------------------------------e__ " j 1 ATTI DELLA ■ SOCIETÀ LIGURE STORIA PATRIA —— VOLUME XXI — Fascicolo I. 9 *ì GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. ISTITUTO SORDO-MUTI MDCCCLXXX1X f Y ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DX STORIA PATRIA La Prefazione si darà in appresso, con numerazione romana. ATTI 4 * DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA * ‘ VOLUME XXI GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. ISTITUTO SORDO-MUTI MDCCCLXXX1X STORIA CRONOLOGICA DEL CONVENTO DI S. MARIA DI CASTELLO EPOCA PRIMA 1435 — 153* DALLA FONDAZIONE DEL CONVENTO ALL* EREZIONE DELLA CoNGREGA-zioNE di Lombardia in provincia, detta dell’una e dell’altra Lombardia. 1435 — 1444 FONDAZIONE DEL CONVENTO REESiSTEVANO in Genova alla fondazione del convento di S. M. di Castello altre due case domenicane, una d’uomini, il vetusto cenobio di san Domenico, la seconda di donne, cioè il monastero, pur esso antico, dei santi apostoli Giacomo e Filippo ; quello fabbricato entro la cerchia murale della città, questo appena fuori la porta, detta di san Germano o di santa Caterina dell’ Acquasola, ed oggi demolita per fare luogo alla spaziosa piazza Corvetto, che interseca le nobili vie Roma e Assarotti ; l’ultima delle quali occupa la migliore parte della villa un di posseduta dalle monache. Scaduti entrambi, cenobio e monastero, dal primitivo spirito di osservanza, avevano mestieri di specchiarsi in un modello di religiosa convivenza, che li scotesse dal torpore e ne ringagliardisse i nervi di claustrale disciplina. Opportuna all’ uopo giunse, verso la metà del xv secolo, la doppia erezione del convento di Castello e del vicino monastero di s. Silvestro, i quali, per un fortunato contraccolpo, nello stabilirsi essi medesimi sopra solide basi nelle proprie sedi, operarono, a breve intervallo, il ripristinamento della vita regolare e la desiderata riforma nelle comunità consorelle ; in quella dei ss. Giacomo e Filippo dapprima, e che più n’abbisognava, poi di s. Domenico, la quale oppose molto minore resistenza. Un felice risveglio erasi destato nell’ Ordine domenicano in Italia allo scorcio del mille trecento, dovuto alla novella Congregazione di Lombardia, sorta nel 1391 in seno all’omonima provincia, per opera di santi e dotti uomini; la quale cominciata in s. Domenico di Venezia, mano mano venne dilatandosi per le terre e città d’Italia, specie la superiore. Presevi parte anche la Liguria, ove si ravvivò un infuocato zelo di rifiorimento di disciplina, che vigeva già nelle case di Finale e Savona verso il 1430, mercé l’impulso datogli da più e più religiosi di lodevoli costumi e singolare bontà di vita. Si bramava eziandio un convento in Genova, per introdurre il nuovo sistema nella capitale della repubblica, siccome città la meglio acconcia allo scopo di farlo vieppiù conoscere e prosperare, mediante — 5 — la maggiore copia di vocazioni, la pietà e larghezza dei cittadini e la presenza del governo, da cui spera-vasi valido aiuto e protezione. Concepitane l’idea, senza sapere ancora il come e dove metterla ad effetto, i promotori di essa, a mezzo del procuratore generale deir Ordine presso la romana curia, p. Giacomo del Regno, fecero ricorso a papa Eugenio IV, chiedendo il permesso d’erigere un convento di stretta osservanza in Genova, ovunque ne trovassero il luogo, a senso loro, acconcio. Quel pontefice, benevolo quant’altro mai e generoso verso i domenicani, dai quali né leggieri né pochi ausili ricevuto avea nelle lunghe ed aspre lotte combattute a pro’ della Chiesa, accolta la domanda, emanò il 22 giugno 1435 una graziosa sua bolla, con cui permise ai supplicanti 1’ erezione in detta città d’ una nuova casa a tutto loro grado; e dato che una chiesa, o cappella già esistente, venisse loro offerta, soggetta a cura d’anime, concedeva potesserla accettare, assumendone gli obblighi e nominando il titolare in persona di un religioso del proprio o d’altro istituto, ed anche sacerdote secolare, amovibile a piacimento. Il tenore di questa bolla, conservata intatta nell’archivio nostro, è come segue. (N. 1) {22 giugno 1435) Eugenius episcopus, servus servorum Dei, dilectis filiis, universis fratribus Ordinis fratrum predicatorum , in illius regulari observantia degentibus, salutem et apostolicam benedictionem. Sacre religionis zelus, sub qua, mund.mis abiectis illecebris, devotum et sedulum exhibetis Altissimo famulatum, non indigne meretur, ut petitionibus vestris, illis presertim que divini cultus augmentum , et religionis propagationem respicere dignoscuntur , quantum cum Deo possumus, favorabiliter annuamus. Hinc est quod nos, vestris, necnon dilecti filii Iacobi de Regno, sacre theologie magistri, ac generalis Ordinis vestri principaliter in romana curia procuratoris , in hac parte supplicationibus inclinati, vobis et vestrum cuilibet unam vel unum, ecclesiam, capellam, sive locum ecclesiasticum in civitate vel diecesi ianuensi consistentem , etiamsi ecclesia ipsa parochialis existat, si vobis aut vestrum alicui, seu aliquibus, alias canonice concedatur, recipiendi , nec non illam vel illum in domum conventualem, ad instar aliarum domorum Ordinis vestri, pro usu et habitatione perpetuis nonnullorum ipsius Ordinis fratrum, cum ecclesia, campanili, claustro, refectorio, dormitorio et aliis necessariis officinis, iure parochialis ecclesie alieno quolibet semper salvo, ac diecesani loci et cuiuscumque alterius licentia super hoc minime requisita, recipiendi, edificandi et construendi, seu recipi, edificari et construi faciendi, et in ea perpetuo habitandi, fel. ree. Bonifacii pape vm predecessoris nostri, qua prohibetur ne fratres dicti Ordinis in aliqua civitaté, castro vel villa, aut alias quocumque loco, domum de novo construere et edificare, seu construi et edificari facere i presumant, absque Sedis apostolice licentia speciali, non faciente plenam et expressam ac de verbo ad verbum de prohibitione huius-modi mentionem, et quibusvis aliis constitutionibus apostolicis, ceterisque contrariis nequaquam obstantibus, auctoritate apostolica, tenore presentium, plenam et liberam licentiam concedimus, et etiam potestatem. Et nihilominus, si et postquam ecclesiam, capellam, seu locum concedi et in domum conventualem huiusmodi erigi contigerit, ut prefertur, domui tunc constructe predicte, ac omnibus et singulis in ea pro tempore degentibus fratribus, eorumque servientibus et personis, ut omnibus et singulis privilegiis, exemptionibus, induitis et gratiis, aliis domibus prefatis per Sedem apostolicain vel alias generaliter concessis, uti et gauder.e valeant, auctoritate pre-dicta, concedimus pariter et indulgemus. Volumus tamen, quod si concessio huiusmodi de parochiali ecclesia forsan facta fuerit, illa propterea debitis non fraudetur obsequiis, sed prior et fratres in domo pro tempore degentes huiusmodi, illius parochianorum animarum curam per unum ex eis, aut — 7 — alium regularem seu secularem idoneum presbyterum, quem ad hoc, quoties eis placuerit dumtaxat, eligendum, habere et exercere, aliaque ipsius, pro tempore, debita et consueta onera supportare omnino teneantur et debeant. Datum Florentie, anno incarnationis Dominice millesimo quadringentesimo trigesimo quinto , decimo calendas iulii, pontificatus nostri anno quinto (i). Passarono sei anni d’infruttuose ricerche, e persistendo nondimeno nel vagheggiato disegno i padri nostri, Iddio che, nella sua sapienza, dal male suol trarne un bene spesse volte maggiore, apri l’adito ad effettuarlo a tutta loro insaputa, coll’inspirare ai parrocchiani della chiesa prepositurale e collegiata di S. M. di Castello d’ introdurvi i domenicani della nuova osservanza, della santimonia e preclare virtù dei quali la fama era giunta ai loro orecchi. Dispiacenti mostravansi quei fedeli sul modo con cui il servizio ecclesiastico entro il tempio, e fuori nella cura parrocchiale, compivasi. Smessa la salmodia del coro, negletta la parola evangelica, penuria di messe, lontani o non attendenti i pochi canonici ed i cappellani, che per stipendio o per titolo di beneficio erano in obbligo prestarvisi. Il cattivo esempio veniva dal-1’ alto, in quanto che il prevosto stesso della collegiata, Melchiorre Fattinanti, come colui che fruiva un secondo canonicato in altra chiesa di Genova (N. S. delle Vigne), impotente perciò ad adempiere il dovere di pastore d’anime a Castello, trasandavane l’esercizio; eseguendo l’andazzo dei tempi, che correvano nefasti alla chiesastica (i) L’autografo membranaceo conservasi nel nostro archivio; e lo cita anche il compilatore del Bullarium Ordinis Fratrum Praedicatorum, che lo pubblicò a pag. 43 del tomo III, ove di ciò fa testimonianza. disciplina, chiarivasi nè punto nè poco disposto a farla rifiorire nel seno del suo capitolo. Le cose giunsero a tale estremo, che il clero locale più non soccorrendo della necessaria ufficiatura, neppure nei dì festivi, il popolo, le autorità laiche ed i corrucciati parrocchiani si mossero a reclamare. Adunque « essendo doge di Genova Tommaso Campo-Iregoso, unito ad alcuni signori di famiglia Giustiniani, e altri notabili della parrocchia, a ciò portati dallo zelo dell’onore di Dio e della salute delle anime, ricorse a papa Eugenio IV, chiedendo 1’ amozione del preposito e dei canonici dalla chiesa di Castello, avendoli trovati # mancanti così nella residenza necessaria, come nell’ amministrazione dei sacramenti, e supplicò d’introdurvi i padri domenicani, detti dell’ osservanza. Per il che, il pontefice commise V esame di questa causa, e la giustificazione dell’ esposto, all’ abate dell’ insigne monastero di s. Venerio di Tiro, nella diocesi di Genova, conferendogli libera podestà, ogni qual volta fosse ritrovato quel clero alieno dal debito culto, negligente e trascurato nel servizio della chiesa, di sopprimere il nome di prepositura e canonicato, di cappellano e prebenda, con assegnare i frutti, redditi e proventi, assieme col possesso universale della chiesa e abitazione, delle officine, possessioni e suppellettili, dei censi, calici, apparati, libri, e d ogni altra sorta di mobili, cosi di chiesa come di casa, ai domenicani dell’ osservanza ; i quali possano liberamente in esso luogo erigere un loro convento, e istituire alla cura parrocchiale uno dei padri del medesimo Ordine, oppure altro sacerdote da essi nominato. Così consta nella bolla di commissione emanata in — 9 — Fiorenza addì 14 giugno 1441, che si conserva nell’ archivio del convento (1) » , col suo sigillo plumbeo integro e ancora appeso. E del seguente tenore : (.N. 2) (14 giugno 1441) Eugenius episcopus, etc. dilecto filio, abbati monasterii sancti Venerii de Tiro, ianuensis diecesis, salutem etc. Romani pontificis sapientia circumspecta, cunctarum orbis ecclesiarum solicitudinem gerens, circa ea que illarum directionem concernere noscuntur, diligenter intendit , necnon sublatis ab ipsis” dispendiis singulis, et universis circumstantiis debite compensatis j nonnunquam , prout etiam id pro divini cultus augmento et religionis propagatione, ac alias salubriter expedire conspicit, earum status alternat atque commutat, grataque in eisdem Deo plantaria subrogat, ut exinde ecclesie ipse prosperis gratulentur eventibus , ac felicia in spiritualibus et temporalibus suscipiant incrementa. Sane pro parte dilectorum filiorum, nobilis viri Thome de Cam-pofregoso ducis, ac nonnullorum nobilium de Iustinianis, civium ianuensium, nobis nuper exhibita petitio continebat, quod licet collegiata ac parochialis ecclesia Beate Marie de Castello Ia-nuen, una ex antiquioribus ecclesiis in civitate ianuensi consistentibus, ac alias nobilis et insignis, necnon in ea una prepositura, que dignitas inibi principalis, ac curata et electiva consistit, et quatuor canonicatus et totidem prebende, et nonnulle perpetue sine cura capellanie, pro uno preposito et quatuor canonicis , necnon certis capellanis inibi in missis et aliis divinis officiis perpetuo servire debentibus, instituti fore noscantur, tamen a multis annis citra, prepositus, canonici et capellani interim exi-stentes dicte ecclesie, seu eorum maior pars , debitam apud eam residentiam facere neglexerunt ac negligunt, illaque propterea, ac alias diversimode in missarum celebratione et divinorum exhibitione, defectum non modicum, necnon plura in spiritualibus et temporalibus (1) Notizie cronologiche delia chiesa parrocchiale e del convento di S. M? dì Castello. Ms. a fol. 1 e 2. sustinuit, prout hodie sustinet, detrimenta. Cum autem, sicut eadem petitio subiungebat, dux et qui parochiani dicte ecclesie sunt, cives predicti, provide considerent ac sperent quod propter vitam laudabilem, necnon virtutes et opera fructuosa religiosorum Ordinis fratrum predicatorum, sub illius regulari observantia degentium, ecclesia ipsa, si illa, suppressis in ea prepositura, capellaniis ac canonicatibus £t prebendis predictis, in domum conventualem eius Ordinis erigeretur, dictorumque supprimendorum res et bona omnia ad usum prioris et fratrum in domo ipsa pro tempore commorantium * et alias ad fabricam et utilitatem dicte domus perpetuo concederentur et applicarentur , non solum exinde reformationem et augmentum susciperet, sed universi de civitate predicta, et alii fideles in ea pro tempore commorantes, plurima suarum animarum utilitate, consolationes et gaudia -sentire debeant. Quare pro parte ducis et civium predictorum nobis fuit humiliter supplicatum, ut super hiis opportune providere, de benignitate apostolica, dignaremur. Nos igitur, cultus augmentum a: religionis propagationem huiusmodi, nostris potissime temporibus, ubique locorum vigere intensis desideriis affectantes, ac alias de premissis certam notitiam non habentes, huiusmodi supplicationibus inclinati, discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quatenus de premissis omnibus et singulis, et earum circumstantiis universis, auctoritate nostra, diligenter te informes, et si per informationem huiusmodi ea vera esse repereris, super quo tuam conscientiam oneramus, preposituram, necnon omnes et singulos canonicatus et prebendas ac capellanias predictas, quarum omnium fructus, redditus et proventus centum et quinquaginta florenorum auri de camera, secundum communem estimationem, valorem , ut ipsi dux et cives asserunt, non excedunt , in dicta ecclesia prorsus et omnino supprimere et extin-guere, illisque suppressis et extinctis, ecclesiam prefatam cum habitationibus, hortis ,#officinis et pertinentiis suis omnibus et contiguis et ad ipsam spectantibus, in domum conventualem predicti Ordinis, pro usu et habitatione perpetuis quorundam fratrum Ordinis *et observande predictorum, creare et erigere , necnon omnia et singula ecclesie, prepositure, capeìlaniarum et canonicatuum et prebendarum prefatorum possessiones, census, responsiones et bona mobilia et immobilia , necnon libros , calices , paramenta , cetera-que ecclesiastica ornamenta , domui erigende, ac fratribus presen-tibus et futuris Ordinis et observande htìiusmodi, perpetuo ac libere donare, applicare et appropriare, eadem auctoritate, procures. Ita quod liceat illis ex fratribus ipsis, quos magister generalis pro tempore existens dicti Ordinis ad id duxerit eligendos, per se vel alium seu alios, ecclesie cum contiguis habitationibus , hortis , officinis et pertinentiis, ac libris , calicibus , paramentis et ornamentis huiusmodi, quamprimum ipsa ecclesia in domum conventualem per eos, vigore presentium, erecta fuerit, ut prefertur , necnon priori et fratribus in dicta erigenda domo pro tempore degentibus, quam primum, simul vel successive, veri prepositus, canonici et ca-pellani ecclesie predicte cesserint vel decesserint, seu alias prepo-situram , canonicatus et prebendas ac capellanias ipsas quomodo-libet dimiserint, etiam simul vel successive, bonorum, possessionum, censuum, responsionum , iuriumque et pertinendarum predictorum possessionem, auctoritate propria, libere apprehendere et perpetuo retinere, necnon illorum omnium et singulorum fructus, redditus et proventus ad usum, fabricam et utilitatem predictas convertere et exponere, inibique structuras et edificia ad conven-tualitatem necessaria et opportuna construi facere, necnon ipsis presentibus et futuris fratribus in domo predicta perpetuo habitare et morari, diecesani loci et cuiuscumque alterius super hoc licentia minime requisita. Non obstantibus privilegiis ac literis per Sedem apostolicam , vel alias quomodolibet ecclesie, preposito, canonicis et capellanis predi-ctis concessis , quorum omnium tenores ac si de verbo ad verbum presentibus inserti forent, haberi volumus pro expressis, necnon felicis recordationis Bonifacii pape vnr predecessoris nostri, illa presertim qua, inter cetera, prohibetur ne fratres de Ordinibus mendicantium in aliqua civitate domum de novo recipere presumant absque*Sedis apostolice licentia speciali, faciente plenam et expressam, ac de verbo ad verbum de prohibitione huiusmodi mentionem, ac aliis apostolicis constitutionibus, necnon ecclesie et Ordinis predictorum, iuramento, confirmatione apostolica, vel quacumque — 12 — firmitate alia roboratis statutis et consuetudinibus, ceterisque contrariis quibuscumque; aut si aliqui super provisionibus sibi faciendis de prepositura ac canonicatibus et prebendis , necnon capellaniis huiusmodi speciales, vel aliis beneficiis ecclesiasticis in illis partibus generales prefate Sedis vel legatorum eius literas impetrarint, etiam si per inhibitionem , reservationem et decretum, vel alias quomo-dolibet sit processum ; quas quidem literas et processus ad prepo-situram , canonicatus et prebendas ac capellamas predictas volumus non extendi, sed nullum per hoc eis, quoad assecutionem dignitatum , canonicatuum et prebendarum vel beneficiorum aliorum preiudicium generari, et quibuslibet aliis privilegiis, indulgentiis et literis apostolicis generalibus vel specialibus, quorumcumque tenorum existant, per que presentibus non expressa vel totaliter non inserta, effectus earum impediri valeat quomodolibet vel differri, et de quibus quorumcumque totis tenoribus habenda sit in nostris literis mentio specialis. Nos enim si erectionem predictam per te, vigore presentium, fieri contigerit, priori et fratribus in domo pro tempore degentibus huiusmodi, ac eidem domui, ut omnibus et singulis privilegiis, exemptionibus, induitis et gratiis per Sedem predictam et alias quomodolibet aliis Ordinis huiusmodi domibus , prioribus et fratribus generaliter concessis, uti valeant, pariter et gaudere, auctoritate apostolica, tenore presentium, de speciali gratia indulgemus; ac volumus et ordinamus quod propterea cura parochianorum pro tempore existentium ecclesie predicte nullatenus negligatur, sed per unum ex fratribus predictis vel secularem, a priore pro tempore existente domus huiusmodi, ad id pro tempore deputandum sacerdotem idoneum, laudabiliter exerceatur. Datum Florentie, anno incarnationis Dominice millesimo quadringentesimo quadragesimo primo, decimo octavo calendas iulii, pontificatus nostri anno undecimo (i). (i) Anche di questa bolla l’autografo pergameno sta in archivio di Castello, e ne pende tuttavia il bollo plumbeo, come dissi del precedente. Ve n’è anzi la seconda copia in membrana e una terza cartacea , autenticata dal notaio Lazzaro Magnasco, scrivano del podestà di Genova, e sottoscritta da altri due — 13 — In questo mentre trovossi di passaggio a Genova il generale dell’Ordine, p. Bartolomeo Texier, francese, uomo d’ eccellenti qualità fornito , morto poi a Lione nel 1449, chiaro per miracoli, vivo e defunto; il quale, come è a credere, aiutò non poco il buon avviamento dell’ intrapresa fondazione. Importava infatti assaissimo a lui, capo supremo della domenicana religione, che i suoi frati ottenessero un' altra casa in questa' illustre metropoli, e v’ imprendessero a vivere secondo il primitivo spirito del sacro istituto. Visto non per tanto che il processo delle cose andava in lungo, quando maggiori e più urgenti cure d’ ufficio chiamavanlo altrove , in data 25 agosto 1441 lasciò in sua vece a ricevere la consegna della chiesa e canonica di Castello i padri Antonio da Vercelli, vicario generale della Congregazione di Lombardia, e Cristoforo Spinola, genovese, conferendo loro pieni poteri di rappresentarlo, uniti o disgiunti, a compimento dell’ opera. L’ autografo cartaceo di questa sostituzione 1’ abbiamo in archivio (1). Il di 15 settembre successivo, il doge Campofregoso spedi anch’egli, suo nunzio e procuratore, il nobile uomo Stefano Cattaneo, all’ abate di s. Venerio, dal papa delegato a certificare i fatti, per esortarlo a mettere mano notai pubblici, Gerolamo Carrega ed Egidio Da-Mezzano, ad instantiam rev. pat. fratris Petri de Cossano sindici etc. timentis de amissione ipsarum. Termina così: Hec acta sunt lanue in sala de medio palatii Serravalis communis, anno 144j die iS maii, presentibus testibus Nicolino de Bosco et Rapimele de Auria, q. lo., civibus lanue, vocàtis, etc. (1) Comincia così: In Dei filio sibi carissimis fratribus, Antonio de Vercellis, conventuum reformatorum et reformandorum provinciarum s. Dominici et Lombardie vicario generali, ac fratri Christopboro de Spinulis, ianuensi, Ord. Pred., fr. Bar-tholomeus Texeritis, eiusdem Ord. magister etc; e fu gi;\ pubblicato a pag. 225 della mia precedente opera, L’antica Collegiata di S. M. di Castello. — 14 — sollecita alla disamina dei gravami apposti ai canonici della collegiata, e pronunciarne il diffinitivo giudizio. La scritta autentica che recava, composela il buon latinista e cancelliere della repubblica, Giacomo Bracelli (i). Invano però; che quando il messo ducale giunse alla residenza dell’ abate, questo od era morto o per altro incaglio non potè compiere il papale mandato. Avuto lingua di ciò, Eugenio-IV investi allo stesso scopo dei medesimi poteri due nuovi commissari, Angelo Grassi, vescovo d’Ariano nel regno di Napoli, e l’abate di s. Teodoro fuori le mura di Genova, ai quali indirizzò una bolla identica affatto alla prima che mandato avea al superiore di-Tiro, neppur corretta la data (2). I due commissari mossero tosto questa volta, l’uno da Firenze, ove trovavasi alla corte del papa, e l’altro dal nostro vicino sobborgo, ad eseguire il comando avuto. Terminato il processo e raccolte sul luogo le debite informazioni, il vescovo fé’ ritorno alla città dei fiori, dove il giorno 9 aprile del seguente anno 1442 proferi la finale sentenza; con cui, dichiarato d’avere riconosciute vere le accuse fatte ai neghittosi canonici, e più che giuste le querele sporte alla romana curia, aboliva ed estingueva la collegiata secolare di S. M. di Castello, non che i canonicati (erano quattro in tutto), le prebende e cappellanie della chiesa ; la quale, in un co’ beni suoi mobili ed immobili, diritti, libri, scritture e pertinenze d’ogni maniera, assegnava ai padri (1) L’antica Collegiata di S. M. di Castello, pag. 227. (2) Trovasi inserita a pag. 134 del tomo III del Bullarium OrJ. Praed., desunta dal tomo IV, col. 895, ediz. 2. dell’ Italia sacra dell’Ughelli, e il nostro archivio non la possiede per la ragione, crediamo noi, d’essere il duplicato della precedente, cambiato il solo nome del primo destinatario. — i5 — Predicatori dell’ osservanza, in adempimento della missione affidatagli dal pontefice. L’ autografo cartaceo, conservato in archivio nostro, e che reca tutt’ora l’impronta del bollo indi staccatosi, dice cosi : (N. j) (y aprile 1442) Angelus, Dei et apostolice Sedis gratia, episcopus Arianensis, in romana curia residens, executor ad infrascripta, una cum ministro £ in hac parte collega, cum illa clausula « quatenus vos vel alter vestrum », a Sede apostolica specialiter deputatus, universis et singulis ad quem vel ad quos presentes nostre litere pervenerint, ac infra-scriptum tangit negotium seu tangere poterit quomodolibet in futurum, quibuscumque nominibus censeantur aut quacumque preful-geant dignitate, salutem in domino et presentibus fidem indubiam adbibere. Literas sanctissimi in Christo patris et domini nostri, domini Eugenii divina providentia pape quarti, eius vera bulla plumbea cum cordula canapis impendenti, more romane curie bullatas, sanas et integras, non vitiatas non canzelatas (sic), neque in aliqua sui parte suspectas, sed omni prorsus vitio et suspicione carentes, nobis per religiosum virum, fratrem Iacobum de Regno, sacre pagine professorem ac totius Ordinis fratrum predicatorum procuratorem generalem, de cuius procurationis mandato nobis legitima extitit facta fides, coram notario publico et testibus infrascriptis presentatas, nos cum ea qua decuit reverentia noveritis recepisse. Quarumquidem literarum apostolicarum tenor de verbo ad verbum sequitur et est talis. Eugenius episcopus, servus servorum Dei, venerabili fratri episcopo Arianensi, et dilecto filio priori prioratus sancti Theodori extra muros Ianue, salutem... Romani pontificis providentia etc. (come sopra nel documento N.° 2, e nella nota 2 a pag. 14). Post quarumquidem literarum apostolicarum presentationem et receptionem, nobis et per nos, ut premitfitur, factam et productam per prefatum fratrem Iacobum procuratorem nomine procuratoris, coram nobis nonnullis testibus fide dignis ad informandum animum nosftrum... de et super universis et singulis in dictis literis apostolicis — 16 — expressatis et contentis, consequenter fuimus pro parte dicti fratris Iacobi procuratoris, nomine procuratoris quo supra, debita cum instantia requisiti, quatenus ad executionem dictarum literarum apostolicarum et in eisdem contentorum, iuxta traditam seu directam a Sede apostolica nobis formam, procedere dignaremur. Nos igitur Angelus, episcopus et executor prefatus, attendentes requisitionem huiusmodi fore iustam et consonam rationi, volen-tesque mandatum apostolicum nobis in hac parte directum reverenter exequi, ut tenemur, et quia ex dictis et depositionibus testium predictorum coram nobis, ut premittitur, productorum, receptorum, admissorum, et in forma Juratorum atque per nos examinatorum, invenimus omnia et singula in premissis literis apostolicis contenta veritate fulciri; idcirco auctoritate apostolica, nobis in hac parte commissa, preposituram, nec non omnes et singulos canoni-catus et prebendas ac capellanias collegiate et parochialis ecclesie beate Marie de Castello, cum habitationibus, hortis et officinis et pertinendis omnibus ei contiguis et ad ipsam spectantibus, in domum conventualem religiosorum virorum fratrum Ordinis predica-torum, sub illius regulari observantia degentium, pro usu et habitatione perpetuis, creavimus et ereximus ac creamus et erigimus; nec non omnia et singula dictorum ecclesie, prepositure, capellaniarum ac canonicatuum et prebendarum possessiones, census, responsiones et bona mobilia et immobilia, nec non libros, calices, paramenta, ceteraque ecclesiastica ornamenta dicte domui, ut premittitur, erecte per nos, fratribus presentibus et futuris Ordinis et observande huiusmodi perpetuo ac libere dedimus, applicavimus et appropria-vimus, ac damus, applicamus et appropriamus per presentes, ita quod liceat illis ex fratribus ipsis quos magister generalis, pro tempore existens dicti Ordinis, ad id duxerit eligendos, per se vel alium seu alios ecclesie cum contiguis habitationibus, hortis et officinis et pertinendis ac libris, calicibus, paramentis et ornamentis huiusmodi, nec non priori et fratribus in domo predicta degentibus, quamprimum, simul vel successivè, veri prepositus, canonici et capellani ecclesie prefate cesserint vel decesserint, seu alias preposituram, ca-nonicatus et prebendas ac capellanias ipsorum quomodolibet dimiserint , simul vel successive, bonorum, possessionum, censuum, — i7 — responsionum, iuriumque et pertinendarum predictorum possessionem, auctoritate propria, libere apprehendere et perpetuo retinere, nec non illorum omnium et singulorum fructus, redditus et proventus ad usum fabrice et utilitatem predictorum convertere et exponere, inibique et structuras et edificia ad conventualitatem necessaria et opportuna construi facere, nec non ipsis presentibus et futuris fratribus in domo predicta perpetuo habitare et morari, diecesani loci et cuiuscumque alterius super lioc licentia minime requisita, non obstantibus iam dictis literis apostolicis expressatis. Que omnia et singula, nec non prefatas literas apostolicas et hunc nostrum processum, ac omnia et singula in eis contenta vobis omnibus et singulis supradictis intimamus, insinuamus et notificamus, ac ad vestram et cuiuslibet vestrum notitiam deducimus et deduci volumus per presentes. In quorum omnium et singulorum fidem, et testimonium premissorum, presentes literas fieri et per notarium publicum istrumentum subscribi et publicari mandavimus, nostrique sigilli iussimus appositione communiri. Datum Florentie, in domo habitationis nostre, sub anno a nativitate Domini millesimo quadringentesimo quadragesimo secundo, indictione quinta, die vero lune, nona mensis aprilis, pontificatus prefati domini nostri, domini Eugenii pape quarti anno duodecimo, presentibus ibidem discretis viris, Iuliano de Grassis laico, et Ioanne Piley, clerico Sipontine et Cameracensis diecesuum, testibus ad pre-missa vocatis specialiter et rogatis. Fu questa sentenza, dice la cronaca di Castello, per ordine di papa Eugenio consegnata al p. Giacomo del Regno, procuratore generale dell’ Ordine, che la trasmise al p. Cristoforo Spinola, all’effetto di darle esecuzione ; il quale ai 17 ottobre 1442 venne a prendere possesso della chiesa, scortato dalla nobile comitiva dei signori, dottore Stefano Cattaneo su mentovato, Nicolò Giustiniani , Benedetto Assereto, Paolo Guarco, Luca Pisso, ed altri ragguardevoli personaggi della città e parrocchia. Finita la cerimonia, e stanti ancora nel luogo sacro i Atti Soc. Lio. St. Patria. Serie 2.* Voi. XXI. 3 — i8 — testimoni ridetti, s’avanzò Beltrame Avondano, prevosto dei ss. Cosma e Damiano (chiesa vicinissima a Castello), protestando a nome dell’arcivescovo Giacomo Imperiale, tale presa di possesso cedere in onta e disonore proprio e del clero genovese. Il perchè, non consentendovi in guisa veruna, comandava allo Spinola si partisse subito, sotto pena di due mila scudi d’oro, e dichiarava incorsi nella scomunica lui e tutti che aveangli suggerito siffatto consiglio, o prestato comecchessia aiuto e favore. Ma il domenicano mantenutosi fermo nel tutelare i suoi diritti, e mostrare la giustizia e legittimità del preso possesso, ne fu indi scacciato a mano armata (i). Il ricorso alla forza, voluto dal cronista, è vero soltanto nel senso che gli sgherri trovaronsi presenti, crediamo noi, e pronti, occorrendo, a fare atto di violenza, cui il p. Cristoforo cansò, limitandosi ad una controprotesta legale verso Beltrame e il suo mandante , pei danni e interessi fino al valore di ducati tre mila (2). Com’ebbe il doge inteso lo scandaloso avvenimento, spedì il suo vicario all’arcivescovo per vedere modo di comporre con le buone l’insorto litigio. Di che, presa maggior ansa il prelato, fece risposta che a questi soli patti avrebbe smesso dal rigore: si differisse a prendere il legittimo possesso dopo la festa di s. Martino, 1’ 11 novembre venturo, e nel mezzo tempo il doge scrivesse altra lettera al papa in commendazione del prevosto e dei canonici di Castello. Che se il pontefice ricusava (1) Trovasi a fol. xxiv del ms. avente per titolo Liber in quo etc. citato a pag. xxxiv del Discorso Preliminare. (2) L’antica Collegiata ecc. a pag. 230. Questo prevosto in altre carte del tempo è spesso ricordato e chiamato Beltravms de Avondanis. — i9 — ■# rivocare la decretata soppressione, anziché ai domenicani, la chiesa e casa di Castello si consegnassero ai canonici "di s. Giorgio in Alga (fondati dallo stesso papa), i quali abitavano fuori Genova, presso l’Annunziata di Sturla. Soprammodo astuta ne sembra quest’ultima proposta, ideata ad arte per solleticare l’amor proprio dell’uomo, guadagnare tempo e mandare a monte il progetto ! Intanto il vicario ducale, con la balìa ricevuta dall’ una e l’altra parte, potè fare l’inventario delle robe, paramenti, arnesi e oggetti tutti pertinenti alla chiesa, addì 22 ottobre 1442, alla presenza del prevosto Melchiorre Pattinanti, p. Cristoforo Spinola,, fra Giovanni d’Oneglia suo converso, Benedetto Assereto, Benedetto Trucco e Battista Vernazza, tre signori dimoranti accosto il tempio; e ai 13 novembre, cioè dopo s. Martino, nulla in contrario essendo venuto da Roma, per commissione del doge resosi a Castello il notaio Ilario Benedetti, consegnò al p. Spinola le chiavi della chiesa, e con esse i beni ed effetti nell’ inventario registrati ; e ciò davanti otto rispettabili cittadini, Stefano Cattaneo dottore in legge, Simone Giustiniani, Raffaele e Manuele Saivago, Giovanni e Nicolò Giustiniani-Campi, Benedetto Assereto, Antonio Ingiberti e Gerolamo Guarco (1). Il Campofregoso, a mandar paghe le voglie dell’arcivescovo, scrisse realmente al pontefice in favore dei canonici di Castello, ma Eugenio, di lui più accorto, stette fermo nella prima risoluzione, e gli rispose, paternamente correggendolo della mostrata debolezza, ed esortandolo, con vivace parlare, a non cedere alle insidie dell’ alto e (I) Op. cit. a pag. 253. — 20 — basso clero, nel mettere in mala voce presso il suo trono i- degni figli di s. Domenico; fare sì invece che i medesimi fossero lasciati tranquilli e mantenuti nell’uso della chiesa loro aggiudicata (i). Sotto il medesimo giorno, 5 novembre 1442, ma d’un tenore diverso, il papa diresse un altro breve all’arcivescovo, in cui lamentò con severe parole l’inqualificabile guerra da lui mossa ai domenicani, religiosi per santità di vita e per larga copia di dottrinacommendevolissimi. Diceva: meravigliare grandemente come lui, capo e pastore della chiesa genovese, avesse ardito presentargli supplica, affine di ottenere la revoca della sentenza di soppressione del capitolo canonicale di Castello, la quale, ove anche non fosse stata decisa, era suo stretto dovere implorare a calde istanze dalla santa Sede. False ed effimere essere le ragioni addotte dagli oppositori alla pontificia bolla, calunniose le loro asserzioni, con che aggravavano viemaggiormente la propria coscienza, e rendevano ognor più manifesta la necessità del doloroso taglio operato (2). Vinte di tale guisa le difficoltà frapposte all’esecuzione del papale decreto , e resi ossequenti loro malgrado, se ne togli l’arcivescovo, i contraddittori, fu agevole al p. Cristoforo presentarsi la seconda volta alla chiesa di Castello a prenderne il quieto ed ultimo possesso. Ciò che fece il 13 novembre 1442, in compagnia del commissario e vicario ducale, Giacomo Giustiniani, ed alla presenza di molti nobili cittadini e parrocchiani, ed i testimoni già sopra nominati. (1) Op. cit. a pag. 236. (2) Op. cit. a pag. 238. (N. 4) (i} novembre 1442) In nomine Domini amen. Cum verum sit, quod venerabilis Ira-ter Christophorus de Spinulis, ianuensis, Ordinis predicatorum, degens sub regulari observantia dicti Ordinis, suo nomine et nomine et vice totius eiusdem Ordinis, acceperit corporalem possessionem pacificam et quietam ecclesie sancte Marie de Castello, Ianuen, anno presenti die decima septima mensis octobris proxime preteriti, cum omnibus et singulis solemnitatibus consuetis, deputatus ad predicta, et sic electus per reverendissimum in Christo patrem, dominum fratrem Bartholomeum Texerium, totius Ordinis predicatorum generalem, sacre theologie professorem dignissimum, in observatione literarum apostolicarum et processus reverendi in Christo patris, domini Angeli, Dei et apostolice Sedis gratia episcopi Arianensis et apostolici executoris, ac etiam literarum dicti domini generalis, de quibus omnibus et singulis latius, continetur in instrumento apprehensionis possessionis dicte ecclesie, ut supra, scripto manu mei notarii subscripti millesimo et die, ad quod, brevitatis causa, relatio habeatur, et ex eadem ecclesia ad requisitionem reverendissimi in Christo patris et domini, domini archiepiscopi ianuensis manu militari expulsus fuit, qui dominus archiepiscopus seculare brachium, ut asseritur, imploravit, et extra dictam ecclesiam steterit dictus frater Christophorus usque in hodiernam diem et horam : Et cum verum sit, quod illustris et excelsus dominus, dominus dux ianuensis non habuerit notitiam de dicta controversia, que vertebatur inter dictum dominum archiepiscopum et prepositum dicte ecclesie ex una parte et dictum fratrem Christophorum ex altera, volensque quod unicuique reddatur quod suum est, ea omnia et singula commiserit spectabili vicario dominationis sue: Post quam quidem commissionem immediate dictus reverendissimus dominus archiepiscopus cum fratre Christophoro et parochianis infrascriptis dicte ecclesie convenit, ut per eos asseritur, quod si a dicta die infra festum sancti Martini proxime elapsum, ex parte reverendissimi in Christo patris et domini, domini archiepiscopi iamdicti, seu venerabilis prepositi dicte ecclesie presentarentur et ostenderentur litere apostolice, ex romana curia emanate, revocantes literas et 22 — processus dicci domini tratris Christophori, quod tunc et eo tantum dictus dominus prepositus reduceretur in corporalem possessionem dicte ecclesie pacificane et quietam, si vero non presentarentur, quod eo tunc elapso testo sancti Martini reduceretur et imponeretur dictus dominus frater Christophorus in possessionem pacificam et quietam dicte ecclesie: Et cum ventas sit, quod hactenus non ostense neque presentate fuerint dicto domino ducali vicario alique apostolice litere ex parte dicti reverendissimi domini archiepiscopi, neque prepositi, neque etiam alterius persone pro eis vel eorum altero, et dictus frater Christophorus hactenus privatus fuerit possessione predicta : Idcirco Paulus de Mezano, habitator Ianue, de mandato et commissione dicti spectabilis domini ducalis vicarii et commissarii, ut supra, in presentia nobilium et egregiorum parochianorum dicte ecclesie et testium infrascriptorum, quorum nomina sunt hec : dominus Stephanus Cataneus legum doctor, dominus Ioannes Iustinianus, dominus Nicolaus Iustinianus et Antonius de Ingibertis et plurium aliorum, induxit et imposuit et reduxit dictum venerabilem fratrem Christophorum presentem et humiliter acceptantem, nominibus quibus supra, in corporalem possessionem pacificam et quietam dicte ecclesie, in eo gradu, statu et conditione quibus erat eo tempore quo dictam possessionem accepit ut supra, dando in manibus eiusdem propriis quamplurimas claves portarum et camerarum ac shcristie dicte ecclesie et inventarium de bonis eiusdem confectum, et hoc non obstantibus omnibus exceptionibus et contradictionibus dicti reverendissimi domini archiepiscopi. Et que omnia processerunt et executioni mandata fuerunt de mandato dicti domini vicarii ut supra, sciente, volente et mandante illustre et excelso domino , domino duce predicto, prout asserunt dictus dominus frater Christophorus ac etiam iam dicti domini. De quibus omnibus et singulis dictus venerabilis frater Christophorus ac supradicti domini parochiani rogaverunt fieri per me notarium subscriptum hoc presens publicum istru-mentum, in fidem et testimonium veritatis et premissorum. Acta sunt hec Ianue, in dicta ecclesia apud portam magnam dicte ecclesie, anno a nativitate Domini millesimo quadringentesimo quadragesimo secundo, indictione quinta secundum Ianue cursum, die martis, decima tertia novembris, paulo ante nonam, presentibus — 23 — testibus nobilibus viris Raphaele quondam Iacobi et Manuele de Sal-vaticis et Lodisio de Sigestro, civibus Ianue, vocatis et rogatis. Ego Ioannes Baptista de Murtura, de Camulio, filius Bartholomei, sacri imperii auctoritate notarius ianuensis, predictis omnibus interfui et rogatus scripsi. A questo punto l’arcivescovo, recatosi a sua personale offesa l’occupazione avvenuta, disordinò malamente, e quasi poco fosse il contrastare all’ espressa volontà del sommo gerarca, non ostante i rimproveri avuti pocanzi dal medesimo, incrudelì a danno dei miti religiosi, contro i quali e loro fautori fulminò un’ ingiustissima scomunica, e fu a un pelo di colpirli d’interdetto. Crescendo quindi nella torta via dello sdegno, dopo avere fatto spogliare la chiesa di Castello degli oggetti più necessari ai culto, volle al sacrilegio aggiungere il ridicolo, col tagliar le funi delle campane; azioni tutte indecorose a un prelato che segga al governo d’ una porzione della Cristianità: come a buon diritto se ne lagnò con lui nel secondo breve, che per quel motivo gli scrisse l’incollerito pontefice. Stavamo in attesa, -dicea, d’ un tuo foglio, nunzio della fedele esecuzione dei nostri comandi, e ne giunse invece l’amara notizia del prorompere tuo sbrigliato contro pii religiosi e divoti laici, da te colpiti d’ecclesiastica censura, in cui noi li dichiariamo non incorsi, e il procedere tuo sconvenientissimo alla dignità che occupi. Vogliamo perciò che ne li assolva, e sotto precetto d’obbedienza t’ingiungiamo di cessare dalla persecuzione, di che gli hai fatti segno: né ti prendere vergogna del ritrattare il male commesso, se pur ti cale non provocare da vantaggio l’animo nostro a rigor —r maggiore (i). Tale la epistola di Eugenio IV al genovese prelato, che se restò punto al vivo dalle acerbe rampogne toccate dalla più augusta autorità del mondo, nulla tuttavia rimise, come porrà in chiaro il seguito, della sua crudezza co’ domenicani, invasori, secondo lui, della canonica di Castello. Alquanti giorni dopo la spedizione della precedente lettera, e forse dietro saputa dell’agra sua contenenza, Melchiorre Fattinanti ex prevosto, sentendosi rumoreggiare sul capo la tempesta, pel suo meglio consegnava a mano dei padri Cristoforo Spinola e Bartolomeo Ca stagnola, presenti due testimoni, Benedetto Assereto e Antonio Ingiberti, massari della chiesa, i calici, utensili ed alcun altro oggetto di valore, non che le reliquie 1 santi possedute dalla medesima, e di tutto il consegnato si compilò minuto catalogo dal notaio Battista Calestano 1’ 8 dicembre 1442 (2). Ma, come noteremo fra breve, poco fu e quasi nulla quello che dal Fattinanti ven^ palesato, e maggiore d’ assai e il più ricco ciò che ai canonici e dal prevosto stesso era stato, mesi innanzi, trafugato e nascosto. In questo mentre, e malgrado il fiel° rimprovero all’ arcivescovo, da essi per avventura igno rato, i canonici del tempio metropolitano s’ aggiunsero di rinforzo nella contesa, sostenendo i pretesi diritti dei loro colleghi di Castello : cosi uno avulso, non deficit alter, anzi un corpo intiero. Era membro dell’ uno e dell altro capitolo, Antonio Moltedo, ed é luogo a credere che, (1) Op. cit. a pag. 241. Ha la data 28 novembre 1442. (2) Op. cit. a pag. 243. È la prima volta questa, che dalle nostre carte ^ fatta menzione, come dimorante a Castello, del p. Castagnola, po' secon cario interinale e primo priore effettivo. V — 25 -- per conservare amendue le dignità, si costituisse paladino del nuovo armeggio. Sembra però abbia durato breve stagione, e fosse tolto di mezzo alla lesta con una pronta bolla d’Eugenio IV del 5 aprile 1443, dove impose silenzio ad entrambe le collegiate, confermando e rincalzando, con marcata insistenza, j precedenti decreti (1). Del resto, a dare briga ai nostri nell’ insediamento a Castello, non trovaronsi neppur soli l’arcivescovo e il clero secolare della città. Le carte dell’ archivio ci informano qualmente i padri romitani di s. Agostino, scesi nell’ arringo alla loro volta, presero a pretesto del litigio la soverchia ed illegale vicinanza che correva fra il loro convento di s. Tecla (1’ ora dissacrata chiesa di s. A-gostino nell’omonima via e piazza), è la nuova abitazione dei domenicani. Pertanto, venuti in corpo, priore e frati di quella comunità in numero di nove, il 23 novembre 1442, dallo Spinola, alla sua presenza e di due padri domenicani già ivi domiciliati, Teobaldo di Caval-lermaggiore e Teramo Albingana, protestarono in forma giuridica sì, ma serbando cortesi modi, contro il possesso della chiesa e la erezione dell’ attiguo convento, perché posto meno distante dal loro lo spazio delle cento quaranta canne dalle costituzioni apostoliche prescritto. E in ciò gli agostiniani erano nel legittimo loro diritto; come non 1’ era meno lo Spinola, rispondendo aver esso agito correttamente per incarico superiore, e non riconoscere nell’Ordine romitano privilegio alcuno, che minorasse gli amplissimi del proprio istituto. (1) Op. cit. a pag. 244. (-V- /) (2j novembre 1442) In nomine Domini amen. Frater Benedictus Baxadone, prior ecclesie et conventus s. Tede de lanua, Ordinis heremitarum s. Augustini, necnon infrascripti fratres, videlicet baccalarii et lectores, ceterique fratres dicte ecclesie et conventus, quorum nomina sunt hec: fr. Angelus de Amelia baccalarius , fr. Augustinus de Vergo lector, fr. Gregorius de Papia, fr. Nicolaus de Roma,fr. Gabriel de Vernatia, fr. Thomas de Florentia, fr. Abraham de Spedia, fr. Guillelmus, de Francia : Constituti coram venerabili fratre Christopkoro de Spinulis et sociis, Ordinis predicatorum s. Dominici et conventus predicti in lanua constituti, dicunt et exponunt quod nuper ad eoram notitiam pervenit quod prefatus frater Christophorus de Spinulis et socii, ignari et inscii iustarum conventionum, ordinum et pactorum vigentium inter quatuor Ordines, videlicet predicatorum, minorum, heremitarum s. Augustini et carmelitarum Beate Marie, editorum et compositorum in Basilea anno de mccccxxxv die 11 mensis aprilis, et quarum quidem ordinationum, cum subscriptionibus et sigillis pendentibus generalium roboratis autentice, extat scriptura, quarum tenor sequitur et est talis (1). Ordinationibus quoque et inhibitionibus apostolicis est parendum, ne ullius Ordinis fratres ad constructionem monasterii, ecclesie seu oratorii locum presumant accipere vicinum loco fratrum alterius Ordinis infra centum quadraginta cannarum spatium, per Sedem apostolicam preta^atum, sine ipsorum licentia et assensu, prout et sicut, sic vel aliter, in dictis conventionibus continetur, occupaverunt et occupare iDten-dunt, et sibi vindicare ecclesiam sancte Marie de Castello, contiguam et vicinam ecclesie et conventui s. Tecle Ordinis heremitarum predicte, et hoc infra spatium cannarum centum quadraginta, mensurando per aerem, prout dicta mensuratio fieri debet. Et hoc in grave damnum, preiudicium et iacturam dicti conventus et ecclesie s. Tecle, et que occupatio, apprehensio et erectio dicti (1) Manca nella presente carta il citato tenore, ma lo trovammo a parte, ed è riportato subito dopo, cioè nel documento N.