea. L’Accinelli ci dà bonariamente un elenco di argomenti che egli dice essersi trattati nel sinodo, e sono questi: « Regula Praelatorum, — Reg. Clericorum — Reg. divitum — Reg. pauperum — Reg. virginum — Reg. viduarum — Reg. nuptarum — Reg. ad mulieres — Reg. ad hospites — Reg. viro-rum ad uxores, et e converso — Reg. parentum ad filios — Reg. filiorum ad parentes — Reg. dominorum ad servos — Reg. servorum ad dominos — Reg. ad familiam — Reg. ad tabernarios — Reg. mercatorum — Reg. ad senes — Reg. ad omnes » (2). Ma evidentemente qui si tratta di argomenti catechistici e pastorali, non di testi giuridici come sono quelli di un sinodo. Forse erano stati svolti in qualche opera pastorale condotta sulle traccie del sinodo per spiegarne al popolo i decreti e le disposizioni. Invece un’autentica Costituzione sinodale del B. Giacomo è pubblicata dal Promis in Miscellanea di storia italiana, vol. XI, Statuti della colonia di Pera p. 761, dal Cod. 250, sec. XIV, della Biblioteca Reale di Torino. Fu emanata dal Beato nel 1289, come dice il testo: Extractum de actis publicis curie domini archiepiscopi Janue MCCLXXXVIIII. Poi segue l’intestazione Frater Porchetus, la quale dimostra che l’arcivescovo Porclietto Spinola, successore del Beato, ripubblicò facendola sua la detta costituzione; e poi continua: De illis qui dicunt se esse clericos: In constitutionibus factis per bone memorie dominum fratrem Jacobum archiepiscopum Januensem inter cetera reperitur ut infra: Item quod cum intellexerimus quod quidam qui dicunt se esse clericos nec clericaliter vivunt nec habitum clericalem deferunt, statuimus et statuendo mone-mos quod omnes clerici qui habitum deposuerunt clericalem, infra mensem ab huius nostri edicti publicatione habitum ipsum resumant et deferant tam in vestibus quam in tonsura quam etiam in corona, si qui autem post predictum terminum hoc adimplere neglexerint non defendantur privilegio clericali. Insuper ad dacitas et colectas et avarias comunis omnes sicut layci teneantur (1) Spotorno, Stor. lett., I, 186; Id. Notizie stor. critiche del B. Giacomo da Varazze, Genova 1823; De Waresquiel-Rulla, Le B. Jacque de Voragine auteur de la Légende Dorèe, Torino 1928, passim: — E. C. Richardson, Materials for a life of Jacopo da Varatine, New York 1935. — G. Monleone, Iacopo da Voragine e la sua Cronaca di Genova dalle origini al MCCXLV, studio introduttivo e testo critico, 3 voli., in Fonti perla St. d’Italia 1939, (2) Scietta di notizie, p. 200. I — 17 - dictam autem admonitionem pro prima secunda et tertia admonitione et peremptorie duximus faciendam. La stessa identica costituzione fu riportata dall’arcivescovo Andrea Della Torre nel sinodo del 1375, Costit. 37, come vedremo a suo luogo. Prima di sciogliere il concilio il B. Giacomo, alla presenza del Podestà, del Capitano, dell’Abate del popolo e di molti personaggi dell’aristocrazia, volle fare la solenne ricognizione del corpo di S. Siro, che si trovava sotto l’altare maggiore di S. Lorenzo. E ciò perchè vi era questione fra questa chiesa e quella di S. Siro, ambedue contendendosi l’onore di possedere il corpo del santo, titolare del-l’una e contitolare dell’altra. Aperta dunque la cassa che conteneva le reliquie, l’Arcivescovo la fece collocare sull’altare, e prese colle sue mani le ossa, trovò, cioè credette trovare, che v’erano tutte quante si richiedono alla composizione del corpo umano. Ma fu un abbaglio; perchè non tutte le ossa del santo erano là, bensì una parte soltanto, trovandosi le altre in S. Siro. Perciò i monaci di questo protestarono altamente presso l'Arcivescovo e presso la S. Sede contro questa sentenza che danneggiava assai la loro chiesa, diminuendovi il concorso dei fedeli. Ma due secoli dopo, la questione non era ancora risolta, e le reliquie del santo rimanevano divise fra le due chiese (1). (1) Ferretto, / primordi del Cristianesimo ecc. p. 247. i——SB11BÌ8B—1 CAPO V. Sinodi dell’arcivescovo Porchetto Spinola. Art. 1. — Sinodo Provinciale dell'anno 1310. Porchetto, della nobilissima famiglia Spinola, abbracciò l’ordine di S. Francesco nel convento di Castelletto, ove ebbe l’educazione religiosa e scientifica sotto la direzione di uomini santi e dotti come il B. Bonifazio da Rivarolo, il B. Berlingero da Monteacuto, il servo di Dio Giovannino da Parma, Stefano d’Inghilterra, Nantelmo ed altri, che allora illustravano il celebre convento genovese. Dotato di acutissimo e naturale ingegno, come dice di lui il Giustiniani traducendo dal Ciprico, riuscì uomo venerando, di gran consiglio e di sufficiente letteratura (1). Perciò il Papa Bonifazio Vili, alla morie dell’arcivescovo Giacomo da Varazze Io nominò suo successore nella sede arcivescovile di Genova, con bolla del 3 febbr. 1299. Ma appartenendo egli alla famiglia Spinola, che rappresentava in Genova il partito Ghibellino, il focoso pontefice venne in sospetto che egli avesse dato ricetto ai cardinali Giacomo e Pietro Colonna suoi nemici e ribelli, e perciò lo deponeva dalla sede arcivescovile (8 marzo 1300). Però Io Spinola era innocente delle colpe attribuitegli, chè anzi egli si adoperava con tutte le sue forze per ricondurre la gente del suo casato ai disegni del papa. Per questo, conosciuta per lo papa la verità, restituì l’arcivescovo alla dignità archiepiscopale, scrivono gli autori sopra citati (18 agosto 1301). (1) Annali, I, p. 502. — 19 Pur troppo il suo governo diocesano fu molto turbato dalle continue discordie e guerre cittadine, nelle quali gli Spinola rappresentavano sempre una parte importante; e perciò l’opera sua, nonostante il suo amore per la pace, restò in gran parte paralizzata, ed egli « per la più parte del tempo del suo arcivescovato fu esule e fuoruscito dalla città », dimorando a Sestri Ponente, ove morì il 30 maggio 1321. In sua assenza e sotto la sua direzione governavano la diocesi i suoi vicari generali fr. Oberto Piccamiglio, fr. Percivale Embriaco, suoi confratelli francescani e i canonici Giacomo da Cogorno, Pietro da Castellaro e Bernardo d’Arezzo. Tra gli atti più interessanti del suo governo sono i sinodi da lui celebrati, dei quali qui dobbiamo trattare. L’Accinelli parla del sinodo tenuto il 5 maggio 1310, e dice che i suoi atti, rogati dal notaro Nicolò di S. Giulia da Chiavari, conservansi nella Curia arcivescovile di Genova. Ma in realtà nè in Curia, nè all’Archivio di Stato, nè in altro archivio si trova traccia del detto notaro, nè degli atti del sinodo; e d’altra parte sappiamo che questi furono rogati non già dal notaro indicato dall’Accinelli, ma bensì dal notaro Pietro Grullo da Savona, cancelliere arcivescovile; atti che furono comunicati dall’abate Sbertoli al P. Spotorno, che li pubblicava in Synodi dioecesanae et provinciales editae atque ineditae S. Genuensis ecclesiae, Genuae ex typographia archiepiscopali, 1833, senza però indicare la fonte da cui erano attinti. Essi cominciano così: In nomine Domini Amen. Ven. in Christo Pater dominus frater Porchetus Dei et Apostolicae Sedis gratia Januen Archiepi-scopus suum provinciale Concilium celebrans hoc anno die quinta mensis maij in palatio archiepiscopali etc. (il 5 maggio era martedì dopo la seconda domenica dopo Pasqua). Seguono i nomi degli intervenuti, che sono i Vescovi suffraganei Ugo di Noli, fr. Benvenuto d’Accia in Corsica, l’abate di S. Maria e S. Martino dell’isola Gallinaria, procuratore dei vescovi di Nebbio e Mariana: il Capitolo metropolitano, gli abati di S. Siro, S. Stefano, S. Fruttuoso di Capodimonte; i priori, prevosti, arcipreti, parroci, canonici delle Collegiate della città e della diocesi che formavano oltre due terzi del clero diocesno. Tra le altre partiche, quell’assemblea approvava e rinnovava un’antica convenzione col Comune di Genova riguardante i privilegi del clero, riportata in Synodi dioecesanae ecc. — 20 - Art. 2. — Sinodo dell'anno 1311. L’anno successivo 1311, nei giorni 6 e 7 giugno, che cadevano nella domenica e lunedì della SS. Trinità, l’Arcivescovo teneva un altro sinodo, in preparazione al Concilio ecumenico di Vienna indetto dal Papa Clemente V. Dei nostri storici genovesi nessuno parla di questo sinodo perchè tutti lo ignorano, benché di esso oggi possediamo maggior numero di documenti che di ogni altro sinodo precedente. Soltanto il Fenetto intuì che la Procura o Syndicatus Cleri Januensis pubblicata dal Remondini, che basò tutta la sua storia delle parrocchie su questo documento senza accorgersi a che cosa esso si riferiva, intuì, dico, che questa procura conteneva l’elenco degli intervenuti al sinodo (1). Ma anch’egli a sua volta il Ferretto, benché profondo conoscitore ed illustratore della nostra storia ecclesiastica, errò, attribuendo questo documento al sinodo del 1310, anziché a quello del 1311, che egli come tutti gli altri storici ignorava, ritenendo a priori impossibile l’esistenza di due sinodi in due anni consecutivi. Noi sui documenti ricostruiamo la storia. Il 16 ottobre 1311 il papa Clemente V apriva in Vienna di Francia il 15° Concilio ecumenico, per trattare le grandi questioni dei Templari, della Crociata e sopratutto della Riforma: e nella bolla « Alma Mater » 4 aprile 1310 che lo avea convocato, vi aveva invitati tutti i vescovi e tra essi l’arcivescovo di Genova e i suffraganei, ordinando a tutti che, lasciato in sede un vescovo per l’ufficio pontificale, « ornai relegata negligendo, cunctis dispositis », si accingessero al viaggio per recarsi personalmente al Concilio, mentre i vescovi rimasti in sede, gli abati, priori, prevosti, arcidiaconi, pielafi, capitoli e conventi doveano fare procura o a detti vescovi o ad altri personaggi idonei, che li rappresentassero al concilio con piene facoltà, delle quali dovea constare per pubblici documenti (2). E intanto in preparazione al concilio il Papa ordinava che detti vescovi, con l’aiuto di uomini prudenti « Deum timentes et habentis prae oculis omnia quae correctionis et reformationis limam exposcunt », studiassero salutarmente queste riforme da farsi e le mettessero in iscritto per espoile al concilio. Per ottemperare a questi ordini pontificii i vescovi tennero concili spe- (1) ASLSP. vol. XXXIV, p. 206. (2) Hefele-Leclercq, Hist. des Conciles, T. VI, P. II, p. 643 ss. — 21 — cialmente provinciali; ed anche a Genova si tenne il sinodo oggetto di questo studio. I registri del notaro Leonardo da Oaribaldo ci hanno conservato varie procure fatte per il Concilio. Prima è quella che facevano, cinque giorni prima del sinodo, 1° giugno 1311, sette parroci della pievania di Sestri Levante, cioè quelli di S. Cristo-foro di Loto, S. Martino di Montedonico, Candiasco, S. Bartolomeo di Statale, S. Martino di Bargone, S. Pietro di Libiola e S. Nicolò di Borgo, i quali adunati in Genova nel palazzo arcivescovile, dichiaravano che non potendo essi per vari impegni intervenire al concilio, in atti del citato notaro costituivano loro procuratore l’arciprete della pieve stessa di Sestri rev. Guglielmo da Cogorno « ad presentanduni se pro nobis et ad comparendum personaliter nominibus nostris coram prefato domino Archiepiscopo octava festi pentecostes (6 giugno) proxime venturi et die lune proxime venturo (7 giugno)....... ad concilium celebrandum per prefaturn dominum Archiepiscopum occasione concilii summi Pontificis celebrandi.......», mentre gli altri nove parroci della stessa pieve venivano personalmente al sinodo (1). A loro volta i parroci della pieve di Varese facevano procura per lo stesso scopo a prete Marco, mansionario della metropolitana, come da atto dello stesso notaro, 7 giugno 1311 (2). Fr. Nicolò Dentuto agostiniano, priore del monastero di S. M. di Belvedere dichiarava: « Nos Fr. Nicolaus.......diversis infirmitatibus proprii corporis prepediti taliter quod ad concilium generale Sanctissimi Patris et Domini D.ni Clementis Pp. Quinti accedere non possimus ullomodo..., nomine nostro et monasterii nostri facimus et constituimus certum nuntium et procuratorem verum et legitimum presbiterum Henricum de Portudelphino capellanum et familiarem Ven. in X.to P. Fr. Porcheti Archiepiscopi fanue, ad presentandum se pro nobis et nostro monasterio in dicto concilio coram prefato Summo Pontifice et ad faciendum et promittendum omnia et singula que in dicto concilio statuentur, jinientur et ordinabuntur et fuerint oportuna » (3). Ma oltre alle procure particolari abbiamo la procura generale del clero diocesano fatta in pieno sinodo nella chiesa metropolitana di S. Lorenzo il 7 giugno, lunedì dopo la festa della SS. Trinità. La procura porta i nomi dell’arcidiacono Giovanni Bagnara in rappresentanza del capitolo di S. Lorenzo; dei rappresentanti dei capitoli di N. S. delle Vigne e di S. M. di Castello; degli abati di S. Siro, S. Stefano, S. Fruttuoso di Capodimonte, (1) Not. c. R. I, P. I, f. 110, Arch. di Stato. (2) Ivi, p. 113-116. (3) Ivi, p. 152. — 22 — di S. Andrea di Borzone, di S. Venerio di Tiro; dei parroci, priori e supe riori dei monasteri della città; degli arcipreti delle trenta Pievi della diocesi, cioè di S. Martino d’Albaro, Nervi, Sori, Recco, Catnogli, Rapallo, Cicagna, Lavagna, Sestri Levante, Moneglia, Framura, Portovenere, Varese, Uscio, Bavari, Bargagli, Montobbio, Struppa, Sampierdarena, Voltri, Borzoli, Riva rolo, Ceranesi, Langasco, Borgo Fornari, Mongiardino, Serra, Mignanego, S. Cipriano, S. Olcese, coi rispettivi parroci suffraganei. Mancano le pievi di Gavi e Pastorana, che certamente aveano fatto procura speciale, a noi sconosciuta. La pieve di Varese e sue suffraganee erano rappresentate da prete Marco, mansionario di S. Lorenzo, come si disse. Questa numerosa ed imponente assemblea, rappresentante tutto il clero della diocesi, « concordemente ad unanimità, dice l’atto notarile di Leonardo da Garibaldo, eleggeva e costituiva procuratore speciale suo e di tutto il clero genovese prete Rolando della Pietra, cappellano della metropolitana, presente ed accettante il mandato ad agire e procurare tutte le pratiche del clero stesso » (1). La procura è concepita in termini generici per tutte le pratiche concernenti il clero genovese, senza far cenno speciale del concilio di Vienna. Ciò perchè, essendo essa fatta nel sinodo congregato espressamente allo scopo di eleggere il procuratore pel concilio, il notaro credette inutile far espressa menzione di questo. Non è nemmeno escluso che, dovendo un testo della procura essere prodotto innanzi al concilio, secondo prescriveva la bolla pontificia, questo testo contenesse l’accenno speciale ad esso concilio, mentre manca nella copia rimasta a Genova (2). Mentre pel clero inferiore bastava farsi rappresentare al Concilio da un procuratore, invece i vescovi ed arcivescovi doveano recarvisi in persona, (1) Not. c., R. I. P. I, p. 113-116, Arch. di Stato. (2) Il Remondini, Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, a. 1879, pubblicò col titolo Syndicatus cleri januensis, titolo che si legge in margine nell’originale dell’atto, il solo elenco dei sacerdoti colle rispettive chiese, indicati nella procura, senza avvedersi, come già si disse, che il documento si riferiva al sinodo in preparazione del Concilio ecumenico. In quella pubblicazione, molto importante anche come elenco assai antico delle chiese e dei sacerdoti della diocesi, occorsero vari errori ed inesattezze, che qui segnaliamo rettificandole: Nella serie dei parroci della città, dopo quello di S. Croce mancano pr. Obertus minister S. Silvestri; pr. Johannes min. S. Marci de Modulo; pr. Johannes min. S.ti Torpetis. Il canonico delle Vigne Gregorius de Vignollo, è diventato de Cognollo; pr. Paretus min. di Montesignano è stampato Vincendus; il priore di S. Teodoro Henricus è cambiato in Hieronimus; l’arciprete di Mongiardino Novandus è diventato Norandus; Restagnus priore di S. Antonio di Prè, Bestagnus. La chiesa de Melmi è scritta de Melli; quella di Dreverip (Drevegno), Breverio. — 23 - come vedemmo dalla bolla di Clemente V. Perciò l’Arcivescovo nostro, con atto del 4 settembre dello stesso anno, premesso che « oportet nos personaliter accedere ad universale concilium SS.mi in Xristo Patris Dni Drii Clementis Pape V, et propter hoc necesse habeamus aliquem Episcopum dimittere (sic) loco nostro in civitate et diocesi », per questo lasciava in Genova a sostituirlo negli uffici pontificali il vescovo d’Accia Fr. Benvenuto di Montale da Levanto, cisterciense del monastero di S. Andrea di Sestri (1). Altri particolari non abbiamo di quel sinodo. Ad un sinodo ignoto, celebrato dallo stesso arcivescovo Spinola deve pur riferirsi una Costituzione che troviamo citata in un atto del 6 giugno 1314, in cui l’arcivescovo stesso, constandogli che il parroco di Comago prete Andrea de Lucha da tempo si è reso assente dalla parrocchia contra Constitutionem nostram synodalem, egli dice, que loquitur de ministris se absentantibus ab ecclesiis suis, quod ipsi ipso facto priventur ab ipsarum administratio ne, pronunzia contro di lui la sentenza di deposizione e privazione del benefizio (2). Come si vede, il sinodo in cui fu emanata detta costituzione fu anteriore al 1314, ma non possiamo precisare di più. La stessa incertezza abbiamo sulla data dell’altra costituzione che lo Spinola avea promulgato, prendendola dal sinodo del B. Giacomo da Varazze, riguardante l’abito clericale, come già abbiamo accennato sopra. (1) Notaro cit., R. I, P. I, f. 149. (2) ld., R. Il, f- 46-7. CAPO VI. Sinodo provinciale Andrea della Torre, a. 1375. Art. 1. — Introduzione. Andrea della Torre, della celebre famiglia signora di Milano, da giovinetto abbraccciò l’Ordine di S. Domenico nel patrio convento di S. Eustorgio, ove si distinse per pietà e amore aglì studi. Fatto sacerdote, fu maestro di teologia, reggente lo Studio generale dell’Ordine a Bologna, predicatore distinto, e da Urbano V nominato suo penitenziere. Compose varie opere di teologia e filosofia, che si possono vedere elencate nella Bibliotheca scriptorum mediolanensium dell’Argelati, 1, 1540 ss. (1). Fu eletto Arcivescovo di Genova nel 1368, e governò fino alla morte, a. 1377. Ma del suo governo poco o nulla ci risulta, eccetto i suoi due sinodi che ora pubblichiamo; perchè egli, dovendosi assentare a lungo da Genova per altre cariche di cui era rivestito, lasciò in gran parte il governo della diocesi nelle mani dei suoi Vicari generali, che furono Giovanni di Niella, Antonio Cossa, canonico di Piacenza e finalmente Giovanni de Simoni lucchese, canonico di Reims, e più tardi vicario generale deN’arcivescovo Lanfranco successore del Della Torre. Il testo del sinodo del 1375 è un eccellente corpo di leggi diocesane, che dimostra la profonda cultura giuridica e lo zelo pastorale di questo Arcivescovo, che lo compilò. Esso segue l’ordine delle Decretali, con riferimenti a sinodi anteriori e con nuove disposizioni richieste dai bisogni del momento. Questo sinodo è molto interessante per la nostra storia, e sopratutto per la conoscenza del diritto canonico particolare vigente in Liguria prima del (1) Cf. Vigna, I vescovi domenicani liguri, p. 71 ss.: Echard, Script. O. P., I, p. 675 ss, ROVETTA, Bibliot. p. 53. 25 Concilio di Trento; diritto finora totalmente sconosciuto, attesa l’assoluta mancanza di documenti in proposito. E totalmente sconosciuto è pure il contenuto del nostro sinodo, perchè di esso nessuno degli storici parla. Schiaffino, IJtfghelli e Semeria ne fanno appena il nome e la data; nient’altro (1). Quindi, data questa sua importanza straordinaria abbiamo creduto conveniente premettere alla sua pubblicazione un commento storico giuridico sui punti principali da esso trattati, per la migliore intelligenza del testo stesso, e quindi per la maggior conoscenza della nostra storia in quell’epoca. Il testo originale è perduto. L’unica copia che rimane è quella che pubblichiamo, scritta nella prima metà del sec. XV per la chiesa plebana di S. Maria di Prà (Plebs S. Mariae de Vulturo allora chiamata), passata poi a S. Erasmo di Voltri, e di là all 'Archivio arcivescovile di Genova, ove si conserva (Cod. R I, 4). Il codice è in carta bambagina, misura c. 29 per 21; è scritto in gotico corsivo, con molti errori nella grafia, spostamenti e raddoppiamenti di lettere e inserzioni di maiuscole a metà di parola. Manca della lettera iniziale in tutti i capitoli; lettera che noi abbiamo creduto dover supplire per ragione di chiarezza. I primi due fogli, contenenti i primi undici capitoli sono perduti; ne resta solo un piccolo brano del primo foglio nella parte superiore, con quattordici righe di scritto da ambe le parti, troncate nel senso verticale a metà del foglio. I fogli che restano, fino al f. Vili, sono nella parte inferiore più o meno danneggiati dall’umidità e dai tarli; gli altri sono in buono stato. II manoscritto non porta la data del giorno e mese in cui fu tenuto il sinodo, perchè mancante dei primi due fogli, essendo essa posta a principio del testo. Però ci è indicata dallo Schiaffino, che dice il sinodo essersi tenuto il giorno 15 maggio. E noi dobbiamo accettare questa data, sia per l’autorità dello scrittore, sia perchè il 15 maggio di quell’anno 1375 cadeva ne! martedì della terza domenica dopo Pasqua, che era precisamente il giorno più usato pei sinodi, talmente che lo stesso arcivescovo Della Torre Io fissò poi definitivamente come data per la celebrazione dei sinodi provinciali (2). (1) Il compianto Sac. Giuseppe Cappurro nel 1914 aveva iniziata la pubblicazione del sinodo nel Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino, Supplemento genovese; ma il Supplemento cessò col primo numero, e di sinodo non si parlò più. L’edizione di quel breve tratto del si-nodo riusci tipograficamente molto difettosa. (2) Erroneamente I’Uohelli, Italia sacra IV, n. XIV, mette la data 5 maggio. Si noti che tale giorno era sabato, giorno non mai scelto per adunare sinodi. Cf. Mas Latrie, Trésor de Chronologie, c. 1486: Schiaffino, Annali, III, 217. — 26 - Sede del sinodo fu la metropolitana di S. Lorenzo, come dice chiaro il testo del sinodo stesso: « Actae et promulgatae (costitutiones) in palatio archiepiscopali de S. Laurentio in piena sinodo; » s’intende che le adunanze liturgiche furono fatte nella chiesa, le altre nel palazzo arcivescovile attiguo. Quindi è errore quello dello Schiaffino che lo dice celebrato nel palazzo arcivescovile di S. Silvestro. Probabilmente l’autore non vide mai il testo del sinodo; diversamente, esatto come è in generale, non avrebbe preso simile abbaglio. Giustamente il Semeria (Secoli cristiani, I, 145) lo dice tenuto nella chiesa metropolitana: intendi nel senso sopra esposto. Essendo sinodo provinciale, v’intervennero i vescovi della provincia ecclesiastica ligure, cioè di Albenga, Noli e Brugnato; non vennero quelli di Corsica. Della diocesi erano presenti gli abati di S. Siro, S. Stefano, S. Fruttuoso di Capodimonte, S. M. dello Zebrino: il Capitolo metropolitano, i parroci e clero Ed ora diciamo delle diposizioni prese nel sinodo. Art. 2. — SS. Eucaristia: Penitenza: Culto. Il primo argomento che vediamo trattato nel sinodo, tralasciando quelli contenuti nei fogli perduti, è il culto della SS. Eucaristia. Si prescrive che nel portare il Viatico agli infermi si reciti il Miserere ed altri salmi, semper lumine et cruce praecedentibus, per avvertire che tutti debbano riverentemente adorare il SS. Sacramento. Sono le stesse prescrizioni del Concilio Lateranese del 1215, riportate poi anche nel sinodo di Savona del 1388 (1). Ordina poi il sinodo che le sacre Specie, che si conservano nelle chiese per il Viatico, si rinnovino ogni mese. Esse secondo prescriveva il citato Concilio lateranese, e come trapela anche dal frammento rimastoci del primo foglio del codice, dovevano custodirsi « sub fideli custodia, clavibus adhibitis, ne possint ad illa temerariae manus extendi »: pericolo che si verificava appunto perchè fino allora in molte chiese l’Eucaristia si conservava in un vaso d’argento o d’avorio, spesso in forma di colomba, pendente sopra l’altare, e quindi evidentemente esposto ad ogni profanazione. Perciò sapientemente il Concilio decretò quanto sopra, e anche il Generale dei Francescani, Gio. Parenti (1227-1232), insisteva presso i suoi frati perchè (1) Hefele-Leclerc, Histoire des conciles, T. V, il, 2349: Mansi-Labbé, Conc., T. XXII, 1009: Ponoiolione, Le carte dell’archivio capitolare di Savona, in BSSS, vol. LXXIII, p. 180, — 27 non permettessero nelle loro chiese quei fragili vasi, e custodissero in luogo sicuro le sacre specie (1). A Genova abbiamo una traccia di quei vasi in una « colombeta argenti deaurata » che nel 1443 si trovava ancora fra gli argenti fuori d’uso in S.M. di Castello (2). Ma in seguito alle prescrizioni suddette sparirono le colombe d’argento, e si presero a costruire tabernacoli solidi e sicuri, generalmente nel muro del presbiterio, al lato del vangelo. Di quei tabernacoli, molti che tuttora si conservano nelle nostre chiese, ridotti a semplice decorazione murale o ad usi secondari, sono dei veri gioielli d’arte scultoria del sec. XV XVI. Più tardi, nel 1574, il sinodo provinciale dell’arcivescovo Pallavicini, ordinava che i tabernacoli fossero costruiti fissi « in medio altari », uso introdotto dal grande genovese vescovo di Verona Gian Matteo Giberti (Zini, Giberti opera, p. 272). 11 sinodo Della Torre dice che l’Eucaristia nelle chiese pro infirmis reservatur; cosa che ripeterà ancora due secoli più tardi il sopracitato sinodo Pallavicini, ordinando che in tutte le chiese parrocchiali si conservi l’Eucaristia ut prò omnibus infirmis qui sunt in parrochiis satis esse possit. Dal che si rileva che, se non esclusivamente, almeno principalmente, si voleva provvedere al Viatico per gli infermi, mentre ai sani la Comunione si dava durante la Messa. Questa era la consuetudine generale nella Chiesa. Però anche durante la Messa erano rare le Comunioni. Mentre nei primi secoli della Chiesa i cristiani solevano accostarsi ogni giorno alla sacra mensa, invece più tardi si verifica una deplorevole indifferenza per la Comunione; sicché i concilii dovettero intervenire prescrivendo una maggior frequenza. Il concilio d’Agde dell’a. 506 prescriveva ai fedeli almeno tre Comunioni all’anno, a Natale, Pasqua e Pentecoste, esortando però a farne di più. E così pure prescrivevano generalmente i concilii fino al sec. XIII; ma tuttavia molti cristiani non ottemperavano a queste norme. Perciò Innocenzo III nel Concilio Lateranese IV del 1215 emanava il celebre decreto Omnis utriusque sexus fideles, che impone a tutti i fedeli l’obbligo della Comunione pasquale, sotto pena di esclusione dall’ingresso in chiesa durante la vita e dell’ecclesiastica sepoltura dopo morte. D’allora un certo risveglio si ebbe, anche per l’opera degli Ordini religiosi Francescano e Domenicano sorti in quel tempo. Da noi, come in molte altre regioni, le Confraternite dei Disciplinanti, Terziari, ed altre, praticavano la Comunione a Pasqua, Natale e Pentecoste, (1) Holzapfel, Man. Itisi, orti. Fratrum Min., Friburgi, 1909, p. '202, (2) Viona, L'antica colleg. di S.M. di Castello, p. 263. — 28 - ed alcune vi aggiungevano Tutti i Santi. L’Oratorio del Divino Amore, fondato da quell’anima di apostolo che fu Ettore Vernazza nel 1497, aggiungeva a queste una sesta Comunione nella festa della Purificazione, e prescriveva oltre a ciò la Confessione mensile. Nel sec. XVI crebbe ancora il numero delle Comunioni praticate dai pii sodalizi. La regola data alle confraternite dall’arcivescovo Antonio Sauli nel 1587 prescriveva la Comunione ogni prima domenica del mese, e nelle sei feste di Natale, Pasqua, Pentecoste, Ascensione, Assunta e Santi. Invece la regola delle monache del Corpus Domini, che erano in S. Silvestro (1450) prescriveva la Comunione ogni domenica. In quanto ai privati, molti frequentavano discretamente la Comunione, benché molto meno di oggi. S. Caterina la faceva tutti i giorni; Ettore Vernazza e sua moglie Bartolomea Rizzo tutte le domeniche. Ed ora veniamo alla disciplina Penitenziale del nostro sinodo. Essa si compendia nei seguenti punti principali. L’art. 66 vuole che i confessori abbiano l’approvazione del vescovo per esercitare il sacro ministero, e non ammette come valida la sola delegazione del parroco. L’art. 64 prescrive che il sacerdote quando ascolta le confessioni, specialmente delle donne, stia in vista del pubblico. Ricordiamo che allora non esistevano ancora i confessionali per le donne come si usano oggi, essendo essi stati introdotti, come pare, dal prelodato vescovo di Verona Gian Matteo Giberti (1). L’art. 65 dà l’elenco dei Casi riservati al vescovo. Sono in numero di undici; ai quali si devono aggiungere il sortilegio (a. 70), la violazione del digiuno o astinenza (a. 80) e l’usura (a. 57). Segnaliamo per la storia dei costumi del tempo quelli relativi agli incendiari e saccheggiatori di messi e vigne, ai maleficii fra il marito e moglie, alla bestemmia. Oli altri sono gli stessi che si conservarono fino ai nostri giorni. In complesso i casi riservati dal sinodo sono pochi; il sinodo di Milano del 1311 ne ha trenta. Riguardo alle confessioni è celebre nella storia della Chiesa la questione che si agitò per secoli, se i Religiosi potessero esercitare questo sacro ministero, sostenendo in contrario i parroci che esso era di esclusiva loro competenza, perchè inseparabile dalla cura delle anime, che è propria del parroco. In quanto a Genova non risulta nulla di speciale in tale argomento. Anzi (1) Pastor, Op. c. Vol. IV, p. 576. 29 — dall’art. 57 del sinodo, che tratta dei religiosi « cuiuscumque status seU ordinis, quibus in nostra civitate et diocesi commissum est confessiones audire », apparisce che da noi i religiosi esercitavano largamente il ministero delle confessioni. Però l’autorizzazione a confessare non si dava loro dai vescovi colla facilità e continuità che si usa oggi, ma dietro instanza da essi presentata. Così nel 1384 il priore dei Benedettini di S. Gerolamo della Cervara ricorreva al vicario arcivescovile Oberto Carrega esponendo che: « Occurrit aliquando quod ad nostrum monasterium ob causam devocionis veniunt aliquae personae pro confessione ac comunione; quapropter rogamus vos quod nobis concedere dignemini licentiam possendi audire confessiones et tradere comunionem ac eciam quod possimus absolvere a casibus d.ni episcopi »; e confida che gli saranno concesse dette facoltà, perchè già le aveano concesse al monastero gli arcivescovi precedenti (1). Si sa che anche ai sacerdoti secolari era vietato ascoltare le confessioni dei non parrocchiani, secondo il diritto comune antico; e il nostro sinodo, a. 62 dispone: « Nullus recipiat alienum parrochianum ad Penitenciam sine licentia proprii sacerdotis ». Ritornando ai religiosi, è notevole l’art. 53 dal titolo « Quod nullus reclusus possit confessiones audire »; nel quale 1’Arcivescovo revoca tutte le licenze di confessare date ai Reclusi, e interdice ad essi di esercitare questo ministero, sotto pena di un mese di carcere. Reclusi erano detti quei religiosi che per amore di solitudine vivevano chiusi in celle particolari, dentro o fuori del monastero, ad tempus o in perpetuo (2). Tale era S. Alberto, che appartenendo al monastero dei benedettini di S. Andrea, visse e morì in una grotta non lontana da Sestri, presso la chiesa poi dedicata al suo nome. All’epoca del sinodo i reclusi, almeno alcuni, pare che dessero poco buona prova di sè, se l’Arcivescovo minacciava di applicare loro una seconda reclusione..... in carcere. àrt. 3. — Feste Principali. Nell’ufficiatura liturgica il sinodo, art. 13, vuole che tutte le chiese si uniformino alla metropolitana, seguendo il libro detto Usus, come un testo di preghiere liturgiche, forse sul tipo dell’odierno Liber usualis. (1) Litterarum saec. XIV-XV, Arehiv. Capit. S. Lorenzo. (2) Mar tene, De antiquis ecclesiae ritibus, T. II, c. 496 - P. L. Oliger, Speculum inclusorum,auctore saeculi XIV, Roma, Lateranum, 1938. 32 - scene chiassose, sia pur mascherate da qualche preghiera. Ma nonostante la condanna, quelle veglie continuarono ancora per secoli; e il Visitatore apostolico mons. Bosio nel 1582 era costretto a ripetere la stessa condanna, che pure non otteneva l’intento. Altro grave abuso era quello della profanazione delle chiese. 11 Belgrano, Vita privata dei genovesi, C. 83 fa le meraviglie perchè il rettore della chiesa di S. Giovanni di Borbonino in Sampierdarena teneva in chiesa vasi vinari e colombe; per cui veniva rimproverato dal suddetto Visitatore apostolico. E l’abuso era certamente da condannarsi; ma le meraviglie non hanno luogo quando si sappia che la consuetudine di far servire le chiese ad usi profani era anticamente così radicata nel popolo cristiano che il più volle citato Concilio lateranese le dedica un lungo canone (c. 19, Labbé-Mansi, c. 1007), in cui condanna l’uso di esporre nelle chiese suppellettili proprie od altrui, di modo che « ecclesiae videantur potius domus laicae quam Dei basilicae ». In conformità di queste prescrizioni lateranensi, il nostro sinodo, art. 22, premesso che la chiesa è casa di Dio, deputata per lodare e pregare il Signore e quindi non si deve profanare, proibisce sotto pena di scomunica di fare veli o qualsiasi altra opera profana in chiesa. E non è solo il sinodo a farci conoscere simili abusi e profanazioni. Anche il citato Visitatore, nel 1582, cioè due secoli dopo il sinodo, proibiva « telas seu pannos lineos aliosque siccandos exponere in ecclesiis*] ed in particolare proibiva alle donne di trattenersi in chiesa « ad capillos soli exponendos, seu ad opus nendi vel suendi (è proprio il caso del sinodo), neque aliud eiusmodi quidquam facere a sacrorum locorum decore alienum »; come pure vietava di deporre nelle chiese suppellettili, frumento, vino, strumenti rustici, armi ecc. [Synodi, cit. p. 372). E siccome tanti abusi derivavano dal lasciare apeite e incustodite le chiese, perciò ordinava ai parroci di tenerle chiuse, e non consegnare le chiavi a chicchesia (p. 361). Art. 4. — Matrimonio. 11 matrimonio, atlo più d’ogni altro solenne nella vita dell’uomo, fu sempre accompagnato, anche fra i pagani, da riti religiosi. I più antichi Padri e scrittori ecclesiastici, S. Ignazio, Tertulliano, S. Siricio, S. Ambrogio, non riconoscono per veri matrimoni se non quelli che sono « benedetti dalla Chiesa e quindi ratificati dal Padre celeste »; e gli imperatori Giustiniano, Carlo Magno ed altri, non sono meno espliciti su questo — 33 punto. Ma queste espressioni devono intendersi relative alla liceità, non alla validità dei matrimoni (V. Bened. XIV, o. c. T. I, 1. 8, c. 12). La Chiesa, prima del Concilio di Trento, non ha mai fatto una legge generale che dichiarasse invalido il matrimonio clandestino, cioè fatto senza la presenza del sacerdote; anzi essa sempre ha riconosciuti validi tali matrimoni, mentre li condannava e puniva, come dichiarava tra gli altri Alessandro III nel Concilio di Laterano III (1). Data questa validità del matrimonio clandestino, molti, poco curandosi della sua illiceità, lo contraevano sicché esso divenne una consuetudine molto diffusa; consuetudine che naturalmente invalse anche a Genova, ove i documenti ci parlano di matrimoni contratti in casa, in piazza, sulla pubblica via, o davanti al ma* gistrato civile od a pubblico notaro, presente qualche volta anche il sacerdote. Nel 1304,30 dicembre, Pietro di Embrum e Beatrice NN. si presentavano al notaro Guglielmo Osbergero in Genova, per contrarre matrimonio. Il notaro interroga Pietro se voleva « dictam Bcatricem in uxorem: questi « respondit quod sic et subscripsit ». Poscia « interrogata dieta Beatrix si volebat dictum Petrum in maritum legitimum, respondit quod sic » (2); e il matrimonio era fatto. Nel 1545 Giulietta e suo cugino Stefano Spinola contraevano il matrimonio in una sala del castello di Mongiardino, presente la famiglia e molti testimoni (Giornalestor. cit. I, 383). — Nel 1567 un matrimonio si contraeva in la sala del magnifico Capitatilo di Voltri: nel 1569 altro matrimonio si conchiudeva in la strada publica nel luocho detto la Cabella. E, sempre in Voltri, il 24 agosto 1567 l’arciprete Grillo assisteva al matrimonio che s’e fatto in piassa apresso il baluardo de Leira. Ma la maggior parte dei matrimoni si celebravano in chiesa, specialmente in la chiesia de san termo (S. Erasmo, parrocchia), ed altri in la cazaccia de san termo; in la chiesia de sancto Am-broxio; in sancto Nicolao (Cabella, Pagine Voltresi, 475 ss.). Alla celebrazione del matrimonio, in qualsiasi forma contratto, facea seguito la Benedizione nuziale, che veniva di diritto impartita dal parroco, secondo il rito contenuto nei libri liturgici antichi e moderni, dal Gregoriano al messale odierno. Nel 1248, 1 febbraio, l’arcivescovo Giovanni Rossi dava ordine che la filia Alemanni calefacti, cuius domus est in parochia sancti Honorati (di Castelletto, Genova), non vadat audire missam sponsalem in dicta ecclesia, sed in qualibet alia (Poch, V, II, 53). (1) Duchesne, Origines du culte chrétien, Paris, 1908, p. 435: Chardon-Bernardo da Venezia, Storia dei Sacramenti, vol. Ili, p. 280: Mansi, Concil., T. XXII, c. 288 ss. (2) Belorano, Vita privata, 413: Poch. Miscellanee, vol. V, P. II, 194: Osbergero, 1304-1311, f. 45, Arch. di Stato. — 34 - Certamente qualche grave ragione aveva provocato questa decisione dell’Arcivescovo, contraria al diritto comune, che voleva che la benedizione nuziale fosse data dal parroco della sposa; il che è pure inculcato nel nostro sinodo, art. 62, che dice: Nullus (parochus) sponsas aliene paioc/ue benedicat. Naturalmente l’uso di contrarre i matrimoni clandestini, quindi senza controllo veruno dell’autorità, senza registrazione ufficiale, portava necessariamente uno stato d’incertezza e di disordine gravissimo. Occorrendo di accertare l’esistenza o meno del matrimonio, si ricorreva al tribunale ecclesiastico, cioè del Vescovo ed in antico anche dei Vicari foranei ossia Pievani; ai quali ultimi però il nostro sinodo non ne riconosceva la gimisdi-zione, salvo che l’avessero per antica consuetudine (art. 49). Ma il tribunale, non esistendo documenti ufficiali probatori, dovea limitarsi alle piove testimoniali, che pure spesso mancavano od erano fallaci o insufficienti. Di conseguenza l’esito di tali cause era assai incerto. Per un saggio di ciò che avveniva ricordiamo due cause svolte nel tribunale ecclesiastico. Certo Roggero Cagarotto nel 1222 citava davanti all’Arcidiacono della metropolitana di Genova Adalasia Piacentina, che si qualificava per sua moglie, mentre egli aveva sposato da nove anni e più Anna de Rango, la quale da più anni coabitava con lui come moglie e stava ora per avere un bambino (Liber Mag. Salmonis, in ASLSP. XXXVI, 187). Ma assai più imbrogliata è un’altra causa che nel 1226 si svolgeva davanti a Fra Guglielmo monaco di S. Stefano in Oenova, delegato a ciò dalla S. Sede, ad istanza di Baldizzone De Mari, contro Aiana da S. Remo,, che pretendeva essere sua moglie, e come tale era già riuscita a farsi rico noscere dal tribunale della Curia arcivescovile di Oenova. Dagli interrogatorii svolti in quel nuovo processo risultò che Aiana da molti anni aveva sposato Giacomo Asenzio, dal quale avea avuto prole. Poscia avea sposato Enrico Gaselmo, col quale avea convissuto come moglie,, ma poi questo Enrico essendo di condizione molto più elevata, non volle più saperne di lei, e si separò. Allora essa andò e continuò per sette anni ad abitare col suddetto Baldizone suo terzo marito, che ora domandava lo scioglimento del matrimonio. Sarà riuscito Fra Guglielmo a sapere quale era il vero dei tre matrimoni? (Ivi, p. 527 ss.). E chissà quanti di simili pasticci avvenivano! Per ovviare a simili disordini, e specialmente per evitare matrimoni nulli per impedimenti dirimenti, di parentela ed altri, Innocenzo III aveva imposto l’obbligo di far precedere al matrimonio le pubblicazioni, dalle quali dovesse risultare se vi fossero impedimenti; sapientissima disposizione che forma — 35 tuttora una delle principali basi del diritto matrimoniale (1). Ma pur troppo tante volte questa legge non si osservava, come, tra gli altri deplorava il vescovo di Savona Antonio Viale nel 1388 (2). Su di essa insiste il nostro Sinodo, art. 71, il quale ricordando che circa matrimonia contrahenda multa sepe sunt suborta pericula, ordina a tutti e singoli i parroci ut quum aliquod matrimonium fuerit contrahendum publice in ecclesijs suis denuntient quod si quis sciat in illo matrimonio aliquod impedimentum alicuius parentele proponat et dicat etc., e non si proceda al matrimonio finché non sia provvisto a togliere gli eventuali impedimenti; pena la multa di sessanta soldi al sacerdote contravventore. Non bastando però queste disposizioni a troncare le incertezze e dare pubblicità ai matrimoni, molti sinodi diocesani imposero che questi dovessero contrarsi dinanzi al sacerdote, sotto pena di nullità. A Genova questo non risulta che si verificasse. Troviamo invece che spesso si ricorreva al Vescovo per provocare da lui un decreto che notificasse l’esistenza del matrimonio contratto, come per es. nel 1311, 10 die., il Vicario arcivescovile Pietro da Castellario, con atto del Not. Leonardo de Garibaldo, dichiarava essersi contratto matrimonio fra Gualtieri Lercari e Giacomina da Portovenere (Not. c. R. I, p. I, f. 72). Finalmente il Concilio di Trento poneva termine a tanti disordini e col celebre decreto Tametsi dichiarava nulli i matrimoni che non fossero celebrati alla presenza del parroco e di due testimoni. Il decreto doveva essere pubblicato in tutte le parrocchie una volta al mese, secondo la disposizione del sinodo provinciale di Genova del 1574. Ma prima di questo sinodo, per l’attuazione del decreto Tridentino, altre disposizioni furono emanate nella nostra e nelle altre diocesi, essendo necessario troncare usi e consuetudini inveterate, che opponevano qualche resistenza. Tra le altre vigeva la consuetudine che a richiedere il consenso dagli sposi si invitasse qualche persona più ragguardevole nella cerchia degli amici e parenti. Ora avendo il Concilio di Trento ordinato che solo il parroco dovesse fare quelle interrogazioni agli sposi, molti laici non sapevano adattarsi a rinunziare alPonore di fare essi quelle interrogazioni. Perciò il Vicario arcivescovile dovette emanare un decreto, in data 5 giugno 1568 (cinque anni dopo il decreto Tametsi) intimato a tutti i parroci, nel quale diceva: In Concilio tridentino sancitum et decretum est quod in contrahendis (1) C. 3, X, De clandestina desponsatione, IV, 3. (2) In civitate Saone et diocesi minime servatur pro negligatela et abusu, dice il Vescovo riguardo alle legge della pubblicazioni. (Pongiglione, Op. c. p. 180). - 36 - matrimoniis verba et interrogationes solita fieri sponsis debent fieri per parochos et non per laicos, ut in consilio apparet. Igitur omnibus et singulis praepositis etc. mandatur quatenus in quibuscumque matrimoniis contrahendis in vestris parrochiis minime permittatis dicta verba et interrogationes proferri et fieri per personas laicas, quinimo dicta verba et interrogationes proferri ei fieri debeant per vosmetipsos parrochos. et quatenus aliquis alius vellet similia verba et interrogationes proferre et facere, non interveniatis nec intervenire debeatis similibus matrimoniis, et hoc sub poena excomunicationis et privationis beneficiorum » (1). II Concilio di Trento imponeva ancora ai parroci di tenere un Registro dei Matrimoni celebrati; disposizione anche questa importantissima, senza della quale il decreto sulla clandestinità non avrebbe ottenuto il suo effetto. In omaggio a questa disposizione tutte le parrocchie della diocesi pie-sero a tenere il Registro dei Matrimoni. A titolo di onore, e trattandosi di documenti di massima importanza per la storia, riportiamo in nota l’elenco delle parrocchie che hanno i Registri più antichi, segnando per ciascuna la data del primo atto registrato (?.)• Ritornando al nostro Sinodo, esso all’art. 72 dichiara proibite le nozze dalla prima domenica d’Avvento fino all’Epifania, dalla Settuagesima all ottava di Pasqua e dal lunedì delle Rogazioni al sabato dopo Pentecoste. Lo stesso era stabilito dai sinodi di Savona del 1388, e di Sai zana del 1365 sopraricordati (Pongilione, p. 180: Staffetti, p. 375). Nella sostanza erano le prescrizioni del diritto comune (Decieto di Graziano, c. 8, 10, C. XXXIII, q. V) che proibiva le nozze in Avvento e in Quaresima come il nostro sinodo, e di più nelle tre settimane precedenti la festa di S. Oio. Battista. In qualche luogo erano proibite solo in Quaresima, altrove vigevano altre varianti (Chardon, 193 ss). 11 sinodo non parla ancora dell’abuso di bere vino insieme tra i futuri sposi, intendendo essi con ciò di contrarre gli sponsali. Ciò dimostra che detto abuso fu introdotto più tardi, ed è condannato dal sinodo del Card. Antonio Sauli del 1588, il quale al capo III, Dell'abusi da togliersi ne matiimoni, (1) Decreti, I, 25, Arch. arciv. (2) Parrocchia di S. Pietro in Banchi a. 1553 — Camogli 1560 — S. Sabina 1562 — S. U ca 1563 — S. Maria di Castello 1564 - S. Giorgio item — SS. Cosnia e Damiano 1565 — S. Mar celli.io item — S. Sisto 1566 — S. Maria della Castagna item — Busalla 1567 — S.Giacomo di Carignano 1570 — SS. Salvatore 1576 — Bavari S. Desiderio item — S. Stefano 1578 — S. Marco 1580 — Borgofornari item — Quezzi 1581 — Metropolitana 1583 — S. Donato item — Carmine 1585 — Bavari S. Giorgio 1589 — S. Fruttuoso 1591 — S. Antonino Casamavari item — S. Martino d’Albaro 1593. — 37 — « danna l’abuso di contrahere li sponsali col mutuo bere del vino, onde si vedono spesso succedere gravissimi inconvenienti ». Un abuso invece, e molto strano, che vigeva al tempo del sinodo Della Torre è quello da esso colpito coll’art. 73 Quod lapides non proijciantur in benedictionibus sponsarum. Questo articolo proibisce sotto pena di scomunica scagliare pietre contro gli sposi in chiesa nell’atto della benedizione nuziale; e della stessa pena colpisce il sacerdote che avvistosi della cosa, non si parta dall’altare immediatamente, lasciando interrotta la funzione. Strano e ridicolo può oggi apparire il caso; ma in realtà era barbaro, residuo forse, dice il Rossi, di antiche rappresaglie che contro lo sposo si perpetravano da emuli che aspiravano alla mano della sposa. Comunque sia, l’uso riprovevole era diffuso in tutta la Liguria, ed in qualche luogo anche più violento che a Genova. Gli Statuti di Lingueglia « De non proiiciendo Iapides in ecclesia » stabiliscono « quod nulla persona non audeat proiicere lapides in ecclesia, quando sponsus vel sponsa audierit benedictionem, versus ipsorum personas, nec audeat quando sponsus levatur a benedictione ipsum percutere cum pugillo sive manu sub pene solidi I ». Gli statuti d’Albenga; « Quod nulla persona audeat vel présumât proiicere lapides, citronos aut alias res de qua percuti possit sponsus vel sponsa quando sunt ad altare et audiunt benedictionem ». Quelli di Levanto proibiscono « in nuptiis datos vel ulceos seu alia vasa rumpere frangere aut eiicere vel proiicere versus aliquem ». In S. Remo pure troviamo la rubrica « De non percutiendo sponsos vel sponsas » (1). In alcuni luoghi della Sicilia, Calabria, Umbria vigevano usi più miti e scherzevoli, come gettare nocciole o frutta secche od attraversare agli sposi l’entrata in casa con bastoni, ed altri scherzi. Art. 5. — Clero. Riguardo al Clero il Sinodo ha una quantità di disposizioni, dall’art. 23 al 61 inclusive ed altre ancora, che riguardano i doveri dei chierici, abito, residenza, benefizi, funerali, testamenti, privilegi, esenzioni, De honestate clericorum, ecc.; ma in massima sono le disposizioni del Diritto comune, e quindi non è il caso di soffermarvisi. (1) G. Rossi Glossario medioevale ligure, p. 59. — Varie particolarità intorno ai matrimoni, alla dote, ai conviti e feste che si facevano in famiglia, alle vesti e cortei ecc., si possono vedere in E. Pandiani, Vita privata genovese nel Rinascimento, in ASLSP., Voi. 47. — 38 - Invece merita un rilievo speciale l’art. 38, che tratta dei saceidoti in idazione all’insegnamento scolastico. È noto quanto il clero in ogni tempo si sia dedicato all’istruzione della gioventù; e come nell’antichità esso solo, come classe dotta, abbia tenuto viva la fiamma del sapere, insegnando nelle scuole episcopali, parrocchiali, claustrali e private, secondo lo spirito della Chiesa e le prescrizioni dei canoni. Più tardi però, certamente fin dal sec. XIII, cominciò in questo la concorrenza dei laici, la quale a poco a poco portò a screzi e lotte, per cui dovettero spesso intervenire le autorità civile ed ecclesiastica. Nel sec. XIV le cose non erano ancora molto inoltrate, e il nostro sinodo, art. citato, si limita a disporre Quod nullus sacerdos pubblice solemnes scholas ieneat nisi de Ordinarii sui licentia speciali; e aggiunge che, avuta questa licenza, il sacerdote faccia in modo che attendendo alla scuola, non trascuii i doveri del sacro ministero. Ma nel secolo successivo le cose erano cambiate; ei maestri laici, sempre più organizzati, non solo volevano avere la supremazia sul clero e tenere la direzione delle scuole, ma tentavano escludere quello delle scuole stesse. Perciò i sacerdoti professori e dottori di grammatica, tra i quali erano il parroco di S. Giacomo di Carignano, quello di S. Silvestro, il curato di S. Giovanni di Prè, l’arciprete di Pareto, il rettore di Murta, il cappellano di S. Luca, il rettore di Bacezza, quello d’isola del Cantone ecc., ecc., a nome di tutti i sacerdoti maestri, considerando che nullum aliud exercitium praeter divinum officium magis deceat sacerdotes et personas ecclesiasticas quam docere et instruere (pueros) gramaticam quae est origo et fundamentum omnium liberalium artium, eleggono due loro procuratori che li difendano contro i maestri laici (1). E nove anni dopo, nel 1495, essi ritornano alla carica e provocano un decreto del Vicario arcivescovile Mons. Domenico Vaccari, il quale, appellan dosi all’articolo 38 del nostro sinodo — Cum exercitium docendi pueros grama ticam a jure et constitutionibus sinodalibus non sit prohibitum, si tale exerci tium de licentia Ordinariorum fiai — e considerando che l’Arcivescovo d al lora e i suoi predecessori nei tempi passati avevano sempre permesso ai sacerdoti d’insegnare e tenere pubbliche scuole in tutta la città e diocesi, concede detta facoltà ai sacerdoti suddetti che ne avevano fatto domanda. E siccome i laici adducevano in loro favore le ragioni deH'economia domestica, il Vicario ritorce queste stesse ragioni a favore dei sacerdoti, i quali, egli dice, senza l’emolumento della scuola non potrebbero sostentare la vita. Riportiamo per esteso in Appendice l’importante decreto, come tenue contributo alla storia della scuola in Genova. (1) A. Massa, Documenti e notizie per la storia dell’istruzione in Genova, p. 13, - 39 - Ma nonostante la concorrenza dei laici, il clero continuò a fare scuola, sempre ricercato e preferito dalla fiducia dei genitori degli alunni; ed ancora nel sec. XVIII in tutte le parrocchie è notata dalle statistiche dell’Archivio arcivescovile la scuola che faceva il prete N.N., generalmente il Cappellano. È celebre poi nella storia della scuola l’abate Lorenzo Oaraventa, istitutore delle scuole elementari fatte per carità. Art. 6. — Digiuni ed astinenze. Il digiuno secondo la disciplina antica consisteva nel fare un unico pasto, di puro magro; che si prendeva nel pomeriggio, verso le ore tre (ora nona dell’orologio antico); ma in seguito si anticipò, e nel sec. XIV si era già portato al mezzogiorno (1). Questo in quanto alla sostanza; nelle sue particolarità ebbe a subire molte varianti secondo i luoghi e i tempi. Per la nostra Liguria quello che ci fa conoscere gli usi vigenti nel medioevo è il Sinodo che pubblichiamo. Esso all’art. 79 De observatione ieiuniorum fa stretto obbligo sotto pena di scomunica di astenersi dal mangiar carne e latticini durante la Quaresima, cioè dal mercoledì delle Ceneri sino a Pasqua, riprovando qualsiasi consuetudine contraria, che eventualmente potesse trovarsi in qualche luogo della diocesi e provincia; e dà ordine ai parroci di pubblicare in chiesa queste disposizioni. Cosa strana! non parla dei digiuni delle vigilie e delle quattro Tempora; ma questo non è che una svista, forse dell’ammanuense, perchè all’art. successivo proibisce sotto pena di scomunica di vendere carne in Quaresima, nelle vigilie e nella quattro Tempora, a meno che i compratori l’acquistino per mangiarla nei giorni permessi: il che dimostra che vigilie e quattro Tempora erano trattate come la Quaresima in quanto al digiuno. Le Vigilie con obbligo di digiuno erano quelle di Natale, Pentecoste, Assunta, Apostoli tutti, S. Lorenzo, S. Gio. Battista, e la festa del santo Patrono locale (2). Il Sinodo non parla fa\VAvvento; il che dimostra che in questo da noi non si osservava il digiuno, come non si osservava nella gran parte dei paesi cattolici, mentre in Roma, Francia, Germania, Inghilterra si osservava. (1) Villien, Histoire des Commandements de l’Eglise, p. 252. (2) Ivi, p. 236. Innoc. Ili, Decr. De Observatione Jejuniorum, L. 3, c. 2. Art. 7. — Decime e Cante fiore. Nella storia delle Decime genovesi è di capitale importanza l’opera svolta dbfr’arerveseev© Siro II (1130-1163), il quale inerendo alle disposizioni del CoTròUo Lateranense del 1139, magno studio laboravit circa decimas recuperandas, dice il compilatore del celebre Registro arcivescovile; il quale aggiunge eh'g le decime erano sì iniquamente usurpate dai laici, che alcuni le davano perfine in dote alle loro figlie (1). U detto Registro arcivescovile, che riassume disposizioni in materia date d^ arcivescovo, passa in rassegna tutte le decime della diocesi genovese, e i lóro usurpatori, e le rivendica alle chiese a cui spettavano. Ma nonostante quest’opera del grande Arcivescovo, gli abusi e le trasgressioni non mancarono anche in seguito, e quindi molti richiami si ebbero da parte dell’autorità diocesana. II nostro sinodo, art. 86, De Decimis et Cantariciis, premesso che le decime e cantegore dovute agli ecclesiastici, da alcuni non vengono corri-spO'.fe, ordina a tutti i parroci che se hanno parrocchiani che non paghino le decime dovute secondo il diritto o la consuetudine, li denunzino al Vescovo, il quale provvederà secondo giustizia; e aggiunge che essi parroci non debbono assolvere i colpevoli se non soddisfano a quest’obbligo. Come si vede, il sinodo accoppia insieme alle decime le Cantegore. Quest’ultime, ora scomparse dall’uso, erano un’istituzione popolare assai diffusa nel medio evo nella nostra Liguria, in Lombardia ed altrove, special-mente nelle campagne. Gerolamo Rossi (Glossario meodievale, 33) fa qualche riserva sulla serietà delle Cantegore nel savonese. Ma da noi esse erano al tutto encomiabili, pervase da solo spirito religioso e benefico. Nelle sere d’autunno piccoli drappelli di giovani della Polcevera e delle Riviere, andavano di casa in casa suonando e cantando divote canzoni, e chiedendo qualche offerta, che poi dal parroco veniva erogata in funzioni 'ii .'iffragio alle Anime. E non era al tutto trascurabile l’entità di quelle offerte. Il Rettore di Paveto in Polcevera nel 1253 rinunziava ad altri la paroc-chi;i con tutti i suoi beni e diritti, exceptis dacitis quae praestantur per homines Paverit pro cantariciis. Nel 1269 il Vicario arcivescovile condannava (1) Olà ai suoi tempi S. Cesario d’Arles (503-543) deplorava che le decime andavano Impiccate dai padri * nel comperare argenti ed ornamenti preziosissimi alle loro figlie» (Mlgne, \>. L., i. XXXIX, 2336). — 41 — certo Bartolino Piazza, di Quezzi, a corrispondere mezzo quartino di grano e mezzo barile d’olio al prete Guglielmo parroco di Quezzi per le Cante-gore, che annualmente si fanno in detta parrocchia. Sentenza poi ripetuta nel 1275 dal Podestà del Bisagno (1). Nelle parrocchie di Comago e di Cremeno, 1791 e 1835, le cantegore fruttavano alla chiesa rispettivamente L. 30 e L. 46. Nelle mie Memorie storiche di Comago (p. 158) pubblicai una di quelle devote canzoni, che si cantavano in detta parrocchia nelle cantegore, per invitare il popolo a suffragare « quell’alme meschine e derelitte - che stanno a purgar nel fuoco - i propi errori - e darle pronta aita - per farle a cara vita - in Dio beate ». Art. 8. — Mendicanti: Pseudoapostoli. La storia dei mendicanti, e la cura della legislazione ecclesiastica per contenere nei debiti limiti il loro moltiplicarsi, e frenarne gli abusi, in tutto il medio evo, è nota abbastanza. Il nostro Sinodo, art. 67, vieta severamente ai parroci di ricevere nelle loro chiese alcun questuante, che non abbia lettere commendatizie della S. Sede o del proprio Vescovo; e se abbiano queste commendatizie, non vuole tuttavia che si lascino predicare detti questuanti, cum saepe multa falsa immisceant. È la stessa disposizione del concilio Lateranense del 1215, can. 62 (Hefele, T. V, p. 1381 ss.), il quale aggiunge che detti mendicanti sotto mentite sembianze di pietà, e talora vestendo indebitamente abiti religiosi o di qualche congregazione o setta allora in voga, andavano promulgando Indulgenze indiscrete o superflue. Fra i molti mendicanti sono da ricordare i cosidetti Saccati o Fratelli dei Sacchi o Fratelli della penitenza di G. C., così appellati dall’abito di sacco che essi avevano assunto, ad imitazione di certi Francescani del primo periodo, senza però averne lo spirito, dice fra Salimbene (Chron., p. 109). Essi erano sorti in Provenza a metà del sec. XIII, e s’erano sparsi in molte città d’Italia, specialmente nel Modenese, predicando spesso dottrine eretiche e Gioachite (Holzapfel, Hist., p. 35 ss.). A Genova pure erano diffusi i Saccati, ma essi non erano spinti fino all’eresia, bensì costituivano una confraternita o corporazione religiosa, una specie di Terz’Ordine, secondo la tendenza molto comune in quell’epoca anche tra noi. Nel 1270, 28 gennaio, è indicato il loro Priore Provinciale, (1) ASLSP, vol. XXXI, P. 1, 189; P. 11, 188: e il mio Cremeno e la Polcevera, p. 160. — 42 - fr. Peire o Poirè, il quale comprava da Baccino Gattilusio una casa in contrada S. Spirito (Not. ignoti, 1270, Arch. di St. Genova). Molto peggiori di questi e più turbolenti erano i cosidetti Liberi spiriti, chiamati anche Apostolid o Fratres apostoli o Pseudoapostoli, setta fondata da Gerardo Segarelli di Parma, e tanto funesta alla religione ed all ordine pubblico, che contro di essa si dovette ricorrere alle armi per domarla, ed i suoi capi Segarelli e Dolcino furono arsi sul rogo nel 1300 e 1307. 11 nostro Sinodo ci apprende che anche a Genova erano penetrati questi falsi apostoli, come li definisce l’art. 68, il quale scaglia contro di essi gli anatemi deH’Apocalisse, (Capo 111) chiamandoli non apostoli ma sinagoga di Satana, e dando severo ordine ai parroci di non lasciarli entrare nelle loro chiese, nè a predicare, nè a mendicare, ma di scacciarli inesorabilmente, sotto pena di grave multa. In seguito non si trova più traccia di questi settari. Art. 9. — Usura; Commercio coi saraceni: Magia. Cinque articoli, dal 53 al 58, dedica il nostro Sinodo a colpire due classi di colpevoli assai numerosi al suo tempo; cioè gli usurai che dissanguavano il povero popolo nelle sue strettezze economiche, ed i commercianti, special mente quelli che trafficavano coll’Egitto, e che fornivano armi e materiali ai saraceni, i quali poi se ne servivano per perseguitare e massacrare i cristiani. 11 Diritto comune, Decretali L. V, T. XIX De Usuris, e L. V, T. VI De Judaeis et Saracenis, già colpivano di pene severe questi delitti. II Sinodo conferma quelle pene, lancia contro i rei la scomunica riservata al Vescovo, e insiste perchè i confessori indaghino diligentemente i penitenti perchè non sfugga qualche caso di simili reati; e scopertolo, non assolvano se non a tenore delle costituzioni. Neghino ai rei la sepoltura ecclesiastica. Ordina che i parroci nelle feste pubblichino in chiesa le dette Costitu zioni, affinchè nessuno possa scusarsi d’ignorarle. Deplora che, nonostante dette prescrizioni pontificie e sinodali, alcuni confessori concedano l’assoluzione a detti peccatori: detta una minuziosa prò cedura da tenersi prima di assolvere Usurarios Alexandrinos, e vuole che di tutto si roghi atto per mano di pubblico notaro, per garantire l’osservanza degli obblighi imposti. Anche le leggi della nostra Repubblica punivano severamente mutuantes pecuniam et deferentes arma Saracenis, e il commerciare con essi. Anche la Magia e la superstizione aveano messo profonde radici nel popolo. — 43 — Arabi di Spagna, giudei e saraceni, medici e giuristi ne erano ardenti fautori. Gli atti dei nostri notari dell’epoca contengono ricette e scongiuri, che venivano praticati ed insegnati dai loro stessi compilatori. Ovunque par* lavasi di patti col demonio, di commerci infami col diavolo. Per Genova ne ho dato cenno nell’opera N. S. della Guardia e il suo Santuario in Val Polcevera, Capo I (1). Già il diritto comune antico, Decretali L. V., T. XXI De sortilegiis avea condannato simili aberrazioni; ma con più frequenza vi insistono i sinodi di molte diocesi d’Italia, Germania, Spagna, Francia dall’inizio del secolo XIV al XV. È famosa la Bolla delle Streghe emanata da Innocenzo Vili nel 1484. Analogamente a queste disposizioni il nostro sinodo, art. 70, De sortilegiis condanna artem diabolicam divinandi vel incantandi vel sortilegio exercendi, ed infligge a tutti, uomini e donne che l’esercitassero ed a chi si facesse incantare o indovinare, un digiuno in pane ed acqua per ogni volta; e dichiara questo peccato riservato al Vescovo. Di più, l’art. 65 nota fra i peccati riservati exercere maleficia seu prestigio inter virum et uxorem. Ma nonostante tutte queste condanne, il male non cessò; e due secoli più tardi, il sinodo Pallavicini del 1574, De magia, divinationibus, incantationibus tollendis; ed il sinodo Sauli del 1588, capo 2, Delle superstizioni, incantesimi et altri malefici da togliersi, enumerano una lunga serie di simili colpe, confermando contro di esse le pene, scomuniche e riserve già in vigore; alle quali il sinodo Sauli aggiunge multe et anco la frusta et galera. Art. 10. — Chiese di Gius-patronato dell’Arcivescovo. Sono sedici chiese, tra pievi e parrocchie che il sinodo chiama Ecclesias januensis Archiepiscopi: Ecclesias nobis et mensce nostrce archiepiscopali immediate subiectas. Che cosa vuol dire questo? Si tratta di vero diritto di proprietà che i Vescovi aveano su quelle chiese; in sostanza un diritto di Giuspatronato, diritto che in antico era assai comune, poiché moltissime chiese erano soggette a patroni anche laici. Come era sorto un simile diritto? Edificare una chiesa, dare il terreno su cui essa verrà fabbricata, dotarla dei beni necessari, erano questi i titoli con cui si veniva ad acquistare il diritto di Giuspatronato, di cui trattano i canonisti commentando lo Jus Decre- (1) Cf. M. Rosi. Le streghe di Trìora in Liguria. Processi di stregoneria ecc., nella 2" metà del secolo XVI, in Rivista di discipline carcerarie, Roma 1898, — 44 - talium, L. III, T. XXXVII. E questi pure erano i diritti per cui i Vescovi genovesi erano Patroni delle suddette chiese; titoli a cui un altro si deve aggiungere, cioè la donazione di una chiesa al Vescovo da parte di qualche pio benefattore o fondatore di essa. Il più comune di questi titoli era il secondo, cioè quando il Vescovo donava il terreno su cui poi veniva edificata la chiesa. La pieve di S. Siro di Nervi ne è un esempio- Nel 1240, 5 giugno, I arciprete di essa dichiarava all’arcivescovo Giovanni Rossi di Cogoino che eadem Plebs fundata est et aedificata in solo sive patrimonio Palatii Archie-piscopalis Januensis; et jus patronatus sive fundationis vobis et Palatio Januensi in temporalibus et spiritualibus pertinet in medietate (1). Lo stesso dobbiamo ritenere avvenisse per molte altre chiese-Il sinodo parla, oltre che di quella di Nervi, di altre quindici, che sono: S. Martino di Sampierda-rena, S. Antonino di Casamavari, S. Bartolomeo di Staglieno, S. Michele di Mon-tesignano, S. Maria di Quezzi, S. Margherita, di Marassi, S. Maria di Molassana, S. Fruttuoso, S. Vincenzo, S. Silvestro, S. Stefano delle Fosse, S. Pietro di Cremeno, S. Andrea di Morego, S. Quirico, S. Margherita di Testana. Riguardo a S. Andrea di Morego, sappiamo dal Registro Arcivescovile 1 che la massima parte di questo paese era proprietà degli Arcivescovi; e quindi è naturale che quando fu fondata la chiesa, l’Arcivescovo ne donasse il terreno in cui essa stava per sorgere. Essa comparisce sempre in tutti i cataloghi di chiese come dipendente dall’Arcivescovo. Quella di S. Quirico, confinante con Morego, è nelle stesse condizioni di questa. S. Pietro di Cremeno, pure confinante con Morego, con tutta probabilità fu fondata dai Visconti, signori di Carmandino, o almeno su terreno di loro proprietà, e poi da loro ceduta agli Arcivescovi. A Molassana, Quezzi e vicinanze erano pure vaste possessioni dei Vescovi genovesi, e costituivano parte importante dell’antichissimo patrimonio vesco vile, proveniente da donazioni regie, pontificie e private alla Cattedra di S. Siro. Era naturale che su quei patrimoni sorgessero più che altrove sempre nuove chiese. Dalle suddette chiese di Giuspatronato i Vescovi traevano non pochi redditi e offerte in denaro ed in natura; mentre essi provvedevano al servizio religioso delle stesse, mandandovi sacerdoti che le uffiziassero sotto la loro speciale vigilanza (2). (1) Registro Arcivescovile II, ASLSP, vol. XVIII, p. 391. (2) - Tra i molti atti che si potrebbero citare, ricordiamo quello del 1298, 31 gennaio, con cui il B. Giacomo da Varajze Arcivescovo, dava in locazione a Simonello di Carman dino tutte le terre e possessioni della chiesa di Cremeno spettanti alla Mensa arcivescovile, (Not. Simone Fr. de Compagnone, R. I, f. 29, Arch. di St.). — 45 — L'arcivescovo Della Torre nell’art. citato, dichiarando essere suo dovere speciali patrocinio communire le dette chiese, ordina che tutti debbano rispettarle nei beni e nelle persone, e lancia la scomunica a chi osasse danneggiarle. Ma quei diritti patronali dei Vescovi sulle chiese a poco a poco andarono scomparendo; mentre invece presero consistenza e si moltiplicarono altri diritti in forma di annui censi, che le chiese e luoghi pii doveano corrispondere all’Arcivescovo, in una misura stabilita nei tassari ufficiali, che tuttora si conservano nei Registri della Mensa arcivescovile dell’epoca. Essendo questi affatto sconosciuti e inediti, credo interessante pubblicarne uno dei più antichi e completi, quello dell’anno 1421, che fu poi in vigore anche negli anni successivi. Vedi Appendice N. 2. CAPO VII. Sinodi vari (1377-1400). Art. 1. — 2° Sinodo dell'arcivescovo Della Torre a. 1377. Il Codice che forma l’oggetto principale di questo studio, contiene insieme al Sinodo del 1375 altre tre Costituzioni, emanate dall’arcivescovo Della Torre e dai suoi due immediati successori, Lanfranco Sacco e Giacomo Fieschi; costituzioni che formano col predetto Sinodo un tutto organico, il corpo delle leggi diocesane di Genova. La prima costituzione, sappiamo dal Codice che fu emanata dall arcivescovo Della Torre in piena sinodo celebrata in palatio archiepiscopali de S. Laurentio il 21 aprile 1377. In essa l’Arcivescovo, completando quanto avea disposto nel sinodo precedente, Costit. 89, che stabiliva la celebrazione del concilio provinciale ogni due anni, ne fissa la data al martedì successivo alla terza domenica dopo Pasqua. Art. 2. — Sinodo dell’arcivescovo Lanfranco Sacco, anno 1381. Lanfranco Sacco fu Arcivescovo di Genova dal 1377 al 1382. Nato da nobile famiglia di Pavia, entrò nell’ Ordine Benedettino e fu Abate di S. Siro in Genova dal 1350 fino alla sua elevazione alla sede arci-vescovile, 4 dicembre 1377 (Vedi abazia di S. Siro, Reg. Il, Fase, ultimo, Archivio arciv.). Egli nel 1381, 7 marzo, adunò il sinodo nel suo palazzo arcivescovile di S. Silvestro, ed in esso (in piena sinodo) emanò una Costituzione che comincia « Nos Lanfrancus », e che fu inclusa nel corpo delle Costituzioni - 47 — sinodali della diocesi, col N. 92, facendo seguito a quelle dell’Arcivescovo antecessore Andrea della Torre, come vedesi nel Ms. che illustriamo. Essa riguarda i Massari delle chiese, ed è la prima disposizione dell’ autorità diocesana in materia. Devesi notare che fino al secolo XIII soltanto il Clero, di regola generale, avea tenuto l’amministrazione dei beni delle chiese, escluso l’elemento laico. Ma da quest’epoca cominciarono ad eleggersi Massari laici i quali dovessero coadiuvare i parroci nelPamministrazione delle chiese. In Francia ne troviamo già dalla seconda metà del sec. XIII. A Oenova vennero alquanto più tardi. Nel 1347 li troviamo a S. Olcese, nel 1369 a Pedemonte (1). Essi, riconoscendosi eletti dal popolo, cioè dagli uomini della parrocchia, e da questi avendo ricevuto le più ampie facoltà di amministrare, alienare e disporre dei beni della chiesa parrocchiale, si ritenevano autorizzati ad esercitare quelle funzioni con certa indipendenza dall’autorità ecclesiastica, e solo come rappresentanti del popolo. Il principio era totalmente sbagliato e pericoloso, e i fatti dimostrarono quanti abusi, dispersioni, usurpazioni di beni ecclesiastici ne seguirono nel corso dei secoli, causa la poca coscienza ed onestà di molti massari. Ad impedire questi disordini è diretta la Costituzione dell’arcivescovo Lanfranco; la quale, premesso che ai laici de rebus ecclesiasticis disponendi nulla est attributa facultas, e ad essi manet obsequendi necessitas non auctoritas imperandi, deplora che sia invalsa da noi la consuetudine damnosa, mici-dialis corruptela juris, per cui uomini laici vengono eletti ad amministrare con piena libertà i beni mobili ed immobili delle chiese vacanti e non vacanti; i quali massari disperdono quei beni, concedendoli in enfiteusi per un canone minimo a parenti ed amici, od in altri modi li dissipano, con gravissimo danno e rovina del patrimonio ecclesiastico; per questi motivi l'Arcivescovo decreta che tutti i massari di chiese debbano ogni anno presentare i conti della loro amministrazione a lui od al suo Vicario, sotto pena di scomunica latae sententiae. Ordina ancora, sotto la stessa pena, ai massari che saranno eletti in avvenire, di presentarsi entro un mese dalla loro elezione a lui od al suo vicario per riceverne la conferma. Questa costituzione veniva poi riportata nel sinodo dell’arcivescovo Pileo De Martini del 1421, n. X, che la estendeva anche agli amministratori degli ospedali. (1) G. Cipollino, Regesti di Val Polcevera, p. 121. — Not. Benedetto Torre, Filza unica atto 4 nov. 1369, arch. di St. - 48 - Art. 3. — 1° Sinodo dell'arcivescovo Giacomo Fieschi, a. 1385. Scrive l’Accinelli (Op. c. p. 201) « l’Arcivescovo Giacomo Fieschi tenne in quest’anno 1385 Sinodo Provinciale, in cui furono eletti quattro soggetti per indagare giontamente con esso Arcivescovo tutti li redditi delle Chiese, Monasteri e luoghi ecclesiastici della città e Diocesi, per indi iegolare la loro Tassa secondo l’ordine di Papa Urbano ». Notiamo che l’Arcivescovo Fieschi, della nobilissima famiglia che eia fra noi l’esponente del partito guelfo, sempre avea lottato in difesa dei dii itti del legittimo Papa; e nel 1385, mentre Urbano VI si trovava assediato in Nocera, egli si recava alla Curia pontificia per tentare la sua liberazione, che poi realmente si effettuò mediante la flotta genovese, che portò il Papa a Genova, ove egli stette dal 23 settembre 1385 al 16 dicembre 1386, sempie rinchiuso nella commenda di Pré, per timore di qualche congiura. Tre giorni dopo l’arrivo del Papa a Genova, il 26 settembre 1 Arci ve scovo adunava il sinodo di cui parla l’Accinelli, allo scopo di organizzare per ordine pontificio una nuova colletta che ci è descritta nel Cartulanurn Talie imposite clero Januensi de libris DCC Januinorum dandis et solven domino nostro Urbano Pape VI dell’Arch. Capit. di S. Lorenzo, Registrum Talee omnium ecclesiarum lanuen Dioc. già da me riportata in parte monografia Cremeno e la Polcevera pag. 184 e segg. L’Arcivescovo predetto era stato eletto da Urbano VI Collettore papa della decima triennale in tutta la Liguria e Lombardia (confr. Pongiglione, o. c., pag. 175). Art. 4. — 2° Sinodo dell’arcivescovo Giacomo Fieschi, a. 1400. Di un altro sinodo tenuto dall’Arcivescovo Fieschi ci parla il nos* Codice: sinodo che fu tenuto nel palazzo arcivescovile il 29 luglio 1 In esso l’Arcivescovo emanava la costituzione che comincia Vanitati u nonnullorum clericorum, in cui dava minuziose prescrizioni sulla forma l’abito clericale, in aggiunta a quanto avea disposto il sinodo Della Torre, art. 31, che prescriveva ai sacerdoti di portare l’abito talare, mantello, berretto o cappuccio, vietando le vesti di colore, tanto conformi al gusto dell epoca. La Costituzione dell’arcivescovo Fieschi porta il n. 93° ed ultimo ne corpo delle Costituzioni sinodali del Codice. APPENDICI ' ■ APPENDICE I. (Vedi pag. 38) 1495, 28 aprile. — Mons. Domenico Vaccari Vicario arcivescovile conferma ai Sacerdoti la licenza di fare scuola. 1495, 28 Aprilis — Dominicus etc. Dilectis nobis in christo infra-scriptis sacerdotibus inferius nominatis in civitate Januen commorantibus salutem in D.no. Cum exercitium docendi pueros gramaticam a jure et sacris canonibus et constitutionibus sinodalibus non sit prohibitum si talle exercicium de licentia ordinariorum vel suorum vicariorum fiat, et vos sacerdotes inferius notati sicut nobis exposuistis tenues habeatis redditus ex capellaniis quibus in divinis deservitis, et vitam vestram substentare non valeatis, nisi ex dicto exeicitio docendi gramaticam aliquid percipiatis, et attendentes quod retroactis temporibus per prefatum Rev.mum D.num Archiepiscopum et predecesso-res suos ac ipsorum pro tempore vicarios et officiales generales permissum sit sacerdotibus in dicta civitate suburbiis et diocesi Januen scolas publice regere et docere pueros gramaticam, et quia vos infrascripti inferius notati a nobis humiliter petistis et requisivistis vobis docendi pueros gramaticam et publice scolas tenendi et regendi in civitate et diocesi Januen prout hactenus fecistis, per nos licentiam concedi: ac alias in et super premissis opportune providere auctoritate ordinaria dignaremur: Nos igitur attendentes requisitionem huius-modi fore iustam et consonam rationi, ac volentes vestrum infrascriptorum sacerdotum inopie providere ut tenemur, ut vitam vestram substentare valeatis: idcirco auctoritate prefati R.mi D.ni Archiepiscopi nobis commissa et qua fungimur, vobis infrascriptis sacerdotibus inferius nominatis tenore presentium ut scolas publice tenere et regere et pueros gramaticam docere et instruere in civitate suburbiis et diocesi Januen et absque aliquo impedimento cuiuscumque persone quacumque auctoritate fungentis libere et licite possitis et - à2 - Valeatis licentiam et facultatem plenam, amplam et liberam tenore presentium concedimus et facultatem omnimodam impartimur, quibuscumque proliibitio-rlibus per quosvis presentatis in contrarium non obstantibus. In quorum. Datum Janue in domibus habitationis nostre sitte in contrata sancti feeorgij, anno a nativitate D.ni MCCCCLXXXX quinto die XXVIII aprilis. Nomina vero et cognomina dictorum sacerdotum sunt hec: Pres.ter jacob de Castiliono — Pr. Lazarus Lunensis — Pr. Johannes dfe Ponzulo Lunensis — Pr. Bernardus maiochus — Pr. Petrus de Zimagorio loannes barlarius — Pr. Laurentius burgensis — Pr. Petrus de galonis de cornilia — Pr. Laurentius de Capponis de Sigèstro — Pr. Baptista de Sarzana — Pr. Benedictus de.... — Pr. Augustinus de platia — Pr. Raffael de turri — Pr. Alinerius de Tabia — Pr. Laurentius durante — Pr. Antonius de Corte sijs clericus Januen diocesis. (Not- Baldasscire de Coronato, F. 1, senza numerazione di fogli, Arch. Arcivescovile) jt jt jt APPENDICE II. (Vedi pag. 45) 1421. — Chiese e monasteri che pagavano censi all’Arcivescovo. MCCCCXXI. Infrascripti sunt census qui solvi debent palatio seu mense Archiepiscoscopali Januen ab ecclesiis... oratoriis... et monasteriis infrascriptis: Ecclesie. Sacristia ecclesie Januen L. XXX11 cere Ecclesia S. Georgii medietatem oblationum et candelarum in Nativitate et resurrectione D.ni ac festivitate omnium Sanctorum et S. Georgii et prò palio solito L. UH. Ecclesia mediolanensis in festo S. Andree L. Il » S. Michaelis ordinis S. Ruffi s. X » S. Marie de Cella s. V et L. cere » S. Iohannis de Borbonino s. VI » De Mazo et homines dicti loci s. Ili » S. Stephani de fossis L. VI cere » S- Marie de Garbo L. Vili cere » S. Andree de Medolico s. VI » Crucifferorum de Bisamne L. I cere » S. Margarite de Morigaio L. I cere » S. Alberti de Sexto L. I cere » S. Martini de Marenzano de Pulcifera prò una spatula porci s, I den. VI. L. i/2 cere » S. Quilici de Pulciffera s. VI » S. Antonini de Guisylfis L. I cerç — 54 - Ecclesia S. Luce de lanua s. 1 » S. Bernardi L. 1 incensi » S. Marie de Albario L. i/i incensi » S. Marie de perualo L. 1 incensi » S. Marie Magdalene de Janua L. 11 cere » S. Crucis de Janua L. 1 cere * S- Marci de Modulo L. 1 cere » Domus Qarisie vel Garesie in Sarzano s. X » Oratorium S. leronimi in villa Casteleti L. 1 cere » S. Martini de Jrchis L. I cere > S. Salvatoris de Sarzano L. I cere > de Pesagnis in Sexto L. I cere » de Pavayrano s. V » S. Marie de Quarto s. X » S. Marie de Vialata L. VI cere Ecclesia S. Brigide in parrochia S. Michaelis L. Il cere Oratorium S. Herasmi in Cruceta de Casamavari L. I cere » S. Anne sub villa casteleti L. I cere Ecclesia S. Eusebii prope Gavium L. 1 cere S. Stephani de S. Romulo in ramis Palmarum ramum I palmarum Monasteria Monasterium Sti Benigni pro ecclesia S. Antonii de Bonifatio L. V s. VIII » S. Marie Vallis Xristi de rapalo s. IV » S. Sepulcri s. V » S. Petri de Vexima s. III » de Libiola de Sigestro s. VIII * S. Nicolai de Valeclara L. I cere » SS Spiritus L. I cere * S. Martini insule Galinarie de Albingana s. VI d. VI » S. Margarite de granarolio L. I cere * S. lacobi de granarolio L. I cere * S. Petri de Costa L. I cere * S. Eustachii de Clavaro L. I cere * S. Columbani L. I cere » S. Barnabe de Carbonaria L. I cere » S. Marie de Jubino L. I cere » S. Germani L. I cere » SS. lacobi et Philippi L. I cere — 55 — Monasterium S. Marie de Belvedere seu S. Consolate L. I cere * S. Bartholomei de Hermineis de Murtedo L. I cere » S. Bartholamei de Olivella L. I cere » S. Marie de terra alba L. I cere » S. Marie de petra minuta L. I cere ® S. Agate de Bissanne L. I cere s S. Marte ordinis Humiliatorum L. I cere » S. Marie de Calignano L. I cere » S. Leonardi L. I cere » S. Benedicti L. I cere » De Belvidere de promentorio pro quo fratres heremitarum L. I cere » Convertitarum L. I cere » S. Helene de Albario L. I cere » S. Marie seu Margarite de Rocheta L. I cere » S. leronimi de Cervaria L. Ili cere >' S. Jeronimi de Quarto L. 1/2 cere » S. Marie de peroalo L. I cere S. Syri de Janua crateram I nectaris, candelas VIIII in Paschate et Nativitate S. Stephani crateram 1 nectaris candelas VII in Nativitate Domini et in Resurrectione » S. Thome crateram I nectaris candelas 111 » S. Venerii de Tyro L. Ili cere » S. Pauli in parrochia S. Michaelis L. I cere Per brevità si omettono gli Ospedali e le Cappellanie. {Arch. arciv. Cartul. Mensa, XIX, fase. Il) jt j* j* PARTE SECONDA TESTI Sinodo provinciale dell’arcivescovo Andrea Della Torre, anno 1375. (Dal Cod. K. I. 4, Arch. Arde, di Genova). (f. I) Sacro eloquio attestante..... humana cordis a sua d..... Jdeo oportet quod talis pr.....arceatur ne periculosa [in] precipieium etiam convertatur.....(1) Propterea ecclesia dei debet esse sine macula... predictorum (?) prelatorum officium decorem domus dei diligere]..... abolere. Cum Jgitur Nos frater Andreas dei et [apostolica sedis gratia] immerito simus in speculo pastoralis culminis [constituti] qualiter a domo dei possimus Removere.....fovere pulchritudinem Sanctitatis Jdeoque statuta... fratres nostros et suffraganeos nostros dominos albingan[ensem]... nobiseum mandato domini nostri pape et eius auc[toritate]... nobis in consilio provinciali fratribus Nostris canonicis... Sancti [Syri] Sancti [Stephani]..... (f. I”)... [ant]e pectus cum omni reuerentia et timore dicendo psalmum [Miserere vel alio]s psalmos prout Sibi pracuerit (sic) semper lumine et cruce [precedentibus et pulsetur campana] a Sonante ut ab omnibus reverentius adoretur. Jpsam (ipsa) vero eucaristia que pro i]nfirmis reservatur semper singulis mensibus renovetur. [Item quod] episcopi erisma et oleum sanctum sub clavibus [diligenter et fideliter custodiant] nec alicui pro faciendo aliquod inhonestum [occasio ab eis] tribuatur. [Item statuimus precipimus et ordinamus quod] episcopi et oleo Sancto et oleo Jntirmorum... prestigium vel nepharium exerceri Cum sint potius... [medi]cina Statuimus ut hec omnia Sub fideli custodia clavibus [adhibitis serventur ne] possint ad illa themerarie manus extendi firmiter [cle]ricus uel ecclesiarum minister predicta aliquo miio aliquid... possit fieri aliquod inhonestum. Si quis autem contra hec [facere presumpserit, si fuerit clericus per tres] menses ab officio sit ipso facto Suspensus, si laicus... (2) (f. III) in suo robore permanere. Si que autem ecclesie collegiate sunt que super hoc aliquod Statutum non habent teneantur infra duos menses ab (1) Le parole fra parentesi quadre mancano nel Codice, causa le corrosioni dei fogli o per errore, e si suppliscono sulla scorta di documenti similari, o perchè suggerite dal contesto. Quelle in parentesi comune si trovano nel codice per imperizia delPamanuense e quindi sono da sopprimere. (2) Fin qui è il contenulo nei due brani che rimangono delle quattro facciate perdute. Dopo incominciano i fogli regolari. - 60 - huius constitucionis publicatione facere et nobis in diosesi nostra vel diocesani^] iu diocesi sua presentare prohibemus autem ne ipsi clerici quando diuinis officijs jn-tersuut indebitas col[i]ucutiones uel confabulaciones ad inuicem vel cum laycis habeant vllo modo. 13. (1) Quod omnes ecclesie in officijs celebrandis Matrici ecclesie Se conforment. C. xiij [I]Tem quia non licet a capite membra discedere [et] injunctum est vt vnusquis-que regulas Magisterij Jnde sumat vnde ac[c]epit consecrationem et gradum honoris btatuimus vt omnes ecclesie nostre diocesis in psal[l]endo et officijs celebrandis nostre cathedrali ecclesie se conforment Et Jdeo omnes ecclesiarum ministri nostre diocesis habere procurent in suis ecclesijs librum Jllum qui vsus vocatur qui in beati lauren-[cii eccles]ia metropolitana habetur et Justa Jllius libri continentiam divina offi[cia St]udeant Selebrare (sic). 14. Quod omnes tam in duitate quam dyocesi ad lectanias Veniant et in habitu deuoto incedant. C. xiiij. [I]Tem Volumus et Mandamus Vt lectanie per diocesim more Solito cum de-u[otion]e fiant et omnes prepositi archipresbiteri et rectores ecclesiarum cum suis cie ricis ad [lejctanias Jpsas deuote et in decenti habitu vadant custodibus in ipsis ecclesijs dimissis qui autem hoc facere neglexerint prepositi et Archipresbiteri in soldis decem canouici(s) in soldis quinque capellani vero in soldis tribus puniantur. 15. Quod prepositi et alij ministri ecclesiarum venire teneantur ad ecclesiam ma tricem in certis festiuitatibus et diebus. C. xv. [T]Tem statuimus quoi dì ecïlesijs collegiatis saltem prepositus uel canonicus cum vno capellano de ceteris Autem ecclesijs vnus saltem capellanus ad ecclesiam nostram Matricem veniant in festiuitatibus in[fra]scriptis facta autem processione petita licen tia a preposito uel ab alio maifore de] capitulo Si prepositus presens non esset tam Vnus de ecclesijs collegiat[is quam i]psi capellani ad ecclesias su[as] possint redire festiuitates in quibus debent [venire s]unt hee videlicet in [nati]uitate domini (f. 1 v in purificatione beate marie in ramis palmarum in cena domini in Sabbato Sancto m pascate in natiuitate et reuelacione corporis beati Johannis baptiste in Sabbato pen tecostes in Sancto Siro in Sancto laurencio Jn dedicacione ecclesie Sancti lauiencij in lectaniis autem maioribus que fiunt in festo Sancti marchi et in lectanijs minoribus que fiunt tribus diebus ante ascensionem Vniuersaliter omnes debent venire tam prepo siti quam omnes alij clerici Qui Autem in supradictis festiuitatibus ad nostram matri (1) I numeri in capo ai titoli non sono nel Codice, ma 6j mçttono per maggior chiarezza — 61 — ceni ecclesiam venire contempserit aut neglexerit in soldis quinque condemnetur jn purificacione autem veniant vt superius Cum nos personaliter Jremus ad ecclesiam beate marie de castello facta autem processione ad suas ecclesias reuertantur. 16. Quod, clèrici non permittant fieri Vigilias in festi tuita tibus suarum ecclesiarum. [I]Tem cum vigilias que in aliquibus ecclesijs fieri consueuerunt credamus a principio fuisse inuentas ob deuotionem quas modo nunc hom[ines conjuerterunt Jn dis[s]o-lucionem Jdeo ipsas vigilias in festiuitatibus ipsarum efcclesiarum] fierj in tota nostra diocesi penitus inhibemus Statuentes ne aliqui clerici permittant in suis ecclesijs vel in domibus ecclesiarum in festiuitatibus ipsarum ecclesiarum ipsas vigilias fieri vllo modo et quoniam aliqui asserunt ex emisso voto ad huiusmodi vigilias se teneri Nolumus quod dicti Sacerdotes etiam sub pretextu alicuius voti uel altera quacumque de causa aliquem in [sua ejcclesia uel Juxta eam ad vigilias ipsas admittant qui autem admis(s)erit in soldis quadraginta condennetur Qui vero pretendunt se ad hoc uoto esse adstrictos (ad nos) uel ad nostrum penitenciarium seu uicarium veniant et eis super hoc consilium dabitur Salutare. 17. Quod omnes ecclesie def[f\erant eccelesie matrici in pulsacionibus nisi forte ecclesia haberet festum aliquod speciale. [I]Tern Mandamus quod omnes ecclesie tam collegiate quam cappelle deferre debeant in pulsacionibus sue matrici ec[cles]ie Jta quod ante ipsam nulla ecclesia ad horas pulsare debeat nisi forte h[aberet] festum aliquod Speciale Si qui autem contra hoc fecerint in soldis quin[que puniejntur in Sabbato autem Sancto vniuersaliter omnes tam clerici quam religiosi cathejdrali ecclesie def[f]erant nec ante ipsam (f. IV) pulsare présumant Si qui autem contrarium fecerint in soldis quadraginta Janu[in]orum puniantur Volumus etiam quod capelle plebium in pulsacione def[f)erant plebibus earum et maxime Jlle que comode audire possint pulsacionem ipsarum plebium Si qui autem contrarium fecerint in soldis tribus puniantur. 18. Quod in omnibus ecclesiis que sunt in duitate et suburbijs in dominica post ascensionem fiat totum officium tam diurnum quam no[c]turnu)n de reuelacione beati Johannis baptiste. C. xviiij . [I]Tem cum deus ecclesiam nostram honore(m) inmenso extulerit quando Sacrum corpus Sancti Johannis Baptiste nobis quadam Speciali prerogatiua donauit Jllum diem beatum quo fuit eius Sanctissimum corpus reuelatum scilicet dominicam primam post ascensionem domini debemus solemniter agere et festiuis laudibus honorare uel celebrare Quocirca statuimus et or[dina]mus quatenus in omnibus ecclesijs que sunt in ciuitate nostia et Suburbijs et in tota nostra diocesi in dominica supradicta fiat festum et totum officium tam diurnum quam nocturnum de reuelacione corporis beati Johannis Baptiste vt eius Suffragantibus meritis possimus hic dei gratia perflui (sic) et in futuro eterna premia promereri. — 62 - 15). Quod in ecclesijs collegiatis vbi fieri potest in festiuis diebus Diaconus et Subdiacomis Sacris vestibus Jnduantur. xyiii.t. [I]Tem statuimus et ordinamus quod in omnibus ecclesijs collegiatis et maxime vbi est copia virorum minorum Diebus dominicis et festiuis quando missa conuentualis Selebratur (sic) preter Sacerdotem qui missam decantat si(i)nt Ministri duo saciis vestibus indu[c]ti. Scilicet. Subdiaconus qui epistolam legat et diaconus qui euangelium dicat poterunt tamen nichilominus ipsi ministri sic parati Juuare si necesse fuerit ad canendum. 20. Quod omnes capellani Vadant ad plebes suas in ramis palmarum C. xx. [I]Tem precipimus et ordinamus quod [omnes ea]pellani vadant ad plebes suas in ramis palmarum et in [sabbato sancto] ad funtes benedicendos in lectanijs et in festo sue plebis [si quis] autem in supradictis diebus (f. llllc) ad plebes Suas re neglexerit in soldis decem condennetur Jsta autem fieri volumus prout ex antiqua ap[p]robata consuetudine fierj consueuit et quia officium Jlloruin dierum est lixum Mandamus quod Jllis diebus Jta tempestiue vadant quod officium possi debita expediri. 21. Quod fiant lectanie xxi. [I]Tem statuimus et ordinamus quod omnes Archipresbiterj cum more solito per tres dies ante ascensionem domini deuote faciant et celebient ^ ec^ ^ et quoniam Jntelleximus quod in die ascensionis siue die dominica sequenti o [bus]iam faciunt notabiles vanitates que transcurle vocantur Jdeo disti icte m ^ ne aliqui sacerdotes uel clerici ad Jllas transcurl[l]as vllo modo accedant quo si attentauerjnt quemlibet ipsorum ex vi huius constitucionis in soldis quaci Januinorum Sententialiter condennamus. 22. Quod nullus faciat vel(Y)a in ecclesia xxij. [I]Tem cum ecclesiam domum dei diuinis laudibus et (h)oracionibus deput ^ secularium operum exercicijs dehonestare non deceat pri[mo secundo] et ®rc peremptorie vniuersos et singulos monendo eisque Sub excomunicacionis pena an Statuimus vt (si) quis in ecclesia vel(l)a uel queuis alia secularia opera secularibus u® ^ deputanda per que non modicum Jmpedirj possit ecclesia uel officia diuina 111 ' congrue celebrarj facere non présumât Vniuersis autem et singulis prelatis et e siarum ministris districte precip[im]us et eos primo secundo et tercio commonemus huismodi opera in ecclesijs suis quantum poterunt fieri prohibeant hijs qui huiusm salutifera preceptiones et monita seruare neglexerint pro nostre moderacionis ai >i puniendis reseruatis. —i — De rebus ecclesie non alienandis. — 23. Quod nullus bona ecclesiarum alienet nec calices et ornamenta ecclesie vendat del obliget et quod si quis furtiue surripuerit ecclesie ornamenta in carcerem recludatur et quod nullus Arbores util(l)es et domesticas Jncidat. C. xxn.r. [I]Tem statuimus quod nullus [clericus] ecclesiarum mobilia uel inmobilia vendat uel obliget uel al[ienet nisi]in cas(s)ibus a Jure concessis absque nostra uel vicarij nostri in diocesi nostra uel dioces[ani sui uel] eius vicarij in diocesi sua licentia Specialj (f. V) et Si secus fuerit attentatum ipsa vendicio vel pignoratio uel alienacio sit cassa et Jrrita et nullius valoris et Jlle qui hoc facere presumpserit soluat pro qualibet vice libras quinque Januinorutn et nichilominus ecclesiam reddat indempnom Jnterdicimus etiam ne quis calices cruces libros vestes Sacras et alia ecclesia ornamenta vendat uel obliget per se uel per alium ullo modo et qui contrafecerit pro qualibet vice in libris tres Januinorum puniatur et Jnsuper ecclesiam reddat indennem Si uero calices cruces libros paramenta et huiusmodi ad diuinum officium pertinentia aliquis clericus mali-ciose et furtiue Surripuerit pro qualibet vice soluat libras quinque et tamdiu Jn carcere detineri volumus donec ecclesie satisfecerit quam sic dannificauit Talis etiam Si eius curpa (sic) exigerit poterit omni officio et beneficio Spoliari Jnterdicimus etiam ne quis in diocesi nostra arbores aliquas utiles et’ domesticas causa vendendi Jncidat uel incidi faciat sine nostra licentia Speciali Si 3ecus presumpserit condennetur in libris tribus Januinorum et nichilominus ecclesiam reddat Jndennem. 24* Quod nullus det nec Jmpignoret alicui lageo aliquas decimas xxiiij. [I]Tem inhibemus districte ne aliqui ius decimandi aliquibus laicis dent vel Jmpi-gnorent uel de nouo Jnfeudent uel modo aliquo alienent nisi in cas(s)ibus a Jure permissis et Si aliqui contrarium fecerint per sex menses ab officio et beneficio sint Suspensi et nichilominus ecclesiam reddant indennem si autem per aliquos predecessores suos ipsum Jus decimandi alicui layco fuerit datum nel Jmpignoratnm uel de nouo infeudatimi et alias alienatum Studeant hoc reuocare et recuperare. Contraditores et rebelles si quod fecerint per Sententiam ecclesiasticam compescendo. 25. Quod nullus clericus locet domum ecclesie Midierj mal(J)e fa me. [[]Tem cum intel[l]exerimus quod quidam clerici per se uel alium domos ecclesie locant et alio modo concedunt mulieribus mal(l)e fame quod quidem est Scandalum laycis et non caret scrupolo mal(l)e .........onis Jdeo Sub pena librarum x Jnterdi- ciinus ne de ceteio aliquis [clericu]s domum ecclesie alicui mulieri inal(l)e fame per se uel pei alium loca[ie seu] aliquo modo concedere présumât et si aliquis locauerit red-[d]ita Sibi pensione ipsam infra mensem licentiet et expellat quod si forte ex aliqua causa ipsam non posset expellere ad nos recur[r]at nostrum auxilium et consilium petiturus Si quis autem contra hoc nostrum mandatum venire presumpserit uel ipsum adJmplere neglexerit in libris quinque Januinorum Sententialiter condempnetur. - 64 26. Quod nullus locare possit possessiones ecclesie alicui nobili nec fideiuberè possit pro layco xxvi. [P]rouida deliberatione omnium qui in dicto prouinciali consilio .Interfuerunt accedente consensu statuimus et statuendo mandamns primo Secundo et tercio et peremptorio termino quod abbas seu abbatissa prior uel priorissa prepositus Archipre-sbiter capellanus canonicus uel quiuis alius clericus nostre ciuitatis uel diocesis uel aliquis habens causam ab eis non possit vel debeat locare ad annuam pensionem terras domos nel possessiones suorum monasteriorum seu ecclesiarum ad magnum uel modicum tempus alicui nobili nec etiam fideiubere possit pro aliquo laico et qui contra-fecerit ipso facto penam libra[ru]m decem Januinorum incurrat. De cohabitatione clericorum lajcorum et mulierum et concubinis eorum. \ 27. Quod clerici publice concubinarij pro prima vice qua fuerint inventi libras quinque persolvant pro secunda libras decem pro tercia omni officio et beneficio spol-(\)ie[njtur xxvu. [[]Tem quia Juxta profe(c)tam ambulans in via inmaculata debet domino mini* strare cum ipse in ministris suis corporis et anime diligat puritatem oportet eciam vt ipsi clerici mundiciam diligant custodiant et obseruent et Jdeo districte precipimus ut , ■ i ‘ J' omnes clerici publice concubinarij Jpsas concubinas infra mensem a huius nos ri e i* [c]ti publicatione a se omnino remoueant eas vlterius minime admissuri(j) quod nec in do nibus ecclesie nec Jn parochia nec alibi publice eas tenere présumant Si quis Au tem Contra hoc fecisse deprehensus fuerit in libras quinque Januinorum Sententialiter condennetur tertiam autem partem habeat denuncians siue accusator et habeatur occultus. Qui si Jterum [in peccajtum redierit concubinam aliquam in domibus ecclesie uel in parochia se[a ecclesia] publice detinendo in libras decem Januinorum Sentencialiter condennetur quam [si non dimis]serit et Jterum retinere publice aliquam concubinam (f. VI) presumpserit omni officio et beneficio Spolietur districte Autem inhibemus ne aliquis clericus filios suos et maxime in Sacris ordinibus generatos in domibus ecclesie tenere présumât Et si quis contrarium fecerit pro qualibet vice in soldis quadraginta Januinorum puniatur et medietas sit denunciantis et habeatur occultus. 28. Quod clerici nec permittant habitare secum aliquas mulieres nisi forte sacerdotes rurales tenerent secum matrem uel Sororem xxviJi. [I]Tem cum secundum apostulum (sic) non tantum a mal(l)o sed eciam ab omni specie mali sit abstinendum prohibemus ne clerici aliquas mulieres secum habitare permit[t]ant nisi forte Sacerdotes rurales ex necessitate et causa legiptima Jllas feminas secum habitare permitterent in quibus naturale fedus nichi 1 permittit seui criminis Suspicari vt est mater et soror et etiam sacerdotes in ciuitate commorantes matrem propriam in domo retinere possint. Si qui autem contrarium fecerint[ per] tres menses a beneficio ecclesie sint Suspensi tempore Autem Jnfirmitatis grauis tenere possint aliquam mulierem non Suspectam. — 65 — 2!t. Quod vxorati tenentes publice concubinas et ipse concubine si[n]t excomum-cati nis(s)i Jnfrn quindenam a se ipsis mutue recesserint. C.xxviiij. [I]Tem cum aliqui vxorati in offensam dei [in] injuriam matrimoni)’ [et] in suarum periculum animarum concubinas tenere publice non vereantur precipimus omnibus vxo-ratis ac eos monemus vt Jlli qui publice concubinas tenent Jnfra quindenam omnino eas dimittant. Alioquin presentis approbacione consilij eos ex nunc excomunicacionis vincul(l)o Jnnodamus a qua absolui non possint nisi concubinas abiciant ipsas vlte-rius minime admissuri Jpsas autem concubinas Si ab eis Jnfra dictum terminum non recesserint eiusdem excommunicacionis Sentencie Volumus Subiacere Sacerdos autem et ministri ecclesiarum ipsam constitucionem et Sentenciam in suis ecclesijs semel uel bis in anno eis denuncient ne aliqui se possent per Jgnorantiam excusare. De Vita et honestate clericorum 30. Quod Subdiaconus uel diaconus uel Sacerdos ludentes ad azardum uel correi-zantes■ condenne[n]tur Si uero publice hoc fecerint pena duplicetur religiosi autem ieiu-nent in pane et acqua et........ xxx. [I]Tem discricte inhibemus omnibus cler[icis ne lu]dant ad azardum nec correis se inmisce(r)ant vllo modo nec e[tiam lu]dis et spectaculis debeaDt Jnteresse Si quis subdiaconus ad [azardum I]userit uel [co]rrezauerit in solidos (f. VIv) decem Jauino-rum diaconus vero in solidos xx. Sacerdos autem Si ad azardum lus[er]it uel correi-zauerit in solidos xxxx Januinorum Sentencialiter condennetur si vero predictos ludos publice fecerint pena Superius posita duplicetur Jntelligimus autem Jsta publice fieri quando aliquis laycus vir Scilicet uel femina Jbi essent religiose autem persone Si ad axardum luserint siue correizauerint pro quacumque vice ieiunent vna die in pane et aqua nisi Cum eis post deli[c]tum per ordinarium suum dicta pena mut-(t)etur in aliam. 31. Quod omnes clerici in habitu honesto incedant et in choro cottas [vel] cappas habeant coronam et tonsuram def[f]erant congruenter. [I]Tem statuimus quod omnes clerici et maxime in dignitatibus siue personati-bus et Sacris ordinibus constituti honeste et continenter viuant et in habitu condecenti incedant inful(l)as [et t]unicas patenter non def(f)erant pannis rubei[s] aut viridibus vel manicis aut Sub(s)tellaribus consuticiis non vtantur. Nolumus autem quod clerici personatus habentes cappellani et canonici in collegiatis ecclesijs existentes vestes def(f)erant clausas et vsque ad talium pertensas ne[c] per civitatem publice sine clamide vel capa vel aliter habitu h[on]esto et birrecto vel capuceo vestito incedant nisi forte equitando vel tempore pruuiali tabaldis aliquibus Vterentur inhibemus etiam ne clerici quando sunt in ecclesijs pro diuinis officijs persolvendis stent so[lummondo] cum clamide vel tabaldis sed omnes cottas habeant siue cappas coronam et tonsuram 5 — 66 ipsi clerici habeant congruentem Jtaquod sacerdotes patentibus auribus tondeantur et coronam habeant ceteris clericis ampriorem (sic) Sotietatem et coloquia malorum vitent quia Sepe Justa apostulum corrumpunt bonos mores col(l)oquia praua Sub pena soldorum decem Januiuorom quam quilibet qui predictorum omnium contrafaciens repertus fuerit ipse quo [modo] libet se nouerit incursurum. 32. Quod nullus clericus Jntret tabernam causa bibendi vel comedendi nisi Jn itinere constitutus. [I]Tem cum ebrietas mentis inducat exil(l)ium et libidinis prouocet incentium (sic) precipimus ut omues clerici a crapula et ebrietate prorsus abstineant et tabernas immo non Jutrent causa bibendi uel comedendi nisi forte causa neces(s)itatis in Jtineie constituti prout Jura concedunt Si quis autem contrarium fecerit in [soldos] decem Januinorum pro qualibet vice puniatur et medietatem habeat accu[satoi]. 33. Quod [omnes clerici] in sacris ordinibus constituti non Jntersint [aliquibus nuptiis] nec p[ermitta\ut in domibus ecclesie..... alique Sponse nuptie celebrentur cor(r)ee ducantur. [I]Tem cum non deceat ministros dei mundanis vanitatibus Jnteresse nec domo clesiarum uel ipsas ecclesias in aliquam vanitatem conuertere Jnterdicimus ^ clericis et maxime in sacris ordinibus constitutis ne aliquibus nuptijs audean resse nec in eis comedere Et Si aliquis contrarium fecerit in solidis triginta con em^ pnetur Nullus etiam permittat quod in domos ecclesie aliqua Sponsa ducatur v q^ ibi nutiale conuiuium preparetur. Et qui contrarium fecerit in soldis quinq ^ puniatur Januinorum nullus etiam clericus Aliquo modo permittat quod cor ^ sua ecclesia Ducantur nec aliqua prestigia vel spectacula ab Aliquibus oc vel istrionibus ibi fiant. 34. Quod omnes clerici a rissis et verbis iniuriosis et in fumationibus sib [I]Tem monemus omnes clericos quob sibi caueant Diligente! ne rixam ^^jencja verba iniuriosa vel contumeliosa vel improperia Sibi dicant et maxime in ^ orum laycornm vel in funeralibus vbi vt plurimum est multitudo clericorum e 3 jeant nec etiam suos canonicos vel Alios quoscumque clericos coram laycis malisiose ^ infamare Si quis Autem contrarium facere presumpserit volumus quod in s soldis Januinorum condepnetur saluo quod si qualitas Delicti maiorem penam e 0 nostro in Diocesi nostra vel Diocesani sui in sua Arbitrio reseruamus. 35. Quod clerici et maxime in sacris ordinibus cons[tituti\ non intromit[t\(m De meDidnalibus nisi in talibus sint periti. [I]Tem statuimus [et] inhibemus ne Aliqui clerici in sacris orDinibus consti De aliquibus medicinalibus et maxime in dando Alicui medicinam laxatiuam nec — 67 - officio cirurgi[e]o se Aliquatenus intromittant nisi super hijs sint periti et si Aliqui contrarium fecerint in soldis xxxa Januinorum qualibet vice et vltra Nostro Arbitrio puniantur. 36. Quod nullus -portet publice Arma. [S]Epe ad nos clamosa insinuacione peruenit quod nonnulli clerici publice Arma portant et multis enormit(t)atibus se immiscent in suarum periculum Animarum [et] scandalum plurimorum Quocirca De fratrum Nostrorum consilio statuimus et statuendo monemus [ne] de cetero aliquis clericus publice arma portare présumât nisi forte ex causa rationabili et Justa Arma defensionis d[e]ferat de nostra seu vicarij nostri licentia speciali Si quis autem de cetero [contra] nostrum [sta]tutum venire presumpserit arma perdat que arma sint [de] po[testate] accusantium et in libris quinque Januinorum per nos vel per vicarium nostrum sentencialiter [puniatur] et quamdiu sic armatus incesserit non def(f)endatur priuileg[io clericali si autem] contumacia crescente se corrigere noluerit omni officio et beneficio priuetur.] concedimus autem omnibus potestatibus et locorum rectoribus quod tales clericos pu[blice arma] portantes sine letione (sic) membrorum possint facere [capere] et eos i.d nos Sub fida custodia destinari predictam autem admonicionem pro prima et secunda et tercia admonicione et peremptorie duximus faciendam. 37. Quod omnes clerici portent habitum. [I]Tem cum Jntellexerimus quod quidam qui dicunt se esse clericos nec clericaliter viuunt nec habitum clericalem deferunt Sinodali constitucione statuimus et Statuendo monemus quod omnes clerici qui habitum deposuerunt clericalem Jnfra mensem ab huius nostri edi[c]ti publicatione habitum ipsum reasumant et def[f]erant tam in uestibus quam in tonsura quin etiam in corona Si qui autem post predictum terminum hoc ad-Jmplere neglexerint aut contempserint non def(f)endantur priuilegio clericali Jnsu-per ad dacitas et collectas et anuarias comunis omnes sicut laici teneantur predictam autem admonicionem pro prima Secunda [et] tercia admonicione et peremptorie duximus faciendum. 38. Quod nullus Sacerdos publice Scolas teneat. [I]Tem inhibemus ne(c) aliquis Sacerdos publice Solennes Scolas teneat nisi de ordinarij sui licencia Speciali et tunc ipsas Scolas teneat uel in ipsa ecclesia] Vel in aliqua domo ecclesie adherenti uel ipsi ecclesie multum vicina Jta quod po[ssit] diuinis officijs interesse. 39. Quod vinum non v[en]datur in claustro alicuius ecclesie. [I]Tem statuimus ne in claustro alicuius ecclesie vel in domo in qua clerici seu presbiteri ipsi morantur vinum per se uel per alium vendat[ur] laycis publice ad minutum Sub pena Solidorum sexaginta Januinorum et medietas sit accusantis et habeatur priuatus. 40. Pena detrahentis secredo proximo. Cum Igitur Jllos qui proximis suis detrahendo secre[c]to peiores esse canonis testetur auctoritas quam qui Substancias et. predia subripiunt aliena hoc valituro perpetuo proibemus (b)edi[c]to prima secunda et tercia legiptime monicione premissa ne quis deinceps aliquem per libellum occultum diffamare présumât scripturam Scilicet contra eum ecclesia uel quouis alio loco postposito Judiciarjo tribunali ponendo Si quis autem huius nostre constitucionis temerarius violator extiterit eo ipso Sentenciam e x comuni-cacionis incurrat et nisi priusquam ex tale libello JIle contra quem scriptus fuerit fama gra[ue]tur re[stituere] studuerit uel distruere cum effectu ab huiusfmodi] Sentencia nequeat ta[lis diffa]mator absolui nisi quantum in eo fuerit «Tllati vulneris infa[miam remonere] as[s]ercionis purgamine pro sui superioris consilio vel mandato curauerit. 41. Quod nullus [eleri]cus exerceat officia comunis Janue. (f VIII) [[] Tem attendentes quod quidam clerici clericalis honestatis obliti auaii-cia et cupiditate ducti et moti procurant et laborant habere officia comunis ciuitatis Janue non considerantes quod Juxta canonicas sanctiones clerici non debent se negocijs secularibus immiscere et iuxta apostolum nemo militans deo se debet nego-cijs secularibus Jmplicare Jdeo Statuimus et ordinamus et Statuendo monemus pro primo secundo tercio et peremptorio et Sub pena excommunicacionis omnes et singulos clericos nobis subiectos cuiuscumque ordinis condicionis seu status existant quod nullus Jpsorum officium comunis Janue recipere de cetero seu per se uel per alium excercere présumât Alioquin in quemlibet ipsorum clericorum contrafacien-te[m] ex nunc prout extunc excommunicacionis sentenciam proferimus in hijs sci iptis. De clericis non residentibus. 42. Quod clerici habentes administraciones ecclesiarum resideant in eisdem et Si per duos menses se absentanerint eisdem priuentur et Hi non sunt Sacerdotes Jnfra annum se faciant promoverj. [I]Tem statuimus et ordinamus ac monemus quod omnes prepositi et Archi-presbiteri et quicumque alij clerici administraciones ecclesiarum habentes resideant et seruiant in eisdem prout in costitucione felicis recordacionis domini gregorij pape in consilio generali edita plenius continetur. Si tamen aliquis post Jstam nosti am admonicionem ab ipsa ecclesia sine nostra licentia in diocesi nostra vel diosesani in sua vitra duos menses se absentauerit vel Si post Scienciam presentis nostre constitucionis Si absentes presencialiter sint infra dictum tempus ad ipsam ecclesiam non redierint Jlla ecclesia et administracione priuentur si autem nondum sunt Sacerdotes faciant se Jntra annum a tempore Sibi commissj regiminis numerandum ad Sacerdotium promo-ueri quod si Jnfra Jdem tempus promoti non fuerint decunci a mus eos esse priuatos ex vi constitucionis in consilio lu[g]dunensi edite nulla etiam premissa admonicione prout manifeste habetur in ipsa constitucione. - 69 — 43. Quod clerici plebium faciant residentiam in eorum ecclesijs. [I]Tem statuimus quod nisi canonici plebium et aliarum ecclesiarum ciuitatis diocesis et prouincie nostrarum fecerint in ipsis continuam residentiam et in diuinis officijs deseruierint in eisdem die noctuque nichil percipiant nomine prebende uel alio modo ab ecclesijs ipsis nisi fuerint in Studio in ciuitate Janue uel extra diocesi[m] uel in seruicio nostro uel in sacris ordinibus constituti tunc enim in hijs tribus cas(s)ibus tantum percipiant grossum sue preben[de] Si vero in dictis ecclesijs non fuerint distincte prebende prouideatur ipsi[s canonie]is et clericis in predictis tribus cas(s)ibus secudum facultates ecclesie prout m[elius vi]debitur expedire. Dz clericis peregrinis. 44. Quod nullus teneat clericum alterius diocesis sine nostra licentia et nisi habeat litteras sui episcopi. [I]Tem nullus in ecclesia sua recipiat nec teneat clericum alterius diocesis scilicet clericum presbiterum vel Subdiaconum pro Diuinis officijs exercendis nisi habeat litteras testimoniales commendaticias proprij episcopi Et nisi hoc fieret de nostra uel diocesani sui in diocesi Sua licentia Speciali et qui contrarium fecerit in soldis quadraginta puniatur et medietatem habeat accusator. 45. Pena recipien[ti]s seu tenentis sacerdotem forensem. [I]Tem precipimus quod nullus prelatus minister et rector ciuitatis et suburbiorum Janue recipiat in ecclesia sua seu retineat aliquem presbiterum seu clericum qui sit de alieno Episcopatu sine ydonea cauptione. Si vero dictus presbiter seu clericus forensis cauptionem ydoneam prestare non poterit et dam[n]um in ecclesia. Jn qua receptus fuerit fecerit prelatus minister siue rector ipsius ecclesie qui eum re[ce] perit et retinuerit sine ydonea cau[p]tione damnum datum ipsi ecclesie per ipsum forensem debeat Jntegraliter restaurare et ipsam ecclesiam conseruare indennem Salua sempre in omnibus super dictis alia nostra sinodali constitucione edita contra Jllos prelatos ministros et recto[res] qui receperint seu retinuerint in suis ecclesiis aliquem presbiterum seu cleri[cum] alterius diocesis in sacris ordinibus constitutum sine nostra licentia Speciali. De el[le\ctione. 4(5. Quod nullus el(l)igat aliquem ad beneficium non vacans absque nostra licentia (nostra) qui autem ad beneficium vacans el(l)igitur infra mensem nobis presentar i teneatur. [I]Tem nullus Archi presbiter uel ecclesiarum minister recipiat vel el(l)igat aliquem in canonicum uel clericum ecclesie sue ad beneficium non vacans absque nostra in diocesi nostra uel [diocesani in] diocesi sua licentia et assensu Et si secus factum fuerit talis el[l]ectio vel receptio nullius habeatur valoris et Jnsuper recipiens in soldis vigiliti puniatur qui autem ad beneficii® vacans el[l]igitur teneatur ipsam el(l'iectionein nobis in diocesi nostra vel diocesano suo in diocesi sua Jntra mensem preseutare Alioquin talis el(l)ectio uel receptio sit Jrrita et inanis. 47. Quod nullus ecclesiam uel ecclesiasticum beneficium per potentiam layci recipiat uel detineat. [I]Tem distrie[te inhibemus quod nullus] ecclesiam uel ecclesiasticum beneficium de manu layci recipere uel per potenciam secularem Jnua[dere] uel detinere piesu-mat Si quis Autem contrarium fecerit Jllo beneficio seu ecclesia sit priuatus Et Jn-[super senten]ciam excommunicationis Jncurrat nisi forte Jnfra mensem post t(li)eme-rariana receptionem Jpsi beneficio seu ecclesie in manibus nostris seu diocesani sui libere abrenunciauerit. De qualitate ordinandorum. 48. (f. VIIII). Quod nullus ad Sacros ordines promoneatur nisi s[c]iat legeie et cantare et aliquo modo sciat in gramaticalibus et Si quis illegiptime natus cllancullo (sic) se fecerit promouere Sit excommunicatus. [I]Tein Statuimus et ordinamus quod nullus ad sacros ordines promoueatur nisi Sciat legere et cantare et nisi aliquo modo in gramaticalibus Sic (sit) Jnslructuset nisi S[i]t de legiptimo matrimonio natus Si quis Autem Jllegiptime natus non obtenta prius dispensacione clanculo se feceri(n)t ad Sacrum ordinem promouerj Si[t] ipso facto excommunicationis vinculo Jn[n]odatus et etiam post absolucione[m] obtenta[m] maneat tamdiu ab ordinis sic Suscepti executione Suspensus donec a sede apostolica disptn sacionis gratiam merueri(n)t obtiDere. -De postulando et fideiussionibus et foio competenti. 49. Quod clerici in secularj foro nec aduocent nisi prout iura concedunt nec Archipresbiteri plebani Aliquam questionem ad forum ecclesiasticum pertinentem Audi-[e]re présumant. [I]Tem inhibemus ne clerici maxime administraciones habentes seu Jn sacris ordinibus constituti uel religiose persone Suscipiant procurationes seu aduocationes in seculari foro uel alia officia secularium personarum nisi in cas(s)ibus a Jure permissis et abstineant ab omni Jllicito questu uel lucro seu negotiacione nec pro alienis personis fideiubeant Vniuersis autem Archipresbiteris seu prebanis (sic) districte pre-cipimus quod nullam questionem matrimonialem seu vsurariam uel aliam ad forum ecclesiasticum Spectantem audiant sine nostra in diocesi nostra uel diocesani sui in — 71 — diocesi sua commissione et licentia Speciali niai forte ex auctoritate sedis Apostolico uel ex antiqua et legiptima et approbata consuetudine hoc eis liceret et nisi in Jure aliqualiter sint Jnstructi quod si secus fecerint quicquid factum fuerit sit Jrritum et inane et insuper quadraginta soldis puniantur. 50. Quod familia archiepiscopi et eius notarij sint exempti a curia seculari. [I]Tera cum sit valde absonum et absurdum vt domicel[i]i et familiares domini Archiepiscopi uel suorum suffraganeorum qui suis cotidie seruicijs immorantur necnon et notarij domini Archiepiscopi et dictorum Suffraganeorum qui cotidie in causis eorum curijs adsistunt a dicto domino Archiepiscopo et eius suffraganeis se absentai e ab aliquibus compellantur Jdeo monemus pro primo secundo et tercio et peremptorie omnes rectores et magistratus cuiuscumque status et condicionis existant necnon et omnes officiales quocumque nomine censeantur ne de cetero aliquos familiares uel notarios predictos ad aliquem (sic) exercicium pergere vel aliquas auarias comunis persoluere quoquo modo compellant absque dicti domini Archiepiscopi in ciuitate et [diocesi] Janue et dictorum suffraganeorum in eorum diocesi speciali licentia et assensu nec aliquod Jus de ipsis uel pro aliquo Jpsorum querellantibus faciant neque ipsos pro commissis ab eis excessibus uel debitis ciuiliter uel criminaliter condenne[n]t uel detineant sine vfc supra licentia speciali (f. VlIIIv.) scilicet eos in ciuitate et diocesi Januensi aa dictum dominum archiepiscopum et ad suffraganeos suos predictos in eorum diocesi remittant pro meritis puniendos Quod Si aliqui contrarium facere presumpserint omnes et singulos rectores et magistratus ut supra excommunicacionis sententia auctoritate presentis sinodi Jnnodamus De sepulturis vsurarijs et de sententia excommunicacionis. 51. Quod nullus inducat alterum parrochianum ad el[l]igendam sepulturam in (invece di in leggasi ut) ecclesia parochialis (sic) habeat canonicam porcionein [I]Tem precipimus ne aliquis exemptus uel non exemptus per fraudem uel dolum inducat uel al[l]iciat per se uel per alium modo aliquo personam aliquam alterius parochie ad sepulturam in sua ecclesia el[l]igendam et si quis contrafecerit pro quacumque vice soluat libras tres Januinorum et nichilominus ecclesie apud quam de Jure sepeliri debebat red[d]at omnia que habuerit intuitu sepulture nullus etiam dolum uel fraudem committat in hijs que aliquis pro anima sua legauerit vt- ecclesia par-rochialis defraudetur canonica porcione et qui contrarium fecerit vice qualibet soluat libras tres Januinorum. 52. Quod Jlli qui vadunt ad exequias defunctorum stent Vsque ad finem Sepul-ture ne aliquis candelam petat pro ali[quo] absente nec edam pro aliquo nisi Vnam. [I]Tem omnes qui ad exequias venerint defunctorum et candelam receperi[n]t stare debeant quousque corpus traditum fuerit sepulture nisi nessesitas (sic) immineret nel nisi ad religiosos eos Jre contingeret Qui vero ante recesserit candel[l]am — 72 — perlât et ia soliis quinque puniatur prohibemus autem ne pro aliquo absente can-de![l]a aliqua postuletur ne aliquis pro se vel pro aliquo nisi vnain solam candel(l)am postulet et Si quis contrarium fecerit omnes eandel[l]as quas habuerit perdat. 53. Quod falsi xpistiani qui arma portant sarracenis uel vadunt ad partes Egipti sint excommunicati. [I']Tem cum quidam falso nomine xpistiani in iniuriam dei in contemptum ecclesie in dispendium terre Sancte in suarum periculum [animarum] saracenis Ai ma fei-rum lignamina deferre consueuerunt Jdeo sancta mater ecclesia volens talibus periculis obuiare constituciones edidit contra tales per quas non solum excommumcacionis Sententiam sed etiam graues penas tam temporales quam Spirituales incurrat dudum etiam dominus nicolaus papa quartus grauem Sententiam edidit et grauissimas penas adiecit contra omnes qui in alexandriam uel ad terras egipti seu ad terras soldano subiectas arma ferrum uel lignamina deportarent uel cum ipsis saracenis aliqua commercia exercerent Quocirca mandamus quatenus omnes prelati et ministri ecclesiarum f. X Jstas constituciones et Sentencias in ecclesijs in diebus dominicis et festiuis denuucient ne aliqui per Jgnoranciam se excusent Jpsas autem constituciones et Sen-teacias penes se habere procurent vt possint eas suis populis Jntimare. 54. Quod publici Vsurarij non absoluantur neque ad Sepulturam recipiantur nixi Satisfaciant. [I]Tem cum vsurarum vorago et animas deuoret et facultates exauriat precipi-mus ut nullas Sacerdos aliquem publicum vsurarium absoluat nec ad ecclesiasticam sepulturam recipiat nisi secundum formam et modum constitutionis felicis recordacio-nis domini gregorij pape decimi edite in consilio lungdunensi et Si aliquis aliquem publicam vsurarium aliter absoluerit et ad ecclesiasticam sepulturam receperit Sciat se esse ab officij sui executione suspensum donec ad arbitrium sui diosezani [sic\ Satisfecerit vt tenetur. 55. Quod nullus predicet Jlla hora qua prédicat diocesanus nec in Jlla ecclesia predicet in qua diocesanus predicauit. [I] Tem cum omnis honor et reuerentia prelatis debeat exhiberj firmiter prohibemus ne aliqai predicare présumant saltem Jlla hora qua diocesanum suum contingeret predicare nullus eciam per totam Jllam diem predicet in Jlla ecclesia Jn qua diosesanus suus predicasset. 58. Quod Vsurarijs et alijs denegetur ecclesiastica Sepultura. I]Tem attendentes quod licet tam Jure canonico quam predecessorum nostrorum per ainodales constituciones sit inhibitum et statutum ut nullus manifestos v,surarios ai] ecclesiasticam sepulturam admittat donec vsuris ipsis fuerit prenarie (sic) satis-; i - f tm fr - saru it i forma constitutionis edite in consilio lugdunensi nonnulli tamen in n wtr.t ciuitate et diocesi prout ad nos veridica relacione peruenit in fraudem vsurarum S ib Speiie licite negotiationis quosdam contractus inerint per quos aliquo ques[t]ito — 73 — et pal[1]iato col[l]ore offenditur deus est fraus legi (sic) et a uia receditur veritatis Vnde nos volentes ex debito nostri officij talibus fraudibus viam precludere et congruam in quantum possumus adhibere medellam prouida deliberatione Statuimus et in virtute Sancte obedientie precipiendo mandamus quod omnes et singuli penitentia-rij nostri et ceteri(s) sacerdotes nostre ciuitatis et diocesis cuiuscumque status condicionis ordinis exempti et non exempti seu dignitarii existant audientes et qui Jn futurum audient confessiones tam clerici quam populi vtriusque sexus nobis commissi teneantur et debeant Jnterrogare Sibi confitentes et dii[1]igenter inuestigaie de con tractibus quos fecerint seu faciunt cum alijs siue sint contractus mutui aut [c]ambi siue alterius (f. X v) cuiuscumque contractus et de modis pactis condicionibus circum-staaciis ipsarum CDntractuum Et Si viderint et cognoverint per conlitentium confes siones uel alio modo quod commissiones et pacta facta et inita inter ipsos contrahentes sapiunt naturam contractus vsurarij pro eo quod lucrum seu prouentum vitia soltem (sic) recipiant seu recipere et habere debeant uel indebite uel inhumane receperint aut habuerint teneantur et debeant dicti nostri penitentiarij et ceteri audientes peccatorum confessiones facere conscientiam Jllis a quibus audient confessiones quod dictus contra ctus sit uel fuerit vsurarius et quod nichil vitra soltem possint uel debeant seu de buerint recipere per modum vsure et Ei uel eis precipere debeant Et Jnsuper Si quem uel Si quos Jnuenerint sic indebite ex pacto cum stipulatone uel sine stipulacene quoquo modo recepisse Jndebite uel inhumane aliquid vitra soltem faciant quod dictus confitens antequam absoluatur a peccatis ipsius confiteatur dicat et exprimat dicto suo confessori quicquid et quantum sic indebite receperit vitra soltem et ex tunc ire (sic) confessor Jnducat confitentem quod Jllam pecunie quantitatem quam vitra soltem recepit et quam per vsurariam pravitatem extorsit Sub aliquo ques(t)ito col(l)ore restituat uel saltem restituere promittat Jlli uel Jllis a quo uel a quibus receperit et habuerit pro qua restitucione fienda se et bona sua cum solenni stipulacione et si expedierit cum ydonea cauptione nobis uel nostro vicario aut rectori pariochialis ecclesie recipientibus nomine eorum quorum Jnterest seu Jntererit confecto exinde publico Jnstrumento obliget quod infra certum tempus sibi adicto penitenciario pre-figendum quicquid Jpse uel alius pro eo vitra soltem sic indebite receperit ìestituet ef uel Jllis a quo uel a quibus habuerit uel receperit seu heredibus eorumdem que obligacio quam cito comode fieri poterit ad eius cuius Jntererit noticiam deducatur qui uero predicto modo recusauerit aut se noluerit obligare pro dicta restitucione facienda nullatenus per dictum penitenciarium absoluatur quynimo excommunicacione [puniatur] et sacramentis et ecclesiastica sepultura priuetur Jnhibentes expresse omnibus peniteniarijs nostris et alijs quibuscumque Sacerdotibus tam religiosis quam alijt» audientibus et qui audient in futurum confessiones in nostra ciuitate et diocesi quod neminem absoluant contra formam et tenorem huius nostre constitucionis cum hunc casum nobis et nostris successoribus specialiter reseruamus si penas et Sentencias latas a canone uoluerint euitare super quo eorum consciencias honeramus. 57. Qonstitudo contra Vsurarios et alexandrinos pirratas et contra recidres (sic) ecclesiarum qui absoluant[ur] sine nostra licentia et etiam piratas. [I]Tem quamquam tam per sedem apostolicam quam per constituciones nostras sit prouisum et Jn[h]ibitum quod tamdiu manifestis vsurarijs sepultura ecclesiastica denegetur donec de usuris quas receperint fuerit prout patiuntur facultates plenarie Satisfactum semata forma constitueiouis que Jncipti quamquam Extra vagantesfordina-riis] in sexto, de vsuris. quia tamen aliqui parrochialium ecclesiarum rectores et ministri necnon et religiosi aliqui in nostra ciuitate et diocesi quibus commissum est confessiones audire dictos Vsurarios non semata forma dicte constitucionis (li)ac etiam Jllos qui contra inhibitionem sedis apostolice in alexandriam et ad alias partes egipti Jue-ruut cum mercimoniis uel res prohibita[s] mis(s)erunt vel detulerunt seu ad predicta dederiint consilium auxilium uel fauorem necnon et pirratas Jndifferenter absolvunt iu suarum periculum animarum et prejudiciuni non recepta ab eis restituendi ydonea cauptione ex quo Romana ecclesia suo Jure et restitucione debita defraudatur et constituciones apostolice super hoc edite totaliter eiìeruantur. Nos autem Volentes malicijs talium et cupiditatibus in quantum cum deo possimus obui(u)are presenti constitucione statuimus ordinamus ac monemus primo Secundo et tercio et Specialiter inhibemus ne quis de cetero rector minister seu ecclesiarum sacerdos uel quivis alius religiosus cuiuscumpue condicionis status seu ordinis existât in nostra ciuitate uel diocesi manifestos vsurarios seu eum uel eos qui contra inhibicionem dicte sedis in alexandriam seu ad alias partes egipti Juerunt Cum mercimonijs uel res prohibitas mis(s)erunt uel detulerunt uel de cetero Juerint seu mis(s)erint seu etiam aliquem pirratam seu qui exercuerit pirraticam vel vsurariam prauitatem aut qui ad restitutionem male ablatorum certorum uel incertorum teneatur seu qui Jllicitos contractus fecerit Jn fraudem vsurariam quocumque quesito co[l]lore absoluant uel absolueie pie-sumant etiam in mortis articulo constitutos uel eis sacramenta ecclesiastica concedant seu admittant ad ecclesiasticam sepulturam sine nostra uel nostri in Spiritualibus vicarij licencia Speciali cum hos casus [nobis] et nostris succes[s]oribus Specialitei reseruemus nisi forte aliquis uel aliqui (sic) ex predictis Jta fuerit in remotis et m extremis constitutus quod ad nos uel ad nostrum ipsum aliabus (1) vicarium mitteie confessorem uel recurrere non possint pro petenda licentia memorata in hoc enim casu volumus et concedimus quod possit absolui reseruata in utroque casu forma CDnstitucionis predicte qui vero aliter aliquem vel aliquos de predictis absoluerit aut eidem ecclesiastica ministrauerit sacramenta uel ad ecclesiasticam receperit sepulturam preter penas et Sentencias contra tales statutas et a Jure prolatas incuirat excommunicacionis Sententiam ipso facto quam [in] contrafacientes [b]ac nostra monitione premissa ex nunc proferimus in hiis scriptis. 58. Forma attenenda in absoluendo Vsurarios uel alexandrinos est talis. [P]Rimo Jnterrogetur vsurarius per sacerdotem siue confessorem Si fuit manifestus vsurarius et Si dixerit quod sciat (2) fiat de eius confessione publicum Jnstru-mentum eodem modo interrogetur alexandrinus secundo Jnterrogetur dictus vsurarius Si habeat librum Jn quo scripta sunt nomina personarum a(li)quibus extorsit per se uel alium vsuras et quantitates extortas et si dixerit quod sic requiratur et ante omnia habeatur dictus liber et Jm presentia testium sigil[l]etur et Sigillatus ad curiam nostram et nobis defer[r]atur Jtem Jnterrogetur dictus vsurarius quanta sit uel esse possit quantitas extortarum vsurarum per eum uel per alium nomine ipsius (1) Ipsum aliabus si legga in spiritualibus. (2) Sciat si legga sic. - 75 — tempore vite sue et de ea qnantitate quam confessus fuerit uel ad plus crediderit se extorsisse prestet de restituendo ydoneam cauptionem cura Solenni Stipulacione facta domino Archiepiscopo uel eius vicario aut rectori parrochie seu notario publico nomine omnium quorum Jnterest uel Jntererit Et insuper pro omnibus dictis vsuris restituendis Si Jnuen[iretur seu probaretur] eum ultra extorsisse quam supia confessus fuerit dicat solenniter omnia sua bona et Si fuerit alexandrinus Jnterrogetui quot vicibus Juit uel mis(s)it in alexandriam] uel ad alias partes [eg]ipti cum ìebus prohibitis et ad qnantam quantitatem seu valorem pec(c)unie as(s)cendunt dicte res misse vel del[l]ate et de Jlla quantitate et lucro ydoneo caueat vt supra nomine Romane ecclesie voc(c)ato semper ad predicta facienda et solenniter Stipulanda notario nostre curie Si commode haberi poterit uel alio si haberi non potest deinde hijs sic solenniter pera(c)tis in forma ecclesie absoluantur fiatque notificatio de predictis nobis infra dies octo. 59. Quod nullus recipiat nisi unam candelam in vno funere. [I]Tem quia nonnulli ordinis clericalis ad defon[c]torum funera personalitei non Jnteruenientes per se uel alium Sibi dari candelam faciunt ac si funeri présentes fuissent ac sunt aliqui qui ratione funeralium in quibus présentes existunt petunt duas candellas utpote quia obtinent beneficia in duabus ecclesijs quorum clerici vocati sunt ad dictum funus ex quo Scandalum Jnsurgit in populo inhibemus expresse ac presenti sinodali constitucione statuimus ne quis de cetero Jd attentare présumât si quis vero contrarium fecerit ad restitucionem eorum que sic indebite recepeiit teneatur et Jnsuper in decem soldis vice qualibet condennetur. (»0. Quod nullus leuet corpus defuncti sine presentia rectoris ecclesie defuncti. (f. XII) [I]Tem Statuimus qaod nullus abbas prior prelatus uel ecclesie rector seu religiosus exemptus vel non exemptus leuet seu leuari uel extrhai (sic) corpus faciat alicuius defoncti de domo Jpsius defùncti seu Jn qua decessit sine presentia rectoris seu cappellani parrochie in qua decesserit prout laudabilis consuetudo exposcit qui vero contrarium fecerit puniatur in soldis quadraginta Januinorum Si veio exemptus uel exempti in hoc delinquerit uel delinquerint excludantur per annum ab omnibus officiis beneficiis et predicationibus Jllius ecclesie de cuius parrochia corpus leuatuin fuerit et alias nostro arbitrio puniantur. 61. Qualiter sit agendum cum est discordia de jure parrochiali. [I]Tem quia propter diuisiones parrochiarum ciuitatis et burgorum et diocesis Januensis multa Scandala sunt exorta in nostra ciuitate et diocesi et maiora oriri veris(s)imiliter presumuntur uisi de celeri prouideatur remedio precenti sinodali constitucione monemus Statuimus et ordinamus quod cocienscumque questio fuerit Jnter aliquos tam religiosos quam seculares pro et de finibus domo nel domibus alicuius parochie pretextu funeralium uel alia quacumque de causa (quod) credatur — 76 - sacramento patrisfamilias domus seu domini Jllius domus de qua questio fuerit prestile -n rumibus nostris uel nostrj vicarii adjunctis Si nobis uel nostro vicario vide-: -Tur duo bas ael tribus antiquioribus et prosimioribus vicinis quorum demum et j «simiorum Ticinorum Sacramento stetur uel maiori parti eorum nullo alio Juris ordine obseruato. De peniteneijs et remissionibvs. 