° 7, a pag. 31. - 27 — conventus in ecclesia predicta sancte Marie fit et fierivi detur contra expressum tenorem dictarum conventionum. Ideo dicti prior et fratres superius nominati, suo nomine et nomine convelatus sui, et nomine et vice reliquorum fratrum dicti Ordinis, pro interesse dicte ecclesie et conventus s. Tecle et totius dicti Ordinis, fraterne, pie et amicabiliter monent et requirunt dictos fratrem Christophorum et socios, quatenus desistant et desistere debeant ab apprehensione et occupatione dicte ecclesie sancte Marie de Castello, et ab erectione et constructione ac edificatione dicti conventus Ordinis predicatorum s. Dominici in dicta ecclesia de Castello, et hoc attentis conventionibus et ordinibus inter pre-dictos generales editis et servatis. Aliter si secus fieret, ex nunc protestantur solemniter contra dictos fratres Christophorum et socios de inobservantia dictorum capitulorum et conventionum, et de penis censurarum apostolicarum et de omnibus aliis penis, damnis, interesse et expensis que dicti fratres patiuntur vel in posterum pati possent occasionibus supradictis. Et predicta proponunt, requirunt et protestantur omni'iure, via, modo et forma quibus melius et validius possunt, rogantes te notarium infrascriptum quatenus de premissis conficias publicum instrumentum in fidem pre-missorum. MCCCCXXXXII die veneris xxm novembris in vesperis in claustro ecclesie sancte Marie de Castello Ianue. Deposita et presentata fuit presens protestatio et scriptura coram venerabilibus dominis, fratre Christophoro de Spinulis, fratre Theobaldo de Cavalerio maiori et fratre Theramo de Albingana, Ordinis predicatorum, per venerabiles prenominatos, fratrem Benedictum Baxadone priorem dicte ecclesie et conventus s. Tecle, Ordinis heremitarum s. Augustini, fratrem Angelum de Amelia baccalarium, fr. Augustinum de Vergo lectorem, fr. Gregorium de Papia, fr. Nicolaum de Roma, fr. Gabriel de Vernatia, fr. Thomam de Florentia, fr. ‘Abraham de Spedia, fr. Guillelmum de Francia. Scientes et requirentes et protestantes in omnibus et per omnia prout in suprascripta scriptura protestationis continetur etc., et per me dictum notarium lecta et publicata de verbo ad verbum coram prefatis dominis fratribus Christophoro, Theobaldo et Theramo, presentibus etc. — 28 — Qui quidem venerabilis dominus frater Christophorus de Spinulis statim et incontinenter, auditis suprascriptis per me notarium lectis et publicatis ut supra, dicit quod eisdem non consentit nisi in facientibus pro ipso, requirens copiam predictorum dictorum per dictos priorem et fratres s. Augustini, quibus, habita copia, respondebit suis loco et tempore. Acta sunt hec omnia Ianue, in dicto claustro ecclesie sancte Marie de Castello, anno etc. millesimo quadringentesimo quadragesimo secundo, indictione quinta secundum etc., die veneris, vigesimo tertio mensis novembris in vesperis, presentibus ibidem venerabilibus dominis presbytero Bernardo de Scona (sic), preposito ecclesie ss. Nazarii et Celsi, Ianuen., fratre Bartholomeo de Silva-ritia, Ordinis Ierosolymitani, rectore ecclesie s. Fidei, Ianuen. et Christophoro de Via, cive Ianue, testibus ad premissa vocatis etc. Segue : Venerabilis in Christo pater, frater Christophorus de Spinulis, Ordinis predicatorum de observantia, suo nomine et nomine et vice ceterorum de dicto Ordine de observantia, audita protestatione eidem facta per priorem et fratres Ordinis heremitarum s. Augustini, opponendo et respondendo ad presens dicit: quod cum Ordine predicto nihil habet agere, et per consequens admiratur de dicta protestatione. Insuper, salvis premissis, dicit quod non consentit contentis in dicta protestatione oretenus vel in scriptis, ad hoc ut valeat suo et dictis nominibus respondere consulte ubi et quando videbitur. Requirens ad cautelam copiam correctam dictorum privilegiorum; negans dictus frater Christophorus, dictis nominibus, dictum priorem et fratres habere aliqua privilegia que possint infringere vel in dubium revocare privilegia concessa fratribus s. Dominici Ordinis predicatorum. Protestans contra dictum priorem et fratres de iniuria sibi illata, occasione contentorum in dicta protestatione. Et predicta dicit ad presens, salvis sibi omnibus aliis responsionibus et exceptionibus, que in futurum dicto fratri Christophoro, dicto nomine, videbitur expediens et utile allegare posse. Requirens dictus frater Christophorus, dictis nominibus, de premissis fieri publicum instrumentum in fidem premissorum. MCCCCXXXXII die veneris vigesimo tertio mensis novembris, — 29 — parum post vesperas, in claustro ecclesie sancte Marie de Castello. Deposita et presentata fuit presens scriptura mihi notario infra-scripto in presentia testium infrascriptorum per prefatum venerabilem fratrem Christophorum, suo et dicto nomine dicentem, requirentem et protestantem in omnibus et per omnia prout in ea continetur, et per me dictum notarium infrascriptum lecta et publicata in presentia dictorum testium infrascriptorum. . Acta sunt hec Ianue, in claustro predicto anno etc. quadringentesimo quadragesimo secundo, indictione quinta secundum etc. die veneris, vigesimo tertio mensis novembris predicti, parum post vesperas, presentibus ibidem egregio et providis viris, dominis Stephano Cataneo legum doctore, Nicolao Iustiniano et Antonio de Ingibertis, civibus Ianue, ad hec vocatis specialiter et rogatis. Anno et die predictis, parum post predicta, ante ostium maius ecclesie sancte Marie de Castello predicte, lecta et publicata fuit suprascripta scriptura per me notarium infrascriptum (i) coram venerabilibus fratre Benedicto Baxadone priore ecclesie et conventus s. Tecle de Ianua, Ordinis heremitarum s. Augustini, fratre Abraham de Spedia, Ordinis antedicti, in presentia testium infrascriptorum, ad instantiam et requisitionem prefati fratris Christophori, suo et dicto nomine presentis, dicentis et protestantis et requirentis in omnibus et per omnia prout superius in dicta scriptura continetur, presentibus ibidem providis viris Nicolao de Camulio, q. Io. et Andrea de Spigno, q. Io. civibus Ianue, testibus ad premissa vocatis etc. Il giorno dopo, lo stesso priore di s. Tecla, Benedetto Basadonne, recossi a Castello con notaio e un suo frate a leggere al p. Cristoforo un lungo atto di convenzione stipulata, ratificata e sottoscritta il 2 aprile 1435, ne^ sinodo di Basilea, dai maestri generali dei quattro Ordini mendicanti, dove fra vari altri lodevolissimi articoli era pur questo della distanza delle singole case per le cento quaranta canne. (1) In calce al presente non compare la firma del notaio, ma sta nel seguente. (N. 6) (24 novembre 1442•) * In nomine Domini amen. Noverint universi et singuli presentem paginam inspecturi, quod venerabilis dominus, frater Benedictus Baxadone, prior ecclesie et conventus s. Tecle de Ianua, Ordinis heremitarum s. Augustini, et frater Abraham de Spedia, dicti Ordinis, eorum nominibus et nomine et vice omnium et singulorum aliorum fratrum dicti Ordinis, in presentia mei notarii et testium infrascriptorum, tradidit et presentavi venerabili fratri Christophoro de Spinulis, presenti et recipienti, presentibus etiam ibidem fratre Dominico de Camulio, fratre Bartholomeo de Castagnola et fratre Theobaldo de Cavalerio maiori, copiam conventionum, ordinum et pactorum vigentium inter quatuor Ordines, videlicet predicatorum, minorum, heremitarum s. Augustini et carmelitarum Beate Marie, editorum et compositorum in Basilea, inter generales dictorum Ordinum , mccccxxxv die 11 mensis aprilis , correctam per me dictum notarium legentem de verbo ad verbum coram prefato venerabile fratre Christophoro auscultante, in presentia fratrum prenominatorum et testium infrascriptorum, de quibus conventionibus et pactis in scriptura protestationis die heri deposita per prefatos dominos, fratrem Benedictum Baxadone priorem et fratres dicte ecclesie et conventus s. Tecle fit mentio. Et de pre-dictis rogavit prefatus venerabilis frater Benedictus Baxadone prior per me notarium publicum infrascriptum confici debere presens publicum instrumentum in fidem veritatis premissorum. Actum Ianue, in claustro ecclesie sancte Marie de Castello, anno etc. millesimo quadringentesimo quadragesimo secundo, indictione quinta secundum etc., die sabati, vigesimo quarto mensis novembris in tertiis, presentibus ibidem reverendo in Christo patre, domino fratre Christophoro Ravascherio, abate monasterii s. An-dree de Borzono, Ordinis s. Benedicti, et Ioanne de Primo (?), olim bambaxario, cive Ianue, testibus ad premissa vocatis specialiter etc. Ego Iacobus Bonvinus, Ioannis, imperiali auctoritate notarius publicus et curie archiepiscopalis ianuensis scriba, predictis omnibus et singulis, dum sic ut premittitur agerentur, dicerentur et fierent, — 3i — una cum prenominatis testibus interfui et rogatus scripsi et publicavi, signo, nomineque meis appositis consuetis, in fidem etc. L’ atto solenne, qui citato, di mutuo accordo fra i superiori maggiori dei quattro grandi istituti parmi di tale rilievo per la storia, che non voglio defraudarne l’onesta curiosità del lettore, anche perché lo stimo men noto agli alunni delle religioni che vi hanno interesse (i). % (N. y) (2 aprile 14);) Universis et singulis fratribus sacrarum religionum et Ordinum, predicatorum beati Dominici, minorum beati Francisci, heremitarum sancti Augustini et carmelitarum beate Marie, fratres: Bartho-lomeus Texerii, prior (sic) generalis magister Ordinis predicatorum, Guillelmus de Casali, minister generalis Ordinis minorum, Ghe-rardus de Arimino, prior generalis Ordinis heremitarum sancti Augustini, et Ioannes Fachi, prior generalis Ordinis carmelitarum, fratrum beate Marie. Eterne salutis ac perpetue pacis munus, summa divine bonitatis affluentia, fratres carissimi, que multis modis peccatores ad peni-tentiam revocans, neminem vult perire sed omnes homines salvos fieri, vel in eo latissime patet quod in novissimis quoque diebus, languenti iam morum sterilitate, mundo remedia sanitatis afferre dignata est, humiles ac spirituales servulos sibi deligens, qui populum acceptabilem studiose ei pararent ac fidelibus monitis instituerent. Itaque quatuor Ordinum mendicantium religiones sacras, velut quatuor flumina paradisi, in omnes suorum fidelium regiones mira benignitate diffudit, que, exemplo pie vite, doctrineque ac predi-cationis ubertate, terrenorum hominum mentes, velut celesti quodam humore foverent, mitesque ac saluberrimos eterne vite alerent fructus, egris peccatorum animis non opem modo, sed et divine suavitatis gustum optimum allaturos, cuius dulcedine illecti fideles (1) Avverto che il testo del documento in più d’un luogo parmi errato, e senso non corre, od almeno con stento. - 32 — omnem diabolice suggestionis infectionem vitare discerent, et in solo superne voluptatis desiderio iucundari. Verum, sanctissime huius nostre irrigationis operationem tam prudenti et concordi moderatione exerceri ac regi necesse est, ne ipse religiones hac mutuo exauste penuria sacri humoris arescant, aut suis invicem fluctibus obruantur. Nam profecto, si ullus ipsorum Ordinum, dum exuberare cupit, spernat et impugnet ceteros, fama, honoribus aut comodis ipsos evacuare laborans, necesse est illud accidere, ut, altero repugnante aut referire moliente, multi utrinque ad contemptiones et adversas predicationes incitentur, sicque studia, que non ad propriam modo, sed ad alienam salutem ac concordiam susceperunt, conversis inter se odiosis animis, graves discordias nutrient; quo pessimo exemplo, et multorum fidelium mentes auctoritatem vite ac doctrine nostre contemnunt, et nos ipsi, alternis occursibus dissidentes, in magna nostra scandala ac damna precipitamur. Que mala ut in futurum, Deo favente, vitemus, omnesque intel-ligant sacrarum religionum ritus, quamquam pulchra diversitate varios, ab unico tamen divine gratie fonte profluere, atque eadem charitatis via unum finem ac terminum petere, nos prenominati quatuor Ordinum mendicantium priores generales, sanctissimorum patrum nostrorum vestigiis inherentes, qui, unitatem spiriius ac pacis vinculum cum omnibus tenentes, ab omni semper fuerunt discordia remotissimi, habito ea in re multorum reverendorum provincialium et aliorum sacre theologie professorum, qui ex diversis ipsorum Ordinum provinciis ad sacrum Basileen. concilium convenere, sano ac maturo consilio, nonnulla inter nos ac religiones nobis creditas, omni auctoritate et consensu, ordinanda ac statuenda esse censuimus, que ab universis eorundem Ordinum fratribus u-bique terrarum perpetuo observata, pacifice et comode ipsarum religionum toto orbi consulerent, et rebus que inter fratres dissidium ullum aut scandalum excitare possent, opportunis ordinationibus , obviarent. Earum autem ordinationum forma ac series talis est. Firmam sacrarum quatuor religionum pacem perpetuo duraturam iusto ac stabili federe coniuncturi, dignum duximus inde initium facere, unde nobis ad ipsam conservandam, tuendamque prestari — 33 — auxilium cupimus, a1 sanctis videlicet, quos religiones veluti primos cuiusque auctores aut illustratores cultu precipuo venerantur. Hos enim etsi equum sit summis fratrum suorum laudibus celebrari, quos omnes eximia pietate colere ac venerari debemus, tamen quoniam temerarium est tam sublimiter de unius meritis disputare, tamque excellenter sentire ut alteri, vel religioni vel sancto, in comparationem adducto, derogetur, et ex celestis regni beatitudine, ubi summa pax et eterna felicitas est, cause litium contrahantur, unumquemque nostnirum religionum fratrem, qui in derogationem sanctorum alterius Ordinis patronorum aut professorum, seu universalis status et honoris ipsius, scienter et publice linguam laxare presumpserit, a priore seu gardiano aut altero superiore suo, ad quem pertineat, digna punitione volumus castigari. Et nihilominus ad revocationem aut aliam iustam emendationem dicti sui, eodem loco quo offenderat, omnino compelli. Scholasticos quoque fratres etsi nemo prohibeat diversorum doctorum doctrinam atque opinionem sequi, ea tamen moderatione linguam honestare precipimus, ne quis aliorum Ordinum doctores ullo contemptu aut turpi dicto inceptari presumat, a quibus forte ipse, aliorum imitator, de veritate dissentit. Illud vero vel maxime est cavendum, ne contra confirmationem, approbationemque alicuius harum sacrarum religionum, quispiam aliorum Ordinum frater aliquid predicare aut disseminare presumat, sed magis omnes studeant illarum dignitatem invicem attollere ac profiteri, quarum non dubitent caritatem, sancto vinculo sociatam, fortiorem ad commune pre-sidium posse succedere. Itaque et auctoritatem audiendi confessiones et absolvendi, diligentissime omnes caveant, ne predicanone aut assertione sua in ullo aliorum Ordinum minorem aut disparem faciant videri, sed alterne potestati et auctoritati non modo consentiant, sed diligenter faveant, parique laude et approbatione aliis tribuant que ab illrs ipsi desiderant. Omnino autem in romana curia, ubi tamquam ex primo fonte coniunctionis nostre bona, seu dissentionis mala, ad ceteras orbis partes facile dirimari atque diffundi possunt, solidam pacem et tamquam individuam rerum ac periculorum omnium servari convenit societatem, ut quoties necessitas, equalis periculi metus Atti Soc. Lig. Sr. Patria. Serie 2.* Voi. XXI. 4 — 34 — impendat, procuratores Ordinum, qui in ipsa curia fuerint, cuiusque alterius Ordinis negotia non aliter procurent atque sustineant, collutis equali sorte sumptibus, ubi et cause magnitudo et communis rei discrimen ita exigere videatur. In ceteris vero, invicem sibi faveant, assistantque quantum et honestas permiserit et rerum opportunitas postulaverit, neque ullus ipsorum, acceptis a quibusdam fratribus aut conventibus sui Ordinis adversus fratres alterius religionis querelis, litem contra illum moveat aut moveri sinat, seu literas impetrari, nisi provincialem aut alterum illorum prelatura contra quos querele producantur, ad quem pertineret, prius admonitum esse, et si in administranda iustitia negligentem fuisse cognoverit, etiamsi eiusmodi causa sit que videretur extra curiam commode agitari non posse. Illud preterea in eo loco servari volentes, ut quidquid litis et controversie inter duarum religionum fratres, ac perinde et inter earum procuratores, suboriri videantur, alii duo procuratores omni diligentia et studio componere, et interceptam causam iusto moderamine terminare procurent, illis qui litem acturi erant nichil interim moventibus, quibus precipimus et mandamus ut omnem causam suspensam teneant, donec aliis tentate concordie fortunam experientur. Cum vero inter servos Dei, qui non est Deus dissentionis sed pacis, aut nulle lites habende sint aut quam celerrime finiende, decrevimus tenore presentium et iubemus, ut si quando inter dictorum Ordinum fratres super nimia vicinitate aut aliis impedimentis, ob que aliorum loca commode edificari non possint, controversia aliqua fuerit exorta, priores et ministri provinciales, si super hoc se duxerint requirendos, ad locum ubi litis occasionem nasci noverint, intra duorum mensium spatium se personaliter transferant, et omnem controversiam subortam curent, unius mensis ab eorum adventus spatio, terminare. Qui si in unam sententiam convenire nequiverint, tres arbitros eligant qui similiter intra mensem omnem litem iusto fine decidere teneantur, et quidquid tres simul aut duo ipsorum decreverint, firmiter observetur. Quod si predicti prior provincialis et minister, ex iustis causis et legitimis, illuc ire non potuerint, aut noluerint se transferre, committant quibusdam fratribus amatoribus pacis et concordie vices suas, qui suscepte — 35 — cause arbitrium usque ad iustarn terminationem, intra unius mensis spatium, ut prediximus, exequantur, et quidquid per 'eos vel per arbitros ab ipsis electos ordinatum fuerit, robur obtineat firmitatis. Ordinationibus quoque et inhibitionibus apostolicis est parendum, ne ullius Ordinis fratres ad constructionem monasterii, ecclesie seu oratorii locum presumant accipere vicinum loco fratrum alterius Ordinis, infra centum quadraginta cannarum spatium per Sedem a-postolicam pretaxatum, sine ipsorum licentia et assensu. Rogamus tamen, ne se ad huiusmodi gratiam fiendam difficiles reddant, ubi ex dispositione situationis loci nullum aut exiguum ipsis preiudi-cium generetur. Caveant insuper omnes diligenter ne alterius Ordinis, zelo attrahendi ipsum ad suum Ordinem, cuiquam suadeant prime religionis egressum. Et si quis ita illectus exiverit, non recipiatur infra annum in Ordinem, cuius desiderio alium exire visus est, nisi de licentia illius Ordinis quem reliquit. In qua re, ne ulla iniuria aut fraus fiat, inhibemus omnino ne de huiusmodi alienorum novitio-rum receptione ulla dispensatio apostolica impetretur. Preterea cum quisqu... alicuius persone apud fratres alterius Ordinis factam, personis patris et matris, fratris ac sororis dumtaxat exceptis, immutari, neque legata eisdem relicta variari vel minui, quisquam per se vel per alium procurare presumat Attendant etiam singuli, ne honori sui Ordinis improvide providentes, in contemptione et e-mulatione aliorum, sermones preripiant aut impediant. Insuper cum securius sit consilium et firmius iudicium quod plurimorum sententiis fuerit approbatum, circa observationem sententiarum excommunicationis et interdicti, que ab aliis quam a summo pontifice et legatis Sedis apostolice, quibus est simpliciter deferendum, prolate fuerint, queque (sic) ullo modo vertantur in dubium. Inter omnium predictorum Ordinum qui in loco erunt fratres, collatione prehabita, requisito etiam diligenter si necesse fuerit consilio sapientium, quantum conscientia permiserit, uniformitas observetur. Ceterum, quia quidquid in fidei christiane religionem committitur, in omnium noscitur iniuriam redundare, inquisitores heretice pravitatis nullus impediat vel perturbet, quin potius et ipsi sibi mutuo et alii eisdem in prosecutione officii indefesse faveant et assistant. - 36 — Hec sunt que exacta diligentia ab omnibus nostrorum Ordinum fratribus volumus observari, et transgressores iuxta culparum exigentiam debita castigatione puniri. Quocirca, omnibus et singulis eoruindem Ordinum fratribus, provincialibus presertim, ministris, vicariis aut aliis rectoribus quibuscumque, harum serie precipimus et mandamus, quatenus super dictis et aliis quodcumque discrimen turbationis aut adducere consueverunt aut posse adducere videantur, omni diligentia studeant efficacibus monitis et opportunis correctionibus taliter providere, ut et cepta, si que invenerint, componantur, et imposterum similia non contingant. Et ut firmius teneantur atque serventur que superius repetita ac memorata fuerunt,' omnibus prioribus et gardianis dictorum Ordinum ad quos presentium nostrarum literarum exemplar, quod ipsos nichilominus diligenter volumus investigare, pervenerit, ut singulo anno, quater, cepta equali interpellationis mora, ipsis prioribus et gardianis singularum religionum qui in eo loco fuerint simul congregatis, recitent et studiose perlegant, tenore presentium precipimus et mandamus, ac si quid adversus communem pacem et has nostras sanctiones interim cognoverint accidisse, illud reformare et componere omni diligentia studeant, comunique paci et concordie ita consulere, ut ea integra et illibata perpetuis temporibus conservetur. Datum Basilee, anno Domini millesimo ccccxxxv, die secunda mensis aprilis, sub appensione sigillorum quatuor generalium. Ego fr. Bartholomeus, generalis prenominatus, supradicta assero manu propria. Ego fr. Guillelmus, generalis predictus, omnia suprascripta confirmo propria manu. Ego fr. Ioannes, suprascriptus generalis, omnia supradicta manu propria assero. Ego fr. Io. de Hasperg, vicarius r. p. generalis, qui presentibus interfui, omnia ea manu propria et sigillo provincialatus confirmo. Sparsasi la notizia fra il popolo del nuovo ostacolo messo dagli agostiniani, non è a dire quanto dolore ne provassero i buoni parrocchiani. Rotti pertanto gli indugi, — 37 — supplichevole domanda indirizzarono alla romana Sede, chiedendo che, posta la verità degli allegati statuti, sua Beatitudine fosse larga e indulgente a dispensarne i religiosi del novello convento, in contemplazione dell’esemplare loro condotta e delle moltiformi opere di carità dai medesimi quivi iniziate, con tale profitto, da sembrare essere loro piovuti dal cielo (i). Chi scrivea cosi erano la più parte membri delle illustri famiglie Fieschi e Giustiniani, abitanti nel giro della parrocchia; e non reca meraviglia se papa Eugenio, 1’ 8 giugno 1443, con altra sua bolla imponesse agli agostiniani di cessare da ulteriore contrasto, dirimere esso la lite, col volere restassero i domenicani a Castello, derogando, colla pienezza dell’ autorità, alle convenzioni fra i detti Ordini stabilite, non che alle costituzioni apostoliche, le quali facessero forza in contrario (2). Mentre queste cose accadevano, i riottosi canonici non lasciarono intentato alcun mezzo per suscitare molestie ai padri; e guadagnati i preti utenti qualche cappellania in S. M. di Castello, li ebbero indotti a dire messa altrove, in adempimento dei loro doveri. Viene nelle carte dell’ archivio nominatamente indicato un tale sacerdote Domenico Embriaco, investito dell’antica cappellania della ss. Trinità, cui era annesso l’obbligo di celebrare ciascun giorno all’altare del suo titolo (3); cosa che egli al (1) Op. cit. a pag. 247. (2) Op. cit. a pag. 248. Edita pure nel Bull. Ord. Praed. T. Ili, p. 173. (3) La fondò il canonico Lanfranco Ottone nel 1390, e non vuole scambiarsi coll’ altra eretta da Raffaele Embriaco, come in atti di Lombardo di s. Stefano. Dice cosi : Item legavit loca septem... que voluit augeri debere de aliis bonis ipsius ad summam locorum decem., quorum quidem locorum proventus., deputentur uni capellano pro tempore eligendo ad capellam institutam et ordinatam vel ordi- 6 - 38 - tutto tralasciò dopo 1’ arrivo dei frati, e col solo assenso del prevosto e capitolo della soppressa collegiata trasferì il suo beneficio nella vicina parrocchia di s. Croce. Di lui si lagnarono i nostri presso la romana curia con apposito ricorso, nel quale esponevano : credere essi che la licenza impetratane dall’ Embriaco da Roma fosse surrettizia, e di malo esempio ai cappellani tuttora ivi esistenti; domandare perciò l’invio d’un giudice, che esaminasse e ponesse fine al lamentato disordine, causa di scapito d’ ufficiatura e di culto nella loro chiesa (r). nandam in ecclesia sante Marie de Castro, lamie, per maiorem de albergo suo de Embriacis, si de ipso albergo tunc fuerit, vel si desinerit esse, per Blanchinam, ttepo-tem suam, uxorem Lodisii Catauei, vii per heredes ipsius Blanchinete ; cuius ca-pelle ipsos patronos et gubernatores eligit et constituit etc. Qui quidem capellanus teneatur et debeat ornili die in perpetuum missam et alia divina officia celebrare prò anima ipsius testatoris. (i) Quidam Dominicus de Embriacis, unus ex capellanis diete ecclesie patronis , capeTlaniam ipsam, auctoritate ordinaria, de consensu prepositi et capituli dicte ecclesie sancte Marie consensu, in sancte Crucis Ianue, vel aliai/} ecclesiam tran- . stulit, ac translationem per Sanctitatem vestram* confirmari seu mandari confirmari obtinuit, nulla in confirmationis seiC mandati de confirmando literis, de suppressione, erectione, et aliis premissis, mentione habita. Cum autem, Pater sancte, licet credatur translationem et confirmationem ac alia premissa 11011 subsistere, ne tamen propterea devoti vestri, prior et conventus dicte domus, litibus involvantur, et ut patroni aliarum capellaniarum in eadem ecclesia fundatarum a similibus translationibus retrahantur, seu eis similia peragendi malitia et occasio penitus auferantur, supplicant vestram Sanctitatem prefati prior et fratres quatenus alicu.... in partibus istis qui se de premissis informet, et si per informationem huiusmodi ea fore vera repererit, predictam et quascumque alias translationes seu mutationes de ca-pellaniis in dicta ecclesia per illorum patronos seu quosvis alios, quacumque, etiam apostolica auctoritate, factas et confirmationes earum apostolicas, ac inde secuta, revocet, casset et annullet, nulliusque roboris et momenti fore decernat ac statuat; et decernat quod nullus patronus, clericus vel laicus aut quicumque alius, quavis auctoritate literarum apostohearum sibi concessa, nisi in ipsis literis apostolicis de presenti concessione de verbo ad verbum mentio fiat, similes aut quasvis alias translationes de dictis capellaniis facere presumat, declarans irritum et inane si secus super biis a quocumque contigerit attemptari, committere et mandare dignetur de gratia speciali, non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis etc. — 39 — Ed il pontefice, menate buone le loro ragioni, spedì il 7 dicembre 1443 altra sua lettera, diretta agli abati di s. Venerio di Tiro, di s. Teodoro fuori le mura e di s. Matteo in Genova, con cui li autorizzò, se giuste fos-. sero le querele, a vietare severamente al beneficiato della ss. Trinità e agli altri che, per disposizione del testatore, erano tenuti a celebrare in chiesa di Castello, di recarsi quind’innanzi a farlo altrove (1). Si dolsero a un tempo i frati della locazione, per ventinove anni concessa dal prevosto e canonici a certe donne viventi in comunità e ritiratesi dal mal fare, d’una casa attigua al convento , spettante alla prebenda dell’ ex-canonico Antonio Moltedo, e soggiungevano riuscire loro sovrammodo gravoso e intollerabile simile contatto, quantunque femmine raccolte a vita penitente (2). Anche più voiontieri (1) Op. cit. a pag. 251. Edita nel Bull. Ord. Praed. T. Ili, pag. 177. (2) Preposiius et capitulum prefate ecclesie quamdam domum ad certam ipsius ecclesie prehendam spectantem, claustro et horto prefate ecclesie contiguam, nonnullis mulieribus de disciplina nuncupatis, tunc nominatis expressis, pro se et aliis mulieribus de disciplina usque ad xxvim annos, sub certa tunc expressa annua responsione , confirmatione ordinaria desuper interveniente, confirmarunt, ac locationis titulo dederunt et concesserunt, prout in quodam publico instrumento desuper confecto continetur. Cum autem, Pater sancte , in domo conventuali huiusmodiplures dicti Ordinis fratres sub observantia predicta degentes presentialiier existant, ac domo locata predicta pro certis officinis construendis indigeant, neque etiam convenire videatur quod mulieres , etiam sub humili et pia vita degentes, habitationem ita contiguam cum viris religiosis habere debeant, et propiena ex locatione predicta, consideratis sinistris que ex contiguitate predicta verisimiliter prevenire possent, fratres dicte domus con-ventualis non modicam molestiam ferant: Ideo pro parte prioris et fratrum pre-fatorum Beatitudini vestre.... quatenus predictam et quascumque alias per prepositum et capitulum prefatos aut quosvis alios hactenus factas locationes et concessiones, pro nullis et infectis habentes, dictasque mulieres a domo locata predicta realiter amoventes, et super ea ipsis perpetuum silentium.... eandem locatam domum priori et fratribus... etiam si preposiius et capitulum prefati ac canonicus presentialiier prehendam ipsam obtinens non consenserint, ex nunc concedere:... et assignare, ita quod — 4o — assecondò, in questo particolare, Eugenio, il costoro desiderio, e nella medesima data, 7 dicembre 1443, impose con nuovo messaggio al priore di s. Teodoro di condursi sul luogo alla verifica dell’ esposto, e la casa locata a Margarita Cicala, Caterina Lupo, Lucia Lucello e loro compagne, ivi sotto certa regola dimoranti, rendere libera issofatto, ponendola a disposizione dei frati peli’ ingrandimento del loro cenobio, con che paghino essi al Moltedo il valsente della pigione, ragguagliato al prezzo medio dall’ ultimo decennio in poi, a titolo di sua prebenda (1). In questo scritto il pontefice accenna da capo, e con vivo rammarico, dell’ arcivescovo, che rafforzato avea col peso di sua autorità la locazione anzidetta, e dà licenza all’ abate di s. Teodoro d’ annullare l’istrumento e tutti gli atti che, in conferma del medesimo, osato avesse fare il genovese prelato. Più, venuto a sapere che, tenendo sempre il broncio ai padri, egli stesso rifiutavasi d’eleggere un di loro in parroco, dare il sacro crisma per l’estrema unzione agli infermi e restituire le scritture spettanti alla chiesa di Castello, gli scaraventò una indignatissima lettera 1’ 8 dicembre 1443, ingiungendogli di non ricusare più oltre a fare ciò che era di stretto suo obbligo, se pur avea caro di non incorrere in grave colpa innanzi a Dio, e nell’ anatema della Sedia apostolica ; e lo esortò infine, sul suo esempio, ad essere per l’avvenire e ex nunc illam, auctoritate propria apprehendere et tenere, perinde ac si prefatus canonicus, eam libere., possint et valeant; quodque ipsi prior et fratres prcfato canonico quamdiu prebendam ipsam obtinuerit, ratione dicte locate domus, tantum quantum ex ea, tempore date literarum earundem et antea per x annos proxime tunc preteritos, de pensione annuatim solvi consueverat, annis singulis tradere et assignare teneantur. Non obstantibus etc. et cum clausulis opportunis. (1) Op. cit. a pag. 252. Ne manca di questa il Bull. Ord. Praed. — 4i — mostrarsi umano e benigno verso i domenicani, di cui recita nuovamente le lodi (i). Annui alla fin fine l’arcivescovo, e tanto più ci gode l’animo di potere, nel-l’occorrenza, approvare l’ossequio da lui prestato al pontificale comando, in quanto che noi lo crediamo la potissima causa dell’essersi per tale via conservati tanti belli e pregevoli documenti, che ora facciamo, od in precedenti lavori rendemmo, di pubblica ragione. Imperocché, scrive l’anonimo compilatore delle Notizie cronologiche della chiesa parrocchiale e del convento di S. M. di Castello, « per non avere a soggiacere in alcun tempo a liti, per difetto di scritture, il sindaco, p. Pietro Cossano, ottenne dall’ arcivescovo la facoltà di costringere i notai della sua curia a consegnargli copia autentica di tutte le scritture, atti, processi ed istrumenti in qualunque modo spettanti alla chiesa e collegiata di Castello. Cosi viene registrato in atti di Giovanni Goano, notaio, l’anno 1444 addi 30 agosto (2) », carta da me non più rinvenuta in archivio nostro, e atto mancante pure nel governativo. Insediati dopo tanti contrasti nel cenobio di Castello i padri, rimaneva che entrassero al possesso eziandio delle rendite e dei proventi, oggetti sacri, beni mobili ed immobili alla chiesa e collegiata appartenuti, i quali tutti il pontefice nelle sue bolle aveva ad essi aggiudicati e attribuiti. In riguardo, è da sapere che, giunto a notizia del prevosto e dei canonici il ricorso dei parrocchiani e del doge a papa Eugenio, in cui domandavasi l’estinzione della collegiata e l’erezione d’una casa conventuale di (1) Op. cit. a pag. 255. (2) Ms. già cit. a fol. 3. - 42 - frati Predicatori, temendo grandemente dell’esito, giacché eglino, meglio di tutti, conoscevano le proprie magagne , si diedero la massima fretta a nascondere, o in guise diverse alienare censi, redditi, libri, calici : in breve, le possessioni migliori e le suppellettili più ricche della chiesa e del capitolo. Ai canonici poi sottentrati i domenicani , sembra che, ai loro avversari palesi, siensi aggiunti altri occulti nemici, i quali derubavano le offerte ed elemosine fatte ai religiosi pel decoro del tempio o al loro sostentamento. Di qui nuova fonte di liti, cui, come al solito, accorse la paterna bontà e fermezza di Eugenio. Egli cominciò col mettere fuori, il 27 febbraio 1443, una bolla, dove comandava al priore di s. Teodoro di inquirere e procedere giuridicamente contro codesti usurpatori , e colpirli, se uopo ne fosse, anche di scomunica, quando, entro congruo tempo a fissare, restituito non avessero il mal tolto (1). Un primo buon effetto é stato la consegna fatta dal già prevosto Fattinanti, il 2 aprile 1443, di due vasi d’argento, ornati di vere e preziose gemme, del peso di libbre due ed oncie undici e mezzo, al p. Antonio da Vercelli, allora vicario del convento (2). Il secondo fu la restituzione di due grossi volumi di libri antichi, cui un incognito possessore si fé’ coscienza di deporre in curia il 21 agosto 1443» a mezzo del suo confessore, p. Leonardo da Bagnara, alunno dell’altro cenobio, cioè di s. Domenico (3). Ma questo era un nonnulla a petto del tanto che mancava, e i dubbi fondati di trafugamento cadevano di leggieri sul (1) Op. cit. a pag. 256. (2) Op. cit. a pag. 257. (3) Op. cit. a pag. 258. — 43 — prevosto. Il perché, sotto il giorno 30 giugno 1443, io trovo una carta di procura stesa in Siena e mandata dal p. Giacomo del Regno, già sopra citato, procuratore generale dell’ Ordine, colla quale delega a rappresentarlo in tutti i negozi in genere, e in ispeciale guisa nel ricuperare gli effetti della chiesa e collegiata di Castello, i due padri Giacomo da Vercelli e Pietro Cossano (1). Un mese e mezzo avanti, l’identica qualità di procuratore al medesimo padre Cossano conferito avevano il p. Antonio da Vercelli e i frati di Castello co’ più ampi poteri di trattare gli interessi loro, entro e fuori giudizio, adire i tribunali e simili, come dal rogito seguente, il quale conferma il detto sopra, cioè che il p. Antonio occupava il posto di vicario locale qui a Castello, e non più la carica, meglio elevata, di vicario generale della Congregazione di Lombardia. (N. 8.) (17 maggio 1443) In nomine Domini amen. Venerabilis in Christo pater , dominus frater Antonius de sancto Germano, Ordinis predicatorum, ob-servantie s. Dominici, vicarius in ecclesia et conventu sancte Marie de Castello Ianuen. in presentia, cum consilio et consensu et voluntate infrascriptorum fratrum dicti Ordinis et conventus, quorum nomina sunt hec : dominus fr. Christophorus de Spinulis, fr. Bar-tholomeus Castagnola, fr. Iacobus de Vercellis, Ir. Petrus de Ale-mania, fr. Petrus de Cossano, fr. Theobaldus de Cavalerio maiori, fr. Iacobus de Salutiis, fr. Christophorus de Lugano, fr. Iacobus de Cumis, fr. Dominicus de Francia, fr. Gaspar de Vercellis et fr. Andreas de Cumis. Et dicti fratres in presentia etc. dicti domini eorum vicarii etc., qui sunt totus numerus fratrum existentium (1) Vi si dice: Acta fiurunt hec Senis, in monasterio seu conventu Ord. fratrum predicatorum etc. da Giovanni Piley, clerico Cameracen. diec., literarum aposto-licarum abbreviatore. La carta è pergamena. — 44 “ in dicta ecclesia et conventa, non valentes comode negotiis dicti . conventus vacare, ideo etc. fecerunt, constituerunt etc. eorum etc. certum nunciutn, sindicum etc. dictum fratrem Petrum de Cossano, presentem etc. ad omnia et singula ipsorum fratrum et dicte ecclesie et conventus negotia in iudicio et extra gerenda etc. Actum Ianue, in ecclesia sancte Marie predicte, in capitulo eiusdem ecclesie, anno etc. millesimo quadringentesimo quadragesimo tertio, indictione quinta etc., die decima septima maii, hora vigesima tertia. Testes Antonius de Ingibertis, Ioannes Lavellus et Christophorus Turinghellus, cives Ianue, vocati et rogati. Ego Baptista de Murtura, de Camulio, etc. notarius, predictis omnibus interfui, et rogatus scripsi et publicavi. In virtù della doppia procura, il p. Cossano citava a comparire avanti 1’ ufficio dei sindicatori del comune il Fattinanti, e presentò una scritta autentica di monitorio contro il detto prevosto, emanata da Berardo di Narni, cappellano apostolico e auditore di cause alla corte del papa. Costui da Eugenio IV era stato incaricato a sentire e sentenziare sopra antichi e nuovi capi d’accusa sporti al trono pontificio contro il prevosto medesimo dai religiosi di Castello. Gli antichi sono : 1’ appropriazione indebita di libri, paramenti, robe insomma della chiesa, e il peculio o fondo della massa comune del capitolo. I nuovi consistevano nel godimento usurpatosi delle rendite delle cappellanie della chiesa e nell’investitura da esso data d’ un canonicato a un titolare novello. • L’udienza ebbe luogo in tribunale il 12 agosto 1443, e per quel dì il prevosto limitossi a prendere atto delle accuse mossegli, e nel giorno 19 successivo rispose in siffatti accenti : avere egli conferito il posto, reso vacante per la morte del canonico Francesco Della-Torre, a prete Biagio Antonio Carena, in virtù delle bolle apostoliche - 45 — presentategli, le quali incombeagli il debito d’eseguire; essersi appropriato il valsente della massa comune a foggia dei prevosti predecessori, che n’ ebbero sempre 1’ uso e la proprietà. Trasse del pari a se i frutti delle prebende canonicali, ma con ciò nulla tolse ai frati di pertinenza loro, mentre la bolla eugeniana di soppressione riservato avea ai titolari il godimento delle rendite, lor vita durante. Circa i libri, suppellettili e arredi sacri protestò non averne bricciolo presso di se, ignorare anche trovarsene più o meno nascosti a mano di chicchessia, e se il sapesse, del migliore grado lo svelerebbe; dal canto suo quanto possedeva la chiesa, già tempo innanzi avere fedelmente consegnato (i). Cosi mentiva il doloso prevosto, sperando, in onta di tanto grandinare di bolle e processi, che i suoi complici e fautori mantenuto avrebbero il segreto. A smascherarlo, giunsero invece, un mese dopo, le deposizioni di due rispettabili personaggi del clero genovese, spinti a quel dovere di coscienza dal p. Cossano. Il primo fu Michele Bandelli, priore della vicina, ed ora soppressa, parrocchia di s. Croce, il quale addì 25 settembre 1443 depose, con giuramento, avere veduto in addietro nella casa dell’abate Ravaschieri un bel numero di libri spettanti alla chiesa di Castello, cui il mentovato abate, nella sua semplicità, gli narrò essere stati colà posti e trafugati dal Fattinanti, sul timore che i domenicani, venendo al possesso di quella, se ne impadronissero (2). Il medesimo faceva due giorni dopo, cioè il 27 settembre, Cristoforo da Novi, rettore di s. Maria a Marassi, (1) Op. cit. a pag. 266. (2) Op. cit. a pag. 270. '-46- sobborgo di Genova, di conserva ad Antonio ingiberti e Benedetto Assereto, parrocchiani. Tutti tre, con la stessa solennità del giuramento, attestarono ì’ esistenza di alcune masserizie e libri corali da essi veduti a Castello in camera del prevosto Francesco Di-Negro, predecessore al Fattinanti, e due soli mesi innanzi quel di, nel chiostro di N. S. delle Vigne, precisamente nell’abitazione del Fattinanti, ov’era anche, come già dicemmo, canonico ; oggetti e libri che invano si cercavano dai padri (i). La commissione da Eugenio IV affidata ai priore di s. Teodoro, il 27 febbraio 1443, d’inquirere e procedere contro gli usurpatori dei beni e delle robe in qualsivoglia modo appartenute alla collegiata e chiesa di Castello, a tutto settembre stess’ anno ottenuto non avea per anco alcuno effetto, malattia fosse, assenza o vacanza dell'esecutore. Al principio però d’ottobre, cioè il 3, Y archivio nostro ci fornisce la notizia, anzi la scrittura autentica, con cui il priore Giovanni Gatti, accettato l’incarico, intima all’universo clero genovese di proclamare, in ogni migliore guisa, nei templi della città e fuori, il suo mo-n1 torio generale ai fedeli, niuno escluso, di manifestare quanto di nascosto ognun sapesse trovarsi di oggetti o altro alla chiesa suddetta spettante, declinando i nomi degli ingiusti ricettatori, detentori, acquisitori; e ciò entro giorni quindici dalla promulgazione, dopo i quali incorrerebbero i disobbedienti nella scomunica (2). Non so dire se un qualche buon esito sortito abbia il monitorio, e niuna carta ne parla. È lecito sospettare, che siccome 1’ occultatore massimo e pertinace era il prevosto : Op. eh. 2 p2g. 272. 