62. Quod nullus vsurpet Jura alterius parrochie et qui contrafecerit reddat qvzcquid accepit. I Tem nullus recipiat alienum parrochianum ad penitentiam sine licentia proprij sacerdotis nec alienam parrochiam aliquis Jntrare. présumât ad penitentiam dandam usi administranda ecclesiastica Sacramenta nec sponsas aliene parochie benedicat nec p uerperas a partu surgentes recipiat nec batizet nec alienos parochianos ad diuina officia recipiat in preJudicium parrochialis ecclesie et maxime in diebus solennibus e. festiuis in missa maiori nisi hoc fecerit de voluntate et licentia proprii sacerdotis Si quis autem contra hec predicta fecerit in soldis quinque punia(n)tur Januinorum pro quacumque vice et nihilominus quicquid receperit parrocchiali ecclesie in cuius preiudicium ista fecit soluere teneatur nullus etiam Sacerdos secularis siue religiosus audiat per domos confessiones mulierum in sanitate ipsarum nisi esset causa aliquis [Sic) Specialis et rationabilis. 63. Quod nullus reclusus possit confessiones audire nec per ecclesias aliquam questam facere nisi super hijs haberet nostras litteras Speciales l.xii. [I]Tem reuocamus omnes licentias datas aliquibus reclusis super confessionibus audiendis Jnterdicentes eisdem ne aliquem ad confessionem possint admittere nec soluere nec ligare et Si quis contrarium fecerit per vnum mensem stet in carceiibus diocesani Jnterdicimus etiam eisdem reclusis ne per ecclesias aliquam questam fien faciant nisi habeant litteras apostolicas seu nostras uel diocesani sui in diocesi sua Et si secus factum fuerit volumus quod clerici Jllius ecclesie omnia ab eis auf(f)erant Juxta nostrum uel diosesani consilium pauperibus erroganda. 64. Quod quilibet saltem semel in anno confiteatur proprio sacerdoti et recipiat in paschate corpus Xristi. Item omnes utriusque sexus fideles postquam ad annos discretionis pervenerint omnia sua peccata saltem semel in anno fideliter confiteantur proprio sacerdoti prout statutam est in consilio generali et suscipiant reverenter ad minus in pasca euka-ristie sacramentum nisi forte de sui confessoris consilio ob aliquam causam rationabilem ad tempus ad eias perceptione duxerit abstinendum, transgressores huius precepti ab ingressa ecclesie debent arceri. ip3i autem sacerdotes dum confesssiopes - 77 audiunt et maxime mulierum non stent in loco occulto sed publico aut (ut) ab alijs possint videri, porro medici corporum cum in cura aliquem habuerint infrimum (infirmum) ipsum moneant et inducant ut medicos advocet animarum cum quibus confiteatur et ordinet ea quae ad salutem anime sue spectare noscuntur. Qui si negli-gerit confiteri vel ea quaç ad anime sue salutem spectant voluerit ordinare eum in cura non suscipiant nec ad eum post accedant secundam vicem, alioquin ab ingressu ecclesie per costitucionem generalis consilij se noverint esse arcendos.. 05. Quod sacerdotes non absolvant a quibusdam que penitentiario nostro reserva-mus. LXV. Item cum quedam crimina sint nimis gravia et periculosa et non esset expediens sed valde nocivum quod quilibet sacerdos in illis criminibus posset absolvere ne facilitas venie Incentivum pariat ad delinquendum Ideo absolutionem (f. XIII) Infrascrip-torum criminum nobis et nostro penitentiario per totam nostram diocesim reservamus, universos et singulos ecclesiarum prelatos ministros et rectores ac alios quoscumque tam exemptos quam non exemptos civitatis et diocesis Januen pro primo, tercio termino peremptorio monemus eis sub excomunicationis pena quam in quemlibet presumptorem ex nunc prout ex tunc monitione canonica premissa proferimus in hijs scriptis mandantes quatenus de cri[mi]nibus infrascriptis nobis reservatis nullo modo se debeant intromittere nec aliquam permittant ab ipsis criminibus contentis in ipsis cassibus sine nostra seu nostri vicarij licentia speciali absolvere présumant. Primo si quis in domum aliquam vel in segetes maliciose Ignem Imposuerit vel vineas sive arbores Maliciose depopulatus fuerit. Secundo si aliquam ecclesiam vel domum ecclesie aliquis violaverit vel fregerit vel aliquas res sacras ad cultum dei dedicatas maliciose surripuerit. Tertio si quis homicidium perpetraverit. Quarto si quis venenum alicui propinaverit cum mors subsequta fuisset. Quinto si quis Inter virum et uxorem aliqua maleficia seu prestigia exercuerit. Sexto si aliquis vel aliqua fetum Iam in ventre animatum extingui vel necari procuraverit. Septimo si quis falsum testimonium, maxime in causa sanguinis dixerit ex quo homicidium subsecutum fuisset, nono si parentes per (seu) nutrices infantes parvulos iuxta se positos ex incautella et incuria opresserint. Decimo si quis incestum commiserit quod in multorum noticiamdevenisset. Undecimo si quis in patrem suum vel matrem themerarias manus misserit maxime si vulnus eis Inflixerit. Duodecimo si quis publice ad blasfemandum deum vel sanctos linguam laxare presumpserit maxime si hoc in usu habuerit. 60. lxvi. Quod nullus abbas vel prelatus committat capellano curam animarum. Item dicimus et declaramus quod nullus abbas nec prepositus nec arcliipresbiter vel alius quicumque prelatus committere possit alicui capellano suo auctoritatem vel licentiam ligandi vel solvendi nisi super hoc a sede apostolica vel a nobis auctoritatem ?8 - habuerit nec ipsi capellani possint solvere vel ligare nisi a nobis vel predecessoribus nostris habuissent licentiam. Ideo inhibemus ne ipsi prelati capellanis suis auctoritatem committant audiendi confessiones ne (nec) ipsi capellani confessiones audiant nisi a nobis licentiam et auctoritatem eos habere contingat, quod si secus factum fuerit quemlibet prelatum pro qualibet vice in soldis viginti et quemlibet cappellanum in soldis decem sentencialiter condemnamus ad alias penas si nobis videbitur processuri, (f. XIIIv) De privilegiatis et excessibus 67. Quod nulli questuarij recipiantur nisi habeant litteras privilégiât orum apo-stolicas vel nostras nec questuas faciant nisi prout littere continent nec permittantur predicare sed tcintumodo dicere ea que in litteris continentur. 67. Item inhibemus ne aliqui questuarii in aliquibus ecclesiis recipiantur nisi habeant literas apostolicas vel nostras vel diocesani, et si aliquis clericus in ecclesia sua aliter aliquem admissent in soldis quadraginta condennetur Ipsi autem questuarii questam facere non présumant nisi prout in literis continebitur eorumdem et si quis aliquid contrarium fecerit pecuniam et res predictas quas taliter aquisivit et (sic) minister ipsius ecclesie ab eis aufferat et nobis vel diocesano representare procuret ut iuxta nostrum consilium pauperibus erogeütur. ipsi etiam ministri ecclesiarum non permittant tales questuarios in suis ecclesiis predicare cum sepe multa falsa Immisceant nisi forte simpliciter populo (aggiungasi: « dicant ea quae in suis literis continentur) quamvis nobis magis placeat quod sacerdotes ea que in suis literis continentur notificare vellent ea que in suis literis continentur populo dicant et ipsi questuarii taceant nisi forte in literis summi pontificis aliud contineretur. 68. Quod quidam qui se dicunt apostolos sed mentiuntur non recipiantur in ali* quibus ecdesijs ad predicandum vel ad questam faciendam. LXVIIJ- Item cum quidam insurrexerint qni se dicunt apostolos et non sunt sed sunt sinagoga Sathane precipimus omnibus prepositis archipresbiteris et ecclesiarum ministris quod tales falsos apostolos in ecclesiis non recipiat (sic) ad predicandm nec ad questam faciendam sed eos a suis ecclesiis abiciant et expellant et si aliquis ad predicandum vel ad questam faciendam eos recipere presumpserit in soldis quadraginta condemnetui. De ecclesijs edificandis. 69. Qitod nullus religiosus vel qui Jus (qui ius leggi quivis) alij clerici vel laici sine licentia nostra oratoria transfferant nec ipsa altaria construant vel erigant. Item attendentes quod secundum Jura canonica religiosi loca domus et oratoria in quibus habitant dimittere et ad alia loca habitacionem suam transferre et permutare seu aliqua loca de novo propter hoc recipere non debent neque ipsi vel quivis alii laici vel clerici seculares oratoria de novo construere vel altaria erigere absque licentia (f. XI111) 70 - sedis apostolice seu ordinariorum suorum et volentes quorumcumque religiosorum et religiosarum quorumcumque aliorum laicorum et clericorum secularium qui contravenire nituntur presumptionibus obviare precipimus universis et singulis religiosis tam monachis quam monialibus et quibusvis laycis et clericis secularibus non exemptis eos monendo pro primo secundo tercio termino et peremptorie quod loca domos et oratoria in quibus habitant dimittere et ad alia loca se et habitationem suam transferre vel aliqua loca de novo causa inhabitandi recipere non présumant nec aliquod oratorium vel altare de novo costruere sine licentia Sedis apostolice seu ordinarii sui. quod si secus aliqui religiosi seu religiose laici vel cuicumque alii clerici agere seu venire (szc) presumpserint diocesani arbitrio puniantur et nihilominus [sz] aliud factum fuerit sine licentia sedis apostolice seu diocesani declaramus Irritum et inane. 70. De sortilegijs ne de (sic) sortilegio, exerceantur. Item inhibemus ne quis Artem diabolicam scilicet artem divinandi vel Incantandi vel sortillegia exercendi faciat vel exerceat ullo modo et si aliqui viri vel mulier-culle talia figmenta diabolica facere presumpserint et qui ad tales accesserint ut se faciant divinari vel incantari pro quacumque vice Ieiunent in pane et aqua nec super dicta pena per aliquem cum predictis possit dispensari nec a talibus possint absolvi nisi per ordinarios locorum vel vicarios ipsorum vel aliter puniantur ad ai bitrium ordinariorum eorum et Sit hoc de cassibus reservatis. De Sponsalibus et matrimoniis. 71. Quod quando aliquod matrimonium est contrahendum primo in ecclesia predi-cetur si forte esset Impedimentum alicuius parentelle aliter sacerdos aliquas non bene* dicat. Item ubi magis imminet periculum ubi (ibi) cauptius est agendum, cum Igitur circa matrimonia contrahenda multa sepe sint suborta pericula precipimus omnibus et singulis prelatis seu ministris ecclesiarum ut cum aliquod matrimonium fuerit contrahendum publice in ecclesijs suis denuncient quod si aliquis scit in illo matrimonio aliquod impedimentum alicuius parentelle proponat et dicat Infra terminum ab eis prafi-gendum et si apparuerint aliqua probabilis connietura alicuius parentelle Interdicatur expresse contractus donec quod fieri debeat fuerit deffinitum. aliter autem nullus (leggi si quis) Sacerdos aliquos vel aliquas aliquando ad benedictione receperit in soldis sexa-ginta Ianuinorum vice qualibet condemnetur. 72 (f. XIV v) Pena ducentis uxorem temporibus ab ecclesia Interdictis. Item attendentes prout relacione fidedignorum accepimus quod nonnulli laici timore divino postposito Sanctorum patrum ordinacionibus non contemptis (sic) temporibus ab ecclesia interdictis extra canonicas sansiones uxores ducere non verentur, vclentes eorum themerarijs ausibus obvenire statuimus et ordinamus et statuendo monemus universos et siugulos mares [et] feminas pro primo secundo et tercio et peremptorie eis — 80 — nichilominus sub pena excomunicationis precipiendo mandantes quod statutis temporibus ab ecclesia interdictis uxores ducere non présumant nec ipse uxores sed (se) transduci non permittant. Qaod si contratecerint in quemlibet ipsorum contrafacientem ex nunc prout ex tane monicionibus predictis premissis excomunicationis sententiam proferimus in hijs scriptis miniantes et precipientes prelatis et ministris ecclesiarum civitatis et diocesis Ianuen quod dictum Statutura debeant in suis ecclesijs coram populis sibi commissis publice nuntiare et etiam publicare ne dicti mares et femine possint pretendere Ignorantiam quod dictum statutum non pervenerit ad noticiam eorum. Tempora vero Interdicta sint ista Scilicet a prima dominica adventus usque post ephifaniam et a septuagesima usque post octavam resuretionis dominice ac etiam a tribas diebus quibas lectanie tiunt ante accensionem domini usque ad Sabatum post pentecostem. 73. Quod lapides non proiiciantur in benedicionibus sponsarum. Item ut in conferendis ecclesiasticis sacramentis debita reverentia observetur et omnis scandali materia amputetur statuendo monemus primo secundo tercio et pei empto rio termino omnes et singulos quos cura nostri regiminis comprehendit eis sub excomuni cationis pena mandantes ne in benedicionibus Sponsarum lapides proiiciant et per con sequens divinum officium perturbent mandantes in virtute Sancte obedientie et sub exeo municationis pena omnibus et singulis Sacerdotali càractere insignitis nosti e civitatis et diocesis qaod quam cito viderint vel senserint aliquem vel aliquos trahere lapides et pe consequens divinum officium perturbare discendant ab altari non completa benedicione dicte Sponse, ad quam complendam vel faciendam non redeant sine nostra licentia specia qui vero contrafecerit in solidis viginti vice qualibet condennetur. 74. De testamentis et ultimis voluntatibus et male ablatis incertis quod nullus preste impedimentum quin testamenta defuntorum ad pias causas Impleantur. (f. XV) Item statuimus quod quum aliquis in ultima voluntate aliqua relinquit ad pias causas nullus bona defuncti maliciose occupet nec iniuste detineat nec a ia Impediat quominus ultima defuncti voluntas possit impleri Si quis autem contraiiu fecerit nisi a die monicionis Infra triduum respuerit Sentenciam excomunicationis incur rat a qui non absolvatur nisi ad voluntatem diosesani sue (sic) satisfecerit ut tenetur. 75. Quod nullus rector ecclesie condat testamentum sine licentia. Item cum non modica sit existimanda presumpsio quod quisquam que non sui Juris existant in alios transferre moliatur ut propria statuimus et universos ministros et ecclesiarum prelatos primo secundo et tercio et peremptorie commonemus ne quivis rector vel ecclesiarum quicumque minister de rebus ecclesie vel eius acquisitis intuitu condere aadeait testamentum vel de ipsis preter quam a Jure permittitur damna(bi)!i presumptione disponat, quod si quis de bonis vel rebus ecclesie testari vel aliter nisi proat a lare conceditur disponere forte voluerit tam testamentum quam dispositiones haimmoT nnnicione nostra facta presentis auctoritate statuti nullius decernimus esse momenti sed omni carere volumus robore firmitatis. - 81 — 76. Pene dispensantis malle àbbata (ablata) incerta. Item licet dispositiones de incertis pontificum lura reservent nonnulli tamen minores prelati et religiosi prout ad nos suarum exsperientia rerum edocuit ad ea manus suas frequenter extendunt suis Iuribus non cotemti proinde desiderabiliter cupientes ut Sicut volumus et debemus Inferiorum lura non ledere sic lura nostra per Subdictos non ledantur contra morbum huiusmodi Salubrem dignam duximus apponere medicinam. Statuimus igitur ut nullus clericus vel prelatus cuiusque preminentie status aut condicionis existât vel religiosus exemptus vel non exemptus incerta pro incertis relita seu etiam dispensanda sine nostra vel Succesorum nostrorum Speciali licentia quoquo modo dispensare présumât. Si quis vero constitucionis Ipsius themerarius violator extiterit pro primo secundo et tercio termino monitus per hec scripta hoc ipso quod contra-fecerit huiusmodi presumptione excomunicationis sententiam volumus Inodari ut quos dei timor non reffrenat constitutionis saltem metu penalis (sic) limites non excedat. 77. Quod fideicommissarij exequantur voluntatem defunctorum infra annum aliter ad dominum Archiepiscopum devolvantur. (f. XVv) Item attendentes quod ad officij nostri debitum spectat pias defonctorum ultimas voluntates executioni debite demandare et fraudibus malicijs et negligentijs obviare quas heredes fidei commissarij seu executores Instituti et deputati in testamentis et ultimis defunctorum voluntatibus sepe committunt defferentes dictorum def-functorum pias voluntates exequi et quod ipsorum fidei est commissum Infra tempus a Iure statutum et quod damnabilius est Illa que debent secundum defunctorum ordinationem ac dispensacionem Xristi pauperibus errogare et in alios pios [usus] convertere sepe inter filios consanguineos et nepotes errogant distribunt et disponunt in animarum suarum preiudicium et ipsorum pauperum detrimentum ac contra constitutiones sinodales a nostris predecessoribus editas malle ablata incerta quorum dispositio et distributio ad nos pertinet absque nostra licentia distribunt pro libito voluntatis et aliquando in usus proprios dannabiliter convertunt falcem in alienam messem temeritate propria mitentes propter quod non est dubium talles sic facientes excomunicationis Sententiam incurrere Ipso facto per constituciones a nostris predecessoribus promulgatas. Unde nos talium fraudibus malicijs ac negligentijs quantum [et] quandiu possumus obviare Volentes ne pie defunctorum voluntates et Xristi pauperes debitis beneficijs defraudentur hac nostra sinodali constitucione provida deliberatione statuimus et ordinamus et Statuendo ac ordinando monemus et districtius inhibemus prima secunda tercia et peremptoria monicione premissa omnes et singulos quorumcumque testamentorum ac ultimarum voluntatum defunctorum heredes fidei commissarios seu executores vel alios ad quem vel quos quocumque modo vel causa predictorum distri-bucio spectare dignoscitur seu commissa est quod defunctorum ultimas Voluntates in quantum ad eos pertinent Infra annum a die mortis defuncti computandum exequantur Iuxta Ipsius defuncti voluntatem. Quod si non fecerint aut négligentes fuerint vel remissi hoc nobis vel nostro vicario manifestare et notificare teneantur a die finiti anni usque ad mensem unum proxime secuturum Et insuper eidem (eiusdem) testais — 82 - mento (sic) in quo heres vel heredes executor vel executores vel fìdeicommissarij fuerint Instituti nobis Infra dictum mensem in forma publica copiam facere et manifestare teneantur ut animarum defunctorum saluti providere de salubri remedio valeamus quod terminum eis et quilibet (cuilibet) ipsorum pro peremptorio assignamus et nihilominus ac nostra monicione premissa inhibemus ne quis cuiuscumque status ordinis vel dignitatis existât mala ablata et incerta sine nostra licentia speciali et Successorum nostrorum distribuat et dispenset vel ad hoc det consilium auxilium vel favorem seu impediat (f. XVI) dicto facto consilio vel opere quominus defunctorum ultime voluntates executioni mandentur et malle ablata incerta ad manus nostras et ad distributionem nostram perveniant ut implere possimus que per dictos heredes executores seu fideicommissarios per maliciam desidiam seu negligentiam est omissum et pijs voluntatibus satisfacere defunctorum Nos etiam contra omnes et singulos nostre civitatis et diocesis cuiuscumque condicionis status ordinis seu dignitatis extiterint qui predicte nostre constitucionis fuerint transgressores et rebelles aut in predictis vel aliquo predictorum dederint vel prestiterint impedimentum publice vel oculte dicto facto consilio vel opere (agg. aliter) ac (hac) nostra monicione premissa excommunicacionis Sententiam ferimus in hijs scriptis quam ipsos et Ipsorum quemlibet incurrere volumus ipso facto absolucione omnium predictorum et singulorum nobis tantummoio reservata inhibentes expresse omnibus nostris penitenciarijs quod per generalem commissionem eis per nos factam a dictis Sententijs neminem absolvant sed eum vel eos qui predictas Sententias vel aliquo casu earum aliquam incurrerint ad nos absolvendos remittant, Volentes hanc nostram constitucionem non solum ad futura sed ad preterita et adhuc petencia (sic) extendi debere et insuper omnibus ecclesiarum prelatis rectoribus et ministris nostre civitatis et diocesis in virtute sancte obedientie precipiendo mandamus quatenus dictam presentem nostram constitucionem singulis mensibus semel in eorum ecclesijs dum missarum solemnia agunt astante populi multitudine publicent per se vel per alium faciant publicare. Ita quod non sit verissimile remanere quoad ipsos incognitum vel occultum quod tam patenter omnibus publicamus quod si non fecerint pro qualibet vice qua neglexerint hoc facere in viginti soldis condemnentur. 78. Quod notarij significent relicta ad pias causas. Item attendentes quod executores testamentorum et aliarum ultimarum volun* tatum ac etiam heredes instituti in dictis testamentis et ultimis voluntatibus sepe immo sepius negligunt relicta ad pias causas in dictis testamentis et ultimis voluntatibus distribuere secundum testatorum voluntates ac malle ablata incerta quorum distribucio ad nos spectat Xristi pauperibus errogari Ex quo Ipsorum testatorum voluntates et Xristi pauperes debet obsequiis et ellemoxinis defraudant "V olentes prout tenemur ex debito nostri officij animabus defunctorum succurrere et talium fraudibus In quantum quamdiu possummus (XVI v.) obviare statuimus et ordinamus et nichilominus pro primo secundo et tercio ac peremptorio termino monemus [quod] quilibet notarius in nostra diocesi moram trahens teneatur et debeat nobis vel nostro vicario seu notario curie nostre infra mensem a die mortis testatoris dare et assignare In scriptis omnia legata relicta ad pias causas In testamentis quibus Interfuerunt et rogati scripserunt et nomina personarum ecclesiarum et hospitalium quibus eadem — 83 — erùnt legata et omnia malle ablata incerta relieta in testamentis et ultimis voluntatibus prefatis alioquin si predicti notarij seu aliquis ex predictis maliciose predicta infra dictum mensem neglexerint adimplere in ipsos et ipsorum quemlibet contrafacientem ex nunc prout ex tunc ac (liac) nostra monicione premissa excomunicationis sententiam ferimus in his scriptis Et insuper omnibus ecclesiarum prelatis rectoribus et ministris ecclesie civitatis et diocesis in virtute sancte obedientie precipiendo mandamus quatenus presentem nostram constitucionem singulis mensibus semel in eorum ecclesijs dum missarum solemmnia aguntur astante populi multitudine publicent per se vel alium faciant publicari Ita quod [non] sint (sic) verissimile remanere quoad dictos notarios incognitum quod tam patenter omnibus publicatur quod si neglexerint vice qualibet in soldis viginti condemnetur (sic). 79. De observatione ieiuniorum. Quod nullus présumât comedere carnes ova nec cascum a capite ieiunij usque ad pasca. Item districte inhibemus et sub excomunicacionis pena precipimus ne aliqui in tota diocesi nostra pretextu cuiusvis consuetudinis que debet dici potius quoruptella [;iuris] a capite Ieiunij quadragessimalis usque ad dominicam resuresionis carnes ova casseuin sive latesinia presument comedere ullo modo et contrafaciens (sic) non possint absolvi nisi a suo diocesano vel eius vicario omnes autem ecclesiarum ministri istam nostram inhibicionem in suis ecclesijs denunciare procurent. 80. Quod nullus comedat carnes in quatuor temporibus. Item rem audivimus penitus detestandam et a fidelium finibus prorssus expellendam quod scilicet in tempore quadragessimali in vigilijs ab ecclesia constitutis et in Ieiunijs quatuor temporum alicubi publice carnes vendantur in derogatione xristiane religionis et in scandalum plurimorum quocirca volentes hanc consuetudinem abusivam vel potius corruptelam a civitate et tota diocesi nostra penitus extirpare Precipimus omnibus macelariis et alijs quibuscumque sub pena excomunicationis ne de cetero in supradictis diebus publice carnes vendant nisi forte pro sequentibus diebus in quibus licet comedere carnes huiusmodi venderentur et istud ministri ecclesiarum populo suo sepe denuncient. De lureiurando et inventario faciendo. 81. (f. XVIJ) Quod omnes abbates et ecclesiarum et hospitalium rectores teneantur lurare utiliter et bene administrare. Item attendentes quod tam Iure divino quam humano quilibet vilicus tenetur sue vilicationis reddere rationem quam nisi perfecte rediderit a villicatione repelitur statuimus et ordinamus et stauendo et ordinando monemus prima secunda tercia et peremptoria monicione premissa quod cuicumque de cetero ad regimen vel adininistra-cionem alicuius monasterij prelationis dignitatis seu ecclesie curante (sic) secularis vel regularis hospitalis seu misericordie domus quocunque nomine seu statu in nostra civitate vel diocesi ellectus seu provissus aut presentatus fuerit et teneatur debeat cum eius ellectio seu presentatio fuerit confirmata iurare ad sancta dei evangelia sacrosanctis tactis corporaliter scripturis utiliter ecclesie seu administracionis sibi commisse negotia gerere suo posse nec bona aliqua dicte sue ecclesie sine nostra licentia speciali alienale (sic) ac sub debiti prestiti iuramenti infra tres menses a die sue confirmacio-nis seu provisionis aut habite pacifice possessionis computandos inventarium de omnibus bonis mobilibus et immobilibus ipsius ecclesie seu admnistracionis ad quam adsumptus fuerit et Spectantibus ad eamdem facere teneatur cum notario publico et pre-sentibus omnibus de conventu seu capitulo vel maiori parte ipsius capituli vel conventus monasterij aut ecclesie ad quos fuerit assumptus Ubi vero non est collegium vel capitulum illud facere teneatur in presentia Illius qui preest Illi ecclesie seu admi-nistracioni vel eorum quibus duxerit committendum. Si vero ecclesia talis [sit] que habeat patronam laicum tunc fiat dictum Inventarium presente dicto patrono vel si patronas non fuerit presens presentibus tribus discretis viris vicinis ecclesie memorate et nobis vel nostro vicario Illud infra mensem a die confecti inventari] In forma publica assignare et tradere teneatur sub pena a quolibet huius nostre constitucionis trangressore nostro arbitrio auferenda per huiusmodi autem nostram costitucionem non Intendimus nec volumus alijs predecessorum nostrorum constitucionibus de ac materia loquentibus in aliquo derogare sed eas potius approbamus. De Rattoribus ecclesiarum rerum et Iurium ecclesiarum., 82. Quod quelibet persona secularis vel ecclesiastica que lura ecclesie detinet violenter Sit excomunicata. Item statuimus et ordinamus quod nulla ecclesiastica vel secularis persona ecclesias vel Bona seu lura ecclesiarum Scienter et maliciose Invadere vel occupare présumât Et si quis contrarium facere presumpserit vel hatenus presumptet (sic) infra duos menses a pubblicacione presentis constitucionis libere et absolute et... (f.XVIIv) ea dimittat et redat qui Vero contrarium fecerit si fuerit persona ecclesiastica omnibus beneficijs ecclesiasticis que infra nostram provinciam obtinet presentis consilij auctoritate privamus et insuper excomunicationis Sententiam ipso facto incurrat. Si vero fuerit laicus eum excomunicationis vinculo Innodamus a qua absolvi non possit nisi satisfecerit competenter qui si in sua duricia perseveraverit et infra alios duos menses ea libere non resignaverit et expoliatos in plenam possessionem non reduxerit auctoritate presentis consilij terras suas ex nunc prout extunc Supponimus ecclesiastico Interdicto. 83. Quod nullus delinquat in ecclesia vel claustro Iannuen. Item pia mente pensantes quanta Immunitatem prerogativa Romani pontifices Ianuensem ecclesiam privilegijs munierunt necnon excomunicationum annathemati-zationum et aliarum maledictionum sentencias diversas quas tam ipsi Romani pontifices quam multi predecessores nostri in rectores civitatis populum et omnes et singulos promulgaverunt qui possessionem aliquam parasti (palatii) Archiepiscopalis Ianuensis vel dicte ecclesie Sancti laurentij absque Archiepiscopi et capituli loci eiusdem acensu eis auferre et alijs assignare presumpserint quique non solum in clericum sed etiam in — 85 — laicum manus violentas iniecerint in ecclesia Sancti laurentij Ianuen vel in claustro canonicorum vel in aliqno palatiorum Archiepiscopi lanuensis Item omnes clericos et laicos qui fregerint muros atque parietem seu hostium aliquod dicte ecclesie vel claustri atque palaciorum ipsornm vel alicuius camere seu alicuius loci dictorum ecclesie claustri atque palaciorum causa Intrandi vel exeundi in locis vel de locis ipsis vel infra cetas (septa) dictorum ecclesie claustri palacij vel qui dé rebus Sancti laurentij prescripti canonicorum vel clericorum ipsius ecclesie seu Archiepiscopi seu familiorum ipsorum vel aliorum quorumcumque Infra ipsam ecclesiam vel sacristiam eiusdem ecclesie vel palacium aliquid per molestiam aut furtive seu maliciose vel acceperint vel acceptum retinuerint vel ad accipiendum Intrandum vel exeundum vel predictorum aliquod faciendum consilium auxilium dederint vel favorem vel qui sciverint ita acceptum vel retemptum non manifestaverint dicto Archiepiscopo vel illi penes quem res sic accepta erat et in voluntatem eius infra dies quatuor postquam sciverint de hiis non steterint (sic) quas excomunicacionum et anathematizationum sententias et ignorantia talium nonnulli forsam damnabiliter incurrerint. Unde ne ex ignorantia talium sentencialium de cetero quis dampnetur vel Ignorantie collore constita (sic) sumpssione damnabiliter ad talia de cetero se extendat Volentes ut tenemur paterna solicitudine providere monemus pro primo secundo et tercio peremptorio nominatim omnes et singulos cuiusvis (f. XVIII) preminentie condicionis status vel gradus existant ne premissa vel aliqua premissorum in dicta ecclesia vel claustro seu palacio vel in aliquo loco infra dictam ecclesiam claustrum seu palacium vel confines eorum perpetrare vel attentare présumant quod se (si) fecerint vel facere seu attentare presumpserint vel facienti consilium auxilium prestiterint vel favorem dictarum excomunicationum et anathematizationum Sentencias quas predecessorum nostrorum sequendo vestigia ex certa scientia confirmamus ipso facto incurrere hac sinodare (sic) constitucione perpetuo valitura sansimus ac easdem Sententias dicta monicione premissa in omnes et singulos contrafacientes denuo proferimus In hijs scriptis. 84. Quod nullus offendat ecclesias Ianuensie Archiepiscopi. Item quamvis ex officio nobis iniuncto lura omnium ecclesiaruAi nostre diocesis fovere et deffendere teneamur precipue tamen ecclesias nobis et mense nostre Immediate Subiectas debemus speciali patrocinio communire quo circa omnes tam clericosquam laicos monemus pro primo secundo et tercio et peremptorio eis sub excomunicac ionis pena mandantes ne in plebibus (sic) vel ecclesias Infrascriptas que nobis sunt immediate subiecte seu in personas ecclesiarum plebium vel ecclesiarum vel in domos vel in possessiones ipsarum aliquam violentiam seu damna Inferre présumant. Ecclesiem autem nobis Immediate subiecte sunt iste; Plebes sancti martini de Sancto petro de arena. Item plebis Sancti siri de nervio. Item ecclesia Sancti antonini de orpallacio. Item plebis Sancti Bartliolomei de Staiano. Item ecclesia Sancti michaelis de mermio. Item ecclesia Sancte marie de quetio. Item ecclesia Sancte margarite de marassio. Item ecclesia Sancte marie de malazana. — 86 - Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesia Sancti Item ecclesie Sancte tractuosi de bizauue. vincentij. Silvestri. stephani de fossis, petri de carmaudino. andree de medolico. quilici de pulcifera. margarite de testana. 85. Quod nullus invadat bona ecclesie Ianuensis vel aliarum. Item quoniam ad officij nostri debitum pertinere cognoscimus ut ecclesias et ecclesiarum bona que sub nostro degunt regimine tanto teneamur Instantius et eorum (f. XVlIIv) deffensionibus Intendamus quanto in ecclesiarum virgijs amplius deum offendi nequaquam ambigimus et luris sui peculiarius existere prospectamus et crebris quidem actenus moti conquestibus nunc etiam querimonijs sedulis perturbamur quod nonnulli dei talleato timore ac avaricie cecitate percussi ecclesias et ecclesiarum bona quod dolenter dicimus occupant destruunt invadunt et damnato conamine sepe perturbant Volentes Itaque qui nostrarum ecclesiarum regimini licet immerita presu(li)-mus earum huiasmodi periculis futuris occurrere necnon citra dei gravem offensam talia et reprehensibili discimulando negletu et consentire nefarijs transgressorum hniusmodi sevicie videamur sicque per hoc in examine districti iudicij nos gravior pena constringat si ex pacientia dissoluta quod absit sub dictis nostris licentiorem dederimus adictum ad peccandum per viscera misericordie dei ortamur requirimus et solicitudine paterna rogamus nichilominus...... propterea primo secundo tercio et peremptorie commonentes universos et singulos quos comprehendit nostri cura regiminis cu-iuscumque condicionis penitencie (sic) dignitatis aut status existant quod deinceps ecclesias vel earum domos claustra seu bona quecumque immobilia invadere per violentiam detinere destruere Impedire vel occupare présumant aut invadentibus destruentibus impedientibus vel occupantibus aut occupanti prestent consilium auxilium vel favorem si quis vero predictorum vel alicuius eorum themerarius violator extitent in eum perpetuum antematis (sic) in hijs scriptis legiptima monicione premissa sententiam promulgamus et terras huiusmodi transgressorum vel que talium excessorum regimine gubernantur vel eorum domino sunt Subiecte supponimus ecclesiastico Interdicto. 87. De regularibus et religiosis domibus. Item inhibemus omnibus abbatibus monacis et eorum religiosis sub pena (/'. X VIM) ab eorum ordinarii arbitrio auferenda (sic) si contrafecerint ne canes vel aves ad venationes seu aucupationes faciendas teneant ullo modo. 88. Quod non accedant ad monasteria monialium. Item cum non deceant (sic) nec expediat ut clerici ad monastaria monialium vel quarumcumque religiosarum visitanda accedant districte inhibemus ne aliqui clerici ad aliqua monasteria in nostra diocesi constituta visitanda accedant absque nostra — 87 — vol vicarii nostri licentia speciali et si quis contrarium fecerit in soldis viginti pro qualibet vice puniatur et medietas sit accusantis et habeatur privatus nisi cum aliquo favore accederet et tunc cum aliqua non loquantur si quis tamen clericus vel laicus ad aliqua monasteria monialium vel quarumcumque religiosarum causa huiusmodi quevis (sic) collocutiones inhonestas vel causa tractandi quodvis aliquod inhonestum acceserit teneatur Ieiunare quacumque vice semel et nihilominus in soldis viginti condemnetur. 85). Quod consilium singulo biennio debeat celebrari. Item licet pro observacione sacrorum canonum corrigendis excessibus et reforma-cione morum presertim cleri sit a sanctis patribus Institutum quod metropolitani cum suis suffraganeis non omittant provincialia consilia celebrare et pro hi is celebrandis consiliis nobis fuerit per literas apostolice sedis mandatum pariter et intimatum statuimus et ordinamus quod provinciale consilium convocetur et celebrari debeat in civitate nostra singulo biennio in quo conveniant nobiscum suffraganei nostri et alii ecclesiarum et monasteriorum prelati rectores et ministri civitatis diocesis et provin-cie Inanuen. Ubi per nos dictosque suffraganeos de hiis que erunt ad laudem dei ac pro reforraaeione vite et morum cleri et populi necnon pro necessitatibus et commodis ecclesiarum aliorumque piorum locorum provida examinacione tractetur et etiam statuatur prout videbimus expedire. Qui autem dicto consilio Intervenire contempserit quilibet ex suffraganeis ipsis in libris decem prepositus autem et archi presbiter in libris duabus et minister seu rector ecclesiarum civitatis et diocesis Ianuen in viginti soldis puniantur. 90. Quod omnes sub infrascripta pena teneantur habere Istas constituciones. Item cum nostrum sit ea que sunt ad bonum et pacificum statum tocius cleri salubriter ordinare subditorum ac sic ea que ordinantur eficaciter adimplere Ideo precipimus et mandamus sub pena solidorum quadraginta quod omnes abbates priores prepositi et archipresbiteri constituciones istas Infra duos menses habeant capelanis sibi s[ubiectis] (f. XVIIIIv ) semel vel bis in anno eas declarent et exponant ne per Ignorantiam aliqui se excusent capellani autem sub penas olidorum decem ad plebem suam veniant quando archipresbiter pro ipsis constitucionibus exponendis ipsos duxerit advocandos Volumus etiam quod omnes ipsi suffraganei nostri Ipsas constituciones et maxime illi qui provinciam totam respiciunt secum defferant et in sinodo suo legi et publicari faciant ordinantes quod in tota sua diocesi habeantur et observentur cetteras autem constituciones hatenus in aliquo sinodo in nostra diocesi vel aliquo provinciali consilio factas revocamus et cassamus et volumus quod iste robur obtineant firmitatis. Acte promulgate et etiam Innovate fuerunt suprascripte constituciones et ordi-naciones per suprascriptum R. P. D. fratrem Andream archiepiscopum Ianuen in palacio Archiepiscopali de sancto laurencio in plena sinodo et lecte et publicate per me feli-sium de garibaldo notarium anuo Indictione et die supra in principio descriptis pre-sentibus testibus domino antonio cottia canonico piacentino vicario dicti domini archi-episcopi antonio folieta notario et pluribus alijs. * * * Sinodo dell’arcivescovo Andrea Della Torre, anno 1377. (Cod. cit., I. c.) 91. Quod provinciale consilium fiat singulo biennio feria tercia post terciam dominicam post pascam. Item considerantes quod frustra fit per plura quod per pauciora fieri potest et quod in agendis est. Idcirco tenore presentium statuimus et ordinamus ac etiam mandamus quod omni tempore In perpetuum provinciale consilium Iuxta tenorem et formam constitutionis suprascripte que est in ordine LXXXVIIIJ et que incipit Item licet pro observacione sacrorum canonum etc. debeat singulo biennio feria tertia post terciam dominicam post pasca resuretionis domini nostri lhesu Xristi celebrari nulla de cetero vacatione seu congregacione aliter fienda et sub penis in dicta constitucione annotatis. Acta promulgata et innovata est presens constitucio per R. in Xristo patrem et dominum dominum fratrem andream Archiepiscopum Ianuen et in palatio archiepiscopali de Sancto laurentio in plena sinodo celebrata anno a nativitate domini MCCCLXXVIJ indicione quintadecima die martis XXI aprilis et lecta et publicata per me antonium folietam de sexto notarii (sic) Presentibus testibns domino Iohanne simonis cive et Archi presbitero lucensi vicario dicti domini archiepiscopi felisio de garibaldo notario et fratre gasparo de florentia ordinis fratrum predicatorum professore sotio prefati domini Archiepiscopi (leggi archipresbiteri) et pluribus aliis. jt jt jt Sinodo dell’arcivescovo Lanfranco Sacco, anno 1381. (Cod. cit., I. c.) 92. Quod massarij ecclesiarum de gestis et administratis per eos de bonis ecclesiarum singulo anno teneantur domino archiepiscopo seu eius vicario vedere rationem et infra mensem postquam fuerint constituti massarij comparcant confirmationem massarie huismodi petituri. (f. XX) OLXXXX. Nos lanfranchus permissione divina archiepiscopus Januen, Super cura nobis commissi regiminis iugiter vigiles laboraDtes dubio quocunque secluso cognovimus hanc noxosam et damnabilem consuetudinem in nostra Januensi diocesi que potius dicenda est corruptella invaluisse scilicet quod laicos seculares qui ut docuit antiquitas clericos (leggi clericis) et ecclesiasticis personis opido sunt infesti et quibus de rebus ecclesiasticis disponendi nulla est atributa facultas quos obsequendi manet necessitas non auctoritas imperandi ad ecclesias tam simplices quam curatas et tam vacantes rectoribus quam non vacantes ut eorum utamur vocabulo massarij eligantur qui ad tempus Ipsorum arbitrio finiendum bona tam immobilia (sic) quam Immobilia quecunquead ipsas vacantes ecclesias pertinentia concedunt et sub umbra alicuius pietatis sive ipocrisis ipsa bona mobilia distrai et deperdi permittant Immobilia vero per varios et vanos contractus in emphiteusim dant et concedunt multam pro re minima amicis et consanguineis et plurimum quod quidem nichil aliud est quam prefactas sic vacantes ecclesias nisi celeriter obvietur deducere peni(a)tus ad colapsum et etiam cum nos cognovimus per eosdem laicos seculares hiis massariis qui elligentur et deputentur (sic) ad massarias ut bona [et] massarias ecclesiarum non vacantium qui massarii satagant in ecclesiis non vacantibus ad instar tutorum nedum bona ipsarum mas-sariarum contractare ymo verius et bona ipsarum ecclesiarum et ad earumdem ministros spectancium contractare de ipsis reperiuntur pro libito voluntatis propter quod quam plurima ecclesiarum damna et scandala inter ministros et massarios retroactis temporibus reperiuntur exorta, quare predictis laudabiliter obviare cupientes ipsorum laicorum massariorum damnabilem presumptionem et noxosam consuetudinem imo verius corruptellam quantum cum deo possumus extirpare ut ex debito tenemur tenore presentium irrefragabiliter ordinamus et statuimus et statuendo decernimus quatenus quilibet) massarius sive massarii ecclesiarum vacantium de cetero sub excomunicationis pena quam ex ipso canonica monicione premissa contrafacientes incurrere volumus quod teneantur et debeant singulo anno saltem semel nobis vel nostro vicario de gestis contr^- — 90 - ctis et administratis receptis et solutis per eosdeui de bonis ipsarum ecclesiarum vacantium et earumdem ecclesiarum vacantium bonis massariarum Integram et idoneam redere rationem Statuentes Insuper et ordinantes quod massarii ecclesiarum supradictarum non vacantium sub eadem excomunicationis pena quam quemlibet eorum ipsorum etiam incurrere volumus coram nobis vel nostro vicario una cum ministro cuiuscumque status condicionis existât dictarum ecclesiarum nostre Jurisdictioni subiecto compareant de administratis gestis contractis receptis et solutis per eosdem de bonis dictarum ecclesiarum (f. XXv) et massariarum earumdem rationem Integram et ydoneam anno singulo redituri. Preterea sub eadem excomunicationis pena ordinamus et mandamus ac volumus quod massarii dictarum ecclesiarum de cetero constituendi Infra mensem a die qua fuerint massarii constituti compareant coram nobis vel nostro vicario confirma-cionem massarie huiusmodi petituri. Acta promulgata et Innovata est presens constitutio per prefatum R. P. dominum Archiepiscopum Januen in palatio Archiepiscopali de Sancto Silvestro in plena sinodo celebrata anno a nativitate domini MCCULXXXI indicione tercia secundum Ianue cursum die martis VIJ maii in tertiis et lecta et publicata per me antoniura folietam notarium et scribam prefati domini Archiepiscopi presentibus testibus venerabili viro domino Johanne simonis de lucha canonico Ravenne in iure canonico licentiato Vicario facti (prefati) domini Archiepiscopi felisio de gari baldo notario et presbitero guliermo de Illice ministro ecclesie Sancti Silvestri Ianuen et pluribus aliis. jt jt jt Sinodo dell’arcivescovo Giacomo Fieschi, anno 1400. (Cod. cit., I. c.) 93. LXXXXIIJ nos Jacobus permissione divina Archiepiscopus Januen vanitatibus nonullorum clericorum et personarum ecclesiasticarum nostre civitatis et diocesis qui vestes superiores fessas seu apertas ante seu retro et cum collario alto usque ad aures et manicas latas in hiis etiam laicorum vanitatem excedentes deferre non verentur per adiectionem pene obviare cupientes accedente consensu canonicorum nostre Januen ecclesie et etiam cleri Januensis in nostra presentia constitutorum in numero triginta et ultra statuimus quod amodo nullus clericus seu persona ecclesiastica audeat seu présumât huiusmodi vestes apertas ante seu retro deferre aut collarium altum ultra medium colli et manicas latas ultra tres palmos sub pena soldis viginti contra in predictis quemlibet contrafacientem et qualibet vice se noverit incursurum. Concedimus tamen quod vestes usque in diem hodiernam factas habentes manicas latas quattor palmis quousque consumpte fuerint deferre possint. Acta et promulgata est huiusmodi constitutio per prefatum dominum Archiepiscopuin Janue in palatio Archiepiscopali anno a nativitate Domini MCCCC, indicione Vili die XXVIII Jullii presentibus testibus dominis simone de flischo decretorum doctore et francisco de ritiliario utriusque iuris perito vicariis dicti domini Archiepiscopi et scripta per me antonium folietam notarium. f INDICE j* jt PARTE I Sinodi genovesi dal 1097 al 1400. Pag. Introduzione..........................................9 Capo I — Sinodo del vescovo Airaldo (1097.....)..............11 Capo 11 — Sinodi dell’arcivescovo Ottone Ghiglini (1216-1237) . . 12 Art. 1. - Sinodo dell'anno 1216 ............» » 2. - » 1237........................13 Capo III — Sinodo dell’arciv. Giovanni Rossi (1248)............14 Capo IV — » » B. Giacomo da Varazze (1293) ... 15 Capo V — » » Porchetto Spinola (1310-1311...) ... 18 Art. 1. - Sinodo dell’anno 1310............» » 2. - » » 1311 •...........20 Capo VI — Sinodo dell’arcivescovo Andrea Della Torre (1375) . . 24 Art. 1. - Introduzione....................» » 2. - Eucaristia; Penitenza;............26 » 3. - Feste principali..............29 » 4. - Matrimonio ...............32 » 5. - Clero..................37 — 94 - Pag. Art. 6. - Digiuni ed astinenze............39 » 7. - Decime e Cari tegore............40 » 8. - Mendicanti: Pseudoapostoli .........41 » 9. - Usura: Saraceni: Magia...........42 » 10. - Chiese di giuspatronato dell’Arcivescovo.....-43 Capo VII — Sinodi vari (1377-1400' . ...........46 Art. 1. - Sinodo deir Arcivescovo Della Torre, anno 1377 ...» » 2. - Sinodo deirArciv. Lanfranco Sacco, anno 1381 ...» » 3. - 1° Sinodo dell’Arciv. Giacomo Fieschi, anno 1385 . . 48 » 4. - II0 » » » », anno 1400. . » Appendice ai capi VI e VII. Anno 1495. — Documento relativo alle Scuole in Genova ... 51 Anno 1421. — Elenco delle chiese della diocesi e loro censi a favore delPArcivescovo.................-53 PARTE II Testi. Sinodo provinciale dell’arcivescovo Andrea Della Torre, anno 1375 59 Sinodo dell’arciv. Andrea Della Torre, anno 1377........88 » » Lanfranco Sacco, anno'1381.........89 » » Giacomo Fieschi, anno 1400 ........91 Finito di stampare il 12 Aprile 1939-XVI1 nella Scuola Tip. Don Bosco in Qenova-San Pier d’Arena per conto della R. Deputazione di Storia Patria per la Liguria ATTI DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli Atti della Società Ligure di Storia Patria) Volume IV (LXVIII della raccolta) Fasc. II VITO VITALE NUOVI DOCUMENTI SUL CASTELLO DI BONIFACIO NEL SECOLO YTTT GENOVA NELLA SEDE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA PALAZZO ROSSO MCMXL-XVIII ATTI DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli Atti della Società Ligure di Storia l'atrio) Volume IV (LXVlil della raccolta) Fasc. II VITO VITALE NUOVI DOCUMENTI SUL CASTELLO DI BONIFACIO NEL SECOLO XIII C ENOVA NELLA SEDE DELLA li. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA PALAZZO ROSSO M C M X L - X V I I I Proprietà letteraria riservata Sciiohi TipogI’sitìcii « Doli Bosco » (rENOYA-SAMPIEBDAHEXA INTRODUZIONE I Documenti sul Castello di Bonifacio nel secolo XIII pubblicati nel primo volume dei nostri Atti (LXV dell’intera raccolta, 1936-XIY) hanno avuto una insperata fortuna. Mentre di solito sillogi di questo genere possono attendere anche decenni prima di essere adoperate e sfruttate — e il loro scopo è appunto di fornire il materiale agli storici futuri — gli atti notarili redatti a Bonifacio sono stati subito oggetto di illustrazione e di studio, sotto particolari aspetti, in attesa della promessa larga indagine sulla vita di questa prima colonia genovese di Corsica nel secolo XIII. Nell’ « Archivio Storico Sardo » (vol. XX, aprile - ottobre 1936-XIV, pag. 11 sgg.), Dionigi Scano se ne è largamente servito per uno studio acuto e interessante su Castello di Bonifacio e Logudoro nella prima metà del XIII secolo, mentre Mario Luz-zatto (in « Bollettino Storico Pisano », 1936-XIV, fase. Ili, pag. 240 sgg.) ha rilevato in particolare i rapporti tra Bonifacio e la Toscana, massime nei riguardi della guerra di corsa che ha nei documenti di Bonifacio particolare rilievo. Sulle forme tipiche dei contratti che le si riferiscono hanno richiamato l’attenzione Achille Riggio nella « Revue tunisienne » (N. S., n. 29, Tunis, 1937, pag. 183 sgg.) e Alessandro Lattes nella nota Sui prestiti in pane per la corsa marittima nelle carte liguri (« Bollettino storico bibliografico subalpino », XXXVIII, 1936-XIV, n. 1-2, pag. 16 sgg. e v. anche M. Chiaudano, A Proposito di un frammento statutario genovese del secolo XIII, ibid.). Sullo stesso argomento è ritornato più ampiamente il Lattes nel fondamentale — VI - studio riassuntivo II diritto marittimo privato nelle carte liguri dei sec. XII e XIII (Tipografìa Poliglotta Vaticana, MCMXXXIX, pag. 117 sgg.) nel quale è frequente, anche per altri punti relativi al diritto marittimo, il riferimento ai documenti di Bonifacio. Non dunque inutile per gli studi della storia e del diritto medievale la pubblicazione dei documenti bonifacini, e questa considerazione giustifica anche l’edizione di questi posteriormente trovati, che debbono considerarsi come appendice del precedente volume. La nuova serie si colloca cronologicamente tra la seconda e la terza della precedente raccolta, cioè tra le imbreviature del 1245 appartenenti a Bartolomeo Fornari e quelle dal 1257 al 61 redatte da Azone de Clavica e, cosa singolare, appartiene allo stesso Azone ma è in un volume intestato a Bartolomeo. È inutile insistere sul fatto notissimo che i registri notarili dell’Archivio genovese, come sono costituiti dal secolo XVII, risultano di frammenti vari appartenenti a tempi e notai diversi e sono intestati spesso a un unico nome, molte volte erroneo: basterà rimandare al prezioso volume di G. P. Bognetti e M. Moresco, Per Vedizione dei notai liguri del sec. XII (edito nel 1938-XM dalla nostra Deputazione) nel quale sono indicate le ragioni e i modi della singolare confusione ed è data la definitiva ricostruzione degli atti conservatici per il secolo XII. I documenti che qui si pubblicano sono compresi nelle carte 104-131 della prima parte del primo volume intestato a Bartolomeo Fornari. In realtà, come appare frequentemente dal testo medesimo degli atti, sono redatti da Azone de Clavica, ma presentano una notevole differenza rispetto a quelli dello stesso notaio contenuti nella precedente raccolta. Mentre i precedenti sono rogati dal notaio come cancelliere dei castellani e comprendono per lo più sentenze giudiziarie, la nuova serie non ha specifico carattere ufficiale ma comprende atti privati: evidentemente il notaio non era stato ancora assunto all’ufficio di Cancelliere che forse mutava di anno in anno col cambiare dei castellani. - VII - Sono 105 documenti tra il 21 novembre 1246 e il 10 novembre 1247; l’ordine cronologico non è però rigorosamente rispettato: gli atti XXXII-XXXVI hanno rispettivamente le date 14 gennaio, 21 marzo, 2 aprile, 8 febbraio, 31 gennaio; e il disordine non può imputarsi a posteriore rimaneggiamento dei fogli nel codice perchè si tratta di un unico foglio, il 109, che ha nel « recto » gli atti 14 gennaio e 21 marzo, nel « verso » gli altri tre. Certamente il notaio, non troppo sollecito e ordinato, ha dato più tardi, e senza badare all’ordine cronologico, forma legale agli appunti presi con le « notule ». Così nel foglio 119 a un atto del 21 maggio ne segue uno del 24 gennaio e si alternano poi disordinatamente datazioni tra febbraio e giugno; egualmente nel foglio 126 si salta dal febbraio al luglio e nel 129 dal gennaio all’agosto; nel fo. 130 il documento CLY ha la data 13 febbraio, il CLVI passa al 7 ottobre e il CLYII torna al 9 gennaio. Questo disordine cronologico si può dire anzi la caratteristica particolare del « cartulario, » ma il notaio non sembra dargli importanza; una sola volta annota (n. CXLVIII) « in cartulario vetere de M°CC°XLYI debet poni hoc instrumentum » perchè si tratta di un documento del 7 ottobre 1246 inserito tra due altri del 29 aprile e del 4 gennaio 1247: qui c’era stato addirittura uno sbaglio di anno e di registro. Del resto iT notaio appare trascurato anche nella redazione degli atti, stesi frettolosamente con ortografìa trasandata e molte abbreviature, specialmente nelle consuete formule giuridiche. Qualche volta neppure si accorge di ripetere un istrumento già trascritto (n. LXYI e LXIX). Azone abitava in casa di Nicola Beccorosso, che non sarà stato, probabilmente, lo stesso che compare di frequente come attore o teste negli atti di Emanuele Nicola De Porta tra il 1286 e il 1291 e vi è sempre chiamato notaio; forse questo secondo è figlio o più probabilmente nipote del proprietario della casa ove è redatta la maggior parte degli atti di Azone, il quale non avrebbe abitato presso un altro notaio anche per motivi di concorrenza professionale. Quando si tratta di disposizioni testamen- — Vili - tarie, però non molto frequenti, o di personaggi più importanti il notaio stesso si reca presso le parti. È caratteristico che agli atti di maggiore entità sono presenti come testi i più cospicui cittadini, specialmente ^ ivaldo di Calignano e Ogerio Fornari, notai anch’essi. Anzi il rilevante numero dei notai è una delle caratteristiche di questi documenti e attesta una intensa vita economica e civile del castello, tanto più notevole per il contrasto coll’interno dell’isola, ove, a dichiarazione di un Albergo pievano, non c’erano notai e gli atti pubblici erano stesi da chiunque sapesse scrivere (Tealdo, n. YI). Alcuni di questi notai, Tealdo, Bartolomeo, lo stesso Azone, vengono indubbiamente dalla Liguria dove ritornano dopo una dimora più o meno lunga nell’isola, come dimostrano gli atti che di loro si conservano nell’Archivio di Genova; di altri invece, sebbene di origine ligure, chiaramente indicata dai nomi, e appartenenti forse a una seconda generazione nata nel Castello, manca ogni indizio che abbiano rogato fuori di Bonifacio. Tra i contraenti e i testimoni si trovano moltissime persone già note per gli atti del notaio Tealdo e di Bartolomeo Fornari, cosicché questi documenti accrescono la possibilità di ricostruire la situazione demografica — e con essa anche la topografica del castellò di Bonifacio intorno alla metà del secolo XIII. Così non mancano atti che si riallacciano a vecchie questioni: il n. LXYI, per esempio, si riferisce ancora agli ultimi strascichi dell’eredità di Armano pellipario della quale sono pieni gli atti di Tealdo. Genero di Armano era quel Gregorio de Bargono che ne continuava, col cognato Yivaldo, la larga attività commerciale e del quale assai numerose sono le accomendazioni, mentre suo fratello Enrico commerciava specialmente con l’interno dell’isola. Le relazioni commerciali sono più frequenti con Ajaccio, Sa-gona, Talavo, Cinerea (c’è anche un caso di salvacondotto perchè il debitore possa venire a soddisfare il suo debito, LXXXII), mentre il movimento marittimo si svolge, oltre che con Genova e le riviere liguri, in primo luogo con la Sardegna e poi con tutte - IX - le coste del Tirreno e del Mediterraneo: in Siria, per esempio, si trasportano tele di Alemagna o di San Quintino (n. XIV, LXX). La tipica attività interna dell’allevamento del bestiame ha documenti di qualche interesse (n. CXV); non mancano contratti per coltivare e mettere in valore le terre (CLV) e poi i consueti atti di procura, di nomine di arbitri, di locazione d’opera (notevole quello col vescovo di Sagona, n. XIII), di compravendita o di affitto di terre e case. Caratteristico il n. XVII nel quale i due possessori di una casa si impegnano ad alternarsi annualmente neH’occuparne l’unico piano e il solaio. Come sempre in questi atti notarili, si apre qualche spiraglio anche sulla vita privata e sul costume: curioso tra gli altri l’atto col quale una Vermiglia riconosce che Guglielmo di Bastelica non è suo marito e che, se mai c’è stato matrimonio, deve ritenersi nullo e illegale: e sotto c’è probabilmente qualche piccolo dramma, un matrimonio simulato, un abbandono, un inganno. Particolare importanza hanno anche qui i contratti per la guerra di corsa, i quali anzi presentano qualche differenza rispetto a quelli di Bartolomeo Fornari che pure sono di poco anteriori, appartenendo al 1245. Spesso colui che arma in corsa riceve una somma e dichiara « quod dieta pecunia est expensa in armamento et panatica diete sagitee »; promette di rendere il doppio della somma a meno che la spedizione non sia stata vana, nel qual caso restituirà il capitale ricevuto, sempre che la nave ritorni sana e salva. Dichiara inoltre di rinunciare « capitulo civitatis lamie de cursalibus ». Altra volta invece il contratto assume l’aspetto di un mutuo « gratis et amore » ma subito dopo i naviganti si impegnano a restituire le 25 lire ricevute se il guadagno della corsa sarà di 300 lire, non più di 12 se inferiore (LXXX, LXXXI). Anche qui appare che i maggiori cittadini impiegano i loro capitali nella guerra di corsa; il notaio Vivaldo di Cali-gnano, per esempio, partecipa contemporaneamente ad accomen dazioni e ad imprese di corsa, anzi possiede un terzo della nave Leone Barbadoro (LXI), la maggiore, a quel che pare, di quante — X - partecipano a questo genere di imprese (Falcuncellus, Sposatella, Bonaventura). Le contrattazioni relative a questa nave sono eguali a quelle del 1245; il guadagno deve essere pari a un terzo del capitale prestato se la nave 11011 andrà oltre Sardegna e Corsica, alla metà se più lontano. Comunque, un attento esame di questi documenti può aggiungere qualche dato a quelli raccolti con industre e illuminata sagacia dal Lattes (17 diritto marittimo, ecc. pag. 117 sgg.). Nessun nuovo contributo recano invece per quanto riguarda l’ordinamento politico e amministrativo del Castello e i suoi 1 apporti con Genova. C’è un solo atto di procura (LXII) per pagamento ai custodi, ma non ne indica, come quelli della più ampia raccolta, tutti i nomi. Ai castellani si accenna, senza nominarli individualmente, nel doc. LXVLLI, e il nome di uno di essi, Balduino Avvocato, è ricordato nella nota (CLXIII) in cui Giovanni Bono, notaio appunto dei castellani, fa l’estratto ufficiale deiratto CLXII del cartolare, dichiarandolo valido come se lo avesse fatto Azone stesso, che era ammalato. Il documento CLXII porta la data 22 settembre e questa nota spiega perchè non ci siano atti ulteriori, sino al cinque novembre. Nel complesso i nuovi documenti, sebbene tutti di carattere privato, arricchiscono di altri elementi la ricostruzione della vita del Castello di Bonifacio intorno alla metà del secolo XIII. Hr -r'ST» NOTAIO AZONE DE CLAVICA (REGISTRO I, PARTE I, DI BARTOLOMEO DE FORNARI) 21 NOVEMBRE 124G - 10 NOVEMBRE 1247 C. 104. I. — Atto di procura: il principio manca. Fideiussori Nicola Peluco, Giovanni Boleto, Ruffino pelipario, Donno calegario. Bonifacio, nella chiesa di S. Maria. Testi Pietro de Curia, Giovanni Grugno, Bartolomeo de Corsio, 28 gennaio 1247. II. — Guglielmo Murraia e Bergognone tornitore, fratelli, ricevono da Guglielmo Arnaldo di Arenzano soldi 43 gen. dalla commenda di L 4. 6 che essi fecero a lui e a suo figlio Vassallo, e promettono di non muovere altra richiesta per l’accomenda o per la pena di essa. «Salvo nobis iure in residuo dicte accomendacionis contra filium tuum Vassalum, te non nocente nobis, set adiuvante et consilium dante quo dictam accomendationem silicet residuum extorquere possemus. Hoc acto et dicto inter nos et te expressim quod si dictus filius tuus solverit nos solverit (sic) dictam accomendacionem, tibi teneamur restituere dictos sol. XLIII ». Bonifacio, in casa di Niccolò Beccorosso. Testi Ogerio di Sozziglia, Pietro di Curia, 23 gennaio. III. — Nos Martinus Tornellus et Oglerius Fornarius notarii, albriti sponte electi a Jacobo de Porcello procuratore Johanis Rapalini ex una parte nomine ipsius Johanis et ab Oglerio de Susilia ex altera ut continetur in compromisso inde facto manu Açonis notarii de Clavica occasione librarum viginti due nomine pene, sive pro pena dupli quas petebat dictus Jacobus nomine dicti Iohanis a dicto Oglerio occasione cuiusdam instrumenti facti manu Tealdi notarii JI°CC°LV die XIII octubris, visa dicta peticione instrumento debiti et racionibus utriusque partis, sentenciando pronunciamus quod dictus Oglerius solvat et solvere teneatur dicto Jacobo nomine dicti Johanis Rapalini pro ipso Johane lb. undecim et sol. decem ian. nomine sortis usque ad medium februarium proxime venturum. A superfluo vero — 4 — dictarum librarum XI et s. X pene de eo quod petere posset dictus .Iacobus pro dicto Johane occasione dicti instrumenti absolvimus ipsum Oglerium. Et hoc pronontiamus a partibus observari sub pena cumpromissi imposita. Actum in Bonifacio ante domun Jacobi de Porcello. Testes Johanes Capsia-rius, Segnorius de Sancto Donato. MùCCtìXLVII die XIII Ianuarii post nonam, indicione quarta. C. 104 v. IV. — In nomine Domini amen. Nos Iacobus Guaracus ex una parte et Martinus Tornellus ex altera comuni voluntate eligimus nostros albitros Ottobonum Tornellum et Guaracum de Sancto Laurencio de lite et discordia que inter nos vertitur seu verti speratur occasione cuiusdam debiti de quo mencio est in instrumento inde facto manu Oglerii Fornarii notarii, de quo debito sunt obligati in dicto instrumento Ausaldus Traversus Bacheraus Io-hanes Guaracus et Iacobus Guaracus in solidum Manuello Tornello, et a quo Manuello dictus Martinus habet iura cessa prout continetur in instrumento inde facto manu mei Açonis de Clavica notarii. Promittentes ad invicem pars parti inter nos attendere, complere et observare et in nullo contravenire quicquid per predictos albitros fuerit prononciatum seu senten-ciatum infra mensem unum post aliqua de partibus coram ipsis per se vel per procuratorem suum se presentabit racione vel accordio. Si vero dicti albriti concordes non essent ad dictam sentenciam dandam, eligimus usque nunc dominum Nicolaum de Vultabio iudicem mediannum: et si ipse absens foret teneantur eligere mediannum et sequi consilium eius, et atten-dere quicquid per ipsos seu per unum ipsorum cum consilio mediarmi pio-nunciatum fuerit. Dantes predictis albitris liberam potestatem prononciamli et sententiandi supra dicta questione, presentibus partibus vel abssentibus, citatis vel non citatis, die feriato vel non feriato, racione vel acordio, infra dictum terminum. Alioquin si de predictis in aliquo contrafecerimus seu non observabimus occasione quicquid per eos fuerit definitum, penam libraram centum ian. inter nos ad invicem stipulantibus promittimus iato manente id quod per predictos fuerit definitum. Pro pena vero et pro predictis omnibus observadis omnia bona nostra et habita et habenda inter nos ad vicisim pignori obligamus. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Merllus Bircius Iohanes Boletus et Nicolaus Pellucus M°CC°XLV II die XXVIIII Ianuarii prius ante terciam, indicione quarta. V. — Rufino di Nizza fa procuratore Daniele di Bisagno; assente, per ricevere da Nicola Usodimare, Simone di S. Tommaso e Bonincontro di Pas- — 5 — sano L. 14 e il loro proficuo (come consta da carta rogata «manu mei Adonis notarii *). Stesso luogo, 21 gennaio. Testi Gianuino sarto e Nicolino Rosso tagliatore. VI. — Ego Rolandinus de Sancto Thoma confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Faciolo de Monelia sol. triginta quinque ian. renuntians etc., unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum de uno alterum ad modum cursum, silicet lb. tres et sol. X ian. de primo lucro cursus seu aquisto quod fecero cun sagitea mea que dicitur Falcuncellus ubi canpum fecero. Et promitto tibi venire ad canpum faciendum in Bonifacio sine iusto Dei impedimento gentis vel tenporis remanserit. Et, quod Deus advertat, si dicta sagitea cum hominibus qui in ea vadunt nichil lucraretur, promitto tibi dare capitalle tuum, silicet sol. triginta quinque ian. ubi disarmavero in voluntate tua. Alioquin etc., proinde etc., rato etc., danpnaetc., renuncians capitulo civitatis Ianue de corsalibus et omni auxilio legis et capitulorum quibus contra pre-dicta me tueri possem. Et confiteor quod dicta peccunia est expensa in armamento et panatica dicte sagitee. Actum in Bonifacio in domo Nicole Be-chirubei. Testes Andriollus Marchion et Obertus de Fontanella. M°CC°XLVI1 die XIIII februarii post nonam, indicione quarta. C. IO.r> r. VII. — Enrico Manente riceve a mutuo grazioso da Nicoletto Mallone L. ‘2. 12 restituibili entro due mesi. Stesso luogo, testi Giacomo Pignolo, Enrico Sardena e Federico Calvo, 5 febbraio. Vili. — Gandolfo Mangiaferro vende a Giovanni di Pre la metà di un muro e della terra sulla quale esso è posto, « qui murus est inter domum meam et tuam, que domus sunt in Bonifacio, et qui murus est contiguus domui mee et domui tue » per L. 6 con tutti i diritti inerenti (compreso Vius soli) e ne rilascia quitanza. « Ita tamen quod in ispo muro et super ipsum quantum pro dicta mediatate possis fabricare et fabricari facere tignum et trabem ponere seu poni facere, et omnia demum facere sicut in re tua*. « Hoc acto et dicto inter me et te expressim addito in conventione predicti precii quod si contingent te levare sive frabicare seu frabicari facere in dicto, silicet a somitate ipsius superius, quod ilud quod feceris sive fieri feceris debeat esse mei iuris quantum pro medietate ex parte domus mee, — 6 - et debeas fieri facere fenestras et morsias in ipso muro si contingent te in eo superius fabricari sine aliquo quod facerem in ispo muro ». Bonifacio, in casa di Giacomo de Porcello. Testi Gregorio de Bargono, Gianuino suo fratello e Giovanni Capsiario notaio, 12 gennaio. C. 105 v. IX. — Ogerio Riccio riceve da Simone pellipario L. 20 a mutuo, onde restituirà bisanzi saraceni 3 per lira entro 8 giorni dal salvo arrivo della nave San Nicolao in Acri. Dà impegno 60 mine di grano caricate nella nave. Bonifacio, nella casa di Nicolò Beccorosso. Testi Guglielmo d’Opizzone, Giacomo di Borrello e Rubaldo di Predone scriba, 19 febbraio. X. — Raimondo, genero di Giacomo Grugno, riceve da Guglielmo Ieor-gio res onde restituirà soldi 25 entro le calende d’agosto. Bonifacio, stesso luogo. Testi Guglielmo di Sorleone e Giovannino di Cursario, 11 gennaio. XI. — Rolandino di San Tommaso riceve a mutuo da Giovanni Forna-rio L. 2. 2 etc. (conforme all’atto numero VI). Bonifacio, in casa di Tommaso Lomellini dove sta Giacomo predetto. XII. — Ego Iacobinus Roça confiteor me habuisse et recepisse in acco-mendacione a te Wilielmo de Pellio scriba tantum de tuis rebus et specialiter vinum quod ascendit s. XXXV ian. Renuntians etc. quod vinum causa negocian-di usque Maritimam ad risicum tuum etc. In redditu quem Ianuam vel Bonifa-cium fecero capitalle capittalle (sic) et proficuum dicte accomendacionis in tua vel tui missi etc. rettenta in me quarta lucri. Alioquin etc. et proinde etc., rato etc., danpna etc. Et confiteor ego Wilielmus quod dicta accomendacio est de racione quam mihi fecit Wilielmus Rapallinus. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testis Wilielmus Matamalle et Gualla de Ber-regio. M°CC°XLYII dei XIIII ianuarii post terciam, indicione quarta. C. 106 r. XIII. — Ego Iohanes Corsus promitto et convenio vobis Oberto de Cla-varo et Bauderio de Yulturo facere et curare ita quod episcopus Sagonensis vobis dabit et solvet pro mercede laboris vestri qualibet die laboratorio sol. quatuor ian. et victum convenientem, extractis tamem diebus festivis: et quod solvet vobis eciam de illis diebus quibus ibitis ad Sagonum causa laborandi L dicto episcopo, ita bene sicuti laboravissetis. Et in eventu quem feceritis Bonifacium solvet vobis per diem unam, et faciet vobis expensas portandi et deferendi asnesium vestrum et ferramenta de Bonifacio in Sagono et de Sagono in Bonifacio, ita quod res vestre etasnesia sint ad fortunam mei Io hanis in terra et ad vestrum risicumsint in mari eundo et reddeundo. Alioquin penam librarum decem Ian. vobis stipulantibus dare promitto, rato manente pacto. Yersavice nos predicti Obertus et Bauderius promittimus et convenimus vobis dicto Iohani recipienti pro dicto episcopo laborare quolibet die cum nostris ferramentis exceptis diebus festivis tam in serrando quam in aliis faciendo de lignamine occasione lignaminis in bosco et extra boscum bene et legaliter quousque fuerit de voluntate dicti episcopi. Alioquin penam dupli tibi stipulanti pro dicto episcopo dare promittimus, rato manente pacto. Actum in Bonifacio, in domo Nicolai Bechirubei. Testes Yivaldus Calignanus notarius, et Petrus Anuinus et Wilielmus de Sancto Stephano de Coxano. M°CC°XLYII die XXV frebruarii circa vesperas, indicione quarta. XIV. — Giacomo Cazullo riceve a commenda da Oberto Sapana L. 16 impiegate in tele baldinelle ossia di Alemagna, da portare in commercio in Siria al quarto degli utili. « Habens licenciam mittendi et faciendi ex eis sicut de aliis quas porto, et mittendi tibi de eis ante me et post me, et testibus et sine testibus, quam partem voluero ». Stesso luogo. Testi Vivaldo Calignano notaio e Enrico Speziale, 23 febbraio. XV. — Benedettino Piccamilio figlio di Guglielmo Piccamilio riceve a commenda da Guglielmo Fontanegio L. 5. 19 che porterà in commercio in Oltremare o dove Dio lo spingerà, al quarto degli utili. « Habens licenciam mittenti (sic) de dicta accomendacione quam partem voluero ante me cum testibus vel carta » — Ha 20 anni, e si obbliga con giuramento; consiglieri Ogerio de Flora di Sestri Levante e Rubaldo Gallo. Stesso luogo. Testi i sudetti consiglieri, 23 febbraio. a w<> v. XVI. — Rainerius Pcena Senensis in presentia infrascriptorum testium denonciavit Oglerio Ricio et Iacobo Barrachino participes navis que dicitur Sanctus Nicolaus quod paratus est dare eis et consignare minas tria millia quingentas grani quod eis debet. Et dicti participes dantes ei libras mille ian., faciant ei cartam de libris sexcentarum LXII et dimidium ian., ut continetur in carta promissionis quam habent inter eos. Actum in ripa portus — 8 - Bonifìcii. presentibus ad hoc vocatis testibus Oberto de Canpo et Iohane Bon-dono. M°CC°XLVII die XII Ianuarii inter nonam et vesperas, indicione quarta. XVII. — In presencia infrascriptorum atque rogatorum testium, Raine-rius Pcena senensis denonciavit Oglerio Ricio et Iacobo Barrachino participes navis que dicitur Sanctus Nicolaus quod paratus est eis dare et consignare totam granum qnod eis debet pro naulo quandocumque voluerint eum recipere, et dicit quod paratus erat dare et consignare eis dictum granum unde sunt menses duo transacti. Actum in ripa portu Bonifacii, presentibus testibus Oberto de Canpo et Iohanne Bondono. M0CC°XLVII die XII Ianuarii circa vesperas, indicione quarta. XVIII. — Guantino de Lella marito di Giovanna «que manet ad darsa-nariam * riceve da Giacomo Corso res onde restituirà L. 17. 10 entro Pasqua. Bonifacio, in casa di Niccolò Beccorosso. Testi Gianuino sarto e Onorato Rosso, 1 febbraio. XVIX. — Ego Iacobinus Catalanus confiteor me habuisse et recepisse integram solucionem et pagamentum a te Iacobo Bergognono de toto eo quod mihi usque in hodiernum diem dare debebas, et specialiter de moiolis sive gotis quos tibi comodavi in Acri, promittens tibi quod de cetero versus te vel aliquam aliam personam pro te per me vel aliquam aliam personam per me nulam requixicionem faciam vel movebo vel movi faciam. Sub pena dupli de quanto requixicio fieret, et obligacione omnium bonorum meorum: rato manente pacto. Hoc acto et dicto inter me et te expresim, quod si forta poteris probare quod pro me alicui aliquam solucionem fecisti de dictis moiolis, quod tibi tenear restituere id quod inde solvisti pro me, sub dicta pena et obligacione omnium bonorum meorum. Actum in Bonifacio, in domo Nicolai Bechirubei. Enricus Caravellus et Enricus de Cavena. M°CC°XLVII die IIII martii post nonam, indicione quarta. C. 107 r. XX. — Tommaso d'Acquabona promette a Buonavere Belbottone che lo terrà indenne da qualunque danno che gli potesse derivare dalla fideiussione prestata per suo fratello Marinetto verso Pietro Magno per L. 14.10. « Hocacto et dicto inter me et de quod si Marinetus venerit in nave Padonis, quod presens instrumentum sit cassum et irritum et nulius valoris». Bonifacio, stesso luogo. Testi Vivaldo Calignano e Tommaso di Vivaldo, 7 marzo. XXI. — Mazone Manente riceve da GiovannifMacia rea per L. 12 e mezzo di provisini, da restituire entro 15 giorni dal salvo arrivo della nave Sposatella in Marittima, ossia a Civitavecchia o altrove. Pegno, due loca della nave. Stesso luogo. Testi Giacomo Pignolo e Vivaldo Capo di Maglio, 8 marzo. XXII. — Nos Berengarius Grasus de Barcellona et Iofredus de Ningranpo quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et reccepisse a te Moro de Nervio tantum de tuis rebus, renunciantes exceptioni non receptarum vel non habitarum rerum, doli in factum et condiccioni sine causa, unde et pio quibus promittimus et convenimus dare tibi vel tuo certo misso per nos vel nostrum missum Lb. quinque ian. infra dies octo postquam aplicuerimus Ianuam de Maritima cum sagitea nostra que dicitur Bonaventura, et rede-unte et aplicante dicta sagitea vel maiore parte rerum ipsius. Alioquin penam dupli etc., et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligamus, et specialiter medietatem dicte sagitee quam usque nunc tibi iure pignoris tibi confiteor tradidisse, rato manente pacto: et restituere tibi omnia danpna et expensas que et quas faceres vel substineres pro dicto debito exigendo a termino in antea, credito de danpnis et expensis tuo solo verbo sine testibus et iuramento vel aliqua probacione. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Iacobus taliator et Nicolaus de Sancto Matheo et Mensis de Lucha. M°CC°XLVII die XII marcii post terciam, indi, cione quarta. C. 107 v. XXIII. — Nos Berengarius Grasus de Barcelona et Iofredus de Nin granpo quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Nicolao de Sancto Matheo tantum de tuis rebus, renunciantes etc., doli etc., unde et pro quibus promittimus dare et solvere tibi vel tuo certo misso per nos vel nostrum missum lb. quatur provenensiuir. infra dies octo postquam aplicuerimus Maritimam cum sagitea nostra que dicitur Meliorata, sana tamen eunte et aplicante dicta sagitea vel maiore parte rerum ipsius. Alioquin etc. et proinde etc., rato etc., danpna etc., renunciantes etc., danpna etc. Insuper ego Bonellus florentinus pro dictis Berengerio et Iofredo me proprium et principallem debitore (sic) et observatore (sic) et pagatorem constituo versus dictum Nicolaom (sic), sub dicta pena et obligatione omnium bonorum meorum. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Bartholo-meus de Montanea, Nicolaus Scarpa de Sigest.ro et Orlandus senensjs. MWXLVII die XII marcii post nonam, Indicione quarta, XXIV. — Guglielmo Bellobruno fa suo procuratore Vivaldo Capodimaglio, assente, per esigere da Francesco di Sassari L. 3. 4 che costui gli deve, come da carta di Vivaldo Calignano. — Stesso luogo, .13 marzo. Testi Vivaldo Calignano notaio, Tealdo notaio e Obertino scriba. XXV. — Giacomo di Portovenere vende a Ogerio di Soziglia lo schiavo Gonario per L. 4. IO. — Stesso luogo, 13 marzo. Testi Faravello Scriba e Signorio di San Donato. XXVI. — Ego Nicoletans Malonus filius quondam Wiliemi Maioni nomine et vice fratis mei Andree Malonis confiteor ne Imbuisse et recepisse a te Maçono Manente... (l’atto è interrotto). C. 108 r. XXVII. — Ego Bertholinus filius Armani Rompitoris confiteor me habuisse et recepisse a te Enrico de Baigono tantum de tuis rebus que ascendut lb. XL et sol. 1 ianuinorum, renuncians etc., quas Deo propicio usque Propriamnum et Taravum ad risicum tuum eundo, reddeundo et stando in mari et terra portare debeo. In redditu vero quod Bonifacium fecero et quem facere promitto nulo (sic) mutato viagio dictas lb. XL et sol. I tibi etc. per me etc. dare et solvere promitto. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. credito etc. Et confiteor ego Enricus quod dicte res sunt de mea comuni implicita quam de Ianua extrasi (sic), Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Vivaldus Calignanus notarius, Iohanes Capsiarius notarius et Amicus Clarella. M°CC°XLVII die XXII Ianuarii ante terciam, Indicione quarta. XXVIII. — In presencia infrascriptorum atque rogatorum testium viris nobilibus discretis universis consulibus, castellaneis, potestatibus et rectoribus per diversas mondis (sic) partes pro Comuni Ianue costitututis (sic) et universis hominibus et personis qui scint (sic) de amicitia comunis Ianue, dominis et amicis karissimis dilectis suis presens instrumentum pubblicum litteras inspecturis ego Iohanes Castagna civis Ianuensis in vero salutari saluto. Presenti pubblico instrumento vobis facio manifestum quod lator pre-sencium, Bonellus florentinus filius Girardi de Asino, habet de mea propria pecunia in accomendacione lb. quingentas de quibus est facta carta manu Açonis de Clavica. Quocirca vestram amieiciam et fraternitatem vestram duxi attencius exorandam quatenus dictum Bonellum salvum et securum habeatis in presencia et rebus, et ei faciatis servicium et amorem sicud mee persone proprie faceretis, Actum in Bonifacio, in domo Nicolai Bechi- — 11 — rubei, presentibus testibus Vivaldo Calignano notario et Bonello fiorentino. MnCC°XLVII die VII marcii in sero, Indicione IIII. XXIX. — Ego Ioaninus Quartaria promitto et convenio tibi Bonello fiorentino recipienti hanc promissionem pro Santulino fratri tuo quod ibo Maritimam, et de ibi promitto redire Ianuam com (sic) carracham que dicitur Sanctus Franciscus, sine iusto Dei impedimento gentis vel tenporis remanserit, et ibi facere racionem Santulino fratri tuo vel eius certo misso de eo quod sibi debeo, silicet de lb. XXX quas ab eo habeo et proficuum earum. Alioquin si non fecero penam dupli dicte quantitatis tibi stipulanti pro dicto Santulino dare promitto, et proinde omnia bona mea habitta (sic) et habenda tibi pignori obligo, rato manente pacto. Insuper ego Iacobinus Saragus filius quondam Nicolai Saragi promitto et convenio tibi dicto Bonello recipienti pro dicto fratri tuo Santulino facere et curare quod Iohaninus conplebit et observabit ut supra promixit, sub dicta pena et obligacione omnium bonorum meorum, et abrenuncians iuri de principalli et omni iuri quo contra predicta me tueri possem. Autum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Tealdus notarius et Oglerius formaiarius de Sancto Donato. M°CC°XLVII die XVI februarii ante terciam indicione quarta. C. 108 v. XXX. — Ego Simon Arcadepan confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Marcho de Aquabona lb. tres et sol. X ianuinorum, renuncians exceptioni etc., quas Deo propicio usque Maritimam ad risicum et fortunam ligni Bertholomei de Montanea et sociorum quod vocatur Sanctus Antonius portare debeo. In redditu vero quem Bonifacium vel Ianuam fecero... (l’atto è interrotto). XXXI. — Nos Comitanus de Porta, Guillelmus de Finalli et Iohanes de Sancta Maria Maddalena quisque nostrum in solidum confitemur habuisse a te Enrico de Bargono tantum de tuis rebus que ascendunt lb. undecim et sol. duodecim ianuinorum, renunciantes etc., quas Cineream et Sagonum causa negociandi portare debemus ad risicum tuum et cet. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus et quem facere promittimus nulo mutato viagio dictas lb. undecim et sol. XII ian. tibi vel tuo certo misso per nos vel nostrum missum dare ed solvere promittimus. Alioquin pro dictis tibi etc. et proinde omnia bona nostra tibi etc. rato etc. danpna etc. renunciantes etc. Et confiteor ego Enricus quod est de mea comuni implicita etc. Actum in Bonifacium in domo Nicolai Bechirubei. Testes Marcus scriba et Vivaldus Calignanus notarius M0CC°XLVII die XXIV Ianuarii post terciam, Indicione quarta. — 12 — C. 10!) r. XXXII. — Nos Marcus scriba et Gorata iugalles una vendimus cedimus et tradimus tibi Pagano de Portuvenere territorium unius domus positum in Bonifacio subtus domum quondam Iohanis Stregie finito precio librarum trium et dimidium ian., de quo precio nos bene quietos et solutos vocamus, renunciantes exceptioni non numerate pecunie vel non recepti precii, cui territorio coheret antea via, retro terra vacua, ab uno latere domus Guidonis textoris et ab alio terra lacobi Falconi quodam et Carabelle iugalium. Quem territorium tibi vendimus cedimus et tradimus precio supra-dicto cum omni suo iure, ingresu et exitu, ad faciendum inde antea quicquid volueris iure proprietatis et titulo enptionis quem territorium tibi non inpedire set potius expedire et ab omni persona legitime defendere et aucto-riçare promittimus tibi tuisque heredibus per nos nostrosque heredes. Possessionem et dominium dicte terre tibi corporaliter confitemur tradidisse, dantes tibi licenciam accipiendi corporallem possessionem quandocumque tibi placuerit; constituentes nos tuo nomine precario possidere donec ean (sic) possiderimus, et dictam vendicionem ratam et firmam habere et tenere et in aliquo non contravenire. Alioquin si contrafecerimus in aliquo, penam dupli valimenti dicti territorii vel pro tempore valuerit aud meliorata fuerit tibi stipulanti dare promittimus. Et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligamus. Faciens hec ego dicta Gorata in presencia et iusu (sic) dicti viri mei et consillio Iohanis Capsiarii notarii et Rubaldi de Predono scribe quos in hec consiliarios etc. Testes predicti consiliatores et Iacobus de Porcello. Actum in Bonifacio in domo lacobi de Porcello in qua manent dicti iugalles. MWXLVII die XIIII Ianuarii post terciam Indicione quarta. XXXIII. — Graziano de Capite vende a Pagano di Portovenere il terzo d'un orto che a lui era stato venduto da Giovanni de Bargono e Biancafiore coniugi (come da carta di Tealdo notaio in data 8 maggio 1244) per L. 10 delle quali si dichiara soddisfatto. «Coheret ab uno latere terra Nicolosi Burse », dall’altro la terra che appartenne al fu Giacomo Tenterio, dalla terza la terra di Graziano stesso. Atto in Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso. Testi Vivaldo Calignano notaio e Orlando di Siena, ‘21 marzo. C. 109 v. XXXIV. — In presencia infrascriptorum atque rogatorum testium ego Vermilia Barcadacia soror quondam Ugonis Blanci dico et protestor tibi Guillelmo de Basterega quod tu non es vir meus nec me unquam desponsasti, et si forte aliquo tempore posset inveniri quod me desponsaveris -tà- volo et iubeo quod matrimonium el despunsacionem illam scit nulius valoris. turans predicta me rata et firma habere et tenere et in aliquo non contravenire, sub pena librarum quinquaginta et obligacione omnium bonorum meorum, faciens hec ego Vermilia in presencia et voluntate Iohanis de Quincesio fratris mei et consilio Guillelmi de Solleone et Deromede Busca-rius, quos etc. Insuper ego Iohanes Quincesius me proprium principallem observatorem pro dicta Vermilia versus te dictum Guillelmun me constituo sub dicta pena et obligacione omnium bonorum meorum et renuncians iuri de principalli et omni iuri. Actum in Bonifacio in domo quondam Carli de Levanto, loco ubi dicitur Betresca, presentibus testibus dicti consiliatores. MnCC°XLVI[ die II Aprilis post terciam, Indicione quarta. XXXV. — Giovanni Corso riceve da Ginotino Lecavello res che ascendono a L. 9. 15. 5 da portare a negoziare a Sagona a rischio di Ginotino per mare e per terra. «In reditu vero quem Bonifacium fecero et quem facere promitto usque Pascam Domini proximam sine iusto Dei impedimento gentis vel tenporis remanserit» le restituirà. «Et confiteor etc. » (stessa formula che all’atto XXVI). Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso. Testi Tartaro Spezzapietra e Lanfranco di Piazzalunga, 8 febbraio. XXXVI. — Calcaterra Corso riceve da Ansaldo de Signaigo res che ascendono a L. 7. 8. 8 da portare a negoziare a « Bosugenum ». « In redditu vero quem Bonifacium fecero et quem facere promitto usque medium marcium, et antea si antea rediero » le restituirà. Stesso luogo, testi Vivaldo Calignano notaio e Rubaldo di Predono scriba, 31 gennaio. C. 110 r. XXXVII. — Ego Maçonus Manens confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Amiceto Pane filio quondam Nicole Panis lb. decem et septem ian., renuncians exceptioni non numerate pecunie vel non recepte, doli in factum et condicioni sine causa, unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum de uno alterum ad rnodum cursus, silicet lb. triginta quatuor ian. de primo lucro cursus seu aquisto quod fecero cum navi que dicitur Sposatella ubi campum fecero. Et promitto tibi venire ad canpum facendum in Bonifacio sine iusto Dei impedimento gentis vel temporis remanserit. Et, quod Deus advertat, si dicta navis cum hominibus qui in ea vadunt nichil lucraretur, promitto tibi dare capitalle tuum silicet lb. XVII ian., sana tamen eunte et reddeunte dieta navi vel ipsius rerum maiore parte. Alioquin si contrafecero penam - 14 - dupli dicte quantitatis tibi stipulanti dare promitto, et proinde omnia bona mea habita et habenda tibi pignori obligo et specialiter totam partem quam habeo in dicta nave, quam usque nunc tibi iure pignoris trado,rato manente pacto: et restituere tibi omnia dampna et expensas que et quas faceres vel sub-stineres pro dicto debito exigendo, credito inde te de danpnis et expensis tuo solo verbo, sine testibus et iuramento, et renuncians capitulo civitatis Ianue de cursalibus et omni auxilio legis et capitullorum quibuscum contra pre-dicta me tueri posse (sic). Et confiteor dictos denarios solutos esse et expensos in armamento et panatica dicte navi. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Yivaldus Calignanus notarius, Iacobus de Canpo et Enricetus Manens. M°CC°XLYII die YII Aprilis post terciam, Indicione quarta. XXXVIII. — Enrico Manente riceve da Ottone delle Isole res che ascendono a L. 24, da restituirsi entro San Giovanni di giugno. Stesso luogo. Testi Vivaldo Calignano notaio, Baldovino filatore de Castro, Natalino de Castro, 7 marzo. XXXIX. — Enrico Manente fa procuratore Ottone delle Isole per riscuotere i suoi crediti in Bonifacio, e particolarmente per L. 16 che gli deve Giovanni di Brosono (come da carta), per soldi 17 che lo stesso gli deve in altra parte, per L. 37 che gli deve Ottone Vacca (come da carta) e per qualunque altro suo credito. Stesso luogo. Testi i «predetti » Baldovino, e Natalino, 7 marzo. C. HO v. XL. — Ego Enricus Manens confiteor me habuisse et recepisse a te Merlone Bercio mutuo gratis et amores lb. duas ian. renuncians etc. doli etc. quas tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum dare et solvere promitto infra mensem unum postquam Ianuam aplicuero. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. Actum in Bonifacio ante domum Raimondi Pelluchi. Testes Vivaldusde Livellato et Anssaldus (sic) Pellucus. M°CC°XLVII die XVII marcij ante terciam. XLI. — Davide de Castro e Ogerio Fornario notai comprano da Martino di Castellano e da Balduino de Brosono «vintenas» per L. 52’/2 pagabili entro 8 giorni dall'arrivo dei compratori in Genova. Bonifacio, casa di Niccolò Beccorosso. Testi Giovanni Grugno e Bartolomeo di Montagna, 17 aprile. - 15 — «Cassum voluntate parcium die XVlli aprillis, quia alium instrumentum factum fuit » (v. n. XLY). XLXI. — Ogerio Fornario promette a Davide de Castro di mantenerlo indenne daH’obbligazione che egli assunse in solido con lui, come da atto di Azzone di Chiavica etc. (è l’atto precedente). XLIII. — Ego David de Castro filius quondam Merlonis de Castro confiteor me habuisse et recepisse a te Symone Rubeo de Fontona tantum de tuis rebus renuncians etc. doli etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. per me etc. lb. undecim et sol. decem ian. infra dies VIII postquam tarida que dicitur Astruadebem aplicuerit Niciam vel Monacum, et que tarida est mei David et sociorum. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. sana tamen eunte et aplicante dieta tarida vel ipsius rerum maiore parte. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Vivaldus Calignanus notarius et Iohanes Grugnus, M°CC°XLVII die XVII aprillis circa nonam, indicione quarta. C. 111 r. XLIV. — Pietro di San Tommaso, Corrado Caxicio e Sarmorra ricevono da Simone Rosso di Fontana res per L. 4. 12, pagabili, entro 8 giorni dal salvo arrivo della tarida Astrugadebem a Nizza o a Monaco. Stesso luogo, giorno e ora. Testi David de Castro e Giovanni Grugno. XLV. — Davide de Castro e Ogierio Fornario comprano da Martino di Castellano e da Balduino de Brosono « vintenas » per L. 52 y2 pagabili entro otto giorni dall'arrivo dei compratori a Genova. Bonifacio, davanti alla casa di Giacomo Porcello. Testi Enrico Cassicio Naulense e Giovanni di Lia. 18 aprile. XLVI. — Ego Placentinus de Placencia confiteor me habuisse et recepisse a te Iohane de Plebeta tantum de tuis rebus, renuncians excepcioni etc., unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum lb. duas et sol. septem ian. infra mensem unum postquam Ianuam aplicuero. Alioquin penam dupli tibi etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Lanbertinus de Merono et Iohanes Cintracus, MTOXLVII die XVI aprilis post nonam, indicione quarta. — 16 - C. 111 v. XLYII. — Guglielmo Ceba riceve da Simone Ceba suo fratello L. 13. 5 in accomenda per l’Oltremare al quarto dei profitti. «Habens licenciam facendi ex eis sicut ex aliis quas porto ». Bonifacio « in giota Nicolai Peluchi » Testi Giacomino Boca e Nicoletto Beiano, 20 aprile. XLVIII. — Guglielmo Ceba riceve da Simone Ceba suo fratello intero pagamento d’ogni debito verso di lui. Stesso luogo, giorno e ora. XLIX. — Ego Symon Ceba confiteor me habuisse et recipisse a te Ma-çono Manente integram solucionem et pagamentum de omni eo quod mihi usque in hodiernum diem dare debuisti, et specialiter de naulo quod mihi debebas de navi que dicitur Sposatela, seu aliquo alio modo vel aliqua alia occasione, promittens tibi quod de cetero tibi vel aliqua alia persona per me vel aliqua alia persona prò me nulam requixicionem molestiam faciam vel movebo seu moveri faciam, sub pena dupli et obligacione omnium bonorum meorum. Actum in Bonifacio in domo Petri salinerii. Testes Pandulfinus Bava, Nicolaus Ursetus et Wilielmus Ceba, M°CC°XLVII die XVIIII aprillis post vesperas, indicione quarta. C. 112 r. L. — Ego Nicolaus de Sancto Brancacio confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Guarachino Traverio lb. viginti quinque ian. renuncians etc. doli etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum de uno alterum ad modum cursus silicet lb. quinquaginta ian. de lucro cursus seu aquisto quod fecerit navis que dicitur Sposatella, hoc modo silicet si dicta navis cum hominibus qui in ea vadunt lucrata fuerit lb. duo milia vel valens, et si forte luciata fuerit minus dicta quantitate tenear tibi dare eadem racione, et quod Deus advertat si dicta navis cum hominibus qui in ea vadunt nichil lucraretur, promitto tibi dare capitale tuum silicet lb. viginti quinque, sana tamen eunte et reddeunte dicta navi vel ipsius rerum maiore parte. Alioquin penam dupli tibi etc. et proinde omnia bona mea tibi etc. rato etc. danpna etc. et renuncians capitulo civitatis Ianue de cursalibus et omni auxilio legis et capitulorum quibus occasione predicta me tueri possem. Actum in Bonifacio in domo Iohanis de Pruno et Tantobelle eius filie. Testes Petrus Boterigu set Iohaninus de Yaldetario. M°CC°XLVII die XXII aprillis inter terciam et nonam indicione quarta. - 17 — LI. — E*o Manuel Tornellus confìteor me habuisse et recepisse in accomendacione a te Symoneto de Noatario lb. octo ian. renuncians etc., quas tenere in Bonifacio et lucrare cum ipsis debeo, et mittere per Corsicam et Sardineam causa negociandi. In redditu vero quem Ianuam fecero capatale et proficuum dicte accomendacionis in tua vel tui certi missi potestate per me vel meum missum ponere et consignare promitto, retenta in me quarta lucri. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. habens licenciam mittendi ex eis ante me cum testibus et sine testibus quam partem voluero. Actum in Bonifacio in domo Nicolai Bechirubei. Testes Guido de Parma et Luchetus Tornellus. M0CC°XLVII die XXIIII aprillis ante terciam Indicione quarta. LII. — Ego Obertus Cigala confiteor me habuisse et recepisse a te Naulascino de Recho in custodia sive acomodato lb, quinque ian. et capsiam unam cum rauba, renuncians excepcioni non numerate pecunie vel non recepti depoxiti, doli in factum et condicioni sine causa, quas res et pecuniam portare debeo Ianuam vel mittere ad risicum tuum et fortunam, et dare et consignare seu consignari facere fratri tuo Lanfranco vel consanguineo tuo Iohani de Trasflumine, ita tamen quod possim tenere pecuniam in me usque quod Ianuam ivero ad risicum tuum. Alioquin si contra fecero penam dupli dictarum librarum quinque et valimenti dictarum rerum tibi stipulanti dare promitto, et proinde omnia bona mea habita et habenda tibi pignori obligo. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei in qua manet dictus dominus Obertus. Testes Guillelminus de .Placenda et Nicolaus Cigala. MWXLVII die XXIIII aprillis ante terciam indicione quarta. C. 112 v. LlII. — Yivaldo Calignano notaio vende a Nicola di S. Matteo la quarta parte di una caracca chiamata Dentiprua, che possiede pro indiviso con Fara vello scriba, per L. 3 delle quali si dichiara soddisfatto. Bonifacio, stesso luogo; testi Bartolomeo di Montagna e Amico Chiarella, 25 marzo. LIY. — Ego Bonellans florentinus confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Opiçone de Ceva lb. decem et solidos quindecim proveniensium de Roma, abrenuncians excepcioni non numerate pecunie vel non recepti mutui, doli in factum et condicioni sine causa, quas vel todidem prò eis eiusdem monete tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum dare et sol vere promitto infra dies XV postquam navis que dicitur Meliorata apud Ci vitam Vegiam portum fecerit, vel ubi portum fecerit honerandi 2 — 18 — causa, et in qua nave ire debeo et promitto nulo mutato viagio. Et si forte in dieta navi non ivero, promitto tibi dare dictas lb. decem et sol. XV infra dies quindecim postquam navis mota esset, mondas et expeditas ab omnibus dacitis et avariis et iactu maris et ab omni drictu curie sana tamen eunte et aplicante dicta navi vel maiore parte rerum ipsius. Alioquin penam dupli dicte quantitatis cum omnibus danpnis et expensis etc. rato manente pacto, credito inde te de danpnis et expensis tuo solo verbo sine testibus et iuramento. Et proinde omnia bona mea habita et habenda tibi pignori obligo, et principaliter pecias undecim de bocaranis et cultrem unam albam, possessionem quarum rerum tibi iure proprietatis tradidisse confiteor, dans tibi licenciam vendendi dictas res a termino in antea tua actoritate sine consulto et decreto et omni mea contradicione et omnium pro me. Pro pena vero et ad sic observadis universa bona mea habita et habenda tibi pignori obligo, et i uro predicta omnia attendere complere et observare et in aliquo non contravenire. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Vivaldus Calignanus notarius Ogerius Fornarius notarius Rubaldus de Pre-dono scriba. M°CC°XLV1I die XXVIIII Aprillis circa vesperas indicione quarta. C. 113 r. LV. — Bonello fiorentino riceve da Simone di San Tommaso res per L. 2. 3, provisione pagabile entro 15 giorni dal salvo arrivo della nave Meliorata a Civitavecchia o dove farà porto per caricare. Bonifacio, stesso luogo. Testi Rubaldino d’Alba e Pasquale Aiegre, 29 aprile. LVI. — Giovanni Corso riceve da Nicola Cigala res che ascendono a L. 11. il. 9, che porterà a negoziare a Sagone a rischio del Cigala in mare e terra. Al suo ritorno a Bonifacio entro Pasqua, e prima se tornerà prima, pagherà «dictas lb. undecim et sol. undecim et den. quatuor» (sic: il «quatuor » è scritto su un VIIII canc.) «Et confiteor ego dictus Nicolaus quod dicte res sunt de mea comuni implicita quam de lanua extrasi preter lb. septem et sol. quatuor Lanfranci de Sancto Romulo ». Bonifacio, stesso luogo, testi Gandolfo Mangiaferro e Raimondo di Linguilia, 6 febbraio. LVII. — Nos Rufinus pelliparius et Oglerius Falconius tale pactum et conventionem facimus inter nos de domo nostra quam insimul pro indi-visso habemus, videlicet: quod ego Rufinus debeo manere in solario diete domus in hoc anno et tu dictus Oglerius inferius et promittimus inter nos ad invicem non impedire nec molestiare partem suam unus alteri usque in capite dicti anni, alioquin ect. sub pena librarum decem ect. et obli- — Ì9 — gacione omnium bonorum nostrorum predicto Rufino. In capitale vero dicti anni tu dictus Oglerius debes manere in dicto solario dicte domus et ego Rufinus inferius usque ad alium annum proximum, sub dicta pena et obligacione omnium bonorum. Actum in Bonifacio, in domo Nicolai Bechirubei. Testes Yivaldus de Yegia et Oglerius Capellus. M°CC°XLYII die XIIII februarii post nonam indicione quarta. C. 113 v. LY1II. — Enrico Manente riceve a mutuo grazioso da Giovanni Beccorosso L. 10 pagabili entro mezzo maggio. (Segue il consueto formulario dei mutui; il mutuante si obbliga con giuramento). Stesso luogo. Testi Natalino di Castello, Ruggero trombatole di Bonifacio e Guglielmino Rubeo di Castelletto, 13 febbraio. LIX. — Ego presbiter Iohanes minister ecclesie Sancte Amancie que sita est iusta castrum Bonifacii, quia tibi Faciolo nepoti plebani de Bonifacio canonico diete ecclesie et ecclesie Sancte Amancie predicte volo providere de beneficio predicte ecclesie sancte Amancie tanquam clerico et fratri eiusdem ecclesie, promitto et convenio nomine dicte eccelsie dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum sol. decem ian. quolibet anno. Predicta omnia promitto et convenio tibi attendere compiere et observare sub piena dupli dicte quantitatis pecunie, ratis manentibus supra-dictis, et bonorum meorum obligacione et obligacione bonorum dicte ecclesie. Actum in Bonifacio in domo dicti plebani de Bonifacio. Testis Iohanes Capsia-rius notarius, dominus plebanus supradictus, Dominicus serviens dicti pleba* ni. M°CC°XLYII die II Ianuarii post terciam indicione quarta ». LX. — Nos Facius plebanus, rector et minister ecclesie Sancte Marie de Bonifacio, Facius cononicus eiusdem ecclesie, nomine et vice diete ecclesie locamus et iure locacionis et nomine libelli concedimus tibi Rolando de Symia terram solum domus sive edifficii tui positam in Bonifacio, et cui coheret a duabus partibus carrubius, retro domus Nicolai Burse et ab alio latere domus heredum Enrici Bocete, a festo Sancte Margarite proxime venturum usque ad annos viginti novem proxime venturos completos, solvendo te nobis vel rectori dicte ecclesie sol. duos annuatim in festo Sancte Margarite nomine conducionis dicte terre, promittentes tibi dictam terram tuisque heredibus dimittere neque pensionem accepere usque ad dictum terminum seu aliquod gravamen tibi vel heredibus tuis in eam inferre, imo eam tibi et heredibus tuis legitime defendere et autoriçare per nos — 20 - et nostros successores et dictam locacionem ratam et firmam habere et tenere. Alioquin penam librarum decem ian. tibi stipulanti dare promittimus, ratis manentibus supradictis. Et proinde et ad sic observandum omnia bona dicte ecclesie tibi pignori obligamus. Versa vice ego dictus Rolandus promitto et convenio vobis Facio rectori dicte ecclesie et Facio canonico eiusdem ecclesie recipientibus nomine dicte ecclesie dictam terram sive solum tenere et dictam locacionem ratam et firmam habere, et dictam condicionem silicet sol. duos anuatim solvere in festo Sancte Margarite vobis vel sucesso-ribus vetris nomine dicte ecclesie, usque ad dictum terminum. Alioquin penam librarum decem vobis stipulantibus pro dicta ecclesia dare promitto, ratis manentibus supradictis, et proinde et omnia bona mea habita et habenda vobis pignori obligo. Actum in Bonifacio sub portico domus dicte ecclesie in qua moratur dictus Facius plebanus. Testes Oglerius Falconus, Raimondus de Linguilia et Ianuinus sartor M°CC°XLVIt die XXII Ianuarii post vesperas indicione quarta et duo instrumenta etc. (In margine: pro Rolando et pro dictis Facio rectori et Facio canonico). C. 114 r. LXI. — Nos Vivaldus Calignanus notarius, Guillelmus de Sancto Martino, Iohanes de Quarto et Andriolus de Bissane confitemur ad invicem inter nr>s quod dictus Wilielmus et Iohanes ex una parte habent in sagitea que dicitur Leonus Barbaauri tam in corpore ipsius quam in armamento, et dictus Vivaldus aliam terciam partem, et dictus Andriolus aliam terciam, renunciando quod quod (sic alioquando possemus dicere contrarium salvo i ure ipsi Vivaldo quod habet in tercerio dicti Andrioli quia de ipsa vendfcionem fecit, unde promittimus et convenimus inter nos facere expensas ipsius armamenti, tam de panatica quam de aliis pertinentibus ipsi armamento. Et promittimus inter nos unus non fraudare alterum, set dare terciam partem de toto eo quod lucrata fuerit dicta sagitea, et dividere bene et legaliter neque inpedire alicui nostrum ipsam terciam partem set pocius legitime defendere et ab omni persona attoriçare quantum pro facto nostro. Et quod mutua que fatta (sic) sunt hominibus dicte sagitee fatta sunt comunibus expensis, et quod quelibet pars nostrum debet habere terciam partem ipsorum mutuorum et tocius ilius quod pertinet armamento eiusdem sagitee et dicte sagitee. Hoc acto et dicto inter nos expersim (sic) quod dictus Andriolus et dictus Wilielmus debent esse comiti dicte sagitee, eo salvo quod dictus Vivaldus debeat habere partem suam sive terciam tam comitarie quam de omnibus supradictis. Et iuramus ut supra attendere complere et observare et in aliquo non contravenire. Alioquin si in aliquo con tra fecerimus, et proinde etc. Actum in Bonifacio in domo — 21 — Nicole Bechirubei, Testes Bonifacius de Pagana, Bonacorus de Fontana et Be-randus de platealonga. M°CC°XLYII die XI mailii circa vesperas. Et plura instrumenta inde fieri rogaverunt. Indicione quarta, (in margine: pro Wi i ieimo Io-hanne et Vivaldo). LXII. — Rolandino ferrario e Sarveto ferrario fanno procuratore Guglielmo ferrario per riscuotere i loro crediti in Bonifacio e il soldo che devono ricevere dal Comune per la guardia che fecero in Bonifacio l’anno precedente. Stesso luogo, testi Giovanni Frescura e Bernardo catalano. 17 marzo. c. iJ4 v. LXIII. — Comitano de Porta, Guglielmo di Finale e Giovanni di Santa Maria Maddalena ricevono da Ugo Piacentino res che ascendono a L. 3. 6 da portare a negoziare per Cinerea e Sagone, a rischio del Piacentino, pagabili al loro ritorno in Bonifacio. Testi Vivaldo Calignano notaio e Marchetto Pelluco. Stesso luogo, 24 gennaio. LXIV. — Palacio esecutore di Bonifacio vende a Giacomo di Porceilo le terre che possiede nel territorio di Bonifacio, in località « in vale de Caraflumaria», che gli furono vendute da Guglielmo Cauzanello (ossia pezze 5 che pervennero al Cauzanello dalla moglie Matilde, già moglie di Stafforio i o che gli provennero da Bartolomeo de Faxolo; il tutto per soldi 4^4 dei quali si dichiara soddisfatto. Bonifacio, in casa di Barbato di Castelletto. Testi Guglielmo di Mirone, Vegio di Castelletto e Barbato di Castelletto. 20 aprile. C. 115 r. LXV. — Ego Enricus Manens confiteor habuisse et recepisse a te Gregorio de Bargono tantum de tuis rebus, renuncians etc., unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. sol. triginta quinque ian. infra mensem unum postquam Ianuam aplicuero. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. iurans etc. Insuper ego Iacobus Guaracus de predictis me proprium principallem debittorem pagatorem observatorem me constituo si dictus Enricus non solverit ut supra, et abrenuncians iuri de principalli. Actum in Bonifacio in domo dicti Gregorii. Testes Mesis de Luca et Ianuinus de Bargono. MUCC°XLVII die XV marcii post terciam indicione quarta. LXVI. — Enrico de Bargono si dichiara soddisfatto da Agnese vedova di Vivaldo de Armano di tutti i debiti suoi e del marito, « similiter de omnibus accomendacionibus et de omni eo quod mecum unquam habuit ad faciendum. « Bonifacio, sulla porta delia chiesa di Santa Maria. Testi Ruf-finetto di Bargone e Oberto fu Nicola balestriere, 27 marzo. LXVII. — Rubaldino fu Corrado Bessa riceve per conto del fratello Gerardino da Bartolomeo di Alessandria L. 2 che questi doveva a Gerardino, e si dichiara soddisfatto a nome di lui. Fideiussore Simone di Savignone. Bonifacio, in casa di Niccolò Beccorosso. Testi Giovanni Corso e Baldovino de Enrigocio, 19 aprile. C. 115 v. LXVIII. — In nomine Domini amen. Nos Rubaldus Capellus et Daniel de Bissanne publici Bonifacii exti-matores de mandato castellanorum extimamus in Bonifacio que fuerunt quondam Ugoline de Canavesio Gregorio de Bargono, et in solutum damus et Enrico de Bargono contra Nicolaum de Ferro heredem quondam Ugoline pre-Jicte, pro libris sexdecim pro dicto Gregorio, pro libris decem et sol. V prò dicto Enrico, domum quandam positam in Bonifacio iuxta domum Iohannis de Bargono, cui coheret antea via, retro via privata sive murus castri, ab uno latere dicta domus dicti Iohannis et ab alio domus quondam Guillelmi Pelluchi cum medietate muri que est inter predictam domum extimatam et domum Wilielmi Peluchi, et com (sic) toto muro qui est inter ipsam domum extimatam et domum predictam Iohannis de Bargono, et soldos septem et dr. Ili expensarum extimatorum. Et predictam extimacionem fecimus in presencia dicti Nicolai de Ferro et eius sciencia et voluntate, et in presencia et sciencia Talie uxoris Oberti de Ferro et Marie matris dictorum Nicolai et Oberti de Ferro. Et possessionem dicte'domus et murorum predictis Gregorio et Enrico damus et dari fecimus per Iohannem de Guislamda executorem de mandato castellanorum contra ipsum Nicolaum pro predictis quantitatibus. Actum in Bonifacio ante dictam domum, presentibus testibus Oberto filio quondam Nicolai balistarii, Ianuino de Bargono et Nicolao Serratoli M°CC°XLVII die XXVI Aprillis circa vesperas indicione quarta». LXIX. — (Identico all’atto LVI). LXX. — Ego Lanfrancus Pignatarius confiteor me habuisse et recepisse in accomendacione a te Iacobo Dalmacio lb. viginti sex et sol. quinque ian. implicatas in telis de Alamania et vintenis et pecia una Sanquintenis, - 23 — renuncians etc., quas Deo propicio Ultramare causa negociandi portare debeo ad quartam proficui. In redditu vero quem Ianuam fecero capitalle et proficuum dicte accomendacionis in tua vel tui certi missi potestatem ponere et consignare promitto, retenta in me quarta lucri. Alioquin etc. et proinde etc. habens licenciam facere ex ea sicud ex aliis quas porto et mittendi quam partem voluero ex dicta accomendacione ante me cum testibus. Et confiteor ego dictus Iacobus quod in dicta accomendacione est lb. septem et sol. X domini Ottonis draperii, silicet pecia Sanquintini, et superfluum de mea comuni implicita quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Saonini de Bonifacio in qua manet dictus Iacobus. Testes Bonifacius ferrarius et Iacobus Merellus. M°CC°XLVII die XXYIl aprillis circa vesperas indicione quarta. C. 1l(> r. LXXI. — Giovanni de Pruno riceve da Ogerio Falcone res per L. 6. 8 pagabili entro le calende di luglio. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso. Testi Vivaldo Calignano notaio e Marco Pelle di Bonifacio, 20 aprile. LXXII. — Andreolo di Bisagno riceve da Bertolino figlio di Armando Rampitore a nome di Bartolomeo di Montagna res di Bartolomeo di Montagna per soldi 33 che pagherà al Montagna al ritorno dal viaggio che sta per fare in cursum. Nella riva del porto di Bonifacio, davanti alla grotta di Nicola Pelluco. Testi Vivaldo Calignano notaio e Giovanni Peracio, 12 maggio. LXXIII. — Ego Adriolus de Bisanne vendo cedo et trado tibi Vivaldo Calignano notario sagiteam unam nomine Leonus Barbaauri finito precio libra-rum quadraginta trium ian., de quo precio me bene quietum et solutum voco renuncians excepcioni non numerate pecunie et non recepti precii, et que mihi deliberata et vendita fuit pro dicto precio in Bonifacio per Iohanem cin-tracum. Quam sagiteam tibi legitime defendere et actoriçare ab omni persona de ainicicia Ianue promitto... (l’atto è interrotto). a no v. LXXIV. — In nomine Domini amen. Ego Iohanes murator de Placencia confiteor me emisse et recepisse a vobis Oglerio Falcono et Raimondo de Linguilia pro dotibus sive patrimonio Marie filie quodam magistri Alberti fixici congnate vestre et uxoris mee lb. triginta quinque ian. de quibus me bene quietum et solutum voco, renuncians excepcioni non numerate pecunie — 24 - et non recepte dotis. Et facio vobis recipientibus nomine dicte Marie uxoris mee nomine antefatti seu donacionis propter nupcias lb. triginta quinque vel valens in bonis meis, presentibus et futuris, ad habendum et tenendum et quicquid volueritis faciendum nomine dicte Marie secundum morem et consuetudinem civitatis Ianue. Quas dottes et antefattum vobis in Bonifacio meis predictis salvas facere promitto, et eas vobis restituere et dare, vel cui dari et restitui debebuntur adveniente condicione restituende dottis. Pro qua dotte et antefacto et ad sic observandum ut supra omnia bona mea habita et habenda vobis nomine dicte Marie congnate vestre uxorii (sic) mee pignori obligo. Actum in Bonifacio in domo Raimondi de Linguilia. Testes Marchixius murator de Placencia, Lafranchinus de Portu venere et Iohanes Niger de Bonifacio. M°CC°XLYII die XLIIII madii circa vesperas indicione quarta. LXXV. — Guido maestro di Romagna riceve da Marco Scriba di Bonifacio per dote di sua moglie Giovanna di lui figlia L. 35 delle quali si dichiara soddisfatto; e le dona L. 85 dei suoi beni in qualità d’antefatto. Bonifacio, in casa di Giacomo de Porcello in cui dimora Marco Scriba. Testi Giacomo di Porcello, Bartolomeo di Montagna e Graziano taverniere, 19 gennaio. C. 117 r. LXXYI. — Marco Scriba dichiara di dovere a Guido maestro di Romagna L. 5. resto della dote di sua figlia Giovanna, di lui moglie, e promette di pagarle entro un anno. Stesso luogo, giorno e testi. LXXVII. — Leonello Corso. Ugo tornitore, Manuele greco e Vitaletto di Cinerea ricevono da Vivaldo di Vegia res che ascendono a L. 5. 11. 6 da portare a negoziare ad Aiaccio, pagabili al loro ritorno a Bonifacio « nulo mutato viaggio ». Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Giacomo di Porcello e Giovanni Beccorosso, 31 gennaio. LXXVIII. — Ottobono Piccamiglio riceve a commenda da Giacomo Pignolo L. 65. 2, impiegate in panni blavii sanmslerii da portarsi a negoziare in Oltremare. « Habens licenciam facere ex eis sicut ex aliis quas porto». «Actum ante portum Bonifacii in navi que dicitur Ferrus ». Testi Obertino ferrario e Lanfranco de Guisulfo, 27 aprile. — 25 — C. 117 v. LXXIX. — Nos Marchetus peliparius de Bonifacio et Iohanes Sata quisque nostrum in solidum confitemur habuisse in accomendacione a te Baxilio de Cipris lb. sex et sol. quindecim Ianue implicatas in oralos sex sete et auro filato. Renunciantes etc. Quas Sardineam silicet Turim causa negociandi portare debemus medietatem proficui et cet. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus etc. dictas lb. sex et solidos XV. cum medietate proficui tibi etc. Yel dictam raubam si eam vendere non poterimus. Alioquin etc. et pro inde etc. rato etc. danpna etc. renunciantes etc. et confiteor ego dictus Baxilius quod dicte re ssunt de accomendacione quam michi fecit Guido de Brosono. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Iacobus corsus et Dominicus clericus M°CC°XLVII die XVI madii ante terciam indicione quarta. ^ LXXX. — Nos Iacobus Guaratus Merlo Birci us et Enricus Sardena quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse mutuo gratis et amore a te Ottone Tornello lb. viginti quinque Ianue. Renunciantes etc. doli etc. quas tibi etc. usque menses tres proximos venturos et antea si antea reddierit sagitea que dicitur Mafona in Bonifacium vel si antea fecerimus canpum in aliqua alia parte sana tamen eunte etc. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. danpna etc. renunciantes etc. Actum in Bonifacio in domo Iohanis Grugni in qua habitat dictus Merlo. Testes Nicolaus Tornellus Luchetus Tornellus et Rodeanus de Rodoano. M°CC°XLVII die. V. madii inter primam et terciam indicione quarta. LXXXI. — Nos Iacobus Guaratus Merlo Bircius et Enricus Sardena quisque nostrum in solidum promittimus et convenimus tibi Ottoni Tornello dare et solvere tibi vel tuo certo misso per nos vel nostrum missum lb. viginti quinque Ianue hoc modo videlicet si sagitea que dicitur Mafona cum hominibus qui in ea vadunt lucra viri t seu aquistaverit lb. trecentas vel valens et si minus lucraverit seu aquistaverit silicet ex lb. duxentis quinquaginta usque in lb. trexentis dare, solvere teneamur tibi etc. lb. XII; Ianue et non plus. Alioquin penam dupli dicte quantitatis tibi stipulanti dare promitimus et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligamus et abrenunciamus iuri de duobus reis. Actum in dicto loco pre-sentibus supradictis eodem modo et die circa terciam. i — 26 — C. 118 r. LXXXII. — In presencia infrascriptorura atque rogatorum testium Nos Iohanes Becusrubeus Iacobus Dalmacius Iacobus Pignolus pio Wilielmo Finoamore Amicus Clarella Enricus de Bargono Wilielmus Scornamontonus Vivaldus de Vegia Guillelmus Ferrus carafatus Guillelminus de Bargono prò Rufineto eius fratre Marchetus de Aquabona Guiotinus Lecavellum et Ianu-inus de Bargono pro fratre suo Gregorio facimus constituimus et ordinamus et loco nostrum ponumus te Oglerium Falconum presentem et suscipientem nostrum certuni nuncium et eorum procuratorem ad petendum exigendum et recipiendum pro nobis et nostro nomine in iudicio et extra a Manuello greco Vigeto tornatori Vicalleto de Cinerea et Leoncello corso totum id quod nobis dare debebant et quod ab eis recipere debemus. Item volumus et ordinamus et de nostra voluntate procedit quod supradicti Leoncellus Vigetus Manuel et Yitaletus veniant et venire debeant in Bonifacio salvi et securi in rebus et personis ad faciendum rationem nobiscum et cum suis acco-mendatariis promittentes quod quicquid inde feceris in predictis et circa predicta nos ratum et firmum habebimus et tenebimus et in aliquo non contraveniemus sub pena dupli et obligacione omnium bonorum nostrorum. Actum in Bonifacio in ecclesia Sancte Marie presentibus ad hoc vocatis testibus Oglerio Fornario notario et Faraeto de Sigestro. M°CC°XLVII die II junii inter terciam et nonam. LXXXIII. — Ego Guillem Descoi de Barcellona confiteor me habuisse a te Symone Guertio mutuo gratis et amore lb. undecim Ianue. Renuncias etc. quas tibi etc. infra mensem restituam Ianue. Aplicuerimus alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei Testes Guillelmus Scornamontonus et Guido de Romagna. M°CC°XLVII die VII junii ante terciam indicione quarta. LXXXIY. — Nos Gregorius de Bargono Tealdus Notarius et Vivaldus Calegnanus notarius albitri et albitratores et amicabilles componitores et largas rationes electi a Guidone de Parma ex una parte prò se et Iacobo Merello et Iacobo de Adegono et Nicolao Pelucho ex altera super questione que inter eos vertebatur et de qua questione lata fuit sentencia condempnatoria per castellanos Bonifaci contradictum Nicolaum in lb. quatuordecim in s. quinque in dr. VI. Ianue prò ut in ipsa sentencia continetur volentes potius amicabilli composicione quam iure stricto terminare, vissis et auditis rationibus par-cium dicimus et pronunciamus concorditer quod dictus Nicolaus det et solvat et «lare et solvere teneatur dicto Guidoni usque per totum ianuarium proxi- - 27 — muin lb. quinque Ianue pro solucione dicte sententie et debeat dare idoneam securitatem et capcionem de eis solvendis ad dictum terminum usque dies Vili et si ipsam non dederit usque dies VIII teneatur solvere dictos denarios silicet lb. quinque usque dies quindecim proximos. A residuo vero dictum Nicolaum absolvimus et absolutum prononciamus et per dicta omnia pronon-ciainus et partibus observari sub pena compromisso apposita. Lata in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei presentibus Enrico de Serrino et Ianuino de Bargono. MUCC°XLVII die IUI madii circa vesperas indicione quarta. C. Iis v. LXXXV. — In nomine domini amen. Nos Iohanellus lopelatius filius Sissie et Petriçollus corsus filius Ver-milie tale pactum et convencionem facimus inter nos videlicet quod ego dictus Iohanellus promitto et convenio tibi Petriçollo stare tecum usque ad annos quatuordecim proximos et facere servicia tua tam in custodiendo bestias quam in laborando terras et lucrando melius quam potero et omnia de meo facere bona fide et sine fraude et non separare a te nec molestare te neque aliquem contrarium seu super imposita facere usque ad dictum terminum. In capite vero dicti termini debemus dividere hoc modo silicet ego Iohanellus Iopelaci-us debeo habere terciam partem de eoquod habes et tocius lucri terrarum et be-stiaminis et usufructi quod habebimus seu aquistaverimus preter de domo tua de qua nichil habere debeo. Et si forte frater tuus Iohanellus venierit infra dictum terminum quod non debeo habere nixi medietatem tue partis. Alioquin si contra fecero in aliquo de predictis seu contrafactum fuerit penam lb. vigintiquinque Ianue tibi stipulanti dare promitto. Rato manente pacto et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligo. Iuro predicta omnia et singulla attendere complere et observare et in aliquo non contravvenire. Versa vice ego dictus Petriçolus filius Vermilie promitto et convenio tibi Iohanello lopelatio predicto te tenere mecum usque ad annos. XII11 proximos et laborare totum bona fide et sine fraude tam in custodiendo bestias quam in laborando terras et lucrando melius quam potero et omnia de meo facere bona fide et non facere tibi aliquam superimpositam nec te expellere a me set te mecum tenere bona fide usque ad dictum terminum et in capite dicti termini promitto tibi dare terciam partem tocius quod habebo et quod lucrati erimus bona fide preter de domo mea de qua nichil habere debes et si extra acciperem quod de eo quod ab ea haberem nichil haberes et preter si frater meus Iohanellus veniret infra dictum terminum quod non habes nec debeas habere nixi medietatem partis et hoc acto inter me et te quod si forte decederes infra dictum tenuinum silicet et diem hodiernum usque — 28 - ad annum unum quod possis iudicare pro anima tua et dare cui voles sol. viginti tantum vel valens et si mitteres annos duos et postea decederes infra dictum terminum possis iudicare et facere quicquid velles sol. quadraginta Ianue vel valens et si forte Deus poneret iudicium in me Petri-çolo infra dictum terminum volo et iubeo quod habeas partem tuam ut superius scriptum de toto eo quod de meo inveniretur ideo quod lucrati essemus. Et hoc acto et dicto inter me et te expersim quod ego Petriçolus debeo tenere totum lucrum et usufructum in possessione mea annos duos et tu Iohanellus annum unum et sic per ordinem usque in capite dicti termini preter quod si frater meus Iohanellus veniret quod non debeam tenere nisi annum unum et tu alium et sic per ordinem. Alioquin si contra fecero in aliquo de predictis penam lb. viginti quinque tibi stipulanti dare promitto. Rato manente pacto et proinde omnia bona mea habita et habenda tibi pignori obligo. Iu-ramus predicta omnia attendere complere et observare et in aliquo non contravenire. Actum in Bonifacio in domo Iohanis Grugni presentibus ad hoc vocatis testibus dictus Iohanes Grugnus, Balduinus de Quarto,Dominicus Macellarius, Ugotus de saocta Amancia et Ugolinus. MÜCC°XLVII die quarta lunii post nonam indicione quarta duo etc. C. Ili) r. LXXXVI. — Nos Guillelmus de Finali et Comitanus de Porta quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse in accomendacione a te Martino Tornello lb. decem Ianue renunciantes etc. quas Cineream causa negotiandi ad medietatem proficui portare debemus. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus capitalle et medietatem proficui dicte accommendacionis in tua vel tui certi missi potestate ponere et consignare promittimus. Alioquin penam dupli tibi etc. et proinde etc. rata etc. darapna etc. Renunciantes etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei testes Bartholomeus de Mon-tanea et Vivaldus Calignanus scriba. M°CC°XLVII die XXI madii post terciam indicione quarta. LXXXVII. — Nos Comitanus de Porta, Iohanes da Sancta Maria Magda-lena et Guillelmus de Finalli quisque nostrum in solidum confitemur habuisse a te Ieorgio de Castelleto tantum de tuis rebus que ascendunt lb. quindecim Ianue. Renunciantes etc. Quas Cineream et Sagonem causa negociandi portare debemus ad risicum et fortunam tuam eundo redeundo et stando in mari et in terra. In redditu quem fecerimus et quem facere promittimus nulo mutato viagio dictas lb. quindecim tibi etc. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. dampna etc. renunciantes etc. et confiteor ego Ieorgius pre- - 29 — dictas quod dicte res sunt de mea comuni implicata quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei testes Guillelmus Fontanegius et Barchelinus rumpitor. MWXLVII die XXIIII ianuarii ante terciam indicione quarta. LXXXVIII. — Ego Iohannes Corsus confiteor me habuisse et recepisse a te Iacobo Dalmacio tantum de tuis rebus que ascendunt lb. undecim Ianue. Renuncians etc. Quas usque Aiacium causa negociandi ad risicum tuum etc. in redditu etc. et quem usque Pascam. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. et confiteor ego Iacobus quod dicte res sunt de mea comuni implicata quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Mila-nus de Tebio et Iacobus de Porcello. M°CC°XLVII die VII februarii circa vesperas indicione quarta. LXXXIX. — Nos Ardicio Parma, Obertus de Sigestro et Raimondus gener lacobi Grugni quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Iacobo Dalmacio tantum de tuis rebus que ascendunt lb. XIX et s. XVII11. et dr. IliI Ian. Renunciantes etc. Quas Sagonom Symiam ad risicum tuum etc. portare debemus in redditu etc. Alioquin etc. proinde etc. rato etc. Renunciantes etc Et confiteor ego Iacobus quod dicte res sunt de mea comuni implicata quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Odetus Sapana et Guido de Parma M°CC°XLVII die XXII februarii post nonam indicione quarta. 11H <». XC. — Nos Abertus de Saronichi et Gelibus frater Verete quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Iacobo Cali-nacio tantum de tuis rebus que ascendunt lb. quinque et sol. quattuordecim et dr. II Ianue. Renunciantes etc. quas Symiam ad risicum tuum etc. portare debemus in redditu etc. Alioquin etc. et proinde etc. rato etc. renunciantes etc. Et confiteor ego dictus Iacobus quod in dicta accomendacione sunt lb. quatuor et s. VII et dr. IIII de racione Otonis draperii et superfluum de mea comuni inplicata. Actum in Bonifacio in dictadomo.Test.es Nicolaus de Campo et Iohaninus Cavagnus. MWXLVII die XXV0 februarii circa terciam indicione quarta. CXI. — Nos Otto de Finalli, Iacobus de Bonitate et Enricus de Bargono quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Iacobo Dalmacio tantum de tuis rebus que ascendunt lb. duas et s. XIII dr. VIIII — 30 — Iànue. Renunciantes etc. quas Taravum ad risicum tuum portare debemüs etc. In redditu etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etcì Renunciantes etc. Et confìteor ego Iacobus Dalmacius quod dicte res sunt de mea comuni in-plicata quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Ugo de Clavaro et Obertus Cigala. M°CC°XLYII die II marcii post nonam indicione quarta. XCII. — Nos Ugo Tornator Manuel Grecus Yitaletus de Cinerea et Leon-tellus corsus quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et ìecepisse a te Enrico de Bargono tantum de tuis rebus que ascendunt lb. undecim et sol duodecim et dr. VII Ianue. Renunciantes etc. quas usque Aiacium causa negociandi ad risieumtuum etc. portare debemus. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus et quem facere promittimus nulo mutato viaggio dictos lb. undecim et s. XII et dr. VII tibi vel tuo certo misso et cet. dare et solvere promittimus. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. dampna etc. Et confìteor ego Enricus quod dicte res sunt de mea comuni implicita etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Gregorius de Bargono et Amicus Clarella. MWXLVII die XXVII Ianuarii post terciam indicione quarta. XCIII. — Nos Obertus de Sarogna et Çolibus frater Uciete quisque nostrum in solidum confitemur habuisse a te Enrico de Bargono tantnm de tuis rebus que ascendunt lb. tresdecim et s. XVIII et dr. XXII Ianue quas Sciam et Sagonum ad risicum tuum portare debemus causa negociandi. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus et quem facere promittimus nullo mutato viagio dictas lb. XIII et s. XVIII et de. IIII tibi vel tuo certo misso per nos etc. dare et [solvere] promittimus. Alioquin etc. et pioinde etc. Rato etc. et confiteor ego Enricus quod diete res sunt de mea comuni implicita quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Guillelmus Opiçonis et Martius de... M°CC°XLVII die XIII mai-cii post terciam indicione quarta. C. 120 r. XCIV. — Ego Manase de Besaieno confiteor me habuisse et, recepisse a te Enrico de Bargono tantum de tuis rebus renuncians etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. per me etc. lb. quinque et sol. quinque Ianue usque Kalendas Iunii proximas venturas. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Daniel de Bissanne et Guillelmus Claver. MWXLVII die III madii circa terciam, indicione quarta. — Si - XCV. — Nos Guillelmus Veneta et Otto de Finalli quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a le Enrico de Bargono tantum de tuis rebus que ascendunt lb. sex et soldos duos et dr. X ianue, Renunciantes etc. quas Taravum ad risicum tuum etc. In redditu etc. et quem nulo mutato viagio dictas lb. sex et s. II et de. X tibi etc. per nos etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. Renunciantes etc. Et confiteor ego dictus Enricus quod est de mea comuni implicita etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Iacobus Dalmacius et Bonacursus de Fontana M°CC°XLVII die XVI madii ante terciam indicione quarta. Cassum voluntate parcium quia solverunt die XVIIII iunii eodem M°. XCVI. — Nos Iacobus de Bonitate, Enricus de Cogoleto et Bonacursus de Fontana quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Enrico de Bargono tantum de tuis rebus que ascendunt lb. sex et sol. quator et dr. duos Ianue. Renunciantes etc. Quas Taravum et Priannum ad risicum tuum causa negociandi. In reditu vero quem Bonifacium fecerimus et quem facere promittimus nulo etc. dictas lb. sex et sol. quatuor et dr. II tibi et cet. per nos etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. Renunciantes etc. Et confiteor ego Enricus etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Iacobus de Porcello et Vivaldus Calignanus notarius. M°CC°XLVII die XVI madii ante terciam indicione quarta. Cassum voluntate parcium quia solverunt eodem M° die XX iunii. XCVII. — Ego Bertolinus filius Armanis ronpitoris confiteor me babuis-seet recepisse a te Enrico de Bargono tantum de tuis rebus. Renuncians etc. Unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. lb. tres-decim et sol. quatuor, et dr. Illi Ianue. In redditu quem fecero de Prianno ad quem locum sunt dicte res et venire debent de dicto loco ad risicum et fortunam tuam. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpa etc. Et confiteor ego dictus Enricus etc. Actum in Bonifacio in domo Gregori de Bargono in qua manet dictus Enricus. Testes Amicus Clarella et Obertus scriba. M0CC°XLVII die XXIIII aprilis in sero post completorium. Indicione quarta. C. 120 v. XCVIII. — Ego Iohannes de Quarto confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Lanfranco Capeleto lb. quinque Ianue. Renuncians exceptioni etc. doli etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum de duobus tria silicet lb. septem et sol decem Ianue de primo lucro cursus seu aquisto quod fecero cum sagitea — 32 — que dicitur Leo Barbaauri et si forte ivero cum dieta sagitea seu comunis sagitea iverit ultra insulas Corsice vel Sardinee et lucraverit promitto tibi dare de uno alterum silicet lb. decem Ianue ubi canpura fecero et piomitto tibi venire ad canpum facendum in Bonifacio nisi iussu dei impedimento gentis vel tenporis remanserit et quod Deus advertat si dicta sagitea cum hominibus qui in ea vadunt nichil lucraverit promitto tibi dare capitalle tuum silicet lb. quinque Ianue sana tamen eunte et reddeunte dieta sagitea vel maiore parte rerum ipsius. Alioquin penam dupli etc. et proinde etc. et specialiter partem aliam quam habeo in dicta sagitea quam usque tibi ime pignoris tibi trado et do. Rato etc. et promitto tibi restituere omnia danpna etc. et confiteor dictos denarios esse solutos in armamento panatice dicte sagitee et precii ipsius sagitee et renuo capitulo civitatis Ianue de cui salibus et omni auxilio legis et capitulorum quibus contra predicta me tueri possem. Actum in Bonifacio in domo Nicole Becbirubei. Testes Antonius Landus et Guillelmus de Sancto Martino. M°CC°XLVII die XI madii post vespeias in-dicione quarta. XCIX. — Ego Nicola de Confando confiteor habuisse et recepisse a te Vivaldo Calignano notario in acomendacione lb. quatuor Ianue. Renun-cians etc. quas in Buxinariis causa negociandi ad medietatem pioficui poi-tare debeo etc. In redditu vero quem Bonifacium fecero et quem faceie piomitto nulo mutato viagio dictas lb. quatuor cum medietate pioficui etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. Et confiteor ego Vivaldus quod dicta acomendacione est de mea comuni implicita quam de Ianua extiasi. Actum in Bonifacio in ecclesia sancte Marie de Bonifacio. Testes Iacobus Gu-teracius Wilielmus Finus Amor. M°CC°XLVI die XXI novembris ante tei -ciam indicione quarta. C. — Ego Ardicio Parma confiteor me habuisse a te Vivaldo Calignano notario tantum de tuis rebus que ascendunt lb. duas et s. 1III Ianue. Renuncians etc. quas Sagonam causa negociandi portare debeo ad risicum tuum etc. In redditu vero quem Bonifacio fecero et quem faceie promitto usque mensem unum proximum et ante si antea rediero dictas lb. duas et sol. quatuor tibi etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. et confiteor ego Vivaldus quod dicte-res sunt de mea comuni implicita quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo Iacobi de Porcello. Testes Ru-baldus de Predono scriba et Bonus Senior de Linguilia. M°CC°XLVI die ultima novembris. - 3i* - C. 121 r. CL — Nos Rolandinus de Sancto Thoma et Iacobus de Yaragine quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse a te Vivaldo de Calignano notario mutuo lb. quinque Ianue Renunciantes etc. doli etc. quas tibi vel tuo certo misso per nos etc. usque menses tres proximos et ante si antea reddierimus de viatico quod modo facturi sumus in cursum vel sagitea reddierit. Alioquin etc. et proinde etc. et specialiter sagitea que dicitur Falcuncetus. Rato etc. Renunciantes etc. Actum in ripa portus Boni-faci ante quandam gratam. Testes Ianuinus sartor et Honoratus Rubeus de Castello. M°CC°XLY1I die VI ianuarii post nonam indicione IIII. CII. — Ego Rolandinus de Sancto Thoma confìteor me habuisse et recepisse a te Vivaldo Calignano mutuo lb. tres Ianue. Renuncians etc. doli etc. quas tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum dare et solvere promitto usque menses tres proximos venturos et antea si antea reddiero de viatico quem modo facturus sum in cursu. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. et confiteor ego Vivaldus quod sunt de mea comuni implicita quam de Ianua extrasi. Actum in Bonifacio in domo lacobi de Porcello. Testes Ioha nes Capsiarius notarius Ianuinus sartor et Honoratus Rubeus de Castello. M°CC°XLVII die VI Ianuari circa vesperas indicione IIII. CIII. — Nos Enricus speciarius Symon et Compacius quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et recepisse in accomendacione a te Vivaldo Calignano notario tantum de tuis rebus que ascendunt lb. tres Ianue. Renunciantes etc. quas maritimam causa negociandi portare debemus ad risicum et fortunam tuam et charrache que dicitur Sanctus Franciscus. In redditu vero quem Bonifacium fecerimus et quem facere promittimus usque menses tres vel dicta charracha fecerint dictas lb. tres Ianue tibi vel tuo certo misso per nos etc. dare et solvere promittimus. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. Renunciantes etc. habentes licentiam mittendi tibi dictam ac-comendacionem in Bonifacio in dictam charracham cum testibus ianuensi-bus vel cum carta. Et confiteor ego dictus Vivaldus quod dicta accomenda-cio est de mea comuni implicita quam de Ianua exstrasi. Actum in Bonifacio in domo lacobi de Porcello. Testes Paganus sartor et Petrus de Moro guarnerius. M°CC°XLVII die VII Ianuarii post nonam indicione quarta. CIV. — Ego Guiducius de Quincesco confiteor habuisse et recepisse a te Vivaldo Calignano notario in accomendacione lb. duas et sol. quatuor Ianue. Renuncians etc. quas Sagonam et Cineream causa negociandi portare debeo ad risicum et fortunam tuam. In redditu vero quem Bonifacium fecero 3 — 34 — et quem facere promitto usque menses duos proximos dictas lb. duas et s. IIII Ianue tibi etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. et confiteoi ego Vivaldus quod sunt de mea comuni racione quam de Ianua extiasi. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Porchetus macellaiius et Guil-lelmus Finus Amor. MWXLVII die XI Ianuarii inter terciam et nonam indicione quarta. C. 121 v. cV. — Ego Andriolus de Bisanne confiteor me habuisse et recepisse mutuo a te Iacobino Tornello lb. sexdecim Ianue. Renuncians etc. doli etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi vel tuo cei to misso pei me vel meum missum de duobus tria silicet lb. viginti quatuoi Ianue de primo lucro cursus seu aquisto quod fecero cum sagitea que dicitui Leon barba auri et si forte ivero cum dicta sagitea seu dicta sagitea iverit ultra insulas Corsice et Sardinee et lucraverit promitto tibi dare de uno alteium ad modum cursus silicet lb. triginta duas ubi campum feceio et piomitto tibi venire ad campum faciendum in Bonifacio nisi iusto dei impedimento gentis vel temporis remanserit et quod deus advertat si dicta sagitea cum hominibus qui in ea vadunt nichil incraverit promitto tibi daie capitale tuum silicet lb. sexdecim de Ianua ubi desarmavero in voluntate tua vel tui ceiti missi sana tamen eunte etc. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. confiteor dictos denarios solutos esse in armamento et panatica dicte sagitee. Renuncians capitulo civitatis Ianue de cursalibus et omni auxilio legis et capitulorum quibus contra predicta me tueri possem. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Iohanes de Quarto et Lanfrancus Capelletus. MWXLVII die XI madii circa nonam indicionequarta. CV1. — Nos Andriolus de Bissatine Vivaldus Calignanus notarius quisque nostrum in solidum et Iohannes de Quarto et Guillelmus de Sancto Martino quisque nostrum pro medietate confitemur habuisse et recepisse a te Iacobino Tornello mutuo lb. quinque Ianue. Renunciantes etc. doli etc. unde et pro quibus promittimus et convenimus dare tibi etc. per nos etc. de duobus tria silicet lb- septem et sol. X. Ianue de primo lucro cursus seu aquisto quod fecerimus cum sagitea que dicitur Leon barba auri in quocunque loco ubi te solvere volueris et quod Deus advertat si dicta sagitea nichil lucraverit promittimus dare et solvere capitalle tuum silicet lb. quinque Ianue in voluntate tua vel tui certi missi ubi desarmaverimus sana tamen eunte et reddeunte dicta sagitea vel maiore parte rerum ipsius. Alioquin etc. et proinde etc. et specialiter dictam sagiteam quam usque nunc — 8ô — tibi iure pignoris tradimus. Rato etc. danpna etc. et confiteor quod dictos denarios esse solutos in armamento et panatica diete sagitee. Et renunciantes capitulo etc. et omni auxilio etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Balduinus de Quarto et Iohaninus Blanchetus. M°CC°XLYII die XXIIII iunii post completorium indicione quarta. CVII. — Ego Andriolus de Bissanne confiteor me habuisse et recepisse a te Antonio Landò mutuo lb. decen et octo Ianue. Renncians etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. per me etc. de duo-bus tria silicet lb. viginti septem Ianue de primo lucru cursus seo aquisto quod fecero cum sagitea mea que dicitur Leon barba au ri et si forte ivero ultra insulas Corsice vel Sardinee seu dieta sagitea iverit et lucraverit promitto tibi dare de uno alterum s. lb. XXXVI ad modum cursus ubi canpum fecero et promitto tibi venire ad canpum faciendum in Bonifacio nisi iussu dei impedimento gentis vel temporis remanserit et quod Deus advertat si dieta sagitea cum hominibus qui in ea vadunt nichil lucraverit promitto tibi dare capitalle tuum silicet lb. XVIII Ianue ubi dissarmavero in voluntate tua vel tui certi missi sana tamen eunte et reddeunte dieta sagitea vel maiore parte rerum ipsius alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. danpna etc. et confiteor dictos denarios solutos esse in armamento et panatica diete sagitee et renuo capitulo civitatis Ianue de cursalibus et omni auxilio legis et capitulorum quibus contra predicta me tueri possem. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Iacobinus Tornellus Wilielminus de Rapallo. M0CC°XLVII die XI madii circa nonam indicione quarta. CVIII. — Eodem modo et forma ut supra ego Iacobinus Tornellus confiteor habuisse a te Wilielmo Rubeo lb. tres Ianue. Renuncians etc. In eadem sagitea et sub eadem obligacione ut supra. Testes Antonius Landus Andriolus de Bissanne eodem die loco et hora ut supra. CIX. — Ego Antonius Landus constituo facio et ordino meum certum nuncium et verum procuratorem te Guillelmum de Sancto Martino presentem et mandatum suscipientem et loco mei pono ad petendum exigendum et recipiendum in iudicio et extra pro me et meo nomine ab Andriolo de Bisanne totum id quod michi dare debet et specialiter id quod continetur in carta inde facta manu Açonis de Clavica notarii et proficuum earnm et omnia demum facere sicut egomet facere possum ac si presens et que per procuratoris officium fieri et exerceri possunt promittens quod quicquid inde feceris me ratum et firmum habere et tenere et in aliquo non contravenire sub pena - 30 - dupli et obligacione omnium bonorum meorum. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes Vivaldus Calignanus notarius et Iohanes de Quarto. M°CC°XLVII die XXV Iunii inter nonam et vesperas indicione quarta. CX. — Fra le pagg. 113 v. e 114 r. 121 v. 122 r. è inserito un foglio colle seguenti parole: Ego presbiter Iohanes minister ecclesie Sancte Amance que sita est iuxta castrum Bonifacii quod tibi Faciolo nepoti Predoni de Bonifacio canonico ecclesie Sancte Amancie predicte volo providere de beneficio predicte ecclesie Sancte Amancie tamquam clerico et fratri eiusdem ecclesie promitto et convenio nomine dicte ecclesie dare et solvere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum s. X Ianue quolibet anno quo eris in Bonifacio et si forte exieris Bonifacium cause, discendi in sciencia licentiam dare et sol vere tantum modo s. XX Ianue quolibet anno. Et dieta omnia, promitto et convenio tibi attendere compiere et observare sub pena dupli dicte quantitatis pecunie ratis manentibus supradictis bonorum obligacionis diete ecclesie. Actum in domo plebani Bonifacii. Testes Iohannes capsiarius notarius et dominus plebanus et Dominicus serviens dicti plebani. Die II lanuarii post terciam. Ego presbiter Guillelmus dictus Calix facio ordino constituo Iohannem capsiarium notarium presentem et recipientem meum certum nuncium et meorum procuratorem supra omnibus causis et omnia que vertuntur vel verti sperantur inter me ex una parte et abbatem sive monasterium Sancti Benigni de capite Fari Ianuensis diocesis ex alia et quamcumque aliam partem que se opponeret mee petticioni super ea quod peto Beneficium prebendale in ecclesia Sancti... in Bonifacio quod sub est dicto monasterio ita tamen ut pre me et meo nomine possis petere recipere sive causari defendere litem contestari et omnia demum facere que possum et merita causarum postulant et requirunt excipere et repricare dans tibi plenam licentiam et potestatem ut pro me et meo nomine alium procuratorem possis facere constituere et hordi-nare in predictis et circa predicta promittens me ratum et firmum habiturum quicquid inde feceris et super quolibet predictorum et quicquid ipse quem constitueris feceris sub ypotheca et obligacione bonorum meorum. Actum in dicta domo testes predicti die eodem et hora ut supra. C. 122 v. CXI. — Ego Marinus de Casotana confiteor me habuisse et recepisse a te Iohane Grugno nomine et vice Iohanis Caçole tantum de tuis rebus Renuncians etc. doli etc. unde et pro quibus promitto et convenio dare et solvere tibi etc. silicet dicte Iohani recetas bon... (interrotto). - 37 — CXII. — in nomine domini amen. Nos Andriolus de Bissatine Wilielmus de Sancto Martino Iohanes de Quarto et Vivaldus Calegnanus notarius confl-teiuui tibi Enrico Sardene quod habes et habere debes terciam partem armamenti hominum et comitarie et segnarie qui ituri sunt in sagitea nostra que dicitui Leo barba auri et nos duas partes. Renunciantes exceptioni qua con-trarium dicere non possimus unde volumus et tibi concedimus quod habeas et pet ci pias et habere et percipere debeas sine nostri contradicione terciam paitem tocius lucri seu aquisti quod Deus dederit sive fecerit dicta sagitea cum armamento eiusdem in viagio presenti extractis de lucro dicte sagitee et de dicta sagitea pro corpore ligni duobus partibus et dimidia ad modum cuisus et extracto primo de panatica de uno alterum que panatica ascendit lb. quindecim de capitali que panatica et dicte due partes et dimidia pro corpore ligni et due partes armamenti sunt nostre et tercia pars est tua et piomittimus predicta tibi non impedire sed expedire et observare et ea rata et fit ma habere et promittimus te non frodare sed te et tua sarvare et custodire et nec iasam neque conspiracionem facere erga vos (sic). Alioquin si contra fecerimus penam lb. quingentarum tibi stipulanti spondemus et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligamus et rato manente pacto ita iuramus attendere conplere ut supra. Versa vice ego dictus Enricus promitto et convenio vobis dictis Andriolo Guillelmo Iohani et Vivaldo quod non inpediam vobis dictas partes armamenti dicte sagitee et lucri ipsius silicet habere possitis habere et habeatis ut superius dictum est sine omni mea omni unique per me contradicione et vos et vestra servare et custodire et bene et legai iter servare et gerere erga vos iasam neque conspiracionem facere et bonam scentiam vobis gerere. Alioquin si contra fecero in aliquo penam lb. quingentaium vobis stipulantibus spondeo et proinde omnia bona mea habita et habenda vobis pignori obligo. Rato manente pacto et ita iuro ut supra attendere complere et observare. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei testes Oglerius Nepitella Marinus de Bissanne et Antonius Laneus. M CC°XLV[[ die ultime iunii inter terciam et nonam indicione quarta et duo instrumenta unius tenoris inde fieri rogaverunt. C. 123 r. CXIII. — Nos Andriolus de Bissanne, Guillelmus de Sancto Martino et Iohannes de Quarto et Vivaldus Calignanus notarius quisque nostrum in solidum preter Guillelmus et Iohannem qui sunt ambo in solidum confitemur habuisse et recepisse mutuo a te Guillelmino de Rapallo dante mutuo nomine et vice Marcheti de Aquabona et de pecunia ipsius Marcheti lb. quindecim Ianue renunciantes etc. unde et pro quibus.,.., CXIV. — Ego Symon Guercius confiteor habuisse et recepisse a te la-cobo Murro tornatoli nomine fratris mei Guillelmi lb. ties et s. quinque la nue de quodam mutuo quod dictus frater meus tibi feceiat. Renuncians ex ceptioni non numerate pecunie et non recepte, doli et cundicioni sine causa promittentes tibi quod de dictis lb. tribus et sol. quinque veisus te redes tuos dictus frater meus Guillelmus vel heredes ipsius vel aliqua in ei posita persona pro eo nullam requisicionem faciet vel actionem movebit seu moveri faciet sub pena dupli de quanto requixicio fieret seu actio moveretur et obligacione omnium bonorum meorum. Actum in Bomfaeio in' ^esia Sancte Marie, testes Iohanes de Gillanda, Martinus Tornelus. M°CC XXX die XI madii post vesperas indicione IIII. C. 123 v. . ■'* CXYX. — Nos Guillelmus de Sarella et Blacucius frater quisque nostrum in solidum confitemur habuisse et in veritate recepisse a vobis Andree Rubro et Roaxia iugalibus in societate capras sexaginta octo. Renuntiantes exceptioni quod contrarium dicitis non possimus quas teneie debemus sicu pastores usque ad annos sex proximos et eas bona fide custodii e et sai vai e usque ad dictum terminum et in capite dicti termini predictas capras et illas quas de ipsis exierint dividere bona fide per medium silicet quod nos dicti Guillelmus et Blacucius debemus habere medietatem et vos Andieas et Roaxia aliam medietatem et vos dantes nobis pro quolibet anno predicti termini minam unam biave et nos vobis promittimus dai e ad piesens sol. vi ginti quatuor et dr. decem Ianue. Alioquin si de predictis in aliquo contra-feeerimus penam dupli dictarum caprarum vel valimento ipsaium vobis sti pulantibus promittimus rato manente pacto et proinde omnia bona nostra habita et habenda vobis pignori obligamus et facimus predicta consuo Cagnoli Corsi et Guiducii Longi quos etc. Et iuramus etc. Versa vice nos predicti Andreas et Roaxia promittimus et convenimus vobis predictis Wilielmo et Blacucio dictas capras dimittere et non impedire neque auferre silicet excedere usque ad dictum terminum et dare vobis quolibet anno minam unam biave et in capite dicti termini dividere eas et illas quas de ipsis exieiint per medium ut superius dictum est. Alioquin si contra fecerimus penam dupli etc. Rato etc. et proinde etc. Faciens hoc ego dicta Roaxia in presencia dicti viri mei et consilio Cagnoli et Guiducii supradicti quos etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei. Testes predicti consiliatores M°CC°XLVII die prima madii circa nonam indicione quarta et duo etc. CXVI. — Ego Andriolus de Bissanne confìteor me habuisse et recepisse a te Oberto taliatore tantum de tuis rebus et specialiter balistam unam de Como. Renuncians etc. doli etc. Unde et pro quibus promitto dare et solvere sol. viginti tres Ianue in redditu quem fecero in Bonifacio de viagio qùod facturus sum modo in cursu. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei testes Marinus de Bissanne et Iohanes de Quarto. M°CC°XLVH die XII madii prius primam, indicione IIII. C. 124 r. CXVTI. — Ego Tealdus notarius de Sigestro confiteor me habuisse et recepisse a te Manasse de Besageno integram solucionemet pagamentum librarum septem et dimidie quas michi dare debebas pro Petro sardo sciavo meo et de quibus habebam laudem contra te factam per manum Oglerii Fornarii notarii. Renuncians exceptioni non numerate pecunie nec recepti debiti unde promitto tibi quod de predictis lb. septem et dimidia vel earum occasione et eciam de predicto sciavo nulam de cetero faciam requisicionem vel’querimoniam seu placitum adversum te vel heredes tuos ego vel heredes mei vel alius pro me aliqua accione vel modo et omne ius quod in dicto sciavo habeo tibi penitus remitto et omnifariam abrenunciam et volo quod deinde laus et omnes scriptures si quas habeo occasione dicti sciavi sint irrite et casse et nu-lius momenti vel valoris. Alioquin si in aliquo de predictis non observavero seu contrafecero aut contrafactum fuerit penam librarum viginti quinque Ianue tibi stipulanti dare promitto rata manente dicta confessione et renun-ciacione et proinde et ad sic observandum omnia bona mea habita et habenda tibi pignori obligo. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei presentibus ad hoc vocatis testibus Iacobo Guaraco et Natalino Fornario. M°CC°XLYII die YII Iullii inter terciam et nonam indicione quarta. a CXVIII. — Andreolo de Bissanne dichiara di aver ricevuto trentacinque lire, tre soldi e due denari di Genova da Yivaldo Calignano notaio e si dichiara pronto alla restituzione in qualunque momento esso Yivaldo lo richieda. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Giovanni di Quarto e Guglielmo di San Martino, 1247, undici maggio, circa al vespro, indizione quarta. a 124 v. CXIX. — Andreolo de Bissanne, Guglielmo di San Martino, Giovanni di Quarto, e Vivaldo Calignano notaio dichiarano di aver ricevuto da Ottolino di Arbiogana per conto di Giovanni Beccorosso trentasei lire di Genova e — 40 — si impegnano a restituirne settantadue sul primo guadagno della corsa colla sagitea detta Leone Barba d’oro. Presso la salina di Sperone Agtile nel distretto di Bonifacio. Testi Nicolò di Aiguina, Giacomino Torneolo e Guglielmo di Rapallo, 1247, due luglio, circa al vespro, indizione quarta. CXX. — Andreolo de Bissanne dichiara di aver ricevuto in mutuo dieci libbre di Genova da Yivaldo Calignano e promette restituirgliene venti se colla sagitea Bonaventura andrà oltre le isole di Corsica e Sardegna, quindici se non andrà oltre dette isole, dieci se nulla sarà guadagnato nella spedizione. Darsena del porto di Bonifacio, 1247, 4 luglio, dopo il completorio, indizione quarta. C. 125 r. CXX1. — Nos Enricus Sardena, Iohanes de Quarto et Guillelmus de Sancto Martino, confitemur habuisse et in veritate recepisse in accomendacione a te Vivaldo Calignano (interrotto). CXXII. — Fra le c. 124 v. e 125 r. e 110 v. e 111 r. sono i seguenti fogli: Ego Rolandinus de Sancto Thoma promitto tibi Vivaldo Calignano notario recipienti nomine et vice Oberti Cigale et Cigalini qui moratur in Bonifacio attendere compiere et observare in omnibus et per omnia id quod disseris cum Bartholomeo de Montanea cuncorditer super omni eo quod ego petere possem predictis seu aliquo eorum seu dicere vel obicere aliqua occasione vel facto et super omni eo quod ipsi vel aliquis eorum a me petere possent aliqua occasione vel facto usque in diem odiernum et specialiter occasione lb. XXX quas a me petit Cigalinus predictus et te et dictum Bartholomeum albitros et largas potestates elligo ita ut in predictis tu cum dicto Bartholomeo pronunciare possis quicquid volueris servato iuris ordine et non servato seu proprio motu una sentencia vel pluribus alioquin si in aliquo contraveniam de predictis seu ut supra non observavero in omnibus et per omnia penam lb. XXV rato pronunciato tibi recipienti nomine predictorum et ipsis recipientibus per te dare promitto qua pena et effectu etc. et proinde etc. CXXIII. — Ottobono Piccamilio dichiara di aver ricevuto in accomenda-zione da Giacomo Pignolo LXV libbre e due soldi di Genova da portare oltre mare. Testi Obertino Ferro e Lanfranco de Guisulfo. Stesso giorno, luogo ed ora dell'atto seguente. Ego Iacobus Pignolus constituo facio et ordino et loco mei pono vos Octobonum Picamilium et Lanfrancum de Guisulfo présentes et mandatum 41 - suscipientes et Pignolum de Pignolo absentem meos certos nuncios seu veros procuratores ad petendum exsigendum et recipiendum in iudicio supra debitum quod michi debent Paganinus de Redulfo Bonus Vassallus Nepitella et Lanfrancus Pissia et Lanfrancus de Guissulfo prout continetur in carta inde facta manu Vivaldi Calignani notarii ad petendum et recipiendum ab Ugolino Streiaporco lb. XXVI Ianue. Promittens quod quicquid inde feceris ratum et firmum habebo et tenebo et in aliquo non contraveniam sub pena dupli et obligacione omnium bonorum meorum. Actum in navi que dicitur Ferras prope Bonifacium. Testes Iohanes Pignolius et Lanfrancus Pignatarius. Dans vobis licentiam quod supradicta debita ducere seu mittere possitis michi Ianuam vel provinciam ad risicum meum et fortunam. c. I2r> v. CXXIV. — Natalino Fornario et Nicolò de Canpo dichiarano di aver ricevuto da Giorgio di Castelleto « tantum de tuis rebus » da raggiungere otto lire e quattordici soldi e quattro denari di Genova da portare ad Aiaccio. Testi Celibo fratello di Vegetta e Lanfranco Cipollino, 1247, XXV febbraio ante terciam, indizione quarta. CXXV. — Guglielmo di Vernazza e Guidone Longo dichiarano di aver ricevuto da Oberto Sapana «tantum de tuis rebus» da raggiungere dieci lire e quattordici soldi di Genova da portare a Cinerea. Testi Guglielmo di Santo Stefano di Coxano e Raimondo di Laigueglia. 1247, 12 gennaio ante terciam indizione quarta. CXXVI. — Emanuel Greco, Ugo Tornator, Leoncello Corso e Vitaletto di Cinerea dichiarano di aver ricevuto da Guglielmo Ferro « tantum de tuis rebus » da raggiungere diciotto lire un soldo e otto denari di Genova da portare ad Aiaccio. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Enrico di Baigono ed Amico Clarella, 1247, 27 gennaio, post nonam, indizione quarta. CXXVII. — Giovanni Corso dichiara di aver ricevuto da Guglielmo Fornari per conto di Oglerio Fornari « tantum de suis rebus » da raggiungere sette lire e quindici soldi di Genova da portare ad Aiaccio. Bonifacio in casa di Nicola Beccorosso, testi Vivaldo Calignano, Obertino scriba di Santo Stefano e Nicoletta di Bargagli. 1247, 11 febbraio ante terciam, indi' zione quarta. — 42 - C. 126 r. CXXVIII. — Ansaldo di Santo Stefano fa Rolando di Oriolo dichiara di aver ricevuto da Oglerio Fornari in mutuo 20 lire e dieci soldi di Genova. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Giovanni di San Pier d’Arena e Obertino scriba figlio di Guglielmo di Santo Stefano, 1247, 17 febbraio, inter primam et terciam, quarta indizione. CXXIX. — Giovanni Gaforio dichiara di aver ricevuto dalla moglie Giovanna genovese 25 lire di Genova come dote e le costituisce altrettanto come antefatto e donazione propter nuptias secondo l’uso genovese. Bonifacio, in casa di Vivaldo de Livellato, testi Giacomo di Levanto e Martinetto di Andizone. 1247,20 luglio post vesperas indicione quarta. o CXXX. — Ego Marinus Manens confìteor me debere dare tibi Iacobo Dalmacio lb. septem Ianue que restant tibi ad solvendum de illis lb. centum triginta septem et dimidiam quas [debebam?] tibi et Enrico de Bargono prout continetur in carta inde facta manu Rubaldi de Predono notarii M°CC°XLYI die YI marcii indicione III inter nonam et vesperas. Renuncians exceptioni doli in factum et condicioni sine causa; quas lb. septem tibi etc. usque ad annos tres proximos dare et solvere promitto videlicet sol. quadraginta sex ed dr. otto pro anno. Alioquin etc. et proinde etc. Rato etc. Iurans etc. Actum in Bonifacio in domo Balduini de Quarto in qua moratur Iacobus Guaracius. M°CC°XLVII. Die XYII1I iullii circa terciam indicione quarta. Testes Iacobus Guaratius, Iacobinus de Parma et Arnaldinus de Trapana. C. 126 v. CXXXI. — Leoncello Corso, Ugo Tornator, Emanuele Greco e Vita-leto di Cirneca dichiarano di aver ricevuto da Vivaldo Calignano notaio « tantum de tuis rebus » da raggiungere tre lire e sei soldi di Genova da portare ad A.iaccio. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Nicola Tornello ed Obertino Scriba, 1247, 21 gennaio circa terciam, indicione quarta. CXXXII. — Calcaterra Corso dichiara di aver ricevuto in accomendacione da Vivaldo Calignano notaio lire due e soldi quattro di Genova da portare a Besugeno. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Oglerio Falcono ed Enrichetto muratore, 1247, ultimo giorno di gennaio ante vesperas, indicione quarta. - 43 - CXXXIII. — Ego Segnorinus de Sancto Donato constituo facio et ordino et loco mei pono te Guillelmara scribam de Pollio presentem et suscipientem meam certum nuncium et rerum procuratorem ad petendum exigendum et recipiendum pro me et meo nomine in iudicio et extra ab Iacobino de Vivaldo de Portuvenere soldos viginti Ianue quos michi debet ut continetur in calta inde facta manu Rubaldi de Predono notarii ut dico et ad petendum et exigendum soldos quadraginta sex Ianue a Bonaionto Margaiono quas michi debet de societate quam habebam cum Guillelmo Fornario et Iohani Sata et omnia de meo facere que egomet facere possem ac si presens essem et que per procuratoris officium facere et exerceri possunt promittens quicquid quod inde feceris de predictis et circa predictam me ratum et firmum habere et ceneie in aliquo etc. sub pena dupli et obligacione omnium bonorum meoium. Actum in Bonifacio, in domo Nicole Bechirubei, testes Guillelmus de Sancto Stephano de Coxano et Baxilius de Cipri. M°CC°XLYII die XV maicii post terciam indicione IIII. C. 127 r. CXXXIV. — Rolandino di San Tommaso e Giacomo di Varazze dichiarano di aver ricevuto da Vivaldo Calignano in mutuo tre liie di Genova. Ne restituiranno sei sul primo guadagno della corsa o tre ove guadagno non ci sia. Bonifacio, casa di Giacomo di Porcello, testi Giacomo taliatore ed Obertino Scriba. 1246, 5 dicembre, post nonam, indicione quarta. C. 127 v. CXXXV. — Ego Girisulmus Merolacius promitto et convenio vobis Sardello Baroaldacio et Adegarde iugalibus stare vobiscum et custodire capras vachas et bestias vestras usque ad annos quinque proximos venturos et dare vobis et consignare duas partes usufructus earum et ego debeo habere terciam partem et terciam partem bestiaminis quem modo habetis et terciam partem laboreriorum quos fecero 'infra dictum terminum et predicta omnia promitto facere bona fide et sine fraude et non separare a dicto servicio usque ad dictum terminum. Alioquin si in aliquo contrafecero de predictis penam librarum decem Ianue ratis manentibus supradictis vobis stipulantibus promitto et proinde omnia bona mea habita et habenda vobis pignori obligo. Versa vice nos Sardelus Baroaldacius et Adegarda iugales promittimus et convenimus tibi dicto Girisulmo dare terciam partem tocius bestiaminis quem modo habemus et terciam partem tocius laborerii quiem feceris et terciam parte rn usufructus nostri bestiaminis usque ad annos quinque et dictas bestias — 44 - tibi non auferre nec subtraere usque ad dictum terminum. Alioquin si in aliquo de predictis omnibus in aliquo (sic) contrafecerimus seu contrafactum fueiit penam lb. decem Ianue ratis manentibus supradictis tibi stipulanti dare pi omittimus et proinde omnia bona nostra habita et habenda tibi pignori obligamus. Insuper promittimus inter nos vicisim non impedire nec subtrahere partem suam uni alteri sub dicta pena et obligatione omnia bonorum nostrorum. Faciens hec ego dicta Adegarda in presentia et iussu dicti viri mei et consilio Nicolai de Sigestro et Iohanis de Sancta Maria Magdalena quos in hoccasu meos propinquos et consiliatores eligo et appello. Actum in Bonifacio in domo dictorum iugalium, testes predicti consiliatores. MWXLVII die XV Ianuarii post terciam indicione, quarta et duo etc. CXXXN I. — Ugo Tornator, Emanuele greco, Leoncello corso e Vitaletto di Cinerea dichiarano di aver ricevuto da Nicolò di Murta «tantum de tuis ìebus» da raggiungere quindici libbre e dieci soldi di Genova da portare ad Aiaccio. Bonifacio, davanti alla casa di Giacomo di Porcello, testi Gianuino e Bartolomeo de Corso, 1247, 13 gennaio post terciam, indizione quarta. C. 128 r. CXXX\ IL — Guiduccio di Quincesio e il fratello Lambertino dichiarano di aver ricevuto da Gregorio di Bargono « tantum de tuis rebus » da raggiungete ventitré lire, due soldi e sei denari di Genova da portare a Sagona ed a Cinerea. Bonifacio in casa di Giacomo di Porcello, testi Vivaldo di Vegia e Guglielmo Matamalo, 1247, 9 gennaio post vesperas, indizione quarta. C XXX\ III. — Simone scutario dichiara di aver ricevuto in accomenda-zione da Gregorio di Bargono tre lire di Genova colle quali deve lavorare nella sua bottega. Bonifacio, in casa di Gregorio, testi Gianuino sarto ed Obeito di Clavaro, 1247, 20 gennaio post terciam, indizione quarta. CXXXIX. — Giovanni di Pruno e Giovanni di Alizono dichiarano di aver ricevuto da Gregorio di Bargono «tantum de tuis rebus» da raggiungere nove lire, soldi cinque e denari quattro di Genova da portare a Bechisano. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Dalcibuono di Rivarolo e Gianuino di Bargono, 1247, 4 febbraio, circa nonam, indizione quarta. CXL. — Rubaldo Galus dichiara di aver ricevuto da Gregorio di Bargono « tantum de tuis rebus » da raggiungere quindici lire, sette soldi e quattro denari di Genova da portare a Prianno e a Taravo. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Bonaparte di Portovenere e Giovanni di Capa. 1247, 13 febbraio, post terciam, quarta indizione. - 45 - C. 128 v. CXLI. Natalino Foniurio o Nicolò de Campo dichiarano di aver ìicevuto da Gregorio di Bargono «tantum de tuis rebus» da raggiungere lire diciotto, soldi diciotto e denari sette di Genova da portare ad Aiaccio. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, Lesti Benvenuto di Donicella e Simone di Savignone, 1247, 25 febbraio, circa vesperas, indizione quarta. CXL1I. — Alberto di Curbicello dichiara di avere ricevuto da Gregorio di Bargono « tantum de tuis rebus » per cui gli darà otto lire, diciassette soldi e nove denari di Genova. Bonifacio, in casa di Gregorio, testi Ugo Balistario e Veggio di Saramoniasca, 1247, 13 maggio, circa nonam, indizione quarta. CX LI II. — Gàrico di Curbicello e suo fratello Alberto dichiarano di aver ricevuto da Gregorio di Bargono «tantum de tuis rebus» per cui promettono di dargli cinque lire, cinque soldi e sei denari di Genova. Stessa casa, giorno, luogo, ora e testi. CXLIY. — Enrico Speciario, Simone Archadepan e Giovanni Campaccio dichiarano di aver ricevuto in mutuo gratuito da Milano di Tebio tre lire, diciassette soldi e quattro denari di Genova che restituiranno alla prossima Pasqua. Bonifacio, in casa di Giacomo di Porcello, testi Proximans di Çigi et Fidancia di Çigi, 1247, 8 gennaio ante terciam, quarta indizione. CXL^ . — Guiduccio Quincesio e suo fratello Lambertino dichiarano di aver ricevuto da Oberto Sapana «tantum de tuis rebus» da raggiungere undici libbre, otto soldi e cinque denari di Genova da portare a Sagona ed a Cinerea. In casa di Giacomo di Porcello, testi Vivaldo di Vegia e Guglielmo Matamallo, 1247, 9 gennaio post vesperas, indizione quarta. C. 120 r. CXLVI. — Guiduccio di Quincesio e suo fratello Lambertino dichiarano di aver ricevuto da Guglielmo di Santo Stefano di Coxano « tantum de tuis rebus» da raggiungere sei lire e quindici soldi di Genova da portare a Sagona ed a Cinerea. Bonifacio, davanti alla casa di Giacomo di Porcello, testi Ottone di Insulla e Martino Tornello, 1247, 10 gennaio post terciam, indizione quarta. - 46 — CXLVII. — Simone di San Tommaso dichiara di aver ricevuto in accó; mendazione da Giovanni Macia « panceriam unam cum mannicis » da portare in« maritimam ». Al ritorno darà il guadagno o la « panceriam *. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Bartolomeo di Montanea e Giovanni cintraco, 1247, 29 aprile, pursante nonam, indicione quarta. CXLYIII. — Ego Guillelmus Cerriolus do cedo et trado et in te mando tibi Oglerio Fornario notario omnia iura raciones et aciones reales et personales utiles et directas que et quas habeo et michi conpetunt seu conpetere possunt vel possent contra Ansaldum de Sancto Stephano filium quondam Rolandi et eius bona occasione librarum viginti duarum Ianue sortis et totidem que sunt de lb. quinquaginta tres et sol. duodecim Ianue in quibus ipse Ansaldus michi erat obligatus prout continetur in instrumento inde facto manu Ansaldi de Platea longa notario, M°CC°XLYI die XYII marcii ita tamen ut dictis iuribus racionibus possis agere uti et experiri in iudicio et extra contra ipsum Ansaldum et eius bona sicut ego possem vel possum vel aliquo tempore potui et te procuratorem ut in rem tuam te inde facio et constituo et confiteor dicta iura esse efficacia quare cessionem firmam et ratam omni tempore habere et tenere promitto et non mutare et in aliquo contra non venire. Alioquin si de predictis in aliquo contra fecero seu contrafactum foret penam dupli dicte quantitatis tibi stipulanti dare promitto. Rata manente dicta cessione pro pena vero etc. et instrumentum dicti debiti tibi tradidisse confiteor et hec omnia tibi facio quia de predictis omnibus inde me a te quietum et solutum voco ante dictam cessionem. Renuncians exceptioni non numerate pecunie et non recepte. Actum in Bonifacio in domo lacobi de Porcello presentibus ad hoc etc. Iacobus Guaracus et Vivaldus Calegnanus notarius M°CC°XLVI die VII octubris post nonam indicione quarta (1). CXLIX. — Giacomo di Novara e Simone di San Tommaso dichiarano di aver ricevuto da Milano di Tebio «tantum de tuis rebus» da raggiungere dieci lire e quattordici soldi di Genova da portare in marittima. Bonifacio, in casa di Giacomo di Porcello, testi Vivaldo Calignano notaio e Giovanni Capsiario notaio, 1247, 4 gennaio post terciam, indizione quarta. CL. — Baldovino di Rivarolo, Nicolò «serrator» e Nazarello corso dichiarano di aver ricevuto da Milano di Tebio «tantum de tuis rebus » da raggiungere quattro lire e dodici soldi di Genova da portare a Prianno e (1) (In cartulario vetere de M°CC"XLYI (lebet poni hoc instrninentnm). — 47 — n Tai avo. Bonifacio, in casa di Giacomo di Porcello, testi Pagano di Portovenere e Buonsignore di Linguiiia, 1247, 11 gennaio post nonam indizione quarta. C. 129. v. CLI. — Nicolò «serrator» Balduino di Riparolo e Nazarello corso dichiarano di aver ricevuto da Milano di Tebio in mutuo gratuito trentotto soldi di Genova da rendersi entro due mesi. Bonifacio, in casa di Giacomo di Porcello, testi Faccio Acimator e Giovanni Petaccio di Castello, 1247, 13 gennaio post terciam indizione quarta. CLII. — Ugo «tornator», Emanuel greco, Leoncello corso e Vitaletto di Cinerea dichiarano di aver ricevuto da Milano di Tebio « tantum de tuis rebus» da raggiungere otto lire e cinque soldi di Genova da portare ad Aiaccio. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Guglielmo pastore e Raimondo di Monaco, 1247, 27 gennaio post nonam, indicione quarta. CLIII. — Enrico Sardena dichiara di aver ricevuto in mutuo gratuito da Milano di Tebio cinque lire di Genova da restituire entro un mese. Bonifacio, in casa di Nicola Beccorosso, testi Rolandino formaggiaio e Giovannino scriba da Piacenza, 1247, 2 maggio circa terciam, indicione quarta. CLIV. — Ugo di Celannesi dichiara di aver ricevuto da Milano di Tebio «tantum de tuis rebus» per cui promette di restituirgli quattro lire e diciassette soldi di Genova al prossimo San Michele. Bonifacio sotto il portico della casa del pievano, testi Montanario di Paverio ed Oberto c serrator», 1247, 14 agosto post nonam, indicione quarta. C. 130 r. CLV. — In nomine domini amen. Nos Iohanes de Capa et Vegius Maiffracius donamus et cedimus vobis Lanberto de Sancto Nicolao et Dominico de Resegunti terram nostram quam habemus loco ubi dicitur Canetus ad medium pastinum seu nomine medii pastini usque ad annosdecem proximos. Cui terre coheret superius terra Maniaferri, inferius terra Oglerii Capelli et Benevenuti de Domicella ab uno latere terra Symonis de Capite et ab alio terra Guidonis de Ram. Quam terram vobis promittimus non impedire nec subtraere silicet potius expedire et ab omni persona legitime defendere et autoriçare vobis et heredibus vestris per nos et heredes nostros. In capite vero dicti termini dictam terram per medium dividere debemus silicet nos — 48 — Iohanes et Vegius debemus habere medietatem, et vos Lanbertus et Dominicus aliam medietatem. Alioquin si contra fecerimus in aliquo seu non observaremus penam lb. decem ratis manentibus supradictis vobissti pulantibus dare promittimus et proinde et ad sic observandum omnia bona nostia etc. Versa vice nos Lanbertus de Sancto Nicolao et Dominicus de Resegunti pio-mittimus vobis dictis Iohani et Vegio dictam terram laborare, bonificale et pastinare ut supra dictum est ad medium pastinum usque ad annos decem proximos et in capite dicti termini dividere eam per medium videlicet quod nos dicti Lanbertus et Dominicus debemus habere medietatem et vos Iohanes et Vegius aliam medietatem. Alioquin si in aliquo de predictis contrafeceiimus seu contrafactum fuerit vel non observaverimus penam librarum pecem la-tis manentibus supradictis vobis stipulantibus dare promittimus.Pr°mde omnia bona etc. Actum in Bonifacio in domo Nicole Bechirubei, testes Nicola de Sexto et Bonapars de Portuvenere. M°CC°XLVII, die XIII februarii post nonam indicione quarta et duo etc. CLVI. — Giovanni di Santa Maria Maddalena ed Opiçina sua moglie dichiarano di aver ricevuto da Nicolò di Murta « tantum de tuis rebus » per cui gli daranno sette lire, otto soldi e quattro denari di Genova entro il prossimo Natale, e da venti a quaranta soldi quando egli vorrà. Gli danno come pegno un quarto e mezzo di proprietà della barca Santa Croce. Bonifacio, in casa dei coniugi, testi i consigliatori Guantino Maestro ed Oberto di Struppa, 1247, 7 ottobre inter terciam et nonam indicione quarta. CLVII. — Guiduccio di Quincesio e Lambertino suo fratello dichiarano di aver ricevuto da Saonino di Bonifacio «tantum de tuis rebus» da raggiungere dodici lire e cinque denari di Genova da portare a Sagona ed a Cinerea. In casa di Giacomo di Porcello, testi Vivaldo de Vegia e Guglielmo Macamalo, 1247, 9 gennaio, post vesperas, indizione quarta. CLVIII. — Gomitano di Porta, Giovanni di Santa Maria Maddalena e Guglielmo di Finale dichiarano di aver ricevuto da Saonino di Bonifacio « tantum de tuis rebus » da raggiungere sette lire e due soldi di Genova da portare a Sagona e a Cinerea. In casa di Nicola Beccorosso, testi Giovanni Capsario notaio e Gianuino sarto, 1247, 27 gennaio circa nonam, indizione quarta. — 49 — C. ISO v. CLIX. Pietro de Mari Saxtolino di Sesto e Vivaldo di Ambrosia •dichiaiano di aver ricevuto da Merlone Bercio «tantum de tuis rebus» per cui gli restituiranno tre lire e dieci soldi di Genova alle calende del prossimo agosto. Bonifacio, in casa di Giovanni Grugno nella quale risiede Merlone. Testi, Rubaldo di Predono, Guglielmo Clarella e Gregorio Cintraco, 1247, 11 maggio circa terciam, indizione quarta. CLX. — Ego Maria uxor Landulfì Colicuchi timens Dei iudicium infirmitate gravata tamen sana mente existens in presencia dicti viri mei et eius voluntate mearum rerum talem facio disposicionem. In primis corpus meum apud ecclesiam Sancte Marie de Bonifacio iubeo et eligo sepelliri cui pro exequis funeris mei lego sol. viginti et pro missis canendis sol. quinque; operi eiusdem ecclesie iudico sol. quinque, operi Sancti Nicolai sol. duos, operi Sancti Iacobi sol. duos; operi Sancti Antonii sol. unum operi Sancte Amancie s. duos, operi Sancte Marie de Laviçiis sol. unum. Item iudico prò anima mea quinque, filiociis meis denarios sex pro quolibet, Ugoline nepti viri mei prò anima mea iudico iupam meam tele, Iohanete sorori mee iudico tunicam meam de viride. Item iudico Caredonne uxori Petrini Fornarii mantelum meum viride. Olivise filie Dulceboni oralem meum de seta. Item Vigore que manet ad grotam infirmorum iudico supratotum meum de bru-neta. Item iudico saconum unum quod vir meus det ubi ei videbitur pro anima mea. Reliquorum bonorum meorum michi heredem instituo filios meos equaliter et ita tamen quod si unus decederet sine legitimo heredes ex se nato quod alter succedat et hec est mea ultima voluntas quod si non valet i ure testamenti quod saltem vim codicilli optineat firmitatem vel alterius cuiuslibet ultime voluntatis et si quod aliud testamentum condidi vel feci seu ultimam voluntatem ipsum et ipsam cassam et irritum esse volo presenti testamento semper firmo manente. Actum in Bonifacio in domo dicti Landulfi Colichuchi. Testes Wilielmus frater plebani Çocolus grecus, Adebrandus de Castelieto, Puonus de Galexana et Faxanus de Capite. M°CC°XLVII die VIIII octubris inter terciam et nonam indicione quinta. CLXI. — Vivaldo Capud Malei dichiara di aver ricevuto in accomen-dazione da Guglielmo di Oliva trentaquattro lire e quattordici soldi di Genova implicati in drappi da portare in Sardegna. Bonifacio, in casa di Gia-•como di Porcello nella quale abita Giovanni veneziano. Testr Oglerio forna-rio, Guglielmo di Santo Stefano e Guglielmo Ferro. 1247, 10 novembre post ■terciam, indizione quinta. 4 — 50 — C. 131 v. CLXII. — Marchesio di Pagana e Peire locardo di Aereis dichiarano di aver ricevuto da Guglielmo Boiacense «tantum de tuis rebus» per le quali gli restituiranno ventidue lire e tre soldi di Genova venti giorni dopo che si sia effettuato felicemente il viaggio della caraca detta « Meliorata». Bonifacio, davanti alla casa di Graziano taverniere, testi Guglielmo di Oliva, Amico di Granaria ed Oglerio Fornari notaio, 1247, 22 settembre ante terciam indizione quinta. CLXIII. — Extractum de cartulario isto manu Iohanis Boni notarii pre-cepto domini Baldoini Advocati castellani Bonifaci propter infirmitatem Açoni notarii qui Castellanus laudavit quod dictum instrumentum eam vim et robur habeat quemadmodum haberet fidem si Àçonus scripsisset. CLXIY. — Nos Vivaldus Calignanus notarius ex una parte et Rolandinus de Sancto Thoma ex altera eligimus et concorditer albitros albitratores et amicabilles compositores et largas potestates Raymondum Pelucum et Wiliel-mum Opiçonis présentes et recipientes super omnibus discordiis et questionibus que inter nos moveri sperabantur et super omni eo. quod una pars alteii petere posset usque in diem hodiernum dantes plenam licentiam et potestatem dictis albitris dicendi pronunciandi statuendi et ordinandi super predictis quicquid volueritis racione vel acordio sicut vobis videbitur citatis paitibus et non citatis presentibus vel non presentibus dieservato vel non,seivato iuiis ordine et non servato promittentes inter nos ad invicem attendere conpleie et-observare in omnibus et per omnia sentenciam et ordinamentum quod supei predictis sentenciaverint et ordinaverint et in aliquo non contraveniemus sub pena de lb. XXV Ianue rata manente sentencia obligacione omnium bonorum nostrorum ad invicem obligatorum que peti possint cum effectu et parti non observanti per partem observantem, abrenunciantes omni iuii legis et capitulo quod contra predicta nos tueri possemus. Insuper ego Cigalinus qui moror in Bonifacio pro dicto Vivaldo intercedo ed ego Iacobinus de Poitu-venere intercedo pro dicto Rolando. Actum in Bonifacio in ecclesia Sancte Marie presentibus testibus Rubaldo Bola et Cunsigino de Levanto. X GC XL VII die V novembris ante terciam indicione quinta. CLXV. — Nos Raymondus Pelucus et Wilielmus Opiçonis albitri et. albitratores et amicabilles compositores et large potestates electi a Vivaldo Calignano ex una parte et Rolandino de Sancto Thoma ex altera sicut continetur in compromisso hodie facto manu Açonis de Clavica notarii volentes questiones et - 51 - controversie que inter eos vertebantur aliqua accione vel facto usque in diem hodiernum terminare pocius amicabilli compositione quam iure stricto dicimus et sentenciando in scriptis pronuntiamus presentibus partibus quod dictus Vivaldus det et solvat et dare et solvere teneatur dicto Rolandino sol. quinquaginta septem quos ei dare tenetur occasione marabotinorum. Item det et solvat eidem Rolando s. XLVIII in alia parte occasione agostariorum. Item in alia parte sol. decem et dictus Rolandinus det et solvat et dare et solvere teneatur dicto Vivaldo in una parte lb. tres et lb. octo in alia de quibus debitis sunt tria instrumenta facta manu Açonis notarii quam pecuniam precipimus et sentenciamus quod dictus Rolandus solvere debeat usque diem dominicum proximum venturum et de ipsa solvenda ad terminum det idoneam securitatem dicto Vivaldo infra dictum terminum in voluntae dicti Vivaldi hoc salvo quod dictus Rolandus possit conpensare lb. quinque et sol. quindecim predictos quas ei debet dictus Vivaldus et dicto Vivaldo liceat similiter ipsas lb. V et sol. XV compensare in dictis lb. XI quas ei debet dictus Rolandus. Ab omni vero alio quod una pars alteri petere posset usque in diem hodiernum ultranque partem absolvimus et absolutam pro-nunciamus precipientes partibus ut sententiam predictam observent et in aliquo contra ipsam sententiam facere non debeat sub pena lb. XXV in compromisso opposita quam penam possit petere pars observans a parte non observante cum effectu condicionis lata que dicta debita etc. Actum in ecclesia sancte Marie presentibus testibus Wilielmo Manialupo, Benvenuto de Sige-stro et Consegino de Levanto. MWXLVII, die V novembris, post terciam indicione quinta. INDICE DEI NOMI DI PERSONA I nomi sono dati nella forma latina, anche per i documenti in regesto. Quando nel testo appaiono in forme diverse, l’indice dà la più comune o la più esatta. I numeri indicano i documenti. Sono scritti in corsivo i nomi che compaiono anche nei documenti del volume I (LXV). A Abertus de Curbicello, 142, 143. Abertus de Saronichi, 90. Aso de Clavica, 3, 4, 5, 28, 42, 109, 163, 165. Adebrandus de Castelieto, 160. Adegarda, 135. Agnosia vidua Vivaldi de Armano, 66. Amicus Clarella, 27, 53, 82, 92, 97, 126. Amicus de Granaria, 162. Amigetus Panis, 37. Andreas Malonus, 27. Andreas Ruber, 115. Andriolus de Bisanne, 61, 72, 73, 105, 106,107,108,109,112,113,116,118, 119, 120. Andriollus Marcinoti, 6. Ansaldus de Platea, 148. Ansaldus de S.to Stephano (Alias quondam Rolandi de Ariolo), 128, 148. Ansaldus de Sinaigo, 36. Ansaldus Pelucics, 40. Ansaldus Traversus Bachemus, 4. Antonius Landus, 98, 107, 108, 109, 112. Ardicius Parma, 89, 100, Armanus Rumpitor (sue Rumpitorius), 27, 97. Arnaldinus de Trapana, 130. B Baldoinus Advocatus castellanus Boni-facii, 163. Baldovinus de Brosono, 41, 45. Baldovinus de Enrigocio, 67. Baldovinus filator de Castro, 38, 39. Balduinus de Quarto, 85, 106, ISO. Balduinus de Rivarolio, 150, 151. Barbatus de Castelieto, 64. Bartholomeus de Cor sio, 1, 136. jBartholomeus de Faxolo, 64. Bartholomeus de Montanea, 23, 30, 41, 53, 72, 75, 76, 86, 122, 147. Bauderio de Vulturo, 13. Baxilius de Cipris, 79, 133. Benedettinus Piceamilius, 15. Benvemtus de Domicella, 147, 155. Benvenutus de Sigestro, 165. Berardus de Platealonga, 61. Berclielinus rumpitor, 87. Berengarius Grasus, 22, 23. Bergognonus tornitor, 2. — 56 — Bernard u§ Catula nus, 62. Bertolinus f. Armani Rompitohs, 27, 72, 97. Blacucius (frater Guillelmi de Sarella), 115. Blancaflos uxor Iohannis de Bargono, 33. Bonacorsus de Fontana (sive Bonacur-sus), 61, 95, 96. Bonaiontus Margaionus, 133. Bonapars de Portuvenere. 140. Bonavere Belbottone, 20. Bonellus florentinus, 23, 28, 29, 54, 55. Bonifacius de Pagana, 61. Bonifacius ferrarius, 70. Bonincontrus de Passano, 5. Bonus Senior de Linguilia, 100, 150. Bonus Yassallus Nepitella, 123. C Cagnolus Corsus, 115. Calcaterra Corsus, 36, 132. Garabella vidua Iacobi Falconi, 32. Caradonna uxor Petrini Fornani, 160. Carlus de Levanto, 34. Cigalinus, 122, 164. Coçolus grecus, 160. Colibus (frater Uciete), 93, 124. Comitanus de Porta, 31, 63, 86,87,158. Compacius, 103. Conradus Casicius, 44. Cunsiginus de Levanto 164, 165. D Dalcibonus de Riparolio (siveBissanne), 139. Daniel de Bisanne, 5, 68, 94. David de Castro, 42-45. Deromede Buscarius, 34. Dominicus clericus, 79. Dominicus de Resegunti, 155. Dominicus macellarius, 85. Dominicus serviens plebani, 59, 110. Donnus Calegarius, 1. £ Enricus Boceta, 60. Enricus Caravellus, 19. Enricus Casiccius Naulensis, 45. Enricus de Bargono, 27, 31, 66, 68, 82, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 126, 130. Enricus de Cavena, 19. Enricus de Cogoleto, 96. Enricus de Serrino, 84. Enricus Manens, 7, 37-40, 58, 65. Enricus Sardena,7, 80, 81, 112, 121, 153. Enricus Speciarius, 14, 103, 144. F Faciolus de Monelia, 6. Faciolus nepos Facii plebani, 59. Faciolus nepos Predoni, 110. Facius Acimator, 151. Facius canonicus, 60. Facius plebanus, 59, 60. Faraetus de Sigestro, 82. Faravellus Scriba, 26, 53. Faxanus de Capite, 160. Federicus Calvus, 7. Fidancia de Çigi, 144. Franciscus de Sassari, 24. G Gandulfus Maniaferrus, 8, 56. Garicus de Curbicello, 143. Gelibus (frater Yerete), 90. - 57 _ Gerard i ii as (Vaici- Rubaldi'ni qd. Curradi Besse, (>7. G i noti nul Leca vellus, 35. Girai dus de Asino, 28. Girisulnus Merolacius, 135. Gonarius servus, 25. Gorata, uxor 1 archi Scribe, 32. Gratianus de Capite, 33. Gratianus tabernarius, 75, 76, 162. Gregorius Cintracus, 159. Gregorius de Bargono, 8, 65, 68, 82, 84, 92, 97, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143. Gualla de Berçegio, 12. Guantinus de Lella, 18. Guanti nus Magister, 155. Guarachinus Traverius, 50. Guaracus de Sancto Laurencio, 4. Guido de Brosono, 79. Guido de Panna, 51, 84, 89. Guido de Ram, 155. Guido Longus, 125. Guido magister de Romagna, 75, 76, 83. Guido textor, 32. Guiducius de Quincesco (sive Quince-sius), 104, 137, 145, 146, 157. Guiducius Longus, 115. Guillelminus ds Bargono, 82. Guillelminus de Placentia, 52. Guillelminus de Rapallo, 113. Guillelminus Rubeus de Castelletto, 58. Guillelmus Arnaldus de Aremano, 2. Guillelmus tìellusbrunus, 24. Guillelmus Boiacensis, 162. Guillelmus Cauzanellus, 64. Guillelmus Ceba, 47, 48, 49. Guillelmus Cerriolus, 148. Guillelmus Clarella, 159. Guillelmus Claver, 94. Guillelmus de Basterega, 34. Guillelmus de Finalli. 31,63,86,87,158. Guillelmus de Mirone, 64. Guillelmus de Oliva, 161, 162. Guillelmus de Opiçone, 1 9. GiÆelmus de Pellio, 12. Guillelmus de Rapallo, 12, 107, 119. Guillelmus de Solleone, 10, 34. Guillelmus de Vernacia, 125. Guillelmus dictus Calix, 110. Guillelmus de Sancto Martino, 61, 98, 106, 109, 112, 113, 118, 119, 121. Guillelmus de Sancto Stephano de Co-xano, 13, 123, 125, 133, 146. Guillelmus de Sarella, 115. Guillelmus Ferrarius, 62. Guilielmus Ferrus carafatus, 82. Guillelmus Ferrus, 126, 161. Guillelmus Finus Amor, 82, 99, 104. Guillelmus Fontanegius, 15, 87. Guillelmus For narius, 127, 133. Guillelmus frater plebani Bonifacii, 166. Guillelmus frater Symonis Guercii, 114. Guillelmus Ieorgius, 10. Guillelmus Malonus, 27. Guillelmus Manialupus, 165. Guillelmus Matamalus (sive Macama-lus), 12, 137, 145, 157. Guillemus Murraia, 2. Guillemus Opiçonis, 93, 164, 165. Guillelmus pastor, 152. Guillelmus Pelucus, 68. Guillelmus Piccamilius, 15. Guillelmus Rubeus, 108. Guillelmus Scornamontonus, 82, 83. Guillelmus scriba de Pellio, 133. Guillelmus Veneticus, 95. Guillem Descoi de Barcellona, 83. Guiotinus Lecavellus, 82. H Honoratus Rubeus de Castello, 18, 101, 102, I Iacobinus Boca, 47. Iacobinus Catalanus, 19. Iacobinus de Parma, 130. Iacobinus de Yivaldo de Portuveuere, 133, 164. Iacobinus Roça, 12. Iacobinus Saragus, 29. Iacobinus Tornellus, 105, 106, 107, 108, 119. lacobus Barrachinus, 16, 17. Iacobus Bergognonus, 19. lacobus Calinacius, 90. Iacobus Cazullus, 14. Iacobus Corsus, 18, 79. lacobus Dalmacius, 69, 82, 88, 89, 91, 95, 130. lacobus de Adegono, 84. Iacobus de Bonitate, 91, 96. Iacobus de Borrello, 9. Iacobus de Campo, 37. Iacobus de Levanto, 129, Iacobus de Novara, 149. Iacobus de Porcello, 3, 8, 32, 45, 64, 75, 76, 77, 88, 96, 100,102, 103,134, 136, 137, 144, 145, 146, 148, 149, 150, 151, 157, 161. Iacobus de Portuvenere, 25. Iacobus de Varagine, 101, 134. Iacobus Falconus, 32. Iacobus Grunius, (sive Grugnus), 10, 89. Iacobus G-uaracus, (sive Guaratius vel Guaracius), 4, 65, 80, 81, 117, 130, 148. Iacobus Guteracius, 99. Iacobus Merellus, 70, 84. Iacobus Murrus, 114. Iacobus Pignolus, 7, 21, 78, 82, 123. Iacobus Taliator, 22, 134. Iacobus Tenterius, 33. Januinus, 136. Ianuinus de Bargono, 8, 65, 68, 82, 84, 139. Ianuinus sartor, 5, 18, 60, 101, 102, 138, 158. Ieorgius de Castelieto, 87, 124. Iofredus de Ningrampo, 22, 23. Iohanna filia Marci Scribae, 75, 76. Iohanna, uxor Iohannis Gafoiii, 128. Iohanna que manet ad darsanariam, 18. Iohannellus Iopelatius (sive Iopela-cius) filius Sissie, 85. loliannes Becusrubeus, 58, 77, 82, 119. Ioliannes Boletus, 1, 4. loliannes Bondonus, 16, 17. Iohannes Bonus, 163. Iohannes Caçole, 111. Iohannes Campacius, 144. Iohannes Capsiarius, 3, 8, 27, 32, 59, 102, 110, 149, 158. Iohannes Castanea, 28. Iohannes Cintracus, 46, 73, 147. Iohannes Corsus, 13, 35, 56, 67, 88, 127. Iohannes de Alizono, 139. Iohannes de Bargono, 33, 68. Iohannes de Brosono, 39. Iohannes de Capa, 140, 155. Iohannes de Gillanda, 114. Iohannes de Lia, 45. Iohannes de Placencia, 74. Iohannes de Plebeta, 46. Iohannes de Pie, 8. Iohannes de Pruno, 50, 71, 139. Iohannes de Quarto, 61, 98, 105, 106, 109, 112, 113, 116, 118, 119, 121. Iohannes de Sancta Maria Maddalena, 31, 63, 87, 135, 156, 158. Iohannes de Sancto Petro de Arena, 128. Iohannes de Trasflumine, 52. Iohannes For narius, 11. Iohannes Frescura, 62. Iohannes Graforius, 129, - 59 — Iohannes Grunius (sive Grugnus), 1, 41, 43, 44, 80, 85, 111, 159. Iohannes Guaracus, 4. Iohannes Macia, 21, 147. Iohannes minister ecclesie Sanctae Amanciae, 59, 110. Iohannes Niger de Bonifacio, 74. Iohannes Petacius de Castello, 72, 51. Iohannes Pignolius, 123. Iohannes Quincesius, 34. Iohannes Rapallinus, 3. Iohannes Satea, 79, L33. Iohannes Stregia, 32. Iohannes venetianus, 161. Iohaneta soror Mariæ, 160. lohanninus Blanchetus, 106. Iohanninus Cavagnus, 90. lohanninus de Cursario, 10. Iohanninus de Valdetario, 50. lohanninus Quartana, 29. Iohanninus scriba de Placentia, 153. L Lambertinus de Merono, 46. Lambertinus de Quincesco (sive Quincesius), 137, 145, 146, 157. Lambertus de Sancto Nicolao, 155. Landulfus Colicuchus, 160. Lanfranchinus de Portnvenere, 74. Lanfrancus Capeletus, (sive Capelletus) 98, 105. Lanfrancus Cigala, 52. Lanfrancus Cipollinus, 124. Lanfrancus de Guisulfo (sive Guis-sulfo), 78, 123. Lanfrancus de Platealonga, 35. Lanfrancus de Sancto Romulo, 56. Lanfrancus pignatarius, 69, 123. Lanfrancus Pissia, 123. Leoncellus Corsus, 77, 82, 92,126, 131, 136, 152. Luchetus Tornellus, 51, 80, 81. M Manase de Besaieno (sive Manasse de Besageno) 94, 117. Manuel graecus (sive Grecus), 77, 82, 92, 126, 131, 136, 152. Manuel Tornellus, 4, 51. Marchetus (sive Marcus) de Aquabona, 30, 82, 113. Marchetus peliparius de Bonifacio, 79. Marchetus Pelucus, 63. Marchìxius de Pagana, 162. Marchixius de Placencia, 74. Marcus Pelle de Bonifacio, 71. Maria filià quodam magistri Alberti, 74. Maria, mater Oberti et Nicolai de Ferro, 68. Maria uxor Landulfi Colicuchi, 160. Marinettus frater Bonaveris Belbot-tone, 20, Marinus di Bissanne, 112, 116. Marinus de Casotana, 111. Marinus Manens, 130. Martinetus de Andizone, 129. Martinus de Castellano, 41, 45. Martinus Tornellus, 3, 4, 86, 114, 146. Martinus de . . . 93. Matildis uxor Guillelmi Cauzanelli, 64. Maçonus Manens, 21, 26, 37, 49. Mensis de Lucha, 22, 65. Merlo de Castro, 43. Merlus Bircius (sive Merlo), 4, 40, 80, 81, 159. Milanus de Tebio, 88, 144, 149, 150, 151, 152, 153, 154. Montanari us de Paverio, 154. Morus de Nervio, 22. N Natalinus de Castro, 38, 39, 58. Natalinus Fornarius 117, 124, 141, Naulascinus de Recho, 52, — 60 — Nazarellus corsus, 150, 151. Nicolaus de Confancio, 99. Nicolaus Bechusrubeus (sive Nicola), 2, 4, 6, 9, 12, 13, 18, 19, 22, 23, 27, 28, 29, 31, 33, 35, 37, 43, 46, 51, 52, 54, 57, 61, 67, 71, 77, 79, 83, S4, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 98, 104, 105, 106, 107, 109, 112, 115, 116, 117, 118, 126, 127, 128, 131, 132, 133, 139, 140, 141, 147, 152, 153, 155, 158. Nicolaus Bursa, 60. Nicolaus Cigala, 52, 56. Nicolaus de Aiguina, 119. Nicolaus de Campo, 90, 124, 141. Nicolaus de Ferro, 68. Nicolaus de Murta, 136, 156. Nicolaus de S.to Brancaciò, 49. Nicolaus de S.to Matheo, 22, 23, 53. Nicolaus de Sigestro, 135. Nicolaus de Vultabio, 4. Nicolaus Panis, 37, Nicolaus Pelucus, 1, 4, 47, 84. Nicolaus Saragus, 29. Nicolaus Serratorius, (sive Serrator) 68, 150, 151. Nicolaus Scarpa, 23. Nicolaus Tornellus, 80, 81. 131. Nicolaus Ursetus, 49. Nicolaus Ususmaris, 5. Nicoleta de Bargagli, 127. Nicoletus Beianus, 47. Nicoletus Mallonus, 7, 26. Nicolinus Rubeus taliator, 5. Nicolosus Bursa, 33. O Obertinus ferrarius, 78. Obertinus scriba, (de S.to Stéphane) 24, 127, 128, 131, 134. Obertus Cigala, 52, 91, 122. Obertus de Campo, 16, 17. Obertus de Clavaro, 13, 138. Obertus de Ferro, 68, 123. Obertus de Fontanella, 6. Obertus de Savogna, 93. Obertus de Sigestro, 85. Obertus de Struppa, 156. Obertus qd. Nicolai balesterii, 66, 68. Obertus Sapana, 14, 89, 125, 145, Obertus scriba, 97. Obertus serrator, 154. Obertus taliator, 116. Ogerius de Flora, 15. Ogerius de Susilia, (sive Oglerius,) 2, 3, 25. Ogerius (Oglerius) Fornarius, 3, 4, 41, 42, 45, 54, 117, 161, 162. Ogerius sive Oglerius Ricius, 9, 16, 17. Oglerius Capellus. 57. 155, Oglerius Falconus, 57, 60, 71, 74, 82, 132. Oglerius Formaiarius de Sancto Thoma, (notarius) 29, 82, 127, 128, 148. Oglerius Nepitella, 112. Olivisa filià Dulceboni, 160. Opiçina(uxorIohannis S.tæ Mariæ Mag-dalenæ), 156. Opiço de Ceva, 54. Oiiandus senensis, 23, 33. Ottobonus Picamilius 78, 123. Otto de Finalli, 91, 95. Otto de Insulis, (sive de Insulla) 38, 39, 146. Otto draperius, 70, 90. Otto Tornellus (sive Ottobonus), 4, 80,81. Otto Vacca, 39. Ottolinus de Arbiogana, 119, P Paganinus de Redulfo 123, Paganus de Portuvenere, 32, 33, 150. Paganus sartor, 103. - 61 — Palatins executor, 64. Pancolfinus Bava, 49. Paschal Alegre, 55. Peire Iocardus de Aereis, 162. Petriçollus corsus filius Vermilie, (sive Petriçolus), 85. Petrus Anuinus, 13. Petrus Botegerius, 50. Petrus de Caria, 2. Petrus de Mari, 159. Petrus de Moro guarnerius, 103. Petrus de S.to Thoma, 44. Petrus Magnus, 20. Petrus Salinerius, 49. Petrus Sardus, 117. Placentinus de Placencia, 46. Porchetus macellarius, 104. Proximans de Çigi, 144. Puonus de Galexana, 160. R Raimundus de Linguilia, 56,60, 74,125. Raimundus de Monaco, 152. Raimundus gener lacobi Gruni, 10, 89. Raimundus Pelucus, 164, 165. Rainerius Pcena, 16, 17. Roaxia, 115. Rodeanus de Rodoano, 80, 81. Rogerius trumbator, 58. Rolandinus de S.to Thoma, 6, 11, 101, 102, 122, 134, 164, 165. Rolandinus ferrarius, 62. Rolandinus formagiarius, 153. Rolandus de Symia, 60. Rubaldinus de Alba, 55. Rubaldus Bola, 164. Rubaldinus qd. Curradi Besse, 67. Rubaldus Capellus, 68. Rubaldus de Predono, 9, 32, 36, 100, 130, 133, 159. Rubaldus Gallus, 15, 140. Ruffinetus de Bargono, 66, 82. Rufinus de Nicia, 5. Rufinus peliparius, 1, 57. S Santulinus frater Bonelli fiorentini 29. Saoninus de Bonifacio, 70, 157, 158. Sardellus Baroaldacius 135. Sarmorra, 44. Sarvetus ferrarius, 62. Saxtolinus de Sexto 159. Segnorius (Segnorinus) de S.to Donato, 3, 26, 133. Simon Arcadepan 30, 144. Simon Ceba, 47, 48, 49. Simon de Sancto Thoma, 5, 55,147, 149 Simon de Savignone, 67, 141. Simon Pelliparius, 9. Simon Rubeus de Fontana, 43, 44. Simon Scutarius, 138. Simonetus de Noatario, 51. Sissia. (mater Iohanelli Iopelatii) 85. Spero Agtilyus, 119. Symon 103. Sijmon de Capite, 155. Symon Guertius (sive Guercius),83,114. T Talia, uxor Oberti de Ferro, 68. Tantobella filia Iohannis de Pruno, 50. Tartarus Piccapetra, 35. Tealdus notarius, (de Sigestro), 3, 24. 29, 33, 84, 117. Thomas de Acquabona, 20. Thomas de Yivaldo, 20. Thomas Lomellinus, 11, u Ucieta (soror Colibi), 93. Ugo Balistarius 142, 143. Ugo Blancus, 34. Ugo de Celannesi, 154. Ugo de Clavaro, 91. Ugo Placentinus, 63. Ugo Tornator 92, 126, 131, 136,152. Ugolina de Canavesio, 68. Ugolina neptis Landulfl Colicuchi,160. Ugolinus, 85. Ugolinus Streiaporcus, 123. Ugotus de sancta Amancia, 85. V Yassallas f. Guillelmi Arnaldi, 2. Vegius de Castelieto, 64. Yegius de Stramoniasca, 142, 143 Vegius Maiffracius, 155. Vereta (soror Gelibi), 90. Vermilia (mater Petriçolli corsi), 85. Vermilia Barcadacia, 34. Vigetus tornator, 77, 82. Vitaletus de Cinerea (o Vicalletus) 77, 82, 92, 126, 131, 136, 152. Vivaldus Calignanus, sive de Caligna-no, 13, 14, 20, 24, 27, 28, 31, 33, 36, 37, 38, 40, 43, 53, 61, 63, 71, 72, 73, 84, 86, 96, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 106, 109, 112, 113, 118, 119, 120, 121, 122, 123, 127, 131, 132, 134, 148, 149, 164, 165 Vivaldus Caput mallei 21, 24, 161. Vivaldus de Ambrosia, 159. Vivaldus de Armano, 66. Vivaldus de Livellato 129. Vivaldus de Vegia, 57, 77, 82, 137, 145, 157. W Wilielmus vide Guillelmus. INDICE DEI NOMI DI LUOGO - - _ _ _____ I Acri, 19. Aiaccio, 77, 88, 92, 124, 126, 127, 181, 136, 141, 152. Alba, 55. Alemania, 14, 70. Alessandria, 67. Arenzano, 2. Barcellona, 22, 23. Bastelica, 34, Bechisano, 139. Bergeggi, 12. Bonifacio: Ecclesia Sanctae Mariae, 182, 99, 114, 160, 194, 165. Ecclesiae Sanctae Amanciae, 59, 60, 110. Locus ubi dicitur Betresca, 34. Portus ante specu Nicolai Peluci 72, 78. Ecclesia Sancti ... 110. Bosugenum, 36, 132. Buxinarii, 99. Cinerea, 31, 63, 86, 87, 104, 125, 137, 145, 146, 157, 158. Civitavecchia, 21, 54, 55. Como, 116. Cogoleto, 96. Corsica, 98, 105, 107, 120. Pinale, 31, 63. Genova, 28, 29, 30, 73, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 98, 99, 103, 104. Levanto, 34. Lucca, 22, Marittima (coste del Lazio) 12, 21, 22, 23, 29, 30. Monaco, 43, 44. Moneglia, 6. Nervi, 22. Nizza, 5, 43, 53. Oltremare, 70. Parma, 51. Pegi i, 12. Piacenza, 46, 52, 74. Portovenere, 25, 32, 33. Prianno, 96, 97, 140, 150. Propriano, 27. Quarto, 61. Rivarolo, 150, 151. Roma, 54. Sagona, 13, 31, 35, 56, 63, 87, 89, 93, 100, 104, 137. 