2) Op. ciz. a pag. 259. - 47 — Fattinanti, cosi d’ un generale comando non se ne sia dato per inteso. Ma quando la spada della pontifìcia autorità venne a ferire nominatamente la persona di lui, allora fu fatta la luce. Esposero i padri ad Eugenio IV come, malgrado gli ordini tutti giunti da Roma, e a dispetto dei due monitori pubblicati da Berardo di Narni e Giovanni Gatti, l’intestardito prevosto non accennava restituire ciò che sapevasi certo ritenere di non proprio ; che portare la lite nanti la romana curia riuscirebbe loro soverchio e lungo gravame; domandavano un sollecito e definitivo giudizio in Genova. Li compiacque il papa, collo scrivere il giorno 18 dicembre 1443 un’ultima sua lettera a Filippo, abate di s. Venerio di Tiro, per delegarlo ad esaminare la controversia; e terminava con dirgli che, senza strepito o solennità di forme, ma con tanto maggior forza, rotto ogni ostacolo, scagliasse sovra il colpevole, se tale lo riteneva, decisiva e perentoria sentenza, toltagli la via d’appello o ricorso a qualsiasi civile od ecclesiastica autorità (1). Gli arredi sacri riconosciuti mancanti non erano per vero, nè pochi, né di mediocre valore, come si raccoglie da un altro inventario privo di data, dal quale viensi a provare la mala fede dell’ incriminato prevosto; in ciò che dal primo, da lui consegnato al p. Cristoforo Spinola il 22 ottobre 1442, e dall’altro dell’8 dicembre stess’ anno, egli avea sottratto quanto tornavagli conto, ma che vennero a propalarlo nel 1443 i vicini e parrocchiani , ben affetti ai religiosi (2) ; e dovè, crediamo, trar fuori dal nascondiglio e restituire. — 4§ — Un piato così a lungo protratto con un contumace ecclesiastico, sordo alla voce del dovere, e che al postutto versava su cose temporali e non più sul possesso della casa e chiesa di Castello, cominciava a recare noia alla camera generalizia dell’ Ordine in Roma. Da questa città giunse pertanto una lettera del p. Matteo da Tortona, scritta 1 ii luglio 1444, in cui davasi, in sostanza, il consiglio ai nostri d’accomodarsi alla meglio col capo duro e cuor versipelle e scoscienziato del Fattinanti. (N- 9) (11 luglio 1444J Reverendi in Christo patres post re.... Visis literis et allegationibus vestris, postquam alias meas literas vobis scripsi super hac re, fui cum istis dominis et amicis nostris, quos omnes consului quid agere deberem, et quem modum tenere debebam, ut negotium vestrum suum sortiret effectum; et ut bre-vitei me expediam, dominus Arsenius, cum quo primitus locutus est frater Philippus Adurnus, qui de lite vestra potius vellet pro nobis quam pro presbytero Melchione ut apparet, eo quia de pre..... \estro et dictum Arsenium avisaverat.... sic ait: ego consulerem fratribus vestris qui in illa civitate vivere et morari volunt, quod mitius cum isto presbytero Melchione se haberent, nec velint ita subtiliter omnia pertractare et omnimode videre: nos enim religiosi sumus et quantumcumque iustitiam habeamus, multa sunt que dissimulare debemus propter habitum et religionem^ Item litigando, tandem succumbimus, quia idem frater Philippus mihi dixit quod est ignarus et semper vacuus et oportet de ista commissione se p.... intendit quod peritos consulat, et periti fere omnes sunt contra nos, et ideo nos avisat eo modo honesto quo melius potest. Item dominus Ariminensis, quem consulebam, petens ab eo auxilium, ut dominus noster aliqualem faceret declarationem, ut petebatis, dixit hoc non fore iustum , et quod nobis sufficere debet abere domum et alia modica que habemus, cum habeamus domum, ecclesiam et officinas. — 49 — Item dicunt quod nunquam fuit intentionis Domini nostri privare eum totaliter ; item dixi eis quomodo iste habet omnia emolumenta ecclesie cum acervo communi, et plus habet quam antea habuerat; respondit quod si habet plus, Dominus noster assentit propter expensas varias quas in multis annis in curia fecit, que forte ascendunt ultra octingentos ducatos, et si preposituram perdidisset, nunquam ecclesiam illam habuissetis. Item dicitis quod totum habet: dicunt quod non, imo habetis funeralia, oblationes et aliqua similia, et licet dixerim quod non, ut in litera vestra patet, dixit frater Philippus quod vos habetis. Unde hiis visis , laudaret nos potius transire humane cum eo, et ad tempus dissimulare, nec velle omnia tam punctualiter videre, eo maxime cum ipse homo sit litigiosus et male fame, et isti tales aliquando reperiant amicos, maxime quando vident se positos in ultima desperatione. Item, ibidem nullum habetis amicum in clericatu, imo dominus Antonius de Multedo can.... curialis et... notus, clamat contra vos coram istis curialibus, quod accepistis possessionem cuiusdam domus sue et eum expoliastis, et nondum est mortuus et iam bona sua procuratis habere iniuste, et quod facimus lites et homicidia : undique allegant civitatem Placentinam, in qua multa et multa dicuntur contra, non in presentia Domini nostri, unde contra vicarium vestrum non modicum est indignatus. Item Dominus noster vellet istos canonicos regulares in sancto Ioanne Lateranen. ponere, et eis de aliquibus providere, et est ultra mensis quod sunt hic, nec adhuc habere potuit quod vellet, et ip-semet Dominus noster agit facta sua in persona et non potest assequi, ne maiora scandala oriantur. Item dicit idem dominus Philippus quod omnes doctores et iudices et canoniste sunt contra nos, excepto uno iurista qui non bene mandatum intelligit. Item dominus Baptista Cigala, cum quo locutus sum, est istius mentis, videlicet, laudaret bonum transire cum eo. Si autem velletis quod bulla fieret declaratoria, et Dominus noster declararet quod ipse presbyter Melchion non habet se intromittere de istis, et quod solum haberet prebendam prepositure cum canonicatu, et de aliis non se intromittat, dico quod istud esset ignem accendere in domo vestra. Scitis enim Dominum nostrum moriturum, status ianuensis Atti Soc. Lig. St. Patria. Serie ì.* Voi. XXI. 5 - 50 — status volubilis, et pro minimo insurgeretur contra vos, cum vix possitis, terminis stantibus, in pace permanere. VeTum, colligo sermonem meum, concludendo quod mihi videtur quod cum prefato presbytero sic transeatis, et eum amicum et benevolum habeatis. Nam, ut ait Bernardus, non semper gladio, sed sepe servitio vincitur inimicus, qui inspiciendo suam iniquitatem et nos bene cum eo transire, dubium non erit quod etiam ipse se humiliabit. Si autem.... vultis tentare quod Dominus noster faciat quod petitis, quod dubito forte difficile erit, poteritis respondere quum interim veniet m. Iacobus (r), vel vos aliquem ex vestris mittere qui nos sollicitabit, et nos etiam faciemus debitum nostrum, sed melius erit cum eo amicabiliter componere, interpositis amicis et mediis vestris. Literam vestram cambi Christophoro remitto, quia non mihi visum est esse necessaria, ac etiam quia non dicitur in me, sed in magistro Iacobo qui est absens, et licet habeam procurationem, oportebat ducatum unum exponere et in forma pubblica dictam procurationem exhibere, aliter non daret, sic igitur remansit: sed si ego vidissem rem vestram fatibilem, non propter hoc dimisissem quin non expedivissem facta vestra. Bene valete. Rome i r iulii 1444. Vestr. Paternitatum filius Fr. Mattheus de Terdona. ♦ Il savio consiglio riusci accetto a persone che litigavano non per spirito contenzioso, ma per dovere di coscienza, nel conservare i beni della comunità; e venendo esso dall’alto, gli si die’ pronta esecuzione, giudicandolo da una minuta d’istrumento passato fra il prevosto e il priore ed i frati di Castello. Ne duole che l’atto sia mancante di data e monco; dalla parte rimasta si ricava avere il Fattinanti cesso ogni suo diritto sui redditi fi) A giudizio del p. Borzino, questo maestro Giacomo era il p. Campora, eletto vescovo di Caffa, che dovea portarsi a Roma per esservi consacrato; ma. la cosa non corre. Vedi a pag. 144 dei miei Vescovi Domenicani Liguri. — Si — e proventi in qualsiasi modo e.d a qualunque titolo dovutigli sulla prevostura, contro una corresponsione fissatagli dai padri, e che ignoro qual fosse, ma coll’obbligo stringentissimo di dichiarare tutti i luoghi del comune, possessioni, feudi, terratici, ed ogni altro cespite d’entrata annesso alle cappelle, chiesa, canonicati, e massime alla prevostura. (N. io) (.....; Iesus. In nomine Domini amen. Venerabilis dominus Melchion Fatinanti, prepositus ecclesie sancte Marie de Castello, nunc canonicus et resi-dentiam faciens in ecclesia s. Marie de Vineis, sciens ex bullis et literis apostolicis fuisse concessam et datam dictam ecclesiam fratribus et conventui s. Dominici, tunc et nunc ac in futurum residentibus in dicta ecclesia sancte Marie de Castello, nunc Ordinis predicatorum, modis et formis expressis in eisdem literis apostolicis, ad quas omnimoda habeatur relatio; sciens etiam fuisse sibi in vita sua reservata iura dicte prepositure ac dictum beneficium et omnes redditus, proventus ac quecumque emolumenta eidem spectantia et pertinentia, et que spectare ac pertinere possent eidem ex dicta ecclesia; post eius vero obitum dictos redditus, proventus et emolumenta spectare debere pleno iure dictis fratribus et conventui, ad illos usus et sub illis modis et formis in eisdem literis expressis; et volens se componere, et pari modo volentes se componere cum dicto domino Melchione infrascripti, dominus frater.... prior dicti conventus et etiam.... sin-dici et procuratores eiusdem conventus et monasterii sancte Marie de Castello Ordinis predicatorum: Idcirco venerabilis dominus Melchion supradictus ex una parte et venerabilis dominus frater prior dicti conventus, et dicti... sindici et procuratores dicti monasterii et conventus etc. ex altera, sponte pervenerunt et pervenisse confessi fuerunt ad infrascripta pacta, conventiones, compositionem, .transactionem, emptionem et venditionem , solemnibus stipulationibus hinc inde intervenientibus; Renunciantes etc. Videlicet, quia ex causis suprascriptis ac omnibus meliori modo, via, etc. quibus melius id fieri possit, dictus dominus Melchion dedit, cessit etc. prefatis dominis priori et sindicis, nomine et vice dicti monasterii, et ad cautelam mihi notario etc. omnia et singula iura, omnesque actiones reales et personales, mixtas, rei prosecutorias et penales et alias quascumque eidem competentia et competentes et seu que competi possint etc. in et pro dicta ecclesia et seu eius causa vel occasione, omnesque redditus et proventus et emolumenta sibi competentes et competentia quomodocumque et qualitercumque ex dicta ecclesia et prepositura, et seu eius occasione, et tam ordinaria quam extraordinaria, tam principalia quam incidentia, emergentia vel annexa, ac facultatem percipiendi predicta in vita ipsius domini Melchionis, et prout sibi competunt aut unquam melius competierunt in predictis et circa predicta, nihil penitus in se retento etc. Promittens eisdem ac iurans ad sancta Dei evangelia, corporaliter tactis scripturis, se nullam de premissis fecisse alienationem, transactionem et seu remissionem aut renun-ciationem et seu quodvis actum, sed imo promisit et solemniter se obligavit dicta iura'facere vera et efficacia, et non aliquo modo alienata vel aliter disposita quam essent tempore obtenti per eum beneficii, et postquam illud obtinuit a Sede apostolica. Et versa vice prefati dominus prior et sindici, nomine et vice dicti monasterii, promiserunt et solemniter se obligaverunt dare et solvere ac enu-merare prefato domino Melchioni presenti etc. et recipienti pro se, heredibus et successoribus suis libras (in bianco) pro pretio et ex causis supradictis et pro omni iure ac pro omni eo et toto quic-quid et quantum pro dicta ecclesia petere, exigere et habere possit a quavis persona, corpore etc., ita quidem ut omne ius quod competebat, et seu unquam melius competiit dicto domino Melchioni, sit et intelligatur translatum in dictum monasterium, et ita ex nunc transtulit dictus Melchion predictus; ita etiam ut possint exigere, percipere et habere omnes redditus, fructus, proventus et emolumenta, prout percipere poterat dictus dominus Melchion in vita sua, ante presentem contractum. Acto et expresse convento ac declarato, quod dictus dominus Melchion teneatur ac debeat, ac ita promisit, manifestare omnia — 53 — lo:a communi set omnes redditus, possessiones, feuda et seu terratica et quecumque alia iura, quomodocumque et qualitercumque dicte ecclesie spectantia et pertinentia, et seu canonicatibus vel capellis ecclesie supradicte, et specialiter dicte prepositure. Acto etiam et expresse convento ut supra, ut, casu quo reperiretur eundem dominum Melchionem fecisse aliquam alienationem, renunciationem et seu conventionem, et seu quicquid aliud super facto dicte ecclesie vel prepositure, quod cedere posset et seu cederet quovis modo in preiudicium presentis contractus, teneatur et debeat dictus dominus Melchion, et ita promisit, restituere dictas libras (in bianco) et ultra reficere ac satisfacere eisdem omnia damna, interesse et expensas exinde sequuta et sequutas dicto monasterio. Que omnia etc. Sub pena etc. Ratis etc. (i). L’avrà fatto? Crediamolo pure per l’onore suo; chè quanto a me ne dubito assai, sapendo che il sindaco p. Cossano non potè ricuperare tutto ciò che, secondo la mente del pontefice, spettava ai nuovi padroni. Ad esempio, le due più antiche pergamene, riguardanti la storia della chiesa di Castello, voglio dire le carte di donazioni alla medesima fatte, negli anni 1049 e 1061, da Rainaldo e Bellissima, egli, il cocciuto prevosto, negò mai sempre restituire, e con leonino artiglio nelle proprie mani ritener volle, quasi insegna dell’occupata dignità, se non anche, a trofeo della finale vittoria. Miserabile vittoria, che mi ha l’aria d’un pavonesco orgoglio, nel sènso che rivela, insiememente allo spirito di superbia ond’ era invaso, il manifesto disprezzo al comando del papa di consegnar le scritture tutte, e al suo stesso giuramento (1) La stimo redatta questa convenzione verso il fine d’anno 1444 o principio del 1445 , quando era già priore a Castello il p. Bartolomeo Castagnola; e se l’atto fosse intiero, ed originale, e non per copia, assicurerebbe del tutto la costui qualità di primo priore, come si vedrà tra poco. - 54 ~ d’ averle depositate. Le due carte, preziosissime se altre mai, e le più antiche, conservolle il Fattinanti sin che visse, e morendo, amò meglio deporle nell’ archivio di N. S. delle Vigne, ove rimase canonico, e di là furon tratte nel darle alla pubblica luce (i). Ben diversamente dal prevosto si contenne, nella congiuntura medesima, l’ex-canonico di Castello, Spinetta Malaspina, il quale, a somiglianza degli altri, univa assieme la dignità di canonico magiscola nel nostro duomo. Esso composesi di leggieri co’ padri, cedendo loro sino dal 2 ottobre 1443, m enfiteusi perpetua, la casa di via s. Croce, da cui percepiva le rendite di sua prebenda, e schivò, almeno per allora, ogni ragione di litigio. (N. 11) (2 ottobre 1443) In nomine Domini amen. Venerabilis vir, dominus Spineta Malaspina, magiscolus (sic) ecclesie ianuensis, et canonicus ecclesie sancte Marie de Castello Ianuen., suo proprio nomine et nomine et vice dicti eius canonicatus et prebende etc. omni iure via et modo etc. locavit et titulo locationis perpetue et in emphiteusim perpetuam dedit et concessit religioso viro, fratri Petro de Cossano, tamquam sindico etc. religiosorum domus dicte ecclesie sancte Marie de Castello etc. quamdam domum dicte ecclesie sancte Marie de Castello ad canonicatum et prebendam dicti domini Spinete, quos obtinet in ecclesia prelibata, spectantem et pertinentem, positam lanue in clapa blancha, in contrata diete ecclesie sancte Marie de Castello, cui coherent antea via pubblica, ab uno latere domus dicte ecclesie, ab alio latere quidam vicus per quem non transiiur, superius claustrum dicte ecclesie, et si qui alii sunt veriores confines: ad habendum tenendum etc. et super eam edificandum et quicquid eisdem (1) Dapprima nei Monumenta Hist. Pai. Voi. II. Charlar., poi a pagg. 465-67 della nojtra Illustratione, storica ecc. di S. M. eli Castello. ■•m - 55 - fratribus et conventui etc. dicte locationis titulo, perpetuo placuerit faciendum, a festo nativitatis Domini proxime venturo usque in perpetuum et in secula seculorum. Pro pensione , canone sive censu etc. librarum duarum et solidorum decem ianuinorum singulis annis in quolibet festo nativitatis Domini dandarum et solvendarum per dictos dominos fratres etc. dicto domino Spinete canonico etc. Actum Ianue, in carrubeo fili, in apotheca Iacobi de Fossano, seaterii, anno etc. mccccxxxxiu , indictione sexta secundum etc. die mercurii, secunda octobris in tertiis, presentibus testibus dicto Iacobo de Fossano, seaterio, et Antonio et Bartholomeo de Costaforte, de Fossano, q. Ioan. civibus et habitatoribus Ianue, ad pre-missa vocatis et rogatis (i). Qui finisce il periodo che potremmo chiamare d’incubazione, ed è stato per contro d’aspre lotte, combattute e dirette ad ottenere il pacifico stabilimento dei domenicani nel cenobio di Castello ; e non fia che bene conoscere i nomi de’ primi religiosi venuti ad abitarlo. Nei documenti su riferiti, già ne leggemmo alcuni, e sono : oltre gli spesso menzionati beato Antonio Della-Chiesa, Cristoforo Spinola e Pietro Cossano, i padri Giacomo e Gaspare da Vercelli, Bartolomeo Castagnola, Teobaldo da Caval.lermaggiore, Teramo Albingana, Pietro d’Allemagna, Giacomo da Sai uzzo, Cristoforo di Lugano, Giacomo e Andrea di Como e Domenico di Francia ; una miscela di nostrani e forastieri, animati però tutti da un fervido spirito di regolare osservanza, che li crebbe in fama e venerazione molta presso il pubblico, e fe’ tacere le male lingue dei detrattori. Ai primissimi voglionsi aggiungere, (x) Trovasi in archivio di Stato nella filza del notaio. Andrea del Cairo, del-l’an. 1441-1443, sotto il n.° 280. - 56 “ a detta del Borzino, i padri Giovanni da Colonia, poi abate mitrato di s. Matteo in Genova, Giacomo Campora, indi vescovo di Caffa in Crimea, e Girolamo Panissari, suo successore, i quali non figurano nel libro dei figli del convento, perchè in quel sillabo sono scritti i giovani soltanto novellamente accettati all’ abito. Vennero essi tre, col Castagnola e Cossano, dall’ antico convento di s. Domenico, ad ingrossare le file della nascente comunità; ed avendo già dei due vescovi tenuto prolisso discorso in altri lavori (i), me ne passo, per dire alcun che del terzo, p. Giovanni da Colonia. Di lui cosi scrive il Borzino. Morto il celebre padre Giovanni Montenegro, domenicano genovese, provinciale di Lombardia, il Colonia venne a Genova ed abitò qualche tempo in s. Domenico, e poi avendo i frati ricevuto il convento di Castello 1’ anno 1443, volle essere connumerato tra i figli di questa casa, e morì priore di s. Matteo nel 1452. Egli fu compagno al Montenegro suddetto nei lunghi suoi viaggi in Oriente, e passato al Signore quel valoroso a ricevere il premio del suo operare a vantaggio della Chiesa, Eugenio IV, gratissimo e benefico, ne riconobbe il compagno, con farlo per allora suo penitenziere, e concedergli molte grazie e facoltà, entro e fuori l’Ordine; esortando eziandio chiunque avesse diritto di nomina a dignità 0 beneficio ecclesiastico, (1) I Domenicani illustri del convento di S. M. di Castello, e i Vescovi Dome- nicani Liguri. Qui ripeto essere impossibile che Giacomo Campora da s. Do- menico passasse a Castello ancor frate, perchè creato vescovo nel 1441 , anno in cui non si trattava ancora della fondazione del convento in questa località. Potè bensì aggregarvisi al suo ritorno da Caffa e in dignità vescovile, appunto nella guisa stessa che in carica di abate mitrato racconta poco dopo il Borzino averlo fatto il p. Giovanni da Colonia. - 57 — d’ ammettervelo, in contemplazione delle tante fatiche per la Grecia, Settentrione e Oriente durate col Monte-negro, in servizio della fede e unione delle due Chiese sotto un solo pastore. Consimile cosa fece il capo del-1’Ordine, p. Bartolomeo Texier, al suo riguardo, licenziandolo a benefizi, anche fuori religione. Ond’ egli si recò in città nostra presso il p. Gerolamo Montenegro,' fratello di Giovanni, uomo egualmente dotto, priore di s. Domenico, poi provinciale, e da ultimo vescovo di Mariana. Qui da noi, cooperando la repubblica al desiderio del papa, procurò dai signori della casa D’Oria fosse presentato all’insigne priorato di s. Matteo; nel quale mentre, e già costituito in dignità abaziale, essendo i domenicani dell’osservanza entrati al possesso della nuova abitazione a Castello, secondo l’indulto pontifìcio egli volle ascriversi tra i figli del convento, e morendo in carica nel 1452, gli lasciò col corpo anche ogni suo avere (1). Alla testa del picciol gregge raccolto sotto il nuovo tetto, a tutto il 1443 le domestiche carte ci presentano il sullodato p. Antonio Della-Chiesa, detto anche da Vercelli e di S. Germano, ora in qualità di vicario generale, ed ora di vicario soltanto locale (2). Dopo quel (1) Laconismo delle storie Liguro-Genovesi, a fol. 157. Ms. della Bibl. Civico-Beriana. Il nome del p. Giovanni vuol essere aggiunto ai dignitarìi da me descritti da pag. 222 a 230 dei Domenicani illustri predetti. (2) Vicario generale ce lo addimostra la carta del 25 agosto 1441, citata a pag. 13 in nota 1, e vicario locale a Castello lo afferma il documento n.° 8. sotto il 17 maggio 1443 a p. 43. Ma ci soccorre un altro atto del 29 marzo stess’anno, che la medesima cosa accerta, e vogliamo riportarlo a complemento di prova. Contiene una procura nelle persone di tre distinti parrocchiani, come segue: In nomine Domini amen. Dominus frater Antonius de sancto Germano, Ordinis s. Dominici, vicarius conventus Sancte Marie de Castello, in presentia, cum consensu, - 58 - tempo scompare da noi, e con ragione, se, chiamato altrove, occupò molt’ altri uffizi, tra’ quali di superiore della Congregazione, di nuovo nel 1446, e del 1454 fungeva da priore in s. Marco a Firenze, e del 1457 cessò di vivere a Como, d’anni 64, ov’ ebbe pubblico culto dai fedeli, ed oggi è venerato sugli altari, si che se ne celebra la festa il 18 luglio nell’Ordine nostro, e nel suo paese di s. Germano presso Vercelli. Nel lasciare Genova il beato Antonio costituì vicario il p. Bartolomeo Castagnola, e il Borzino sa dire che la sostituzione accadde il 7 febbraio 1444, ricavando la data da una qualche carta ora smarrita. Cosicché avanti l’elezione canonica dell’effettivo primo priore di Castello, stettero al governo del convento, come vicari, l’Antonio predetto e il p. Bartolomeo Castagnola; per uno scarso biennio il primo, e per alcuni mesi il secondo (1). etc. infrascriptorum fratrum dicti conventus: videlicet, fr. Christophori Sptnule, jr. Bartholomei Castagnole, fr. lacobi de Vercellis, fr. Petri Theutonici, fr. Petri de Cossano et fr. Theobaldi de Cavalerio maioti, et dicti fratres in presentia etc. prefati domini Antonii, vicarii ut supra, congregati ad capitulum in dicta ecclesia sono campanelle ut moris est, omni iure via modo etc.: Fecerunt, constituerunt etc. et loco eorum posuerunt et ponunt suos certos nuncios et procuratores, pro ut melius fieri et esse potest, Lucam Picium, Benedictum de Axereto et Ioannem de Insula notarium, cives Ianue etc. et duos ex eis in solidum etc. ad petendum habendum, recipiendum etc. pro dictis constituentibus et eorum nomine a quibuscumque personis etc. omnem quantitatem pecunie et omne id et totum etc. Dantes etc. Actum Ianue, videlicet in ecclesia predicta, anno etc. MCCCCUU, die veneris, vigesimo nono martii, presentibus testibus Antonio de Gibertis, q. Simonis, et magistro Bartholomeo de Rovegno, bancalario, civibus Ianue, etc. (1) Ci consta da un ultimo strumento trovato nella filza i. di Andrea del Cairo in archivio governativo, che il 2 settembre 1444 il p. Castagnola era ancóra vicarius conventus et ecclesie S. M. de Castello, e i padri che presero parte a quello sono i seguenti : fr. Christophorus Spinula, fr. Dominicus de TJrceis, fr. Michael de Pedemonte, fr. Theobaldus de Cavalerio maiore, fr. Gerardus de Raco-nisio '} fr. Christophorus de Lugano, fr. Iacobus de Curnis et fr. Thomas de Brixia. o — 59 - # 1444 — 1446 P. BARTOLOMEO CASTAGNOLA, vi GENOVA Stabiliscono le costituzioni domenicane, che niun convento nuovamente fondato possa godere i diritti e le prerogative, per legge 0 consuetudine, concesse, il quale non sia, in antecedenza, accettato all’ Ordine dal maestro generale o da un generale capitolo. Vien chiamata così, presso di noi e gli istituti regolari mendicanti, l’assemblea di tutti i priori provinciali, e d’altri anziani o titolati, delle singole provincie e nazioni del mondo, raccolti in un determinato luogo e tempo, affine di discutere gli affari di maggior rilievo, ed emanare decreti uniformi ai membri e alle case componenti l’intiero sodalizio. Abbisognando pertanto la nostra di questa sanzione per essere costituita in comunità perfetta, i superiori, scorto il felice esito d’ingresso e successivo installamento a S. M. di Castello, disposero, che l’accettazione avesse luogo nel prossimo capitolo, indetto per l’anno 1444 a Digione in Francia. E appunto in quei comizi trattatone il negozio, i padri vocali, ben contenti che una casa novella venisse ad aggiungersi alle già esistenti di regolare osservanza, l’accolsero di genio, e aggregarono al corpo dell’Ordine, assoggettandola all’immediata dipendenza del vicario generale della riformata Congregazione di Lombardia. Ci duole non poterne recare le testuali parole, chè questo dei 1444 è uno dei pochi capitoli, i cui atti andarono smarriti. — 6o — Narra il Borzino, che in circostanza simile corresse 1’ uso di eleggere eziandio il primo superiore del convento, ma abbiasi voluto fare allora un’ onorevole eccezione, a motivo del trovarsi presenti a Castello molti religiosi insigni, oltre il numero di dodici, capaci di nominare loro stessi un priore degno del grado e adatto a sostenere il carico. N’ aggiunge il secondo motivo : quello di chiudere la bocca ai contraddittori dei frati, i quali andavan sussurrando, in basso e in alto, le bolle di Eugenio IV mancare di giusto valore, perchè dirette al priore d’una casa, il quale immaginario era, non reale ; sofisticando sul testo letterale delle bolle. Parve necessario adunque, conclude lo storico, ai padri del capitolo partirsi dal-1’ uso, e rimettere 1’ elezione nei religiosi convenuti al nostro convento, dentro sei mesi; perché se il capitolo generale avesse dato il primo superiore, esso, come non scelto dai frati del luogo, ma dai maggiorenti dell’Ordine, non poteva dirsi priore conventuale, prelato con dignità, dai canoni chiamato priore claustrale, onde rimaneva l’eccezione degli avversari nella sua forza ; avendo il papa concesso la chiesa e canonica di Castello ai domenicani per casa conventuale, ossia da collegiata secolare tramutata in casa regolare con le medesime prerogative : principale quella della nomina del prevosto fatta dai canonici, coll’annessa autorità spirituale e temporale (i). Come vedesi, la condizione in cui trovaronsi i nostri a que’ giorni era delicata assai, avendo a porre alla testa della comunità un religioso, che, per le sue doti e i meriti conosciuti, reso tetragono alle bieche ire dei (i) Laconismo ecc. a fol. 159. Ms. cit. — 6i — malevoli, sapesse attutire i colpi dell’intestardita opposizione, e consolidare nella causa della verità e giustizia gli animi degli aderenti, che erano, al postutto, il fior fiore dei cittadini è del patriziato di Genova. 11 soggetto che rispondeva a capello al presentaneo bisogno 1’ avea condotto il Signore dal vicino convento di s. Domenico, già dimorava a Castello, n’era anzi l’attuale vicario, p. Bartolomeo Castagnola. Niuno di lui più pratico del corso degli affari e delle contese fin allora sostenute, e niuno perciò meglio atto' a darne un favorevole scioglimento. Esso quindi fu eletto, non so dir il mese e giorno, e prese le redini del governo, quasi certo, nel-1’ autunno del 1444, avanti la scadenza del semestre fissato dal capitolo generale di Digione, tenutosi il 31 maggio dell’ anno stesso. Le tre carte dell’ archivio poco sopra riferite del 29 marzo e 17 maggio 1443 e 2 settembre 1444, ci pongono in grado di conoscere i nomi dei concorrenti alla sua nomina (1). Con questo personale ed un qualche converso, si dié principio ad un vero convento, e inaugurossi un sistema di vita rigido ed osservante all’ interno, e di somma edificazione al popolo, sì che n’andavano fuor di sé per contentezza i promotori del contrastato, ma pur alfine riuscito trapasso. Prima cura del priore Castagnola dovè essere quella di ottenere spazio, a provvedere abitazione ai religiosi, che si aveva in animo di raunare sotto il nuovo tetto in buon numero, a sostegno dell’ osservanza e servizio della chiesa. Abbiamo notizia d’una casa vendutagli dal nobile uomo, Nicolò Antonio Spinola, pella quale, addi 15 e 20 (1) Vedi sopra a pag. 43 e S7 in nota 2, e a pag. 58, in nota 1. febbraio 1445, si sborsò la bella somma di centocinquanta lire genovine d’ allora, in due rate di pagamento (1). Un’altra ancora comprato avevano i frati a quella vicina, posta nella stessa via, a noi attigua, di s. Croce; per passare alla quale dal convento chiesero e ottennero dal doge Raffaele Adorno e dagli anziani della repubblica, di costrurre un ponte di pietra in sostituzione a quello in legno che ivi esisteva. Ed é l’archivolto che cavalca tuttodì la prenominata strada, in vicinanza alla piazzetta dietro il coro dèlia chiesa delle Grazie, detta ora piazza di s. Giacomo della Marina. (N. 12) (/5? ottobre 1445) t mccccxxxxv die xviiii octobris. Illustris et excelsus dominus Raphael Adurnus, Dei gratia dux ianuensium, et magnificum consilium dominorum antianorum communis Ianue, in legitimo numero congregatum. Audito quod venerabilibus fratribus predicatoribus sancte Marie de Castro, nova nunc edificia construentibus, expedit fornicem sive ponticulum lapideum fabricari a domo viri nobilis Nicolai Antonii Spinule, quam fratres ipsi emercati sunt, ad aliam domum sibi oppositam, que litori vicinior est, ita ut ponticulus ipse superemineat vie recte, haud longe ab eo saxo, quem «clapam albam» vulgus nominat, qui ibi extruendus erit ubi paulo ante ligneus ponticulus esse solebat: et cognito quod propter eius sublimitatem, neque vicinis neque ullis transeuntibus impedimento futurus sit: Annuentes (1) Sono così descritte nel ms. Liber instrumentorum, a fol. 39. Reperitur in cartulario primo lanci ven. Offic. s. Georgii anni de MCCCCXXXXV, ut infra. Die XV febr. Benedictus Spinula, q. d. Luciani, et socii, nomine S. M. Castelli, debent pro Manuele Saivago, et dtclus pro Nicolao Antonio Spinula infra solutionem domorum venditarum, libras centum. Item, die XX feb. pro Nicolao Antonio Spinula pro Manuele Saivago, ad complementum pro libris CL. pro fratribus S. M. de Castello, libras quinquaginta. — 63 - ipsorum fratrum petitioni, decreverunt et concesserunt quod liceat fratribus ipsis fornicem seu ponticulum lapideum extruere ubi ligneus esse solebat., dummodo tamen a terra distet quantum ligneus olim distabat:' adiecta conditione quod si quis vicinorum aut alius proinde querelam detulerit, liceat ipsis illustri domino duci et consilio iuste conquerentibus subvenire, dummodo intra dies viginti ab hodie proxime computandos, querela ipsa deferatur. In actibus domini Iacobi de Bracellis, cancellarii (i). Continuava a fungere da sindaco, occupando assieme tempo 1’ ufficio di vicario a Castello, il p. Pietro Cossano ; ed è a lui che il priore e i padri del convento di s. Lucia di Fabriano nelle Marche, vollero il 26 gennaio 1446 mandare procura per esigere dal p. maestro Bernardo Saivago, dimorante in s. Domenico di Genova (2) un credito di sette ducati, ond’era loro debitore per la morte, accaduta a Pavia, d’ un tale p. Taddeo. La carta veste una certa importanza pei nomi scrittivi, e qui la riporto. (iV. ij) (26 gennaio 1446) In Dei nomine amen. Anno etc. millesimo quatercentesimo quadragesimo sextò, die vigesimo sexto mensis ianuarii, actum in terra Fabriani, Camerinen. diecesis, in capitulo seu loco qui dicitur capitulum ecclesie s. Lucie Novelle, Ordinis predicatorum, de dieta terra Fabriani, situato infra ambitum domorum et abitationum diete ecclesie, iuxta sacristiam et trasannas ipsius ecclesie, presentibus Mattheo Venantii Nicolai de dieta terra et Bastiano Colucii de Mathelica et Mattheo Dominici Cicchi, et Angelo Antonii de (1) Nello stesso ms. Liberum, instrumentorum, fol. 36 v. (2) Il p. Bernardo Saivago anni dopo copri la carica di inquisitore a Genova, e secondo il p. Fontana nel Tlieat. Dominio, dal giugno 1464 al luglio 1467. Del 1454 era stato proposto al papa per vescovo di Famagosta, e non riuscì, causa la malferma salute, come scrissi a pag. 167 dei miei Vescovi Domenicani Liguri. — 64 — castro Velinderis districtus dicte terre Fabriani, habitantibus in dicta terra, testibus ad hec liabitis et rogatis. Sit publice notum, et cunctis hoc presens publicum instrumentum inspecturis pateat evidenter, quod coadunato, convocato et congregato capitulo conventus dicte ecclesie s. Lucie, Ordinis predicatorum, de dicta terra Fabriani in dicto loco, de mandato et ad requisitionem reverendi in Christo patiis, fratris Baptiste de Reate, prioris dicte ecclesie et capituli et conventus eiusdem, ad sonum campanelle ut moris est, ubi interfuerunt dictus reverendus in Christo pater, frater Baptista Matthei de Reate, prior predictus, fr. Laurentius Francisci de dicta terra Fabriani, fr. Marianus Bastiani de Mathelica, fr. Petrus Cagni, fr, Iacobus Ioannis de dicta terra Fabriani, fr. Iacobus Petri Leonis, fr. Angelus Martini (?) de Tuderto. fr. Paulus de Hungaria, fr. Michael Nassi (?) de dicta terra Fabriani, et fr. Bartholomeus de Strambino, omnes fratres conventuales in dicta ecclesia s. Lucie, facientes etc. totum capitulum dicte ecclesie: Ipsi prior et fratres ad invicem se auctorantes etc., omni modo, via etc. fecerunt, constituerunt etc. eorum et dicte ecclesie etc. et conventus eiusdem legitimum sindicum et procuratorem, venerabilem virum, fratrem Petrum de Cossano , ianuensem, vicarium , ut dicitur, in conventu sancte Marie de Castello, Ordinis predicatorum, in civitate Ianue, absentem tamquam presentem : Ad petendum, exigendum etc. a magistro Bernardo de Salvagiis septem ducatos, ad quos dictus magister Bernardus tenetur dicte ecclesie s. Lucie et capitulo et conventui ipsius ecclesie, vigore et occasione cuiusdam apodisse seu scripture facte per ipsum magistrum Bernardum, vel alia quavis occasione, et etiam omnem aliam pecunie quantitatem, ad quam ipse magister Bernardus foret debitor et teneretur dicte ecclesie s. Lucie et capitulo et conventui ipsius. Et de receptis, habitis et exactis ab ipso magistro Bernardo, eundem liberandum, quietandum etc, Promittentes etc. Sub ipotheca etc. Ego Bartolus, Clementis Bartoli, de Gengha, districtus Fabriani, imperiali auctoritate notarius, supradictis omnibus interfui, et ita rogatus scribere, scripsi etc., et signum meum consuetum apposui. — 6$ — L’ accompagnava una lettera, dai medesimi al p. Cossano diretta il giorno dopo, che vuole essere riferita : (N. 14) (27 gennaio 1446) In Christo reverendo patri, fratri Petro de Cossano, ianuensi, vicario sancte Marie de Castello in lanua, Ordinis predicatorum, frater Baptista de Reate, prior conventus Fabrianensis, ceterique infrascripti fratres eiusdem Ordinis et conventus, salutem etc. Quia conventus noster debet recipere a fratre Bernardo de Sal-vagiis, Ordinis nostri, septem ducatos, propter mortem cuiusdam fratris Thaddei mortui in Papia, idcirco de vestra solertia et pro-bitate confisi, vos nostrum sindicum et procuratorem, tenore presentium , facimus, ordinamus etc., quatenus possitis predictam pecunie quantitatem a prefato fratre Bernardo petere et recipere nostro nomine, ipsum etiam ad hoc, si opus fuerit, astringere et astringi facere coram nostri Ordinis prelatis et officialibus', sicut fuerit opportunum. Possitis etiam ipsum fratrem Bernardum ab obligatione hac absolvere cum pecuniam solverit, et eum quietare, sicut posset ipse noster conventus : orantes vos et deprecantes ut circa hoc pro Domino libenter et fideliter laborare dignemini. In cuius rei testimonium et fidem, ego fr. Baptista, prior predictus, hec propria manu scripsi et sigilli magnò contramunivi, anno Domini mccccxlvi die xxvn mensis ianuarii. Ego fr. Laurentius Fran-cisci de Fabriano, Ord. predicatorum, fateor supradicta. Ego fr. Marianus Sebastiani fateor supradicta. Ego fr. Petrus fateor supradicta. Ego fr. Iacobus de Fabriano fateor supradicta. Ego fr. Iacobus Leonis fateor supradicta. Ego fr. Angelus de Tuderto. Ego fr. Paulus de Hungaria. Un solo documento ne giunse a mano, il quale assicuri la carica di priore nel p. Castagnola, e ce lo forni non 1’ archivio nostro, ma il governativo. È un atto di procura, rogato dal notaio Andrea del Cairo, in data 4 novembre 1446, contenente un breve da papa Eugenio IV, Atti Soc. Lio. St. Patria. Serie i.‘ Voi. XXI. 6 _ 66 — il giorno 18 settembre dello stess’anno, a lui, sotto il doppio titolo di priore a Castello e di vicario del monastero dei ss. Giacomo e Filippo, non che al p. Cristo-foro Spinola, indirizzato ; nel quale comandò loro di dare opera efficace acché suor Tommasa Gambacorti, per amor di pace, volesse rinunziare, di suo libito, al grado di sottopriora nello stesso, e ne fosse anche mutato il malviso procuratore. In esecuzione dell’ordine pontificio, i padri Bartolomeo e Cristoforo, col consenso della priora Fi-lippa D’Oria, giacente inferma in casa del parente Giorgio, procedettero il 4 novembre anzidetto alla nomina del nuovo procuratore, in persona del nobile Tobia Pinelli. (N. ij) (4 novembre 1446) In nomine Domini amen. Venerabiles et religiosi viri, domini, frater Bartholomeus Castagnola, prior conventus sancte Marie de Castello, Ianuen. et vicarius monasterii et conventus ss. Iacobi et Philippi extra muros Ianue, Ordinis predicatorum, et fr. Christophorus de Spinulis, dicti Ordinis professor, habentes ad infrascripta auctoritatem et facultatem plenariam, ut dixerunt, a sanctissimo in Christo patre et domino nostro, domino Eugenio divina providentia papa quarto, vigore cuiusdam brevis ipsius domini nostri pape, annuii secreti eiusdem domini nostri pape impressione a tergo muniti, dati Rome apud sanctum Petrum die xvui mensis septembris, pontificatus sui anno sextodecimo, cuius tenor talis etc.: Dilectis filiis, fratribus Bartholomeo Castagnole, priori conventus S. M. de Castello, et Christophoro de Spinulis, Ordinis predicatorum professori. Eugenius papa iiii. Dilecti filii salutem etc. Moti precibus et capitanei et plurimorum civium, qui cum summis querelis proprium nuncium ad nos miserunt, dolentes summe de translatione et eiectione a monasterio — 6y — sanctorum Philippi et Iacobi monialium attinentium suarum, ac varia sorori Thomasie suppriorisse crimina imponentes, de procuratore quoque multa conquerentes: Nos, ne inimicus humani generis, dum bonum et incrementum religionis querimus, scandala et zizania serat, que possent in peius recidere, visum est nobis ad presens esse utile a translatione dictarum monialium abstinere, et ita fieri volumus, et etiam quod, revocatis omnibus procuratoribus, aliquis de novo instituatur utilis monasterio et gratus prio-risse et monialibus. Et quum sororibus monasterii, et omnibus ipsis, onerosa sit et gravis presidentia sororis Thomasie, hortemini et consulite illi, ut, pro quiete sua et aliarum, sicut vere famule Christi faciunt, deponat officium assumptum, nec amet preesse. Quod si nollet, vos vel priorissa eam deponat ab officio supprio-ratus, et alia loco eius, si priorissa adiutrice indigeat' ponatur. Datum Rome, sub annulo nostro secreto, die xvm mensis sep-tembris, pontificatus nostri anno sextodecimo. In presentia, cum consensu et voluntate venerabilis et religiose domine, sororis Philippe de Auria, priorisse dicti monasterii ss. Iacobi et Philippi, existentis in loco infrascripto, presentibus et in-frascriptis omnibus et singulis consentient.., et etiam dicta domina, soror Philippa priorissa dicti monasterii aliquantulum infirmans, non valens presentialiter cum ceteris monialibus dicti monasterii pro in-frascriptis peragendis personaliter interesse, in presentia etc. prefato-rum dominorum fratris Bartholomei vicarii et fratris Christophori presentium et auctorizantium, omnes insimul congregati etc. et volentes ac totis affectibus quantum in se est intendentes de procuratore idoneo et utili monasterio, ac ipsis domine priorisse et monialibus grato, iuxta mentem prefati sanctissimi domini nostri pape salubriter providere, ad personam viri nobilis Thobie Pinelli, civis ianuen. tamquam eisdem grati et accepti, eorum mentis aciem dirigentes, ac sperantes ipsum nobilem Thobiam in huiusmodi procuratoris officio ad commoda monasterii se studiosum et promptum exhibiturum esse, omni iure, via, modo etc. et ex omni auctoritate et facultate, virtute suprascripti brevis apostolici etc., revocando prius quoscumque alios procuratores dicti monasterii hactenus — 68 — constitutos etc. : Faciunt, constituunt et ordinant eorum et seu dictarum dominarum priorisse, monialium et conventus sanctorum lacobi et Philippi verum certum etc. sindicum et procuratorem etc. pre-fatum nobilem virum Thobiam Pinellum etc. ad omnia et singula ipsarum dominarum priorisse, monialium etc. negotia peragenda etc. Actum Ianue, in contrata nobilium de Auria, videlicet in domo Georgii de Auria, q. Io., habitatione de presenti prefate domine, sororis Philippe, priorisse, anno etc. mccccxxxxvi, indictione nona secundum etc. die veneris, quarta novembris, hora nona vel circa. Presentibus testibus, reverendo domino magistro Christophoro de Grassis de Vulturo, sac. theol. professore, dicti Ordinis predicatorum, et nobilibus Antonio de Auria, q. dicti Io., et Ignatio de Auria, q. Petri, civibus Ianue, ad premissa vocatis et rogatis. Nel 1446 al governo della Congregazione di Lombardia trovavasi di nuovo il padre Antonio da s. Germano, ed avea forse residenza in Genova. Imperocché 1’ archivio nostro possiede un’importantissima lettera in forma di breve, a lui in ufficio di vicario generale dei conventi lombardi riformati, trasmessa da Eugenio IV, in data 17 novembre 1446. Contiene la facoltà al p. Antonio e al p. Nicolò da Osimo, minorità, conceduta dal papa, di riammettere all’ obbedienza sua ed alla comunione della Chiesa romana i sudditi del ducato subalpino, i quali, per tema della perdita dei beni temporali, aveano esteriormente aderito allo scisma, sorto nel conciliabolo di Basilea, e riconosciuto a pontefice l’antipapa Felice V, già duca Amedeo Vili di Savoia. Eugenio incarica i due commissari, e loro imparte le convenienti istruzioni e giuste cautele nel proscioglierli dalle censure e riceverli nel seno della cattolica unità. Il breve che qui soggiungo, come quello che ha tratto non al cenobio — 69 — di Castello in particolare, ma alla storia generale della Chiesa, lo reputo degno di vedere, più che tanti altri , la pubblica luce. (N. 16) (iy novembre 1446) ♦ Dilectis filiis, religiosis viris, fratri Antonio de s. Germano, Ordinis predicatorum , vicario generali conventuum reformatorum in Lombardia ultra alpes, ac fratri Nicolao de Osimo, Ordinis fratrum minorum. Eugenius papa mi. Dilecti filii, salutem et apostolicam benedictionem. Ad hoc Deus in apostolica Sede constituit plenitudinem potestatis, ut romanus pontifex claves potestatis et discretionis sibi divinitus traditas, aliquando cum rigore exerceat, nonnunquam ipsis cum mansuetudine et clementia utatur. Cum itaque, sicut fidedignorum relatione percepimus, in territorio Amadei, quondam ducis Sabaudie, sint quam-plurimi christifideles qui Amadeum predictum idolum, et nos verum vicarium Christi in terris et successorem beati Petri credunt corde perfecto, licet timore amissionis-temporalium, que in dicto territorio possident, et aliarum penarum corporalium, que sibi inferri verentur, id publice profiteri non audeant: Nos, qui omnium salutem zelamus, huiusmodi christifidelium conscientiis, quantum nobis ex alto permittitur, providere volentes, discretioni vestre, de qua in his et aliis gerimus in Domino fiduciam pleniorem, ac vestrum utrique, necnon omnibus aliis, clericis dumtaxat, quos.ad hoc deputaveritis, vel alter vestrum deputaverit , omnes ac singulas personas utriasque sexus, tam ecclesiasticas quam regulares et laicales, cuiuscumque gradus, ordinis, prerogative, dignitatis vel conditionis existant ; que post translationem Basileen. concilii ex iustissimis et necessariis causis ad civitatem Ferrarien. per nos factam, Basileen. concilio sive Amadeo predictis, aut eorum sequacibus et fautoribus, credentibus vel complicibus eorundem, adheserunt vel faverunt per se vel alium seu — 70 - alios, publice vel occulte, directe vel indirecte, eisque vel eorum alicui prestiterunt auxilium, consilium vel favorem, postquam ad veram et debitam obedientiam nostram et sancte romane ecclesie redierint, et nos tanquam Christi in terris vicarium et successorem beati Petri recognoverint, sub nostra et romanorum pontificum, canonice intrantium, et obedientia et reverentia, perpetuo remansuri: ac Basileen. et Amadeum predictos, prestito super hoc per eos ad sancta Dei evangelia corporali iuramento, expresse abnegaverint, si hoc a vobis vel deputatis predictis humiliter petierint, ab omnibus et singulis sententiis, censuris et penis, tam temporalibus quam spiritualibus, per diversa nostra in civitate Ferrarie et Florentie decreta, sacro approbante concilio, contra eos inflictis et promulgatis, etiam si ipsarum absolutio sit nobis et Sedi apostolice specialiter reservata, auctoritate nostra absolvendi, in forma ecclesie consueta, iniuncta personis ipsis pro modo culpe peni-tentia salutari, et prestito per eos insuper iuramento quod talia de cetero non committent, nec committentibus prebebunt auxilium, consilium vel favorem, et nostris et ecclesie mandatis parebunt, et aliis iniunctis que de iure fuerint iniungenda; et insuper cum personis eisdem super irregularitate, si quam sic ligate, aut locis' ecclesiastico suppositis interdicto , divina , non tamen in contemptum clavium, celebrando, vel immiscendo se illis contraxerint, ipsis prius ad tempus, de quo vobis aut alteri vestrum vel deputandis predictis videbitur, a suorum ordinum executione suspensis, dispensandi, et omnem infamie maculam sive notam per eorum aliquem premissorum contractam, plenarie abolendi: Et nichilominus personis huiusmodi et aliis sub nostra obedientia consistentibus, que in territorio predicto morari et cum schismaticis conversari, mercari et alias etiam in opportunis, dum tamen ab eis ecclesiastica sacramenta minime recipiant, communicare: Quodque ecclesiastice persone sub dicta nostra obedientia constitute, sic, ut premittitur, absolute, in locis interdictis ad sui et catholicorum devotionem sive necessitatem, etiam schismaticis presentibus, si alias-sine scandalo vitari nequeant, divina officia celebrare: et in illis quos absolverint, vel per alios absolutos cognoverint, ecclesiastica sacramenta ministrare valeant, concedendi — 7i — et indulgendi, plenam et liberam, auctoritate apostolica, concedimus, tenore presentium, facultatem. Datum Rome, apud sanctum Petrum sub annulo nostro secreto, anrfo etc. millesimo quadringentesimo quadragesimo sexto, die decima septima mensis novembris, pontificatus nostri anno sexto decimo. 11 p. Bartolomeo non finì col priorato la vita, ma ricompare di nuovo sotto il suo successore, come vicario del convento : il tempo di morte l’ignoro. 1446 — 1452. P. GEROLAMO PANISSAR1, DI GENOVA. Col mettere in capo lista dei priori di Castello il p. Bartolomeo Castagnola, io vengo a contraddire a quanto asserirono i cronisti del convento, il Borzino in ispecie, i quali tutti danno per primo il p. Panissari. Il Borzino infatti così scrive: « I padri concorsi a Castello, adunati nel capitolo, elessero unanimemente in priore il p. maestro fra Gerolamo Panissario, uomo dottissimo, che avea retto molte cattedre ed esercitato molte prelature nella religione, ma ancora in gran credito di santo in tutta la città, e che, successivamente riconfermato, governò questo luogo anni nove », cioè dal 1444 al 1452 (1). Noi comprendiamo assai bene il motivo dell’ erronea loro credenza essere provenuto, da che nelle antiche (1) Op. e luogo cit. Ad ogni modo sariano stati otto scarsi, non nove anni. - 72 — nostre carte non é mai espresso nome alcuno di priore sino al 5 aprile 1449, ed il primo a comparire é quello del Panissari ; donde la persuasione che ne iniziasse egli la serie ; come la pensammo ancor noi, innanzi di caderci sott’ occhio il surriferito atto notarile di Andrea del Cairo, del 4 novembre 1446, cui é giuocoforza accettare , perchè autentico e coevo. L’elezione adunque del Panissari ebbe luogo soltanto in ottobre 1446, dopo un giusto biennio del predecessore, ed il maestro generale dell’ Ordine ne mandò il 26 stesso mese la a conferma, coll’aggiunta di non chiesti favori (1). Eugenio IV il di 23 febbraio 1447 andava coi più, dopo sedici anni di glorioso pontificato, e la sua morte fé’ rivivere nell’animo degli avversari dei frati, da esso insistentemente voluti a Castello, la speranza, con altrettale tenacità in quelli covata, di snidameli. Bisogna dire non ne facessero un secreto, e tosto abbiano mosso alcun passo allo scopo, se i benevoli ai padri, e ben pensanti cittadini, affine di prevenirli a Roma, adopraronsi lestamente presso il doge di Genova, Giano Campofregoso, sollecitandolo a scrivere al nuovo eletto papa Nicolò V ' in commendazione dei domenicani. Ciò che egli fece, il 20 marzo 1447, con una lettera onorifica al sommo pei (1) Già pubblicata a pag. 704 della parte II del voi. VII degli Alti della Società, cioè nel terzo volume del mio Codice diplomatico delie colonie Tauro-Liguri, durante la signoria dell’Ufficio di s. Giorgio. Taluno potrebbe muoverci la questione, come mai il p. Castagnola venisse chiamato ancora priore sotto il 4 novembre 1446, quando il 26 ottobre precedente era già stato eletto e confermato il p. Panissari. Noi opiniamo che in realtà il p. Castagnola fosse scaduto, e il notaio nella sua scrittura gli conferisse il titolo di priore per uniformarsi al testo del breve pontificio, emanato il 18 settembre, in cui lo era ancora, 0 almeno si supponeva in Roma che tuttavia lo fosse. — 73 — padri nostri ; dalla quale si ricava che il culto divino, l’ufficiatura e il servizio pubblico nella chiesa di Castello erano stati rimessi in fiore, la fabbrica eziandio del convento condotta a buon segno, ed ogni cosa promettere la più felice riuscita. Il perché, domandava Giano al pontefice: chiudesse, sull’esempio del suo predecessore, gli orecchi alle insinuazioni .dei maligni detrattori dei religiosi, e se questi ultimi a lui volgessero supplica di confermare l’operato dal quarto Eugenio, n’esaudisse la giusta preghiera (i). Colla presente commendatizia antivenute le male arti degli oppositori e rotte le loro fila, non si pose tempo in mezzo a presentare al papa l’annunziata domanda di approvazione e conferma del trapasso della chiesa, prevostura e canonica di S. M. di Castello ai domenicani. Né furono già essi soli che l’inoltrarono, ma v’aggiunse, la seconda volta, il peso di sua autorità il doge Giano anzidetto, successo al Tommaso, che, rivestito del medesimo manto ducale nel 1441, la prima abolizione della Collegiata e l’invìo di frati predicatori ottenuto avea. (N. 17) (..... 1447) Dudum felicis recordationis Eugenius papa mi, predecessor vester, ad supplicationem domini Thome de Campofregoso, ac quorundam notabilium civium ianuensium, de domo de Iustinianis, et ex certis tunc expressis rationabilibus causis, certo iudici per suas literas dedit in mandatis, ut, si expressa predicta vera essent, preposituram, que curata ac dignitas principalis erat, ac omnes canonicatus et prebendas ecclesie Beate Marie de Castello, Ianuen., ac etiam capellanias inibi institutas supprimi et extingui, ac dictam ecclesiam (1) L’antica Collegiata, a pag. 279, — 74 — cum habitationibus, hortis et aliis edificiis illi contiguis ad eam spectantibus etc., in domum conventualem Ordinis fratrum predicatorum, sub regulari observantia degentium, cum dormitorio, refe-torio, etc., erigi, necnon omnia et alia ecclesiastica ornamenta ecclesie, predicatorum domui prefate, nec non priori et fratribus dicti Ordinis et observantie predictorum, in ea pro tempore degentibus, perpetuo donaret, applicaret et appropriaret, ita quod liceret fratribus, ecclesie etc., corporalem possessionem apprehendere ac perpetuo tenere etc., et in eorum ac prefate domus utilitatem convertere etc. Et deinde per alias suas literas suppressionem, extinctionem etc., quas idem iudex, vigore priorum literarum huiusmodi, fecerat etc. confirmavit, causasque et lites super premissis inter fratres pre-dictos ex una, ac dominum archiepiscopum ianuensem, nec non pre-positos, capitula et personas predicte et maioris ianuensis ecclesiarum partibus, et alias tunc vertentes ad se avocavit et penitus extraxit, dictisque archiepiscopo, prepositis, capitulis, canonicis et personis, super premissis, perpetuum silentium imposuit. Postea aliis suis literis premissa omnia validavit, etiam si dicta domus a domo fratrum heremitarum s. Augustini, Ianuen., per mensuram in talibus per antea canonice institutam non distaret, et pro ut in singulis literis prefatis plenius continetur. Cum autem, Pater santissime, post erectionem huiusmodi, fratres dicti Ordinis predicatorum plures numero in domo erecta predicta conventualiter sub laudabili observantia permanserint, et de presenti permaneant, ac possessionem quorundam bonorum applicatorum predictorum apprehenderint, et in illa ad presens existant, et concedente Domino, dicte ecclesie in divinis diu noctuque laudabiliter serviant, nec non populo in predicationibus utiles esse noscantur: Ideo ad abundantiorem cautelam, pro parte devotorum vestrorum Iani, ducis ianuensis, et prioris et fratrum dicte domus Beate Marie, Sanctitati vestre humiliter supplicatur, quatenus suppressionem, erectionem etc. approbare, confirmare et validare, ac etiam literas, processus et instrumenta et inde secuta omnia et singula predicta in ea parte in quibus... ad effectum donationis, applicationis et appropriationis predictorum adversus revocationem, unionem etc. omnium et singulorum que suum tunc non fuerant sortite effectum, - 75 — per Sanctitatem vestram olim desuper factam, etiam.....inde ac si ipsam revocationem ac alia contenta in constitutione vestra desuper emanata minime facta fuissent, ex simili scientia restituere et reponere, ac etiam omnes et singulas collationes, concessiones, literas, suspensiones, gratias et indulta per Sanctitatem vestram quibusvis personis, sub quibusvis formis aut verborum expressionibus contra formam atque tenorem literarum Eugenii huiusmodi, vel aliquarum earundem forsan concessa, quorum omnium tenores ac si de verbo ad verbum inse...... hic haberi placeat pro expressis, et inde secuta, ex simili scientia cassare et revocare, ac pro nullis et infectis haberi, decernere dignemini, de gratia speciali. Non obstantibus premissis ac omnibus illis que idem predecessor in suis literis voluit non obstare, ceterisque contrariis quibuscumque, et cum clausulis opportunis. Et quod litere super suprascripta supplicatione expediantur ex certa scientia, absque commissione. Già da sette mesi proseguiva nell’ ufficio priorale il p. Gerolamo, lorquando occorse un fatto che ne motivò per brevi giorni l’interrompimento. Avendo Cosimo dei Medici recato a perfezione la fabbrica del cenobio di s. Marco a Firenze, e volendo introdurvi un corso formale e ben regolare di studi; al che bisognavagli tale personaggio, che alla vastità del sapere accoppiasse la pratica del governo della gioventù, sebbene fosse allora in quella città l’illustre s. Antonino, teologo e canonista di chiara fama, non pertanto gli parve meglio accomodato a quest’ ufficio il nostro Panissari. Cosimo adunque ne porse invito al medesimo e al generale dell’ Ordine, Bartolomeo Texier, e sembra v’abbia aggiunto una preghiera al pontefice Nicolò, perchè gli concedesse quest’uomo insigne, ad oggetto di farlo moderatore dello studio e preside della biblioteca di s. Marco, e l’ottenne: anche perché al Medici s’era unito, in domandarlo , - 76 — l’arcivescovo fiorentino. A compiacere i due eminenti uomini, il generale domenicano, il dì 7 giugno 1447, ingiunse al Panissari di recarsi quanto prima a Firenze, e 10 dichiarava scaduto da priore, dopo letto il suo messaggio (1). Sparsasi la voce della vicina partenza di lui, tanto tumulto si eccitò nel popolo e patriziato genovese, che l’autorità governativa intervenne, e il fe’ rimanere; e subito il doge e gli anziani della repubblica spedirono messi al papa, che era pur egli ligure (Tommaso Pa-rentucelli, di Sarzana), lamentandosi forte, che privare li volesse d’ un religioso tanto utile alla patria. Ondeche il papa ordinò al capo dell’Ordine che rimettesse nuovamente il Panissari nel suo priorato, e rivocasse ogn’ altra assegnazione e provvisione avesse fatto della sua persona. Quindi il Texier, investito d’autorità pontificia, spedì 11 12 agosto 1447 le lettere di revoca della precedente (2). L’anno 1448 cominciò con buoni auspici. Nicolò V, il quale, nel salire la cattedra romana, cassato aveva le unioni e incorporazioni a monasteri e case regolari di chiese e benefici ecclesiastici, fatte dal suo predecessore, le quali non avessero ancora sortito il loro pieno effetto, prese in matura considerazione l’inviatagli supplica del doge, frati e parrocchiani di Castello, considerò il provvidenziale avvenimento loro in quella derelitta chiesa, il salutare risveglio di vita cristiana da essi promosso nel luogo e nell’intiera cittadinanza, attestatogli dal capo supremo del governo; epperciò derogando alla precitata sua costituzione, confermava, nel modo più ampio ed assoluto, la soppressione fatta da Eugenio IV dell’antica (1) Codice cit. a pag. 705, e Vescovi Domenicani Liguri, a pag. 489. (2) Codice cit. a pag. 706, e Vescovi ecc. pag. 490. - 77 — collegiata e prevostura di S. M. di Castello, e l’eseguitane consegna ai padri predicatori della Congregazione di Lombardia. La bolla reca la data 17 febbraio 1448 (1). Questa troncò finalmente i nervi dell’ incaparbita opposizione, che da troppi anni la durava, ora alla sordina ed ora all’ aperto, contro i domenicani. D’allora in poi non furono altro più che avvisaglie personali coi canonici esautorati, e per temporali interessi. L’arcivescovo Giacomo Imperiale ed il clero genovese, i quali nulla aspettavano meglio che la scomparsa di Eugenio IV, per ripigliare le armi, e quando seppero del decreto di Nicolò V, derogatorio delle annessioni volute dal predecessore, lecersi la vittoria in pugno, é a credere provassero amaro disinganno ad una riuscita diametralmente opposta ai loro voti. Moriva il prelato cinque anni dopo, e innanzi di calare nel sepolcro ebbe qualch' altro attrito colle monache, pur domenicane, del vicino monastero di s. Silvestro, nell’ occasione della vendita loro fatta del suo palazzo, conforme si narrerà, spero, a migliore luogo. Nella primavera del 1448 il Panissari assentavasi dal convento, e lo reggeva in qualità di vicario il già suo antecessore p. Bartolomeo Castagnola. Lo dice una carta di procura, intestata al sindaco p. Pietro Cossano il 12 aprile dai padri capitolari in numero di dodici, esclusi il vicario suddetto e il p. Cristoforo Spinola, lontano lui pure; donde si raccoglie che il personale della casa, tutti compresi, dovea eccedere d’alcun poco la ventina di religiosi. (1) L' antica Collegiata, a pag. 275. Manca nel Bull. Ord. Praed. — 78 — (N. iS) (j2 aprile 1448) In nomine Domini amen. Venerabilis et religiosus vir, dominus frater Bartholomeus Castagnola, vicarius conventus seu monasterii Beate Marie de Castro, Ianuen. Ordinis fratrum predicatorum, in presentia, consensu etc. infrascriptorum fratrum etc. quorum, nomina sunt hec: fr. Bartholomeus de Finario, fr. Franciscus de Raconixio, fr. Petrus Bonvicinus, fr. Petrus de Cossano, fr Iacobus de Cumis, fr. Georgius de Vercellis, fr. Mattheus de Pontremulo, fr. Baldasar de Perusio, fr. Raphael de lanua, fr. Stephanus de Naulo, fr. Dominicus de Furnariis, fr. Dominicus deMonleone: Et dicti fratres in presentia etc. prefati domini, fr. Bartholomei vicarii, et qui omnes sunt integer et plenus numerus fratrum dicti conventus, absente solum domino, fr. Christophoro de Spinulis : Convocati et capitu-lariter congregati etc. in dicta ecclesia iuxta altare beati Erasmi etc. Habentes notitiam certam, et indubitatam scientiam de quodam instrumento substitutionis procurationis et actorum factorum per nobilem Darium Calvum, civem ianuensem, nominibus in eodem strumento et actis infrascripte cause contentis, in personam dicti domini, fr. Petri de Cossano, ad prosequendum causas et questiones per eum dictis nominibus motas et movendas coram venerabili viro, domino priore prioratus s. Theodori, Ianuen., iudice commissario et delegato apostolico contra dominum Melchionem Fatinanti, prepositum dicte ecclesie Beate Marie de Castello, de et super quadam capeliania in eadem ecclesia instituta, de qua in literis apostolicis superinde impetratis et eidem domino priori per dictum Darium dictis nominibus presentatis fit mentio etc. eidem fr. Petro de Cossano etc. licentiam et plenariam potestatem huiusmodi substitutionis etc. dederunt etc., dant et concedunt per presentes etc. Actum Ianue, in dicta ecclesia beare Marie de Castello, iuxta altare s. Erasmi, anno etc. mccccxxxxviii, indictione decima secundum etc. die veneris xii aprilis, presentibus testibus Thoma de Casali, q. Martini, et Ioanne Bonaventura, q. Georgii, civibus Ianue, etc. — 79 — Un uomo dotto come lui, si capisce senza fatica che dovesse compiacersi nel lar tesoro di libri per sé e per la comunità, cui era preposto. Dimorava a Castello il p. Giovanni da Colonia, del quale fu parola sopra, e vi si trovava eziandio alloggiato Giacomo Campora, vescovo di Caffa in Crimea, di là venuto per affari di sua diocesi. In questo soggiorno in patria rimasto povero a moneta, tolse a mutuo sei ducati d’oro dal p. Giovanni, lasciandogli in deposito, per garanzia, due volumi di pregiato valore (i). Ma chi sborsò il danaro essendo stato il priore Gerolamo Panissari, egli perciò fece atto di ricevuta al di Colonia dei libri medesimi, da restituirsi contro pagamento, o ritenersi, in caso diverso, per conto della biblioteca conventuale. Ciò lo stesso giorno del mutuo, i.° aprile 1449 (2). Altro acquisto pella medesima libreria conchiuse circa quel tempo, comprando gran parte della somma teologica di s. Tommaso dalle mani del p. Gerolamo Montenegro, genovese, divenuto nel 1458 vescovo di Mariana in Corsica (3). E come di libri, così di stabili curò il solerte priore l’aumento. Mi consta dalle carte d’archivio, d’una casetta, con contiguo cortile, donata, in ricambio di limosine avute, da Pietro da Milano, lanaiolo, il 27 gennaio 1448; d’una seconda, venduta lo stess’anno in piazza Embriaci dai fratelli Trucco, e d’altre due il 30 settembre e 12 novembre 1449, comperate dal sindaco p. Cossano, a nome dei padri, da Giovanni Garrone e Battista Boccheri, situate in via (1) Codice cit. a. pag. 699. (2) Op. cit. a pag. 700. (3; Op. cit. a pag. 710. — So — s. Croce (i). E poiché siamo in discorso di case, toccherò di altri acquisti fatti sotto il medesimo priorato, cioè della cedutagli per lire quindici genovine da Nicolò Fascie, di Recco, il 13 gennaio; d’altra per lire dieci da Giovanni Bellagamba, di Sestri, il 27 stesso mese; d’una terza per lire dieci, pure, da Manetta Campodonico, vedova di (1) Cito qui le cose più salienti di ciascun atto. Petrus de Mediolano, olivi laborator lane, q. Ant., annis vigilili oclo, ut asserit, habitator lanue, et in domo donata ut infra, sponte etc., cuvi sibi fuerit subventum et subveniatur a piis et misericordibus fratribus ecclesie infrascripte erga opportuna ipsi Petro, potissime tempore sue necessitatis, et eiusdem subventionis nolens esse ingratus, donavit et tradidit venerabilibus dominis fratribus Bartholomeo Castagnole, Petro de Cossano, in ecclesia S. M. de Castro commorantibus in Ianua, presentibus etc., quamdam parvam domum ipsius Petri, cum quodam vacuo contiguo ipsi domui, positam prope dictam ecclesiam etc. cui coberet ab uno latere domus Catarine Lupe, relro domus Iacobeti de Portuvenere, in qua habitat Simon de Odono, ante predicta ecclesia mediante via publica, et ab alio latere etiam via; retenta tamen in dicto Petro donatore, ac Cali eius uxore, et quandiu vixerint, gaudita etc. dicte domus. Actum Ianue, in camera dicte parve domus ut supra donate, anno MCCCCXXXXVIU die XXVII ianuarii. Testes I.eonardus de Strata speciarius, Bartholomeus Alamanus, mensurator salis, et Mat-theus de Vivolo, fil. Iacobi..., vocati etc. Ioannes de Celsa notarius. Ioannes Garronus, lanternarius, habitator Ianue etc., vendidit.... venerabili fratri Petro de Cossano, sindico conventus etc. quamdam ipsius loannis domum in contrala s. Crucis, cui coheret ab uno latere domus dirupta Ginevre, ab alio latere via per quam itur versus mare, retro domus dirupta Nicolo sini de Faciis, de Recho, ante via publica, ad habendum etc., finito pretio librarum quinquaginta etc. Actum Ianue, in contrata Castelli, videlicet sub porticu domus habitationis loannis loardi, notarii MCCCCXXXXVIU !... die ultima septembris. Testes prefatus Ioannes loardus, notarius, et Fredericus Ciconia, q. Caroli, etc. Ioannes de Celsa notarius. Baptista de Boccherio, bancararus, q. Pasqualis, habitator Ianue etc., vendidit..-. fratri Petro de Cossano, sindico..., quamdam ipsius Baptiste domum, positam Ianue m contrata s. Crucis, cui coheret (mancano i confini), finito pretio librarum triginta quatuor ianuinorum... et de ipsis se bene quietum et solutum esse vocavit et vocat etc. Actum lanue, in contrata platee Moduli, videlicet in caminata ad discum cuiusdam domus Iuliani de Gropallo, peixarii, habitationis mei notarii infrascripti, anno MCCCCXXXXVIUl, die XII novembris. Testes Leonardus de Strata, speciarius, Bartholomeus de Marco, balistrarius, et Iacobus de Camuliano, scutarius ad Modulum, vocati et rogati. Ioannes de Celsa notarius. Antonino Figari il 4 giugno, tutte del 1450 e nella contrada di s. Croce, limitrofa al convento (1). Di pari passo, se non anche con celerità maggiore, incedeva il restauro della chiesa; della cui bellezza materiale tolsero ad occuparsi i ricchi e pii signori della parrocchia, e nella lodevole opera si distinsero le due patrizie famiglie Grimaldi e Giustiniani. Di questa, in particolare, si raccoglie, dal sovra narrato, essere stata la più ardente fautrice dell’introduzione dei domenicani a Castello; raggiunto lo scopo, non mai cessò di favorirli, e, come vedemmo nel sillabo, molti discendenti suoi ne indossarono anche la sacra divisa, con non minore lustro della stirpe, che splendore dell’ Ordine professato. (1) Nicolaits de Fasciis de Recho, unctor, q. Itili ani, habitator lanue...... vendidit.... domino fr. Petro de Cossano, sindico.... quamdam ipsius Nicolai domum diruptam, positam Ianue, in contrata s. Crucis, cui coheret ab uno latere quedam domus predicte ecclesie acquisite a Ioanne Garrono venditore.... anno proxime elapso, ab alio quedam alia domus dirupta, retro quidam hortulus, ubi sunt arbores ficuum et persicorum Dexerini de Zoanoto, habitatoris in Pulanexi, ante via publica..., finito pretio librarum quindecim ianuinorum, quas confessus fuit... habuisse in septem ducatos auri boni etc. Actum Ianue... in caminata ad discum etc. come sopra, anno UCCCCL, die XIII ianuarii. Testes Hieronymus de Opicelo, macellarius, et Ioanttes de Ugeto, furnarius, habitatores lamie, vocali etc. Ioannes de Celsa, notarius. Ioannes Bellagamba de Sigestro, q. Mich., clavonerius, civis et habitator Ianue, vendidit... domino fr. Petro de Cossano, sindico... quamdam ipsius loannis domum diruptam, quam ipse acquisivit a Pasquale de Fntalo, positam in contrata s. Crucis, cui coheret (mancano i confini), finito pretio librarum decem ianuinorum etc. Aduni Ianue, in contrala platee Moduli etc. come sopra, anno MCCCCL, die XXVII ianuarii. Testes come sopra. Ioannes de Celsa, notarius. Marieta, filia q. Bernabovis de Campodonego, et uxor q. Antonini de Figali..., vendidit etc. ven. domino fr. Petro de Cossano, sindico... quamdam domum diruptam ipsius Mariete, positam in contrata s. Crucis, cui coheret (mancano i confini), finito pretio librarum decem ianuinorum, quas confessa fuit... se ab eo habuisse etc. Actum... in caminata ad discum, come sopra, anno MCCCCL, die quarta itinii. Testes Ioannes de Opicelo, macellarius, Tliomas Duracinus q. Bapt., et Io. Andreas de Guixo, q. Nic., vocati et rogati. Ioannes de Celsa, notarius. Questi e i precedenti atti notarili sono ricavati dal ms. Liber instrumentorum. Atti Soc. Lig. St. Patria. Scric j.« Voi. XXI. 7 Al 1449 adunque rimontano le prime fondazioni dai Giustiniani imprese nel nostro tempio. Giovanni Giusti-niani-Campi, q. Francesco, costrusse la cappella di s. Gerolamo col sepolcro suo gentilizio (1); altrettanto fecero i fratelli Simone e Giovanni, figli di Daniele, per la cappella di s. Tommaso d’Aquino (2), e Paride Giustiniani, di Enrico, ampliò ed abbellì, il primo forse di tutti, a sue spese, l’antico abside della cappella e altare maggiore; beneficio rimeritatogli dai padri nostri col diritto d’affiggervi le insegne nobiliari, e 1’ epigrafe che leggesi tuttavia sulla parete sinistra (3). Coi Giustiniani gareggiarono, e li vinsero anche, in materia di arti belle, Manuele e Lionello fratelli Grimaldi. Presero essi, lo stess’anno 1449, a edificare una sontuosa cappella al martire s. Sebastiano, profondendovi una grossa somma, a giudicare dagli avanzi che ne restano di egregi lavori. Occupava una parte deH’odierna sacrestia, ove, oltre i due maestosi portali, interno ed esterno, intagliati ad opera di Leonardo Riccomanno e di Giovanni da Bissone, erano ad ammirarsi uno stupendo ovale ed una magnifica cornice, amendue in finissimo marmo, maestrevolmente scolpite (1) Vi si scoperse infatti una lapide affissa al muro,dicente: Iesus. MGCCCXXXXVIIII. Hec capela cum sepultura est lohannis lustiniani, q. d. Francisci, heredum et successorum suorum. Oggi é collocata con tant’ altre nella cappella interna di s. Biagio. (2) Aveva anch’essa l’iscrizione che segue, ma il marmo andò perduto. Divine maiestati, doctorique sanctissimo, Thome Aquinati, Simon et Johannes Iusti-niani, Danielis filii, hanc edem cum sepulchro propriis pecuniis faciendam curarunt sili, heredibus suis, optimorumque fratrum Filippi et Rafaelis, ac successoribus eorum Mccccxxxxvnu. (3) È del seguente tenore: DIVINE • MAIESTATI • SALVATORIS • Q.UE • NOSTRI — CLEMENTISSIME • AC • PIISSIME • MATRI — MARIE — PARIS • IUSTINIANUS • ENRICI • FILIUS — C4PELLAM • HANC • MAIOREM • SUO • CUM • ORNATU - PRO • TEMPLI • AMPLITUDINE • SIBI • HEREDIBUS . Q.UE — SUIS • PROPRIIS • PECUNIIS ■ FACIENDAM — CURAVIT — M • CCCC • XXXXVIIH- -83 - a figure e frutta (i). Anche i chiostri inferiore e superiore del convento devono l’origine, o il ristauro almeno, ai prelodati munifici signori, e senza fallo l’annessa galleria. Questa non impropriamente viene così denominata pei suoi mirabili dipinti nella vòlta, e più che tutto, pel rinomatissimo affresco di N. D. Annunziata, eseguito su larga parete da Giusto d’Allemagna nel 1451 (2). Di tante e così pregevoli opere artistiche se vuoisi saper grado, come di dovere, ai benemeriti fratelli Grimaldi, io stimo non abbiasi a tributare minor lode al p. Panissari, che di quelle bellezze fu l’ispiratore, e fors’ anche del pittore, che le condusse, l’amico e generoso mecenate. L’ origine dell’ abolita cappella di s. Ambrogio, nazionale dei Lombardi, rimonta essa pure aH’anno 1449. Ce lo fa sapere un’istrumento del 28 luglio, con cui Giovanna Lupo vendè per 25 genovine una delle due case da essa possedute, dietro il coro della chiesa di Castello, a Cristoforo Panigarola e Cristoforo Tonso, mercanti lombardi, i quali la compravano in nome proprio e dei soci, per costrurvi una cappella, da intitolarsi al santo loro patrono ; come meglio dichiara il rogito notarile che segue. (N. 19) (2S luglio 1449) In nomine Domini amen. Ioanna Lupa, filia q. Ioannis Lupo, et uxor Nicolai de Bruges, de cuius Nicolai sui viri morte seu vita ignoratur, et de eventu non speratur, habitatrix Ianue, prope f (1) Jllustraitone storica ecc. della Chiesa di S. M. di Castello, a pag. 176 ecc. • Alizeri, Notizie dei Professori del Disegno in Liguria, dalle origini ecc. Voi. IV, pag. 142 segg. Il portale esterno venne di fresco traslocato all’ingresso principale della chiesa, sul limitare interno. (2) Era propriamente di Ravensburgo. Per notizie e documenti di Giusto, ved. Alizeri, op. cit. voi. I, pag. 317 e 407 segg. Giornale Ligustico ecc. Anno XII, pag. 86. « • - 84 - ecclesiam sancte Marie de Castello, per se et heredes suos et successores et quoscumque habentes et habituros causam ab ea seu eis, et omni iure., via modo et forma quibus melius et validius potuit, sub lege et conditione infrascripta, vendidit et ex causa con-dirionalis venditionis, dedit, cessit et tradidit Christophoro Panigarola et Christophoro Tonso, presentibus et ementibus, tam eorum propriis nominibus quam aliorum, nomine et vice mercatorum lom-bardorum in presenti civitate Ianue commorantium, construi facientium quamdam capellam in predicta ecclesia, quamdam domum ipsius Ioanne, positam Ianue prope iam dictam ecclesiam, cui coheret antea via pubblica, ab uno latere alia domus ipsius Ioanne, contigua predicte domui vendite, ab alio quedam domus, alias donata per q. Petrum de Mediolano ecclesie predicte sive fiatribus eiusdem ecclesie, olim virum infra nominate Cali, et si qui sunt etc. Videlicet quod vigore presentis venditionis, de qua prefertui, prenominata Cali, olim uxcr dicti q. Petri de Mediolano, et nunc uxor Dominici de Casanova, ipsa Cali et Dominicus iugales, et ipsorum uterque in vita eorum et utriusque ipsorum et quam-diu vixerint, habeant et habere debeant habitationem, gauditam et usumfructum dicte domus vendite, ut premittitur, dumtaxat, non autem ad proprietatem. Sane intelligendo etc. In cuius premium seu solutionem domus, seu habitationis, gau-dite et ususfructus, de quibus prefertur, ipsa Ioanna sponte etc. confessa fuit et in veritate publice recognoscit dictis emptoribus et ab eis, nominibus iam dictis, habuisse etc. libras vigiliti quinque ianuinorum, traditas, solutas etc. per eosdem in manibus ipsius Ioanne, in presentia mei notarii infrascripti et testium infrascriptorum etc. Actum Ianue prope dictam ecclesiam, videlicet sub porticu habitationis loannis Ioardi notarii, anno etc. mccccxxxxviiii, indictione undecima secundum etc., die vigesima octava iulii, paulo ante tertiam. Testes Benedictus de Axereto, Nicolaus de Cossano, q. Raphaelis, et Antonius de Garbarino, notarius, vocati et rogati. Ioannes de Celsa, notarius. L’anno 1450 non offre alla nostra storia alcuno avvenimento di speciale nota degno, ove tale non si voglia - 85 - riputare la seconda conferma in priore del p. Panissari. Né anco é da preterire la notizia dell’indulgenza perpetua d’un anno e quaranta giorni da Nicolò V concessa, il 18 marzo, a chi divoto visiti la chiesa di Castello nelle feste della B. Vergine e loro ottave, giusta il tenore di sua bolla (i). Meno scarsi di eventi sono gli anni 1451 e 1452. Sul-l’inizio del primo, occorse un fatto che svela il grado di decadenza, cui era giunto il corpo canonicale. Aveva accolto nel suo seno, tempo innanzi, e conferito il posto e le insegne di canonico ad un giovanetto a nome Stefano Dei-Monte; il quale cresciuto adulto e meno di tutti convinto della vocazione sua ecclesiastica, in principio d’anno 1451 prese moglie, lasciando vacante il beneficio. Ondeché il priore e i padri, addì 15 aprile, entrarono al possesso della prebenda di lui, a norma delle bolle d’Eugenio e Nicolò, e senza ulteriore contrasto della curia. (AT. 20) ( 15 aprile 1451) In nomine Domini amen. Convocatis et capitulariter congregatis et coadunatis infrascriptis venerabilibus et religiosis viris, domino priore, fratribus et conventu domus seu monasterii sancte (1) Nicolaus episcopus etc. Vile perennis etc. Rogamus itaque universitatem vestram et hortamur in Domino, in remissionem vobis peccaminum iniungentes, quatenus ad ecclesiam Beate Marie Virginis de Castello, Ianuen., imploraturi a Domino veniam delictorum, in humilitate spiritus, accedatis. Nos enim ut christifideles quasi per premia salubriter invitemus ad merita, de omnipotentis Dei misericordia et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius auctoritate confisi, omnibus vere peniten-tibus et confessis, qui in singulis festivitatibus ipsius Virginis, et usque ad octo dies festivitates ipsas immediate sequentes, annis singulis venerabiliter (manca ecclesiam ipsam) visitaverint, annum unum et quadraginta dies de iniunctis sibi penilentiis misericorditer relaxamus. Datum Rome, apud sanctam Mariam Maiorem, decimo quinto calendas aprilis, pontificatus nostri anno tertio. * - 86 — Marie de Castello, Ianuen., Ordinis fratrum predicatorum de observantia, quorum qui interfuerunt nomina sunc hec : Dominus frater Panissarius prior, fr. Petrus de Saona, fr. Petrus de Cossano, fr. Dominicus de Bononia, fr. Dominicus de Furnariis, fr. Dominicus de Monleone, fr. Antonius de Bugella, fr. Baptista de lanua, fr. Philippus Stella, fr. Petrus de Albingana, fr. Iacobus de Pisis, fr. Laurentius de Raconixio et fr. Baldasar Cattaneus: omnes fratres conventuales et professi dicti monasterii, et conventum pre-dictum hac vice facientes etc. pro infrascriptis specialiter peragendis: In mei notarii publici et testium infrascriptorum presentia, dixerunt et proposuerunt, quod olim felicis recordationis dominus Eugenius papa .quartus etc. preposituram, nec non omnes et singulos canonicatus et prebendas ac capellanias tunc collegiate et parrochialis ecclesie predicte Beate Marie de Castello, Ianuen., au-toritate apostolica suppressit et extinxit, ac ipsam ecclesiam Beate Marie de Castello cum habitationibus etc. in domum, conventualem ipsorum fratrum Ordinis predicatorum sub illius regulari observantia degentium, pro usu et habitatione perpetuis creavit et erexit, nec non omnia et singula dictorum ecclesie, prepositure, capellaniarum et canonicatum ac prebendarum possessiones, census etc. ac libros huiusmodi, perpetue ac libere dedit, applicavit, ita quod liceat illis etc. nec non priori et fratribus in domo predicta degentibus quamprimum, simul vel successive, veri prepositus canonici et ca-pellani ecclesie prefate cesserint vel decesserint, seu alias preposituram, canonicatus et prebendas ac capellanias ipsas quomodolibet dimiserint, etiam simul et successive, bonorum etc. predictorum possessionem, auctoritate apostolica, libere apprehendere et perpetuo retinere, nec non illorum omnium et singulorum fructus, redditus, proventus ad usum, fabricam et utilitatem predictos convertere etc. Item dixerunt et proposuerunt quod, nuper, ad eorum notitiam verisimiliter devenit, inter alia, sicut dominus Stephanus de Monte, nuper olim ipsius ecclesie collegiate Beate Marie de Castello canonicus prebendatus, cum quadam muliere matrimonium legitime contraxit, et sic propter huiusmodi matrimonii contractum, canonicatum et prebendam, quos ipse dominus Stephaniis in eadem ecclesia obtinebat, dimisit et de iure dimisisse dignoscitur. Propter - 87 — quod dixerunt et protestati fuerunt, ac dicunt et protestantur, in presentia mei notarii et testium infrascriptorum, quod eisdem domino priori, fratribus et conventui, vigore predictarum literarum apostolicarum, licet et licitum est canonicatus et prebende predictorum, per dictum dominum Stephanum, propter huiusmodi matrimonii contractum, sic ut premittitur, dimissorum possessionem apprehendere etc., prout in dictis literis apostolicis continetur. Quare ipsi domini prior, fratres et conventus, vigore et auctoritate literarum apostolicarum predictarum etc., canonicatus et prebende sic dimissorum predictorum et seu bonorum etc. possessionem vel quasi, per dictarum literarum apostolicarum, quas dictus dominus prior suis tenebat in manibus, contractationem, in presentia mei dicti notarii et testium infrascriptorum, propria auctoritate ap-prehendiderunt et apprehendunt, dicentes et protestantes se se de cetero huiusmodi bonorum corporalem possessionem nomine dicti conventus velle perpetuo retinere iuxta predictarum literarum tenorem. Et successive religiosus vir, frater Ioannes de iMari, dicti Ordinis predicatorum, domini prioris, fratrum et conventus predictorum sindicus et procurator etc. ex dicta sacrestia exiens, ecclesiam predictam intravit, et ibidem canonicatus et prebende dimissorum predictorum, et seu bonorum etc. realem et actualem possessionem, auctoritate qua supra, nomine dicti conventus, apprehendidit et assecutus est etc. Actum Ianue in sacristia, ac in dicta ecclesia domus seu monasterii Beate Marie de Castello, anno etc. millesimo quadringentesimo quinquagesimo primo, indictione tertiadecima secundum etc., die iovis, quintadecima mensis aprilis, hora signi meridii, presentibus testibus, discretis viris Francisco Barabino, q. Io. et Ioanne Lexei, q. Bened., magistris axie, civibus Ianue, ad premissa vocatis etc. Sul finire del medesimo anno, nuova dimostrazione si ebbero i padri di benemerenza e lode dal sovrano magistrato di s. Giorgio, cioè l’esenzione pel convento di Castello dal pagamento delle gabelle, concedutagli nella guisa che già ne fruivano le più antiche comunità - 88 — religiose di Genova, e boni fratres sono appellati nel relativo decreto, emanato il io dicembre 1451 (1). Per 1’ anno 1452 non mancano le notizie. Ho detto in addietro, come il prevosto e i canonici avuto lingua della domanda inoltrata alla santa Sede per la soppressione della collegiata, si dessero fretta di nascondere cose mobili pertinenti alla chiesa, e quel che più monta, le immobili, cioè terre, case, molini e simili, distrarre 0 alienare, anche con scritture pubbliche e legali. Or bene, i religiosi una volta ben consolidati nel loro ostello, su quest’altra malefatta richiamaronsi al papa ; e Nicolò V, con nuova sua bolla del 18 febbraio, incaricava i priori di s. Teodoro ‘e di s. Nicolò del Boschetto fuori Genova d’inquirere, e verificato l’abuso, annullare ogni e singolo contratto indebitamente stipulato a danno della chiesa, e contro il disposto delle sue lettereo d’Eugenio IV, obbligando tutti alla restituzione (2) E se é vero ciò che narra l’anonimo compilatore delle Notizie cronologiche ecc., già sopra citato, lo stesso papa difese ancora i maggiori nostri dalle noie delle suore del monastero allora esistente di fianco alla chiesa ; e lo fece, emanando altro suo breve in data del giorno innanzi al su riferito. Ecco le parole dell’anonimo.: « L’anno 1452 Nicolò V, ad istanza del doge e degli anziani della città, ordinò alle monache, dette allora di s. Pietro di Castello, dell’ Ordine cisterciense, oggi di s. Maria delle Grazie, dell’Or-dine lateranense, le quali pretendevano estendere la fabbrica del loro monastero, ed occupare il sito del convento dei padri di Castello, che osservassero la distanza (1) L'antica Collegiata, a pag. 281. (2) Ivi, a pag. 280. Manca esso pure nel Bull. Ord. Praed. - 89 - delle cento quaranta canne, affinché nè il convento né le sue case adiacenti potessero ricevere veruna soggezione o servitù ; come consta dal breve emesso in Roma ai 17 febbraio, che si conserva nelParchivio » (1). Proseguiva intanto alacremente la fabbrica del cenobio, mediante le generose sovvenzioni di pii benefattori, e le scarse risorse ricavate dall’esercizio del culto e della cura parrocchiale. Venne però il giorno in cui stretti dal bisogno, priore e padri dovettero ricorrere al capitale depositato a frutto nel banco s. Giorgio. Adunque, il 18 luglio 1452, diedero incarico al sindaco p. Pietro Cossano di vendere i luoghi nel detto banco giacenti, e i beni ancora di fresco loro pervenuti dalla rinunzia al canonicato di Stefano Dei-Monte, affine di continuare i lavori, e, come ne sentiva vivo desiderio il Panissari, consegnare l’edifizio bello e compiuto, se possibile fosse, al suo successore. (iV. 21) (iS luglio 1452) In nomine Domini amen. Venerabilis et religiosus dominus, magister Hieronymus Panizarius, prior monasterii et conventus Beate Marie de Castello, Ianuen., Ordinis predicatorum, in presentia, cum consensu etc. infrascriptorum fratrum dicti monasterii, quorum qui interfuerunt nomina sunt hec: fr. Philippus de Saona, fr. Petrus de Saona, fr. Dominicus de Bononia, fr. Petrus de Cossano, fr. Gerardus de Lotharingia, fr. Dominicus de Furnariis, fr. Ludo-vicus de Saona, fr. Petrus de Albingana, fr. Dominicus de Mon-leone, fr. Raphael de Ianua et fr. Thomasiu,'! Imperialis: omnes fratres professi etc. capitulariter congregati in capella s. Ambrosii in dicta ecclesia instituta etc. pro istis specialiter peragendis etc. Attendentes dictum monasterium esse in continua fabrica , et se se nuper emisse nonnulla edificia ibi vicinia pro ampliatione (1) Noi non l’abbiamo più rinvenuto; nè fa meraviglia, mancandone altri ancora — 90 - editiciorum dicti monasterii, et ipsorum emptorum edificiorum pretium nondum solutum esse, neque illud solvere posse, nisi per conditionem, permutationem seu alienationem bonorum dicti monasterii : Habentes etiam ad hoc licentiam et facultatem a rev. domino, fratre Dominico de Florentia, sacre theologie professore, et provinciali provincie romane ac eiusdem Ordinis vicario generali, ut constat literis suis inde confectis etc , omni modo etc. Fecerunt, constituerunt etc. eorum et dicti conventus verum, certum etc. sindicum et procuratorem etc. supra dictum fratrem Petrum de Cossano presentem etc., ad quecumque loca quarumcumque comperarum communis Ianue, et tam comperarum s. Georgii, quam capituli civitatis Ianue, ad dictum conventum quocumque modo vel iure spectantia et pertinentia, et super quacumque persona vel columna scripta reperiantur, etiam loca capituli eidem monasterio spectantia, ratione canonicatus et prebende que in dicta ecclesia obtinebat dominus Stephanus de Monte etc., cum omnibus iuribus etc. vendendum, alienandum etc. Promittentes etc. Actum Ianue, in capella sancti Ambrosii, sita in dicta ecclesia Beate Marie de Castello, anno etc. mcccclii, indictione quartade-cima secundum etc., die mercurii, decima octava iulii, ante vesperas, presentibus testibus , nobilibus viris, Lodisio domini Imperialis, Ceva et Iacobo fratribus, domini Francisci de Auria* ex dominis vallis Onelie, ad premissa vocatis etc. Andreas de Cario, notarius. ' . Se sia riuscito nel suo intento l’ignoriamo, e per l’intiero, almeno, non ci pare. Questo io so, che il rogito precedente é l’ultimo in cui dalle carte nostre egli risulti priore. Lo dovè essere tuttavia sino all’ ottobre 1452, e non vedo ragione di raccorciargli il tempo. Resse quindi la comunità sei anni, con prudenza e zelo commendabili, ben affetto ai suoi subalterni, stimato e riverito dal popolo e dai signori, e molto innanzi nelle grazie dei governanti la repubblica; i quali, come si — Rivedrà, a breve andare, toltolo dal chiostro, lo vollero riporre sul candelliere della Chiesa. 