145, 146, 157, 158. Salonicco, 98. San Quintino, 70. Sardegna, 79, 98, 105, 107, 120, 161. Sassari, 24. Savìgnone, 67. Scio, 93. Sestri Levante, 15. Siena, 16, 33. Siria, 14. Symia, 89, 90. Trapani, 130. Taravo, 27, 91, 95, 96, 140, 150. Turi, 79. Voltri, 13. INDICE GENERALE Pag. Introduzione................ III Atti del Notaio Azone................1 Indice dei nomi di persona........... 53 Indice dei nomi di luogo............ 63 Finito di stampare il 29 Febbraio 1940-XVIII nella Scuola Tip. Don Bosco in Genova-San Pier d’Arena per conto della R. Deputazione di Storia Patria per la Liguria ATTI DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli Atti della Società Ligure di Storia Patria) Volume IV (LXVIII della raccolta) Fasc. III f ERNESTO CUEOTTO V LIGURIA ANTICA ; GENOVA nella sede della r. deputazione di storia patria PER la LIGURIA PALAZZO ROSSO MCMXL-XVIII ATTI DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli Atti della Società Ligure di Storia Patria) Volume IV (LXVIII della raccolta) Fasc. III ERNESTO CUEOTTO LIGURIA ANTICA GENOVA NELLA SEDE DELLA li. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PEU LA LIGURIA PALAZZO ROSSO MCMXL-XYIII Proprietà letteraria riservata Scuola Tipografica « Don Bosco » • Genova-Sampierdarena - 1940-XT III LIGURIA ANTICA I. PREMESSE Investigare ed esporre criticamente quanto ci è dato di conoscere intorno ai Liguri nella preistoria e alla Liguria preromana; tracciare il quadro geografico e politico della regione ligure nei tempi protostorici e storici; stabilire ciò che pensavano gli antichi autori intorno alle caratteristiche fìsiche e morali dei suoi abitanti; lumeggiare i primi contatti di Roma con la Liguria e scrivere analiticamente la storia della conquista; determinare attraverso a quali tappe si addivenne alla romanizzazione e alla fusione dei Liguri nel crogiuolo immenso della romanità; studiare le condizioni politiche e giuridiche della Liguria dalla conquista fino alla morte di Cesare e l’amministrazione di essa da Augusto a Diocleziano e da Diocleziano alla caduta dell’impero: ecco in breve il disegno e lo scopo del presente umile studio monografico di erudizione antiquaria. Non mancano in verità i lavori sul tema da noi preso a trattare, che anzi per qualche epoca e specialmente per quella preromana — tra buoni, mediocri e destituiti di serie basi scientifiche e di valore letterario — sono tali e tanti da ritardare il passo di ogni onesto ricercatore; ma quelli che ci precedettero, se molto fecero, non hanno fatto tutto, perchè — 8 — nessuno ci lià dato finora una storia organica, lineare, breve secondo comporta l’argomento e tuttavia completa, della Liguria antica quale è quella che noi abbiamo cercato di scrivere con metodo sintetico severo, servendoci convenientemente della tradizione superstite nei testi greci e latini, dei materiali archeologici, delle iscrizioni e delle indagini scientifiche dei dotti moderni. La parte prevalente è stata da noi riservata alle fonti classiche, perchè ci pare ovvio che ogni studio sull’antichità debba soprattutto fondarsi sugli scritti di coloro che erano in possesso di un materiale assai vasto e sicuro, che è andato risentendo nei secoli dell’ingiuria del tempo. Tali fonti, scaglionate, per quanto concerne i Liguri, su ben dieci secoli da Esiodo a Tolomeo e a Festo Avieno, ci offrono apprezzamenti che si riferiscono a tempi diversi e a periodi varii della vita e dell’attività dei Liguri; e noi abbiamo procurato di metterle tutte a partito — vagliandole secondo la loro attendibilità e importanza e non trascurandone alcuna — attraverso alle nostre pagine. Anche delle razionali congetture e delle ricerche recenti abbiamo tenuto il dovuto conto, sempre considerando però, secondo il merito che talora non è maggiore nei lavori più recenti che in quelli pubblicati da alcuni lustri, i diversi autori che hanno scritto prima di noi, non com3 padroni, ma come nostra guida, e calcando, cioè, più o meno la via vecchia solo quando non ne abbiamo trovato una più sicura e migliore. Convinti come siamo che lo studio dell’antichità non può essere fatto col metodo delle scienze esatte, soppesando tutto fino allo scrupolo, e che, caricandosi di fasci di dottrina esanime, si offende spesso il pensiero e si toglie freschezza alle indagini; abbiamo condotto il nostro lavoro con sintetica linearità, senza soffermarci su minuscole osservazioni accessorie che fanno perdere di vista l'essenziale. Abbiamo tut- 1 9 » ► i 'V t ) i tavia, anche per non essere tacciati di scarsa informazione, fatto cenno — quasi sempre nelle note — di tutte le questioni e deduzioni sensate affacciate dagli studiosi, esponendo opportunamente, e senza sfoggio di inutile e troppo sottile acutezza, il nostro parere a conclusione di ciascuna, come deve fare chi intende di scrivere nec indoctis nec doctis nimis, secondo l’espressione di Marziale. Pur avendo rettificato qua e là qualche tradizionale errore e portata nuova luce in più punti, non siamo andati tuttavia deliberatamente in cerca di novità, perchè molte sudate e strombazzate conquiste di taluni che si compiacciono d’inezie, anche se non risultano, come spesso avviene, chimere di fronte a più approfondito esame, ci sembrano — per usare le espressioni d’un dotto di eletto ingegno — miserie, pietruzze gettate in un deserto. Non ci dissimuliamo che in più luoghi del quadro da noi tracciato possano apparire incertezze tali da rendere possibili discussioni ulteriori; ma, come giustamente fu osservato, la storia ricostruita sul fondamento dei testi ha sempre molto di congetturale, perchè il ricercatore deve spesso sostituire con deduzioni personali le risposte che - a lui non consentono i monumenti anonimi e silenziosi. Noi abbiamo però seguito il metodo di non richiedere ai testi più di quanto possono dare, perchè riteniamo che sia meglio confessar d’ignorare, che commettere crimina laesae historiae, abbandonandosi a tesi paradossali e a ipotesi arbitrarie. Non abbiamo però potuto procedere sempre senza affacciare congetture e ipotesi: chi si accinge a scrivere sui Liguri antichi, non lavora iufatti su un terreno agevole, perchè essi mancano di storici propri; e incapaci, come ci appaiono, di guardare al passato e all’avvenire e d’interessarsi delle cose dello spirito, non hanno lasciato affatto memorie proprie; nè, d’altra parte, a risultati soddisfacenti e sicuri sulla loro vita — 10 — più remota sono giunte le scienze moderne, come l’archeologia, l’antropologia e la linguistica comparata. Riteniamo tuttavia di aver fatto dire ai documenti a nostra disposizione quanto potevano, e di avere informato a sufficienza i lettori di ciò che furono i Liguri attraverso gli antichi tempi, non senza fare con qualche occasionale considerazione intravedere — in omaggio alla magistra vitae — quali profonde radici abbia la diatesi di quel popolo e quali propaggini gitti nei secoli più lontani. II. La stirpe ligure e la Liguria preromana. Scarse, frammentarie e malsicure sono le testimonianze degli antichi intorno alle origini e alla razza dei Liguri (1). Catone affermache neanche essi sapevano donde fossero oriundi (2). Alcuni scrittori (3) li ritene* vano Greci (4); altri Iberici (5). Taluni poi affacciarono l’ipotesi che possono (1) Il ìiorne ha incerta etimologia: potrebbe derivare da X'.yiç, melodioso, in quanto risulta che i Liguri, s&vo; ixooaocwiaiov (cfr. lo scoliaste di Platone al Fedro, 13, e Diodo* ho, II, 47, 2-3), davano alla musica una parte preponderante nelle cerimonie del culto; ma, secondo taluni autori (cfr. Artemidoro in St. Bizau., 422, ed Eustazio in Scogli a Dionis. Perieg., 70), trarrebbe origine da Aiftipoc; ovvero Aiyooç, corrispondente al Liger (Loire) dei Romani (Cesare, De b. v Atyówv. (8) Cfr. Diod.. V, 6, dove si confatano anche opinioni di Filisto Siracusano e di Timeo snlla derivazione dei Sicani e dei Liguri. (9) Un’analisi accnrata dei testi di Dionigi sui Liguri e dei loro rapporti con gli Aborigeni si ha nella memoria di A. Berthelot, Les Ligures in Revue Archéologique, Juillet-décembre, 1933, pp. 256 sgg. ( 10) Questo passo di Esiodo, citato da Eratostene presso Strabone (VII, 3, 7): AÌ.Ko-x; te A'-y’j; xe i8s £-/.•}!>a; '-TtojioXYoù;, è il più antico di tntti quelli che parlano dei Liguri. Il secondo ricordo dei Lignri in ordine di tempo si trova nel Prometeo di Eschilo, v. 164 (cfr. Strab.,' IV, 1, 7); il terzo nelle Troadi di Euripide (vv. 438-439); il quarto in Erodoto (V, 9 e VII, 166); il quinto in Tucidide (VI, 2) ecc. Vedi la discussione di questi testi nella mein. cit. del Berthelot, pp. 74 sgg.: cfr. anche Jul-LIAX, op. cit., I, pag. 110, n. 4. (11) Cfr. Fragm. hist. Graec., I, 2. (12) Apud Strab., IV, 1, 7; ap. Dionys., I, 41, 2. (13) Loc. cit. ap. Strab., VII, 3, 7. (14) Presso Strab., II, 1, si ha: xpixyjv... xy]v ArfW.y.Vjv. (15) Dionigi (I, 22) riporta l’opinione di Filisto Siracusano in Fragm. Itisi. Graec., I, fr. 2, sopra cit. (16) Il passo di Silio Italico (Pun., XIV, 33 sgg,) accenna alla dimora dei Lignri nella Sicilia: Post dirum Antiphatae sceptrum et Cyclopia regna vomere verterunt primum nova rura Sicano: Pyrene misit populos, qui nomen ab amne — 13 — die ritengono i Sicani una derivazione dei Liguri oriundi dell’Iberia (17). Quanto alla diffusione dei Liguri nella regione Gallica, non mancano testimonianze che li pongono sulle coste della Provenza (18), sul basso Rodano (19), nella Narbonese (20), sulle rive dell’Atlantico (21) e nelle foieste della Gallia del nord (22). Lucano ricorda poi, in una parola, che i Liguri si estesero in età remota sull’intera Gallia: Ligur, quondam... toti praelate Comatae (23). E se, in epoca storica e all'avvicinarsi della conquista romana, secondo Polibio (II, 3), i Liguri, incalzati dalle invasioni celtiche, etrusche e illiriche, avevano perduto grandemente terreno, restringendosi tra il Rodano e l’Arno, comprese le regioni alpine e la parte sud della pianura piemontese (Strab., IV, 6), si ricordava tuttavia che essi in Italia, oltre avei dominato in tutta la valle del Po (24) e dell’Arno (25), si erano estesi nell’Italia centrale e meridionale e nella Sicilia (26) e nella Corsica (27), ed arano perfino stati Liguri i leggendari abitanti del Lazio nell’epoca di Fauno e di Evandro (28). Ascitum patrio terrae imposuere vacanti. Mox Ligurum pubes Siculo ductore novavit, possessis bello mutata vocabula regnis. (17) Sui Liguri in Ispagna cfr. Sarmento, Lusitanos. Ligures et Celta*, Porto, 1893; cfr. anche la voce Hispania in Diz. epigrafico De RuGGIero-Cakdinali, voi. Ili, p. 7.‘.7 sgg. (18) Ecateo, Framm., 22. (19) Aristot., Mete reo!., 1, 13, 29. (20) Ecateo, Framm., 20. (21) Avieno, Ora marit., 196. (22) Avieno, ivi, 129-145. (23) A. Berthelot nella memoria sopra citata, pag. 109, vuoi dimostrare che questo passo (li Lucano si riferisce non all’intera pallia, sibbene solo ai Lignri alpini delle vicinanze di Monaco; ma, a parte che, quando si parla di questi, viene nei testi classici nsato generalmente l’epiteto capillati e non comati (cfr. Pun., .V. IL, Ili, 7, i Alpes populique inalpini multis nominibus, sed maxime Capillati; — III, 21, 3,... et qui Montani vocantur, Capillatorumque plura genera ad confinium Ligustici maris), a noi sembra che l’espressione lucanea toii comatav abbia un’accezione pii* vasta di quella voluta dal dotto archeologo. (24) Livio, V, 35; Pun., N. E., Ili, 123; Catone presso Plinio, N. IT., Ili, 124. (25) Giustin., XX, 1, 11: Pisae in Liguribus. (26) Filisi-, Sirac., Fragm. liist. Graec., I, 2; Tucid., VI, 2, 2; Dioxys., I, 22; Sil. Ital., Pun., XIV, 37. (27) Senec., Dial, XII, 7. (28) Cfr. Dionys., I, 10; Fusto, Framm., al vocabolo Sicani, p. 320 ed. Mueller; Servio, ad Aen., I, 10. — 14 — Questo è in breve quanto ci pare sia lecito di ogget tivamente ricavare, senza abbandonarsi a congetture arbitrarie, dalla tradizione letteiaiia antica, con prudente diligenza interrogata, intorno alle origini Liguri e alla Liguria preromana. La continuazione di questa tradizione dovrebbe essere rappresentata dagli scritti tramandatici dall’epoca Medioevale e da quella del Rinascimento, costituenti per molti soggetti storici quasi un anello di congiunzione fra la Volgata storica classica e l’indagine scientifica moderna, ma nel Medioevo in fatto di problemi etnografici si aveva per lo più senz’altro riferimento alla Bibbia, facendo risalire i capostipiti degli Italici in generale e in particolare dei Liguri ai figli e ai nipoti immediati di Xoè (29): e le opere degli eruditi dei tempi successivi fino alla metà del secolo XVIII, il secolo razionalista delle revisioni che prepara l’età moderna, nel darci notizie dei Liguri antichi ricalcano quasi esclusivamente gli autori latini e greci. Ciò si può constatare attraverso le opere di Flavio Biondo (30), del Magini (31), del Giovio (32), di Leandro Alberti (33) e di Paolo Merula (34). Notizie più compiute ci hanno lasciato Filippo Cluverio, che può dirsi il fondatore dell’indirizzo scientifico negli studi geografici (35), e Cristoforo Cellario, autore pure ricco di informazioni, sebbene non sempre criticamente vagliale (36). Anch’essi si rifanno però dagli antichi, e ripetono i concetti di Dionigi d’Alicarnasso e degli altri scrittori che rite- (29) Persino nel duomo di San Lorenzo in Genova si ha, lungo i colonnati, una iscrizione del 1322, che dice: Ianus princeps troianus astrologia peritus, navigando ad halitandum locum quaerens sanum dominabilem et securum, lamam, iam fundatam ab Iano, iege Italiae pronepote Noè, venit, et eam cernens mare et montibus tutissimam ampliavit nomine et posse. E sotto il busto di Giano, in alto a sinistra della navata centrale, si legge: lanus rex Italiae de progenie gigantium qui fundavit Ianuam tempore Abrae. Riportiamo qneste iscrizioni a titolo di curiosità. (30) Italia antiquissima, ed. Basilea, 1531, pp. 294-299. (31) Geographiae universalis tum veteris tum novae absolutissimum opus, 2 voli., ed. Venezia, 1669, pp. 162 sgg. del vol. II. (32) Pauli Iovii regionum et insularum atque locorum descriptiones, ed. Basilea, 1578, pp. 96 sgg. (33) Descrizione di tutta l’Italia, Venezia, 1553, pp. 403 sgg. (34) Cosmographiae generalis lïb. Ili, ed. Amsterdam, 1621, II, pp. 78 sgg. (35) Italia antiqua, ed. Leyda, 1624, pp. 46-74, cap. VII: De Ligurum nomine ac genere, itevi de ingenio moribusque eorum; cap. VIII: De finibus Liguriae Italicae deque dii i sione eius in varia populorum genera. De locis fluminibusque Liguriae Maritimae. (36) Notitia orbis antiqui seu geographia plenior, 2 voli., ed. Lipsia, 1731, pp. 522-531, - 16 - nevano i Liguri della stessa stirpe degli Aborigeni e cioè di razza indigena e non importata, pur mostrando di non ignorare l'ipotesi della loro venuta in Italia per via di mare o attraverso le Alpi (37). Il problema delle origini Liguri non fu, in altre parole, oggetto di particolari indagini neppure per gli scrittori del Rinascimento e dei tempi successivi, e la soluzione ne rimase allo stato d’incertezza, com’è, del resto, anche presso i dotti moderni, nonostante il progredire della scienza paietnologica coi sussidi dell’archeologia preistorica, dell’antropologia e della linguistica comparata (38). hn. XLIV-LXV «lei voi. ì. Cfr. anche 0. Bouche, La clwrographe oh déscription de Pro-vence, Aix, 1664, pp. 20 sgg. (37) Cfr. C. Cellario, op. cit., I, p. 524. (38) Per la bibliografia completa dell'argomento fino al 1908, cfr. A. Isskl, Liguria preistorica, in Atti Soc. Ligure di storia patria, vol. XL, Genova, 1908, pp. 699-713 Dei lavori pubblicati dal 1908 in poi si fa cenno nel corso della presente monografia, e notiamo qui (nielli fra gli antecedenti che ci sembrano maggiormente degni di segnalazione: Ameraxo G. K, Stazione all’aperto nel Finalese (Liguria), Bnll. di Paletnol. Ital., anno XIX, n. 8, 9, Parma, 1893; Anonimo, Grottes préhistoriques de la Ligurie, Le Cosmos, Paris, 1902; P. Bensa, Le grotte dell’Apenniuo Ligure e delle Alpi Marittime, Bnll. Club Alp. Ital ' vol. XXXIII, n. 66, Torino, 1900; X. Ber-Jand, Les Ibères et les Ligures de la Gaule Revné archéologique, Paris, 1889; C. Bicknell, The preistorie rock engravings in thè Italia„ Ma-rit. Alps, Bordigliela, 1902; Further explorations in thè régions of tlie prelnstoric rock ecc., Bordighera, 1903; Proceedings of thè Society of Antiquaries, 9 dee. 1897 (altri lavori del Bicknell sono ricordati piti sotto, a pag. 35, n. 177; E. Blanc, Études sur les sculptures pré-historiques du Val d’Enfer, Cannes, 1878; Les Ligures et leur rôle dans les Alpes Maritimes Congrès scientifique de France, 44» session, Nice, 1879; E. Bhizio, I Liguri nella terra-mare, Nuova antol., 1880; Epoca preistorica in Storia politica d’Italia ecc., Vallardi ed Milano; F. Brun, Étude sur l’origine des anciens habitants des Alpes-Maritimes, Nice 1879- E. Camau, Celtes et Ligures en Provence, Paris, 1900; G. Capellini, Caverne e brecce ossifere presso Pegazzano nel golfo di Spezia, Memorie della R. Accademia delle Scienze del-l’Ist. ,li Bologna, serie 5a, toni. VI, Bologna, 1896; D. Corazzi, La grotta dei colombi nell’isola Palmaria, Ann. del Museo civ. di Storia nat. di Genova, vol. IX, serie 2" Genova, 1890; C. Caselli, Iprimi abitatori del Golfo della Spezia, Spezia, 1905; E Cei esi \ Le teogonie dell’antica Liguria, Genova, 1868; Paletnologia, caverne ossifere della Liguria, Roma, 1876; A. Ciiiappori, Nuovi documenti sulla Liguria preistorica, Genova, 1872- G. \ Colini, Scoperte paletnologiche nelle caverne dei Balzi Bossi (Liguria), Bnll. paletn'. ital anno IX, Parma 1893; A. D’Andrade, Tombe a pozzo con vasi dipinti appartenenti a sepolcreto preromano dell’antica Genova, Atti della R. Ace, dei Lincei, Roma 1898- Sui munenti del Piemonte e della Liguria, Torino, Bocca, 1899; E. Del Moro, Degli ’scavi cmtemente eseguiti nella caverna ossifera di Bergeggi (Liguria), Giorn. della Soc. di Lett e envers, scientifiche di Genova, fase. 5°, Genova, 1886; A. De Negri, Nuove ricerche di A.Issel nelle caverne ossifere della Liguria, Bull, della Soo. greogr. ital., serie 2», vol III un mosca vi re- — 16 — Per far cenno solo delle teorie che sono da prendersi in maggiore considerazione sul nostro tema, diremo che, come gli studiosi non ignorano, fu sostenuta l’ipotesi dell’origine protoaria (39) e aiia (40), quella Roma, 1878; Df. Villeneuve, Boule, Verneau, Les grottes Grimaldi, Monaco, 1907; A. F. Evans, Entdeckwng voti (irei menschlichen Skelétten in dei- Rohle Barma Grande zvvisehen Mentane und Fenti miglia, Miinchen, 1892; Oh thè preistorie Interments of tlie Balzi Rossi caves near Mentone and their relation to thè neolithic Cave-Burials of thè 1 inalcse, London, 1893; O. 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Verneau et L. De villeneuve, La grotte des Basmoulins (Monaco), L’anthropologie, Paris, 1901; L. Vulliemin, C. Gaudin et F. Forel, Menton ecc., Menton, 1864. (39) Muei.leniioff, Deutsche Altertwniskunde, ILI, 1870. (40) D’Ap.isois de Jubainville, Les premiers habitants de l’Europe, 1894; L. F. Pullè, Profilo antropologico dell’Italia, 1898; Hirt, Die Indogermanen, 1905. — 17 — dell’origine iberica (41); quella dell’origine turanica (42); quella d’unà stretta parentela coi Greci (43). Secondo altri i Liguri deriverebbero da una forte razza africana, dominatrice un tempo di tutto il Mediterraneo (44); per alcuni poi sarebbero un ramo della famiglia celtica (45), e infine sono anche ritenuti di provenienza -nordica (46). Di fronte all’incertezza di queste assai differenti tesi, che più sotto in breve particolarmente esamineremo, e al contenuto dei sopra citati testi classici, una preliminare constatazione può farsi: variano bensì le opinioni intorno alla derivazione della stirpe ligure, ma tutti coloro che trattarono dell'argomento — scrittori antichi e dotti moderni — sono d’accordo nel ritenerla la più antica o una delle più antiche che abbiano abitato l’Europa occidentale. E come si potranno indagare le origini liguri, se esse si perdono nella lontana notte dei tempi? Le difficoltà che si presentano non sono lievi per chi si propone di vagliare tutta l’intricata materia e di giungere a ponderate e soddisfacenti conclusioni. Non fornisce da sola elementi sicuri l’archeologia preistorica, peicbè, se è vero che i resti scoperti nelle caverne abitate dagli antichissimi Liguri possono offrirci uno spiraglio di luce sulla loro civiltà primitiva (47), è pur vero e ovvio che, trattandosi d’un popolo in ogni tempo dedito, secondo indizi sicuri (48), ai traffici di terra e di mare, l’aver rinvenuto tra l’altro nel deposito antropozoico delle sue sedi trogloditiche prodotti e manufatti propri di paesi lontani — o siano coltelli d’ossi- (11) S. Schiaparelli, Le stirpi ibero-liguri, 1880; A. Vaxnucci, Storia dell’Italia antica, 1873-76. (42) F. Rossi, Cenni intorno agli antichi italiani, in Giorn. Lomb., vol. IV; G. Nico-LUCCI, La stirpe ligure in Italia ne’ tempi antichi e moderni, vol. II, 1864; F. Moi.ox, Preistorici e contemporanei, 1880, e Paletnologia italiana, I nostri antenati, 1887. (43) Forbiger, Eandb. der alten Geographie, 111, 48. (44) 6. Sergi, Origine e diffusione della stirpe mediterranea, 1895, e Arii ed Italici, 1898; A. Issel, Liguria preistorica, 1908, con qualche riserva. (45) Cuno, Die Ligurer in Beinioli Museum, XXVIII, 1873, e Vorgescli. Rome, I, 1878; Maury Notes sur les Ligures in Óompt. rendus de l’Acad. des Inscr. et Belles lettres, toni. V, n. 15; Groteeend, Alt-Italien, II, 15. (46) Cfr. la meni. cit. di A. Berthelot, Les Ligures in Revue Archéologique, 1933, pp. 72 -120 e 245 - 303 = 1 - 108 dell’estratto. (47) Cfr. la oit. opera di A. Issel specialmente aile pp. 658 sgg.: dell’Issel cfr. anche Tra le vel/bie del passato, Bologna, 1920. (48) Cfr. A. Issel, ivi, pp. 653 sgg. e G. Oiìerziner, I Liguri antichi e i loro commerci, in Gior. storico e letterario della Liguria, vol. III, 1902, passim. 2 — 18 - diana, roccia mancante in Liguria e comune nell’arcipelago greco e in Sicilia, o denti di leopardo e d’altri animali africani o granelli d ambra di probabile origine nordica o conchiglie marine sconosciute sulle spiag-gie tirreniche e diffuse su quelle europee deH’Allantico o stampi per far fregi colorati sul corpo (pintaderas) in uso nelle Canarie e nell A-merica centrale (-49) — nessun lume ci apporta agli effetti della soluzione del nostro problema; la rende anzi evidentemente più ardua e complicata (50). Venendo all’antropologia, neanche da questa scienza possiamo finora ricavare dati di certa attendibilità, che corrispondano alle ragionevoli aspettazioni degli uomini di scienza. Scheletri e crani furono tiatti dalle tombe dei Liguri preistorici, e vennero diligentemente collezionati, confrontati e misurati; ma, lasciando a parte che nessuno può diie quale sia la vetustà di essi e a quale precisa epoca appartengano, il fatto che presentano forme molto diverse ha dato luogo ad afleiinazioni tia loro contrastanti. Per limitarci a scienziati nostri, secondo il Sergi (61) i crani sono dolicocefali e da riconnettersi alla razza mediterranea; secondo il Nicolucci (52) ed altri sono invece brachicefali, e cioè di probabile razza mongoloide. Deduzioni più persuasive non ci è dato di trarre dagli studi più recenti di antropologi italiani o stranieri (53). (49) Cfx. G. Oberziner, uiem. cit., p. 194 sgg. (50) Se l’apporto dell’archeologia preistorica non è molto importante e sicuro snl problema delle origini liguri, non bisogna però misconoscere qnauto essa abbia contribuito alla conoscenza della vita e delle costumanze delle popolazioni cavernicole, come risulta specialmente dall’opera citata dell’lssel sempre fondamentale in materia. Vedi anche in proposito N. Morelli ed E. Regalia, op. citate dall Issel, i' i, pi*. <07 708 e 709-710. (51) G. Sergi, Origine e diffusione della rana mediterranea, Roma, 189o; Arii ed Italici ecc., Torino, 1898. (52) Cfr. G. Nicolucci, La stirpe ligure in Italia nei tempi antichi e nei moderni in Atti della R. Accad. dalle Se. Fis. e Hat. di Napoli, vol. Il; L. PlGORIM, Oggetti preistorici dei Liguri Velleiati, Parma, 1874, e Acanti umani e maniifatti litici dell’età della pietra, in *Bull. di palet, ital., anno VI, nnm. 3 e 4, Panna, 1880. (53) In proposito del criterio antropologico per la risoluzione dei problemi etnografici, cfr. L. Ceci, Per la storia della civiltà italica (Discorso inaugurale), Roma, 1901, p. 50: Da mia parte non è dimostrato che la razza abbia mia forma cranica di sua propria e assoluta spettanza; dall’altra parte è nn fatto incontestabile che in Europa nelle più recenti età si hanno insieme commisti dolicocefali, mesocefali e brachicefali. E quanto al colore dei capelli, degli occhi, della barba, occorre tener presente 1 azi< n — 19 — Quanto all’apporto che può fornirci la linguistica comparata, devesi premettere un’osservazione preliminare, e che, cioè, come giustamente fu osservato (54), non si possono stabilire interferenze tra razza e lingua, perchè la lingua dipende dagli eventi storici e non dalla razza che è un’entità fisica. Ma che cosa ci resta, d’altra parte, della lingua della Liguria preromana? Secondo Luigi Ceci (55), non possediamo di essa che una o due glosse che potrebbero essere, come vuole Berthelot, importate (56); e più recentemente il Jullian (57) e il Vetter (58) accennano a qualche altro vocabolo probabilmente Ligure, ma la cui origine lascia tuttavia dubbiosi (59). Nulla pertanto, allo stato presente delle cognizioni, possiamo con sicurezza ricavare dalla linguistica circa l’etnogenesi dei Liguri (60). Ma vi è di più. Nella memoria più volte citata, A. Berthelot sostiene, anche con argomenti tratti dalle tavola di Polcevera (61), dalla del clima, senza dire che dai caratteri somatici non potremo dedurre alcuna conseguenza positiva, lino a ohe non sarà fermato qualche cosa di meno nebuloso sulle origini e sulla storia del genere umano, sulla serie degli sviluppi ulteriori della umanità e delle umanità antichissime. Giovanni Ranke, professore di antropologia nell’università di Monaco, proemiando all’opera di V. Erchert, Wanderungen nini Siedelungen der Germani-schen Stimine in mittel-Europa, Berlin, 1901, dichiara anch’egli che le indagini somatologiche non valgono a risolvere lo questioni di etnografia. Cfr. la tavola II « I popoli indogermanici in Europa al principio del sec. VI av. Cr. ». (54) Meillet, Introduction à l’étude comparative dea langues indo-européennes, Paris, 1903, p. 50. (55) Cfr. L. Ceci, Per la storia della civiltà italica, già cit., pag. 9: arpwai = oi xâîtrjXot, in Erodoto, V, 9. (56) A. Berthelot, meni, cit., p. 262. (57) C. Jullian, op. cit., I, pag. 123. (58) V. l’art. Ligures in Pauly-Wissovva. (59) Cfr. A. Berthelot, mein. cit., ivi. (60) A una constatazione analoga giunge A. Sciiiaffini (I Liguri antichi e la loro lingua secondo le indagini più recenti, in Giorn. storico-letterario della Liguria, anno II, 1926), che spera tuttavia in fortunati ritrovamenti archeologici (cfr. anche Jüllian, op. cit., I pag. 125). Secondo A. Pizzagalli (La sfinge ligure, in Nuova rivista stoi'ica, 1922, che riporta anche l’opinione del Reinach, la linguistica c’indurrebbe anche a negare l’esistenza d’un’antica lingua ligure vera e propria, quale espressione di una civiltà distinta, e ci persuaderebbe invece ad ammettere varie parlate rudimentali (cfr. anche L. Homo, L’Italie primitive et les débuts de I’imperialisme romain, Paris, 1925, p. 59) molto diverse fra tribù e tribù, come si nota oggi nelle popolazioni selvagge.-Cfr. ancora sulla lingua dei Liguri A. B. Terracini; Spigolature liguri, in Archiv. glott., 1926. (61) C. I. L., V, 7749 \ — 20 - tavola alimentaria di Velleia (62) e specialmente dallo studio accuratissimo dei nomi geografici moderni terminanti col suffisso osco, osco, usco (63), che non si può attribuire alcun fondamento scientifico alla famosa teoria toponomastica che fu proposta per primo dal Flechia (64) e fu divulgata dal D’Arbois de Jubainville nell’opera di grande diffusione già ìicoidata (65). Le conclusioni del Berthelot ci sembrano in questo campo acutamente dedotte e non prive di fondamento apprezzabile: non ci risulta, comunque, che siano state finora esaminate di proposito o confutate da qualche glottologo. Da quanto fin qui abbiamo brevemente esposto, risulta che si cercherebbe invano di conoscere le origini Liguri con la sola scolta delle scienze moderne; e noi pertanto nel sottoporre ad esame critico le varie ipotesi sopra ricordate, seguiremo il metodo di mettere anche e anzi in primo luogo — a partito la tradizione dei testi classici antichi, utilissimi senza dubbio a portar luce sul non agevole argomento. Intraprendendo tale esame, riscontriamo che questo metodo fu già seguito, forse anche con soverchia esclusività, da A. Beithelot (66), che è degli autori contemporanei tra quelli che hanno studiato più a fondo la Liguria preromana e che agli altri non è secondo per adeguata pie-parazione è acutezza d’ingegno. Egli giunge alla sua conclusione dell origine dei Liguri dall’Europa settentrionale partendo dal racconto mitologico della leggenda italica di Cicno, simbolico re dei Liguri (67); collegando (62) C. I. L., XI, 114". (63) Cfr. A. Berthelot, meni, cit., pp. 261-301. (64) Memorie dell’Jcc. delle Scienze di Torino, 1873. (65) Ved. anche Funel, Le» rrain ancêtres de la patrie française, Nice, 1917. (66) Meni, cit., pp. 116 sgg. (67) Qnesta leggenda, che risale a nn frammento di Esiodo (ed. Didot, fr. 104), è studiata specialmente dal d’AuBois de Jubainville (op. cit., I, pp. 330 sgg.) e dal Mcellenhoff (<»p. cit., I. pp. 217 sgg.) snlla base del testo fondamentale di Ir,ino (favola 154), bibliotecario di Augusto e amico di Ovidio che trattò poeticamente il mito nel secondo lil.ro delle Metamorfosi. Riproduciamo le parole di Igino; Pliaethon Hesiodi. Phaethon Clymeny» Solis filii et Meropes nymphae filius, quam Oceanitidem accepimus, rum indicio patris acum Solem cognovisset, impetratis curribus male usus est. Nam, cum esset propius Terrae vectus, vicino igni ommia conflagarunt et fulmine ictus in vicinum Padum recidit. Hir amnis a Graecis Eridanus dicitur, quem Pherecydes primus vocavit... Sorores autem Phaethontis, dum interitum defient fratris in arbores sunt populos versae. Harum lacrimae, ut Hesiodux indicat, in electrum sunt duratae... Cycnus autem rex Liguriae qui fuit Phaethonti propinquus, dum defiet propinquum, in cycnum conversus est. Is quoque moriens flebile canit. Lh leggenda, oltre che da Esiodo. Igino e Ovidio, è anche ricordata da PAUSANIA — 21 — questo racconto con l’origine dell'ambra nel paese donde si estrae, e cioè lo Jutland (68); utilizzando inoltre i dati archeologici dell’uso di collane di perle d’ambra presso i Liguri come ornamento e talismano (6!*), e della figurazione costante del cigno iperboreo sulle loro armature verso la fine dell’età del bronzo; rilevando il fatto che in Liguria era bevanda comune la birra (70) e basandosi soprattutto su un passo di Festo Avieno (71), nel quale si parla del paese dei Liguri e delle migrazioni di essi dal nord verso sud sotto l’incalzare dei Celti. Queste argomentazioni del Berthelot non ci sembrano sufficienti a suffragare la sua tesi; e si possono anzi ritorcere contro di lui che non appare convinto (72) della estensione (I, 30): A'-Y’juv xùW ’HptSavoO Tiépav -crj; yrj; KeXxty.rjs Kùxvov àv8pa pouaixòv yEvéadm -ìaaiXsa cpaoi. Cfr. anche Apollodoro, II, 5; II, 7; Diodoro, V, 83, c tra i moderni Deschelette, II, pp. 418 sgg. e P. Peola, Note nulla preistoria ligure, Riv. Mun. Genova, 1937, e Gli abitanti preistorici della regione ligure, Atti Soc. Scienze e lett., di Genova, 1938. (68) Con la leggenda di Cicno è da Plinio (.V. H., XXXVII, 2, 12 sgg.) riferita quella dell’origine dell’ambra: Phaetontis fulmine icti sorores fletu mutatas in arbore* populos laerijmis electrum omnibus annis fundere iuxta Eridanum amnem quem Padum vocamus; et electrum appellatum, quoniam sol vocitatus sit Elector, plurimi poetae dixere, primique, ut arbitror, Aeschylus, Philoxenus, Nicander, Euripides, Satyrus... Si può ritenere che il commercio dell’ambra si svolgesse dal nord — e probabilmente dalla penisola dello Jutland (cfr. Tac., Genti., 45) — verso sud e perle d’ambra si sono rinvenute nelle stazioni preistoriche della Carinola, della Svizzera e dell’Italia Settentrionale. (69) Tale costumanza è anche esplicitamente attestata da Plinio, X. II., XXX, 7, 11. (70) La birra è bevanda comune delle genti del nord, sebbene Ekodoto (II, 17) e Plinio (N. H., XXII, 82) affermino che l’uso di essa sia stato noto anche agli Egiziani: che fosse bevanda dei Lignri è attestato da Strabone (IV, 6, 2), e questo fatto, caratteristico per un paese vinicolo come la Liguria, secondo il Berthelot (meni, cit., p. 120) avrebbe perpetuato un’abitudine contratta nelle regioni settentrionali. Circa la figurazione del cigno sulle armature, cfr. DlctfHlCLlîTTiî, Archéologie préhistorique, I, pp. 624 sgg.; II, 872 sgg. (71) Cfr. Ora maritima, vv. 129-145: il passo, tradotto letteralmente, dice: Se alcuno dalle isole Estrimnici osa spingere una nave nelle onde, sotto la regione dove l’Orsa rende rigida l’aria, giunge al paese dei Lignri vuoto di abitanti, poiché fu spopolato dalla mano dei Celti e dalle frequenti battaglie: i Liguri scacciati, come spesso la sorte sospinge di luogo in luogo gli nomini, vennero in queste terre, che occuparono per lo pii! in mezzo a orride boscaglie: frequenti .sono in questi luoghi le accidentalità del suolo e le rupi a precipizio e i monti minacciosi s’innalzano nel cielo: questo popolo in vero per lungo tempo in fuga condusse la vita tra le asprezze dello roccie, lontano dal mare; perchè era timoroso del mare a causa degli antichi pericoli: poscia la quiete e il riposo, che corroborava nella sicurezza la sua audacia, lo persuasero a staccarsi dalle alte sedi e a discendere nelle località marine. (72) Cfr. la nota 23 a pag. 13, — 22 - in tempi preistorici della stirpe ligure in tutto l’occidente attestata dagli antichi scrittori e confermata anche dai più attendibili tra gli studiosi moderni (73). Esse ci provano infatti, se si vuole, che in una età vetustissima popolazioni liguri si trovavano nell’Europa settentrionale e sulle rive del-l’Atlantico; ma non dimostrano che la stirpe ligure abbia tratto origine da quelle regioni. Del resto questa ipotesi nordica del Berthelot presenta, comunque, il lato debole di essere fondata quasi esclusivamente su alcuni versi di uno dei pochi latini della tarda età imperiale (74), di dubbia attendibilità come Festo Avieno, mentre opinioni diverse manifestano i più autorevoli storici dell’antichità, e non è provato che l’opera di cotesto poeta-geografo sia stata compilata su autori più antichi e degni di fede come Dionisio Periegete o altri. Vedremo tuttavia in appresso in quale senso si possa dire che i Liguri provengano dal settentrione d’Europa. Quanto all’ipotesi della derivazione celtica o iberica, ci sembra che si sia fatta da taluni studiosi confusione tra il fatto che i Liguri si estesero certamente nella remota antichità sui territori poi abitati dai Celti e dagli Iberici (75) e la loro razza. Il Grotefend (76) poggia l’ipotesi dell'origine celtica su non plausibili ragioni geografiche, e dopo di lui la sostiene il Maury (77), basandosi esclusivamente su malsicure deduzioni linguistiche (78). Inoltre li avevano già preceduti in questa opinione il Durandi (79) (73) V. sopra pag. 17. (71) Come è noto, l’opera frammentariu ili 703 verni Ora maritima ili RüFlO 1 BSTo Aviexo, proconsole in Africa nel 366 e in Grecia nel 372, è ili scarso valore specialmente dal lato storico e geografico. (75) Cfr. la pag. 12 sgg. (76) V. Alt-Italien, II, 5. (77) Op. cit. nella nota 45, a pag. 17. (78) Afferma il Ceci (discor. cit., pag. 51) clic la glottologia nega decisamente il suo assenso alla dottrina francese che vede nn idioma celtico nella lingna ilei Liguri. Cfr. anche, in proposito, Tomaschek, Beitriige zitr Kunde der indogermanischen Sprachen, IX, 106. Del resto il Maury conclude che i Liguri cavernicoli furono assorbiti c assimilati dai Celti, e con ciò la derivazione dei Liguri dai Celti sparisce; ma anche «inesto assorbimento è una congettura personale che ha contrari tutti gli antichi scrittori che distinsero sempre i Liguri dai Celti; e d’altra parte anche la eeltizzazionp dei Lignri è tra le cose più dubbie. (79) Cfr. Saggio sulla storia degli antichi popoli d’Italia, Torino, 1769, p. 89. — 23 - e il Tonso (80), fondandosi su due passi di Plinio d’incerta lezione (81) e specialmente sul luogo di Plutarco (Mario, 19) dal quale risulterebbe che i Liguri avevano in origine il nome di Ambroni, popolazione celtica. Racconta infatti Plutarco in questo passo che alla battaglia di Aquae Sextiae gli Ambroni mossero contro i Liguri al grido «Ambra, Ambra», e che con grido identico risposero i Liguri, perchè tale era il nome della loro nazione. Ma, a parte la tenuità dell'argomentazione, Plutarco non afferma esplicitamente che gli Ambroni fossero Celti; mentre è più probabile che essi derivassero da una popolazione primitiva dalla quale alcuni fanno discendere gli Iberici e i Liguri (82). Venendo all’ipotesi della derivazione dei Liguri dagli Iberici, è bensì vero che, secondo Plinio (83), Eschilo, debole geografo, metteva l’Eridano nell’Iberia, e che Tucidide (84) con evidente confusione riteneva Iberici anche i Sicani; ma dall’asserzione dello Pseudo Scillace (85) che tra il Rodano e i Pirenei dimorava una popolazione formata di Iberi e di Liguri si può arguire la differenza esistente tra le due stirpi e la diversità delle loro origini. Tra i moderni poi la derivazione dei Liguri sia dai Celti che dagli Iberi è espressamente negata, per esempio, dal Niebuhr (86), che sostiene con plausibili argomenti che di essi questo solo si sa di certo, che non erano nè Iberi, nè Celti (87). (80) Cfr. Dell'origine dei Liguri, Pavia, 1784, p. 207. (81) .V. II., 111,5, 17 c 111,20, 135. Questi ) ne (issa a Vada Sabatia il distacco dall’Appenniiio: òcpyovxai j)i x. AXîïsiç o'jy. ino Movaxoo Xi[isvc;, c&j stp^jtaai xiveç, àXX'ànò té&v aùxtòv yojpituv àf o/iz.p y.a. xà Aitsvviva Sprj xaxà Tsvouav s|i7iópiov Aifùiov xal xà xaXoùjieva Sapàxtov ouaoa, OKsp saxt xsvays. xò |xsv yàp ’Aitévvivov Arcò rsvoùaç, ai Ss ’AXrceiç &kò xwv Sa^àxwv sj^ooot XV)V apxijv. Cfr. anche Allais, Le Alpi occidentali nell’antichità, p. 70. Una delle principali vette della catena delle Alpi Marittime, e cioè il Monviso, è ricordata espressamente da Virg, Aen., X, 628: Ac vehit ille canum morsu de montibus altis Actus aper multos Vesulus quem prinifer annos Defendit. . . . Quanto alla funzione difensiva già attribuita dagli antichi alle Alpi, cfr. Serv., ad Aen., X, 13: Alpes, quae, secundum Catonem et Livium, muri vice tuebantur Italiam. (23) Cfr. Pu. Casimire, Le trophée d’Auguste à la Turbie, 1933; Foiîmigé, Notes sur le trophée de la Turbie in « Comptes - rendus et mémoires du Congrès de Nice (1927) », Institut historique de Provence, Marseille, 1928, p. 364. G. Q. Giglioli, Tropaeum Augusti, in Riv. lert, 1929; N. Lamboglia, Il trofeo d’Augusto alla Turbia, Bordigliera, 1938. Dell'iscrizione del trofeo non ci sono rimasti che pochi frammenti; ma essa oi fn conservata nella sna integrità da Plinio (loc. cit.): Imp. Caesari divi f. Augusto Pontifici ma-mimo imp. XIIII tribunic potestate XVII S. P. Q. R. quod eius ductu auspiciisque gentes Alpinae omnes .quae a mari supero ad inferum pertinuerant sub imperium P. R. sunt redactae. Gentes Alpinae devictae: Trimpilini, Cammini, Venostes, Feimonetes, Isarci, Breuni, Genau-nes, Focunates, I endelicorum gentes quattuor, Consuanetes, Bucinates, IAcates, Calenates, Ambisontes, Rugnsci, Suaneies, Colucones, Brixenetes, Leponli, Meri, Nantuates, Veragri, Salassi, Aciiavoncs, Medulli, Uccidi i, Catoriges, Brigiani, Sogionti, Brodionti, Nemaloni, Ede-autes, Esitbiani, Veamini,G allitae, Triulatti, Ecdini, Vergunni, Egui, Turi, NemaUiri, Ora- — 46 — DeH'Appennino, Apenninus (C. I. L., V, 2, 886; Cicer., Orat., Ili, 19 e Philipp., XII, 12; Virg., Aen., XII, 703; Liv., XXI, 58; Corn. Nepot., Hannib., 4; Plin., N. H., Ili, 5, 7; Mela, II, 4, 1; Sil. Ital., II, 314, 333), ó ’Aüévv-voç (Polyb., II, 14, 16), tà ’Aìtévv.va ò'pvj (Strab., IV, 6; Tolom., XIII, 1, 44-45), TÒ ’Aîrsvyivov (Tolom., V,' 4) sono ricordate solo genericamente le varie diramazioni (Polyb., II, 14, 16). Una serie di alture d’importanza del tutto secondaria (Lenusini montes, moìis Procavus, mons Ioventio, mons Poblo, mons Tuledo, mons Berigienna, mons Premicus, iugus Blustiemelus, mons Calexus) ci è riferita dalla ben nota già menzionata tavola enea di Polcevera (C. I. L., V, 2, 886), che è uno dei più importanti monumenti epigrafici non solo della Liguria, ma dell’intero mondo Romano (24). Quanto alle popolazioni Liguri e alle varie tribù in cui eiano divise, non è sempre facile fissarne con precisione il sito (25). Sulla spiaggia ligustica sono notati, da occidente ad oriente: gli Intimilii, Ivre^eXioi (Strab., IV, 6) col loro centro in Albintimilium (C. I. L., V, 2, 7883; Tacit., Histor., II, 3), Album Intimilium (26) (Plin., N. H., Ili, 5, 7), vAXptov ’Ivts^X-.ov (Strab-, IV, 6, 2) (27) e inoltre Costa Balaenae (Itin. teìli, Nerusi, Svetti. Cfr. Gardthacskn, Augustus n. seine Zeit, I, 2, pag. 719; Desjakdins, Géographie de la Gaule Romaine, II, p. 252, tav. V. (21) Cfr. G. Poggi, Gemali e Viturii, cit., pp. 287 sgg.: v. sopra pag. 41, nota 14, dove viene anclie riprodotto il testo originale della Tavola di Polcevera. (25) Intorno all’assegnazione a carattere politico delle tribù fatta dai Romani, osserveremo che, secondo risulta dalle iscrizioni, quando le città liguri della IX regione italica ebbero acquistata la cittadinanza, furono ascritte alle seguenti tribù romane locali: alla Camilia Augusta Bagiennorum (Bene), Alba Pompeia (Alba) e forse, secondo il Mommsen, Vada Sabatia; alla Claudia Cemenelum (Cimiez) e Nicaea (Nizza); alla Falerna Album Intemelium (Ventimiglia); alla Galeria Gema (Genova); alla Maecia Libarna (Serra-valle Libarua); alla Pollia Forum Fulvi, Valentia (Valenza), Forum Germa(norum) (S. Damiano in valle Maira), Hasta (Asti), Industria o Bodincomagus (Monteu di Po) e Pollentia (Pollenzo); alla Pomptinia Dertona (Tortona), Clastidium (Casteggio) Forum Iulii Iricnsium o Iria (Voghera); alla Publilia Album Ingaunum (Albenga); alla Quirma Pedo (Borgo S. Dalmazzo); alla Trementina Aquae Statiellae (Acqui). Circa il variare del numero delle tribù locali romane, cfr. Liv., II, 21, 7; VI, 5, 8; VII, 15, 12: VIII, 17, 11, IX, 20, 6; X, 9, 14; per. lib. XIX. Ved. anche più sotto, al cap. VII. * (26) Nei codici minori di Plinio (xV. H., III, 7) si ha generalmente Albium invece di Album. (27) Cfr. G. Rossi, I Liguri Enteméli, in « Atti della Soc. Lig. di Storia patria di Genova », vol. XXXIX, 1907; N. Lamboglia, Liguria romana, vol. I, 1939, pp. 81 sgg.: Per la identificazione dei luoghi appresso indicati, cfr. F. Gauotto, I municipi romani ecc., cit., pag. 250 sgg. - 47 — Marit., 502), Lumo (Itin. Anton., 295) e Portus Maurici (Itin. Marit., ivi); gli Ingauni con Albingaunum (Liv., XXVIII, 46; XXX, 19; XXI, 2; XXXIX, 32; XL, 25, 28, 34, 41; Plin., N. H., III, 5, 7; Floro, II, 3, 5), ’AXptvfaùvov (Strab., ivi) e altri sei castelli di cui non è ricordato il nome (Liv., XXXIX, 32) (28); i Sabati con Vada Sabatia (Plin., ivi; Cic., ad fam., XI, 13), O'kòx (Strab., V, 1, 10) (29), Alba Docilia, Vico Virginis e ad Navalia (Tav. Peuting.; Anon. Ravenn., IV, 32); i Genua-ti con Genua (Liv,, Vili, 30; XXV, 46; Plin., N. H., Ili, 5, 7; Tav. Peuting.; Itin. Anton.; Anon. Ravenn., IV, 32, 5), Vivo* (Strab., IV, 6, 1; V, 1, 3; Tolom., III, 5), municipio (C. I. L., V, 2, 7153) nella tribù Galeria (C. I. L., I, 185) con i decuriones o flamines (C. I. L., V, 2, 7373) (30); ad Figlinas (Tav. Peuting.) o Ficlinis (Anon. Ravenn., IV, 32) (31) e Ricina (Tav. Peuting.; Anon. Ravenn., ivi) (32); i Ti-gullii con le località di Portus Delphini (Plin., N. H., Ili, 5, 7; Itin. Anton.) (33), Tigullia (Mela, Chorog:: II, 4, 9; Plin., ivi), Tegolata (Itin. Anton.), TiyooXXta (Tolom., III, 1, 3), Entellia (Itin. Anton.) (34), Segesta Tigulliorum (Plin., ivi) o Segesta (Itin. Anton.) (35), ad Moni- (28) Cfr. N. Lamiìoglia, ivi, pp. 118 sgg., dove si lia ana trattazione esauriente in modo speciale dal lato archeologico: cfr. anche E. Pais, Romani e Ingauni in Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, Roma, 1918, pp. 623 sgg. (29) Cfr. N. Lamboglia, ivi, pp. 165 sgg. e C. Queirolo, Dell’antica Vada Sabalia, Cenni storici, Savona, 1865: cfr. anche V. Poggi, Delle antichità di Vado, in « Giorn. ligustico », 1877 e P. Barocelli, Vada Sabatia, in « Atti della Soc. Savonese di Storia Patria», 1919. (30) Cfr. G. Poggi, Genova preromana, romana, e medioevale, Genova, 1914; U. For-mentini, Le origini di Genova, in « Bnll. municipale di Genova », febbraio 1932; G. Miscosi, Genova preromana, Genova, 1932, e Origini italiche ecc., ivi, 1934; P. Barbieri, Genova ligure, romana e paleo-cristiana, in « Riv. municipale » di Genova, 1938, pp. 53-66; C. M. Ascari, Contributo alla topografia di Genova, in Figurazioni cartografiche di Genova edite da P. Revelli, Genova, 1936; N. Lamboglia, op. cit., pp. 193 sgg., dov’è anelie riportata tutta la bibliografia recente che concerne l’argomento. (31) Oggi Fogino nella bassa Val Polcevera. (32) L’odierna Reeeo, località che si trovava in prossimità del confine tra i Gennati e i Tignllii: cfr. G. Oberziner, I Lig. ant. ecc., pp. 97 sgg. (33) Ora Portofino, col promontorio situato tra le due popolazioni indicate nella nota precedente. (34) Corrispondente a Lavagna snlla foce dell’Emilia, che nel suo corso superiore, e fino, cioè, alla confluenza col torrente Sturla presso il borgo di Carasco, ha il nome •li Lavagna. Inoltre nella tav. Peuting. e presso l’Anonimo Ravennate e Guido geografo è notata All Solario, probabilmente la Zoagli (l’oggi. (35) Ora Sestri Levante: altri la identificarono cou Tigullia, basandosi sul fatto — 48 — lia (Tav. Peut.; Anon. Ravenn., IV, 32) (36), Bodetia (Itin. Anton.) (37). Nella parte orientale della Liguria cis Âpenninum (Liv. XLI, 19) sono posti anche, in località non bene identificate, i Lapicini (lJv., ivi), i Garuli (ivi), gli Hergati (ivi), i Freniati (Liv., XXXIX, 2-) e più a Oliente gli Apuani con Boaceae (It. Anton.), Portus Veneris (Itin. Anton.), o ’AçpoSttïjç Xiavjv (Tolora., III, 1, 3), Erix (Itin. Anton.), Bibola (Anon. Ravenn., IV, 32), Rubra (ivi) (38). A nord-ovest dei sopra nominati popoli, che dicemmo stanziati cis Apenninum, stavano i Velleiates (Plin., N. H., III, 5, 7) con Vel-leia (39). nota per le tombe preromane ivi scoperte e per la famosa ta- che Pomponio Mela cita Tigullia come sola località ragguardevole tra Genova e Luni e Tolomeo la colloca a oriente del fiume Entella. Cfr. a proposito e anche per Tegolata e i Tigullii, Gabotto, op. cit., pag. 255; Lamboglia, op. cit., pp. 228 sgg., M. 1> ormentini, Note teleiati, in « BoU. stor. Piacentino », XXXI, 1936. Di Tigullia è fatta menzione gene--Ticamente anche nella Tavola alimentaria velleiate (C. I. L., XI, 1, n. 1147), e ciò contribuì all’integrazione del testo di Plinio (N. H., III, 5, 7), lacunoso e corrotto in questo punto, con intus (cfr. G. Poggi, La Tigullia, Genova, Atti del club alpino, 1902) fatto seguire a Tigullia, integrazione che, come già bene osservò il Lamboglia, non è ammissibile: non ammissibile affatto, anche a mio parere, dal lato linguistico, mentre non mi sembra che possa escludersi l’esistenza d’un centro interno dei Tigullii, essendo probabile che l’antica via si staccasse dal mare e risalisse alquanto il corso dell’Entella per piegare poi verso occidente (cfr. A. Ferretto, Il distretto di Chiavari preromano, romano e medioevale, 1928, pp. 150 sgg.). Maggiormente degna d’attenzione ritengo l’integrazione Tigullia civitas, perchè in Plinio civitas conserva talora il significato d. «popolo, nazionalità», e il passo piini ano ricostruito in Tigullia civitas, Segesta Tigulliorum avrebbe cosi un significato soddisfacente nel senso che il popolo dei Tigullii avrebbe avuto il suo centro principale in Segesta Tigulliorum o Segesta, secondo gli Itinerari, (cfr. Gabotto, ivi). (36) Moneglia: è ovvio ritenere col Formentini e il Lamboglia (op. cit., p. / ; che le denominazioni ad Monilia, ad Soiaria e simili indichino le località lungo la via romana da cui si staccavano derivazioni di minore importanza per raggiungere i prossimi centri abitati. (37) Probabilmente Bonassola: l’Anonimo Ravennate segna anche, tra ad Monilia e Bodoetia o Bulnelia (Geogr. Rav.), le località di Beton, Bexum, Turree, Stacile, Apen- nina, non bene identificate. (38) Erix si ritiene corrispondente a Lerici, ed è ovvia l’identificazione di Portus Veneris con Portovenere, sebbene alcuni ritengano questo borgo d origine medio evale. Non risultano identificabili Boaceae e Bibola, menzionate dall’Anonimo Ravennate e da Guido geografo insieme con Pullion e Rubra, il secondo dei quali ricorda anche Cebula e Cornelia (ora Corniglia). (39) Intorno a questa ora morta città e l’abbondante bibliografia che la riguarda, cfr. G. Monaco, Velleia (note storico-topografiche) in Memorie dell’Accademia Lumgianese - 49 — vola alimentaria dei tempi di Traiano (C. ì. L., XI, 1, 1147), Placentia (40) e probabilmente Bobium (Paul. Diacon., II, 15, 16; IV, 43), Bar-durate (Plin., N. H., III, 5, 7; Tav. Peuting.) e inoltre MaoaaXta (Polyb., II, 17, 7) (41). Procedendo ancora nell’interno verso occidente, a settentrione dei Genuati si trovavano i Dectunini (C. I. L., V, 2, 888) che giungevano Ano al Po con Libarna (Plin., N. H., Ili, 49; Itin. Anton.; Tav. Peu-bing.), Levarnae (Anon. Ravenn., IY, 82), AijSapva (Tolom., Ili, 1, 45), Aipsptûva (Zosim., IX, 12), posta dagli itinerari sulla via Postumia; Per- di Scienze « G. Capellini », Spezia, 1937; cfi'. anche lo meni. cit. (li Ü. Formextini é di F. Gabotto, ed E. Curotto, Antichità classica (studi antiquari c storico-umanistici), Torino, 1940, pp. 18 sgg. Sulla tav. alimentaria, ved. sotto il cap. IX. (40) Notizie abbastanza abbondanti intorno a questa città si hanno negli scrittori antichi: cfr. Cic., Pliil., I, V, IX; ad AU., VI, 9; Livio, XXI, 25, 56, 57; XXVII, 10, 39, 43; XXVIII, 11; XXXI, 10, 21; XXXIV, 22, 56; XXXVII, 46; XXXIX, 2; Vei.leio, I, 14; Suet., Caes; 59; Otho, 9, Tacit., Ann,, XV, 47; Eût., II, 17-24, 32, 36, 49; Val. Mass., II, 11; IV, 7; VI, 2; Plin., N. E., Ili, 15; VI, 34; VII, 49; Vili, 40; Strab., V, 1; Arr., Bell, civ., I, 92; II, 47-48; Dion., V, 28; Plutar., Otho, 6-7; Dion. Cass., XLI, 26; XLVIII, 10; Tolom., Ili, 1, 46. Intorno ad essa cfr. F. Gabotto, meni, cit., pp. 261 sgg. e A. Boselli, Storie piacentine, 1, 109 sgg. (antiquato). (41) Quanto a Bohium (Bobbio) o Barderate (Bardi), cfr. Jung, in Mittheil. d. Instituts/. osterr Geschìchtsforali,, XX, 521 sgg., tradotto anche in ital. da A. Boselli in Arch, stor. prov. Farm,, N. S., IV, 57-91, 1906. Il Gabotto sostiene (meni, cit., pp. 160 sgg.) con plausibili ma non sioure ragioni, basate anche sulla storia medioevale, che Bohium appartenne al Tortonese, e quindi all’antioo municipio di Libarna, e non al Piacentino, e cioè all’antico municipio di Velleia. Di Maojodia non fa menzione, a quanto mi consta, alcuno degli studiosi moderni all’infuori del Kiepert (Alte Gcographie, p. 394, a. 2) e il Pedroli (Roma e la Gallia Cisalpina, Torino, 1893, pag. 17), ed è ricordata fra gli antichi solo da Polibio (II, 17, 7) che la pone nelle vicinanze dell’Appennino non lontano dal paese degli Anamari, noi quale sarebbe stato compreso (III, 34, 5) anche Clastidium (Casteggio). « Ma che città ora — osserva il Pedroli (loc. cit.) — questa Massaliat Non se ne sa nulla ed io per parte mia — prosegue lo stesso Pedroli — credo col Kiopert (loc. cit.) che questo nome sia nato o da un errore di Polibio stesso o degli amanuensi. Corto quel Massalia non può essere altro che una corruzione, per quanto a primo aspetto madornale, di ÏÏXcasviia e non può esser ritenuta altro che per questa città ». Ora è da notarsi che tanto il Kiepert che il Pedroli sono caduti, a causa di scarse conoscenze topografiche, in 1111 grave errore, non rilevato finora da alcuno studioso, perchè la MaooaXia di Polibio nulla ha da fare con IlÀaxsvxia, e deve evidentemente identificarsi col piccolo borgo di Marsaglia a circa 8 km. da Bobbio sul punto d’incontro della strada nazionale Genova-Bobbio-Piacenza, lungo la valle Trebbia, e la strada rotabile di recente costruzione (1939) proveniente dalla valle (lell’Avoto. Soggiungo elio in vicinanza di Marsaglia si trovano avanzi di costruzioni d’epoca romana che meriterebbero d’essere esplorati. 4 — 50 — tona (Liv., XXXII, 28; Plin., iV. H., Ili, 5, 7), Asptwv (Tolom., ivi), colonia militare di Cesare (C. I. L„ V, 2, 7375) col nome di Iulia Dertona (C. I. L., V, 2, 7370), chiamata poi Augusta Dertona (C. I. L., V, 2, 7373) sotto Augusto; Iria (Plin., ivi; Itin. Anton.; Tav. Peuting.), Elp'.a (Tolom., Ili, I, 35) (42); Clastidium (Liv., XLIII, 8; C. I. L., Y, 2, 7357), KXaarâ-ov (Polyb., II, 16, 12) e Litubium o Retorvium (Plin., XIX, 2, 1) (43). Sempre nella Liguria mediterranea, ad occidente dei Dectunini, nelle valli dell’Orba e della JBormida, si trovavano gli Statielli (Plin., N. H., Ili, 5, 7), Statiellates (Liv., Y, 2, 8), Statiellenses (Cicer., De divin., II, 11) con Aquae Statiellae (Cicer., ivi; Plin., XXXI, 32; C. I. L., Y, 2, 7555, 7116 ecc.) (44); Hasta (C. I. L., Y, 2, 7759; Plin., N. H., Ili, 5, 7) Asia (Tav. Peuting.), Astensis civitas (Cassiod., Var. hist., XI, 15), vA-:a (Tolom., Ili, 1, 45), colonia romana (C. I. L., V, 2, 7566, 7567) nella tribù Pollia (ivi) (45); Bodincomagus o Industria (Plin., N. H., (42) Ci dispensiamo dall’intrattenerci su Liburna, rimandando ai pregevoli studi di G. Monaco (Libarna, Forma Italiae, reg. IX, vol. I, Roma, 1936) e di N. Lamboglia (op. cit., pp. 243-274), dove sono ampiamente discusse tutte le questioni riguardanti l’argomento ed è vagliata con perspicua e acuta cura la bibliografia. Ved. anche E. Cu-rotto, Antichità classica, cit., pp. 9 sgg. Quanto a Dertona e Iria, oltre a questi due studi del Lamboglia e del Monaco, cfr. F. Gabotto, meni, cit., pp. 267 sgg. e passim. (43) Litubium o Retorvium, località lignre (Liv. XXXII, 29, 7), corrisponde probabilmente a Ritorbio; e, come sopra dicemmo, Polibio colloca Clastidium nel territorio degli Anamari, il che è confermato da Livio (XXIX, 11), che dice in tìallia ad Clastidium; ma più oltre lo stesso Livio (XXXII, 29, 7) si mostra d’opinione contraria, ponendolo in Liguria. Cercammo di spiegare la contraddizione, citando anche un testo di Plntarco, nella prec. nota 10: cfr. M. Baratta, Clastidium, cit. (44) Aquae Statiellae, moderna Acqui, prendeva il nome dalle sue sorgenti termali, già famose nell'antichità e dagli Statielli, che, secondo Livio (XLII, 7, 8, 21), sarebbero il solo popolo ligure sottomesso dai Romani senza combattere. Le iscrizioni ci indicano Aquae Statiellae come municipium (C. I. L., V, 2, nn. 1516 e 7153) nella tribù Trementina (ivi, n. 7175). Sulle antichità di Acqui, cfr. Biorgi, Antichità di Acqui, Tortona, 1818 (antiquato e impreciso) e V. Scati e G. Chiaborelli in Riv. storica-Alex*,, voli. V, X, XI, 1896-1902 e in Cazz. d’Acqui, XXIV, 4, 15, 16, oltre gli studi d’indole più generica cit. (45) Le iscrizioni ricordano in Ha sta — posta tra i municipi di Karreo e Pollentia ad occidente, Industria e Vardagate a settentrione, Valentia a oriente e il Tanaro a mezzogiorno — un magister Minervalis (C. I. L., V, 2, 7555) e collegi di fabri e di dendrophori (ivi e 7462 e 7457). Cfr. Gokiuni, Il comune Astigiano e la storiografia, Firenze, 1884, e Vassallo, Le falsificazioni nella storia Astigiana, in Archiv. stor. ital,, IX, XVIII, 75 sgg. L’iscrizione concernente i dendrophori fu pubblicata la prima volta da F. Euskbio in Gabia-ni,- Le torri ecc. in Bibl. società Storica Subalpina, XXXIII, 88, Pinerolo (Asti), 1906, 222 sgg. ìli, 5, 7; III, 16, 20) nella tribù Pollia (C. I. L., V, 2, 7464, 7469); Forum Fulvii (C. I. L., ivi); Vardagate (Plin., ivi) e Geste (C. I. L., V, lr 4484; V, 2, 7452) (46). Tra gli Statielli e le Alpi, citra Alpes (Plin., ivi), era stanziato l’importante popolo dei Bagienni (Sil. Ital., VIII, 607; Itin. Anton.) o Bagi-tenni (Plin., ivi; Yell. Patere., I, 15, 15; C. I. L., V, 2, p. 630), Battevo' o Bx-f's'vvoi (Tolom., IV, 6, 31) con le tribù degli Epanterii, dei Veraxen-tini, dei Venini e dei Venisani e i centri principali in Augusta Bagien-norum (Plin., N. H., Ili, 5, 49), A'Vfoòara Bauévwv (Tolom., IV, 6, 3), nella tribù Camilia (C. I. L., V, 2, 7153, 7604, 7670; XI, 1192) (47); Pollentia (Cic., De divin., XI, 13; Plin., N. H., Ili, 5, 7; VIII, 48, 73; XXXV, 12, 44; Sii. Ital., Vili, 598); IloXXsvu'a (Tolom., Ili, 4, 45) nella tribù Pollia (48); Alba Pompeia (Plin., ivi; Tav. Peuting.), yAÀt3a xoXama (Tolom., HI, 1, 45) nella tribù Camilia: tutte e tre municipi romani (C. I. L., V, 2, p. 874) (49) e le pure importanti località minori di Carrea Potentia (Plin., ivi), Biovia (An. Ravenn., IV, 33), e Coeba (Plin., N. H., XI, 42, 97) (50). Altre tribù meno conosciute e di posizione non sicura, situate sul dorso degli Appennini, erano quelle degli Esturri (Plin., N. H., Ili, 5, 47), dei Sati (ivi), dei Caburiati (ivi), dei Casmonati (ivi), dei Cerdenati (Liv., XXXII, 29), dei Celelati (Liv., XLI, 19), dei Briniati (Liv., XX.XI, 10; XXXII, 31) (51). (46) Quanto a Industria, Forum Fulvii, Vardagate e Ceste, cfr. Gabotto, mem. cit., pp. 280 sgg. (47) Cfr. D. Maxzone, I Liguri Bagienni e la loro Augusta, Torino, 1893, che contiene la bibliografia completa sull’argoinento; cfr. anche Ponzo, Scavi dell'aulica città di Augusta Bagiennorum ora Bene Vagienna, in Arte e Storia, XVI, 4, Firenze, 1897 e G. Alessandria e G. Vacchetta, in Not. scavi, 1896, 1897, 1898, 1900, e in Atti Soc. arclieol. Tor., VII, Torino, 1898-1904. (48) Cfr. Franchi Ferney, Dell’antichità di Pollenzo e dei ruderi che ne rimangono, Torino, 1809 (antiquato); Fornarese, Cenni storici su Pollenzo, Alba, 1856; Mathis, Vicende di Pollentia colonia romana in Piemonte, in Atti I\. Accad. Se. Torino, XXXVI, 525 sgg., Torino, 1901; E. Milano, La distruzione di Pollenzo, in BolleU. stor. bibliogr. e ubai p., VII, 99 sgg. e Breve storia di Pollenzo, Bra, 1902. Oltre, s’intende sempre, le op. più recenti già cit. (49) Cfr. F. Eusebio, Le mura romane di Allia Pompeia in Misceli, arch. stor. e filol. dedicata al prof. A. Salinas, Palermo, 1906; e inoltre dolla stesso Eusebio, Il musco storico-archeologico di Alba dai suoi principi a tutto il 1900, Alba, 1901 e II monumento sepolcrale romano scoperto presso Alba Pompeia nel 1897, Salnzzo, 1899. (50) Intorno a queste località, cfr. Gabotto, mem. cit., p. 287 e passim. (51) Cfr. Pedroli, op. cit., p. 20 e passim, dove si riportano e si discutono tutte — 52 — Tutfci i popoli liguri venivano poi più genericamente divisi in Alpini (Liv., XXVII, 56; XXIX, 5) o Capillati (Lucan., I, 442; Plin., N. H., Ili, 5, 7 e III, 20, 24), Aqoe? oi xo^rat (Cass. Dion., LIV, 24), abitanti sui declivi alpini, e Montani (Cicer., De leg. agr. in Ridi. Il, 35; Liv., XL, 41), abitanti sulle pendici degli Appennini (52). Da quanto fin qui siamo venuti analiticamente esponendo si può rilevare, quasi a modo di riepilogo, che, oltre a vari cenni isolati offeitici incidentalmente dalla tradizione letteraria classica e dalle iscrizioni intorno alle quali parleremo anche in appresso (53), in quattio autoii dell’età imperiale troviamo trattato di proposito il nostro argomento dal lato geografico-politico. Il primo tra questi è cronologicamente Stiabone (54), e ad esso tiene dietro Plinio, di cui, a somiglianza di altri studiosi (55), riteniamo utile riprodurre per intero il passo fondamentale intorno alla Liguria secondo la divisione augustea: Igitur ab arane Varo Nicea oppidura a Massaliensibus conditura, fluvius Palo, Alpes populique inalpini multis nominibus, sed maxime Capillati, oppidum Vediantiorum le fonti riguardanti le popolazioni della Lignria mediterranea e della Gallia Cisalpina. Cfr. anche Oberzixer, I Liguri antichi ecc., p. 113 sgg. (52) Secondo Plinio (.V. E., Ili, 135) e Dione Cassio (LIV, 24) i Capillati o abitavano le altnre liguri vicine al mare, e Plinio (ivi e XI, 130) fa distinzione tra essi e i Ligures Montani. Gli studiosi moderni, e tra essi specialmente il W alckenaer (Geographie ancienne des Gaules, I, 62), il Xissex (op. cit., 474), il Mommsex (C. I. L., ^ , -, pag. 903) e il Pedroli (op. cit.. pag. 52 sgg.,) hanno discnsso sull’argomento, affacciando opinioni diverse circa l’identità o meno dei Capillati e dei Montani. Ci pare di poter affermare, in base alle fonti classiche citate, che i nomi in parola sono etnici e che i Capillati prossimi al mare (Dioxe Cassio, ivi), non sono da confondere coi Montani abitanti deUe montagne del nord della Lignria. (53) Le iscrizioni riguardanti la Liguria (raccolte, com’è noto, nel C. I. L. vol. V, parte II e vol. XI, parte I, e nel supplemento del Pais, Roma, 1884, e inoltre in via di nuova pubblicazione nella raccolta Inscriptiones Italiae promossa dall Accad. nazionale) ci indicano come « municipia » Alba Pompeia, Albingaunum, Aquae Statiellae, Augusta Bagien-norum. Caburum (Forum Vibi), Genita, Industria, Luna, Novaria, Velleia, Placentia, Ticinum; come «coloniae» Augusta Taurinorum, Forum lulii Iriensium, Libarna, Luna, Dertona; come «civitates» Albingaunum, Cemenelum, Eborodunum, Salinae nelle Alpi Marittime, Poi-lentia e Vardagate. In esse troviamo inoltre memoria della « plebs urbana » di Alhin-gaunum, di Augusta Taurinorum, di Eporedia, di Industria, di Liburna, di Luna e di I irceli ae; e indirettamente della esistenza di una « res publica» ad Albintimilium, Pedona, Forum Ger[manianum~\, Karreo ed Basta, in quanto sono ricordati funzionari municipali in questa città. Sulle iscrizioni della Liguria ved. in appresso il cap. VII. (54) ç:-/.