1 giovani accettati all' abito domenicano durante il suo priorato in verità non furono molti. Importava meglio a que’ dì radicarsi bene nella nuova dimora, e provvedere l’abitazione agli avvenire, e a questi due scopi s’avacciò con sollecita cura il Panissari. Il quale nondimeno vestì taluni adolescenti delle primarie famiglie genovesi, ad esempio Bal-dassare Cattaneo e Tommaso Imperiale, ed altri forse, che probabilmente sfuggirono alla memoria dei silla-bisti (i). 1452 — 1454. P. FILIPPO da CREMONA. Al venerando Panissari successe il p. Filippo da Cremona , mai per l’addietro citato nelle nostre carte. Se fu eletto alla scadenza del predecessore, dovea già occupare la carica nell’ ottobre 1452, quando il p. Domenico Gianni, vicario generale dell’ Ordine, addì 26 stesso mese nominava il Panissari inquisitore per le diocesi di Como, Novara, Vercelli, Ivrea e finitime regioni, ove covavano ben molto ancora, in palese ed in segreto, le male semenze sparsevi dall’ eretico Dolcino (2). V’andò, e, com’ è a credere, studiossi con alacrità e zelo ad estirpare da quelle terre la brutta infezione ond’ erano (1) Syll a pag. 4'5- «•' 2 e 5; e a pag. 16-17, »•' 28 e 29. (2) Codice diplomatico ecc. Voi. II. P.II. pag. 706, e Vescovi Domenicani Liguri, a pag. 490. — 92 — contaminate, ma dell’ operato dal Panissari fuori patria nulla ci tramandò la storia, solo paga nel dire che, scorso un biennio, trovavasi di ritorno a Genova. Durante la sua assenza, cose di rilievo non accaddero a Castello. Bensì il pio signore Lionello Grimaldi, recato che ebbe a compimento la ricca cappella da se eretta, ottenne un grazioso rescritto da Nicolò V, concessivo d’indulgenza a chi la visitasse, o con limosine concorresse ai rimanenti ristauri della chiesa. Il breve pontificio ha la data io febbraio 1453 (1). Né fu il solo; perchè avendo il cardinale di Fermo, Domenico Capranica, nunzio apostolico, dimorante in Genova, consacrato, ad istanza del Grimaldi, la ridetta cappella, sotto il variato (1) Nicolaus episcopus etc. Universis christifidelibus presentes literas inspecturis salutem etc. Licet is eie. Cum itaque, sicut accepimus, domus ecclesie Beate Mane Virginis de Castello, Ordinis fratrum predicatorum, de observantia nuncupatorum, Ianuen., de novo erecta, ac insuis structuris et edificiis nondum perfecta existat, et ad illam reparandam et perficiendam christifdelium suffragia sint quamplurimum opportuna : Nos cupientes ut domus ipsa in structuris et edificiis prefatis debile reparetur et perficiatur, ac eorumdem fidelium devotio peramplius augeatur, ipsique chr is tifi deles ad illius domus ecclesiam, in qua dilectus filius nobilis vir Leoncllus de Grimal dis, civis ianuensis, sacristiam ac capellam sub vocabulo s. Sebastiani m artiris erigi et suis sumptibus construi fecit, devotionis causa eo libentius confluant, et ad huiusmodi reparationem et perfectionem manus promptius porrigant adiutrices, quo ex hoc ibidem dono celestis gratie uberius conspexerint se refectos etc., omnibus vere penitentibus etc. qui in festo dicti s. Sebastiani prefatam ecclesiam devote visitaverint annuatim, et ad illius ac domus predicte reparationem ct perfectionem manus adiutrices porrexerint, quinque annos ct totidem quadragenas de iniunctis eis pèni-tentiis misericorditer relaxamus , presentibus post vigiliti annos minime valituris. Volumus autem, quod si alias visitantibus dictam ecclesiam, aut ad illius et domus predicte perfectionem et reparationem manus adiutrices porrigentibus, aut pias inibi elemosinas erogantibus, seu alias aliqua alia indulgentia in perpetuum vel ad certum tempus nondum elapsum duratura, per nos concessa fuerit, presentes litere nullius existant roboris vel momenti. Datum Rome, apud s. Petrum, anno etc. millesimo quadringentesimo quinquagesimo secundo (stile antico), quarto idus februarii, pontificatus nostri anno sexto. - 93 - titolo di s. Tommaso apostolo e di s. Sebastiano martire, anch’egli, il dì 20 dicembre 1453, impartì eguali favori per le feste principali dell’ anno, e dei santi patroni, ai quali era stata dedicata (1). Lo stesso cardinale poco innanzi, il 6 dicembre, un simile indulto concesso avea all’altra cappella di s. Ambrogio dei Lombardi, pel giorno festivo del titolare (2). (1) Dominicus, miseratione divina, titulo sancte Crucis in Hierusalem presbyter cardinalis, Firtnaiius, maior penitentiarius, necnon ad magnificam civitatem Ianuen., eiusque pertinentias apostolice Sedis legatus, omnibus et singulis christijidelibus salutem etc. Splendor paterne glorie, qui sua mundum ineffabili claritate illuminat, pia vota fidelium de clementissima maiesta'.e eius sperantium tunc precipue benigno favore prosequitur, cum devota ipsorum humilitas sanctorum meritis et precibus adiuvatur. Cupientes igitur ut capella sanctorum Thome apostoli et Sebastiani martiris a nobis consacrata , et posita in ecclesia S. Marie de Castello, Ordinis predicatorum de observantia, congruis honoribus frequentetur, et a christifidehbus iugiter veneretur , omnibus et singulis vere penitentibus et confessis, qui ad ipsam capellam singulis annis in diebus festivitatum prefatorum sanctorum Thome et Sebastiani, necnon in die nativitatis Domini et in .die Resurrectionis, et in die Assumptionis B. Virginis Marie, devotionis causa, preces humiles Altissimo fundentes, accesserint, Nos etc. centum dies indulgentiarum, de iniunctis eis penitenliis, singulis vicibus, tenore presentium, misericorditer in Domino relaxamus. In quorum ■omnium ac singulorum fidem ac testimonium, presentes nostras literas Jieri, perpetuo duraturas, et nostri pontificalis sigilli iussimus appensione muniri. Datum lanue, in domibus residentie nostre, die vigesima mensis decembris, anno etc. m:llesimo quadringentesimo quinquagesimo tertio, pontijicalus vero ss. in Christo patris et domini nostri, domini Nicolai divina providentia pape quinti, anno septimo. (2) Dominicus, miseratione divina, tituli sancte Crucis in Hierusalem presbyter cardinalis, Firmanus communiter nuncupatus, ss. D. N. Pape, et sancte romane ecclesie maior penitentiarius, necnon etc. come sopra, omnibus etc. salutem etc. Splendor paternae gloriae etc. Cupientes igitur ut capella beati Ambrosii, doctoris atque pontificis, posita in ecclesia S. Marie de Castello, ianuensis civitatis, Ord. s. Dominici de observantia, congruis honoribus frequentetur, et a christijidelibus iugiter veneretur, omnibus et singulis vere penitentibus et confessis, qui, ad ipsam capellam singulis annis in festo celebrationis prefati beati Ambrosii a primis vesperis in vigilia eius usque ad vesperas sequentis diei, devotionis causa, preces humiles Altissimo fundentes accesscrint ; Nos de omnipotentis Dei misericordia etc. centum dies indulgentiarum de iniunctis etc. relaxamus. In quorum etc. Datum Ianue, iit domibus etc. die sexta mensis decembris, anno etc. come sopra. Più rilevanti ne sembrano le carte d’interessi. Fra i eni pertinenti alla prebenda dell’ ex-canonico di Ca-Ste 0 ’ %^netla Malaspina, noveravasi una casa in via S* . r0ce 5 Quale egli cesse in affitto ai confratelli del vicino oratorio di s. Giacomo della Marina, cosi chiamato pei la prossimità sua alla spiaggia del mare. Questi la demolirono senz’ altro e fecerne un orto o cortile a tutto loio comodo. I frati, veri padroni del fondo 111 v^rtl^ delle bolle pontifìcie, se ne richiamarono al papa, e Nicolò, sotto il i.° marzo 1453, incaricava di el nuovo il prevosto di s. Teodoro a giudicare e definire la vertenza, conferendogli pieni poteri (1). La bolla non raggiunse il suo scopo per difetto d’esposizione, 0 di altra forma (2). In verità, la casa aveanla si demolita i confratelli, commutandola però in un mezzo luogo, scritto sul banco s. Giorgio in testa, del canonico. Ala neppur questo fare potevano inscii i domenicani, unici proprietari dell’immobile, e il Malaspina usufruttuario soltanto in vita sua, incapace d’alienare. Quindi un secondo ordine emise il papa addi 5 gennaio 1454, dove la medesima commissione imponeva ad eseguire al priore di s. Teodoro (3). Constatiamo con piacere come il già prevosto Mel-ciiorre Fattinanti a metà anno 1453 si piegasse a più miti consigli, ed é stato, sembra, l’interesse che ve e be condotto. La porzione migliore di sua prebenda traevala egli sui redditi di un mulino, con casa e terra, (1) L’antica Collegiata ecc. a pag. 282. (2) Mi nasce il dubbio possa essere provenuto dal titolo di prevosto dato al commissario, e che nel diploma seguente vien corretto nel giusto di priore. (3) L antica Collegiata ecc. a pag. 283 - 95 - in Pegli, nella località di Varenna. Un diluvio torrenziale, scaricatosi Tanno innanzi su quel delizioso paese, divelto avea e reso inservibile il mulino cosi, che grave spesa occorreva in rimetterlo al pristino. D’altro canto, tirava il fitto, come frutto di sua prebenda, di due case in via s. Croce, delle quali sentivano gran bisogno i frati per allargarsi nella fabbrica, ognora in corso , del convento. Avanzò dunque Melchiorre la proposta di cedere ai domenicani il suo diritto sulle due case anzi-dette, e T altro pure che gli competeva sopra una terza casa in via della Chiavica; proponendo anche l’iscrizione d’un luogo in s. Giorgio a farsi da lui in loro favore, a patto che i padri gli lasciassero in assoluta proprietà il molino di Pegli, con casa e terra annesse, da ristorare a sue spese. Gli articoli della permuta essendo equi e al momento favorevoli ai nostri, smaniosi di spazio, li accettarono, e se ne stipulò il contratto, che é il seguente: (N. 22) (28 agosto 1453) In nomine Domini amen. Venerabilis religiosus, dominus frater Philippus de Cremona, prior conventus B.M. de Castello, Ianuen. etc. in presentia etc. infrascriptorum fratrum etc., quorum nomina sunt hec : dominus magister Hieronymus Panizarius, sac. theologie professor, fr. Dominicus de Bononia, fr. Petrus de Cossano, fr. Bartholomeus de Brixia, fr. Gerardus de Lotharingia, fr. Gabriel de Placentia, fr. Petrus de Pinarolio, fr. Dominicus de Monleone, fr. Iacobus de Ferraria et fr. Petrus de Alexandria, omnes fratres professi dicti monasterii, soli presentialiter existentes etc. ex una parte, et venerabilis vir, dominus Melchion Fatinanti, prepositus etc., nomine suo proprio et vice prepositure supradicte, ex altera: Scientes etc. dicte partes dictam preposituram domini Melchionis prepositi habere duas domos contiguas vicinas dicto monasterio, — 9 6 — positas Ianue in contrata s. Crucis, ubi dicitur Clapa bianca; quarum unam in emphiteusim perpetuam tenet Ciprianus Gentilis sonator, su annuo Erratico solidorum quindecim ianuinorum, alteram vero omum predictam in similem emphiteusim perpetuam tenet Ioannes Belvisus, lanternarius, sub annuo tematico solidorum decem ianuinorum , quibus duabus domibus coherent ante et ab uno latere carrubeus sive via pubblica, retro quedam domus diruta dicte ecclesie etc., que quidem domus due admodum necessarie forent, ••ictis fiati ibus etc., pro eorum et dicti conventus necessariis negotiis: Considei antes etiam dicte partes dictam preposituram et pre-endam dicti domini Melchionis habere quoddam molendinum, si\e duo molendina, cum suis pertinentiis, cum domo et terra arborata castaneis et quercubus, positum et posita in villa Pelii, ianuensis diecesis, in loco Varenne, que molendina appellantur « Rochataliata »: quibus coherent inferius versus mare terra Andriole, uxoris q. Antonii Marsilii, ab uno latere terra Sobrane de Bertino, retro teri a loannis Marzochi, antea aqua Varenne, et si qui sunt alii veriores contines. Quod molendinum cum pertinentiis supradictis a dicta piepositura conducere solebat q. Ioannes Rubeus de Pul-c.fera, et nunc conducunt heredes eius titulo locationis, sub annua pensione seu canone librarum octo ianuinorum , caponum quatuor et ovorum ducentorum in anno etc. Quod quidem molendinum, propter diluvium anno proxime preterito occursum et superventum, plurimum destitutum et deterioratum est, ita quod mole et rote icti molendini propter diluvium predictum distracte seu abstracte uerunt, et a dicto tempore citra dictum molendinum molere non potuit neque potest de presenti, et magna indiget reparatione, ita quo si dicta reparatio non fiat, modica utilitas seu nichil perci-P etur ex ipso molendino; ad quam reparationem fiendam proprie conventus seu etiam dicte prepositure non suppetunt facultates: " ^ quo quidem molendinum, cum domo et terra ac pertinentiis j ictus dominus Melchion ex causa iuste permutationis per P ^ atres et conventum sibi libere et in perpetuum tradi et assignari desideraret et desiderat : • i ’ ^UOc^ ^'ct' Patres ? habitis prius inter se ipsos hinc per premissis et infrascriptis omnibus et singulis, matura et — 97 — diligenti deliberatione ac tractatibus consuetis, semel et pluries, pro bono et evidenti utilitate et commodo dictarum partium, maxime dicti conventus, sponte etc. pervenerunt etc., ad infrascriptas compositiones etc. Videlicet, quia ex causa dictarum compositionum etc. supradictus dominus Melchion Patinanti, ex nunc cessit et renuntiavit etc. priori, fratribus etc. dicti monasterii, ibidem presentibus etc. omnia et singula iura, omnesque rationes et actiones etc., que et quas dictus dominus Melchion prepositus habet et eidem competunt etc. in supradictis duabus domibus positis Ianue in dicta contrata s. Crucis, ubi dicitur Clapa bianca, superius coherentiatis, et que hodie , tempore presentis celebrati contractus, ad ipsum dominum Melchionem prepositum, ratione dicte sue prepositure, spectabant et pertinebant in vita sua. Quas duas domos cum omnibus iuribus et pertinentiis suis, eidem domino Melchioni in ipsis domibus competentibus et competituris , ipse dominus Melchion eisdem domino priori et conventui etc. ex nunc assignavit et assignat, ita ut dicti prior, fratres et conventus ex nunc ipsarum domorum corporalem possessionem etc. retinere possint et valeant etc. Insuper, ex causa dicte permutationis et dictorum pactorum, dictus dominus Melchion sponte et ex certa scienta promisit, et se solemniter obligavit prefatis dominis, priori, fratribus etc. eisdem dare et assignare ac scribi facere, super quamcumque personam voluerint et mandaverint, locum unum comperarum s. Georgii communis Ianue, cum suis pagis et proventibus etc. Item sciens ac cognoscens ipse dominus Melchion, quod dicti dominus prior, fratres et conventus superioribus diebus vendiderunt et alienaverunt quamdam domum cum apotheca, positam Ianue in contrata Clavice etc., et pro qua venditione et alienatione dictus dominus Melchion habere etc. pretendebat libras viginti ianuinorum pro investituris pro sua dimidia, ideo ipse dominus Melchion, ex causa predicta, ex nunc remisit et remittit dictis fratribus dictas investituras, et omne id et totum quod petere etc. posset pro dictis investituris et occasione ipsarum. Item cessit dictas pensiones dicte domus pro dicta sua dimidia, ut supra debitas, presentes et futuras, et omnia iura etc. in dicta domo et dictis pensionibus eidem pertinentibus. Faciens ex nunc eisdem fratribus et conventui de premissis Atti Soc. Lig. St. Pativu. Serie 2." Voi. XXI. 8 - 98 - omnibus fidem de aliquid ulterius ullo unquam tempore non petendo, salvis iustis. Et versa vice supradicti dominus prior , tratres etc. acceptantes premissa omnia et singula ex causa dicte permutionis, habentes ad infrascripta plenam et liberam licentiam a rev. patre, domino fr. Dominico loannis de Florentia, sacre theologie professore, et provinciali provincie romane ac eiusdem Ordinis vicario geneiali, de qua constat publicis et autenticis literis ipsius domini provincialis et vicarii, datis Rome die octava ianuarii mcccclii, duobus sigillis impressis, uno maiori officii vicariatus provincie romane, in quo sculpta erat imago cuiusdam tratris flexis genibus tenentis crucem cum brevi circum circa, in quo sculpte sunt litere sic dicentes. Vicarius generalis, et desuper imago duorum sanctorum, in quorum medio tendit crux predicta cum literis in circuitu que legebantur. S. prioris provincie romane, et altero sigillo minori, in quo est sculpta imago hominis in forma angeli, cum literis que legi non poterant etc.: Matura deliberatione pensato etc , pro evidenti utilitate dicti conventus, permutaverunt etc. et dederunt etc. prefato domino Melchioni Fatinanti presenti etc. supradictum molendinum, cum domo et terra adiacente ac omnibus iuribus etc. ad- habendum etc. nihil in ipsis iuribus etc. in se ipsos aliquo retento ere. Actum Ianue, in sacristia ecclesie dicti monasterii etc., anno etc. mccccliii, indictione quintadecima etc., die martis, vigesima octava mensis augusti, post nonam, presentibus ibidem venerabili et discretis viris, domino Raynerio de Vintimilio, preposito ecclesie B. M. Magdalene, Ianuen., Christophoro Panigarola de Mediolano, mercatore, et Baptista de Capriata, civibus et habitatoribus Ianue etc. Andreas de Cario, q. Nicolai, notarius. Serve anche questo documento per accertare il nome, la patria e la qualità di priore al p. Filippo; come pure l’addita un’altra carta del 26 ottobre successivo. Contiene una procura di lui e dei padri nella persona del già citato p. Domenico De-Fornari, per adire l’eredità d’un tale Giuliano Remezzano, chiavarese, non é detto in che modo loro pervenuta. — 99 — (N. 2)) (26 ottobre 1453) In nomine Domini amen. Ex hoc publico instrumento universis pateat etc., quod venerabilis et religiosus vir, dominus frater Philippus de Glemona (sic), prior conventus B. M. de Castello , Ianuen. Ordinis predicatorum, in presentia etc. infrascriptorum fratrum etc., quorum nomina sunt hec: fr. Bartholomeus de Gaido, fr. Petrus de Cossano, fr. Dominicus de Furnariis, fr. Gerardus de Francia, fr. Lodisius de Saona, fr. Gabriel de Placentia, fr. Ioannes de Chio , fr. Dominicus de Monleone, fr. Iacobus de Ferraria, fr. Andreas de Glemona, fr. Franciscus de Finario, fr. Augustinus de Camuliano, et fr. Michael de Pedemontibus, fratres professi dicti conventus, nunc residendam facientes in dicta ecclesia etc., fecerunt etc. suum verum procuratorem etc. dictum fratrem Dominicum de Furnariis presentem etc., ad petendum etc. pro dictis fratribus a q. luliano de Remezano de Clavaro, olim habitatore Marsilie, seu in bonis et hereditate dicti q. Iuliani, omnem quantitatem pecunie, rerum etc., et omne aliud et quantum dicta ecclesia et conventus etc. recipere debent etc. a dicto q. luliano, sive ab heredibus etc. vel a quacumque persona dicta bona detinente etc. Actum Ianue, in dicta sacristia dicte ecclesie, anno etc. mcccclih, indictione prima etc., die veneris, vigesima sexta octobris, presentibus Paulo de Cortesiis, q. Melchionis, et Donato de Galarata , merzario , q. Thome, habitatoribus Ianue, testibus etc. Iacobus Rondanina, Antonii, notarius. Altro acquisto è stato quello del 23 marzo 1454; cioè la donazione volontaria d’un vacuo in prossimità delle case nostre e della chiesa dei ss. Nazario e Celso, fatta da Giovanni Bellagamba, cintraco genovese, per tratto d’immensa divozione verso i domenicani di Castello. (N. 24) mary 1454) In nomine Domini amen. Ioannes Bellagamba, de Sigestro, q. Michaelis, centracus in lanua, sponte etc. mera pura liberalitate et ex immensa devotione, quam gerit erga iam dictum conventum ac fratres eiusdem etc., dedit etc. iure proprio et in perpetuum venerabili domino, fr. Dominico de Furnariis, tanquam sindico conventus S. M. de Castello etc., quoddam vacuum ipsius loannis donatoris, positum lanue prope ecclesiam ss. Nazarii et Celsi, cui coheret a latere occidentali predicta ecclesia ss. Nazarii et Celsi mediante via, ab alio orientali domus discoperta dicti conventus etc., retro litus maris mediante via, ante via publica etc. ad habendum etc. Actum Ianue, in predicto conventu, anno etc. mccccliv, indictione prima etc., die xxm martii, hora nona. Testes Christophorus Panigarola, civis mediolanensis , mercator Ianue, Paulus de Cor-tesiis, q. Gratioli, et Pelegrinus de Tatio, filius Iacobi, omnes habitatores Ianue, vocati etc. * Grande invero dovè essere la stima cui erano saliti 1 religiosi nostri, massime nei confini della parrocchia, se un altro ancora, mosso dallo stesso spirito di pietà, vendè loro una sua casa a prezzo inferiore al giusto valcie. Chiamavasi Leonardo Malpassuto, ed ebbe consenziente al trapasso la moglie Marietta Giordano. Era posta in via s. Croce, e il danaro convenuto stette sulle lire dieci genovine, pagate il giorno medesimo dell ìstru-mento, 26 agosto 1454, dal p. maestro Panissari, il quale, di ritorno dall’ inquisitorato di Lombardia , non ebbe a sdegno d’ esercitare 1’ ufficio di sindaco del convento. (iV. 2;) (26 agosto 1454) In nomine Domini amen. Leonardus Malpasutus laborator lane, civis Ianue, q. Petri, sponte etc. vendidit rev. sac. theol. professori, domino magistro Hieronymo Panisario, tamquam sindico fratrum S. M. de Castello etc , quoddam vacuum, super quo iam constructa erat quedam domus dicti Leonardi, positum Ianue in contracta s. Crucis; cui coheret antea et ab uno latere via publica, ab alio latere domus illorum de Truchis, et ab alio latere domus dirupta, cum certis muris Hieronymi Ghigutii etc., ad habendum etc. pro pretio etc. librarum decem ianuinorum. Et si plus valet dictum vacuum pretio suprascripto etc., illud plus quantumcumque foret, eidem domino magistro Hieronymo dicto nomine etc., mera pura simplici et irrevocabili donatione inter vivos etc., dedit etc., faciens de dicto pluri dicto magistro etc. quitationem etc. de ulterius non petendo. Renuntians legi etc. Quam quidem venditionem etc. dictus Leonardus promisit etc. perpetuo habere et tenere ratam etc. Insuper Marieta, filia q. loannis de lordano, et uxor dicti Leonardi Mal-pasuti, presens omnibus suprascriptis et de eis habens certam scientiam etc., sponte etc. renuntiavit etc. omnibus et singulis iuribus etc., que etc. dicta Marieta habet et eidem competunt etc. in dicto vacuo supra vendito etc. Actum Ianue, in contracta s. Donati, videlicet in via publica, iuxta dictam ecclesiam, anno etc. mccccliiii, indictione prima etc., die lune, vigesima sexta augusti, presentibus testibus Nicolao de Cossano, q. Raphaelis, et Nicolao Feo, m. Abati, q. m. loannis etc. Petrus de Nairono, loannis, notarius. '454 — 1456. B. ANTONIO D E- ALBERTI S, di FINALE, 1.« volta. I cronisti del convento assegnano al p. Filippo da Cremona tre anni d’ufficio priorale, e gli danno in successore nel 1456 il p. Antonio da Finale, che avrebbe così coperto la carica un solo anno, venendogli dopo nel 1457 il p. Bartolomeo, aneli’ esso di Finale. Noi non vediamo la ragione di questo turbamento d’ ordine. Ogni priore dovea, secondo le nostre leggi, governare un biennio, ammeno che per morte, rinunzia, destituzione 0 nomina a grado maggiore, l’avesse a troncare. Ora, il p. Panissari essendo scaduto nell’ottobre 1452, è chiaro che sino % — 102 — verso la fine dell’anno 1454, ne tenne il posto il p. Filippo, Per dargli un secondo biennio intero od incompleto, uopo è somministrarne la prova, e nissuna ne arrecano i suddetti, e nissuna parimenti ne rinvengo io entro le nostre carte; nelle quali dal 26 ottobre 1453 non é più citato a nome alcun priore sino al 23 gennaio 1458. 10 adunque sono d’avviso che il p. Filippo abbia finito 11 suo priorato nell’autunno del 1454, gli sia venuto dopo il p. Antonio (1), a questo il p. Bartolomeo; ciascuno il suo biennio, senza violentare la storia. Di questo suo primo esercizio priorale ci soccorre una sola memoria; quella, che dovè anch’egli guastarsi coll’ex-prevosto Fattinanti; ed eccone il motivo. Ad ogni esaltazione di papa, costui tornava alla carica contro i frati di Castello. Pertanto, al nuovo pontefice Callisto III, successo a Nicolò V 1’8 aprile 1455, avendo egli porto un reclamo di pretese vessazioni da parte dei religiosi nostri e di altri, ecclesiastici e secolari, della città e diocesi genovese, ottenne una bolla, con cui Callisto deferiva 1’ esame e giudizio della causa al vescovo di Mariana, iMichele Germani, residente in Genova. In ossequio al papale rescritto, il prelato, addi 13 agosto 1455 spiccò mandato di comparizione al superiore di Castello, senza nominarlo, affine di rispondere alle querele di lui (2). Che cosa dicesse il priore, e come terminasse la contesa io l’ignoro. Mi consta invece che riusci ad ottenere dal doge e (1) Se sta vero Io scambio di patria notato a pag. 9, n.° 14, del sillabo, rimane certa la di lui presenza a Castello il 12 marzo 1456, giorno in cui die’ l’abito al novizio Filippo Italiano. (2) L' antica Collegiata ecc., a pag. 285. - 103 - anziani della repubblica, di potere, in occasione di liti, ricorrere, al paro dei secolari, ai tribunali laici, ed essere quindi ammesso al godimento dei diritti civili, giusta la procedura allora vigente in Genova, la quale da simil giure escludeva, in regola generale, il ceto ecclesiastico , che teneva fermo al diritto romano. (Ni 26) (23 agosto 1434) MCCCCLIIII die XXIII augusti. Illustris et excelsus dominus Petrus de Campofregoso, Dei gratia dux ianuensis, et magnificum consilium dominorum antianorum communis Ianue in legitimo numero congregatum, cum fuissent coram se recitate concessiones et gratie, decrete venerabili conventui S. M. Castelli, anno presenti die xxvi februarii, subscripte manu mei cancellarii inferius nominati, et audivissent petitiones ipsorum fratrum , cavillationes et subter-fugia metuentium in concessionibus ipsis, addiderunt, quod liceat fratribus ipsis et cuilibet procuratori ipsius conventus, in eorum causis, uti etiam beneficio capitulorum, constitutionum communis Ianue, non obstantibus quibusvis legibus et statutis iuris, et civilis et municipalis, quomodolibet repugnantibus (1). Iacobus de Bracellis, cancellarius. Sotto il governo del p. Antonio, coprì la minore carica di vicario del convento il p. maestro Panissari; ed è con questo titolo, e durante la temporanea assenza del priore, che ammise al noviziato il 20 gennaio 1456 il p. Barnaba Gentile, primo compilatore del sillabo dei figli di Castello. Di altri soggetti ricevuti all’ Ordine durante il presente biennio non ho dubbio, sebbene del solo p. Filippo Italiano si abbia certezza (2). (1) Lo ricavo da fol. 3 del Cod. ms. Index coìumnar. etc. s. Georg», esistente nel nostro archivio. (2) Syìl. a pag. 9. n.1 13 e 14. % — 104 — •. 1457 — 1458. P. BARTOLOMEO da FINALE. Del p. Bartolomeo da Finale non ci riuscì in verun modo scoprire il casato; e pel suo primo anno di esercizio mancano appieno le notizie e i documenti. Lo stesso sarebbe del secondo, se un legato pio fatto alla chiesa nostra dal medico Tommaso Bibi, il 4 marzo 1454, di -otto luoghi in s. Giorgio, non avesse porto occasione a lui priore e ai padri di nominare procuratore, per la riscossione del lascito, il notaio Giovanni Voltaggio, il 23 gennaio 1458. Dovea costui, a quanto pare, risiedere in Cipro , dove s’ avea a liquidare la sostanza presso la vedova e gli eredi del già defunto figlio Filippo, dal rispettivo marito e padre costituiti risponsali dell’ esecuzione dell’ ultimo suo volere. L’atto di procura è questo : (N. 27) (23 gennaio 1458) In nomine Domini amen. Venerabilis dominus, fracer Bartholomeus de Finario, prior monasterii S. M. de Castello, de lanua, Ordinis predicatorum de observantia, in presentia etc. omnium fratrum etc., qui vocem habent in capitulo, quorum nomina sunt hec: fr. Hieronymus Panisarius de lanua, sac. theol. professor, fr. Augustinus de Yintimilio, fr. Gerardus de Francia, fr. Hugo de Brixia, Ir. Raphael Spinatius de lanua, fr. Dominicus de Monleone, Ir. Baptista Fatinanti, fr. Iacobus de Soncino, fr. Reginaldus de Biixia, fr. Augustinus de lanua, fr. Stephanus de Villafranca et fr., Vincentius Guastavinus; et dicti fratres in presentia etc. congregati capitulariter in sacristia diete ecclesie, in qua est aitare s. Sebastiani martiris, omni meliori modo etc., fecerunt, constituerunt etc. suum et monasterii sindicum et procuratorem etc., Ioan-nem de Vultabio notarium, civem Ianue, absentem tanquam pre-sentem, ad petendum, etc. nomine dicti monasterii et fratrum, in - 105 - insula Cypri et alibi ubivis, a q. m. Thoma Bibi, fixico, -et in bonis et hereditate eius, et seu a domina Bonaventura, olim uxore dicti q. m. Thome, et filia q. domini loannis Bibi, et a quondam Filippo Bibi, filio dicti q. m. Thome, heredibus constitutis per dictum q. m. Thomarn equis portionibus in testamento eius, rogato per Lazarum Ragium, notarium, anno mccccliiii, die quarta martii, et in bonis dictorum heredum et a quibuscumque aliis personis etc., loca octo comperarum s. Georgii, cum eorum iuribus et proventibus eidem monasterio debitis, virtute dicti testamenti, et que loca dictus q. Thomas, dum suum conderet testamentum, ut supra, legavit et mandavit emi debere et ea scribi super ipsum testatorem, quorum proventus mandavit in perpetuum deputari et erogari ad celebrationem unius quotidiane et perpetue messe celebrande in dicta ecclesia S. M. de Castello, et prout latius in dicto testamento continetur etc. Actum Ianue, in sacrisfia dicte ecclesie, in qua est altare s. Sebastiani martyris, anno etc. mcccclvm, indictione quinta etc., die lune , vigesima tertia ianuarii, presentibus testibus Ioanne Baptista Tonso, filio Bernardi, et Ioanne Barilario de Rapallo, q. Therami, civibus Ianue , ad hec vocatis et rogatis. L’ 8 aprile stess’ anno, agendo da sindaco, il p. Panissari comperava da Giovanni e Matteo fratelli Trucco una loro casa avente l’ingresso nella vicina piazza degli Embriaci, ma un lato prospiciente dietro la chiesa di Castello, al prezzo di 450 lire genovine ; ciò che indica dovesse essere un bel corpo di fabbrica, e per avventura necessario ai frati, come quello, dalle cui finestre guar-davasi nelle interne parti dell’ orto e del chiostro. Questa casa nel seguito diede motivo a noiosi litigi : e per tale motivo rechiamo qui I’ atto del suo acquisto. (N. 28) (S aprile 145S) In nomine Domini amen. Ioannes et Mattheus Truchi fratres, cives et habitatores Ianue, q. Bart., per se et eorum heredes etc., vendiderunt venerabili domino Hieronymo Panisario, sac. theol. -— io6 — magistro, sindico conventus S. M. de Castello etc., quandam domum ipsorum loannis et Matthei fratrum , positam Ianue , videlicet in platea, cui dicitur de Embriacis, cui coheret ab uno latere domus Antonioti de Axereto notarii, ab alio latere versus dictam ecclesiam quidam carrubeus ab una parte, retro hortulus dicte ecclesie, antea via publica, ad habendum etc., pro pretio librarum quadringentarum quinquaginta ianuinorum , quas ipse reverendus emptor dare et solvere promisit in hunc modum, videlicet : in locis sex super comperas s. Georgii etc. (r), nec non libras septuaginta ianuinorum in pecunia numerata etc. ad omnimodam requisitionem eorum fratrum, et libras nonaginta octo ianuinorum, infra festum nativitatis d. n. lesu Christi proxime venturi, pro integra solutione librarum quadringentarum quinquaginta etc. Qui Ioannes et Mat-theus fratres ut supra etc. ex mera liberalitate etc. tradiderunt prefato domino, fratri Hieronymo, quoddam vacuum positum sub predictum hortulum prope viam s. Crucis sub suis confinibus, ad habendum etc. Actum Ianue, in platea Moduli, videlicet in caminata ad discum cuiusdam domus Christophori de Vernatia, habitationis mei notarii infrascripti, anno etc. mcccclviii, die octava aprilis, circa vesperas. Testes Lodixius de Ancona, q. Ampelii, Iacobus de Portu, lanerius , q. Ant., et Leoninus de Bardaneto, peliparius , q. Ga-sparis, omnes Ianue habitatores, vocati etc. Thomas de Recho, notarius. Anche scaduto d’ufficio, il p. Bartolomeo prosegui a rimanere a Castello, come vedremo sotto il di 13 dicembre 1464, nella guisa che già vi si trovava almeno fino dal 13 aprile 1448; una perciò delle colonne, su cui poggiò 1’ edificio morale della nostra comunità, in quel suo esordio d’esistenza. (1) Il valore nominale dei luoghi di s. Giorgio, come tutti sanno, era di 100 lire ; ma calcolandosi qui sei di essi nella complessiva somma di L. 380, ne consegue che il loro valore reale, nel 1458, 0 meglio al tempo preciso della stipulazione dell’ atto, era disceso a circa 63. — 107 — 1459 — i46o. B. ANTONIO D E-ALBERTI S, di FINALE, 2« volta. Moriva nel luglio 1459 l’ex-canonico di Castello, Spinetta Malaspina su menzionato; pel quale decesso, pervenendo i beni da esso goduti, giusta il disposto nelle bolle di Eugenio IV e Nicolò V, alla comunità nostra, il p. Antonio, eletto la seconda volta priore, a mezzo del nuovo sindaco p. Battista Fattinanti, il 18 luglio 1459 andò al possesso della prebenda canonicale, come segue. (N. 29) (18 luglio 14J9) In nomine Domini amen. Venerabilis et religiosus dominus, fra-ter Antonius de Finano, prior conventus B. M. de Castello, Ianuen., Ordinis predicatorum, in presentia etc. infrascriptorum fratrum dicti monasterii, quorum nomina sunt hec: mag. Hieronymus Panisa-rius, fr. Andreas de Pontonio vicarius, fr. Dominicus de Candia, fr. Ludovicus de Brixia, fr. Abraham de Brixia, fr. Baptista Patinanti , fr. Barnabas Gentilis, fr. Augustinus de lanua, fr. Franci-scus de Bergamo, fr. Petrus de Bergamo , fr. Stephanus de Pede-montium et fr. Iacobus de Bergamo , et dicti fratres capitulariter congregati in dieta ecclesia in capella s. Ambrosii, pro infrascriptis specialiter agendis: Scientes etc., certamque notitiam, ut asserunt, habentes, quod canonicatus et prebenda dicte ecclesie, quos quondam venerabilis dominus Spineta de Malaspinis, ipsius ecclesie canonicus dum viveret obtinebat, vacant ad presens per obitum dicti domini Spinete, qui nuper extra civitatem Ianue diem suum clausit extremum, propter quod ipsi canonicatus et prebenda ad ipsos libere devoluti et affecti sunt, tamquam suppressi et extincti, ut supra: Ideo in presentia mei notarii et testium infrascriptorum etc. corporalem possessionem dictorum canonicatus et prebende etc. apprehendunt et assequuntur, eorum propria auctoritate, in omnibus et per omnia iuxta predictarum literarum apostolicarum continentiam — ioS — et tenorem. Dicentes etc. Et statim bis omnibus sic expositis etc., dominus fr. Baptista Fatinanti, sindicus dicti monasterii etc., ipsorum canonicatus et prebende, iuriumque et pertinentiarum eorumdem corporalem et actualem possessionem apprehendidit, nomine dicti monasterii etc. De quibus omnibus etc. Acta sunt hec Ianue, in capella predicta s. Ambrosii, sub anno etc. mccccl vira, indictione sexta etc., die mercurii, xviii mensis iulii etc. Andreas de Cario, notarius. Un lucchese, a nome Cristoforo Turinghelli, abitava una casa sua, prossima al convento, e si decise venderla. Non parve vero ai nostri, che accettarono l’offerta alle condizioni appostevi. Il di 20 febbraio 1460 se ne stese il contratto, e al prezzo di sedici luoghi, da scriversi in banco s. Giorgio, si ebbero la casa, talune casette annesse ed una taverna. (N. 30) (20 febbraio 1460) In nomine Domini amen. Christophorus de Turinghelis de Luca, q. ser Panfilii, civis et habitator lanue, per se et heredes suos etc., vendidit etc. venerabilibus dominis fratribus conventus S. Marie de Castello etc., quorum nomina sunt hec: venerabilis dominus, fr. Antonius de Finario, prior, fr. Augustinus de Vintimilio, fr. Lu-dovicus de Brixia, fr. Dominicus de Candia, fr. Hieronymus de Cossano, fr. Abraham de Brixia, fr. Augustinus de Ianua, fr. Mattheus de Parixius (sic), fr. Petrus de Bergamo, fr. Barnabas Gentilis, fr. Dominicus de Monleone, fr. Iacobus de Bergamo, fr. Stephanus de Bergamo, fr. Antonius de Petra et fr. Ioannes de Finario, presentibus etc., quandam ipsius Christophori domum cum domunculis, taberna-et pertinentiis eiusdem, sitam penes dictum monasterium, cui coheret a tribus partibus via publica, et ab alia parte dictum monasterium etc., pro pretio locorum sexdecim s. Georgii, que dictus dominus prior cum voluntate dictorum fratrum promiserunt scribi facere super dictum Christophorum, infra calendas mensis maii proxime venturi etc. Acto tamen pacto expresso etc., quod dicti domini — 109 — prior et fuatres etc. debeant prebere dicto Christophoro et uxori sue habitationem unius domus dicti monasterii, que fuit Matthei Truchi, que est in platea de Embriacis, contigua domui Antonioti de Axe-reto, ita tamen quod non possint dictam domum locare seu habitari facere nisi per ipsos et eorum familiam, et si de ea recesserint, dicta domus restet libera dictis fratribus etc. Actum Ianue, in loco capitulari eiusdem conventus, anno etc. mcccclx, die vigesima februarii, in vesperis. Testes Lodixius Cata-neus, q. Iacobi, Christophorus Panigarola, q. Petri, et Paulus de Cortesiis, q. magistri Gratioli, ad hec vocati et rogati. Ioannes de Brignolis, notarius. A norma del qui convenuto, dodici sili sedici luoghi si scrissero in effetto a profitto del Turinghelli sui cartolarli del banco per le calende del maggio 1460, ma quanto ai restanti, piacque meglio ai religiosi passarne il valore a mano di Cristoforo, il quale perciò sotto il 9 stesso mese firmava atto di quietanza di lire 17 e soldi 10 di genovini, pagategli dal sindaco p. Agostino di Venti-miglia, e se ne dichiara appieno soddisfatto. L’acquisto della costui casa giovò assaissimo alla prosecuzione della fabbrica del convento, specie del noviziato. Era esso già capace d’un discreto numero di giovani, se il dì 2 settembre 1459 il priore Antonio ai preesistenti, tre altri ne potè aggiugnere, principale fra tutti Gabriele De-Franchi-Luxardo, divenuto vescovo di Aiaccio in Corsica nel 1482. Sono queste le sole memorie spettanti al secondo priorato del beato Antonio De-Albertis. Se non che materia più interessante e copiosa ci fornisce l’archivio nostro, riguardante un altro egregio personaggio che gli vedremo succedere nella carica, il beato Vincenzo Maglio, finalese anche egli di patria. — Ilo — L’odore di sue virtù e la fama della fruttuosa predicazione di lui, non potuta contenere entro i confini della Liguria, era giunta a Roma, ove il nome suo godeva di un’ alta riputazione, come lo testimoniano i frequenti incarichi dai pontefici commessigli. Due ne ebbe nel solo biennio 1459-60. Riguarda il primo un negozio interno dell’ Ordine. Una brutta contesa fervea da tempo in s. Domenico di Genova, tra la comunità ed il già suo sindaco, p. Giovanni De-Mari, circa la passata costui amministrazione dei beni