(üv, IV, 1 e 6; V, 1. (55) Cfr. fra essi F. Gabotto, meni, cit., pag. 238, e N. Lamboglia, op. cit., I, p. 25. - 53 — civitatis Cemenelo, portas Herculis Monoeci, Ligustina ora, Ligurum celeberrimi ultra Alpes Sallui, Deciates, Oxubi, citra Veneni, Esturi, Soti, Bagienni, Statielli, Binbelli, Maielli, Euburiates, Casmonates, Velleiates, et quorum oppida in ora proxime dicemus: flumen Rutuba, oppidum Albium (Album) Intimilium, flamen Merula, oppidum Albium (Album) In-gaunum, portus Vadorum Sabatium, flumen Porcifei'a, oppidum Genua, flumen Fertor, portus Delphini, Tigullia..., Segesta Tigulliorum, flumen Macra Liguriae finis. A tergo autem supra dictorum omnium Apenninus mons Italiae amplissimus, perpetuis iugis ab Alpibus tendens in Siculum fretum. Ab altera eius latere ad Padum amnem Italiae ditissimum omnia nobilibus oppidis nitent, Libarna, Dertona colonia, Iria, Vardacate, Industria, Polentia, Carreo quod Patentia cognominatur, Foro Fulvi quod Valentinum, Augusta Bagiennorum, Alba Pompeia, Hasta, Aquis (sic) Statiellorum. Haec regio ex descriptione Augusti nona est. Patet ora Liguriae inter amnes Varum et Macram CCXI milia passuum... Primum Etruriae oppidum Luna... Transpadana appellatur ab eo regio undecima, tota in mediterraneo, cui maria cuncta fluctuoso alveo important. Oppida: Vibi forum, Segusio. Coloniae ab Alpium radicibus: Augusta Taurinorum, antiqua Ligurum stirpe, inde navigabili Pado; dein Salassorum Augusta Praetoria, iuxta geminas Alpium, fores, Graias atque Poeninas. His Poenos, Graiis Herculem transisse memorant. Oppidum Eporedia, Sibyllinis a populo romano conditum iussis: eporedias Galli bonos equorum domitores vocant. Vercellae Libicorum a Sallis ortae; Novaria ex Verta-comacoris, Vocantiorum hodieque pago, non (ut Cato existimat) Ligurum; ex quibus Levi et Marici condidere Ticinum (56). Di poco anteriore, ma meno ricco di notizie che Plinio, è Pomponio Mela, presso il quale leggiamo: Deinde Luna Ligurum, et Tigullia et Genua et Sabatia et Albingaunum; tum Paulo et Varum, flumina, utraque ab Alpibus dilapsa, sed Varum, quia Italiam finit, aliquanto notior (57). Segue quindi, per ultimo in ordine di tempo, Tolomeo, che nella sua descrizione dell’Italia (58) nota sempre le distanze da luogo a luogo e comincia ponendo sulla sinistra del Varo i Massalioti con Nixata, (56) Plin., N. H., Ili, 5 (7), 8, 16 (20), 17 (21). I codici e le edizioni di Plinio presentano varianti diverse, tra le qnali abbiamo scelto qnelle che ci sono sembrate le migliori, seguendo generalmente il testo del I.vxus, Lipsia, Tenbner, 1870. (57) De sihi orlrn, II, 4-5. Nicaea è collocata da Mela (ivi) nella Gallia Narbonese. (58) rsoDYpa^ixfj; ótpyjYsasMj, III, 1, 2-4; 33-34; 45-46, — 54 — 'IlpaxXsonç XijtTjv, Tporcata Ss[3aaroô e Movotxou Xi[at]v. Nella LigUlia maiit-tima Tolomeo enumera ’AXjîtv-s^Xiov, ’AXpîvfaovov, l svoa, EtéXXa rcorajtoô sxpoXat, T’.YObXXia, ’AypoSinjç Xtp^v, ’Epfiwjc xoXrcoç, MaxpàXXa rcota|j,oô sx^oXai, iy.Tpoîîÿj Boâ'/.tou ~ora|ioò, Aoüva; nella Liguria meditelianea poi AtVfoóata Taoptvwv, A'Vfoóota Bartsvvtov, Etpta, Aîpuôva, IloXXsvxia, Aata v.oXwvia. "AX3a xoXovia. Atpapva, e inoltre nelle Alpi Marittime Oòivuov, SaXivat, KsjisvsXsov e Savittov (59). Altre fonti geografiche importanti specialmente per la precisazione delle varie località risultano gli « itinerari », e cioè il doppio Itinerarium Antoninianwm (60), VItinerarium Hierosolymitanum (61), gli itinerari dei vasi Apollinari in numero di quattro (62), la Tavola Peutinge-riana (63), la Cosmographia dell’Anonimo Ravennate (64) e la Geographia di Guido (65), che presentano tuttavia l’inconveniente di non fare distinzione alcuna tra le varie località di maggiore 0 minore momento ricordate. Faremo cenno delle indicazioni forniteci da queste fonti, quando parleremo delle vie romane della Liguria (66), e rimandiamo intanto il lettore alla più volte citata memoria di Ferdinando Gabotto sui Municipi romani dell’Italia occidentale alla morte di Teodosio il grande (67) per quanto concerne l’esame critico particolareggiato dei singoli « itinerari » e i confronti che tra essi si possono stabilire, poiché stimiamo (59) Tolomeo (loc. cit.) segna erroneamente nella Lignria interna anche ix^fSccTcc (Savona). Cfr. anche, per la descrizione della Lignria, il cosi detto Giulio Onorio e la Cosmografia viennese del sec. Vili, in Geographi latini minores, pp. 35 e 7J, ed. Riese, Heilbron, 1878, notando che queste due fonti sono di valore molto scarso. Ved. pure le op. cit. sopra nelle pp. 14 e 15. (60) Cfr. Vetera Romanorum Minerà, ed. Wesseling, Amsterdam, 1735, pp. 294-296, 344-347, 351-356, 501-504, 531. (61) Ivi, pp. 355-357 e in Corpus script, ecclesiast., XXVIII, 6, Vienna, 1898. (62) Furono rinvenuti in Vicarello (Lomellina) e segnano l’itinerario tra Roma e Gades (Cadice), notando Ticinum, Laumellum, Cuttias, Rigomagnum, Quadrata, Taurinis ecc.: ved. Gabotto, mem. cit., pag. 242. (63) Cfr. K. Mueller, Die Weltkarte des Castorius genannt die Peutingersche Tafel, Ravensburg, 1887. (64) Cfr. Miller, Dk dlteden ÌVeltlcarten, Stuttgart, 1898, lib. IV, cc. 30, 32, 33, pp. 249 sgg. e 269 sgg. (65) Oehler, in Rhein. Mus. fiir Pliilol. del 1842, p. 314. (66) Ved. il seg. cap. VII. (67) In Bibl. della Soc. Storioa Subalpina, XXXII, mem. VIII, Pinerolo, 1908, pp. 240-245. — 55 — cosa inutile e vana l’insistere su argomenti non essenziali già esaurientemente trattati. (68) ((>8) Riteniamo tuttavia utile riferire testualmente la numerazione, molto più ampia (li quella delle fonti analoghe, contenuta nella Cosmographia dell’Anonimo Ravennate: Alpe dina, item Gcssabone, Segatione, Occellio, Fines, Staurinis. Item iuxta Alpes est civitas quae dicitur Graia; item Arebribium; item Augusta Predilla, Bitricium, Eporeia. Item iuxta suprascriptam civitatem quae dicitur Staurinis est civitas quae appellatur Quadrata municipium; item Itigomagus, Costias, Laimellum, Papia quas dicitur et Ticinus, Lambrum, Quadratam, Padani. Item iuxta suprascriptam civitatem Eporediam non longe ab Alpe est civitas quae dicitur Victimula, item Oxilla, Staeiona, Magesa, Lebontiam, Bellenica, Bellitiona, Omula, devenue. Item ad partem inferiorem Italiae sunt civitates, idest Plumbia, quae confluatur ex praedicto territorio stacionensi. Item Vercellis, Novaria, Sibrium, Cornum, eie..., Lune, Pulitoli, Oìbolti, Rubra, Cornelium, Bulnetia, Boron, pexum (sic), 'lurres, Stacile, Apennina, Ad Umilia, Aci Solaria, Ricina, Genua, Ficlinis, (sic), Nabalia, Alba Docelia, Vico Virginis, Batis Saliatis, Albingaunus, Luco Vermanis, Costa Ballenis, Avinctimilio, Alpe maritima ubi iuxta litus maris Gallici completur Itala, Item iuxta fines Albius seu Albiliae (sic) supra-scriptae Italiae est civitas quae dicitur Ororiatis; item Albis, Potentia, Pollentino, Agodano, Armeni, Diovia, Capris. Item ad aliam partem Italiae est civitas quae dicitur Lavariae, quae confinalis existit praedictae civitatis Levaniis civitas quae dicitur Dertona; item civitas Placentia etc. Cfr. in appresso il cap. VIL Questa Cosmographia doU’Anouimo Ravennate è ritenuta del secolo VII dai suoi ultimi editori Binder e Partiiey (Berlino, 1890), mentre precedentemente si attribuiva al secolo X. Caratteristiche fisiche*e morali dei Liguri antichi. Un attento esame delle fonti antiche ci consente di tratteggiare, almeno nelle linee essenziali, quelle che furono ritenute le caratteristiche fisiche e morali dei Liguri (1). (11 Sono iu generale concordi le fonti che concernono quest’argomento e special-niente tra esse le più notevoli, quali Diodoro (IV, 20; V, 39) e Strabone (III, 4, 17; IV, 6, 2; V, 2, 1). Il passo che ci fornisce più ampie e importanti notizie è quello di Diodouo, V, 39: « I Liguri abitano una terra aspra e sterile; le loro necessità e quelle dei lavori d’utilità pubblica rendono la vita di essi dura e disagiata. Il paese è selvoso e alcuni fanno il boscaiolo, maneggiando tutto il giorno le grosse ascie di ferro; altri lavorano la terra, e spaccano i macigni: il suolo è tanto aspro, che in nessuna parte si può scavare senza trovar pietre. Con questo lavoro penoso gl’indigeni riescono a vincere la natura e a procurarsi scarsi raccolti. La continuità dello sforzo tisico e il nutrimento molto sobrio rendono i loro corpi magri e vigorosi. Alle fatiche degli uomini sono associate le donne, che lavorano con eguale costanza. Vanno continuamente a caccia e l’abbondanza di selvaggina compensa la penuria dei prodotti della terra. Anche la v'ita trascorsa in mezzo alle montagne coperte di neve e l’aggirarsi sulle alture senza vie rendono i loro corpi forti e muscolosi. Bevono generalmente acqua per mancanza d’altre bevande; mangiano la carne d’animali domestici e selvatici e si saziano di ciò che produce il paese; ma la loro terra è priva dei doni degli dèi Demetra e Dioniso. Passano la notte nei campi, raramente iu povere abitazioni o capanne, spesso in rifugi sotto roccie e in caverne naturali, che presentano un riparo conveniente. Quanto al resto la vita è primitiva e senza agiatezze. Le donne vivono in generale come gli uomini; e gli nomini hanno la robustezza e la forza delle fiere. Si dice che spesso nelle guerre il più vigoroso dei Galli è vinto in singolare tenzone da un gracile Ligure. I Liguri hanno armi più leggere di quelle dei Romani. Si riparano con uno scudo oblnngo, secondo il modello gallico; e portano la tunica sovrapposta a pelli d’animali. Alcuni, a contatto coi Romani, hanno modificato la loro foggia di vestire, - 57 — Erano una stirpe di uomini rude e tenace (Diod., V, 39, 5; Tac., Ilist., II, 13), di piccola statura e di complessione asciutta e nervosa (Diod., V, 89, 1-2; IV, 20, 1), con la capigliatura lunga e irsuta (Lucan., Phars., I, 442; Plin., N. H., Ili, 47 e 135; XI, 130; Liv., XXI, 32, 7), resistentissimi alla fatica, agilissimi e veloci nella corsa (Liv., XXIX, 2, 3; XXXIX, 16, 4; XL, 27, 12; Sil. Ital., Pun., VIII, 605; Avien-, Ora marit., 196), attivi, forti e intrepidi (Cic., De lege agr., 2, 25; Virg., Georg., II, 167; Liv., XXVIII, 48, 2; Diod., IV, 20; Strab., IV, 1, 28; V, 2, 1); le donne (2) possedevano generalmente il vigore degli uomini più robusti, e gli uomini eguagliavano quello delle belve (Diod., IV, 20, 1 e 2; Strab., Ili, 4, 17). Vivevano all’aperto in località cinte di mura (Strab., V, 2) o in caverne (Diod., V, 39, 5), divisi (Strab., IV, 6; Diod., IV, 20, 1) in tribù o genti ('fùXai); e traevano un’esistenza travagliata e dolorosa (Virg., Georg., II, 167) in lotta continua con gli elementi, con le roccie, le foreste, le belve e il mare (Strab., IV, 6, 21), resi resistenti dall’asprezza delle montagne (Liv., XXXIX, 32,3) e dalla stessa infecondità del suolo (Strab., IV, 6, 2; V, 2, 1; Diod., IV, 20, 1; Liv., XXXIX, 1, 5-6; Cic., De lege agr., 2, 35,' 95). Dediti alla pastorizia, si cibavano di carni e di latte (Strab., IV, rendendola simile a quella di ossi. Sono coraggiosi e valenti non solo in guerra, ma anche nelle circostanze poricolose della vita. Navigano per ragioni di commercio sul mare Sardo e Libico, esponendosi a gravissimi pericoli ». Analoghe notizie sui Liguri si trovano riepilogate in un altro passo di Diodoko (IV, 30): « I Lignri abitano una terra aspra e sterile. Gli indigeni con assidno lavoro e penosa fatica ne traggono qualche prodotto per vivere. I loro corpi souo vigorosi, una ginnastica continua li rende forti; lontani dalla vita molle e lussuosa, souo vivaci e svelti, eccellenti nelle lo'tte guerresche ». (2) A proposito della vigoria e della robustezza delle donne lignri, Diodoro (IV, 30) e Strabone (III, 4, 17) riferiscono l’episodio di cui riproduco qui la versione, snlla scorta di Strabone (ivi): « Dioe Posidonio che in Lignria il suo ospite marsigliese Carmolao gli fece il raeconto seguente: aveva preso a giornata per lavorare la terra uomini e donne insieme. Una delle donne, colta dai dolori del parto, s’allontanò alquanto e, dopo aver partorito, ritornò subito al lavoro per non perdere la mercede. Vedendo che essa soffriva, non si rese dapprima conto del fatto, ma, appena ebbe compreso di che cosa si trattava, la fece smettere, e le diede la sua mercede. Essa aveva portato il neonato presso una fontana, l’aveva lavato e avviluppato in foglie, reoandolo poi salvo in casa ». Tale è l’episodio ohe riportiamo senza generalizzarne ed esagerarne l’importanza, come fece C. Julmam, op. cit., pag, IgO, Cfr, Berthklot, meni, cit., pag, 27, notti, — 68 — 6, 2); e vengono ricordate da alcuni scrittori le pecore liguri di color fosco e il cacio cebano (Plin., N. H., V, 73, 2; Colum., VII, 2, 4; Sii. It., Puh., VIII, 597; Mart., XIV, 157; Strab., V, 25), i piccoli armenti (Colum., Ili, 8) e le minuscole, ma.molto pregiate, vacche alpine (Colum., ivi; Plin., N. H., Vili, 70, 4). Agricoltori poveri e assidui (Posid. apud Strab., V, 2, 1; Vari’., De re rust., I, 51) (3), coltivavano la segala, il miglio e il panico (Plin., N. Ii.t XVIII, 10, 4; 40, 1; 49, 6), le fave (Plin., N. H., XVIII, 26), l’orzo per farne bevande (Strab., IV, 6, 2), la vite e l’ulivo (Strab., ivi e II, 6, 2; Plin., N. H., XVII, 2, 10; XVII, 3, 1; XIV, 8, 7; XV, 18, 5; Colam., XII, 23, 24) e avevano, secondo dice iperbolicamente Strabone (V, 1, 12), botti più grandi delle case (4). Praticavano inoltre la pesca nel mare (A.elian., De nat. animai Ili, 26)' e nelle acque dei fiumi (ivi, XIV, 29), ed esercitavano il commercio (5) di legname, miele, uova, vino, olio, pelli, lane, tessuti di lana (Strab., IV, 6, 2) e di stoviglie di terracotta (Plin., N. H., XXXV, 6, 2), tra le quali erano specialmente rinomate, anche fuori della regione, quelle di Pollenzo (Mart., XIV, 157) (6). Quanto alle caratteristiche morali, alcuni scrittori romani accennano, non senza una certa acredine, alla rozzezza e alla malvagità dei Liguri, presentandoceli come non curanti della loro stessa storia, dell’arte e della scrittura, e come vani, astuti, mendaci e perfidi (Cat., ivi, e framm., 32 (7) in Serv., ad Aen., XI, 701; Liv., XXI, 34, 1; Virg., Aen., (3) Il territorio della regione ligure alle spalle del golfo di Genova era già descritto dagli antichi (cfr. Strab., IV, 6, 2; Floro, II, 19) come poco ferace, e Livio (XXXIX, 1) dice la regione montana aspera et inopi). Il snolo della valle padana era invece già considerato (Strab., IV, 1) assai fecondo. (4) Il vino della Lignria era ritenuto evidentemente di poco pregio, se è vero quanto si legge in Marziale (III, 82) che, cioè, l’astuto padrone di casa si faceva mescere ottimo vino vecchio, mentre ai convitati offriva vino ligustico, il quale, al dire di Columella (XII, 23), era asprigno e veniva condito con pece. (5) Su questo argomento, cfr. la mem. di G. Oberziner, 'I Liguri antichi e i loro commerci, cit. (6) Intorno alla vigoria dei Liguri come navigatori audaci che, sprezzanti del pericolo, percorrevano il mare, sn scafi primitivi fatti per lo più di tronchi d’alberi incavati, in cerca del pesce, ond’era generalmente povero il loro lido, cfr. Plutar., Paul. Aevi., 6. (7) Questo passo, già da noi riportato a pag. 11, n. 2, in cni Catone dice dei Liguri undc oriundi si ni nesciunt; inlitterati mendaeesqiie et vera minus meminere, è così — 59 - XI, 71516; Auson., Technop. IX, 23) o facendoceli apparire capaci di abili e insidiose trovate per uscire con singolare astuzia dagl’imbarazzi (Virg., Aen., XI, 699 sgg.; Sali., Iug., 93; Liv., XXIX, 2, 2; XL, 27, 9; Giust., XLIII, 4) (8). Ma viene anche segnalato il loro grande spirito d’indipendenza, che li rende, vincitori o vinti, sempre ribelli (Liv., XXXIX, 1; XL, 18), e fa sì che l’uomo singolo non abbia fama presso di loro, e non si ricordi il nome d’alcun capo, il quale, come Giugurta, Viriato, Vercingetorige e Arminio per altri popoli, li abbia guidati nelle lunghe e aspre lotte per l’indipendenza. Si riconosce inoltre il loro rispetto per l’ospitalità (Diod., IV, 19, 3-4) e per la libertà altrui, tanto che non si ricorda alcuna spedizione guerresca partita dal loro paese; l’attaccamento alla terra madre e ai sepolcri degli avi (Liv., XL, 38, 4) che ce li fa apparire quasi fatti, come dice il commontato (la ini arguto scrittore nostro, G. A. Barrili (Gli antichissimi Liguri, in Atonoo lig., XII, cit.): si può ammirare Catone il censore, e credere che, quando nscl in quella sfuriata contro i Liguri, accusandoli d’ignorare ciò che egli stesso mostrava di non sapere, avosso troppo attinto all’anfora animatrice (Hor., Carni., III, 21): Narratur et prisci Catonis Saepe mero caluisse virtus. Un sorriso, in mézzo a gravi discorsi, uon guasta; e giova ancora a rallegrar la materia. Nè i Liguri hanno perduto mai il loro buon umore per queste ingiurie erndite. Lo paiolo non ammazzano, per fortuna; e gli equivoci beffardi sulla Liguria duplex hanno spiegazione nell’ira contro un popolo che ferocemente sostenne la ragione della propria indipendenza, nè mai fu potuto domare interamente. Del resto i Romani proverbiavano nei Cartaginesi la fede Punica, nei Sanniti la fallaoia, e lo spergiuro nei Greci: gli è che, come fu osservato, essi nelle lunghe lotte per il raggiungimento del primato universale non poterono andare esenti dalle arti che sono proprio dei conquistatori, che hanno costume di chiamare la propria rapacità virtù, l’altrui resistenza delitto; di sdegnarsi che altri opponga l’arte alla forza, la sagacità all’ingiustizia, e di spacciare come inviolabili le condizioni imposte dalla violenza, montr’essi rompono apertamente le loro promesse e le leggi più sacre delle nazioni. Ma i Romani, nel loro alto senso politico di giustizia, ben tosto pigliavano il generoso partito di avere i popoli vinti per compagni e concittadini, anziché per sudditi: allora, come avvenne anche per i Lignri, l’odio nazionale si mutava in benevolenza, cessavano le contumelie, più irritanti talora delle ferite, e i .popoli godevano dei benefici della pax romana. (8) In taluni luoghi di scrittori antichi, i Lignri oi sono anche presentati come banditi e ladri crudeli e arditi, rapitori di bestiame, uccisori di stranieri e perfino antro-pofagi (cfr. Livio, XLI, 18, 3; Diod., IV, 19; Strab., IV, 6, 3 e 6; V, 2, 7; Mela, II. 78; Plutar., Paul. Aem., t>; Just., XLIII, 4), — 60 — Jullian, a immagine delle loro aspre montagne, duri e stabili come sono esse (9). Per mettere Analmente l’ordine nelle regioni dell’Appennino apuano, bisognò, come è noto (10), deportare altrove in massa le tribù che più gagliardamente avevano resistito (Liv., XL, 38 e 41), e più volte si dovettero mutare i confini di altre (Plin., N. H., Ili, 5, 45): cacciati dal loro paese vi ritornano, appena possono (Avien., Ora marit., 145) (11) e il più grande castigo che loro si possa infliggere è quello di allontanarli per sempre da esso (Liv., XL, 38, 4): un’intera tribù sub radice Alpium si suicida stoicamente tutta quanta piuttosto che perdere la libertà propria (Oros., V, 14, 5). Ecco le caratteristiche fisiche e morali dei Liguri antichi, e in particolare di quelli delle Alpi e degli Appennini, quali ci fu possibile di sinteticamente tracciarle sulla scorta delle fonti classiche con diligenza interrogate. Da queste non ci siamo discostati, in omaggio alle ragioni metodologiche esposte nelle Premesse al nostro lavoro e per non correre, cioè, il rischio di cadere, specialmente nel campo di questo capitolo, in apprezzamenti arbitrari, come purtroppo è avvenuto ad alcuni studiosi locali. (9) Cfr. C. Jullian, op. cit., I, pag. 134. (10) Cfr. il 8eg. cap. V. (11) I Ligari esercitano la mercatura e la pesca anche in mari lontani, ma ciò non li fa mai dimenticare il focolare domestico e le tombe degli avi, da cui ricusano recisamente d’allontanarsi per sempre (Livio, XL, 38, 4). Abbiamo già riportato sopra (p. 21, u. 71) la traduzione deH’importante passo di * Avieno (Ora maritima, 129-145), e riprodurremo ora il testo nella parte che concerne lo stanziarsi dei Liguri prima sulle ardue montagne e poi nella regione marittima della loro terra (w. 135-145): Liguresque pulsi, ut saepe fors aliquos agit, venere in ista, quae per horrentes tenent plerumque dumos: creber hie scrupus locis, rigidaeque rupes atque montium minae caelo inseruntur: et fugas gens haec quidem diu inter arta cautium duxit diem, secreta ab undis; nam sali metuens erat priscum ah periclum: post quies et otium securitate rohorante audaciam persuasit aliis devehi cubilibus atque in maritimos jam locos descendere. -tfl- Vi è tuttavia uno tra questi, il marchese Girolamo Serra, che, basarl-dosi — pur senza citarli — sui testi classici, scrisse su l’argomento una veiamente bella pagina, il cui contenuto ci piace riprodurre qui con lievi ritocchi e brevi nostre annotazioni, anche perchè fa parte di una vecchia opera (12) ormai rara e di non agevole consultazione. Ciò facciamo sia pure a costo di ribadire in parte, sotto altra forma, quanto sopra già abbiamo detto, sperando di far cosa non sgradita al lettore desideroso di più ampie informazioni. Gli antichi abitanti della Liguria si mantennero a lungo nel primitivo stato (13). Gli scrittori greci e romani (14) li rappresentavano amatori in ogni tempo di libertà, affezionati alle loro rupi, nemici dell’ozio e degli agi (15). Senza gravi fatiche e assiduo lavoro il loro terreno aspro e povero (12) G. Serra, La storia dell’antica Liguria e di Genova, Torino, Pomba e4) Pais, Dalle guerre puniche a Cesare Angusto, cit., XIV, pp. 477 sgg., Roma, 1918. Guerre di Roma per la conquista della Liguria. Le prime lotte che i Liguri, durum in armis genus (Liv., XXI, 26; XXVII, 48), avrebbero sostenute, sarebbero quelle favolose contro Ercole (Aesch.'apud Strab., IV, 1, 7; Apollod., Fr. hist. Gr., 140; Plin., N. H., Ili, 5, 5; Amm. Marc., XY, 10; Solin., II, 4; Eust., ad Dion. Perieg., 76; Dionys., I, 41; Diodor., IY, 19) e quelle a favore di Enea (Virg., Aen., X, 185 sgg.); quelle coi Sicani nell'Iberia (Tucid., VI, 2, 2), coi Celti (Avien., Ora marit., 132 sgg.), cogli Umbri, cogli Etruschi e coi Galli (Liv., XXI, 39) e coi Greci di Marsiglia (Strab., IV, 1, 5), e anche lotte vicendevoli fra tribù e tribù degli stessi Liguri (Liv., XXVIII, 46) (1). Ma le guerre più lunghe e accanite furono quelle intraprese per resistere contro gli attacchi di Roma (2). (1) Sulla vigoria militare dei Liguri, cfr. ancora Dio»., V, 39; Sil. Ital., Pun., Vili, 605. Anche come potenza marittima, i Lignri ebbero per un certo tempo grande importanza iu tutto il bacino occidentale del Mediterraneo fino alle colonne d’Èrcole, come si rileva da Plutarco (cfr. Paul. Aemil., 6: xóxs Ss -/.ai xrjç 3-aXâxxrjç *à|MVOt oxâcpsoi keipaxiy.oiç àyrjpoOvzc v.v. wepiéxMitov xàç inopia; a/pi. aiy.òjv 'HpaxXsiwv àvaìtXéovxeg (a. 180) e da Diodoro (V, 39, 8), che parla della valentia marinara dei Lignri e dell’espansione dei loro commerci specialmente sul mare Sardo e Libico: sjinopsuojievoi yàp nXéovai zo SapSo-VIov y.ai zò ÂtPoxôv JtsXayoj, èxoijìoj; èa'jxoù; fwtxoOvxe; sìs àpoYjfrrjxo’Jì xtvSóvopg. Leggiamo poi in Livio (cfr. XL, 18, 5, a. 181: Massilienses de Ligurum navibus querebantur) che esistevano rivalità marittime tra quei di Marsiglia e i Liguri, e.che i Romani dovettero provvedere (a. 176) a sorvegliare le coste dalle loro scorrerie per mezzo di duoviri navali (cfr. XLI, 17, 7: senatus iussit et duumviros navales cum classe Pisas ire, qui Ligurum oram maritimum quoque terrorem admoventes, circumvectarentur). (2) Per le guerre dei Romani contro i Liguri, oltre alle notizie contenute neile opere d’indole generale e specialmente presso il De Sanctis (St. d. Som., Ili, P- I, PP- I Liguri sono ricordati, insieme coi Cantabrici nel nord della Spagna, quali uno dei popoli che più a lungo defatigarono in combattimento gli eserciti romani. Come osservano Livio (XXXIX, 1), Floro (II, 3), Diodoro (II, 19), Strabone (V, 20; V, 29) e Plutarco (IV, 6) sembrava che essi avessero l'ufficio di tenere in esercizio le milizie della repubblica nel tempo in cui esse non orano impegnate in grandi guerre; e le guerriglie contro questo nemico leggero, veloce, sempre pronto all’assalto, erano rese particolarmente gravose e difficili dalla natura dei luoghi aspri e montuosi e pieni di nascondigli e dalla impossibilità di fare accompagnar l’esercito dalle necessarie colonne di vettovagliamento (3). Non è ben definita e sicura la cronologia di queste lunghe guerre, 290 sgg. e IV, p. I, pp. 417 sgg.) e il Pais (Stor. di Roma durante le guerre puniche, I, pp. 153 sgg. e p. 315), cfr. G. Obkrziner, Le guerre di Augusto ecc., cit., Roma, 1900, HI,. IV; A. Solari, Delle guerre dei Romani coi Liguri ecc., in Studi Storici per l’ant. classica, 1 ("1908), e N. Lamboglia, La prima fase delle guerre romano-liguri in « Collana atorico-arolieologica della Liguria occidentale », vol. I, 6. (3) Cfr. Floro, I, 19: Ligures inim Alpium iugis adhaerentes inter Varum et Macram fumei i implicitosque dumis silvestribus maior aliquanto labor erat invenire quam vincere. Tutum locis et fuga, durum atque velox genus, ex occasione latrocinia magis quam bella faciebant. I fatti dimostrano però che i Liguri possedevano valore guerresco non inferiore ai Romani, e che erano forniti di prudenza militare e di arte tattica considerevole ricavala probabilmente dai contratti avuti per lungo tempo con gli Etruschi e coi Focesi di Marsiglia. È inoltro da notarsi che, secondo si rileva da Livio (XXXIV, 56, 2: Ligurum vigiliti mi lia armatorum coniuratione per omnia conciliabulauniversae gentis facta) e da Strabone (IV, 203), essi erano rinniti in una confederazione politica, che accresceva la loro potenza militare. Risulta da Livio (XXXIX, 1) che le guerre contro i Liguri erano piti aspre di tutte le altre combattute dai Romani e prive affatto di compensi finanziari: Dum haec, si modo hoc anno acta sunt, Romae aguntur, consules ambo in Liguribus gerebant bellum. His hostis velut natus ad çontinendam per magnorum intervalla bellorum Romanis militarem disciplinam erat; nec alia provincia militem magis ad virtutem acuebat. Nam Asia et amoenitate urbium et copia terre-strium marïtimarumque rerum et mollitia hostium regiuque opibus ditiores quam fortiores exercitus foeiebat... In Liguribus omnia erant, quae militem exercerent, loca montana et aspera, qrne et ipsis capere labor erat et ex praeoccupatis deicere hostem; itinera ardua, angusta, infesta insidiis; hostis levis et velox et repentinus, qui nullum usquam tempus, nullum locum quietum ac securum esse sineret; appugmtio necessaria munitorum castellorum, laboriosa simul periculosaque; inops regio, quae parsimonia astringeret milites, praedae haud multum praeberet. Itaque non lixa sequebatur, non iumentorum longus ordo agmen extendebat. Nihil praeter ama et viros omnem opem in armis habentes erat. Nec verax unquam cum iis vel materia vel causa belli. — 68 — che furono tenute in poco conto dagli storici di fronte alle altre maggiori combattute da Roma (4). Possiamo, attenendoci alle scarse fonti, tracciarle così: A. 517 Sotto i consoli Cornelio Lentulo e Fulvio Fiacco, si combatte 237 a. Cr. ja pnma guerra ligustica (Liv., per. XX; Floro, III, 3; Eutrop., Ili, 2), della quale non si hanno che scarse notizie, essendo perduto il XX lib. di Livio che ne trattava (5). Sarebbe stata lunga e difficile (Floro, I, 19, = II, 3), e Fulvio Fiacco avrebbe vinto i Liguri, incendiando le selve e circondando col fuoco le loro spelonche: ...Fulvius latebias eorum ignibus saepsit (Floro, ivi). L'altro console, che aveva pure felicemente combattuto (6), ottenne l’anno seguente (236) gli onori del trionfo sui Liguri (C. I. L., I. 2, p. 453): P. Cornelius L. f. Ti. n. Lentulus an. DXV(I) Caudinus cos. de Liguribus [triumphavit] idib. inter (kal.). A. 521 I Liguri, non domi, riprendono le armi, e viene spedito contro 233 a. Cr. essj Q. Fabio Massimo Verrucoso, che li vince, infliggendo a essi molte perdite, e ottiene il trionfo (Plutar., Fab. Max., 2; (4) Non è tuttavia da credersi che fosse esiguo il numero delle forze messe in campo dai Romani contro i Liguri e di quelle da questi contrapposte, perchè tali forze, secondo osserva anche il Pais (Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, parte II, cit., pag. 549 sgg.) non sono inferiori a quelle indicate per gli eserciti che combattevano in Ispagna e in altri paesi più estesi. Ritorneremo su questo argomento, esponendo dati specifici, quando parleremo di singoli fatti d’armi. (5) Nella perioca di questo libro, tra fatti avvenuti dal 241 ni 238, si lia la precisa espressione: adversus Ligures tunc primum exercitus permotus est, senza accenno però a guerra aperta. Il Rossi (Storia della città di Albenga, pag. 51) e il Lamboglia (meni, cit., pag. 3), che si basa specialmente sur un passo di Zonara (VIII, 18), osservano che anche Tiberio Sempronio Gracco, console nel 238, combattè vittoriosamente contro I Liguri; ma non risulta se egli abbia combattuto in qualità di console o di proconsole, e resta, comunque, inconstrastato che il primo trionfo sui Liguri (a. 236) è quello di Cornelio Lentnlo: poniamo perciò, d’accordo con le altre fonti e con altri critici moderni, la data dell’inizio delle guerre liguri al 237. Quanto al passo di Floro (I, 19 = II, 3), ved. piti sotto la n. 34, a pag. 77. (6) Cfr. Eutrop., Ili, 3: Cornelio Lentulo, Fulvio Fiacco coss... (a. 237), etiam contra Ligures intra Italiam bellum gestum est et de his triumphatum; cfr. anche Zonara (Vili, 18): rfir] Ss -cffiv raXxzM&v Xt>9-lvta>v KoXi^m ó AévxouXog èatpàxeuaev ìm Ai-paS> VMÌ TO’J£ npoonliizOYcaç YjfiûveTO xat xiva spùjiaTa Ttapsatr/aaza. - 69 — Dione, Fragm., 45). Trionfo (C. I. L., I2, p. 453): Q. Fabius Q. f- Q- n. Maximus anno DXX (I) Verrucosus cos. de Liguribus h. febr. Cfr. anche gli Elogia, C. I. L, I, p. 288: Q. F(abius) Maximus dictator bis cos. V censor interrex II aed. cur. q. II tr. mil. II pontifex augur primo consolatu Ligures subegit et ex iis triumphavit (7). A. 53i Non si ha nelle fonti storiografiche notizia di fatti d’arme avve-223 ». Cr. nuti in tale anno; ma i Fasti triumph. registrano (C. I. L., I2, p. 453) un trionfo di P. Furio Filo sui Liguri: P. Furius Sp. f. M. n. Philus, cos. anno DXXX (I) de Galleis et Liguribus IIII idus mari, (triumphavit) (8). a. 536 L’armata navale di P. Cornelio Scipione costeggia per alcun 218 ». Cr. tempo la Liguria, ed eseguisce uno sbarco alla foce del Rodano (Liv., XXI, 26) (9). A. 537 I Liguri accolgono gli ambasciatori cartaginesi che venivano 217 Cl- a domandare, con insistenza, aiuto d’armi e di vettovaglie (Liv., XXII, 33) (10). A. 547 Nella primavera giunge a Roma la notizia che ottomila Ligures 207 ». Cr. Alpini armati attendevano Asdrubale al passaggio delle Alpi per congiungersi con lui (Liv., XXVII, 39). (7) Sul trionfo (li Q. Fabio Massimo, che sarà poi il famoso cuntactor, cfr. anche De vir. ili., 43, 1: Q. Fabius Maximus... consul de Liguribus triumphavit. Le sue gesta contro i Liguri sono ricordate, oltre che da Plutaiîco (loo. cit.), anche da Zonara (loc. cit.) e da Cicerone, De nat. deor., II, 23: vides Honoris (templum) a Marcello renovatum quod multis ante annis erat bello Ligustico a Maximo dicatum. (8) Si noti che Furio Filo trionfa sui Galli e i Liguri, evidentemente dopo aver sconfitto i Galli e i Liguri forse alleati contro Roma, mentre Lentulo e Fabio Massimo avevano trionfato solo sui Liguri. Cfr. Livio, XXXVI, 39, 6: bella Ligurum Gallicis sem-per iuncta fuisse; eas inter se gentes mutua ex propinquo ferre auxilia. (9) I Liguri (Livio, ivi) o non furono in grado di molestare tale flotta o non credettero opportuno il farlo. (10) Osserviamo che Livio ci parla spesso, narrando la guerra annibalica, dei Lignri che tenevano dalla parte di Cartagine; ma dove egli li ricorda, sia per un’ambasceria loro inviata (XX, 33, 4), sia per l’arruolamento di essi fatto da Asdrubale (XXVII, 39, 2), sia per l’approdare di Magone nel 205 alla loro spiaggia (XXX, 1), non appaiono mai i Liguri come nazione; gibbone solo si tratta di fatti individuali o peculiari a qualche tribù. Risulta, comunque, che i Romani domandarono in questa occasione conto ai Liguri degli aiuti dati ai Cartaginesi (Livio, XXII, 33: alii (missi legati) in Ligures ad expostulandum, quod Poenum opibus aiixiliisque suis iuvissent); e ciò sta a significare clje le relazioni tra loro non erano del tutto ostili. — 70 — Questi Liguri combattono valorosamente al Metauro contro i Romani insieme con quegli Ispani e Galli Cisalpini che avevano seguito il duce Cartaginese (Liv., XXVII, 49). Non è noto se i Genuates e gli Apuani e in genere i Ligures Montani già seguissero in questo tempo le parti dei Romani o se siano diventati ad essi favorevoli solamente dopo la battaglia del Metauro (11). a. 5« Il cartaginese Magone nell’estate di quest’anno, movendo dalle •205 h. Cr. galeari con un’armata di circa trenta navi rostrate e molte onerarie e avendo seco dodicimila fanti e duemila cavalieri, occupa improvvisamente Genova, priva di difensori (Liv., XXVIII, 46) (12). Manda quindi la ricca preda a Savona, dove la fa guardare da dieci navi; e si allea con gl’Ingauni in guerra con gli Epanterii Montani (Liv., XXVIII, 46), trattenendosi perdue anni nella Liguria occidentale (13), dove gli sono mandati rinforzi di navi da Cartagine (Liv., XXIX, 5). a. 55i Magone, vinto scoraggiato e ferito, si rifugia presso gl’Ingauni, 203 a. Cr. dove riceve da Cartagine l’ingiunzione, fatta contemporaneamente anche ad Annibaie, di ritornare immediatamente in patria e di là s’imbarca per l’Africa (Liv., XXX, 19). A questo punto cessano i rapporti tra i Liguri Alpini e i Cartaginesi (14). a. 552 Nei patti Armati tra Roma e Cartagine dopo la battaglia di 202 a. Cr. Zama, ve n’era uno per cui i Cartaginesi si obbligavano a non (11) Secondo la narrazione li vi ana (XXVII, 39), tanta fa la strage di valorosi soldati in questa battaglia, in cui cadde lo stesso Asdrubale, che i Romani ne ebbero tale sazietà da risparmiare volontariamente una schiera di Liguri e Galli Cisalpini, perchè potessero portare ai loro connazionali l’annunzio della potenza romana. (12) Liv., XXVIII, 46, 7-8: Eadem aestate Mago, Hamilcaris filius, ex minore Ba-liarum insula, ubi hibernabat, inventate hcta in classem imposita, in Italiam triginta ferme rostratis navibus et multis onerariis duodecim milia peditum, duo ferine equitum traiecit, Genuamque, nullis praesidiis maritimam oram tutantibus, repentino adveutu cepit. Ciò dimostra all’evidenza che in questo tempo Genova era amica dei Romani in guerra con Cartagine. (13) L’armata di Magone era tenuta in forze probabilmente a Vada Sabatia: cfr. Liv., XXIX, 5: inter Albingaunos Ligures Genuamque accesserunt. (14) Anche i Lignri della riviera occidentale, veduta la disfatta dei Cartaginesi e la loro fuga dall’Italia, prudentemente vengono arrendendosi ai Romani: cfr. Liv., XXX, 19: Ligures ipsi, relinqui Italiam cernentes, in eos quorum mox in potestate futuri essent (i Romani) deficerent. reclutare più soldati Liguri (Polyb., XV, 1 sgg.), il che dimostra che gli aiuti prestati dai Liguri e specialmente dagli Ingauni alla rivale di Roma durante la seconda guerra punica riuscirono dannosi ai Romani. A. 553 Invece di far vendetta contro gl’Ingauni, i Romani, a mezzo 201 a. Cr. 32 II proconsole C. fcestio Calvino sconfigge i Liguri nel territorio 122 a. Cr. dove sorge poi Aqme ^xtiae (Liv., ep., LXI). Trionfo (C. I. L., ivi): G. Sextius G. f. G. n. Calvin. proco(s. anno DCXXXI) de Liguribus Vocantieis Sulluveisq. A. 637 II proconsole Q. Marcio Rege, vincendo i Liguri Stoeni, estende ii7 a. Cr. ii confine della provincia e trionfa sui Liguri (C. I. L., ivi): Q. Marcius Q. f. Q. ». Rex procos (an.) DCXXXVI de Liguribus Stoeneis III non. De(c). tutto fiaccata tra il 197 « il 172 a. C,,e clic quelli successivi finn al 115, riferendosi ad azioni di poco momento, sono messi perfino in derisione dagli scrittori (cfr. Cic., Unii.. 7.^, 255-256; Liv., XXXIII, 22, 9). Ved. Pais, op. cit., pag. 521. (32) Cfr. Floro, III, 2: Pnma trans Alpe* arma nostra sensere Salyi, quum de incursionibus eorum fidissima atipie amicissima civitas Massilia quereretur. (33) Secondo riferisce Orosio (V, 4), Appio Claudio, combattendo contro i Salassi, fu dapprima sconfitto, e perdette cinquemila uomini; ma, ritornando poi nll’attaceo, li vinse, infliggendo ad essi altrettante perdite. Sulle guerre contro i Salassi, stanziati nella Val d’Aosta e perciò estranei alla Liguria, cfr. Oberziner, Le guerre d>Augusto ecc., cit., cap. II. (34) Cfr., epit., LX: 1 ep., 89 a. Cr. LXXIII). E’ ovvio notare, a modo di conclusione, che i conflitti che si svoL gono dopo la pace con gl’Ingauni (181 a. C.) e la depoi tazione degli Apuani nel Sannio (180 a. Cr.) sono di lieve importanza, e che con tali date si possono ritenere definitivamente vinti e domati i Liguii e specialmente quelli della regione litoranea. La pacificazione complela, però, e la perdita irreparabile dell’indipendenza senza alcuna speranza di riscossa da parte di tutte le tribù Liguri, comprese quelle alpine, si possono ritenete definitivamente avvenute nell'anno 7 a. Cr., quando in onore di Augusto fu innalzato alla Turbia presso Monaco, come ricordo delle vittorie del principe in questa regione e dell’unificazione data all Italia?, diis sacra (Plin., N. H., Ili, 20), entro i suoi naturali confini, il famoso trofeo delle Alpi. Questo trofeo (35), che dominava dall’alto sul mare Ligustico quasi a dimostrare la potenza grande del nome romano all’epoca della pax Romana Augusti, diceva ai Liguri vinti che non era per essi un disdoro proseguire il cammino sotto l’egida della grande e potente domi-natrice, rerum domina, che aveva vinto e pacificato il mondo. (35) Cfr. N. Lamboglia, Il trofeo d>Augusto alla Turbia, Bordighera, 1938, e v. sopra pag. 45, nota 23. VI. I Liguri negli eserciti romani. Se è vero che nessun altro popolo, eccettuati forse i Cantabrici della Spagna settentrionale, affaticò tanto, durante le guerre di conquista, gli eserciti romani, quanto i Liguri; è pur vero che questi combat- . tenti coraggiosi e audaci, sprezzanti dei pericoli e della morte, spesso vinti e sempre ribelli, meravigliosi per la loro tenacia, diventano col volgere del tempo per Roma amici fedeli, su cui essa può, senza timore, pienamente contare (1). Già nell’anno 168 av. Cr., alla battaglia di Pidna, noi li vediamo combattere valorosamente agli ordini di Paolo Emilio (Liv., XLIY, 35; Polyb., XXIX, 6); le cohortes auxiliariae Ligurum (2), in numero di (1) La preparazione militare dei Liguri risulta considerevole fino da antichissimi tempi: leggiamo infatti in.Erodoto (VII, 165) che essi erano soliti combattere qnali mercenari negli eserciti (li Cartagine. Analoghe notizie abbiamo pure in Polibio (I, 17, 1) per i tempi posteriori che riguardano la prima guerra punica e la fine di questa guerra (I, 67, 7). Anche uelPesercito lasciato da Annibaie a suo fratello Asdrubale in Ispagna si trovavano trecento fanti liguri (Polyb., Ili, 33, 15 e 16). Secondo Diodoro (XXI, 3) poi, mercenari liguri si trovavano negli eserciti dei tiranni Sicilioti al tempo di Agatocle. Avrebbero però appreso l’arte del guerreggiare dai Romani (Plut., Aém., 6): jiàx’-Mov xod 9-unoiSsç sfrvos, i|j.7t=ipw; 8à tcoXe|ieiv 6iSaoxó|isvov ÙTtò 'Pwjiaiwv Sia ttjv ysuvia^iv. Cfr. anche Diod., V, 39. • (2) Circa queste cohortes si vedano le notizie raccolte in P. W. R. Ene., VII, col. 300 sgg., Intorno alla vigoria militare dei Liguri, cfr. Diod., V, 39; Virg., Georg., II, 168; Sil. Ital., Pimi., Vili, 605. Merita particolare menzione quanto si legge in Sallustio (De b. Ing., 93 e 94) circa un quidam Ligus ex cohortibus auxiliariis miles gregarius, il quale con un molto ingegnoso e abile stratagemma riesce a far conquistare dalle truppe di Mario un’importante posizione fortificata in prossimità del fiume Molueea — 80 — quattro, si trovano poi a lato dei Romani nella guerra contio Giuguita nel 110 av. Cr. (Sali., De bello Iugur., 38 e 76), e vi prestano molto utili servigi (ivi, 93); troviamo inoltre dei soldati Liguri tra le file dell’esercito di Mario nel combattimento di Aquae Sextiae contio i Teutoni (Plutar., Mar., 19). I Liguri continuano poi, anche in appresso, a prendeie viva pai te agli avvenimenti militari della metropoli; e, sebbene le notizie ìiguai-danti gli ultimi anni della repubblica e i primi secoli dellimpeio scai-seggino in proposito, ci consta che durante le guerre civili Albintimilium parteggiò attivamente per Cesare, e furono perseguitati e uccisi dalla fazione Pompeiana gli amici di lui, che l’avevano ospitato duiante il suo passaggio nella marcia alla volta della Spagna, il che diede anche luogo a una sollevazione della città (Cic., ad fainil., Vili, 5). • È noto inoltre che Augusto (Monum. Ancir. e Trof. della Turbia; Suet., August., 20) nel 14 a. Cr. combattè vittoriosamente contro i popoli delle Alpi Marittime (C. I. L., V2, 7817 e Dis. epigr. de Ruggiero-Cardi-nali, Alpinae gentes), e che per assicurarsi l’obbedienza dei vinti e rafforzare i confini d’Italia, fondò sul lato occidentale della Liguiia la pio-vincia delle Alpes maritimae (C. I. L., V2, p. 902 sgg.) retta, secondo l’uso in vigore per le terre fuori d’Italia, da un prefetto dell oidi ne equestre (Strab., IY, 6; C. I. L., II, 1838; Y2, 7878, 7880, 7881; XI, 7506, Plin., N. H., X, 48 (3). Posteriormente, durante la guerra tra Ottone e Yitellio, che si svolse in parte sulla riviera ligure occidentale, Albingaunum fu favorevole a Ottone, e Albintimilium con altre città più prossime alle Alpi a Vitellio (Tac., Hist., II, 12): la città di Albintimilium venne ferocemente saccheggiata (69 a. C.) dagli Ottoniani (Tac., ivi, II, 13) e non potè sottiaisi al furore militare neppure Giulia Procilla, la quale durante la devasta* zione venne uccisa nella sua villa (Tac., Agr., 7). Un altro avvenimento dell'epoca imperiale tarda è ricordato da un’iscrizione, e cioè la distruzione di Albingaunum per opera dei Visigoti e la ricostruzione di essa disposta da Costanzo, collega di Onorio nell’impero (C. I. L., V2, 7781). sni confini tra il regno (li Gingnrta e qtiello di fcocco. Kimaiidiamo il lettore alla vivacé e interessante narrazione di Sallustio, da cui si rileva l’intelligenza e il coraggio del gregario ligure che proinnove e dirige felicemente l’operazione bellica. (3) Cfr. Oberziner, Le guerre di Augusto contro i popoli Alpini, Roma, Ì900, cit.-, pp. Ili sgg. — 81 — Le cohortes auxiliariae Ligurum sono, peraltro, ricordate spesso tra le milizie imperiali dagli scrittori (Tac., Jlist., II, 14) e specialmente nelle iscrizioni: C. I. L., III, p. 1151:1 Ligurum, 463; I Ligurum et Hispaniorum civium Romanorum, a. 116, in Germania; II gemina Ligurum et Corso-rum, col richiamo ai diplomi militari di Traiano XXVII a p. 870 e di Nerva a p. 861. C. I. L., V, p. 1174:1 Ligurum et Hispaniorum civium Romanorum, 7896 (cfr. p. 931), 7200 (cfr. p. 903); I Ligurum, 7820, 7885, 7890, 7891 (cfr. n. 7899); Ligurum, 7426, 7887, 7897, 7898. C. I. L., VI, 3925: Piaceli, mil. coli. V Ligui vix. ann... mil. ami... (4) C. I. L., XI, 838: h. Faiano L. f. Sabino aed. flam. patr. col. trib. coli. prim. Ligurum. C. I. L., X, p. 1127: II gemina Ligurum et Corsorum (pedites et equites), cfr. nn. 7883, 7890, a. 88 in Sardegna, a. 96 in Sardegna. C. I. L., Ili suppl. p. 1979: Ligurum et Hispaniorum et civium Romanorum, dell’epoca dell’imperatore Adriano (5). Inoltre nelle « Notizie degli scavi », a. 1878, p. 274, abbiamo un cenno alle coorti miste (/ Sardorum et corsorum, II gemina Ligurum et Corsorum) comandate da Herio Prisco, e al congedo accordato dall’imperatore Domiziano a un soldato che in esse aveva militato venticinque anni (6). Nelle stesse « Notizie degli scavi », a. 1892, p. 105, è riportata anche un’iscrizione d’importanza militare scoperta in Sardegna: vi si tratta ancora della II colior. gemina Ligurum et Corsorum (C. I. L., X, 7883, 7890), la quale, come generalmente simili coorti, era composta di equites e di pedites. Circa il servizio militare di Liguri neH’esercito romano si può confrontare la seguente iscrizione funeraria riportata in Ephem. epigr., VI, 70: Dis manibus. T. Valerio T. f. secundo milit. coliortis VII T. Vale- (4) Si tratta qui tl’una iscrizione frammentaria, clic non si riesoe a integrare convenientemente; ma che sembra riferirsi a nn soldato d’origine ligure. Cfr. P. W. R. Enc., loc. cit. nella prec. n. 2, p. 79. (5) Tntte queste iscrizioni non dicono iu sè molto, ma denotano chiaramente l’esistenza di Liguri negli eserciti romani in tempi e luoghi diversi: è da ricordarsi in particolare la cohors I Ligurum menzionata in un titolo del I secolo (C. I. L., XI, 838) di Modena. (6) Cfr. anche Epìwm. epigr., IV, dipi. XLIII, pag. 183. G — 82 — rius T. f. secundus miles cohortis VII praetoriae centuriae Severi domo Liguriae militavit annis VIII Stati onorarius Ephesi vixit annos XXVI menses VI (7). I gentilizi Ligustinus, ricordato in un’iscrizione del l’Umbria (C. I. L., XI, 5960: G. Ligustinus G. f. Glu(sturnina) Disertus) e da Livio, XLII, 34 (8); Ligurius di un’epigrafe di Roma città (C. I. L., I, 893) e di una di Preneste (C. 1. L., I, 1131), di una di Sentino (C. I. L., XI, 5737) e di Livio (9) non riguardano probabilmente individui d’origine ligure, ma starebbero forse a confermare la tradizione antica già da noi ricordata (10) che i Liguri vetustissimi (cfr. Dionys., I, 10, 3) avrebbero abitato l’Italia centrale e i colli del Lazio (11). Da quanto fin qui siamo venuti sinteticamente esponendo, attenendoci esclusivamente alle epigrafi e alle fonti letterarie, risulta che Yadsue-tus malo Ligus (12) col suo inesauribile vigore e le sue eccellenti attitudini militari rendeva notevoli servigi nelle file degli eserciti, dopo che la pax Romana ebbe reso tranquillo il suo paese. (7) È una delle numerosissime iscrizioni funerarie (li soldati, delle quali non mancano esempi anche tra quelle rinvenute in Liguria (cfr. C. I. L., V, 2, 7769, 7753, 7740,.ecc.), ma è particolarmente notevole per le compinte e importanti indicazioni che contiene. (8) Livio, XLII, 38, 2: Sp. Ligustinus [tribus] Crustumina ex Sabinis sum oriundus, Quirites... ecc. II centurione Sp. Ligustinus, di cui qui Livio riferisce il discorso, non sarebbe stato pertanto d’origine ligure, ma sabina. (9) Cfr. Livio, XXXIII, 22, 8: C. Ligurium legionis quartae adversa pugna cum multis aliis viris fortibus, civibus ac sociis, cecidisse. (10) Cfr. Ia prec. pag. 28, u. 13. (11) V. Pais, op. cit., pag. 573. Cfr. anche, snll’argomento che forma l’oggetto di questo capitolo, gli indici (lei seguenti voli, del C. I. L.: V, p. 1190; Vili, p. 1090; IX, p. 782; X, p. 1127; XII, p. 934; XIV, p. 572. (12) Cfr. Virg., Georg., II, 168: il Ligure è abituato al male, e cioè alle fatiche e agli stenti, a causa del suolo molto povero e sassoso della sua regione: cfr. la prec. p. 58, n. 7. Vii. Fusione e romanizzazione della Liguria. Le notizie tramandateci dagli antichi intorno alla conquista romana della Liguria, par non essendo, come abbiamo veduto, molto abbondanti, ci hanno tuttavia permesso di tracciare sull’argomento un sintetico quadro cronologico — a parer nostro — abbastanza chiaro e soddisfacente; ma di fronte a difficoltà anche maggiori ci troviamo, mettendoci a ricercare per quali gradi e quali vie avvenne, col consolidarsi di quella delle armi, la progressiva conquista civile, e cioè la fusione con Roma e la romanizzazione della regione. Ci potrebbe essere preziosa guida Tito Livio, il quale, sebbene parli generalmente quasi solo per incidenza degli ordinamenti dei paesi conquistati, tuttavia non manca mai di fornire importanti elementi; ma, com’è noto, dal 167 a. Cr. in poi le storie liviane, col libro XLYI, sono interrotte, e non rimangono di esse che scarsi frammenti e le perioche, anche queste incomplete. Di scarso sussidio ci è anche Polibio, che supplisce bensì, in parte, alla mancanza della seconda deca liviana; ma giunge appena circa al tempo da cui prendiamo le mosse, e cioè, compresa la parte frammentaria, fino al 146 a. Cr.: troviamo invece qualche notizia in Floro, in Velleio Patercolo, in Appiano e in Orosio e specialmente nel libro terzo della Naturalis historia di Plinio (1). (1) Le notizie forniteci da questo autore intorno alla Lignria come regione IX della divisione Augustea, sebbene tracciate nella forma molto sinteticn d’nna compilazione, sono importanti e precise, anche perohè Plinio, originario di Como e funzionario deirammiuistrazione imperiale, conosceva bene l’Italia settentrionale. — 84 — Ci giovano anche i Fasti trionfali e i Fasti consolari e in generale le iscrizioni; ma si sa che quelle riguardanti il periodo repubblicano sono assai scarse; e, d’altra parte, mentre per la XI regione augustea, Venetia et Histria, possediamo oltre cinquemila titoli epigrafici (C. I. L., V, 1-5091) e per la regione X, Transpadana, circa duemila, in tutta la regione IX, Liguria, abbiamo complessivamente meno di cinquecento numeri epigrafici (C. I. L., Y, passim; Notizie degli Scavi dal 1884 in poi, passim), dei quali appena un centinaio, e in gran parte di nessun valore, appartengono alle riviere liguri dal fiume Varo alla Magra, e sono quasi per due terzi concentrati nelle città di Albingaunum e Albintimilium (2). Quanto alla vita dei Liguri dopo la sottomissione a Roma, si può dedurre da Livio (XXXIX, 2, 4; XL, 53, 2) e da Floro (I, 19) che parte di essi vennero dalle montagne trasportati nei sottostanti piani e che altri, dopo essere stati privati delle armi (3), furono lasciati sui monti, dove continuarono la loro esistenza primitiva in grotte e capanne, conservando usi semiselvaggi (4). Ed è a ritenersi che debbono essere intese con una certa moderazione e riferirsi solo a quest*ultime popolazioni le già ricordate (5) asserzioni degli scrittori romani che accennano alla pertinace barbarie dei Liguri, perchè la penetrazione romana non solo apportò vita feconda e pacifica alla regione litoranea e a quella della pianura padana, ma contribuì fin dai primi tempi all’incremento delle sedi civili, sia con la dedu- (2) Sulle epigrafi della Lignria ved. anche Angelo Sangcineti, Iscrizioni romane della Liguria raccolte e illustrate, in Atti della Soc. Lig. di Storia Patria, voi. Ili, 1864, e relativa Appendice uel vol. XI, 1875, di detti Atti, tenendo presente che del lavoro del Sanguineti molto si giovarono i compilatori del C. I. L. Ettore Pais nell’opera Dalle guerre puniche a Cesare Augusto (indagini storiche - epigrafiche - giuridiche, Roma, 1918, parte seconda, p. 589) osserva che, essendo la densità delle epigrafi romane uno dei criteri meno incerti per giudicare dello sviluppo della civiltà romana, specialmente per il periodo che dagli ultimi della libera repubblica giunge ai primi secoli dell’impero, la scarsezza delle iscrizioni in Liguria accenna, in modo molto chiaro, a nn lento progredire della romanizzazione sulle coste della Lignria marittima e sui monti soprastanti. (3) Cfr. Livio, XXXIX, 2; XL, 53 e 58, e specialmente Floro, il quale, parlando dei Lignri, esplicitamente afferma (I, 19): Postumius ita exarmavit, ut vix reliquerit ferrum, quo terra coleretur. Analoghi sistemi usarono i Romani anche nei confronti di altri popoli come, per citare qualche esempio, gli Asturii (Ploro, II, 59), i Cantabriei (Dion. Cass., LIX, 11) e i Falisci (Zonara, Vili, 18). (4) Cfr. Diod., V, 39. (5) Ved. specialmente pag. 58 sgg. — 85 — zione di colonie (6) e l’estensione dell’agro arato, sia con la costituzione di conciliabula e fora (7) e la conclusione di trattati. Ci consta che Gema, intermedia tra i Massiliensi e i Romani, era città ragguardevole prima della sottomissione a Roma e dopo'_(8), e che nel 216 P. Scipione, venendo da Massilia al Po, sbarca nel suo porto. Parleremo altrove (9) della sua condizione giuridico-politica; ma come assai presto Roma si sia ingerita negli affari speciali di essa, è dimostrato dalla famosa sentenza arbitrale dei due senatori Minucii (IO), che contiene un senato - consulto circa i limiti territoriali di questa città (11). (6) Circa la densità della popolazione di esse, cfr. Pais, op. cit., pag. 556. (7) I conciliabula, secondo Floro (Epit., 38, ed. Miiller), erano generalmente luoghi di riunione degli abitanti dei pagi appartenenti allo stesso populus: in essi si tenevano i mercati ed orano inoltre centri amministrativi, giudiziari e militari, specialmente per la leva, sotto la giurisdizione di magistrati romani. Non molto differenti dai conciliabula erano i fora, che per lo piti portavano il nome d’nu magistrato romano che li aveva costituiti, e servivano a Roma specialmente per consolidare il proprio dominio, oltr6 ad avere forse anche scopi amministrativi come i conciliabula. Cfr. sull’argomento U. Formentini, Conciliaboli, pievi e corti della Liguria di levante, in Aleni. Acc. Lunense G. Cappellini, 1926, cit.; cfr. anche Beloch, It. Bund, 107; 109. (8) Cfr. Strab., IX, p. 204 C. (9) Ved. in appresso i oapit. Vili e IX. (10) I numerosi studi su questo argomento, e cioè sulla famosa tavola di vai Polce-vera (C. I. L., V2, 7749), tra cui sono importantissimi qnelli del De Simoni e del Poggi, sono tutti riassunti e superati dal Formentini nella memoria qui sopra citata e nel perspicuo e acuto articolo Le origini di Genova in Boll, del comune dì Genova, febbraio, 1926: le conclusioni giuridiche e politiche a cui giunge il Formentini sull’importante materia, possono ritenersi definitive. Sulla tavola di Polcevera, ved. la prec. pag. 41, u. 14. (11) Sui rapporti tra Genua e Roma, cfr. Livio, XXI, 32: (P. Cornelius consul) cum admodum exiguis copiis Genuam repetit: cfr. anche XXVIII, 46, 8, e il passo dei lib. XXX, 1: Lucretio prorogatum imperium, ut Genuam, oppidum a Magone Poeno dirutum, exaedificaret. Spurio Lucrezio venne a Genua con due legioni di ottomila'uomini, e fece sorgere più bella e piìi forte la distrutta città nella zona oggi detta Piano di San-t’Aiulrea e nelle sue vicinanze, come viene attestato da avanzi di mura ivi rinvenuti: cfr. E. Celesia, Bella topografia primitiva di Genova, in Giornale della Soc. di Letture e conversazioni scientifiche di Genova, anno IX, p. 538 sgg.; cfr. pnre, sulle antiohità di Genova, Federici, Dizionario istorico, ms. nella Bibl. della R. Università di Genova, e gli Atti della Soc. di storia patria, voi. 3° e 4°, che contengono studi di Luigi Grassi o di Cornelio De Simoni sulle vie e sulla topografia della tavola di vai Polcevera, e le sopra ricordate iscrizioni romane della Liguria raccolto e illustrate da Angelo Sanguinati: cfr. ancora, oltre agli altri lavori da noi citati in diversi luoghi nel corso della nostra trattazione, Semiane, Rapport sur une excursion [archéologique à Gênes in Bulletin monumental, XXIX, e F. Podestà, Il volle di Sant’Andreaf in Atti della Soc. lig. dì storia patria, voi. 30°, — 86 — Genua apparteneva alla tribù Galeria (12) ed era un municipio con i suoi flamines, o decuriones, di cui si fa menzione nelle iscrizioni (13). Con l’annessione a Roma e il prolungamento delle vie di cui ora parleremo, dovette accrescersi l’importanza commerciale di questo antichissimo è(i.irópiov Atfórav (Strab., IV, 6), dove si concentravano le merci di tutta la regione e quelle che provenivano dai traffici marittimi (14). Dopo la vittoria romana sui Liguri Ingauni, ai quali apparteneva anche Savo, e la distruzione di sei loro castelli (Livio, XXXIX, 32), città fiorente divenne anche Albingaunum: si può anzi ritenere che l’importanza della piccola città (15) abbia avuto inizio colla romanizzazione di essa, avvenuta importandovi tanti romani quanti erano stati i Liguri espatriati con tre successive deduzioni (16). Altra città considerevole era poi Albintimilium (17) che, con tutta la spiaggia dal Varo al Rodano divenuta ricca di porti e città commerciali atte ad accogliere popolose colonie, sentì assai presto gli effetti della romanizzazione (18), anche in conseguenza del processo di sine-cismo operatosi con la pacificazione delle popolazioni montane e del contado (19). (12) Cfr. C. I. L., I, 185. (13; Cfr. C. I. L., V, 2, 7153; 7373. (14) Tra i testi antichi che fanno cenno del valore dei Liguri come naviganti, cfr. Diod., V, 39, e Plijt., Aem., 6. (15) Strabone (IV, 6) la chiama TcóXtop.a. (16) Cfr. Plinio, N. H., Ili, 5, 46. Il Mommsen (C. I. L., V, 2, pag. 394) la dice addirittura fondata dai Romani. Acute e sensate osservazioni snlla romanizzazione degli Ingauni e in generale della Liguria di ponente si trovano nella dotta memoria di Nino Lamboglia, Le guerre romano-ingaune e la roman, della Lig. di pon., in « Collana storico-archeologica della Liguria occidentale », vol. II, N. 1, 1933. (17) Strabone, (IV, 6) la chiama mhç sù|j.sysO-yjç. (18) Strab., IV, 1, pag. 185 C. (19) Cfr. Pais (o. c., p. 554 sgg.), la sopra ricordata memoria del Lamboglia e la sua più importante opera Liguria romana, Ist. di Studi Romani ed., 1939, XVII, alle quali rimandiamo, dispensandoci daH’insistere sull’argomento. Diamo l’elenco delle località o mansioni della riviera occidentale ricordate ili Strabone, in Tolomeo e negli Itinerari: Strab. (IV, 1, 1); Sa^itcov oùà3a (stad. 370), ’AXptyauvov (stad. 480 fino a Monaco), ’lvcejiéXtov, Movoixou X'.jiVjv, Nty.aia, ’AvrfroXtç; Tolom. (Ili, 1-2 e 4-5): SipfaTa, ’AXptyauvov, ’AXgiviefi^Xcov, Movotxoo Xip-r/v, Tpóuaia SipaaxoO, Nixcaa (II, 10, 8), ’Av-ctìtoXtg; Itin. maritimum, pag. 502: Vadi* Savadis portus (XVIII), Albingaunum portus (XXV), Portus Maurici (XII), Tavia fluvius (XII), VintimiUa plagia (XVI), Hercle manico portus (XXII), Avisions portus (III I), Olivula portus (V), Nicia plagia, (XVI), Antipoli portus; Itin. Ant. (pag. 294): Vadis Sabatin (Vili), Pullopice (XII), Albingauno (XV), Luco Jionnani — 87 — Passando alla riviera di Levante, in essa sono ricordate, oltre ad altre città minori (20), Segesta dei Tigulli e Luna, già nota da epoca remota come porto comodissimo (21) e divenuta poi, dopo la conquista, meta di traffici intensi da parte dei Romani (22). (XVI), Costa balenae (XVI), Albintiinilio (V), Lumane (VI), Alpe Summa (VIII), Gemendo (VI), Varum (X), Antipoli; Tab. PlìUTLNG.: Vadis Sabates (XXIX), Albin gaiino (XV), Luco Boramni (...), Costa bellette (XVI), Albintimilio (Vili), in Alpe Maritima (VIIII), Gemendo (VI), Vanii n f lumen (X), Antipoli; Geogr. Ravenn.: Batis Sabati*, Albingatmo, Loco Vcr-manis, Costa balletti, Avinetimilìa, Alpe Maritiina. (20) Nella tavola Peutingeriana, che riproduce nn andamento conforme u quanto scrive Strabone (V, 1 sgg.), sono, snlla via da Vado a Luni, ricordate le mansioni seguenti: Vadis Sabatis, Vico Virginis, Alba Docilia, Ad Novalia, Hasta, Ad Figlinas, Genua, Sicilia, Ad Solatia, Ad Monilia, In Alpe Pennino, Boron, Luna. Tralasciamo di riprodurre qui gli elenchi contenuti negli altri itinerari citati sopra per la riviera di ponente, perchè presentano solo lievi differenze in confronto con quanto è riferito nella tavola Peutingeriana. (21) Il porto di Luna aveva già richiamato l’attenzione di Ennio che lo indicava, secondo si legge in Persio (Sai., VI, 9), all’ammirazione dei cittadini romani col noto verso: Limai portimi est opere cognoscere, cives. Luna é anche ricordata da Virgilio (Aen., Ili, 533), da Sino Italico (Pun., VIII, 481), da Rutilio Namaziano (Itin., II, 60), che ne descrive le mura, e sulla fine del libro VI nell’4/Vtca dal Petrarca. Giova riportale il passo di Rntilio Namaziano (loc. cit.): Advehimur celeri candentia moenia lapsu: Nominis est auctor sole corrusca soror. Indigenis superat nitentia lilia saxis, Et laevi radiat picta nitore silex. Dives marmoribus tellus, quae luce coloris Provocat intactas luxuriosa nives. Graziosi sono anche i versi di Marziale (XIII, 30), dove si parla delle grosse forme di cacio, probabilmente originario della regione parmigiana, che portavano impressa l’immagine della luna: Caseus Hetruscae signatus imagine Lunae praestabit pueris prandia mille tuis. (22) Tra le opere moderne su Luni, cfr. Promis, Dell’antica città di Limi e del suo stato presente in Mem. dell’Acc. delle Scienze di Torino, serio II (1839), p. 165 sgg.; Iung, La città di Luna e il suo territorio, in Atti e meni. R. Dep. di Storia patria per lo provincie modenesi, m. V, voli. 2 (1903), p. 245 sgg.; Solari, Per la topografia Limcn-se-Pisana in Studi storici per l’antichità class., I (1908), p. 465 sgg.; Sforza, Bibl. Storica della città di Limi e suoi dintorni in Mem. dell’Aco. delle scienze di Torino, LX (1910), p. 163 sgg. Di studi più reoenti, come quelli di Castelli, Rollini, Graziosi, Capellini, Regalia, Pnccioni, Mochi, Milani, Battaglia, Minto, Mazzini, Formentini e altri è fatto cenno nel voi. di L. Banti, Limi, pubblicato nel 1937 a cura dell’istituto di Studi etruschi «li Firenze, al quale rimandiamo il lettore. Cfr. anche E. Cviwno, Antichità classica, oit., pag. 22 sgg, — 88 — Ma, come osserva il Pais (23), se si ricordano questi centri urbani, non è mai fatta menzione di una cospicua fondazione romana sulle coste liguri, laddove nella-Liguria mediterranea limitrofa alla Transpadana si notano Libarna, il cui nome rammenta i Liguri Libui o Lebeci, Hasta, Forum Iulii, Iria, Dertona, tlóI'.z i;iô\oyoç (Strab., V, 217), che divenne insigne colonia e centro di fiorente vita commerciale (24). Ed ivi troviamo pure Valentia, Industria, Aquae Statiellae, Alba Pompeia, Carrium-Potentia e Pollentia (25) che, ancora secondo le espressioni del Pais, con i loro nomi fatidici indicavano le speranze di prosperità che avrebbero un giorno conseguito col progredire e lo stabilizzarsi della romanizzazione. Tutte queste città, e specialmente quelle situate nei punti strategici più importanti, vennero assumendo importanza sempre maggiore, dopo che M. Emilio Scauro (26), censore nel 109 a. Cr., protrasse la via dal suo nome detta Aemilia (27) da Luna — dove circa un secolo (23) Op. cit., pag. 555. (24) La colonia romana sarebbe sorta su un preesistente centro ligure, secondo il Pais, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, I, p. 495, tra il 122 e il 100 a. Cr., o sarebbe stata poi accresciuta cou ulteriori deduzioni da Augusto (Vell. Pat-., I, 15): notiamo però che la lista di colonie conservata da Velleio Patercolo (I, 15, 4), nella quale si legge de Dertona ambigitur, si riferisce al periodo tra il 123 e il 118, e che perciò la costituzione della colonia di Dertona si deve forse porre in un tempo posteriore a queste date (cfr. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, pag. 424). (25) Furono tutte città fiorenti (cfr. su esse e la bibliografia che le riguarda, il voi. esauriente di G. Monaco nella collezione Forma Italiaè, Regio IX, Liguria, I, Liburna), e Pollentia, secondo Plinio (JV. H., VIII, 191 e XXXV, 160), sarebbe stata special-mente nota per il commercio delle lane e delle ceramiche; ma finora non furono fatti scavi fra i ruderi dell’antica città per il ritorno alla luce di qualche esemplare di tali ceramiche. Cfr. intorno a queste città le prec. pp. 50 sgg. (26) Cfr. De viris illustribus, 27. (27) Ved. la voce Aemilia (via) Aemilia Scauri (via) in Diz. epigr. di antichità romane De Ruggiero-Cakdinali, e tra gli stadi recenti quelli di N. Lamboglia (La via Aemilia Scauri in Athenaeum, Pavia, 1937) e di R. BaCCINO (La via Aemilia di Scauro in Giornale storico e lett. della Liguria, a. XV, 1939, XVII, Fase. I, Gennaio-Marzo), nei quali è fatta menzione dei molti lavori precedenti snll’argoinento, a cominciare da quello fondamentale di A. Sanguineti (Dei cippi e delle strade romane della Liguria in Atti della Soc. di Storia patria di Genova, vol. Ili, 1864, pp. 266 sgg., fino a giungere ai più prossimi a noi. Importante è notare la conclusione a cui giunge il Baccino, che, cioè, dopo gli studi numerosissimi e ingegnosi sulle vie romane della Liguria, merita sempre d’essere tenuto nella massima considerazione quello qui sopra citato di A. Sanguineti, le cui vedute sembrano anche oggi le più degne d’essere approvate. - 89 — prima, era stata condotta da C. Aurelio Cotta (28) — fino a Vada Sabatia, e di qui tino a Dertona (29). Per giungere a questa città, la nuova diramazione della via Aemilia Scauri passava per Aquae Statiellae (30). Da Aquae Statiellae sì staccava poi un’altra via indicataci solamente dalla tàvola Peutingeriana, che conduceva, attraverso Alba Pompeia e Pollentia, ad Augusta Taurinorum. Non risulta però in quale epoca que-st’ultima via sia stata costruita, e probabilmente è da ritenersi dell'età imperiale. La via Aemilia Scauri fu poi, com'è noto, continuata da Augusto da Vada Sabatia fino al Varo nel 12 a. Cr., e prese il nome di lulia Augusta (31). Un’altra via della pianura del Po fu quella detta Fulvia che, secondo risulta ancora dalla tavola Peutingeriana, partendo da Dertona, per Forum Fulvii ( Valentia) e per Hasta, conduceva a Pollentia (32). Non ci consta con precisione chi sia stato questo Fulvio, che diede il nome alla via (38); ma è ovvio credere che la' costruzione di essa si debba riconnettere con quella di Forum Fulvii, fondato anteriormente alla guerra sociale, perchè ascritto alla tribù Pollia. Deve pure essere di questi tempi, sebbene manchino intorno ad essa notizie che permettano di fissarne la data, la costruzione della via che da (28) Strab., V, p. 217 C; Cic., Phil, XI, 9; C. I. L., V, p. 827. Fu questo Aurelio Cotta clie legò il suo nome alla via litoranea tirrena chiamata anche oggi Aurelia, perchè, come osserva noi citato articolo il Baccino, con l’andare degli anni il nome di via Aurelia, del tronco, cioè,' Eoma-Pisa, si sovrappose a quello di Emilia, dacché la strada di Scauro non è che la naturale prosecuzione dell’Aurelia. Cfr. il recente perspicuo lavoro di G. Corradi, Le strade romane della Liguria occidentale, Torino, 1939, e specialmente l’appendice sulla via Aurelia. (29) Cfr. il noto passo di Strabone, V, 1, 11: oSxoç Sì ó Sv.còpóc sera ó y.aì Aqu)iav óSòv axptóaa;, xyjv Sta lliamv xal Aoùvy); 2apsaci>v y.àvxsù9-sv Sta Aip8-u)vo;. Tale via Aemilia, come risulta da queste parole di Strabono, dove si leggo che passava attraverso Pisa, e come ha provato li Mommsen (C. I. L., V, 2, p. 885) cominciava a sud di questa città e probabilmente a Volterra. (30) Strab., ivi: xxsi Ss Tomyjv ty]v óSòv ■/.%'. 'Ay.o'rx'.j-zv.éXXa.'.: cfr. anche gli Itinerari e lo tavole Peutingeriana e Antonìuiana. (31) Cfr. Julia Augusta (via) in Diz. epigr. Dis Ruggiero-Cardlnali, cit. (32) Cfr. Nissen, Landesh., II, 156. (33) Il De Sanctis, loc. cit., afferma che forso essa prese il nome da M. Fulvio Nobiliore, console del 159, oppure dal oousole del 125 M. Fulvio Fiacco, che vinse i Salluvii, — 90 - Placentia e Ticinum conduceva a Eporedia, via ricordata dallo stesso Strabone (34) e dagli Itinerari. Una via di notevole importanza era inoltre la Postumia, di cui abbiamo notizia da Strabone (Y, 1, 11) e da Tacito, il quale nelle Storie (III, 21) ci dice che nella battaglia di Betrino si combattè in ipso viae Postumiae aggere. Essa, secondo un’iscrizione veronese, commentata dal Borghesi nel vol. Ili, pag. 81 e sgg. delle sue opere, andava da Genova a Cremona, e sarebbe stata costruita prima del 117 a. Cr., perchè è menzionata nella tavola di vai Polcevera di quest’anno, nella quale (righe 11 e 12) si dice: ibei terminus stat propter viam Postumiam... trans viam Postumiam. E siccome di consoli Postumii, prima dei 117, se ne ha solo uno nel 148, è ovvio ritenere sia stata costruita in quest’anno. Questa via Postumia giungeva a Genova, come dicemmo, da Cremona, passando per Placentia, Dertona, Liburna e le valli della Scrivia e della Polcevera. Altre vie non bene precisate risulterebbero in fine da cippi miliari ritrovati in varie località; ma non ne parliamo, per mancanza d’indizi circa il tempo a cui essi sono da riferire. Ad ogni modo, importa osservare che le vie ricordate, la cui costruzione risale al tempo repubblicano anteriore alla guerra sociale, stanno a dimostrare molto eloquentemente lo sforzo dei Romani di mantenersi in istretta relazione coi centri della Liguria di recente conquistata, per potervi trasportare con facilità forze armate e diffondervi con agio la loro civiltà. Stando a quanto appare probabile e si legge anche in Strabone (IV, 1), i Romani dedicarono pure la loro azione alla costruzione di canali e al prosciugamento di paludi che in quel tempo ricoprivano gran parte del paese insieme con magnifiche selve (35). È però noto che, di contro, Roma era solita disporre a suo beneplacito di quote dei territori sottomessi (36); e non si può pertanto escludere che siano esistiti, per qualche tempo dopo la conquista, nella Liguria, e specialmente in vici e castella (37), gruppi di popolazioni (34) Loc. cit. circa la via Aemilia Scauri. (35) Cfr. Strab., IV, pag. 202 C, e Polyb., II, 35. (36) Qneste-quote raggiungevano talora la metà (lei territorio nemico: cfr. Livio, XXXVI, 39, 1, por quanto riguarda i Galli Boi, e Diony'S., XX, 15 per i Bruttii. (37) Sono le denominazioni più frequenti che si incontrano in Livio, quando parla (lei territori liguri. — 91 — non già costituiti in forma di colonia o di municipio, ma da considerarsi nella condizione di semplici peregrini dediticii. Sostiene anzi il Pais (38) che dev’essere durata quasi fino alla fine della repubblica l’esistenza d’una categoria di persone incluse nelle genti dediticiae ed estranee perciò all 'Italia, come possono fare specialmente fede i testi epigrafici, in cui perdurano forme onomastiche contrarie alle norme seguite dai Romani, i quali solo ai propri concittadini e ai latini concedevano, come è risaputo, il diritto di portare i tria nomina e di parlare latino (39). Ciò risulta, d’altra parte, anche dal fatto, riferito dai testi storici (40), che le colonie romane furono rafforzate e consolidate man mano con assegnazioni viritarie o individuali tratte probabilmente da dediticii, di cui si disponeva liberamente insieme con le terre già da loro in precedenza possedute (41). Ma di popolazioni dediticiae non si fa più cenno coll’avvicinarsi della fine della Repubblica, perchè Roma, anche sotto la spinta del movimento democratico interno in vigore dall’età dei Gracchi in poi, mira ad assimilare i popoli vinti, togliendo gradualmente ad essi ogni condizione d’inferiorità civile e giuridica (42). Avvenne cosi che, mentre l’Italia meridionale, già teatro di tante guerre, era stanca e in generale deperiva, l’Italia settentrionale, trasformata ormai dalla civiltà romana, andava costituendo un vasto serbatoio di energie civili per la latinità e acquistando il suo pieno vigore anche dal lato politico con la partecipazione attiva alla vita di Roma, patria comune; ma del lento progredire della romanizzazione tra i Liguri, in confronto delle altre regioni settentrionali, potrebbe far fede il fatto che, mentre il Veneto può vantare Catullo, Livio e Virgilio e la Transpadana Cornelio Nepote, Cecilio Stazio e i due Plinii, la Liguria non diede che militari e l’imperatore Pertinace (43). (38) Cfr. Pais, Ricerche, cit., p. 563, (39) Cfr. fra i titoli della Lignria, C. I. L., V, p. 912 sgg, per Pedo, e V, p. 917 per Cemenelum: cfr. anello forme semiromanizzate (C. I. L., V, n' 7(539; 7656; 7700), miste (C. I. L., V, 7850) e accennanti a graduale e non compiuta romanizzazione (C, I. L., V, 7480). (40) Liv,, XLI, 16; XLII, 42. (41) Cfr. Pais, ivi. (42) V. sopra pag. 84. (43) Dion. Cass., LXVII1, 3; Vict., ](p., 18. Oltre it Elvio Pertinace, nativo di Alba Pompeia, tenue por breve tempo l’impero Proeidim, di origine fianco e nato ad — 92 — Per quanto concerne la Gallia Cisalpina, risulta da Quintiliano (44) che in Cremona esisteva anche una scuola di latino già al tempo di Virgilio: nulla invece sappiamo intorno alla prima penetrazione della cultura romana in Liguria. * E tuttavia innegabile che anche i rudi costumi dei Liguri sentirono per tempo il benefico influsso dèlia romanità, avendo le ripetute sottrazioni di abitanti e l’incrocio col sangue latino mitigata la fiera stirpe ligure (45). Albingaunum, dove rimase anche dopo la sna morte la famiglia di Ini: questo Procnlo fa vinto e ucciso dall'imperatore Probo nel 280 d. Cr., tradito dai franchi, presso i quali si era rifngiato: cfr. Vopisc., Vita Proculi, XXXVIII, 12 e 13, 4. Ved. Tillemont, Histoire des empereurs, III, p. 433; Coex, Médailles, VI2, p. 348; Pais, op. cit., p. 757. Notizie abbastanza diffuse, ma non criticamente vagliate, intorno a questo Proculo o Proclo si hanno presso G. Serra, Storia dell’antica Liguria ecc., cit., I, pp. 164 sgg. (44) Cfr. Instìt. orat., I, 5, 56. (45) Plix., N. H., Ili, 6. Vili. Ordinamento politico fino alla morte di Cesare. Durante il periodo della conquista, e più precisamente tra il 201 e il 155 a. Cr., la Liguria, come risulta dalle fonti letterarie e dagli Atti trionfali (1), fu spesso provincia consolare retta quasi sempre da ambedue i consoli (2); e l’assegnazione ad essi della provincia Ligures (3) risulta, con motivate ragioni, per gli anni in cui, come nel 187, più ardeva la guerra contro i Liguri (4), mentre nei tempi di relativa quiete, come, in modo speciale, nel 188, nel 184, nel 173 e nel 170, o la provincia è attribuita a un solo console (5) o uno di essi attende altrove ad altri impegni (6). (1) Ved. Livio, XXX, 2, ad ann. 201; XXXI, 10, ad a. 200; XXXII, 29, ad a. 197; XXXIV, 43, ad a. 194; XXXV, 3 ad a, 193; XXXVIII, 35, ad a. 188; XXXVIII, 42 ad a. 187; XXXIX, 20 ad a. 186; XXXIX, 32 ad a. 185; XXXIX, 38 ad a. 184; XXXIX, 45 ad a. 183; XL, 1 ad a. 182; XL, 18 ad a. 181; XL, 35 ad a. 180; XL, 44 ad a. 179; XLI, 12 ad a. 177; XLI, 14 ad a. 176; XLI, 19. Cfr. Ad. triumph.j ad a. 175; XLII, 1 ad a. 173; XLII; 10 ad a. 172; XLIII, 9 ad a. 170; Livio, epit. XLVI; Ad. triumpìi., ad a. 166; Jet. triumph. ad a. 155. Come osserva il Pais (meni, cit., pag. 479), forse la provìncia fu assegnata ad entrambi i consoli anche nel 174, ma ciò non risnlta con chiarezza, perchè il testo di Livio, XLI, 20 è mutilo. (2) Cfr. E. Pais, loc. cit., dove si trovano tntti questi rilievi. (3) Cfr. Livio, XXIX, 38. (4) V. per questo anno Livio, XXXII, 42, 8: In Lignribns magni belli et gliscentis in dies magia fama erat, itaque consulibus novis quo die de provinciis et de repnbliea retulerunt, senatus utrisqne Ligures provinciam decrevit, huic senatns consulto Lepidus intercidebat, indignum esse praedicans consules ambos in valles Lignrum includi. (5) Ciò avviene per gli anni 188 e 170: cfr. Liv., XXXVIII, 35; XLIII, 9. (6) Per l’anno 173 risulta da Livio (XLII, 9, 6) che il console L. Postumio Albino, Nei tempi immediatamente successivi, anche col graduale svilupparsi della penetrazione romana in Liguria, non si ebbe un ordinamento politico ben definito specialmente perchè, sebbene talora, come già sopra dicemmo (7), per difendere la comune libertà, i Liguri si riunissero compatti quasi come in federazioni nazionali (S), conciliabula universae gentis (9), la stessa configurazione montuosa della Liguria, divisa in diverse vallate, non favoriva la fusione tra le varie stirpi e tribù e le costringeva anzi ad un separatismo, di cui approfittavano assai abilmente i Romani. Questi infatti si valevano con molto successo della loro nota politica del divide et impera per stringere foedera separati con le singole popolazioni liguri, utilizzando talora anche le forze delle une contro le altre (IO). D’altra parte, il fatto che in Liguria vennero fondate due sole colonie, quella di Luna nel 177 a. Cr. (11) e più tardi, nel 129 a. Cr., quella di Dertona (12), ci dimostra che per i Romani era cosa non gradita il costituire comuni cittadini a tanta distanza daH’Urbe, ed essi preferivano assegnazioni viritane, lasciando ai sudditi, così stanziati, la cura di provvedersi dei centri per la difesa degli interessi comuni e dei mercati o spontaneamente o con l’aiuto dei magistrati che avevano presieduto alle stesse assegnazioni (13). destinato Ma provincia Ligures, attende ad altro, ne risa quidem provincia. Nel 184 è attribuita ai dne consoli la provincia Ligure«, quia bell a m nusquam alibi erat (Liv., XXXIX, 38); e nel 182, perchè nulla praeter in Ligures quae decerneretur erat. Cfr. in proposito le osservazioni del Pais, loc. cit. (7) V. sopra, pag. 85 sgg. (8) Molto ingegnose e sensate sono, a proposito d’una supposta federazione nazionale dei Liguri, le induzioni con le qnali il Formentini (cfr. Conciliaboli, pievi e corti nella Liguria di levante, cit., pag. 49 sgg.) cerca di supplire àlla mancanza di fonti antiche al riguardo. (9) Cfr. Liv., XXXIV, 56, 2 e XLII, 21, 1: propter cuius iniuriam belli ceteri quoque Ligurum populi ad arma ierunt. Cfr. anche Liv., XLII, 26, 1, dove si parla d’nua sollevazione generale dei Liguri provocata dal maltrattamento usato verso gli Stazielli da M. Popilio, sollevazione che il Senato riuscì a frenare senza ricorrere a misure gravi. Per i conciliabula degli Apuani, cfr. Liv., XXIV, 56. (10) Cfr. E. Pais, mem. cit., pag. 546 sgg. (11) Cfr. Livio, XLI, 13: la fondazione di questa colonia non è ricordata nel noto catalogo di Plinio. (12) Cfr. Plinio, N. H., III, 49. (13) Cfr. Cardinali, Italia, in Diz. Epigr. cit., p. 10 dell’estratto. - 95 — Socero così molti conciliabula e fora con condizioni giuridiche diverse, ohe vennero acquistando gradatamente una certa autonomia e pote-ìono tiasfoimarsi in municipi dopo la guerra sociale. Ciica la condizione politica di queste località non abbiamo molte indicazioni, sappiamo da Festo (14) che i conciliabula erano luoghi di riunione degli abitanti dei pagi appartenenti ad uno stesso populus, dove si svolgevano i mercati, si amministrava la giustizia, si trattavano i pubblici e piivati affari amministrativi, si facevaia leva dei cittadini. Essi eiano sotto la giurisdizione di magistrati romani; ma non sappiamo, se abbiamo avuto II viri o IV viri (15). Non molto diversa da quella dei conciliabula dev’essere stata la condizione giuridico-politica dei fora; ma questi venivano per lo più fondati come punti d’ispezione e di difesa lungo le strade militari. Poco di preciso ci e dato però di sapere in proposito (16): anch’essi, come i conciliabula, devono essere stati trasformati in municipia dopo la guerra sociale (17). Quanto alle tribù in cui erano ascritte le due colonie sopra ricordate, risulta che Dertona apparteneva alla Pomptinia e Luna alla Gale, ria, alla quale più tardi risultano appartenenti anche i Genuati e i Vel-leiati. Fu, del resto, studiata da alcuni scrittori la causa della preva. lenza della tribù Pollia nella maggior parte dei conciliabula e fora del-Yager ligustica e gallicus anche prima della guerra marsica; e il Bor-mann (18), partendo dal fatto, che a questa tribù appartenevano città (14) Epit., 38, ed. Miiller. (15) Si rileva daUa Ux Mia (C. I. L., I, 206) che queste magistrature si trovano nelle colonie, nei municipi e nelle prefetture. (16) Cfr. Beloch, It. Btind, 41 sgg. (17) Quanto all’ordinamento municipale, ricorderemo che, mentre prima della guerra sociale ogni municipio o gruppo di municipi aveva avuto una propria costituzione locale, dopo la hx Mia del 90 a. Cr., vengono formandosi leggi di carattere generale applicabili più o meno a tutti i manicipi (leges municipales): cfr. Brcxs, Font, iur. rom., 16; Riccoboxo, Fontes iuris romani antejustin., 1,135, n. 17; Girard, Textes de droit rom., 72, n. 13, per una di queste leggi concernente la Gallia Cisalpina (lei de Gallia Cisalpina). Altra legge di questo tenore, ma più importante di questa, è la lex detta Iulia municipalis, conservata in due tavole di bronzo ora nel museo di Napoli (C. I. L.. I> 206 = I-\ 593) e proveniente da Eraclea, dove fu scoperta nel 1782: cfr. Savig.vt! Verm. Schr., Ili, 1850, p. 279 sgg.; Nissen, Rh. Mus., 1890, p. l0O sgg.; Mommsex in Bruns, p. 102, ed Ephem. Epigr., IX, 1903, p. 9 sgg; Karlowa, Rom Rechtsgesch. I, p. 439. (18) Arcliaol. Epigr. Mittheil, 1886, pag. 225 sgg. — 96 — come Fidentia, Hasta, Parma, Pollentia, ! alentia, i cui nomi hanno tutti l’idea di forza, ritiene che la Pollia, così chiamata da pollere, doveva essere appunto la tribù delle località alle quali faceva capo la milizia romana nell’agrer ligusticus e gallicus. Anche il Beloch (19) osserva a ragione che l’estendersi considerevolmente della tribù Pollia dimostra la quantità e l’importanza dei possedimenti romani nella Cisalpina e in Liguria già in tempi anteriori alla guerra sociale. Oltre alle città sopra ricordate, prossime ad Hasta, deve essere stata iscritta alla tribù Pollia Potentia o, come si esprime Plinio, Carrea quod Potentia nominatur, ritenuta in generale corrispondente all’odierna Chieri, sebbene ciò non risulti con certezza nè da fonti letterarie nè da isciizioni. Altre città federate, divenute poi municipi, furono ascritte a tribù diverse: Libarna alla Meda, Albingaunum alla Poblilia, Albintimilium alla Falerna, Aquae Statiellae alla Tromentina, Augusta Taurinorum alla Stellatina, Augusta Bagiennorum probabilmente alla Camilia, Genua e Velleia, come già sopra accennammo parlando delle loro popolazioni, alla Galeria (20). Quanto alla natura dei diversi foedera sopra ricordati, poco sappiamo; ma è a ritenersi che in generale si sia trattato, come per Albintimilium e Albingaunum, di foedera sine suffragio fino almeno all’epoca della guerra sociale. Non si può però pensare a un foedus iniquum fino a questo tempo per quanto concerne Genua, perchè, senza parlare dell importanza della città, essa, com’è noto, era amica del popolo romano fino dal tempo della guerra annibalica (21); e Roma s’interessava in modo diretto nei suoi affari speciali già nei 117 a. Cr., come dimostra chiaramente il senato-consulto contenuto nella famosa tavola di Polcevera più volte ricordata (22). Circa l’intensità e l’importanza della colonizzazione a sud del Po e nella Liguria prima della guerra sociale, e in particolare nel periodo che corre tra l’attività dei Gracchi e quella di Mario e di Appuleio Satur- (19) It. Bund, 67. (20) Cfr. Kubitscheck, De Rom. trìb. origine, p. 75 sgg. L’iscrizione delle città qui ricordate alle diverse tribù risulta generalmente anche dalle iscrizioni, cfr. C. I. L., Vol. V, indici. (21) Cfr. Liv., XXI, 32, (P. Cornelius consul) cum admodum exiguis copiis Genuam repetit; XXVIII, 46: Lucretio prerogatum imprium, ut Genuam, oppidum a Magone Poeno diudum, exaedificaret. (22) V. sopra, pag. 41 e passim; cfr. C. I. L., V 27749. - 97 — Hino, si hanno pure dati considerevoli presso il Beloch (23), il De Sanctis (24) e il Gabotto (25), a proposito specialmente della fondazione delle colonie di Forum Fulvii e di Dertona (26). Anche nell’ordinamento della Gallia Cisalpina e della Liguria, che si univano agli altri popoli della Penisbla nel richiedere diritti politici, ebbe notevoli conseguenze la guerra sociale (27), dopo la quale si tra-sfoimaiono generalmente in municipi i conciliabula e i fora (28), e ottennero nell anno 89 a. Cr. con la legge del console Pompeo Strabone, padre del Magno, la latinità in conformità dello ius Latii (29); mentre le colonie latine ebbero il diritto di cittadinanza in forza della lex Iulia municipalis fatta votare dal console L. Giulio Cesare sul finire dell’anno 90 a. Cr. (30). In conseguenza poi della riforma di Siila, che stabiliva, com’è noto, una rigida divisione tra il potere politico e quello militare, secondo il Mommsen (31), sarebbe avvenuta una netta separazione tra la Gallia (23) It. Band, 34 sgg. (24) Storia dei Romani, IV, 1, pp. 424 sgg. (25) I municipi romani dell’It. oec., in « Bibl. della Soc. stor. subalpina », XXXII (1908), cit., pp. 280 sgg. (26) Cfr. Appiano, Bell, civ., I, 21; Plutah., C. Gracch., 10; Val. Maxim., IX, 5, 1. (27) Cfr. Cardinali, ivi. (28) Cfr. Festo, Municipium, p. 127 M.; v. Beloch, Rom. Gesch., 622 sgg.; Mommsen, Rom-Gesch., II, 246 sgg.; Marquardt, Rom. St.-Yerw., I, 61. (29) Anche questo ius Latii era un foedus (cfr. Cic., prò Balbo, 24, 54: Latinis id-est foederatis), che precedeva per lo più la concessione della cittadinanza romana. Questa, secondo leggiamo in Cicerone (prò Balbo, 14, 32), fino a circa la metà del lì sec. a. Cr. non sarebbe stata desiderata dai Liguri e dai Galli Cisalpini, sebbene l’essere cittadini romani fosse un privilegio politico che procurava anche vantaggi dal lato economico. Un caso di frondismo di fronte alla cittadinanza romana al tempo della guerra sociale riguarda un Cretese e si legge in Diodoro, XXXVII, fi-. 17. Sogginngiamo che lo ius Latii, ottenuto dai municipi liguri, fece sì che, con nna finzione giuridica (cfr. Cardinali, ivi), essi fossero poi trasformati in colonie di diritto Latino (v. Ascon. in Pisoli., p. 3, cfr. Caes, De b. c., Ili, 87, 4): oosì il territorio dei Veleiati divenne la colonia di Veleia, quello degli Stazielli la oolonia di Aquae Statiellae, quello degli Inganni la colonia di Albingaunum eco. (30) Cfr. Appi an., Bell, civ,, I, 49; Cic., Pro Balbo, 8, 21; Aul. Gell., Noct. AH., IV, 4, 3; Vell. Pat., II, 16. Quanto alla lex Plautia Papiria (fatta votare poco dopo (lai tribuni della plebe M. Plauzio Silvano e C. Papirio Carbone) snlla estensione della cittadinanza romana a tutti i elves et incolae, cfr. Mommsen, RSm. Gescli., II, png. 239 nota, e Niccolini, I Fasti dei trib. della plebe, oit., pag. 225 sgg., dove sono riportate e discusse le fonti che riguardano detta logge. (31) Rom. Gesch., II, 355 con le relative note. 7 — 98 — Cisalpina abbracciante anche la Liguria, e l’Italia peninsulare, e la prima, esposta alle continue invasioni dei popoli alpini, sarebbe stata organizzata a provincia a sè stante, preponendovi un governatore, console o proconsole (32). Poscia, dopo la morte di Siila (78 a. Cr.), in seguito al moto civile sorto per opera di Emilio Lepido per far rivivere il partito Mariano e svoltosi anche nella Circumpadana, alcune località della Gallia Cisalpina e della Liguria sarebbero state occupate dall’esercito del partito democratico (33). Ma le città della Liguria e della Gallia Cisalpina, non paghe dei diritti ad esse concessi, non cessavano di agitarsi per ottenere il diritto di cittadinanza romana, e finalmente Cesari^, che aveva più volte attraversato quelle regioni ed era fautore dei loro vitali interessi (34), troncando il malcontento che durava da quasi vent’anni (35), loro conferì nel 49 a. Cr. la piena cittadinanza (36). Avveniva così che dopo la battaglia di Filippi, come in modo esplicito riferiscono Appiano (37) e Dione Cassio (38), tutte le popolazioni stanziate a mezzogiorno delle Alpi erano unite all’Italia, e che questa godeva tutta quanta, fino allo stretto di Messina, della cittadinanza romana (39). Solo ne rimaneva, per essere precisi, tuttavia escluso qualche distretto delle Alpi Marittime, che ricevette il solo ius Latii, e non la cittadinanza romana, molto tempo dopo e cioè nel 64 d. Cr., sotto l’impero di Nerone (40); ma si tratta di trascurabili nuclei di popolazione che (32) Cfr. Cardinali, ivi. (33) Cfr. Oros., V, 22, 16 sgg; Plutar., Pomp., 16. (34) Particolari vincoli (li amicizia cordiale legarono Cesare con Cozio, signore della vai di Snsa (cfr. Caes., De b. g., I, 10 e C. I. L., V, p. 809)’: v. anclie, in proposito delle relazioni di Cesare con qneste regioni, Suet., Caes., 9; Cic., ad favi., XVI, 12, 4; Plutar., C'aes., 17. (35) Si apprende da Svetonio (Caes., 8) che nel 66 Cesare colonias latinas de petenda civitate adiit. (36) Cfr. Dio. Cass., XLI, 36; Tac., Ann., XI, 74; Cic., Orat., 10, 34. (37) Bell, civ., V, 3. (38) Cfr. XLVIII, 12. (39) Ved. Marquardt, op. cit., 62, n. 5; Mommsen, Ges. Sdir., V, 179. La Gallia Cisalpina, cosi favorita da Cesare, gli avrebbe anche recato aiuti dorante la guerra di Modena: cfr. Dio. Cass., XLVIII, 12; Appian.. Bell, civ., V, 3, 22. (40) Ved. Tac., Ann., XV, 32: eodem anno Caesar nationes Alpium Maritimarum in ius Latii transtulit. - 99 — erano ritenuti dei più barbari dell’impero ancora al tempo di Augusto (41), e che forse cercavano piuttosto di evitare che di ottenere la unione con Roma (42). (41) Strab., IV, 6, p. 204 C. (42) V. sopra pag. 78, n. 29. Questi nuclei del resto appartenevano probabilmente non alla Liguria, ma alla provincia delle Alpi Marittime, che fu sottomessa da Angusto con le armi, e perciò non ottenne diritti o privilegi, ma era governata come terra straniera da un prefetto .dell’ordine equestre (Strab., IV, 6; v. Oberziner, Le guerre H’Augusto e co., cit., pag. 138). IX. Amministrazione da Augusto a Diocleziano. Abbiamo già parlato della divisione augustea dell’Italia in undici regioni posta da Plinio a fondamento della sua coreografìa dell’Italia (1), e conviene ora aggiungere qualche dato sul noto catalogo plìniano, del quale fu principale fonte una statistica dell'impero romano degli ultimi anni della vita di Augusto e, per quanto riguarda le coste, un periplo che probabilmente risale a Varrone (2). In questo catalogo per la regio IX, Liguria, è ricordata come colonia solo Dertona e come oppida Album Ingaunum, Album Intimilium, Genua, Libarna, Iria, Vardacate, Industria, Pollentia, Potentia, Forum Fulvii, Augusta Yagiennorum, Alba Pompeia, Hasta e Aquae Statiellae, notate, come si vede, non in serie alfabetica secondo il testo augusteo, ma con un certo ordine geografico e senza alcuna indicazione d'indole amministrativa e giuridica (3). L’assenza d’indicazioni e di applicazioni pratiche di tale natura si rileva, del resto, in tutta quanta la divisione augustea in undici regioni (4), che è essenzialmente una divisione geografica, e servì solo quale base dei censimenti e di applicazioni statistiche, escluso ogni apporto e ogni scopo amministrativo. (1) V. sopra pag. 39: cfr. Mommsen, Die Italiehen Regionen in Kiepert-L'eeUchrift, Berlin, 1898, pp. 95-109 = Ges. Schr., V, 268-285. (2) Sul catalogo pliniano, cfr. gli studi del Detlefsen, dell’ 0 em ic h en e specialmente del Mommsen esaminati e discnssi in Bevolkerung del Beloch. (3) V. Mommsen, ivi, e Bormann, Bemerlcunger zum schriftlischen Nadass des Augustus, Marbnrger Programm, 1884, p. 36. (4) Cfr. G. Cardinali, Italia, cit., pag. 14 dell’estratto. i — 101 — Di ciò si ha piena conferma nel fatto che Augusto non si curò d’introdurre novità nel governo dei comuni italiani; ma ne rispettò del tutto l’autonomia, cercando dapprima di attenuare progressivamente le differenze del trattamento giuridico tra Roma e l’Italia e poi anche tra l’Italia e le provincie. Pertanto, sebbene siamo privi di fonti che ci illuminino, è da supporsi che, almeno per tutto il primo secolo, la Liguria, anche in forza della cittadinanza da tempo ottenuta per opera di Cesare e del regime municipale istituito e uniformato nelle sue città, abbia goduto del governo autonomo rimasto intatto in tutta l’Italia (5). Dopo il primo secolo, cominciarono a verificarsi nei comuni liberi italiani abusi d’ordine amministrativo e giudiziario causati dall’affievo-lirsi dello spirito d’autonomia municipale; e fu necessario creare all’epoca di Traiano dei curatores con funzione di controllo amministrativo nelle diverse città, e nell’epoca di Adriano quattro magistrati detti consulares preposti all’ordinamento giudiziario (6). Ma, per quanto concerne la Liguria, non ci è conservato alcun nome di curator o di consularis, come non ci fu tramandato nè dalle fonti letterarie nè dalle iscrizioni alcun nome di corrector Liguriae (7). Questo fatto, messo in rapporto coi nomi di amministratori analoghi (5) Per ciò che concerne alcnne località delle Alpi Marittime, che ottennero lo ius Latii, non la cittadinanza romana, solo nel 64 d. Cr. sotto l’impero di Nerone, v. sopra pag. 98 e nota. Tra le imprese importanti di Augusto sono da segnalarsi le guerre da lui combattute contro ipopoli Lignri delle Alpi occidentali (v. Oberziner, op. cit., pag 130 sgg.)- Secondo la tavola Ancirana e il trofeo della Turbia-, avvennero nel 14 a. Cr., e diedero luogo alla oostituzione della provincia Alpium Maritimarum (cfr. Oberzixer, ivi) del tutto distinta dalla Liguria della divisione augustea e governata, come sopra dicemmo, da un prefetto dell’ordine equestre come terra straniera. (6) Cfr. Appian., Bell, oiv., I, 38: Hist. Aug., vita Hadr., 22 e vita Ant. Pii, 2. Ved. Cardinali, Italia, ivi, pag. 15; Mommsen, Itoni. Feld., II, 193; Henzen, Annali d’Italia, 282; Borghesi, Oeuvres, V, 392; Jullian, Les transform. poi. de l’Italie, 130; Rose.m-berg, in P. W., X, 1150). (7) I oorrectorel ebbero in un primo tempo funzioni analoghe a quelle dei curatores; ma le esercitarono solo nelle provinoe. Coi primi anni del III secolo però si comiuciò ad avere correctores anche per l’Italia (cfr. C. I. L., X, 5178 e 5398, dove si parla di C. Ottavio Alfio Snetrio eletto nel 214 ad corrigendum statum Italiae), e questi magistrati vennero assumendo un controllo generale su tutti i rami doll’amministrazione a partire dai tempi di Caraoalla: v. Mommsen, Epi. Ep., I, 130; Bom. Feldem., II, p. 136 sgg.'; Cardinali, Italia, cit., pag. 16 e la vooe correctores in Diz. ep., cit., sotto lu qualo esaurientemente sono trattate le questioni che riguardano l’argomento, _ 102 — che appaiono dopo la riforma dioclezianea, starebbe a dimostrare 1 attendibilità dell’opinione del Mommsen (8) che fino al 290 l Italia fu posta sotto l’autorità d’un solo correttore, e che non si ebbero correctores regionali (9). Ci restano invece nomi di juridici (10), la cui istituzione ìisale, come quella degli altri juridici d’Italia, a Marco Aurelio (11): C. I. L., VI, 332: Plotius Romanus juridicus per Aemiliam Liguriam (12). CIL X, 5178, 5398: Octavius Appius Suctrius Sabinus juridicus per Aemiliam et Liguriam (13). C. I. L., XIV, 2503: [leg(ato) p]r(o)pr(aetore) prov(inciae) O..., [juridjico Aemiliae? et] Liguriae, cu[ratori]... (14). Abbiamo anche il ricordo d’un procurator rationis privatae (15): C. I. G., 6771 = I. G., 608: ’Eiritpoîroç S'.à ^Xa^’-viaç Al[V.Xt'(*ç) Ai-ppiaç (16). È inoltre menzionato un tabularius XX hereditatum (17): C. I. L., XI, 1222: P. Aelius Aug(usti) l(ibertus) Prothymus tabularius vicesimae hereditatum Aemiliae, Liguriae, Transpadanae. Questa iscrizione dimostra che la XX herediatum, la cui amministia- (8) Cfr. St. E., II, 1086. (9) Secondo altri eruditi invece la oorrettnra sarebbe divenuta regionale in Italia lino dai tempi di Aureliano: v. Diz. ep., cit., II, 1244 sgg. e Cardinali, ivi. (10) Cfr. Cardinali, ivi: i ginridicati, che avevano attribuzioni giudiziarie, furono distribuiti in distretti con giurisdizione variabile di tempo in tempo nello diverse regioni augustee dell’Italia. V. anche la voce iuridici in Diz. ep., cit. (11) Risulta da un’iscrizione di Concordia (C. I. L., V, 1874: C. Atrius Antonium iuridicus per Italiam regionis Traspadanae) che tale istituzione cadrebbe negli anni tra il 161 e il 169. (12) Questo titolo è da ritenersi anteriore ad Alessandro Severo: cfr. Borghesi, Oeuvr., V, p. 359. (13) Del tempo di Caracalla o di Alessandro Severo: cfr. Mommsen, Epii, ep., I, 130 e Borghesi, ivi. (14) Non si conosce neanche approssimativamente la data di quest’iscrizione frammentaria. (15) Per questa carica e i suoi rapporti con l’amministrazione dei demani, v. C. I. L., Ili, 1464; VIII, 822, 11163; Kaibel, Incript. gr. Sic. et Italiae, 2433; v. anche i gromatici: Nipsus, 295, cfr. Hygin., 202, 2; 203, 1. (16) Il procurator (ìtv.zpoicoç) al quale l’iscrizione si riferisce è T. Porcius Cornelianus, eques. (17) Questi tabularii avevano l’ufficio di sopraintendere alla riscossione dell’imposta augustea di successione: ved. C. I. L., VI, 1633; VIII, 12-20; IX, 378, 1222; XIV, 2922 e cfr. Hirschfeld, Die Kaiserl. Vervvalt. beant-., p. 101, 4. — 103 - zione risiedeva in Roma, aveva funzioni anche nelle regioni d’Italia (18). Altre notizie non ci è consentito di dare intorno all’amministrazione della Liguria nel periodo in esame, che è forse fra tutti quello per il quale più scarseggiano le fonti sia letterarie che epigrafiche. Analogamente pochi e di minima importanza sono nella Liguria gli avvenimenti storici tramandatici dalle fonti antiche concernenti questo periodo, e di essi abbiamo già fatto precedentemente cenno (19). Nel campo economico, sebbene Velleia non appartenga, strettamente parlando, alla Liguria della IX regione della divisione augustea, è da ricordarsi qui la famosa Tavola alimentaria velleiate dell’età di Traiano (20). (18) Risulta portanto non destituita (li fondamento l’opinione dello Hikschfeld, op. cit., secondo la quale sarebbe un’inesattezza quanto è contenuto nell’iscrizione C. I. L., XI add. 7381, dove si eccenna ad un procur. pubblici XX hereditatum designato oon l’indicazione generale Italiae. (19) V. sopra pag. 80. (20) C. I. L., n. 1147: si tratta d’nn importante testo epigrafico inciso su nna tavola di bronzo di m. 1,50 X 3, rinvenuto a Velleia nel 1747. I frammenti che la costituiscono furono sistemati nel 1820, e si trovano ora sulla parete <ìi fondo della sala II del Museo di antichità di Parma: ofr. G. Monaco, Le collezioni del R. Museo di ant. di Parma (Guida sommaria), Parma, 1938. I X. /» Amministrazione da Diocleziano alla caduta dell’impero. Nell’ordinamento politico e amministrativo promosso da Diocleziano tra il 290 e il 300 (1). la Liguria fece parte della Dioecesis Italiciana (2), che fa una delle dodici diocesi in cui fu diviso, come in maggiori distretti amministrativi, l’impero (3). Detta diocesi fu suddivisa in dodici provincie (4) nel 297, e tra queste la Liguria restò unita all’Emilia con la denominazione di Italia regionis Transpadanae o Italia regionis citra Padum (5) o anche Italia utraque (Aemilia et Liguria), come appare dalle iscrizioni di T. Flavio Postumio Tiziano, che viene ricordato come corrector Italiae Transpadanae (6) ovvero Italiae reg(ionis) Transpadanae (7) e da quella di L. Elio Elvio Dionisio corrector utriusque Italiae (8), il quale titolo si spiega con (1) Cfr. Cardinali, in Diz. Epigr. De Rnggiero-Cardinali, voce Italia, vol. IV, p. 108 e Marquart, Rom Staatsvervoaltung, I2, 232, trad. it. E. Soiaini, p. 246. (2) Ved. L. Cantarelli, La diocesi Italiciana, Roma 1903 e C. Jullian, Les transformations politiques de l’Italie sous les Emptreurs Romains, 1884, p. 178 sgg. (3) Intorno alla distribuzione di queste diocesi: cfr. G. Cardinali, loc. cit. e v. inoltre Tillemont, Hist. des emp., IV, 284; Mommsen, Meni. dell’Ist., II, p. 301; Mar-QUArdt, St. Yervv., 1, 231; Mommsen, Die Reiclispraefectur, Hermes, 1901, p. 201 sgg. = Ges. Schr., VI, 284 sgg. (4) Cfr. Cardinali, ivi, p. 110. (5) C. I. L., Ili Snppl., 6755 e Sall., Hist, fragni., I, 20 ed. Maurenbrechen. (6) C. I. L., VI, 1418. (7) C. I. L., 1419 b; cfr. anche Panegyrici latini, IX, (Canstant) 7, Baehrens, p. 198, 17. (8) C. I. L., VI, 1673. I — 105 — la divisione della diocesi d’Italia in pars annonaria e pars urbicaria (9). Ma quando, nel quarto secolo, le provincie della diocesi Italiciana da dodici sono portate a diciassette la Liguria assume il terzo posto nel nuovo elenco e diventa una provincia separata dalle altre (10). Di quanto siamo qui venuti dicendo si ha conferma nel fatto che, anche quando sotto Costantino, tra il 306 e il 320, è costituito il vicarius Italiae con residenza in Milano e i governatori delle provincie vengono elevati alla dignità di consulares (11), continua a durare l'unione tra la Liguria e l’Emilia, e si hanno ancora consulares Aemiliae et Ligu- (9) Massimiano (cfr. Vita XXX tyr., 24; Aur. Vict., Caes., 39, 31, 32), nominato Angusto nel 286, impose nell’Italia settentrionale una contribuzione di legna, di vino e d’altre derrate annonarie per la corte imperiale di Milano, e in conseguenza di ciò questa parte d’Italia ebbe il nome di pars annonaria o Italia annonaria in contrapposizione con quella urbicaria, che nel secolo IV forniva derrate analoghe, suini, buoi ecc. alla città di Roma (cfr. Cantarelli, op. cit., pag. 16 e anche Kornemanm, art. Dioecesis in R. Enc. Pauly-Wissova, V, 731 quanto al Vicarius Italiae e al Vicarius Urbis Romae). (10) Cfr. Cardinali, Italia, ivi. L’elenco delle province si può desumere specialmente dalla lista di Verona, composta intorno al 297, pubblicata dal Mommsen iu Abliand. Ber. Ak., 1862, 489 sgg. = Ges Sdir., V, 561 sgg. e poi dal Sceek nella sua edizione della Not. Dignitatum, pag. 247 sgg. e dal Riese, Geogr. Lai. min., pag. 127 sgg.; dal laterculus di Polemus Silvius (Mommsen., Chron. min., I, 524 sgg.; Seek. loc. cit., p. 254) e dal Breviarium di Rufio Fusto. Cfr. anche Cantarelli, op. cit., pp., 7-18, dove sono pubblicate tutte le fonti letterarie, giuridiche, epigrafiche e la letteratura a proposito della dioecesis Italiciana. Le fonti che riguardano le provincie Aemilia et Liguria (cfr. Cantarelli, op. cit., pag. 44 e De-Vit, Aemilia, Liguria, in Onomasticon, I, 107-108; IV, 160) sono: Polem. Silvio: Aemilia, Liguria, in qua est Mediolanum. - Later. Bamb. et Oxf.: Aemilia Nursia Valeria; Liguria, in qua est Mediolanum. - Not. Dignitatum occ., II, 12-13; Aemiliae; Liguriae. - Paul., Hist. Lang., II, 18: Decima porro Aemilia a Liguria incipiens inter Apen-ninas Alpes et Badi fluenta versus Ravennam pergit. Haec locupletibus urbibus decoratur, Placentia scilicet et Parmaque Regio et Bononia Corneliique foro, cuius castrum Imolas appellatur. Extiterunt quoque qui Aemiliam et Valeriam Nursiam unam provinciam dicerent. Sed horum sententia stare non potest, quia inter Aemiliam et Valeriam Nursiam Tuscia et Umbria sunt constitutae; - Ibid., II, 15: Secunda provincia Liguria... in qua Mediolanum et Ticinus, quae alio nomine Papia appellatur. Haec usque ad Gallorum fines extenditur. - Cosmogr. Ravenn., 247, 8 sgg.: Italia habet provincias formosissimas decem et octo, id est Liguria... iterum per imperialem estratam proxima suprascriptae provinciae Liguriae Transpadanae est provincia quae dicitur Aemilia. - Guid., Geogr., 501, 9, 15: Prima igitur provincia Italiae Liguria est, ubi constructa cernitur Mediolanus. V. su Milano antica A. Calderugi, Lombardia romana, Milano, 1938. (11) Cfr. la voce Consularis in Diz. ep.', cit, — 106 — riae tra il 321 e 387, mentre dal 391 in poi le due provincie appaiono separate con un proprio consularis ciascuna (12). Pertanto l’Emilia e la Liguria, essendo state unite amministrati, vamente fino agli ultimi anni del secolo quarto e avendo poi proceduto separate, la loro storia, sempre sotto l’aspetto amministrativo, può, da Diocleziano in poi, dividersi in periodo dei correttori, periodo dei consolari e periodo della separazione. Al periodo dei correttori, che è il più oscuro di tutti, abbiamo accennato sopra, citando le epigrafi in cui si fa menzione dei correctores Postumio Tiziano ed Elvio Dionisio (13), e si denominano le provincie della Liguria e dell’Emilia Italia regionis Transpadanae. Il secondo periodo ha inizio coi tempi di Costantino, e va fino agli anni dal 391 e 396, quando incominciano ad aversi consulares speciali separati per l’Emilia e la Liguria; ed è a notarsi, a tale proposito, che i governatori di queste provincie furono elevati alla dignità di consolari, affinchè il vicariti'£ Italiae non si confondesse col corrector Italiae (14). Abbiamo menzione dei seguenti consulares Aemiliae et Liguriae: C. I. L., X, 1125: C. Iulius Ablabius Tatianus consularis Aemiliae et Liguriae, probabilmente del 321 (15); C. Th., XI, 16, 2: Ulpius Flavianus consularis Aemiliae et Liguriae, dell’anno 823 (16); C. Th., XIII, 10, 3; C. Iust., XI. 47, 2: Imp. Constantius A.adDul-citium consularem Aemiliae. Dat. III Kal. Maii, Medionali, Constantio A. et Iuliano Caes. II coss. L’indicazione della Liguria sarebbe stata omessa in questo documento per brevità (17). S. Hieronyìi., Ep., I, 3: si parla di un consularis senza farne il nome: Vercelleae Ligurum civitas haud procul a radicibus Alpium sita, olim potens, nunc raro est habitatore semiruta. Hanc quum ex more consularis viseret.... Questa lettera sarebbe stata scritta nel 371 (18). (12) V. De-Vit, Aemilia, Liguria (onomasticon), I, 107-108; IV, 16; Diz. Epigr., cit. I, 293; Cantarelli, op. cit., p. 50. (13) A queste due iscrizioni se ne può anche aggiungere una (li Poto Onorato, corrector Itali(ae) (C. I. L., 2871: cfr. Mommsen, Eph. Epigr., I, 140, n: 4) dell’epoca di Domiziano. (14) Cfr. Cantarelli, op. cit., pag. 47. (15) Ivi, pag. 50. (16) Ivi, jjag. 51. (17) Cfr. Mommsen, Rom. Feldmesser, lì, 204, n. 106. (18) Cantarelli, ivi. - 107 — Paulini vita S. Ambros., 5: si tratta di S. Ambrogio, vescovo di Milano (v. De Rossi, Bull. Crist., 1864, p. 76 sgg.): Postquam edoctus [Ambrosius] liberalibus disciplinis ex Urbe egressus èst professusque in auditorio praefecturae praetorii, ita splendide causas peroravit, ut eligeretur a viro illustri Probo, tunc praefecto praetorii, ad consilium tribuendum, Post haec consularitatis suscepit insignia, ut regeret Liguriam Aemi-liamqueprovincias venitque Mediolanum. Il governo di S. Ambrogio dovrebbe porsi tra il 368 e il 374 (19). C. Th., II, 4, 4: Flavius Pisidius Romulus, consularis Aemiliae et Liguriae., anno 385: Imppp. Valentinianus, Theodosius et Arcadius A. A. A. ad Romulum consularem Aemiliae et Liguriae. Dat. XIII Kal. Iui. Mediolano, Arcadio Aug. I et Bautone v. c. coss. (20). C. I. L., XII, 1858 (iscrizione di Vienna): si allude forse a L. Valerius Septimus Bassus, che fu prefetto di Roma fra il 379 e il 383 (21). Divenuta, come abbiamo detto, provincia a sè stante tra il 391 e il 396, la Liguria assume un’amministrazione sua propria, rimanendo in tale forma anche nel secolo quinto; e i suoi territori, estendendosi dalle Alpi, a settentrione e a occidente, fino all’Adda, a oriente, e fino al bacino del Po, a mezzogiorno, comprendevano una parte della regione IX (Liguria) e la regione XI (Transpadana) della divisione augustea. La sua capitale era Mediolanum (22), dove risiedevano, come già accennammo, il vicarius Italiae, il governatore della provincia (consularis) e inoltre il procurator gynaecii (procuratore del lanificio) Mediolanensis Liguriae (23) e il praepositus thesaurorum Mediolanensium Liguriae (24). Dei consulares Liguriae di questo periodo si ricordano: Symm., Ep. III, 34: Magnillus, che governò la Liguria poco dopo il 390 (25): frater meus Magnillus... etiam tum amorem, cum Liguriam gubernaret, adtraxit. C. Th., IV, 22, 4: Arrianus consularis Liguriae, nel 396: Impp. (19) Cfr. Iiim, Studia Ambrosiana, p. 4 o Cantarelli, ivi. (20) Cfr. Cantarelli, ivi, pag. 53; Gotofr., Prosopogr., p. 81: Seek, Chr. Sym-macliiana, p. CXCVIII; Cuq in Borghesi, Opere, X, 716. (21) Cfr. Cantarelli, ivi; C. I. L., 1184 a: S]eptimius... [consolaris ^l]eHii7in[e] L[igur[iae et rei.]. (22) V. Io fonti sopra citate e Iord., Get., 42: Mediolanum quoque Liguriae mctro-polis: regia urbs. (23) Cfr. Not. Dign. occ., XI, 50. (24) Ivi, XI, 28. (25) Cantarelli, ivi. — 108 — Arcadius et Honorius A. A. Anicino consulari Liguriae. Dat(a) Kalend. Ianuar. Mediolano, Arcadio IV et Honorio III A. A. coss. (25). In Comum, detta da Cassiodoro (Var., 14) muninem claustrale provinciae era stanziato il praefectus classis Comensis cum curis eiusdem civitatis (26). Altri centri della provincia di Liguria, dove avevano le loro prefetture o stazioni i Sarmati Gentili (27), erano Dertona, Novaria, Pollentium, Augusta Taurinorum, Aquae Statiellae, Vercellae, Quadratae, Eporedia (28). Ci rimane anche notizia (29) di due importanti assemblee della provincia, una tenuta nell’epoca di Antemio (30) e l'altra in quella di Giulio Nepote (31). Ma fin dove giungeva a mezzogiorno la provincia di Liguria in questi tempi, se in essa — che aveva la sua metropoli in Mediolanum e s’estendeva fino a Comum — non risaltano comprese nè Genua nè altre città litoranee? Certamente alquanto a sud del corso del Po, perchè in essa erano comprese città poste in questo territorio; ma non quelle situate sul mare, come sarebbe dimostrato dal luogo seguente di Paolo Diacono (32), che le colloca con altre nella provincia delle Alpi Cozie: Quinta vero provincia Alpes Cottiae dicuntur, quae sic a Cottio rege, qui Neronis tempore fuit, appellatae sunt. Haec a Liguria in eorum versus usque ad mare^Tyrhenum extenditur, ab occiduo vero Gallorum finibus copulatur. In hac Aquis ubi aquae calidae sunt, Dertona et monasterium Bobium, Genua quoque et Saona civitates habentur. Questo passo fu discusso specialmente dal Fabre (33), dal Mom- (26) Cfr. Xot. Dign. occ., XLII, 9. (27) Cfr. Canatrelli, ivi pag. 19. (28) Xot. Dign. occ., XLII, 56-59; 61-63. In Vercelli, secondo risulta da un’iscrizione cristiana (C. I. L., V, 6726), sarebbe esistita una (s)chola Arme(niorum pri)ma: cfr. Bruzza, Iscrizioni antiche vercellesi, p. 178 sgg. e Diz. Ep. cit., I, 675. (29) Cfr. Guiraud, Assemblées Provinciales, p. 277: le due assemblee provinciali furono convocate in Milano. (30) Cfr. Cantarelli, Annali d’Italia, p. 62 sgg. = Studi e Documenti, XVII (1896), 102 sgg.: quest’assemblea mirò ad allontanare il pericolo d’una gnerra tra Antemio o Bicimero. (31) Cfr. Cantarelli, ivi, p. 76 = Studi e Documenti, cit., p. 112: l’imperatore Giu- lio Nepote consaltò l’assemblea circa la gnerra che stava per muovere ad Enrico, re dei Visigoti. (32) Paul. Diac., Hist. Langob., II, 16. (33) V. Le Patrimoine d’Eglise Romaine dans les Alpes Cottiennes, Mélanges de l’École Franc, de Rome, 1884, p. 383 sgg. - 100 — rasen (34) e dal Cantarelli (35) in confronto col catalogo madrileno (36) e col manoscritto di Spira (37), che contengono notizie analoghe. becondo il Fabre è incontestabile che l’antica Liguria, verso la metà del secolo sesto, era divisa in due parti: una costituente la provincia delle Alpi Cozie e posta a mezzodì del Po con le città di Genova, Savona, Bobbio, Acqui e Tortona; l’altra che, conservando il nome di Liguria, si estese nel territorio dell’antica Transpadana con le città di Milano, Pavia, Novara, Vercelli ecc. Essendo questa divisione anche confermata da tutta la geografia tradizionale del medio Evo, la quale si fonda in gian pai te sulle testimonianze di Paolo Diacono, è ovvio ritenere — si vedano le anomalie della storia! — che nel tempo che noi veniamo studiando, Genova e le altre città nominate da Paolo Diacono nel passo sopì a riferito non appartenessero alla provincia della Liguria, ma a quella delle Alpi Cozie, e che la provincia della Liguria avesse come confine meridionale il versante nord dell’Appennino. A conclusioni non dissimili giungono il Mommsen (38) e il Cantarelli, pur non riuscendo a chiarire con ragioni soddisfacenti le cause vere del poco verosimile ordinamento amministrativo (39), a causa della (34) V. Neues Archiv, V, 90; C. I. L., V. 810; Chr. minora, I, 532. (35) Ivi, pag. 57 sgg (36) È questo un Catalogus provinciarum Italiae scoperto ilal Waitz nella biblioteca regia di Madrid (codice A. 16 del soc. decimo) e pubblicato in appendice alla storia dei Longobardi di Paolo Diacono: cfr. in proposito Mommsen, Neues Archiv, V, sgg-! Waitz, Scriptores rerum Langobardorum et Italicarum in Mon. Germ. Hist, V, p. 417; Neff, ivi, XVII, 204. (37) 11 catalogo provinciale di Spira e le copie di esso che si trovano nei codici di Bamberga e di Oxford, avrebbero servito, secondo il Mommsen (Neues Archiv, V, 90-91) coinè fonte a Paolo Diacono per la Storia dei Longobardi. (38) Non pare plausibile l’opinione del Mommsen (Chronica minora, I, 532), secondo la quale la provincia Alpcs Cotticae et Apenninae in quibus Genua (cfr. catal. dì Spira cit.) corrisponderebbe alla provincia maritima Italorum quae dicitur Lunensis et Vigintimi- lii ct ceterarum civitatum dell’anonimo Ravennate (IV, 29), perchè questa non fu istituita prima del periodo bizantino (cfr. Gaudenzi, Il monastero di Nonantola ecc., in Boll, del-l’Ixt. utor. Ital., Roma, 1900, pag. 70). (39) Resta ad ogni modo da chiarire il disaccordo tra la Noi. Dign. occ. (XLII, 56-59; 61-63), che poue Aquae Statiellae e Dertona nella provincia della Liguria e il citato passo di Paolo Diacono elio lo colloca con Bobium, Gemui e Saona in quella delle Alpi Cozie: ciò indurrebbe a credere che Paolo Diacono si riferisca a un’epoca posteriore al seoolo quinto prossima alla longobardica: ofr. Cantarelli, ivi, pag. 49; v. anche, su tutta la materia del periodo in esame, Jullian, Les transformatione politiques de l’Italie sous les Empereurs Romains, cit., pag. 178 sgg.; Marquaudt, Rom. Staatever- V _ 110 — mancanza di fonti che ci illuminino sulla topografia provinciale dell Italia settentrionale nell’epoca in esame (40). rraltung, 1*. 232 = L'amminittrazione Romana (trnd. italiana
  • «KK-i Mommskx, IU, itali*chrn Regione,, nei Beitràge :nr alte,, ckte ,„„1 Géographie (Keat- schrift ntr H. Kiepert, Berlin, lNi>t*. pp. 93-110). (40) Circa l'ordinamento interno della Liguria in tjuçstYj.oea, v. i! lavoro cit. di F. Gabotto, I municipi rvmani deli'Italia occidentale alla mortoli Teodosio. INDICE DEGLI AUTORI B Agatamero, 45. Alberti, 14. Albizzati, 34, n. 168. Alessandria, 51, n. 34. Allais, 45, n. 22. Atti erano, 15, n. 38; 29, n. 122. Ammiano Marc., 35, u. 175; 66. Anonimo, 15, n. 38; 54. Anonimo Rav., 41; 44, u. 21: 47; 47, n. 34; 48; 48, n. 37; 87, n. 19. Apollodoro, 21, n. 67; 66. Apollonio Rod., 40. Appiano, 32, n. 152; 35, n. 172; 43; 83; 97, ri. 26, 30; 98; 98, n. 39. Aristotele, 13, n. 19; 26, n. 108; 39, il. 5. Arriano, 35, n. 172. Artemidoro, 11, n. 1. Ascari, 47, n. 30. Asconio, 97, n. 29. Auct, de vir. ili., 78; 88, n. 26. Aulo Gellio, 97, n. 30. Aurelio Vitt., 93, n. 43; 105, n. 9. Ausonio, 32, u. 156; 59; 61, n. 15; 101, n. 6. Avieno, 8; 11, n. 1, 5; 13, n. 21, 22; 21; 22; 22, n. 74; 27; 32, n. 157; 07; 60; 60, n. 11; 61, n. 15; 64, li. 37; 66. Baccino, 88, n. 27. Banti, 87, n. 22. Baratta, 43, n. 17; 50, n. 43. Barbieri, 47, n. 80. Baerhens, 104, n. 7. Barocelli, 47, n. 29. Barrili, 25, n. 98; 59; 59, n. 7. Battaglia, 87. n. 22. Belocìi, 38, n. 1; 39, n. 5; 85. n. 7; 9o, u. 16; 96; 97; 97, n. 28; 100, n. 2. Bensa, 15, n. 38; 29, u. 122. Bertlielot, 9, u. 9; 12, n. 10; 13, n. 23; 17, n. 46; 19; 19, n. 50, 59 20; 20, n. 63; 21; 21, n. 70; 22 25, li. 100; 27; 57, u. 2; 64, n. 37 64, n. 50. Bertrand, 15, n. 38; 28, n. 121; 29. n. 124. Bibbia, 14. Bicknell, 15, n. 38; 35, n. 177. Binder, 55, n. 68. Biorgi, 50, n. 44. Blanc, 15, n. 38; 35, n. 177. Borghesi, 74, n. 23; 101, n. 6; 102, n. 12, 13. Bormann, 39, n. 4, 5; 100, n. 3. Boselli, 49, n. 40, 41. Bouche, 15, n. 36. — 114 — Boule. 16, u. 38. Brizio, 15, n. 38; 29, n. 122. Broca, 24. u. 88; 64; 64. n. 4.». Brun, 15, n. 38. Bruns, 05, n. 17. Bruzza, 108, n. 28. C Caklerini, 105, n. 10. Carnau, 15, n. 38. Cantarelli, 39, n. 4; 104, n. 2; 105 n. 9, 10; 106, n. 12, 14, 18; 107, n. 19. 20, 21, 25; 108. n. 27, 30, 31; 109; 109, n. 39. Capellini, 15. n.38; 29, n. 122; 87. n.22. Caramella,- 123. Cardinali, 13, n. 17; 38, n. I; 39, n. 4; 80; 88, n. 27; S9, n. 31; 94, n. 13; 97, n. 27, 29; 98, n. 32; 100, n. 4; 101. n. G, 7; 102, n. 9, 10; 104, n. 1, 3, 4; 105, n. 9. 10. Carnon, 27, n. 108. Caselli. 35, n. 38. Casimire, 45. n. 22. Cassiodoro, 50; 108. Castelli, 87, n. 22. Catone, 11; 13, n. 24; 58, n. 7. Catullo, 91. Ceci, 18, n. 53; 19; 19, n. 55; 22, n. 78; 23, n. 87; 25, n. 99. Celesia, 15, n.38; 26, n. 106; 35; 35, n. 177; 40, n. 8; 41, n. 12; 85, n. 11. Cellario, 14; 15, n. 37. Cesare, 11, n. 1; 33, n. 165; 43; 98, n. 34. Chantre, 29, n. 127; 30, n. 130. Chiama, 41, n. 11. Chiaborelli, 50, n. 44. Cliiappori, 15, n. 38. Cicerone, 46; 47; 49, n. 40; 50; 51; 52; 57; 61, n. 15; 62, n. 6; 69, n. 7; 77, n. 31; 80; 89 n. 28; 97, n. 29; 98, n. 34, 36. Claudiano, 39, n. 5; 44; 44, n. 21. Cluget, 35, n. 177. Cluverio, 14. Coen, 92, n. 43. Colini, 15, n. 38; 28, n. 122. Columella, 58; 5S, n. 4. Corazzi, 15, n. 38; 29, n. 122. Cornelio ifep., 44; 46; 91. C. I. G., 102. C. I. L., 19, n. 61; 20, u. 62; 33, n. 158, 161, 165, 166, 167; 41; 43, n. 14; 46; 47; 48, n. 35; 49; 50; 50, u. 44, 45; 51; 52, n. 52, 53; 68; 69; 73; 75; 76; 76, n. 31; 77; 80; SI; 81, n. 5; 82; 82, n. 7, 11; 84; 84, n. 2; 85, n. 10; 86 n. 12, 13; 89, n. 29; 91, n. 39; 95, n. 15, 17; 96, n. 20,22; 98, n. 34; 101, n. 7; 102; 102, n. 11, 15, 17, 18, 20; 104, n. 5, 6. 7, 8; 106, n. 13; 107; 109, n. 34. C. Script. Eccl., 54, n. (il. Corradi, 89, n. 28. Cuno, 17, n. 45; 64; 64, n. 47. Cuntz, 38, n. 1. Cuq, 107, n. 20. dirotto, 49, n. 39; 50, n. 42; 87, n. 22. D D’Andrade, 15, n. 38; 34, n. 168. Dante, 41, n. 11. D’Arbois de J., 16, n. 40; 20; 20, n. 67; 25; 26, n. 102; 27, n. 108; 64; 64, n. 44. ' — 115 — De Beloguet, 04; 04, n. 40. Dechelette, 21, u. 07, 70. Del Moro, 15, 11. 38. De Mortillet, 28, n. 121; 36, n. 181. De Negri, 15, n. 38. De Quatrefages, 24, n. 92. De Rossi, 78. De Ruggiero, 13, n. 17; 38, n. 1; 80; 88, il. 27; 89, n. 31; 104, n. 1. De Sanctis, 26, n. 108; 40, n. 6; 66, n. 2; 38, n. 24; 89, n. 33; 97. Desjardins, 38, n. 1; 46, n. 23. Desimoni, 41, n. 14; 85, n. 11. Desot, 29, u. 126. Betlefsen, 100, n. 2. De Villeiieuve, 16, n. 38. De-Vit, 105, II. 10; 106, n. 12. Devoto, 27, n. 108. Diodoro, 11, n. 1; 12; 12, n. 8; 28; 28, n. 119; 30, n. 133; 31, n. 149; 33, n. 105; 34, n. 171; 35, n. 172, ■ 174; 43; 49, n. 40; 56, n. 1; 57, 57, n. 1, 2; 59; 61, n. 14, 15; 62, n. 16, 20, 22; 63, n. 26, 28, 29, 31, 34; 64, n. 38; 66; 66, n. 1; 67; 79, n. 1, 2; 84, n. 4; 86, n. 14; 97, n. 29. Dioiie Cassio, 11, u, 1, 45; 49, n. 40; 52; 52, n. 52; 84, n. 9; 91, n. 43; 98; 98, n. 30; 98, n. 39. Dionigi d’Al., 12; 12, n. 9, 15; 13, n. 20, 28; 14; 26, n. 108; 27; 27, n. 109; 35, n. 174; 82; 90, n. 36. Dionisio Terieg, 11, n. 1; 22; 66. Dioscoride, 38; 40; 45. Du CI iato] lier, 29, n. 128, 129. Dufour, 27, n. 110. Durandi, 22. E Ecateo, 12; 13, n. 18, 20; 26, u. 108; 38; 39, n. 5. Eliano, 58. Epliein. ep., SI; 81, n. 6; 101, n. 7. Ennio, 40; 87, n. 31. Eratostene, 12. Ercliert, 19, n. 53. Erodoto, 8; 12, n. 10; 21, n. 70; 26, n. 108; 79. Ertborn, 16, n. 38. Escili lo, 12; 12, n. IO. 23; 35, n. 173; 66. Esiodo, 12; 20, n. 67. Euripide, 12, n. 10. Eusebio, 50, n. 45; 51, n! 49. Eustazio, 11, n. 1; 62, n. 20; 66. Eutropio, 68; 08, n. 6. Evans. 16, n. 38; 30, n. 130. F Fabre. 108; 109. Fasti trionf., 71; 73; 74; 77; 93. Federici, 85, n. 11. Ferretto, 48, n. 35; 123. Festo 13 il. 28; 26 n. 108; 95; 97 n. 28; 105 n. 10. Flavio Biondo, 14. Flechia, 20. Floro, 26, n. 108; 28, n. 120; 45; 47; 58, n. 3; 62, n. 16; 67; 67, n. 3; 68; 68, n. 5; 77, u. 32, 34; 83; 84, n. 3; 85, n. 7. Fi li sto Siracus., 12, n. 15; 13, n. 26. Foderé, 16, n. 38. Forbiger, 17, 11. 43; 44. n. 21. Ford, 16, n. 38. — 116 — Fornarese, 51, 11. 48. Formentini, 32, n. 153; 47, n. 30; 48, n. 35, 30; 85, n. 7. 10; 87, n. 22; 1)4, n. 8. Formigé, 45, n. 23. Franchi Ferney, 51, n. 48. Frontino, 72. Funel, 20, n. 65. G Gabotto, 46, n. 27; 48, n. 35; 49, n. 39, 40, 41; 50, n. 42; 51, li. 46, 50; 52, n. 55; 54; 54, n. 62. Gardthausen, 46, n. 23. Gaudenzi, 109, n. 38. Gaudin. 16, n. 38. Geny, 16, n. 38. Gesenius, 35, n. 177. Gerolamo, 106. Ghigli otti, 16, n. 38. Ghirardini, 16, n. 38; 34, n. 168. Giglioli, 45, n. 23. Gioffredo, 16, n. 38; 35; 45, n. 22. Giordanes, 44; 107, n. 22. Giovio, 14; 14, n. 32. Giuseppe Flavio, 32, n. 152. Giustino, 13, n. 25; 31, n. 147; 32, n. 151; 34, n. 171; 35, n. 172; 59; 59, n. 8. Girard, 95, n. 17. Giuffrida, 16, n. 38. Giulio Onorio, 54, n. 59. Goggia, 16, n. 38. Gorrini, 50, n. 45. Gotofredo, 107, 20. Grassi, 41, n. 14; 85, n. 11. Graziosi, 87, n. 22. Grosso, 34, n. 168. Gxotefend, 17, n. 45; 22. Guarini, 74, n. 23. Guido geogr., 47, n. 34; 54; 105, n. 10. Guiraud, 108, n. 29. H Hall, 16, n. 38. Hamy, 24, n. 92. nenzen, 74, n. 23; 101, n. (>. Hirsclield, 102, n. 17: 103, n. 18. Hirt, 16, n. 40; 64; 64, n. 46. Hist. Graec. frag., 12, n. 11: 13, n. 26; 34, n. 169. Homo, 19, n. 60; 26, n. 105; 27, n. 108. I Ianus, 53, n. 56. Igino, 20, n. 67. Ihm, 107, n. 19. Incoronato, 16, n. 38. Inscript. Italiae, 52, n. 53. Isidoro, 44, n. 21. Issel, 15, n. 38; 16, n. 38; 17, n. 44, 47, 48; 25, n. 97; 25, n. 101; 28, n. 113, 114, 115, 116; 29, n. 125, 126, 127, 128; 30, n. 131, 134, 135, 137; 34, n. 168: 35, n. 177; 36, n. 180, 181; 65, n. 53. Itin. Auton., 41; 43; 44; 45: 47; 48; 49; 50; 51; 54; 86, n. 19; 89, n. 30. Itin. Ieros., 44, n. 54. Itin. Marit., 46; 47; 86, u. 19. Iung, 87, n. 22. — 117 — J Jullian, 11, n. 1; 12, n. 10; 19; 19, n. 57, 00; 26; 2(i, n. 105; 27, n. 108; 28, n. 117; 29, n. 126; 31, n. 148; 32, il. 155; 33, n. 159; 57, n. 2; 60; (iO, n. 9; 64; 64, n. 49; 101, n. 6; 104, n. 2; 109, 39. K Kaibel, 102, n. 15. Karlowa, 95, n. 17. Kiepert, 49, n. 41; 110, n. 39. Korneinann, 39, 4; 105, n. 9. Kubitsclieck, 96, n. 20. L Lagneau, 64^64, n. 62. Lamboglia, 40, n. 6; 45, n. 23; 46, n. 27; 47, n. 28, 29, 30; 48, n. 35, 36; 50, n. 42; 52, n. 55; 67, n. 2; 68, u. 5; 78, n. 35; 86, n. 16; 38, n. 27. Later. Bram., 105, n. 10. Lefebure, 11, n. 1. Lissaner, 35, n. 177. Livio, 13, n. 24; 30, n. 132; 31; 31, n. 141, 142, 143, 144, 145, 146; 32, n. 150, 153, 154; 33, n. 158, 159; 34, li. 172; 40; 40, u. 7, 8; 41; 43, n. 17; 45; 46; 46, n. 25; 47; 48; 49, n. 40; 50; 50, n. 43, 44; 51; 52; 57; 58; 58, n. 2; 59; 59, n. 8; 60; 60, n. 11; 62, n. 19; 03, n. 33; 64, n. 37; 66; 66, n. 1; 67; 67, n. 3; 68; 69; 69, n. 89; 70; 70, a. 11, 12, 13, 14; 71; 71, n. 15, 17; 72; 72, n. 18, 19, 20, 21; 73; 73, n. 22, 23; 74; 75, n. 25, 20, 27, 28, 29; 76; 76 n. 31; 77; 77 n. 31, 34; 78; 79; 82; 82, n. 8, 9; 83; 84; 84, n. 3; 85, n. 11; 80; 90, n. 36; 91, n. 40; 93, n. 1, 3, 4, 5; 94, n. 9, 11; 96, n. 21. Lucano, 11, n. 1; 13; 13, n. 23; 43; 44; 52; 57; 63, n. 33. M Maggini, 14. Maggridge, 35, n. 177. Mander, 36, n. 179. Manzone, 23, n, 81; 51, n. 47. Marquardt, 97, n. 28; 98, n. 39; 104, n. 1, 3; 109, n. 39. Martial, 61, n. 13. Marziale, 9; 44; 58; 58, n. 4; 87, n. 21. Maspero, 34, n. 169. Matbis, 51, n. 48. Maury, 17, n. 45; 22; 22, n. 78. Mazzini, 16, n. 38; 41, n. 10; 87, n. 22; 95, n. 7. Melilis, 16, n. 38; 64; 64, n. 43. Mela, 35, n. 172; 39. n. 5; 40; 43; 43, n. 16; 44, u. 25; 46; 47; 53; 53, il. 57; 59, n. 8. Meillet, 19, n. 50. Menila, 14. Metrodoro, 44, n. 21. Milani, 87, n. 22. Milano, 51, n. 48. Miller, 54, n. 64. Ministero Mar., 16, n. 38. Minto, 87, il. 22. Miscosi, 47, li. 30. Mochi, 87, u. 22, — lis — Modigliani. 16, n. 3S; 29, u. 122. Mommsen, 38, n. 1; 39, n. 4; 52, n. .>2; 74, n. 23; SO, n. 16; 89, n. 22; 97. n. 28, 30; 98, u. 39; 100. n. 1, 2, 3; 101. n. 6, 7; 102; 102, n. 13; 104. n. 3; 105, n. 10; 106, n. 13, 17; 10S; 109; 109. n. 37, 38. Monaco, 48, n. 39; 50. n. 42; 8S, n. 25; 103, n. 20. Mon. liist. patr. script., 35, u. 176. Modestov, 25, n. 99; 26, n. 10S. Molon, 17, n. 42; 24; 24. n. 90; 30, n. 139. Montelio, 62, n. 25. Morelli. 16, n. 38; IS, n. 50; 28. Moresco, 34, n. 168. Muellenlioff, 16, n. 39; 20, n. 67; 23, n. 87; 26. Mueller, 54, n. 63; 95, n. 14. Myres, 27, n. 108. N M-. 109, n. 36. Niccolini, 76, n. 31; 97, u. 30. Nicolucci, 17, n. 42; 18; 18, n. 52; 24; 24, n. 93; 65; 65, n. 52. Niebulir, 23. Nissen, 26. n. 108; 38, n. 1; 52, n. 52; 64; 64, n. 41; 89. n. 32; 95, n. 17. Nistroen, 64; 64, n. 39. Not. degli scavi, 81. Not. ilign. occ., 105, n. 10; 107, n. 23; 10S, n. 26, 28; 109, n. 39. O Oberziner, 17, n. 48; 18, n. 49; 23, n. 82; 28. n. 117, 118; 34, n. 168; 36; 47, ii. 32; 52, n, 51; 58, n. 5; 62, n. 24; 67, n. 2; 77, n. 33; 80, n. 3; 99, n. 42; 101, n. 5. Oelher, 54, n. 65. Oemichen, 100, n. 2. Orazio, 59, n. 7. Orsi, 25, n. 99. Orosio, 60; 77, n. 33; S3; 98, n. 33. Ovidio, 20. n. 67; 33, n. 160; 44. Pacini, 28, u. 122. Pais, 26, n. 10S; 47, n. 28; 32, n. 65; 65, n. 54; 67, n. 2; 6S, n. 71; 72, n. IS; 73; 74; 77, n. 77, n. 34; 82, n. 11; 84, n. 2; n. 6; 86, n. 19; 88; 8Sr n. 24; 91, n. 38,41; 92, n. 43; 93, n. 2; 94, n. 6, 10. Pareti, 40, n. 6. Paolino, 107. Paolo Diacono, 44; 49; 105, n. 108, n. 32; 109; 109, n. 36. Paribeni, 34, n. 168. Partliey, 55, n. 68. Panegirici lat., 104, n. 7. Pauly, 26. Pauly-Wissowa E. E., 19, n. 58; n. 99; 79, n. 2; 81, n. 4; 10.), n Pausania, 20, n. 67. Pedroli, 43, n. 16, 17; 49, n. 41; n. 51; 52, n. 52; 74, n. 24. Peet, 25, n. 108. Peola, 21, n. 67. Pellati, 16, u. 38. Perrando, 16, ii. 38. Persio, 40; 37, n. 21. Pigorini, 16, n. 38; 18, n. ;>2. Pizzagalli, 19, n. 60. o3; 21; 85, 91; 1, 10: 25, . 9. 50, — 119 — Plauat, 16, n. 30. Platone, 11, n. 1; 25. Plinio, 11, n. 4, 5; 13, n. 23, 24; 21, n. 08, 09, 70; 23; 20, n. 108; 32, n. 152, 150; 33, n. 102, 103, 104; 38; 39; 39, n. 45; 40; 41, n. 9; 43; 43, n. 10, 17; 44; 44, n. 21; 45; 40; 40, n. 20; 47; 48; 48, n. 35; 49; 49, n. 40; 50; 51; 52; 52, n. 52; 53; 53, n. 50; 57; 58; 00; 01, n. 14; 02, n. 18; 03, n. 33; 60; 73; 77; 78; 80; 83; 80, n. 10; 88, n. 25; 91; 92, n. 45; 94, n. 12. Plutarco, 12, n. 0; 23; 31, n. 140; 32, n. 152; 43; 43, n. 17; 49, n. 40; 50, n. 43; 58, n. 0; 59, n. 8; 00, n. 1; 07; 08; 09, n. 7; 71, n. 18; 73; 79, n. 1; 80; 86, n. 14; 97, n. 26; 98, n. 33, 34. Podestà, 16, n. 38; 28, n. 119; 85, n. 11. Poggi, 16, n. 38; 34, n. 168; 41, n. 14; 43, n. 14; 46, n. 24; 47, n. 29, 30; 48, il. 35. Polemo Silv., 105, n. 10. Polibio, 13; 20, n. 108; 27, u. 112; 31, n. 140; 38; 39, n. 5; 43; 44; 44, n. 21; 40; 49; 49, n. 41; 50; 50, n. 43; 53; 71; 75, n. 25; 79; 79, n. 1. Ponzo, 51, n. 47. Posidonio, 50. Promis, 40, n. 0; 41, n. 10; 43, n. 17; 87, n. 22. Properzio, 44. Pseudo Scili., 11, n. 5; 23; 20, n. 108; 43. ' Puccioni, 87, n. 22. Pullé, 16, n. 40. Q Queirolo, 47, n. 29. Quintiliano, 92. R Raftb, 16, n. 38. Raimondi, 28, n. 119. Ramorino, 16, n. 38. Ranke, 19, n. 53. Regalia, 10, n. 38; 18, n. 50; 28, n. 116; 87, n. 22. Reinacli, 16, n. 38; 28, n. 121; 29, n. 127; 30, u. 131. Rollini, 87, n. 22. Revelli, 47, n. 30. Revière, 16, n. 38; 28; 28, u. 114; 35; 35, n. 178. Riccobono, 85, n. 17. Riese, 105, n. 10. Roget de Bell., 24, n. 88. Rosemberg, 101, n. 0. Rossi, 16, n. 38; 17, n. 42; 46, u. 27; 6S, n. 5. Rutilio Nam., 87, n. 21. S Salinas, 51, n. 49. Sallustio, 34, n. 170; 59; 79, 11. 2; 80; 104, 11. 5. Sanguineti, 84, n. 2; 85, n. U; 88, 11. 27. Sarmento. 13. 11. 17. Savigny, 95, 11. 17. Scati, 50. 11. 44. Sebiaffini, 19, 11. 60; 40, 11. 6. — 120 — Scliiaparelli, 17, u. 41; 24, u. 89; 65; 65, u. 51. Scln-acler, 64, u. 37. Selnüten, 25, n. 99. Seliurtz, 24, n. 78. Semiane. 85, u. 11. Seek, 105, n. 10; 107, u. 20. Seneca, 13, n. 27. Sergi, 16, 38; 17. n. 44; 18; 18, n. 51; 25; 25, n. 96. Serra. 16, n. 38; 61; 61, n. 12; 92, n. 43. Servio, 11, n. 2; 13, n. 28; 34, n. 1<2; 44, n. 21; 45, n. 22. Sforza, 87, n. 22. Silio Italico, 12; 12, n. 16; 13, n. 86; 33, n. 160; 34, n. 169; 40; 44; 46; 51; 57; 58; 64, n. 37; 66, n. 1; 79, n. 2; 87, n. 21. Simmaco, 107. Solari, 67, n. 2; 74, n. 24; 87, n. 22. Solaini, 110, n. 39. Solino, 45; 66. Stazio, 11. Stefano Biz., 40. Strabone, 11, n. 13; 12; 12, n. 7, 10, 12, 13, 14; 13; 21, n. 70; 24, n. 88; 26, n. 108; 27, n. 111; 30, n. 13S; 33, n. 15S; 165; 167; 38; 39, n. 5; 40; 41; 43; 43, n. 16, 17; 44; 44, n. 21; 45, n. 22; 46; 47; 49, n. 40; 56, n. 1; 57; 57, n. 2; 58; 58, n. 3; 59, n. 8; 61, n. 14; 62, n. 16, 17, 25; 63, n. 26, 29, 32, 35, 36; 66; 67, n.3; 73; 80; 85, n.8; 86; 86,n.l5, 17, 18, 19; 87, n. 20; 88; 89, n. 28, 29, 30; 90; 90, n. 35; 99, n. 41, 42. Svetonio, 38; 49, n. 40; 80; 98, n. 34, 35. T Tacito, 21; u. 68; 38, u. 2; 40; 43, n. 16; 45; 46; 49, n. 40; 57; 80; 81; 98, il. 36; 40. Tav. Peut., 41, 43; 44; 44, n. 19, 20, 21, 45; 47; 48; 49; 50; 54; 87, n. 19; 89, n. 30. Tav. Veli, 103, 103; n. 2. Tav. Polcevera, 41, n. 14. Terracini, 19, n. 60. Thierry, 24, n. 88; 35, n. 174. Tillemont, 92, n. 43; 104 n. 3. Timeo, 72, n. 20; 63, n. 30. Tolomeo, 8; 11, n. 1; 38; 39; 39, n. 5; 40; 41; 45; 46; 47; 48; 49; 49, n. 40; 50; 51; 53; 54; 54, n. 59; 84, n. 19. Tomasckek, 22, n. 78. Tonso, 23. Trofeo della Turbia, 45, n. 33. Troyon, 30, n. 136. Tucidide, 12; 12, n. 10; 13, n. 26; 23; 23, n. 84; 26, n. 108; 66. V Vacchetta, 51, n. 47. Valerio Mass., 49, n. 40; 97, n. 26. Vannucci, 17, n. 41. Varni, 16, n. 38. Varrone, 40; 58; 100. Vassallo, 50, n. 45. Velleio Pat., 49, n. 40; 51; 77; 83; 88, n. 24; 97, n. 30. Verneau, 16, n. 38. Vibio Seq., 41, n. 10; 43. Virgilio, 11, n. 2; 13, n. 28; 34, n. 172; 44; 44, n. 21; 45; 45, n. 22; — 121 — 46; 57; 58; 61, n. 10; 66; 79, n. 2; 82, n. 12; 87, n. 21; 91. Vopisco, 45; 92. Vulliemiu, 16, n. 38. W Walckenaer, 52, u. 52. Waitz, 109, n. 36. Wesseling, 54, n. 60. Wetter, 64, u. 48. z Zonara, 68, n. 5, 6; 84, n. 3. Zosimo, 43; 45; 49. I - AGGIUNTE e CORREZIONI Pag. 22, 1. 10, » 36, n. 181, 38, 1. 7, 43, n. 15, 48, n. 35, 49, n. 45, 58, 1. 18, 61, li. 15, 67, n. 3, 84, n. 2. 92, 1. 3, » 96, n. 22, » 103, 1. 4, » 103, n. 20, » 108, n. 27, erratum adde: » erratum. » » » adde: erratum: » adde: 110, u. 10, erratum. adde: erratum. » adde: pochi corrige: poeti È ovvio osservare che l’apporto dell’archeologia preistorica contenuto in questa nota, circa le svastiche o croci uncinate, costituisce un elemento probatorio dell’origine ariana dei Lignri da noi sostenuta a pag. 17 e sgg., dopo aver dimostrato la scarsa attendibilità delle altre congetture sull’argomento. Agusto corrige: Augusto acqua, » acqua M. Formentini » U. Formentini e ved. l’indice degli autori, e il Pedroli » e del_ Pedroli Anche la località di ad Ficlinas, odierna Fegino nella bassa Val Polcevera, ricordata nei testi antichi e negli Itinerari (cfr. pag. 47), era evidentemente, come ci è indicato dal nome, nn emporio di stoviglie di terracotta. nella laudes corrige: nelle laude# inim » entro Nell 'Appendice del voi. di A. Sanguineti (pp. 289-352) sono pure raccolte e illustrate le poche epigrafi greche che abbiamo in Genova e nella Liguria: ved. anche l’iscrizione della stele scoperta nel 1913, da noi riportata a p. 34, n. 168. Qualche riferimento al tema in esame si ha presso S. Caramella, La cultura ligure nell’alto medioevo, Estr. dal Boll. Munie, del Comune di Genova, 1923. V 27749 corrige: V2, 7749. Ciò non desta meraviglia, perchè le fonti storiche classiche poco generalmente ci dicono dei popoli che vivono in pace. 1147 corrige: XI, 1147. Canatrelli » Cantarelli e ved. l’ìndice degli autori. Quanto alla penetrazione del Cristianesimo in Liguria, ved. A. Ferretto, I primordi e lo sviluppo del Cristianesimo in Liguria e in particolare a Genova, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, vol. XXXIX, Genova, 1907. * INDICE GENERALE I. Premesse IT. La stirpe ligure e la Liguria preromana ^ Ija Liguria storica secondo la descrizione degli antichi IN. Caratteristiche fisiche e morali dei Liguri antichi y V. Guerre di Roma per la conquista della Liguria VI. I Liguri negli eserciti romani .... VII. Fusione e romanizzazione della Liguria VIII. Ordinamento politico fino alla morte di Cesare IX. Amministrazione da Augusto a Diocleziano X. Amministrazione da Diocleziano alla caduta dell'impero Indice degli autori .... Aggiunte e correzioni . Pag. 7 11 39 50 05 79 83 93 100 104 111 123 \ \ Finito ili «tampare il 12 Luglio 1940-XV1II nella Scnola Tipografica Don Bosoo in Geuova-Sanipieirdai-e per conto della K. Deputazione «li Storia Patria per la Liguria