conventuali, che si trovo mancante e rovinosa. Il celebre provinciale, p. Giovanni Montenegro, esaminato il litigio, ne avea anche, tempo addietro, proferito la sentenza, ma con ni un buon esito, a motivo che il ricalcitrante frate, d’ appello in appello, mostrava voler condurre il can per 1’ aia, e stancare gli avversari. Questi ricorsero al postutto a Roma, chiedendo un provvedimento sollecito, che troncasse gl indugi. Pio II trasmise la domanda al cardinale Alano, detto 1’ Avignonese , protettore dell’ Ordine , incaricandolo di scegliere i giudici della causa, cui voleva decidessero inappellabilmente , affine di terminare il noioso dissidio. Cosi avvenne, e a commissari apostolici furono eletti il nuovo provinciale di Lombardia, padre Antonio d’Alessandria, ed il nostro p. Vincenzo, allora priore del convento di Savona. La carta ha la data 24 dicembre 145 9, spedita da Mantova, e la omettiamo per la soverchia sua lunghezza. La seconda delegazione d’interesse generale e in materia suprema, riesce ancor più onorifica al p. Vincenzo. Trattasi dell’ importante missione datagli dal papa di recarsi nei paesi e nelle città del genovese dominio e dei regni circostanti, a predicare, con quanto avea di zelo, — Ili — la crociata da Pio li indetta contro il turco, per raccogliere i sussidii pecuniarii, le limosine e decime, da esso ordinate ad allestire navi, equipaggiare armati da spingere alla volta di Levante, e fiaccare 1’ orgoglio degli ottomani. Il breve pontifìcio attribuisce al Maglio la qualità di professore in sacra teologia, che manca in ogn’altro documento. (N. 31) (ij gennaio 1460) Dilecto filio, Vincendo Finariensi, Ordinis predicatorum, theolo-gie professori. Pius papa II. Dilecte fili salutem etc. Existimantes te esse virum doctrina sacrarum literarum prestantem, et idoneum verbi Dei predicatorem, inter tot religiosos personam tuam elegimus, cui onus predicandi cruciatam pro summa necessitate fidei catholice imponeremus. Itaque tuam devotionem, et eidem in virtute sancte obedientie precipimus et mandamus, ut non obstante quocumque mandato superiorum tui Ordinis forsan facto, a quo te absolvimus, ad civitatem ianuensem ac alias civitates et loca dominio communis ac magistratuum ianuen-sium subiecta, et omnium adherentium et recommendatorum eorundem, te personaliter conferas, et ibidem verbum Dei in populo effundas , et christifideles incitare et inflammare studeas ad commune periculum repellendum; eos etiam ad contribuendum huic sancto operi iuxta continentiam nostrarum literarum, et impositionem decime ac aliarum oblationum declarando. Qua in re ita invigiles et insistes, ac in omnibus collectori nostro in illis partibus deputato pareas et intendas, prout tibi duxerit iniungendum, ut huiusmodi salutari expeditioni, que celeritate maxima indiget, pro imminenti periculo succurrere valeamus. Preter enim meritum, quod apud Deum ex bonis operibus consequeris, eandem personam tuam, grata memoria, cum precipua tua commendatione, retinebimus. Datum Mantue, sub annulo piscatoris, die xvn ianuarii mcccclx, pontificatus nostri anno secundo. — 112 — Pel motivo stesso di provvedere ai „ civili e ìeligiosi interessi della diocesi di Caffa in Crimea, il possedimento genovese principale e anche più minacciato dell Oliente, 10 stesso papa s’ era dato fretta di nominare a quella sede 11 21 maggio 1459 il p. Gerolamo Panissari, già prioie di Castello, in successione al defunto Giacomo Campora. Di ritorno da Roma, il vescovo novello, ove, allo scrivere del p. Borzino, avrebbe ricevuto 1’ episcopale consacrazione dalle mani del pontefice medesimo, dai numerosi suoi ammiratori e amici regalato venne di molti ai redi sacri, riferentisi alla conseguita dignità. Or bene, di questi tutti l’umile cenobita, a testimonio dell immenso suo affetto al convento di Castello e agli antichi suoi confratelli, rinunziar volle la proprietà in loro favoie, ritenendone soltanto 1’ uso vita durante, come ci appiende l’instrumento seguente, mai prima da me scoverto. (N. 32) (I J marzo 1460) In nomine Domini amen. Venerabilis in Christo pater, dominus Hieronymus Panisarius, Dei gratia episcopus Caffensis, Ordinis s. Dominici observantie, de Castro, Ianue, considerans quanta bene fìcia recepit a fratribus et conventu dicti Ordinis, nolensque esse ingratus, sponte etc. donavit et tradidit venerabili domino, fi atri Vincendo de Finario, vicario conventuum observantie in ripatia Ianue, Ordinis predicatorum, presenti etc. recipienti nomine fratrum S. M. de Castello, Ianuen. etc., bona mobilia infrasciipta, retento in se usu dictorum bonorum in vita sua et quandiu ipse dominus Hieronymus vixerit. Que bona sunt ut infra: Primo, calix unus argenteus cum patena, ponderis unciarum viginti duarum, cum tribus smaldis in pede, ubi sunt imagines; in uno videlicet B. M. Virginis cum filio, in alio beati Dominici et in reliquo beati Hieronymi. Item missale unum pulchrum, novum, secundum curiam. Item Summa una, que dicitur Magislrutia, nova. - ii3 - Item pontificale unum, novum. Item mitra una auri, flexata, pulchra, cum perlis et lapidibus vitreis diversorum colorum. Item alia mitra alba de tela. Respondens etc. Actum Ianue, in monasterio S. M. de Castello, videlicet in claustro de medio, iuxta ostium sacristie, anno etc. mcccclx, indictione septima etc., die martis, undecima martii, in vesperis. Testes Gaspar Bochinus, q. Raphaelis, Christophorus Rentius de Cabella, q. Io., et Petrus Bonaventura q. Dominici, cives Ianue, ad hec vocati etc. Ioannes de Brignolis, notarius. È vero tuttavia che in compenso, a così esprimermi, nell’ avviarsi alla Tauride, tolse seco il Panissari a compagni di viaggio un pugno, non so dire quanto numeroso, di frati di Castello; taluni destinati alle case di missione possedute dal nostro Ordine in quelle contrade, ed altri in qualità di suoi ufficiali. Di questi ultimi é stato il p. Battista Fattinanti, divenuto suo vicario generale e vicario generale eziandio della domenicana Congregazione dei Pellegrinanti (i). L’ esercizio di predicatore nelle terre liguri commessogli da Pio II, in ordine all’allestimento della flotta, aveano posto il p. Vincenzo al contatto dell’alto personale direttivo del banco di s. Giorgio. Circostanza questa, di cui si valse il priore p. Antonio, affine di ottenere,-col di lui mezzo, una grazia giustissima in se, doverosa anche, e pel convento di molto profitto. Causa la morte di più religiosi, accaduta gli anni decorsi in tempo di peste, era andata smarrita la carta dal banco suddetto concessa, il io dicembre 1451, di esenzione dai dazii e gabelle di introito pei generi di vitto e vestito a favore dei frati (2). (1) Syll., a pag. 5, n. 6. (2) Vedila accennata sopra a pag. 87-88, e citata a pag. 88, nota 1.* Atti Soc. Lig. St. Patri*. Serie 1. Voi XXI. c> — ii4 — Privi di quella, venivano angariati dagli agenti governativi , soggettati a litigi, ed anche all’ effettivo pagamento. Il p. Maglio domandò la conferma del privilegio, ed i protettori del Banco il giorno 18 agosto 1460, ben volentieri la riconcessero, conosciuto non potersi negare a Castello ciò che accordavasi all’altro convento V di s. Domenico ; coll’ aggiunta di un nuovo elogio alla edificante condotta dei religiosi della nostra comunità : (N. 3]) (18 agosto 1460) Magnifici domini protectores comperarum s. Georgii ere. in nono numero congregati etc. Cum audissent requisitionem venerabilis patris, fr. Vincentii de Finario, Ordinis regularis s. Dominici, nomine fratrum ecclesie B. M. de Castello, dicti Ordinis regularis, continentem propter mortem fratrum dicti Ordinis, qui residentiam habebant in dicta ecclesia, pestifero tempore defunctorum, peritorum de negotiis dicte ecclesie ad ipsos fratres et monasterium suum pertinentibus, deperditam esse eorum immunitatem, que ab initio reformationis dicte ecclesie, pervente ia ipsos fratres regulares, sibi concessa fuit, ut dignum et iustum erat; et propterea aliquando interturbari fratres ipsos in eorum immunitate et exemptione, presertim quia propter mutationem fratrum, imperitiamque ipsorum in rebus secula-ribus, cum difficultate expediuntur; supplicante igitur ita decerni et declarari per ipsum magnificum officium, quod liberentur ab indebitis vexationibus, ut divinis officiis vacare habeant et non placitare: Considerantes divina religione nihil melius, eamque rebus omnibus esse preferendam, et quantum utilitati cedat ac ornamento civitatis monasterium illud, in quo propter observantiam regule sue et morum sanctitatem, tot religiosi fratres religiose et sancte viventes, divino cultui servientes, vacant continue divinis officiis, quan-tumque distaret ab equitate ut ipsi dispariter oneroseque tractarentur ab aliis fratribus conventualibus, et ipsi regulares nihil certi habentes et omnia mendicantes turbarentur in his quibus merito gaudere debent: omni via, modo etc., precedente maturo examine - H5 - • deliberaverunt declarantes ac preceperunt, quod fratres et conventus ipsorum fratrum Beate Marie de Castello, sint et sit ac esse debeant et omnino tractentur et habeantur immunes et exempti ab omnibus cabellis et introitibus Ianue pro victu et vestitu , et usu ipsorum, in omnibus et per omnia prout sunt et esse debent fratres conventuales monasterii s. Dominici huius civitatis, reiectis et amotis exemptionibus et cavillationibus quibuscumque. Paulus Mainerius, notarius et cancellarius. La fine del priorato del p. Antonio ci si presenta feconda d’ avvenimenti più assai che il principio. Sul ciglio del colle di Castello avevano preso ad abitare le suore domenicane, nel palazzo già stato residenza degli arcivescovi di Genova, da esse convertito in monastero, intitolandolo del ss. Corpo di Cristo, ma più volgarmente conosciuto sotto il nome dell’antica chiesa parrocchiale ivi esistente di s. Silvestro. Mi passo qui delle vicende che accompagnarono quella introduzione e possesso, ove di bel nuovo figura il litigioso arcivescovo Giacomo Imperiale, e mi affretto a dire che, stabilitesi in luogo, pensarono valersi pel servizio loro spirituale dei vicini padri di Castello; il perchè, aderendo all’ invito avutone, l’ex-priore p. Bartolomeo da Finale accettato ebbe il doppio uffizio, di loro cappellano e direttore. Per un motivo che la carta non ispiega, la cosa non andò a versi dei suoi confratelli, i quali, raccolti a consiglio dal vicario generale della Congregazione di Lombardia, p. Giovanni Galoppia, il io novembre 1459, vennero nel comune accordo dovesse il p. Bartolomeo sciogliersi dall’obbligo assunto. L’atto che soggiungo, é il primo col quale s’inizia il registro dei consigli del nostro convento. — 116 (N. 34) (10 novembre 1460) MCCCCLX die X novembris. Propositum fuit in consilio die suprascripta coram rev. patre vicario generali, fratre Ioanne de Gaiopia et patribus conventus infrascriptis, videlicet fratre Antonio de Finario, priore, fr. Alexandro de lanua, priore Finariense, fr. Vincentio de Finario, fr. Augustino de Vintimilio, fr. Bartholomeo de Finario, fr. Andrea de Terdona et fr. Dominico de Monleone, quis modus tenendus esset per dictum fratrem Bartholomeum ut se disligaret ab onere capellani et confessionum sororum monasterii ss. Corporis Christi; et fuit conclusum, nemine discrepante, quod, attento quod ad requisitionem priorisse dicti monasterii, ipse frater Bartholomeus consensit in acceptatione illius officii, ita equali modo idem frater Bartholomeus accederet ad ipsam priorissam, dicendo se nolle de cetero dictum officium capellanie et confessionum exercere, eo quod non possit. Serviret tamen eis usque ad adventum vel circa, donec sibi de alio confessore et capellano providerent. Ego fr. Ioannes de Galopia, vicarius suprascriptus, premissis interfui et consensi. Ego fr. Antonius de Finario, prior suprascriptus, premissis interfui etc. Ego fr. Alexander de lanua, prior Fina-rien. etc, premissis interfui etc. Ego fr. Vincentius de Finario etc. premissis etc. Ego fr. Bartholomeus de Finario etc. premissis etc. Ego fr. Augustinus Vintimillien. etc. premissis etc. Ego fr. Andreas de Terdona etc. premissis etc. Ego fr. Dominicus de Monleone etc. premissis etc. Sugli ameni colli d’ Albaro presso Genova trovavasi la cappella di s. Luca, la quale nel 1460 i signori vil-leggianti del luogo si risolsero offrire ai frati di Castello. Piacque 1’ esibita, al riflesso del sito opportuno assai a ricoverarvisi in tempo di peste, causa 1’ aperta campagna e l’aer salubre: vi si opponevano ciò nullameno le soverchie pretese degli oblatori. Lo stesso dì, 10 - II7 - novembre 1460, adunati a consulta dal vicario Giovanni, i padri v’ acconsentirono, mediante tre condizioni ; se non che cinque giorni dopo, che cosa sia accaduto noi so, un ordine severo dello stesso vicario inibiva a tutti e singoli i religiosi di più fjir parola di quell’acquisto. A bello studio tocchiamo q^ìi leggermente del conventino di s. Luca, perché ne trattiamo in una monografia a parte. 1461 — 1463. B. VINCENZO MAGLIO, di FINALE Non sarà stato, io credo, difficile trovare il successore al p. Antonio, ché dimorava appunto a Castello, o spesso almeno vi conveniva per interessi della crociata, il beato Vincenzo Maglio ; il quale in effetto vi fu nominato priore sul cadere del 1460 od a principio del 1461. Il primo dato sicuro, che ne abbiamo, rimonta al 18 febbraio 1461, giorno in cui egli ricevè all’abito Domenico Terrile; dopo questo, vestì, addì 14 aprile, il bravo converso Ambrogio di Savona, e il mese seguente quel Benedetto Goano, che divenne il celebre predicatore che sopra dicemmo. L’ultimo è fra Dionigi, il 25 ottobre 1462 (1). La copia poi delle carte forniteci dal domestico archivio pel biennio suo priorale, ci pone in condizione di dover dividerne la materia sotto vari aspetti. Diremo anzitutto degli affari temporali. Girolamo Guinigi, tornitore, vendè al sindaco p. Agostino di Venti miglia, due sue case contigue, poste in (1) Syll., a pag. 20-28, i n.1 35-48. — i IS — via s. Croce, al prezzo di lire 32 genovine, che il 3 febbraio 1461, nel redigerne l’atto, confessa d’avere già ricevuto. Di una terza pure venne al possesso il convento il di 2 settembre 1461, ma in modo diverso. Paolo Belviso, di Camogli, lanternaio, da un settennio non pagando 1’ annuo canone di dieci soldi genovini ai padri per essa dovuto, la sua casa era passata in loro dominio. Per commiserazione tuttavia alla povertà di lui, i religiosi decisero lasciargliela abitare, con che d’ allora in poi pagasse, non l’alienasse senza il loro consenso, e altre condizioni, che il Paolo accettava. Non ancora scorso l’anno, trovatosi di nuovo al verde, vendè la casa, suppongo annuenti i padri, a Lorenzo Casamiglia, in data 24 luglio 1462, riversando su costui 1’ annuo peso convenuto verso i domenicani col contratto precedente. Ai tre edifìzì nel modo su riferito acquistati, s’aggiunse, il 14 aprile stess’ anno, un cortile ceduto, a titolo di donazione inter vivos al convento, da Lazzarotto Bederio, di Altare presso Savona, maestro nell’arte vetraria. L’ avea avuto da Luca Di-Negro, mediante l'annua corresponsione di alcuni vasi di vetro; canone che i nostri s’ accollavano a vece del Bederio. Al tempo medesimo e alla materia che trattiamo spetta l’atto di mutua quietanza, passato, il 17 agosto 1461, tra il p. Agostino e l’ex-prevosto Melchiorre Fattinanti, a compimento della convenzione sino dal 28 agosto 1453 stipulata, per la permuta di due case in via s. Croce, e la terza in via della Chiavica, col molino di Pegli nel sito detto Varenna, di cui fu parola sotto quell’ anno (1). (1) Vedi sopra a pag. 95, e il documento n.° 22. I succitati atti notarili sono tratti dal Liber instrumentorum. - n9 - L’ istrumento finale é questo di quella pratica, della quale non giunsi a scoprire il motivo della protratta esecuzione. V’appartiene ancora una curiosa carta del i.° luglio 1462, utile alla topografia cittadina. Ai religiosi di Castello occorrevano, nella piazzuola dietro la vicina chiesa di s. Nazario, cinque palmi di suolo pubblico, in prossimità ad un pietrone ivi esistente, cui il volgo chiamare soleva Chiappa Bianca. Chiesero pertanto il permesso d’ occuparli, offrendone altrettanti, e anche più, li presso, così che diritta e spaziosa ne risulterebbe la strada, la quale movendo da s. Nazario per la via di s. Croce conduce a piazza Sarzano. La risoluzione dell’ affare rimiserla il doge e gli anziani ai padri del comune per l’opportuno giudizio. I due Bartolomeo Basadonne e Italiano, che ne costituivano in parte l’ufficio, verificato sul luogo il prò e contro della proposta, vennero nel parere, accolto integralmente dall’ ufficio governativo, di concedere solo quattro palmi, a conto d’altri quattro da guadagnarsi al-1’ opposto lato, e con che si alzasse un muro alle parti della piazza : 1’ uno servisse di scarpa alla rampa in principio di via s. Croce, e l’altro di riparo verso il mare, ad impedire il getto nelle acque di checchessia, e anche di parapetto a guisa di sedile, per comodo dei cittadini; press’ a poco come trovasi oggidì. Non pare che i quattro palmi siano stati piuttosto caramente pagati? (N. 5 ;) 0° tylio 1462) MCCCCLXII die prima iulii. Nos Bartholomeus Baxiadone prior et Bartolomeus Italianus patres communis, et delegati ab illustri et excelso domino duce ianuensi, et magnifico consilio dominorum antianorum etc. vigore deliberationis etc., cuius tenor talis est: * £ MCCCCLXII, die sabati, xxmr iunii. Illustris et excelsus dominus dux ianuensis et populi defensor, et magnificum consilium dominorum antianorum communis Ianue in legitimo numero congregatum. Cum audissent petitionem fratrum S. Marie Castelli, supplicantium dari sibi facultatem, qua eis liceat intercipere ex via publica, que ducit a s. Nazario Sarzanum, in qua est saxum album, quod dicitur Clapa bianca, cum ipsi se offerant pro palmis quinque, quos petunt, dare communi multo plures, et hac ratione via illa fiet rectior et multo spatiosior: Decreverunt et virtute huius rescripti commiserunt egregiis patribus communis , ut locum oculis inspiciant, et si qui fuerint audiendi, illos audiant, deinde ipsis illustri domino duci et consilio informent, quomodo eis videatur providendum petitioni ipsorum fratrum. Visis dicta commissione etc. ac oculis loco inspecto, auditisque sindico communis et vicinis, operi non contradicentibus, atque considerandis consideratis, reterimus illustri domino duci et magnifico consilio requisitam facultatem concedendam fore ipsis fratribus, dummodo non excedant palmos quatuor, et totidem ipsis dantibus per contra, ad minus, dicto communi, ibidemque fieri facientibus plateam unam circumdatam et vallatam muro , ita quod iactus trahi aut deduci non possit in mari, et cum paramuro uno, in quo sedere valeant cives. Hieronymus Murrus, notarius. Nel corso dell’anno 1461, due fatti accaddero a Castello degni d’ essere registrati. Nello scavare una fossa in chiostro, venne alla luce un tesoro, ivi Dio sa da quanto tempo nascosto ; il quale andò tosto a ruba e a sacco fra gli operai e le molte persone al rumore accorse. Cessato il primo impeto e giuntivi i frati, questi fecero sospendere il lavoro e s’impossessarono del rimanente, ricorrendo al pontefice per la definizione a chi aggiudicare si dovesse; anche perchè il violento arcivescovo, Paolo Campofregoso, n’ aveva preteso per sé la maggior — r 21 — parte. Pio II, adunque, scrisse al priore del monastero di san Gerolamo della Cervara, incaricandolo di informarsi bene dell’accaduto, e col mezzo delle censure ecclesiastiche, e, se uopo ne fosse, anche del braccio secolare, costringesse i possessori a restituire il mal tolto danaro. (N. 36) (24 ottobre 1461) Dilecto filio, priori s. Hieronymi de Silvaria, Ordinis s. Benedicti, extra muros Genuen. Pius papa II Dilecte fili, salutem etc. Intelleximus nuper, relatione fide digna, inventum esse certum thesaurum in conventu Sancte Marie de Castello , Genuen., Ordinis predicatorum, dum quedam sepulture in claustro dicti conventus foderentur. Cum autem nobis referatur thesaurum huiusmodi per fossores et alias diversas personas ablatum ac discerptum extitisse, devotioni tue, harum serie, committimus et mandamus, quatenus statim, receptis presentibus, de predictis te diligenter informes, et omnes et singulos quos dictum thesaurum in totum vel pro parte abstulisse, et ad quos quomodolibet devenisse compereris, per censuras ecclesiasticas et alia opportuna remedia, cogas et compellas ad illum cum effectu restituendum, invocato ad hoc, si opus fuerit, auxilio brachii secularis. Quem sic recuperatum deponi facias et servari penes dilectum filium Iusti-num (?) de Spinulis, civem genuensem, quousque aliud a nobis habueris in mandatis, et ex commissione nostra discussum et cognitum fuerit ad quem de iure pertineat. Datum Home, sub annulo piscatoris, die xxim octobris mcccclxi, pontificatus nostri anno quarto. E lo stesso giorno, un minaccioso breve mandava all’arcivescovo, ingiungendogli di non molestare da vantaggio i padri di Castello per la porzione loro pervenuta del tesoro, dovendo di essa e di tutto quel valsente profferire sentenza il commissario pontifìcio allo scopo eletto. — 122 — (N. 37) (24 ottobre 1461) Venerabili fratri archiepiscopo Genuen. Pius papa II. Venerabilis frater, salutem etc. Intelleximus inventum esse nuper certum thesaurum in conventu S. M. de Castello, Genuen., Ordinis predicatorum, cuius tua fraternitas partem habuisse, et partem penes priorem dicti conventus remansisse dicitur. Cum itaque intendamus thesaurum huiusmodi illis cedere, quibus a iure debetur et ad quos pertinere cognitum fuerit per commissarium nostrum ad hoc deputandum , fraternitati tue, harum serie, in vim sancte obe-diente districtius precipiendo mandamus, quatenus super parte que apud dictum priorem est nihil innovare quoquomodo debeas, nec propter illam ullatenus ipsum vel dictos fratres impedias vel molestes, sed apud eundem priorem servari permittas, quousque aliud de nostra voluntate tibi constiterit. Datum Rome, apud sanctum Petrum, sub annulo piscatoris, die xxim octobris mcccclxi, pontificatus nostri anno quarto. £ Sorge qui naturale il desiderio di sapere a quanto ascendesse la somma dello scoperto tesoro, e dobbiamo dire* che n’ebbero i frati ducati d’oro 182, pari a lire geno-vine di allora 451, come ci venne narrato nel sillabo (1). Dove é lecito eziandio chiedere quale sorta di diritto avanzare potesse l’arcivescovo genovese : e alla domanda risponde il compilatore delle Notizie cronologiche della chiesa e del convento di Castello ecc., col dire : « Nel fabbricarsi il convento, essendo necessario scavare i sepolcri, come si fece, fu ritrovato dentro di essi un tesoro, per il quale insorse qualche contesa con i primi fondatori (I) A pag. 29, n.« 50. — 123 — del luogo, i preti di s. Lorenzo, pretendendo essi che fosse loro dovuto ; ma fatto ricorso al papa Pio II, questi ordinò che tutto ciò eh’ era stato ritrovato nascosto dentro quelli sepolcri di qualsivoglia prezioso valore, si dovesse consegnare al superiore del convento » (i). Che tale sia stato il finale responso del priore di s. Gerolamo, a me non consta per alcun documento. Del secondo fatto trovo certa menzione negli annali di Genova di Agostino Giustiniani. « Furono, dice, questo anno 1461, del mese di settembre, depositati appresso i frati di madonna del Monte cento ottanta sette volumi di libri e alquante reliquie appartenenti alla città di Pera, e del mese di ottobre furono depositati appresso i frati di madonna di Castello, ventiquattro volumi di libri e alquante reliquie, ornate con argento e oro, pertinenti come di sopra; e nel mese di decembre fu depositata appresso i frati di Castello una icona ossia imagine della nostra Donna, lavorata in argento e ornata di perle e di anella. Del quale deposito e dei sopraddetti sono autentiche scritture nei libri del Comune, e i depositari diedero securtà de restituendo, sempre che Pera si ricuperasse » (2). Più minuta sarebbe la relazione che ne porge il Perasso, ma é contraria in parte alla risultanza di studi più recenti. « Dopo dieci anni d’assedio, avendo Maometto II , ai 29 maggio 1453 espugnata la città di Costantinopoli, prima di detta espugnazione furono trasportate nella vicina città di Pera, posseduta dai genovesi, molte sante reliquie, le quali nell’anno 1461 furono inviate a Genova, e distribuite, unitamente a diversi libri e altre cose sacre (1) A fol. 4- (2) Giustiniani, sotto l’anno 1461. — 124 — preziose, ira le chiese e i monasteri più riguardevoli, da alcuni patrizi, a ciò deputati dal serenissimo governo. In questo di S. M. di Castello, il giorno i.° ottobre 1461, furono depositate le seguenti, colla condizione di doversi le stesse restituire agli abitanti di Pera e agli altri luoghi dai quali eransi levate, ogni qual volta essa città e luoghi ritornassero in potere dei cristiani e da loro fossero governati. E per cautela dell’ osservanza di simile condizione, fecero sicurtà i signori Paolo, Lorenzo e Baldassare Giustiniani, come da scrittura in detto giorno rogata nella sacristia di Castello dal notaio Giacomo Bracelli. « Sono queste : tre croci d’argento con parte del legno di s. Croce, reliquie di s. Paolo e di s. Bartolomeo apostoli, di s. Lazzaro quatriduano, s. Dionisio vescovo e martire, s. Costantino imperatore, s. Agata, s. Giovanni Battista, ss. Martino e Raffaele vescovi, di s. Gregorio, s. Urbano, s. Filippo, s. Daniele, s. Margarita, di s. Maurizio, s. Ignazio, s. Pietro di Verona e s. Biagio martiri ; un dito di s. Maria Maddalena e di s. Lorenzo; un braccio con la mano di s. Prassede; una parte della mano di s. Stefano protomartire, e da ultimo una particella del cilizio di s. Caterina e della cappa di s. Vincenzo Ferreri ; non che due cofani, argenteo 1’ uno, di serpentino 1’ altro , pieni anch’ essi di reliquie senza nome. Non paia strano (continua il Perasso), che tanta copia delle reliquie di Costantinopoli pervenisse ai genovesi; poiché possedendo essi in quell’ impero molte isole, città e quartieri, erano nello stesso i più temuti e numerosi di qualunque altra nazione, e ben affetti a quell’ imperatore, che anche specialmente gli amava, a motivo che Caterina sua moglie era figlia di Dorino Gattilusio genovese; onde trattandosi - 125 - di mettere in salvo il più prezioso, non seppe ella a chi più cautamente consegnarlo che ai suoi compatrioti » (i). Altra donazione accadde il 16 dicembre stesso anno, quando venne data ai nostri la preziosa icona di M. V., detta la madonna di Pera, pittura bisantina su tavola, ricoperta con lastra metallica a fregi e figure. Di questa prestarono malleveria i cittadini Luciano Rocca e Antonio Giustiniani, obbligandosi a pagarne il prezzo, fissato in lire 250 di moneta allora corrente; carte già edite ambedue (2). Tocchiamo ora alcun poco delle cose interne. Riferimmo altrove come il priore Vincenzo Maglio questo avesse di proprio, mostrarsi soave e benigno coi buoni, ma altrettanto severo coi trasgressori dell’ osservanza regolare. Di siffatto rigore un doppio saggio ne porse a Castello. Dove anzitutto è a sapere, che alla carica di priore locale qui da noi, egli univa ancora in sé stesso l’ufficio di presidente delle altre tre case di Savona, Finale e Taggia, le quali, insieme al convento nostro, formavano un vicariato, soggetto ad un superiore, avente il titolo di vicario sostituto, che in Liguria rappresentava il vicario generale della Congregazione. Or bene, il Maglio, esemplare perfetto nel suo privato, e vindice esattissimo dell’ interna disciplina claustrale, scorse con rammarico le frequenti defezioni di religiosi, i quali, stanchi dal soverchio peso, 0 altramenti allettati dal più mite sistema di vita altrove seguito, passavano con soverchia agevolezza (1) Chiese di Genova, ms. dell’archivio di Stato in Torino. Ora si sa che i genovesi non ebbero in deposito le reliquia di Pera dall’ imperatore di Costantinopoli, ma le portarono via dalle loro chiese di Pera con sacri arredi, empiendone più barili. (2) Atti della Società, Voi. XIII, a pag. 279 e 993, e Tavola V dell’Appendice. — 126 — ai cosi detti conventuali, cioè alle case della provincia di Lombardia che accettato non avevano la riforma ; e se ne dolse col superiore maggiore, implorandone il rimedio. Per la quale cosa il capo dell’ Ordine, p. Corrado di Asti, addi 19 agosto 1462, mandò severa inibizione a tutti e singoli i membri componenti le quattro comunità, d’abbandonare il posto, e ai priori dei conventuali , nominatamente a quello di s. Domenico in Genova, il divieto di riceverli, pena l’immediata deposizione dall’ uffizio. (N. 38) ' (19 agosto 1462) In Dei filio sibi dilectissimis, fratri Vincentio de Finario, priori conventus S. M. in Castello, Ordinis predicatorum, in lanua, ac vicario substituto in conventibus Saonen. Finarien. et loco Ta-bie, ceterisque prioribus conventuum predictorum, qui prò tempore fuerint, frater Conradus de Ast, sac. theol. professor, ac eiusdem Ordinis humilis magister et servus, salutem in Domino , etc. Cupiens eos qui in regulari observantia degunt perseverantem Christo Domino exhibere famulatum, et in ea vocatione qua, sancto afflante spiritu, vocati fuerunt, firmiter consistere , tenore presentium, omnibus et singulis fratribus sub vicario generali conventuum reformatorum utriusque Lombardie constitutis, precipio, in virtute sancte obedientie et sub excommunicationis pena, quam, una pro trina canonica admonitione premissa, contra inobedientes perfero in his scriptis, quatenus nullus predictorum fratrum presumat se transferre ad conventus non reformatos et precipue ad conventum s. Dominici in Ianua. Quod si prelati dictorum conventuum non reformatorum huiusmodi fugitivos susceperint, ipso facto a suis officiis sint penitus absoluti. Eodem precepto districtius inhibens, ne quis frater sepedictorum conventuum reformatorum, se ad ecclesias curatas, sive etiam capellas, aut quecumque beneficia audeat transferre, cassans et irritans quascumque gratias per precessorem meum, sive quemcumque alium me inferiorem prelatum - I27 - talibus fratribus concessas, sive etiam per me vel alium imposte-rum concedendas, que ia contrarium huius inhibitionis/facere pos-sent. In quorum testimonium presentes literas scribi feci, et sigilli quo utor munimine roborari. Datum Senis, in capitulo generali, die xvim augusti, mcccclxii. II generalizio decreto avrà ritardato, o diminuito for-s’anco, il numero degli emigranti, ma non lo tolse davvero ; chè il sillabo c’ insegna come in ogni tempo il doloroso fatto si rinnovò, e in personaggi, che, anche passati per vario motivo alla provincia lombarda, vi fecero un’eccellente riuscita. Citerò il solo esempio, avvenuto sotto gli occhi del Maglio, del p. Gabriele De-Franchi-Luxardo, divenuto indi a poco vescovo d’Aiaccio. Meglio -ancora addimostra il fiero carattere di lui, e la niuna accettazione di persona che nel suo operare riponeva, quello che fece al già confratello Gerolamo Panissari. Il 21 maggio 1459 egli era stato elevato alla sede di Caffa, e recatosi a Roma, n’avea ricevuto l’episcopale consacrazione. Ritornato a Genova, gli accadde una non grata sorpresa. Bramava continuare la dimora co’ suoi frati a Castello, ma questi, ad insinuazione del p. Vincenzo, non gliela permisero. Non già, che la persona di lui tornasse men cara, essendo stato tant’ anni loro duce e maestro, ma senza fallo, a motivo delle troppo spesse visite che ricevea. Quell’ andirivieni di messaggi col banco di s. Giorgio, e il concorso continuo dei principali signori della città per favellare con lui, 0 trattare negozi privati 0 pubblici delle colonie del mar Nero, turbare dovevano la quiete e il profondo silenzio a que’ di scrupolosamente osservato nel cenobio. Laonde ricorsero nientemeno che al papa per ottenere lo sgombero del Panissari dal chiostro, — 128 — -3* ricevendone grazioso rescritto in forma di breve, diretto appunto allo stesso priore, in data n settembre 1462 (1). Si sottomise il savio prelato al pontifìcio volere , né perciò tenne il broncio a quei religiosi, convinto del buono spirito, ond’erano animati, e conoscendo da lunga pezza le virtù del p. Vincenzo. Sul principio dell’ anno 1463 il priore Maglio infermò, e il 12 gennaio il suo stato ritenevàsi già grave. Il perché dovutasi mutare la procura, il 23 gennaio 1458 data a Giovanni Voltaggio, la quale pare non abbia avuto effetto, nominossi Lazzaro Lercari q. Galeazzo ; e in quel-1’ istrumento comparisce vicario di Castello il p. Agostino dei conti di Ventimiglia. Come tale, commette al nuovo procuratore, Lazzaro Lercari, di zelare la riscossione del legato fatto ai padri, presso gli eredi in Cipro del dottore Tommaso Bibi. (N. 39) (12 'gennaio 1463) In nomine Domini amen. Venerabilis dominus, frater Augustinus de Vintimilio, vicarius monasterii S. M. de Castello, de Ianua, Ordinis predicatorum de observantia, locum tenens venerabilis domini fr. Vincentii de Finario, prioris dicti monasterii, gravicer infirmantis, in presentia etc. omnium fratrum professorum dicti monasterii, quorum hec sunt nomina: fr. Bartholomeus de Finario, fr. Andreas de Terdona, fr. Abundius de Orzate, fr. Dominicus de Monleone, fr. Thomas Imperialis, fr. Petrus de Sicilia, fr. Baptista de Finario, fr. Hugo de Lotharingia, fr. Barnabas Gentilis, fr. Antonius de Petra, fr. Florianus de Brixia, fr. Theramus de Micono, fr. Dominicus de Tabia, fr. Gabriel de Francis Luxardus, fr. Benedictus de Goano, fr. Bernardus de Francis de Burgaro, fr. Dominicus de Terrili, fr. Ioannes de Marinis, fr. Gregorius (1) Codice diplomatico delle colonie ecc. Voi. VI degli Atti della Società, a pag. 711. — 129 — Gentilis, fr. Nicolaus de Pisis, fr. Barnabas Aimari, fr. Ioannes Salvaigus et fr. Hieronymus de Finario. Et dicti fratres in presentia etc., fecerunt etc. suum procuratorem etc. Lazarum Lercarium q. Galeatii, civem Ianue, absentem etc. ad petendum etc. nomine dicti monasterii, in insula Cypri et alibi ubivis, a q. magistro Thoma Bibi, fixico, et in bonis et hereditate ipsius etc. come sopra a pag. 105. Actum Ianue, in monasterio predicto etc. anno etc. mcccclxiii indictione decima etc., die martis, duodecima ianuarii, presentibus Damiano lustiniano, q. Thome, luliano et Hieronymo Salvaigis, q. Raph., testibus ad hec vocatis et rogatis. Petrus Iacobus de Canicia, q. Frane, notarius. Allo stesso scopo di promuovere il culto divino, taluni della famiglia Giustiniani, sempre ben affetta ai nostri, nel vivente del priore Maglio instituirono nuove ìcappel-lanie in chiesa di Castello. Ne die’ Y esempio il nobile Giovanni Giustiniani-Campi il i.° dicembre 1462, fondando una cappellania all’altare suo gentilizio di s. Gerolamo, per la quale erogò lire genovine mille ducento, scritte su apposita colonna in s. Giorgio, il cui annuo provento doveasi dagli eredi passare ai frati, e non eseguendo il legato, li multava del doppio in benefizio dei poveri. Lo imitavano, il 10 gennaio 1463, Antonio e Giacomo fratelli Giustiniani, con stabilire nel banco stesso altra colonna di luoghi sette e mezzo, il cui frutto avesse a darsi ciascun anno alla cappella di s. Stefano, dalla pietà e munificenza d’amendue allora allora eretta nel tempio di Castello. Il 18 gennaio 1463 finiva la mortale sua carriera in attuale ufficio di priore il p. Vincenzo Maglio, con una invidiabile morte, che gli valse la pubblica venerazione qui in terra. Ebbe sepoltura, non ne dubito, nel comune Atti Soc. Lio. Sr. Patri*. Serie a.* Voi. XXI. io — 130 — deposito in chiesa, ma dell’ avere conservato memoria del luogo assegnatogli non trovo cenno nissuno nelle carte dell’ archivio ; sicché quanto a Castello rimane di lui, si restringe nell’appellativo di Beatus, preposto al suo nome nel sillabo qui sopra edito, e confermato dal Borzino nell’elenco dei priori, ove scrive: Habetur ut beatus. Ciò nondimeno che gli negò Genova, ottenne in patria. Il eh. Spotorno assevera aver veduto, con qualche maraviglia, i fedeli prestare culto pubblico all’imagine del b. Vincenzo nella parrocchiale di Orco, paesello suo nativo, presso Finale. Non avrebbe stupito, se fosse stata a sua notizia la venerazione che al loro compaesano tributano da quattro secoli quei borghigiani. Taceremo parecchie cose sul conto di lui, che ora nel prenderne comiato vogliamo riferire a servigio della storia. Narra il Taegio avere il p. Vincenzo, il di 7 maggio 1450, introdotto la riforma monastica nel convento di s. Anastasia a Verona, essendo allora vicario generale della Congregazione di Lombardia (1). Nel 1442, come priore di s. Domenico a Bologna, ricevè un breve da Eugenio IV, in data 4 aprile, in cui il papa l’invitava a spedir incontanente a Firenze quel numero di teologi e canonisti, tra i suoi frati, che gli significherebbe in apposito elenco il vicario generale p. Giacomo del Regno , affine di prestar il loro valido concorso nell’ adunatovi concilio. Nicolò V eziandio, il 29 marzo 1451, gli diresse un rescritto, autorizzandolo a richiamare nei conventi di propria giurisdizione i religiosi tutti dimoranti fuori chiostro, a servizio di chiese parrocchiali o di dignitari anche ecclesiastici, come allora ne correva l’uso. (x) Chron. maius, a pag. 358. - I3I - Lo stesso pontefice, acciò per l’accaduta morte del capo dell’ Ordine, Guido Fiammochetti, il p. Vincenzo non dovesse scadere da vicario della suddetta Congregazione, con altro breve del i.° dicembre 1451, gli ordinò di continuare nella carica fino alla nomina e susseguente conferma del nuovo eligendo, che fu il p. Marziale Auri-belli. Un biennio dopo, il papa medesimo, sul timore che nei comizi generali alcun che s’innovasse di contrario, o anche solo ritardativo alla ben avviata riforma, lo mandava a quel capitolo, celebrato a Nantes in Brettagna , latore d’ un suo comando che nulla vi si proponesse o decretasse in pregiudizio della stessa; ove, del Maglio parlando, questa lode gli tributa Nicolò: qui de religione et prudentia multum commendatur (1). Abbiamo veduto poi in che stima l’avesse il successore loro Pio II, incaricandolo delle due commissioni pocanzi riferite. Di qui si scorge la fama grande in che era salito appo la romana curia, e altrettanta sarà stata la benevolenza e la gratitudine professatagli dai suoi correligiosi e dai maggiorenti dell’ Ordine, 1463 — 1465. P. LUCA da MILANO Colla morte del beato padre Vincenzo Maglio vacarono i due uffici, di priore a Castello e di vicario sostituto pei quattro conventi liguri riformati. Il secondo venne tosto conferito al p. Antonio De-Albertis di Finale, cui sappiamo (i) Trovatisi questi diplomi nel Bullar. Ord. Prtied., Tomo III. a pag. 150, 287, 305 e 316, e sono in parte citati dal Taegio nell’opera sua. — Ij2 — dal sillabo avere, in virtù di tale carica, dato 1’ abito religioso, il 5 aprile 1463, al laico Giacomo da Trino, e dal 3 marzo al 26 ottobre dell’anno dopo a quattro altri novizi, tra i quali va distinto il santo converso fra Matteo. Alla testa della comunità rimase il p. Agostino di Ventimiglia, come vicario locale. Egli, nel modo che già ricevuto aveva all’ Ordine il giovanetto Piccaluga la vigilia del decesso del prelodato Maglio, cosi continuò ad accettare più altri novizi durante il suo vicariato, il quale si protrasse d’ un quadrimestre incirca. Infatti al 30 luglio 1463 soltanto risale la prima sicura notizia della presenza a Castello del nuovo priore, p. Luca da Milano; e ce la fornisce il sillabo, dicendo che vesti in quel giorno Pietro Campanaro, e altri poi nei successivi mesi di ottobre e novembre, e due ancora il 10 e 24 maggio 1465, ma assai più di lui ne accolse il vicario sostituto, p. Antonio da Finale, suddetto (1). Anche pel prevosto Melchiorre Fattinanti giunse 1 ora del dover partire da questo mondo, e fu il di 30 giugno 1463, un ventennio circa dalla soppressione della sua collegiata. Senza porre tempo in mezzo, il p. Agostino, nella doppia sua qualità di sindaco e vicario prio-rale, alla presenza di testimoni e notaio, colle forme dalla legge prescritte, procedé lo stesso giorno ad entrare in tenuta della prebenda, prevostura, canonicato, pensioni e diritti d’ ogni sorta appartenenti al Fattinanti, i quali, in virtù delle bolle pontificie, cadevano in potere dei frati di Castello (2). Gli atti che vennero dietro a questo, sono tutti in materia economica, e riguardano affari (1) Syll, a pag. 32, n.° 54 e seguenti. (2) L'antica Collegiata, a pag. 288. - 133 - temporali. Addì 12 ottobre 1463 il p. Filippo Italiano, succeduto per diritto ereditario nei beni e proprietà della defunta sua madre Maria, quale unico figlio, n’andava al possesso con l'annuenza del priore e dei padri, e se ne redigeva l’istrumento, con la nomina di due religiosi in procuratori, per effettuarne l’acquisto. (N. 40) (/2 ottobn 1463) In nomine Domini amen. Convocati et capitulariter congregati etc. infrascripti venerabiles fratres etc., quorum nomina sunt hec : venerabilis dominus, frater Lucas de Mediolano, prior, fr. Bartholomeus de Finario, fr. Andreas de Terdona, fr. Hieronymus de lanua, fr. Abundius de Olzate, fr. Thomas Imperialis, fr. Philippus de Savona, fr. Hugo de Lotharingia, fr. Gregorius de lanua, {r. Bernardinus de Franchis, fr. Benedictus de Guano, fr. Barnabas Aimari, fr. Nicolaus de Pisis, fr. Bonifacius de lanua et fr. Philippus Italianus : Scientes et certam notitiam habentes Mariam, filiam q. (manca), et uxorem q. Lucheti Italiani, q. And., decessisse ab intestato, nullis relictis ex se liberis seu descendentibus; ex quo hereditas dicte q. Marie de iure spectat et pertinet ipsis dominis fratribus et capitulo dicti monasterii, ex persona fr. Philippi Italiani, professi dicti monasterii, unici filii legitimi et naturalis dicte q. Marie etc., ideo prefati venerabiles domini fratres etc. apprehendi-derunt dictam hereditatem in solidum etc. Insuper scientes prefati domini fratres se se constituisse eorum et dicti monasterii certos sindicos et procuratores Bartholomeum de Luxoro et Philippum de Cassana etc., fecerunt etc. eorum et dicti capituli sindicos et procuratores dictos Bartholomeum et Philippum, ad habendum etc. quecumque bona dicte hereditatis, et omne id et totum et quantum ipsi domini constituentes petere et requirere possunt etc. Actum Ianue, in dicto monasterio, in loco capitulari eiusdem, anno etc. mcccclxiii, indictione undecima etc., die mercurii, xn octo-bris, in tertiis. Testes Hieronymus de Franchis, q. Petri, et Dominicus de Maiolo, notarius, cives Ianue, ad hec vocati et rogati. Ioannes de Brignolis, notarius. — 134 — Seguono tre altri rogiti notarili sopra locazioni di case, quali prossime quali lontane. Abitava nella confinante e spesso ricordata via di s. Croce un tale Lorenzo Ca-samiglia, calzolaio, a quanto pare abbastanza facoltoso. Comprò il 24 luglio 1462 la casa sopra memorata di Paolo Belviso, cui i padri ceduta l’avevano in dominio utile, sua vita durante e discendenti suoi, vincolandone tuttavia la espropriazione del fondo. E poiché era stato permesso al Belviso il poterla vendere con certe clausole, il Casa-miglia le accettò; e sborsate al Belviso lire 25 geno-vine, ne divenne padrone, previo consenso del convento. Limitrofi a questa stavano taluni vacui o spazii di terra, ingombri in parte di case rovinate o cadenti. Volle acquistare anche quelli il Casamiglia, per farne giardino od orto, e si convenne co’ frati, i quali, con patti minimi e alle due parti vantaggiosi, li cessero in enfiteusi perpetua al ricco operaio. Doveva pagare quattro libbre di candele alla sacrestia, ogni anno, ma le restrizioni sull’uso del suolo erano anche molte, e tutte segnate nel contratto del 5 novembre 1463. Da alcune particolarità del quale si ricava che la località allora abitata dai padri trovavasi affatto al mare, di là dell’ archivolto. Fra gli slabili costituenti la prebenda prepositurale, e goduta, sua vita durante, dal morto prevosto, contavansi una casa colonica, molte pezze di terra coltiva e boschi, situati in vai di Polcevera, e più precisamente alla Secca. Caduti a mano del sindico nostro, verificò che a vece di rendere 1 annuo frutto dovuto di lire 13 genovine, il Fattinanti dato avea il tutto per lire 10 a Bartolomea, moglie di Simone Gando, le quali neppur pagato avendo la donna, locazione e contratto cessavano di valere. Pur - T35 - compassionando (il clero fu sempre lo stesso in ogni tempo e luogo) allo stato miserevole del marito Simone, addi 27 febbraio 1465, il priore e i padri rinnovarono la locazione a Simone, e non più alla moglie, per lire tredici annue, c le medesime tèrre, casa e boschi gli concessero in affitto, di nove in nove anni, con enfiteusi perpetua a lui, suoi figli e discendenti legittimi, mediante condizioni non poche, inserite nell’istrumento; il quale oggidì acquista speciale importanza pei nomi dei luoghi ove giacevano quei poderi, e dei proprietari confinanti. (N. 41) (27 febbraio 1463) In nomine Domini amen. Venerabiles et religiosi viri, domini fratres etc. S. M. de Castello, Ianuen., Ordinis observantie s. Dominici, congregati etc., quorum nomina sunt hec: dominus frater Lucas de Mediolano, prior, fr. Augustinus de Vintimillio, supprior, fr. Bartholomeus de Finario, fr. Dominicus de Monleone, fr. Antonius de Petra, fr. Philippus de Saona, fr. Philippus de lanua, fr. Hugo de Lotharingia, (r. Gregorius de lanua, fr. Ambrosius de Saona, fr. Erasmus de lanua, fr. Dominicus de Tabia, fr. Benedictus de lanua, fr. Ioannes de lanua, fr. Paulus de lanua, fr. Barnabas de lanua, fr. Ioannes de Levanto, fr. Laurentius de lanua et fr. Vin-centius de Viglevano: Scientes ipsos fratres etc. habere domum et terras infrascriptas in villa Pulcifere siche, quas olim conducebat Bartholomea, uxor infrascripti Simonis de Cazali de Gando, cedisse in commissum propter cessationem canonis non soluti, et locationem alias factam dicte Bartholomee de dictis domo et terris per q. dominum Melchionem Fatinanti, tunc prepositum dicte ecclesie de Castello , pro annua pensione seu canone librarum decem ianuinorum non valere pluribus rationibus, maxime quia dicta ecclesia, seu dictum monasterium, consueverat habere annuum canonem seu censum librarum tredecim, et sic dicta locatio seu livellum, ut supra, factum dicte Bartholomee cedebat ad evidentem lesionem dicte — 136 — ecclesie seu monasterii, compatientes tamen Simoni, viro diete Bartholomee, omni modo, iure etc. locaverunt etc. dicto Simoni de Gando de Cazali de Pulcifera sicha, q. Thome, presenti et conducenti prò se et eius filiis et descendentibus etc., dictas et infrascriptas domum cum terris, sitam et sitas in dicta villa Pulcifere siche. Primo, petiam unam terre cum domo, site in loco ubi dicitur «Cazà», arboratam vitibus et aliis arboribus domesticis et silvestribus , cui coheret superius terra heredum q. Paschalis de Ihatiis, inferius terra Bartholomei de Gando, ab uno latere terra heredum q. Cadini, et ab alio latere terra dicti Simonis in parte, et in parte terra heredum dicti Paschalis de Ihatiis. Item aliam petiam terre, site loco ubi dicitur « Manomera », arboratam castaneis, cui coheret superius terra heredum dicti q. Paschalis de Ihatiis. Item aliam petiam terre castaneate, loco ubi dicitur « la Vallaa », cui coherent ab una parte heredes q. Paschalis de Ihatiis, et ab alia parte terra Simonis de Cazali. Item aliam petiam terre castaneate, loco ubi dicitur « Vignoo », que ascendit a fossato usque ad costam , cui coherent ab una parte heredes q. Paschalis de Ihatiis, et ab alia terra Simonis de Cazali. Item aliud nemus silvestre, loco ubi dicitur « Cu de louo », cui coheret ab omnibus partibus terra Antonii de Plaxio. Item aliud nemus silvestre, loco ubi dicitur « Saxum », cui coheret ab una parte Bartholomeus de Gando sive de Comoto, et ab alia parte heredes q. Paschalis de Ihatiis. Item aliud nemus silvestre, loco ubi dicitur « Pedeghinsoin », cui coheret ab una parte Baptista de Pedemonte. Item aliud nemus silvestre, ubi dicitur « la Crovera;;, cui coheret ab una parte terra Baptiste de Crovaria, ab alia parte fossatum, et ab alia parte terra ecclesie s. Marie de Izo. Item petiam unam terre castaneate et in parte boschive, sitam ubi dicitur «Tauzii», cui coheret ab omnibus partibus terra Stephani de Valle, et si qui sunt alii veriores confines: Ad habendum etc. a die prima ianuarii proxime preteriti usque ad annos novem proxime tunc secuturos etc., pro annua pensione, canone seu censu librarum tredecim ianuinorum, in fine cuiuslibet anni solvendarum etc. Quas terras et domum dicti domini fratres promiserunt dicto Simoni et eius filiis etc. dimittere etc., censum non augere etc. Versa vice dictus Simon, presens et acceptans predicta, sponte - 137 — promisit et convenit etc. dictas terras cum domo ab eis in perpetuum conducere, et in fine cuiuslibet anni eis solvere dictas libras tredecim ianuinorum, ipsasque manutenere bene laboratas, secundum morem boni massarii. Acto tamen pacto expresso inter duas partes, solemni stipulatione vallato etc., quod si dictus Simon vel dicti eius filii etc. cessaverint per biennium a solutione dicti canonis seu census, cadant a beneficio presentis locationis, et dicte terre cum domo sint effecte libere dicti monasterii. Acto etiam, ut supra, quod si dictus Simon vel dicti eius filii etc. ius presentis locationis vendere seu alienare voluerit seu voluerint, teneantur notitiam facere prefatis dominis fratribus, qui possint dictum ius habere pro minori pretio solidorum viginti quam ab alio vero emptore etc. Que omnia et singula etc. Sub pena dupli etc. Actum Ianue, videlicet in loco capitulari etc. come sopra, anno mcccclxv, indictione duodecima etc., die mercurii, xxvn februarii, in vesperis. Testes Nicolaus de Lacuscuro, prenominatus Parrisola, de Riparolio, bambaxarius, q. Iacobi, et Guillelmus de Valle de Pul-cifera sicca, q. Io., ad hec vocati et rogati. Ioannes de Brignolis, Francisci, notarius. * Avrà osservato il mio lettore, come per le liti e gli atti giudiziarii in cui si videro involti i nostri, nanti i tribunali e le secolari podestà, si valessero ora di persone secolari, ora, e più spesso, di religiosi confratelli. Sappiamo poi che a quei tempi correva un divieto proibitivo, in regola generale, ai frati di servirsi d’avvocati e procuratori laici a difesa loro, e solo per privilegio se n accordava il diritto a talune. Io trovo infatti una nota nel Manuale del sindaco p. Agostino di Venti miglia, che non voglio passare sotto silenzio, e dice : « Nota quod anno Domini 1464, die 6 novembris, ut constat in actibus d. Ambrosii de Senarega cangiarti, per dominos antianos concessum fuit quod in causis et questionibus, tam motis quam movendis, per fratres Sancte Marie de Castello, et contra eos ct eorum — 138 — procuratores, procedi possit secundum formam capitulorum Ianue ; quodque ipsi fratres in eorum procuratores, laicos eligere possint, et quod pro iam electis opponi non possit (1) ». Al morto prevosto Fattinanti parve voler sottentrare il canonico Antonio Moltedo, nel turbare i sonni che già facevano tranquilli i frati di Castello. Che cosa veramente pretendesse non è chiarito nelle carte ; e apprendo così in genere, che dava loro molestia circa i redditi e beni, di cui facevano uso pella riparazione della chiesa e casa, e intorno ad oggetti sacri. Così s’esprime la bolla da Paolo IV, ad istanza dei querelanti, priore e padri del convento, spedita, sotto il giorno 15 marzo 1465, all’abate di s. Stefano e al priore di s. Benigno in Genova, affine di giudicare e decidere la controversia (2). Quanto a storia conventuale, un solo atto ci somministra del p. Luca il libro dei consigli, durante il suo governo, ma é caratteristico. Sotto i precedenti priori invalso era il costume d’invitare a modesto convito in refettorio coi frati, in talune festività dell’ anno, alcuni pochi signori, amici 0 benefattori, per segno di gratitudine, e a crescerne il mutuo affetto. Or bene, 0 fosse per spirito di più esatta osservanza del silenzio, o per un diverbio a que’ giorni accaduto, 0 per altro qualsivoglia motivo, il p. Luca, adunato il consiglio del convento addì 13 dicembre 1464, pose il partito e tenne fermo a dimostrare la convenienza di smettere la pratica. Tutti gli undici padri intervenuti, d’ unanime consenso approvata la sentenza, anche la sottoscrissero, adottandola siccome regola fìssa per l’avvenire. (1) A (ol. xlix. Sarà stata una conferma del decreto del 23 agosto 1454, sopra riferito a pag. 103, nel documento n.° 26. (2) L'antica Collegiata, a pag. 28}. ~ J39 ~ Cosa che mi avvalora il sospetto d’ un qualche disordine in tale congiuntura occorso, ma che non impedì ai superiori successivi di ripigliarne l’uso. (N. 42) (ij dicembre 1464) MCCCCLxmi, die xiii decembris. Propositum fuit per venerabilem patrem, fr. Lucam de Mediolano, priorem conventus, coram omnibus sacerdotibus conventus, in loco sacristie, si convivia secularium in diversis solemnitatibus solita fieri in refectorio, deberent omnino resecari, et conclusum fuit per omnes unanimiter, nullo discrepante, quod sic; desiderantes avidissime quod perpetuis temporibus observetur. In cuius testimonium omnes propria manu hic infra, de hoc consensu, subscripserunt. Ego fr. Lucas de Mediolano, prior, convenientias fidenter cognovi, et firmiter assentio. Ego fr. Augustinus de Vintimillio, supprior dicti conventus, firmiter assentio. Ego fr. Bartholomeus de Finario firmiter assentio. Ego fr. Abundius de Cumis suprascriptis assentio. Ego fr. Dominicus de Monleone assentio. Ego fr. Thomas de Imperialibus predictis firmiter assentio. Ego fr. Philippus de Saona predictis firmiter assentio. Ego fr. Hugo de Lotharingia assentio. Ego fr. Barnabas Gentilis de Ianua assentio prefatis. Ego fr. Philippus de Ianua assentio prefatis. Ego fr. Antonius de Petra assentio prefatis. Ego fr. Gregorius de Gentilibus asseutio predictis (1). Nel novero dei giovani accettati all’abito nel 1464 dal vicario generale p. Antonio da Finale, andò distinto il nobile Domenico Spinola, sul quale ho promesso fornire ignoti particolari (2). Questi mi sono fatti conoscere dal eh. Belgrano, che li riferì in sunto nel Giornale Ligustico, e noi qui riporteremo, trattandosi di cosa che la storia nostra riguarda. Il padre di Domenico chiamossi Eliano, (1) Una nota in margine ha: 146% die x octobris. Hoc postea per aliquos priores non fuit servatum. (2) Syll. a pag. 35, n.° 65. — 140 — del ramo Spinola che prese l’appellativo di Luccoli, e tu personaggio lodatissimo per le ambascerie sostenute, e per la carità sua verso la patria, come si argomenta dalla statua a di lui onore eretta nel salone del banco di s. Giorgio. Ebbe due figli, Giorgio e il precitato Domenico, il quale, non più fanciullo imberbe, ma nel fiore della vita trovavasi, quando, insciente il genitore, si risolvè di abbandonare le agiatezze del secolo. L’ingresso di Domenico nel chiostro avea luogo il 12 ottobre 1464* e il 26 del successivo novembre Eliano, amareggiato per la supposta perdita del figlio, e tornatogli vano ogni sforzo di ricuperarlo, credè ottenere l’intento per altra guisa. Scrisse al cardinale di Pavia, Giacomo Ammannati dei Piccolo-mini, amico suo, e influente assai in corte romana sotto il regno di Paolo II, una lettera, in cui fra le altre cose dicevagli : « Se la vocazione del mio figlio é veramente da Dio, io né voglio né oserei oppormivi. Ma perchè osservo in esso di tali qualità, che nella religione abbracciata paionmi divenire oziose e inutili, ne rimetto il giudizio, e del negozio incarico la signoria vostra, che ne abbia lingua col Santo Padre, e chiamato a Roma il giovane, dietro esame si decida ciò che di più grato a Dio e alla Chiesa proficuo parrà loro di sentenziare ». La risposta del cardinale, ripiglia qui il Belgrano , é un piccolo capolavoro di finezza e d’accorgimento ; dove con rara abilità egli seppe insinuare allo Spinola 1’ astuto mezzo di raggiungere lo scopo, senza compromettere il dovere di coscienza, per la soverchia brama di contentare 1’ amico. Ed il mezzo fu, di offrire al papa, amantissimo di cose d’arte, uno o più dei cimeli in tale materia posseduti da Eliano, anch’ egli a sua volta — 141 — appassionato cultore di greche opere a pennello, ad ago od in marmo, di cui, con raro gusto e'fine ingegno, avea fatto una ricca e svariata raccolta. Da questa lettera si rende eziandio manifesto, che due brevi emanò allora il pontefice, 1’ uno diretto al novizio Domenico, e l’altro al priore del convento, p. Luca da Milano, ordinando loro di recarsi a Roma, ove la vocazione del neofito sarebbe esaminata, e se riconosciuta effetto di giovanile leggerezza, i voti paterni ne rimarrebbero paghi. Così accadde in verità; poiché la decisione del papa riuscì a seconda dei desideri di Eliano, come ne dié l’annunzio alquanto dopo il cardinale predetto al genovese patrizio, congratulandosi con lui del ricupero del bene amato suo figlio ; e tocca eziandio d' un raro contrassegno di onore inviatogli da Paolo II, certo in corresponsione dei doni fatti al pontefice da Eliano, per renderlo inchinevole e propizio nella soluzione della causa (1). Io non voglio né debbo metter bocca sulla sentenza papale, e constato soltanto che della sorpresa 0 dispetto, avutone dai nostri, traspira una rima dalle parole del sillabo, ove leggesi: Hic, papa Paulo volente, exivit, contra suam voluntatem, post annum. E gli fanno eco i due altri cronisti, Giovi e Bottaro, scrivendo: Iu-bente Paulo II invitus post annum exutus. Sposò in seguito la nobil dama Teodorina di Leonardo Lomellini, che lo rese padre di Giovanni, il cui figlio Stefano dappoi nel 1522 ospitò Adriano VI, in viaggio dalla Spagna a Roma, ove recavasi a pigliar possesso della tiara. Svelto così a malincuore il buon Domenico dal convento, conservò un (1) Giornale Ligustico ecc. Anno XIII, a pag. 214 e seg. — 142 — inalterato affetto ai suoi antichi confratelli per tutta la vita, e seppe anche infondere gli stessi sensi d’ amicizia nella sua moglie, sì che ne diventarono i mecenati e munifici benefattori. Venuto quindi a morte, volle essere sepolto, coll’abito domenicano, nel deposito comune dei frati, e la vedova, anni dopo, costrusse la ricca cappella d’Ognissanti in chiesa nostra. 1465 — 1467 B. ANTONIO DE-ALBERTIS, vi FINALE, 3.“ volta. Come in primavera del 1463 il p. Luca da Milano dato avea principio al suo esercizio priorale, cosi nella stagione stessa del 1465 lo dovè terminare. Giuliano Polcevera è già dubbio se da lui ricevesse l’abito il 24 maggio 1465, essendo contrarie le versioni dei cronisti (1). I due novizi vestiti dopo, l’ebbero per le mani del sottopriore p. Agostino di Ventimiglia. Chi primo fra tutti in questo terzo suo priorato fu dal p. Antonio ammesso alla probazione, è stato Bartolomeo Luxoro, addì 21 marzo 1466, e l’imitarono molti altri in appresso. Non ne segue che il De-Albertis in quest’ anno soltanto cominciasse il suo governo, ma avendo, come pare, ritenuto la carica di vicario sostituto, lungo tempo egli dovè spendere altrove in affari d’ ufficio. Una nota inserita nel Manuale del p. Agostino, e già edita nel sillabo (2), ne assicura che il 17 giugno 1465 il p. Antonio di certo occupava in (1) Syll. a pag. 40, n.° 69. (2) A pag. 4, n.» 2. - r43 - convento nostro la dignità di priore, cui venne assunto, io credo, appena scaduto da vicario generale della Congregazione, come si vedrà fra breve. A questo punto ci vengono meno le carte : l’archivio divien muto, e il registro degli istrumenti, così copioso finora, nissuno ne produce avvenuto sotto la costui reggenza. Dovremo attribuirlo ad un periodo di calma, o a non curanza dei nostri vecchi? In tanta deficienza, prezioso addiviene un atto che troviamo riportato, ed é 1’ unico riguardante il presente biennio, nel libro dei consigli, in data 3 novembre 1466. Con esso si volle dare un successore al p. Agostino, nell’azienda delle cose finanziarie del convento, e il soggetto designato fu il p. Francesco da Genova, che sembra non dover essere altri che il p. Canessa, morto poi in concetto di santo a Savona, il solo vivente a quei giorni con tal nome. Vi si elessero ancora i depositari del danaro comune, e n’ uscivano scelti lo stesso priore, il p. Bartolomeo da Finale, ed il già sindaco p. Agostino di Ventimiglia. 1 (N. 43) (j novembre 1466) 1466 die in novembris. Propositum fuit per fratrem Antonium de Finario, priorem, coram patribus conventus, utrum deberet institui unus procurator, qui iuxta formam superius traditam a rev.mo magistro Ordinis, ac etiam per magistrum Humbertiun in Ordinario, habeat preesse temporalibus conventus , scilicet recipere et expendere que intrant et exeunt, et de omnibus computum tenere que reponuntur et expenduntur in conventu : et unanimiter conclusum fuit quod sic, et quod, pro presenti, istud ministerium committeretur fratri Francisco de Ianua. Item, eodem die, per dictum priorem et patres conclusum fuit quod, iuxta ordinationem supradicti magistri Ordinis, — 144 — fiant in conventu tres depositarii, qui claves et curam depositi habeant, in quo deponantur tam pecunie conventus, quam deposita quarumcumque aliarum personarum, ita quod apud supradictum procuratorem non sint pecunie ultra summam decem ducatorum, nec etiam apud quemcumque fratrem particularem aliqua deposita conserventur , sed in dicto deposito, sub dictis depositariis, iuxta dictam formam superius positam, deponantur et extrahantur. Depositarii autem deputati sunt : prior , fr. Bartholomeus de Finario et fr. Augustinus de Vintimilio. Ego fr. Antonius de Finario premissis interfui et consensi. Ego fr. Aloysius de Brixia, supprior conventus, premissis etc. Ego fr. Bartholomeus de Finario premissis interfui etc. Ego fr. Petrus de Saona premissis etc. Ego fr. Thomas de Ianua premissis etc. Dopo il 27 febbraio 1468, in cui accettava all abito tre chierici, e fors’anche il 7 marzo, nel qual giorno ammetteva il converso Raffaele di Chiavari (1), il p- Antonio si ecclissa da Castello, né trovo più memoria di lui nelle carte nostre. È allora per avventura che andò priore al convento di Bologna, o che diede opera efficace alla fondazione dell’altro di S. Maria delle Grazie a Milano, come scrivono alcuni. L’ anno di sua morte, cui in un mio precedente lavoro fissavo approssimativo al 1470, vuol essere differito d’ alcun poco , giacché la sorte mi favori di rinvenire nell’ archivio governativo di Genova un atto , col quale il nostro padre il i.° luglio 1471 è ufficiato a recarsi in persona a riformare il convento domenicano di Bonifacio in Corsica. Ne verrà il discorso sotto quell’ anno. Se poi morisse a Bonifacio 0 altrove noi so dire ; questo ci consta sicuro che nella patria sua di Finale egli ottenne culto, e vi si (1) Syll. a pag. 43-44, n.1 80-83. - *45 - conservò inalterato attraverso i quattro secoli già scorsi dalla sua morte, e noi medesimi in quel convento, oggi soppresso, vedemmo un quadro antico, su cui era dipinta la sua imagine coi raggi al capo, assieme a quella di tre altri beati, che ivi stesso ebbero i natali, cioè Damiano Folcheri, da anni già innalzato all’ onore degli altari, Vincenzo Maglio sovra lodato, e un Giacomo converso, di cui deploriamo perdute le memorie. Sono essi i fari luminosi e le glorie di quella casa domenicana, che eretta nel 1359, doveva, dopo cinque secoli, tramutarsi, sotto gli occhi nostri, in un bagno penale! 1467 — 1469 P. TOMMASO REGINA, di SAVONA. È incerto il tempo in cui al p. Antonio successe nel priorato il p. Tommaso di Savona. Stette in uffizio un solo anno secondo i cronisti, ma io non ne vedo il perchè, e mi sembra che abbia potuto molto bene tener dietro al Finalese, consumando il suo biennio. Il sillabo ce lo addita accogliere due novizi addì 24 dicembre 1468, e un terzo pure avanti quel giorno, ma non segna il mese; posteriormente parecchi ancora ne vestì sino quasi a mezz’ anno 1469 (1). Il 6 agosto era già priore il p. Barnaba Gentile: dunque il Regina scadde poco dopo il 12 luglio, giorno in cui fu da lui e dai padri stipulato un importante contratto col canonico Antonio Moltedo, di cui verremo tosto a parlare. (1) Syìl. a png. 44-47, n1. 84-94. Atti Soc. Lig. St. Patria. Voi. XXI. 11 — 146 — Devo tuttavia dare la precedenza a un documento di rilievo maggiore, il quale riguarda un fatto avvenuto sui primordi del priorato suo. È la convenzione passata fra il p. Agostino di Ventimiglia e il maestro Giuliano Bissone, per l’imbianchimento murale della chiesa, da capo a fondo. Dovea il Bissoni rinfrescare, e all’uopo anche rifare a nuovo, le vòlte delle due navate laterali (non si accenna alla media), tutte poi dipingere a liste bianco-nere, compresi i due grossi pilastri in testa del tempio, e le colonne in nero soltanto, le due finestre prospicienti la città ridurre a minore larghezza e a lunghezza maggiore, e l’occhio di mezzo cingere di mattonelle ferrigne. Tutto codesto non picciolo lavoro, attesa la sufficiente vastità della chiesa, avea a consegnarsi compito alle calende d’agosto, correndo allora il di 24 maggio. Due mesi e poco più di tempo! Il prezzo convenuto era di lire 125 genovine (1). Questo ristauro, a cosi chiamarlo per antitesi, ebbe egli effetto? Pur troppo che si, e segna uno dei tanti deturpamenti, subiti dal nostro tempio lungo i passati secoli. Non è da farne colpa ai frati che 1’ ordinarono ; ma la cosa parrà tanto più strana, quando si pensi alle felici condizioni nelle quali si trovavano allora le arti belle fra noi, illustrate pure a Castello con opere di eccellenti maestri. (N. 44) (24 maggio 1468) 1468 die 24 radi. Conventiones facte inter ine fratrem Augustinum et magistrum Iulianum Bissonum, muratorem, super dealbationem ecclesie nostre, ut infra. Dictus magister Iulianus promisit michi tratri Augustino reficere seu reparare, vel aptare voltas aliarum ecclesie hinc et (1) Avvertiamo il lettore, una volta per tutte, che la lira genovina durante il xv secolo, corrispondeva presso a poco a 33 delle attuali lire nostre italiane. - i47 - inde, et eas bene et competenter infiascare ct dealbare, cum totis parietibus sive inuris, circumquaque, dicte ecclesie, nec non et arcos totius ecclesie depingere de albo et nigro, cum capitellis collonnarum, et dictas colionnas in colore nigro, depingere, includendo in dicto laborerio colionnas seu pilastros grossos, unum ante capellam s. Erasmi et aliud ante capellam s. loannis Baptiste, et hos item depingere in colore albo et nigro. Insuper in dicto laborerio includendo duas fenestras que respiciunt versus civitatem, videlicet super cimiterium , reducendo eas ad maiorem longitudinem et ad minorem latitud nein in arbitrio meo et iudicio, et breviter in his pactis totum corpus ecclesie ab illis capellis s. Erasmi et s. loannis exclusive, includendo nichilominus, ut dictum est, colionnas illas magnas seu pilastros depictos ut supra, omnibus suis sumptibus et expensis , ita et taliter quod fratres nil ponere habeant, aut se intromittere de dicto laborerio, pretio sive pro pretio librarum cxxv monete currentis. Et dictum totum laborerium promisit perficere, in omnibus suis partibus, in calendis augusti proxime futuri. Item includendo in dicto laborerio oculum, qui respicit versus cimiterium, de palmis xv, circumquaque laboratum de ferriolis, et dealbatum intus et extra, et depictam de nigro et albo, sub pretio predicto de libris cxxv. L’ Antonio Moltedo sopra citato era 1’unico canonico della soppressa collegiata, ancora vivente, e come tale inceppava i religiosi nostri nella vendita che bramavano fare dei restanti beni immobili appartenuti a quella, ed a proseguire la fabbrica del convento, che procedeva lenta per mancanza di mezzi. Un bel pensiero s’affacciò allora ad una delle parti; il Moltedo cederebbe i suoi diritti e i proventi della prebenda ond’ era investito, a patto che i frati vendessero ad una persona di sua fiducia i beni, case e ville, già formanti il peculio della massa comune dei canonici, comprese le terre da cui il Moltedo traeva i frutti di sua prebenda. Mediante questa opera- — 148 — zione i padri, in breve numero d’anni, introitando il ST?-’ fÌOtre^^ero c^ar mano sollecita al compimento e e ^010J e rimanere anche sciolti dalla noiosa azien a dei fitti delle terre e case, locate spesso a mo-°si e infedeli conduttori, ed il canonico dal canto suo intenderebbe coi novelli pigionali. Piacque la proposta ai nostri e la persona eziandio offertasi aH’acqnisto, a la fin fine era un nipote od altro stretto congiunto e canonico, a nome Battista Moltedo, q. Giovanni. °n lui adunque stipulossi il contratto di vendita delle possessioni tutte costituenti la massa comune predetta, e. a Prenda del canonico, al prezzo di 800 lire geno-'ine, un bel valsente, a pagarsi in quattro rate e altrettanti anni prossimi. Figura principale in quest'atto il priore Tommaso Regina, ed é la sola carta del domestico archivio, la quale dia contezza di lui in carica; e stessa ne risulta anche più preziosa dal lato che assira, come nel 1463 jn aprile teneva la dignità di vi- 0 generale della Congregazione di Lombardia il p. An- 10 e Albertis, e del 1468 il p. Girolamo dei signori umo le cui lettere, permissive di vendita, son ri-P te ne documento in parola, ed é come segue. (N. 4 ;) (12 luglio 1469) terVd0otLDOFnÌ ame”- C™ fe'- record- ss- in Christ0 Pa' causis nre,,o ’ U8en'US Pi'r‘1 qu'1rtas ’ ex certis rationabilibus s. m/l cas,:,™ ::r: ^ - ««*■*** et prefatam ecclesiam etc in'do C‘,peilamas etc* Penitus exringui, predicatorum etc. erigi meaverit”!'0n™DtMlcm °f™ prepositura 1 c. nmnii, etiam quod postmodum ceJuTt U ^ r°"'“IibUS ac A*»*- de- prepositi, canonicorum etc etc., unico tantum, videlicet - i49 - rev. domino Antonio de Multedo, sedis apostolice protonotario, ipsius ecclesie canonico prebendato, adhuc superstite dumtaxat, prior et fratres in dicta erecta domo tum degentes, bonorum possessionem etc. auctoritate propria libere apprehenderint etc., exceptis dumtaxat fructibus, redditibus et proventibus canonicatus et prebende , quos dictus dominus Antonius de Multedo, unicus dicte ecclesie superstites canonicus, nec non et communis acervi ipsius ecclesie, quos dictus dominus Antonius in vita sua et quandiu vixerit percipit et percipere debet de iure, et subsequenter ipsi domini prior et fratres domos, terras et alia immobilia bona prepositure, canonicatuum et capellaniarum vacantium huiusmodi vendiderint, de suorum superiorum licentia, ipsorumque bonorum pretia et processus in usum et utilitatem ipsorum, ac fabricam et constructionem dicte domus converterint, iuxta formam et tenorem predictarum literarum apostolicarum : Sit etiam quod nonnulla terratica et possessiones ac immobilia bona, tam ad communem acervum predictum, quam ad prebendam dicti domini Antonii, ratione directi dominii pertinentia , quorum fructus, redditus et proventus dictus dominus Antonius, unicus canonicus ad eius vitam percipit ut prefertur, in civitatis suburbiis et diecesi ianuensi consistant; qui si alicui persone predicto domino Antonio de Multedo grate et accepte, iusto et equo pretio, iure proprio, venderentur per dictos dominos priorem et fratres dicte domus, idem dominus Antonius canonicatui et prebende huiusmodi, quorum fructus et redditus ad vitam suam percipit, ut premissum etc., et ex quibus ipsi prior et fratres nihil percepturi sunt in vita ipsius domini Antonii, qui adhuc multos annos vivere posset verisimiliter, cum omnibus iuribus et pertinentiis suis, ad usum et in favorem dictorum fratrum ac conventus libere cederet : Hinc est quod venerabilis religiosus, dominus frater Thomas Regina de Saona, prior dicte domus seu monasterii S. M. de Castello , cum consensu et voluntate infrascriptorum religiosorum fratrum et conventus dicti monasterii : quorum qui interfuerunt nomina sunt hec: fr. Ambrosius de Saona, supprior, fr. Bartholomeus de Finario, fr. Augustinus de Vintimilio, fr. Bartholomeus de Cremorino, fr. Aloysius de Brixia, fr. Hugo de Lotharingia, — 150 — fr. Antonius de luno, fr. Barnabas Gentilis, fr. Dominicus de 1 errili , fr. Gregorius Gentilis , fr. Seraphinus Miconus , fr. Michael de Camiliano, fr. Iulianus de Pulcifera, fr. Bartholomeus de Luxoro, fr. Benedictus de Ceva, fr. Iulianus de Rimasorio, fr. Antonius de Tabia , fr. Vincentius de Castronovo et fr. Ioannes de Levanto: Et dicti fratres et conventus in presentia etc. dicti domini prioris, convocati et debite considerantes premissa omnia superius expressa vera fuisse et esse , ipsosque dominos priorem et fratres constructionem et fabricam domus sui monasterii huiusmodi commode perseverare et continuare, et ipsorum prioris et fratrum necessitatibus providere non posse nisi per venditionem supra et infra scriptorum dictorum rerraticorum et bonorum, tam dicti communis acervi, quam dicte prebende dicti domini Antonii ut supra vendende: Scientesque et cognoscentes sese ipsos dominos capitu-lariter congregatos, tam pro evidente ipsorum et dicte domus seu monasterii utilitate suadente., quam necessitate urgente, provida et matura deliberatione prehabita per tres tractatus per et intei eos celebratos, tractasse, et firmiter deliberasse fieri debere infrascriptam '•enditionem infrascriptorum terraticorum et bonorum communis acervi et prebende predictorum, infrascripto Baptiste de Multedo , pro pretio, ac sub modis, formis et conditionibus infrascriptis, et factam, in evidentem ipsorum fratrum monasterii utilitatem cedere et verisimiliter cessuram esse etc. : Ideo ipsi domini prior, fratres et conventus, habentes plenam et liberam licentiam et facultatem ab eorum superioribus vendendi et alienandi huiusmodi terratica, et de quibus licentiis constat duabus authenticis literis, una videlicet reverendi patris, domini fr. Antonii de Finaiio, conventuum in provinciis utriusque Lombardie reformatorum, eiusdem Ordinis fratrum predicatorum, vicarii generalis, data Ianue, die xvin mensis aprilis, mcccclxiii, sigillique officii sui vicariatus impressione munita, et altera reverendi domini fr. Hie-ronymi de Cunio, sac. theologie professoris, ac eiusdem Ordinis conventuum refoi matorum in provinciis utriusque Lombardie vicarii 0eneralis, data Ianue, die quarta ianuarii, mcccclxvih, sigillique sui o cii impressione munita, et quarum quidem literarum tenores erbo ad verbum successive sequuntur, et sunt tales: - i5i - « Ia Dei filio sibi venerabilibus et dilectissimis, presidenti qui nunc est et pro tempore fuerit, patribus ac fratribus conventus S. M. de Castello, Ianuen., Ordinis predicatorum , fr. Antonius de Finario, conventuum in provinciis utriusque Lombardie reformatorum, eiusdem Ordinis, vicarius generalis, salutem etc. Sicut mihi exposuistis, conventus vester prefatus multa edificiorum , librorum, tam circa ecclesiam quam domos, et tam circa chorum quam librariam, reparatione indiget, in diesque alie non pauce necessitates pro fratrum et aliarum causarum substentatione occurrunt, quibus omnibus providere non valetis, nisi per alienationem bonorum mobilium et immobilium dicti vestri conventus, et proinde a me instantius postulastis vobis licentiam dari, quatenus de ipsis bonis, semel et pluries, alienare possitis, secundum quod vobis fuerit opportunum pro subventione predictarum vestrarum necessitatum: Quocirca, vestra seriose intellecta petitione ac requisitione, que mihi honesta ac iusta visa est, presentium tenore, quantum possumus et mee est facultatis, do et concedo vobis ipsam licentiam, quatenus scilicet possitis vendere et alienare libere, secundum quod vobis fuerit necesse de ipsis bonis, vel ipsa bona mobilia et immobilia, pro subventione premissarum vestrarum necessitatum. In quorum fidem has fieri iussi, et sigilli officii mei impressione muniri. Datum Ianue, die 18 mensis aprilis, 1463. » Venerabilibus patribus conventus S. Marie de Castello, Ordinis predicatorum, Ianue, frater Hieronymus de Cunio, sac. theol. doctor, ac eiusdem Ordinis conventuum reformatorum in provinciis utriusque Lombardie, vicarius generalis, salutem et pacem etc. Sicut mihi exposuistis, conventus vester etc. tutto come sopra. Datum Ianue, die quarta ianuarii, 1468 ». Et volentes ipsi domini prior, fratres ct conventus ad huiusmodi venditionem faciendam devenire, et ea que mature ordinaverunt etc. ad effectum debitum perducere, sponte etc. vendiderunt, ac titulo et ex causa venditionis, dederunt etc. supradicto Baptiste de Multedo etc. infrascripta terratica, domos etc. ac immobilia bona, tam dicti communis acervi prefate olim collegiate ecclesie Beate Marie — 15 2 — de Castello , quam canonicatus et prebende dicti domini Antonii de Multedo, quos in dieta ecclesia obtinet, et quibus ad hunc filiera et effectum cessurus est, ut prefertur etc. Et que quidem terratica sunt hec: Et primo communis acervi predicti in contrata s. Spiritus, de Bisamne : Iacobus de Bracellis cancellarius, sive heredes eius, pro quadam domo cum terra et possessione vineata et arborata diversis arboribus, positis extra muros Ianue in contrata s Spiritus, cui coheret etc. et pro qua domo cum terra solvuntur et solvi debent annuatim , ratione dicti ferratici seu canonis, libre decem ianuinorum. Heredes q. Bernardi de Vallebellis, pro quadam domo cum viridario, posita in dicta contrata s. Spiritus, cui coheret etc., et pro qua solvuntur etc. libra una, solidi undecim et denarii sex Ianue. Thomas Patinanti , pro quadam domo cum viridario, posita in dicta contrata, cui coheret etc., et pro qua solvuntur etc. libra una et solidi sex Ianue. Baptistina Fatinanti, uxor q..., pro quadam domo cum viridario, posita in dicta contrata , cui coheret etc., et pro qua solvuntui libra una, solidi quatuor et denarii tres Ianue. Heredes q. Pasqualis sive Raphaelis de Casaregio , basterii, pro quadam domo cum viridario retro ipsam sito, posita in dicta contrata, cui coheret etc., et pro qua solvuntur libre tres ianuinorum. Petra, uxor q. domini magistri Marci Biblie, phisici, pro quadam domo cum viridario, posita in dicta contrata etc., cui coherent etc., et pro qua solvuntur libre quatuor ianuinorum. In Calignano. Heredes q. Bartholomei Basadonne , pro quadam domo cum viridario, posita Ianue in Calignano, cui coheret etc., et pro qua solvuntur etc. libre duo et denarii sex ianuinorum. In Castello. Daniel de Axereto, pro quadam domo posita Ianue, in lontrata dicte ecclesie S. M. de Castello, cui coheret etc., et pro qua solvuntur solidi quinque ianuinorum. In sancto Ambrosio. Antonius Pernixe de Rhodo, pro quadam domo posita Ianue in contrata s. Ambrosii, cui coheret etc., pro qua solvuntur etc. libre duo et solidi octo ianuinorum. De piebenda dicti domini Antonii de Multedo terratica sequuntur, ut infra: - 153 - In contrata predicta s. Spiritus. Benedictus Clavarinus, pro quadam terra et possessione vineata et arborata diversis arboribus, cum domo in ea supraposita, sita in dicta contrata s. Spiritus, de Bi-samne, cui coheret etc., pro qua solvuntur etc. libre decem et novem Ianue. In villa Quarti. Heredes q. Andree Bottarii, pro quadam terra et possessione vineata etc. cum domo terranea, in ea supra posita, sita in dicta villa Quarti, potestatie Bisamnis, loco ubi dicitur « Castello », cui coheret etc., pro qua solvuntur etc. libre septem ianuinorum. Et in qua quidem presenti conditione intelligatur inclusus locus dimidius scriptus in cartulario comperarum s. Georgii in compagna Castri, super prebendam dicti domini Antonii, sive ad ipsam prehendam pertinens, cum pagis et proventibus suis presentibus et futuris. Et hec omnia terratica et iura ac bona suprascripta pro pretio etc. librarum octingentarum ianuinorum, monete currentis, quas quidem libras octingentas dictus Baptista emptor promisit etc. dare et solvere realiter per terminos infrascriptos et in hunc modum ; videlicet libras ducentas presentialiter in pecunia numerata, ad liberam voluntatem et simplicem requisitionem dictorum dominorum prioris et fratrum etc., et reliquas libras sexcentas per tres annos et solutiones equales infrascriptas, videlicet libras ducentas hinc ad annum unum, proxime venturum , et successive libras ducentas quolibet anno usque ad integram solutionem etc. Renuntiantes etc. Acta sunt hec Ianue, in dicto monasterio B. Marie de Castello, videlicet in capitulo solito, in claustro inferiori dicti monasterii, sub anno etc. millesimo quadringentesimo sexagesimo nono, indictione prima etc., die vero mercurii, duodecima mensis iulii, in vesperis, presentibus venerabili viro domino Antonio Tarigo, archipresbytero ecclesie s. Siri de Strupa, et Baldassare de Rotulis, ferrario, q. Ant., cive et habitatore Ianue, testibus ad premissa vocatis etc. Andreas de Cario, notarius. La vendita sopra nunziata, vera ed effettiva da parte dei domenicani, si die' a conoscere meramente fittizia ed apparente compera dal lato di Battista Moltedo, giacché, — 154 — subito dopo, egli, con altra scrittura pubblica, cesse ogni cosa al canonico; e questi, sei giorni e non più dal trapasso anzidetto, locò in enfiteusi perpetua a Battista Valle uno ei tanti podeii acquistati in virtù della cessione fatta-» iene dal suo congiunto, vale a dire una casa con giardino, sita in via s. Spirito al Bisagno. Ricorderà il lettore la pratica nel 1460 iniziata, e poi ruscamente interrotta, circa l’acquisto della cappella rurale 1 s. Luca d Albaro. Sembra che a seguito del rifiuto ei padri nostri, quei villeggianti siansi provvisti d’ un sacerdote secolare, a nome Antonio Mainetto, che stette in funzione sino al 1468, ma conosciuto a prova che il solo suo servizio personale non bastava alle esigenze della numerosa colonia dei signori e loro famiglie, ivi di stanza nella state e nell autunno, il prete s’adagiò a rinunziare 1 posto ai medesimi frati di Castello. I quali sta volta, ° Per migliori condizioni offerte, o pel vivo bisogno un luogo di rifugio in tempo di peste , non solo lo accettarono, ma ricorsero anche a Paolo 1l, acciò unire vo-esse e incorporare la cappella di s. Luca al loro convento. . PaPa con sua bolla del 4 febbraio 1469 commise al cario arci\escovile di Genova il conoscere la verità • c esP°st0 > 1 accettazione di rinunzia del titolare , e ne autorità d annettere in perpetuo la chiesuola al cenobio (1). (1) Edita nel Bull. Ord. Praed. T. Ili, pag. 463 - 155 - 1469 — H70 P. BARNABA GENTILE, di GENOVA Il p. Barnaba Gentile é stato il primo tra i figli del convento, assunto all’ onore del priorato del medesimo, e abbastanza presto, se, com’egli stesso riferiscè nel suo sillabo, tolse l’abito domenicano il 20 gennaio 1456. Supponendolo entrato in religione ventenne d’età, sarebbe divenuto superiore disoli 33 anni, cosa poco probabile, massime a quei tempi : epperciò devesi credere si rendesse frate da sacerdote, 0 che almeno in breve tempo acquistasse fama sì grande di soda virtù ed esperimentata prudenza, da renderlo degno di succedere ai santi e valorosi uomini che lo avevano preceduto. Lo dicemmo dianzi che il 6 agosto 1469 trovavasi già in ufficio priorale, giacché vestì in quel giorno il novizio Ludovico Spinola, e due altri ancora nel successivo 1470 (1). Di carte che lo riguardino, l’archivio ce ne somministra una sola. E una procura per trattare i negozi temporali della casa nanti e fuori i tribunali; e gli eletti a quella bisogna sono il priore stesso, ed i padri Gregorio Gentile e Bartolomeo Luxoro. (N. 46) (18 agosto 1469) In nomine Domini amen. Venerabiles et religiosi viri, domini fratres monasterii S. Marie de Castello, Ianuen., Ordinis fratrum predicatorum etc., quorum nomina sunt hec: dominus, frater Barnabas Gentilis, prior, dominus, fr. Ambrosius de Saona, supprior, fr. Bartholomeus de Finario, fr. Bartholomeus de Cremorino, (1) Syll. a pag. 47-4«, n.1 95-97. — I)6 — fr. Lodixius de Brixia, fr. Hugo de Lotharingia, fr. Antonius de Ianua, fr. Philippus de Ianua, fr. Dominicus de Terrili, tr. Gregorius Gentilis, fr. Ioannes de Levanto, fr. Bartholomeus de Luxoro, fr. Nicolaus de Auria, fr. Iulianus de Pulcifera, fr. Ioannes de Rimazorio, fr. Matthias de Ponte, fr. Petrus de Ianua et fr. Benedictus de Ceva : omni modo, iure, via etc. fecerunt, constituerunt etc. suos et dicti monasterii nuncios, sindicos et procuratores etc. prefatos venerabiles fr. Barnabam Gentilem, tr. Grego-rium Gentilem et fr. Bartholomeum de Luxoro etc., ad omnia et singula negotia ipsorum et dicti monasterii in iudicio et extra agenda, tractanda et administranda, et ad habendum etc. etc. Actum Ianue, in loco capitulari dicti monasterii, anno etc. MCCccLxymi, indictione prima etc., die veneris, decima octava augusti, post vesperas. Testes Dominicus de Maiolo, notarius, Raphael Spinula, q. Hieron., ad hec vocati et rogati. Ioannes de Brignolis , notarius. Quattro mesi dopo, una nota inserita nel libro dei consigli ci fa sapere essere stati nominati a procuratori del convento due secolari, mcccclxviiij, die xm decembris. Hodie conventus constituit procuratores conventus , c sin dicos ad causas, Defendimini Blancum et Bartholomeum de Claviga. Notario Ioanne de Brignolis. Forse non s era fino allora potuto mettere in esecuzione il privilegio, a governo concesso ai nostri, di valersi di laici a sostenere i diritti e interessi loro dinnanzi le pubbliche autorità , giusta il narrato sopra, od i tre padri poc anzi eletti a quell’ uopo non erano stati ammessi in giudizio. Qui la bella figura del padre Barnaba ci vien meno, colla amara ricordanza della fortunosa sua caduta in mai e, già riferita nel sillabo. Avea salito una nave, che io ere o meglio fosse una barca, per diporto, e a motivo di capogiro - >S7 ~ incoltogli o di mal governo del legno, piombato nelle acque, vi perdé la vita, con immenso cordoglio dei confratelli suoi. Nissun catalogista accenna la disgraziata fine essergli occorsa durante il priorato; eppure il brusco interrompimento che, a questo punto, nelle nostre carte si verifica di sue notizie ce lo fece sospettare, quando la felice scoperta della procura fatta in testa di lui e di altro padre convivente a Castello, sotto il 12 novembre i486, dai padri di Taggia, ci rese sicuri che il p. Barnaba visse almeno fino allo scorcio di quell’ anno, e la caduta venne dopo (1). Se adunque interruppe, come sembra, il suo biennio di governo (2), e lungo tempo dimorò fuori Genova, ciò vuoisi attribuire a cariche sostenute in altre case della Congregazione. Non so lasciarlo senza attestargli un’ultima volta la mia gratitudine, per la felice idea di comporre il primo sillabo dei figli di Castello. Hl° — 147) P. PAOLO da PIACENZA Del piacentino p. Paolo inutilmente io m’adopravo a scoprirne il cognome, mentre mi consta esser stato un religioso di merito non comune, fornito di molta prudenza (1) Non cada in pensiero a taluno che l’atto del i486 possa riguardare il p. Barnaba Gentile, iuniore, perchè questi si fece religioso soltanto il 2 giugno 1496; come dal sillabo, a pag. 88, n. 192. (2) Sembra si, ma non è pienamente sicuro. Lo stesso Barnaba poi addi 20 novembre 1481 era di nuovo a Castello, e vi fungeva da sindaco, come apparisce dal documento n.° 54 riferito più innanzi a pag. 189. E nell’aprile 1485 di nuovo, come dirò a pag. 193. — 158 — e dottrina, tanto che cinque anni innanzi di venire priore a Castello, fu vicario generale della Congregazione di Lombardia. Lo ricavo dal Manuale del p. Agostino di Ventimiglia, ov’è detto che il dì 17 giugno 1465 copriva quella carica il p. Giacomo d’Aragona, e al 5 settembre susseguente n’era investito il nostro p. Paolo (1). Al grado priorale egli univa la dignità e il titolo di vicario sostituto per le gemine riviere, come il beato Vincenzo Maglio; e così viene appellato nel documento che tra breve citeremo. Governò tre anni circa la comunità: un doppio biennio, sebbene il secondo non compisse, per la nuova sua rielezione a vicario generale. Il primo giovine da lui ammesso in religione, ebbe la divisa il 27 luglio 1470, e l’ultimo ai 17 aprile 1473. Nel maggio stes-s anno altri due ne vestì il sottopriore in capo, p. Vincenzo Guastavino; ma il 9 ottobre 1473 già era insediato novello priore il p. Bartolomeo da Vigevano (2). Avvenimenti d’ una certa importanza ne accaddero parecchi al suo tempo. In ordine cronologico é primo, 1 adunanza generale tenuta in convento nostro, per affari riguardanti l’intieri Congregazione di Lombardia; ma lo scopo vero dell’assemblea mi é sconosciuto; forse é stato una dieta 0 capitolo. La storia di quella Congregazione, ricca a iosa di celebri uomini, é ancora da scriversi, l’archivio e il p. Borzino ne taciono appieno, e quanto so mel dice il sillabo, ove tocca di Battisti Ferrari, morto novizio tempore congregationis, que fuit celebrata in conventu S. M. de Castello, 1470 (3). (1) Syll, a pag. 4, n.° 2. (2) Ivi, a pag. 48-55, n.‘ 98-113. (3) Ivi, a pag. 45, n.» 87. - iS9 ~ Sul vertice del colle di Castello, e a brevissima distanza dal nostro cenobio, avevano le monache domenicane eretto un loro monastero, come n’é cenno sopra. Il triennio dal 1450 al 1452 corse in trattative e malintesi tra le fondatrici e l’arcivescovo di Genova, Giacomo Imperiale, e da sezzo una bolla di Nicolò V del 4 gennaio 1453 giungeva opportuna a confermare la diffinitiva composizione avvenuta (1). Da quel giorno il monastero crebbe e prosperò di bene in meglio; e poiché i padri di Castello n’aveano rifiutato la spirituale direzione, accettaronla gli altri del convento di s. Domenico. Nel 1470, le stesse monache, mosse da lodevole brama di più stretta osservanza, assecondate in ciò dai loro parenti, desiderarono una seconda volta essere governate dai nostri; e non esaudite forse nelle istanze da questi, col mezzo dei ridetti loro congiunti, sporto un caloroso ricorso al papa, n’ottennero il pontificio diploma, col quale, volenti 0 nolenti i padri, colloca sotto la dipendenza del priore prò tempore di Castello quel monastero, abitato sin d’allora da settanta religiose, colla prospettiva d'un prossimo aumento, pelle molte donzelle d’alto lignaggio, che agognavano assumervi il velo. (N. 47) (9 settembre 1470) Paulus episcopus etc. dilecto filio, vicario venerabilis fratris nostri archiepiscopi Ianuen., in spiritualibus generali, salutem etc. Apostolice sedis benignitas etc. Cum itaque, sicut exhibita nobis nuper pro parte dilectorum filiorum, universorum civium civitatis ianuensis, ac dilectarum in Christo filiarum, abbatisse et sororum (1) Edita nel Bull. Ord. Praed. Tòni. III, a pag. 514. — 160 — monasterii Corporis Christi, sub cura fratrum conventualium Ordinis predicatorum degentium, petitio continebat, tam cives ipsi, quorum aliqui in dicto monasterio filias et consanguineas, tam professas, quam profiteri volentes, habere noscuntur, quam abbatissa et sorores prefitte, quod pro ipsorum animorum quiete, et ut monasterium ipsum, in quo septuaginta sorores, fere omnes ex nobili genere procreate, sub regulari observantia degentes fore noscuntur, votivis prosperetur successibus, et sorores in illo pro tempore existentes, tanto magis in divinis beneplacitis exequendis sint intente, quanto melioribus consiliis, cura, regimine et admi-nistratione fuerint adiute, monasterium ipsum sub cura dilecti filii, prioris domus S. M. de Castello, Ianuen., dicti Ordinis de observantia, et pro tempore existentis, de cetero gubernari magnopere desiderant, pro parte civium et abbatisse et sororum predictarum, asserentium quod sunt quam plures alie puelle, que in dicto monasterio et sub observantia huiusmodi profiteri desiderant, nobis fuit humiliter supplicatum, ut ipsas, eorumque monasterium a cura, gubernatione, superioritate et obedientia fratrum conventualium huiusmodi eximentes, illas ac monasterium predictum priori de observantia pro tempore prcdicto subiicere, de benignitate apostolica dignaremur. Nos igitur huiusmodi supplicationibus inclinati, discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quatenus, si est ita, abbatissam et sorores ac monasterium predictum ab omni superioritate et obedientia fratrum conventualium huiusmodi, auctoritate nostra, eximas, easque et dictum monasterium priori presenti, et qui fuerit pro tempore, dicte domus, subiicias, et nihilominus priori prefato, quod illas sub eius cura, regimine et gubernatione, generalis dicti Ordinis et cuiusvis alterius licentia super hoc minime requisita, recipiat, et iuxta regularia instituta Ordinis et observantie predictorum gubernet, visitet, corrigat et emendet, prout sue et animarum saluti earundem sibi videbitur expedire, eadem auctoritate nostra mandare procures; contradictores per censuram ecclesiasticam etc. Non obstantibus constitutionibus etc., aut si vicario, nec non tam conventualibus, quam de observantia fratribus predictis, vel quibusvis aliis, communiter vel divisim, a dicta sit Sede indultum — 161 — quod interdici, suspendi vel excommunicari non possint per literas apostolicas, non facientes plenam et expressam, ac de verbo ad verbum de induito huiusmodi mentionem. Datum Rome, apud sanctum Petrum, anno etc. millesimo qua-dringentesimo septuagesimo, quinto idus septembris, pontificatus nostri anno sexto (i). Quantunque di breve durata, come si vedrà nel seguito, questa sudditanza agevolò molto bene la soluzione d’una strana avventura occorsa un anno e quattro mesi dopo. La espongo nella guisa che vienci narrata dai cronisti. Gio. Battista Centurione, figlio di Daniele e Francesca, seguendo la professione del padre e dei nobili genovesi a quel tempo, applicossi alla mercatura, e spento il genitore, contrasse società di negozio con Napoleone Spinola, q. Adamo. Nel fìtto dei commerci, sembra che non abbia dimenticato 1’ esercizio dei suoi cristiani doveri, e Iddio lo rimunerò d’una guisa affatto speciale. Eccone il come. • Invaghitosi d’una fanciulla, o, come par più vero, sollecitato dai suoi a toglier moglie, sposò realmente una donzella d’illustre prosapia: ma in quella che, dopo il convito di nozze, eransi i novelli coniugi ritirati nella loro stanza, il Battista prese a parlare, con tanta soavità di modi ed efficacia di ragioni, alla sposa, sulla caducità delle mondane cose e la retribuzione preparata jn cielo a chi generoso le sprezza, che la fanciulla ne rimase tocca nel fondo dell’anima, e persuasa di consecrarsi a Dio. Ammessa quindi al secreto anche la brava sorella del Centurione, volle essere terza nel numero: epperò tutti e tre a quattr’ore di notte, la sera del 2 gennaio 1472, (1) Edita nel Bull. Ord. Praed. Toni. Ili, pag. 473. Atti Soc. Lig. St. Patria. Serie 2.® Voi. XXI. *2 — 162 — usciti alla chetichella da una porta segreta di casa, non visti da nissuno, corsero al vicino convento di Castello. I religiosi erano a letto, dovendo sulla mezzanotte sorgere pel mattutino, ma il priore, conoscendo di persona il Battista, udito il suo nome, alzossi, e corso al parlatorio, si vide prostrato ai piedi il giovane in atto d’implorare, col vivo del cuore, di essere ricevuti all’abito domenicano lui e le due signore che lo accompagnavano, desiderose di entrare in religione. Con maggiore calma informatosi poi, com’ é a credere, delle circostanze del fatto, e scorta la mano di Dio in quell’insolita risoluzione, accompagnò i tre al prossimo monastero di s. Silvestro, e vi fé’ d’autorità sua ricoverare le due donne. Di ritorno, esposto ai padri l’eccezionale caso, si deliberò doversi accettare il fervido postulante, che sull’ora medesima passava in coro a cantare cogl’altri le divine lodi. Innanzi di professare, con legale scrittura chiamò suo erede universale il fratei suo Enrico; e quando il 3.1 luglio 1476 il già suo collega, Napoleone Spinola, di Luccoli, lo convenne in giudizio qui in Genova nanti il maestro generale, Leonardo Mansueti, il Centurione, tolto di tasca una copia del testamento e consegnandogliela, gli disse, che sull’asse abbandonato al fratello egli poteva ad usura rifarsi del suo credito, in quello coscienziosamente contemplato. Dopo ciò, si diede ad una vita religiosissima, fino alla notte tra 1’ 11 e 12 novembre 1491, in cui rese l’anima a Dio, con molta edificazione (1). Anche la sposa e la sorella perseverarono costanti nella vocazione, delle quali, dice il p. Borzino, non si sa il nome; ma (1) Syll. ;i pag. 50, n.° 103. — 163 — le monache conservano in s. Silvestro un apparato per messa, che oggi ancora (1680 circa) chiamano della sposa, senza saperne il perchè. 11 Centurione, del resto, non fu neppure il solo distinto soggetto dal p. Paolo aggregato all’ Ordine. Anche i padri Gaspare Marengo e Bernardo Granello contano come preziose sue reclute; quegli morto poi vittima di carità nel sovvenire gli appestati l’anno 1493, questi divenuto un dotto orientalista, profondo teologo, e vicario episcopale a Girgenti, nella quale dignità cessò di vivere (1). Un trentennio o quasi dalla sua fondazione, il convento nostro già sentiva il bisogno d’espandersi, e a mo’ di pianta ben radicata al suolo, protendere i suoi rami. Di case soggette alla Congregazione di Lombardia, tre n’esistevano in riviera di ponente, Savona, Finale e Taggia, mentre che nessuna ve n’ era in quella di levante. Si presentò a que’ giorni il destro di erigerne una in Sestri, nel luogo detto l’isola, perchè allora, oggi non più, era staccato, per breve tratto di mare, dalla spiaggia. Ne reggeva la parrocchia il buon prete Manfredo Canesi, il quale aderì di leggieri alle istanze fattegli dal p. Paolo di permettergli la costruzione d’un convento nel suo territorio, dall7 opposta parte del suo presbiterio, presso la cappella rurale di N. S. di Nazaret, di cui egli era anche cappellano, e di gius patronato laicale. 11 pio sacerdote, non che opporsi, ne agevolò l’impresa coll’ eleggere suoi procuratori in Roma a deporre in mano del papa la sua rinunzia alla cappellania e chiesuola di Nazaret, a favore dei domenicani. La rinunzia tu accolta, e il papa stava (1) Syll., a pag. 49 e 54, n.J 101 e no. — 164 — per emanare la bolla relativa, quando la pratica mutò aspetto. Parve al p. Paolo che la generosa offerta del prete Canesi della proprietà ancora dei beni e redditi della cappella, fosse per recare grave danno agli interessi di lui e dei successori suoi nella cura parrocchiale, giacché senza quei proventi male avrebbe potuto mantenere il proprio coadiutore. Osservò eziandio trovarsi a breve distanza dalla cappella suddetta una località preferibile alla prima, e qui egli si decise di costrurre il convento. 11 Piò scrisse doversi ad una signora, chiamata Ludovica Lucibonda, di Marsiglia, la fondazione dello stesso (1). Fatto è che nel corso dell’anno 1471, certo poi nel seguente 1472, l’edifizio si eresse per le sollecite cure del p. Paolo, nel doppio suo ufficio di priore di Castello e di vicario sostituto. Ho trovato al riguardo due istru-menti del notaio Andrea del Cairo, tuttidue in data 16 dicembre 1472. Col primo, il p. Paolo rinunzia, a nome suo, del convento di Castello e del nuovo fondato di S. M. Annunziata in Sestri, al prenominato Canesi, i diritti d’ogni sorta, che in forza della precedente cessione avesse potuto acquistare sulle terre e sui beni di spettanza alla cappella di Nazaret, rimettendolo nel pacifico possesso di quelli, come eralo avanti la graziosa cessione fattane. (N. 48) (/£ dicembre 1472) * In nomine Domini amen. Ex hoc publico instrumento universis pateat etc. quod venerabilis religiosus, dominus frater Paulus de Placentia, prior monasterii B. M. de Castello, Ianuen., Ordinis frairum predicatorum de observantia, et vicarius totius utriusque (1) Progenie di s. Dom. in Italia, a pag. 65. - i6j — riparie Ianuen., eiusdem Ordinis predicatorum, cum plenaria facultate, ut asserit, substitutus et deputatus, a quo quidem monasterio B. M. de Castello dependet et immediate subiectum existit monasterium sub vocabulo B. M. Annuntiate, in insula Sigestri, ianuensis diecesis, per ipsum dominum priorem, fratres et conventum dicti monasterii B. M. de Castello, et seu pro sua et habitatione aliquorum ex fratribus dicti monasterii B. M. de Castello, auctoritate apostolica, nuper fundatum, constructum et edificatum, tamquam membrum dicti monasterii B. M. de Castello: Constitutus in presentia rev. in Christo patris, domini loannis de Collis, iuris canonici professoris, acolyti et capellani apostolici, canonici Alexandrini, rev.mi in Christo patris etc., domini Pauli etc., archiepiscopi ianuensis, locumtenentis et vicarii generalis: Sciens et cognoscens, certamque et indubitatam notitiam habens, quod alias anre fundationem et constructionem dicti monasterii B. M. Annuntiate, dicte insule Sigestri, venerabilis vir, dominus presbyter Manfredus de Canexio, rector ecclesie s. Nicolai, insule predicte loci Sigestri, et capellanus capelle B. M. de Nazaret, dicte insule Sigestri, que de iure patronatus laicorum existit, de propria salute recogitans, pia devotione ductus, ad requisitionem dictorum dominorum prioris et fratrum dicti monasterii B. M. de Castello, ut dicta capella B. M. de Nazaret in dictos dominos priorem et fratres dicti monasterii B. M. de Castello deveniret, pro constructione et fabrica novi dicti eorum monasterii in dicta insula dicti loci Sigestri, tunc de proximo fundandi et construendi, de consensu patronorum ipsius capelle et hominum dicti loci Sigestri, venerabilem, nobilem et discretos viros, dominum Mattheum Pammoleum, prepositum ecclesie s. Salvatoris de Lavania, ianuensis diecesis, Meliaducem Cigalam, civem ianuensem, et Simonem de Oliva de Sigestro, laicum dicte diecesis, et quemlibet eorum in solidum, ac alios si qui apparerent, procuratores suos et nuncios speciales constituit specialiter et nominatim, ad ipsius dicti presbyteri Manfredi nomine, et pro eo capellam predictam B. M. de Nazaret, quam tunc obtinebat, prout etiam obtinet de presenti, cum omnibus iuribus et pertinentiis suis, ad usum et in favorem dictorum fratrum monasterii B. M. de Castello, et pro constructione et fabrica dicti monasteri ibi de novo tunc fundandi et construendi, et prò nsu et habitatione aliquorum ex ipsis fratribus, in manibus ss. domini nostri pape, vel alterius eius ccmmissarii et officialis, ad hoc potestatem et auctoritatem habentis, sponte pure et libere resignandum et dimittendum, ac eidem capelle cum omnibus iuribus et pertinentiis suis, in ea sibi competentibus et competituris, renuntiandum et cedendum, prout de premissis latius constare dicitur publico instrumento inde confecto, ad quod relatio habeatur: Sciens etiam et recognoscens ipse dominus fr. Paulus prior et vicarius antedictus, quod capella predicta S. M. de Nazaret per fel. record, dominum Paulum papam II de voluntate et consensu procuratorum dicti domini presbyteri Manfredi ad hoc, ut premittitur, substitutorum vel substituti et ipsius capelle patronorum, eisdem dominis priori et fratribus pro constructione et fabrica dicti monasterii in dicta insula Sigestri tunc construendi, sub certis modo et forma concessa et assignata fuerat, licet super huiusmodi concessionem et assignationem litere apostolice confecte seu expedite non fuerint: Et sciens etiam et recognoscens ipse dominus fr. Paulus, prior et vicarius antedictus, quod dictum monasterium S. M. Annuntiate in dicta insula Sigestri, non in dicta capella, sed ibi prope in alio commodiori loco fuit constructum et edificatum, quodque huiusmodi procuratorum constitutio per dictum presbyterum Manfredum, et concessio et assignatio dicte capelle S. M. de Nazaret per pre-fatum dominum Paulum papam, ut premittitur, facte, non fuerunt sortite effectum; quodque etiam si dicti dominus prior et fratres dicti monasterii B. M. de Castello dictam capellam reciperent et retinerent, dictus rector ecclesie s. Nicolai insule Sigestri, qui dictam capellam, una cum dicta ecclesia s. Nicolai insimul retinere consuevit, capellanum aliquem sive presbyterum pro missis celebrandis quem tenere consuevit, commode manutenere non posset, et ex hoc divinus cultus in dicta ecclesia parrochiali diminueretur, et ex hoc detrimentum non modicum pateretur: Horum igitur consideratione motus prefatus venerabilis dominus, fr. Paulus de Placentia, prior et vicarius antedictus, suo nomine et vice dicti sui monasterii S. M. de Castello, et dicti eidem immediate subiecti S. M, Annuntiate, insule predicte Sigestri, et sue- — 167 — cessorum suorum quorumcumque, sponte etc. capellam predictam B. M. de Nazaret, cum omnibus et singulis suis fructibus, redditibus et proventibus, iuribus et pertinentiis suis, eidem domino presbytero Manfredo de Canexio, rectori dicte ecclesie s. Nicolai, et capellano dicte capelle S. M. de Nazaret dicte insule Sigestri, ibidem presenti et acceptanti, et mihi notario infrascripto etc., restituit et libere dimisit ac remisit, cum omnibus ac singulis iuribus, rationibus et actionibus eisdem dominis priori et fratribus, tam in capella S. M. de Nazaret, quam in dicta ecclesia s. Nicolai dicte insule Sigestri, ex premissis vel aliis quibuscumque rationibus, occasionibus vel causis, competentibus et competituris, sponte pure et libere renuntiavit et cessit, prout etiam restituit, dimittit ac renuntiat et cedit presentis instrumenti publici per tenorem, ita et adeo quod dictus dominus presbyter Manfredus, rector et capellanus antedictus, et patroni dicte capelle, ex nunc et abinde in antea de cetero sint et esse intelligantur, et sic erunt quantum in se est, in eis statu et gradu quibus erant ante tempus et tempora dicti instrumenti procure ad resignandum et renuntiandum dictam capellam, ut premittitur, facte : non obstantibus instrumento procure predicto et contentis in eo, et concessione ac assignatione et gratia apostolica quacumque, de ipsa capella eisdem priori et fratribus quomodocumque et qualitercumque facta, et literis apostolicis inde confectis, quod et quas ipse dominus fr. Paulus, prior et vicarius, suo et dictis nominibus, pro cassis, irritis ac nullis penitus haberi voluit et mandavit, proinde ac si facta minime fuissent. Volensque insuper et expresse consentiens ipse dominus fr. Paulus, prior et vicarius ut supra, quod dictus dominus presbyter Manfredus, rector et capellanus antedictus, supradictos superius nominatos et quoscumque alios per eum ad huiusmodi capellam resignandam et eidem renuntiandam constitutos, et quoscumque alios ab eisdem procuratoribus substitutos, libere et licite ex nunc revocare, destituere, cassare et anullare possit et valeat, non obstante quocumque iuramento de non revocando, in dicto instrumento procure, per eum prestito. Respondens etc. Que omnia etc. Sub pena dupli etc. Et successive ac incontanenter dictus dominus, presbyter Manfredus, rector et capellanus ut supra, acceptans predicta omnia et — i68 — singula ex nunc, in presentia et de consensu ac voluntate dicti domini fr. Pauli, prioris et vicarii presentis et consentientis, quo-scumque procuratores predictos ad premissa, ut premittitur, constitutos, et ab ipsis procuratoribus vel altero eorum substitutos, et predictum et quecumque alia instrumenta inde confecta ac in eis contenta, re integra prout existit et nullum sortita effectum , ut supra narratum est, revocavit, destituit etc., et pro revocatis, destitutis, cassatis et anullatis haberi voluit et mandavit, proinde ac si facta minime fuissent. Quibus omnibus et singulis su-pradictis prefatus reverendus dominus locumtenens et vicarius, causa prius bene cognita et legitime comprobata, suam et curie aichie-piscopalis ianuensis auctoritatem interposuit pariter et decretum. Laudans etc. Acta sunt hec Ianue, in palatio archiepiscopali de s. Laurentio, videlicet in studio dicti palatii, anno etc. mcccclxxii , indictione quinta etc., die mercurii, sextadecima mensis decembris, in \esperis, presentibus testibus, venerabilibus et discretis viris, dominis presbytero Bartliolomeo de Serra, archipresbytero ecclesie S. Marie de Serra, de Pulcifera, ianuensis diecesis, presbytero Christophoro de Boveriis, de Alexandria, capellano prcfati domini locumtenentis et vicarii, et Io. Antonio de Axereto , q. Iacobi, cive Ianue, ad premissa vocatis et rogatis. Col secondo rogito , il prete Canesi affitta al padre Paolo le terre tutte e i latifondi della chiesa sua parrocchiale di s. Nicolò, posseduti nel luogo detto « La valle », posto nell’isola stessa di Sestri, pel canone annuo di lire io genovine, pella durata di ventisette anni consecutivi, e fra le clausole del contratto notare si deve questa, che i membri delle due comunità, cioè di Castello e della ss. Nunziata di Sestri, approvino e accettino l’atto precedentemente, e il giorno medesimo, rogato, dell’avvenuta retrocessione a suo favore della cappella di S. M. di Nazaret. (N. 49) — 169 — (16 dicembre 1472) In nomine Domini amen. Venerabilis vir, dominus presbyter Manfredus de Canexio, rector ecclesie s. Nicolai insule Sigestri, Ianuen., et capellanus capelle B. M. de Nazaret, dicte insule Sigestri, suo nomine, et nomine et vice dicte sue ecclesie s. Nicolai et successorum, et pro ipsius utilitate evidente prius pensata, et provida ac matura deliberatione super infrascriptam locationem et concessionem prehabita, omni iure via etc. locavit et concessit, ac dat et concedit venerabili et religioso viro, domino fratri Paulo de Placentia, priori monasterii B. M. de Castello, Ianuen., Ordinis fratrum predicatorum de observantia, et vicario totius utriusque riparie Ianuen., eiusdem Ordinis predicatorum de observantia, cum plenaria facultate, ut asserit, substituto et deputato, ibidem presenti etc. , et recipienti nomine et vice monasterii et conventus eiusdem B. M. Annuntiate, insule dicti loci Sigestri, de novo canonice fundati et constructi, pro usu et habitatione aliquorum fratrum dicti monasterii B. M. de Castello, et ipsius monasterii de Castello membri et eidem immediate subiecti et ab eo dependentis, ac nomine et vice quorumcumque fratrum presentium et futurorum, in dicto monasterio B. M. Annuntiate insule Sigestri residentium et habitantium de presenti et imposterum habitaturorum, et ad cautelam mihi notario infrascripto : Omnes et singulas illas terras et possessiones dicte ecclesie s. Nicolai insule Sigestri, cam-pivas, prativas, hortivas et vineatas ac aliquibus arboribus arboratas, positas et consistentes in dicta insula Sigestri, videlicet in « la valle » dicte insule, et seu in loco ubi dicitur « la valle ». Quibus coherent ab una parte litus maris, inferius via per quam itur ad dictum monasterium B. M. Annuntiate dicte insule Sigestri, et descendens ab insula predicta, ab alia parte muri communis terre dicte insule, et si qui etc. Et sunt omnes ille terre et possessiones, quas soliti sunt conducere et conducunt ad presens Nicolaus de Ferrariis, Nicolaus de Costa, q. Angelini, Pandulfus Bolascus, Iulianus de Federicis et Gaspar Gallus, pro annua pensione librarum decem ianuinorum in anno: Ad habendum, tenendum etc. per dictos fratres et conventum dicti monasterii Ordinis predicatorum insule — 170 — predicte Sigestri, presentes et futuros, dicte locationis titulo, a festo nativitatis Domini proxime venturo; et ipsis novem annis finitis seu decursis, usque ad alios novem annos ex tunc proxime secuturos, et ipsis secundis novem annis finitis seu decursis, usque ad alios novem annos ex tunc proxime et immediate subsequentes, qui erunt usque consummationem annorum vigiliti septem proxime futurorum. Ita quod huiusmodi locatio et concessio sit et esse intelli-gatur continuata et perpetuata de novem in novem annos, usque ad dictos annos vigiliti septem proxime futuros, absque aliqua renovatione seu reiteratione flenda in fine cuiuslibet novennii : Pro annua pensione seu canone etc. librarum decem, dandarum etc. per dictum dominum priorem et vicarium dictis nominibus, et seu per dictos fratres et conventum dicti monasterii insule Sigestri presentes et futuros, pro quibus ipse dominus prior et vicarius promittit dicot domino presbytero Manfredo, rectori presenti etc., facere et curare in effectu quod dicti fratres et conventus, dicti monasterii insule Sigestri huiusmodi locationem et conces-sionem, ac omnia et singula in presenti instrumento contenta, nec non restitutionem, remissionem, renunciationem et cessionem, ac in pristinum statum reductionem per ipsum dominum priorem et vicarium, de dicta capella S. M. de Nazaret, cum omnibus iuribus et pertinentiis suis dicto domino presbytero Manfredo foetas, de quibus et prout latius constat publico instrumento scripto et publicato manu mei notarii infrascripti hodie paulo ante, ratificabunt, approbabunt et confirmabunt, semper et quandocumque ad liberam voluntatem et simplicem requisitionem dicti domini presbyteri Manfredi etc. etc. Acta sunt hec Ianue, in palatio archiepiscopali etc. tutto come sopra (i). Andreas de Cario, notarius. (i) Dimenticò in quest’occasione il sacerdote Canesi la procura da esso, anni innanzi, fatta a un tale Lorenzo Scarpa allo stesso scopo della su riferita rinunzia: e avverti la cosa un sessennio dopo; il perchè l’8 gennaio 1478 per mano del notaio medesimo ritirò al Lorenzo la data commissione, clic più non aveva motivo d’esistere. La carta è nel nostro archivio. - I7I - Dato fine alla fabbrica del convento di Sestri, fu, non è luogo a dubbio, da Castello staccata e spedita ad abitarlo una sufficiente colonia di religiosi, che vi dimorò alcun tempo alla dipendenza del nostro priore (i). In seguito staccossi e divenne autonomo, non so dire per ora il quando, ma certo il 13 gennaio 1498 quel convento già reggevasi da se, siccome vedremo sotto quell’anno. Ottima cosa é lo spandersi e ramificare lorquando lo consentono le forze, ma più necessaria ad una comunità monastica io stimo essere l’altra di conservare e ringagliardire i nervi dell’interna disciplina, acciò non vadano mano mano infievolendo; e a quella cura attese eziandio col maggiore impegno il p. Paolo. Ove é a sapere, che da una vicina casa, posta alPangolo orientale del cenobio, sorgeva un alto caseggiato, proprietà di Antoniotto Assereto, dalle cui finestre dominavasi l’orto sottostante, in cui erano usi scendere per diporto i frati, i quali ben raro uscivano di casa a que’ tempi di rigorosa osservanza. La privazione di libertà riusciva incomoda, e la si dovè subire non pertanto sin che visse l’Antoniotto. Morto lui, il p. Paolo fu tutto in persuadere gli eredi di accettare il cambio di quella casa con un’altra poco discosta, che aveva il convento acquistata dalle monache di s. Silvestro. Si raggiunse per fortuna lo scopo, e al-l’esito felice della pratica giovarono molto i buoni uffici di taluni parrocchiani, sempre più affezionati ai padri. Cosi disposte le cose, il giorno 10 febbraio 1472 raccolti a capitolo i suoi frati, mise il partito se si dovesse procedere in effetto alla permuta delle case; e unanime (i) Pare che del 1483 fosse ancora governato da un vicario, mandatovi da Castello. Syìl. a pag. 42 e 68, n.‘ 76 e 149. — 17 2 — ne riscosse l’applauso e il voto. Non ancora contento, trattandosi d’un negozio d’importanza, il di successivo un secondo consiglio radunar volle, che riusci a pieni suffragi confermativo del primo. Cui fece seguito la terza seduta, nella quale vennero eletti i procuratori incaricati a rappresentarli, e furono lo stesso priore Paolo, e il vecchio p. Agostino dei conti di Ventimiglia. L’atto definitivo e istrumento finale della permuta, comprovato da ambedue le parti colle debite clausole, reca la data 2 marzo 1472, e ci insegna che l’attuale piazza di S. M. in Passione a quei di chiamavasi col nome di piazza Embriaci. (N. s°) . (2 mar:i0 I472) In nomine Domini amen. Cum verum sit quod venerabiles domini, prior et capitulum monasterii S. M. de Castello, essent in proposito permutationem faciendi de quadam dicti monasterii domo cum hortulo retro, sita Ianue in platea Embriacorum, quibus coheret antea dicta platea, ab utroque latere via publica, retro in parte domus monasterii s. Silvestri, Corporis Christi, Ianuen., et in parte quidam hortulus cum domo s. Hieronymi de Corvaria, et si qui alii sunt etc., et est illa domus quam dictum monasterium titulo emptionis acquisivit a dicto monasterio dominarum s. Silvestri etc. anno presenti, die quinta februarii, cum filiis et heredibus q. Anto-nioti de Axereto, pro quadam alia ipsorum heredum domo, sita Ianue in dicta platea Embriacorum, et cui coheret antea via publica, ab uno latere domus dicti monasterii s. Marie de Castello, ab alio latere et retro hortus dicti monasterii s. Marie de Castello, et si qui sunt etc. (1), sub pactis tamen modis et conditionibus de (i) Se questa casa degli Assereto era posta in piazza Embriaci cd aveva il suo ingresso dalla via pubblica, e al!’opposta parte confinava coll’orto del con- • vento, è manifesto non trattarsi qui dell’attuale piazza Embriaci, che di tanto nè dista, ma si d’una casa situata lungo la stretta' via, che oggi da piazza di — i73 — quibus infra dicetur, et ad id acquiescerent dicti heredes, ut deveniri posset ad dictam permutationem, dicti domini prior et fratres per tres solemnes tractatus, de quibus constat tribus publicis documentis scriptis manu mei notarii infrascripti, diebus decima, undecima et quartadecima februarii proxime preteriti, capitulariter dixerunt et deliberaverunt dictam permutationem fieri debere etc. : Idcirco venerabiles viri, domini fratres, Paulus de Placentia prior et Augustinus de Vintimilio, ex fratribus dicti monasterii, tamquam sindici et procuratores conventus eiusdem cum balia ad omnia infrascripta vigore publici instrumenti, scripti manu mei notarii infrascripti, anno presenti, die xim februarii, omni modo, via etc. nomine ac vice dicti monasterii et conventus etc., permutaverunt et permutant, ac titulo et ex causa permutationis, dederunt etc. Isoltine filie q. ('manca) Cattanei, et uxori dicti q. Antonioti de Axereto, tamquam procuratrici et procuratorio nomine Baptiste de Axereto eius filii, ac filii et heredis pro dimidio dicti q. Antonioti, cum balia ad omnia etc. ac tamquam tutrici (manca il nome) de Axereto, etiam eius filii et heredis pro reliqua dimidia dicti q. Antonioti, nomine et vice dictorum eius filiorum, et filiorum ac heredum dicti q. Antonioti etc., dictam domum cum hortulo dicti monasterii superius coherentiatam eie., ad habendum, tenendum eie. Cum omnibus et singulis iuribus etc. Sub ipotheca etc. Et quam domum dicta Isoltina dictis nominibus permutavit, et titulo ac ex causa permutationis dedit, cessit etc. dictis venerabilibus dominis, fr. Paulo de Placentia priori et fr. Augustino de Vintimilio nomine dicti monasterii, in recompensationem et.cambium dicte domus, ut supra, per ipsos dominos priorem et fratrem Augustinum permutate cum dicta Isoltina dictis nominibus recipiente, ad habendum, tenendum etc. Cum omnibus etc. Sub ipotheca etc. Acto tamen etc. Quibus omnibus et singulis suprascriptis sapiens S. M. in Passione conduce a s. Silvestro, avente alle spalle un discreto nostro orto. Trovandosi nelle carte dell' epoca menzionate la piazza sopram e sottana Embriaci, io penso che la prima fosse ov’ è la presente di S. M. in Passione, e la seconda ov’ è ancor oggidì. La denominazione di sopra e sotto corrisponde pienamente alle due località. — 174 — et egregius iuris utriusque doctor, dominus Bartholomeus de la Porta de Novaria, vicarius sale superioris etc. laudans etc. Actum Ianue, in palatio communis, videlicet ad bancum solitum iuris prefati domini vicarii, anno etc. mcccclxxu, indictione quarta etc., die lune, secunda martii, in vesperis, presentibus Paulo Iustimano, d. Ioannis, et Antonio de Grimaldis, Francisci, civibus Ianue, testibus ad premissa vocatis specialiter et rogatis. Laurentius de Costa, notarius. Un anno e pochi giorni dopo, essendo ancora priore a Castello il p. Paolo, un avvenimento straordinario, e che non devo preterire, accadde a breve distanza dalla lidetta casa; la conversione cioè di s. Caterina da Genova. Il 22 marzo 1473 recatasi al monastero delle Grazie, qui vicino, per conferire colla sua sorella Limbania e riceverne conforto nella travagliata sua vita, al presentarsi al direttore del monastero, ebbe una cosi chiara illustrazione alla mente, e sentissi nel cuore tal vampa di fuoco divino, che da quel punto tutto il viver suo non fu altro più che un prodigio. Appartiene ancora al priorato di p. Paolo il tentativo fatto di richiamare a miglior sistema di vita i nostri religiosi del convento di Bonifacio in Corsica, decaduti dallo spirito di osservanza a segno d’aversene a impensierire lo stesso governo dell’isola, in mano allora del banco di s. Giorgio. 1 protettori del medesimo, nel desiderio di provvedere al lamentato disordine, ricorsero al priore di Castello, dal quale intesero avere giurisdizione su quella casa, in virtù forse della carica di vicario sostituto per la Liguria, intendendola nel senso largo di paese soggetto al genovese dominio in terraferma e isole adiacenti. Certo é, che il p. Paolo promise, e inviò tosto — 175 - a rimettere in carreggiata quei frati il beato Antonio De-Albertis, stato già tre volte priore a Castello, e vicario generale della Congregazione di Lombardia. E nep-pur solo vi andò, ma condusse seco parecchi membri di Castello, come ne fa fede la lettera seguente dal Banco diretta al podestà di Bonifacio, informativa del prossimo loro arrivo, e insinuante di prestar all’uopo mano forte alla voluta riforma. (N. ji) (i luglio 1471) Protectores etc. Egregio et prudentibus viris, Ioanni de Vallegia, potestati, et antianis Bonifacii, dilectis nostris. Dilecti nostri. Per li dezordini havemo inteizo cometteno spesso quelli fratri sono in 10 convento di sancto Domeneco di quello loco, havemo confortato lo priore di sancto Domeneco, che mande qualche fratre da bene a regulare ipso convento. Ex quo, lo dicto priore, lo quale dice bavere da suoi superiori cura e balia de provedere a lo governo de quello vostro convento, manda al presente lo venerabile fratre Antonio de Finario, cum alchuni compagni, per prendere la possessione et essere priore de quello convento, et per regulare in quello luti li dezordeni passati. Per la qual caxone, ne par debito et ve incarrichiamo, che circa lo prendere de la possessione et lo buono governo de lo dicto convento, daghiati ad ipso fra-tré Antonio, e compagni, tuti li adiutorii e favori honesti, per satisfactione de le vestre coscientie et honor de Dio, e bene e quiete un;versale de quella terra. Data Ianue, mcccclxxi, die prima iulii (1). Non so dire l’esito di questa spedizione (2), ma il convento di Bonifacio perdurava dei secoli ancoia, e (1) Lillerar. off. s. Georg. 1466-71, fol. 360 v.° (2) Un qualche buon effetto l’ebbe di sicuro, e pare v’andasse tra gli altri 11 p. Dionigi Drago, che anche vi mori; come sembra ricavarsi dal sillabo al n.° 113, a pag. ss. — 176 — produsse tuttavia dei valentuomini, ad esempio Domenico Celano e Tommaso Luccioni, citati nel sillabo (1). Chiudo con una notizia che fa onore alla nostra casa di Castello. Insignoritisi i genovesi dell’ isola di Scio nel modo e tempo che narra la storia, non furono tardi in erigervi chiese e fondare chiostri per religiosi di rito latino; e i domenicani, forse i primi, stabilironvisi, invitati dai Giustiniani, padroni del luogo. Non discuto ora qui l’epoca di loro introduzione, e mi basta dire che molto avanti il 1375 vi presero stanza, se il 28 gennaio di quell’anno Gregorio XI ridonava alla Congregazione domenicana dei Pellegrinanti i conventi di Scio, Caffa, Trebisonda e Pera, tempo innanzi da un capitolo generale toltile, e sottoposti alla provincia di Terrasanta. Un altro papa, Sisto IV, il 28 novembre 1471, assoggettava poi il cenobio di Scio al vicario della Congregazione di Lombardia, a ciò indotto da calde preghiere dei Giustiniani medesimi, i quali vedendo, scrisse il Piò, « la grande osservanza dei frati di S. M. di Castello, procurarono che il convento di Scio passasse sotto la dipendenza di quella Congregazione, come in effetto vi fu posto, andandolo a riformare i padri di Castello, e d’al-lora in poi il convento di Scio tolse a denominarsi ora di s. Domenico, ora di S. M. di Castello (2) ». Ciò che concorda a capello colle memorie nostre domestiche, ove troviamo risiedere e morire a Scio, od anche esservi ricevuti all'abito, molti figli di Castello (3) non solo, (1) A pag. 229 e 235, n.1 614 e 629. (2) Pjò: Progenie di s. Domenico, lib. 2, pag. 419, e Bullar. Ord. Praed. Tom. II, pag. 287, e Tom. Ili, pag. 484. (3) SylJ. a pag. 44, 97, 109, 116, 138 e 141, nei n1. 82, 221, 247, 258, 339, 349- — 177 - ma l’archivio possiede tuttodì alcune carte rogate nel convento 5. Dominici, seu S. M. de Castello, Chii, Ordinis Predicatorum, de observantia. Onci’ è che il nobile Visconte Giustiniani nel fondare una dispensa in banco s. Giorgio l’anno 1473, da Scio, tra i commissari da esso eletti a distribuirne i proventi, chiamovvi eziandio un frate anziano di Castello (1). 1473 — 1475 P. BARTOLOMEO da VIGEVANO. Il motivo per cui il p. Paolo da Piacenza non compi il secondo biennio di priorato a Castello, altro non fu che la sua rielezione, già lo dissi, a vicario generale della Congregazione di Lombardia. Il perchè, nella primavera del 1473 egli non trovavasi più a Genova (2). Cotali brusche, e alquanto frequenti, interruzioni, spiacquero alle (1) Qui dispensatores et executores sint semper etc. ufius ex descendentibus dicti q. Vescontis ex linea masculina etc., alter vero, unus ex albergo Ius tini anorum, tertius unus ex fratribus S. M. de Castello, vel S. M. de Monte, vel loco dicti fratris, unus ex officialibus Misericordie, tamquam civis et non officialis etc. (2) Ho notizia sicura che nell’ agosto 1474 il p. Paolo, in carica di vicario generale, die’ opera solerte alla riforma del convento di s. Domenico in Alba di Piemonte, aggregandolo alla sua Congregazione. In nomine Domini amen. Notimi sit omnibus presentali scripturam inspecturis, qualiter conventus s. Dominici de Alba fuit reformatus anno Domini 14J4, die penultima augusti, per rev. patrem, fr. Paulum de Placentia, vicarium generalem utriusque Lombardie conventuum reformatorum, sub gener alata rev.ini patris, magistri Leonardi de Mansuetis, de Perusio, et electus fuit in priorem vai. pater, fr. Urbanus de Pergomo per communem inspirationem ; postea factus fuit vicarius dicti conventus pater fr. Sebastianus de Tabia. Hec reformatio facta fuit ad instantiam nobilium civium, et requisitionem ili.mi et excell.ini principis Gullielmi, marchionis Montisfirrati etc. etc. ; et ista facla sunt sub prioratu ven. patris, fr. Urbani ante-Atti Soc. Lig. St. Patria, Serie 2.» Voi. XXI. n monache domenicane di s. Silvestro, le quali tre soli anni innanzi, il 9 settembre 1470, Paolo li tolto avea dalla giurisdizione dei padri di s. Domenico, per assoggettarle ai nostri di Castello. Ricorsero adunque a Roma, e pretessendo le spesse mutazioni e assenze del priore, ottennero da Sisto IV di passare sotto la cura immediata del vicario generale, prò tempore, della Congregazione suddetta, incaricato di reggerle 0 da sé, 0 col mezzo d un suo vicegerente; metodo questo divenuto poi costante, e imitato da quasi tutti i monasteri nei tempi avvenire. (N- 52) (4 giugno 1473) Dilecto filio, vicario generali Congregationis Lombardie, Ordinis Predicatorum de observantia, salutem etc. Sixtus papa mi. Dilecte fili, salutem etc. Fecerunt nobis nuper humiliter supplicari dilecte in Christo filie, priorissa et sorores monasterii s. Silvestri, sub vocabulo Corporis Christi, Ianuen., Ordinis predicatorum, quod cum priores monasterii de Castello de observantia, dicti Ordinis, quorum regimini et gubernationi fel. record. Paulus II immediatus predecessor noster, eos subesse voluit, frequenter mutentur dicti, et ad sollicitudinem ven. patris, fr. Sebastiani vicarii, et fr. Antonii de Finario. Dunque non solo dei 1471, ma dei 1474 era ancor vivo il beato Antonio De-Albertis, se trovossi in Alba a promuovere la riforma di quella casa. . Estrassi il precitato documento dal prezioso codice a stampa, Synodus sacrosanctae ecclesiae Albensis, habita sub ill.mo et rev.mo D. D. Paulo Britio, episcopo Albense et comite, conservato in episcopio, e cui ebbi a mano nel maggio 1889, quando mi reca. ir. quella città per congratularmi con monsignor Carlo Lorenzo Pampino m,o confratello di religione e provincia, per la sua promozione da Alba all arcivescovato di Vercelli. Sono in esso codice altre utili memorie per la storia del convento e del monastero domenicano di Alba. - 179 — et absint plerumque, sicque non possit earum quieti spirituali opportune consuli, dignaremur eas cure, regiminique tuo subiicere, quo salubrius et opportunius earum necessitatibus consulatur. Quocirca, nos pium et paterne ciiaritatis officium esse putantes, religiosas personas, que, mundanis abiectis illecebris, intra claustra castum exhibent Altissimo famulatum, spirituali consolatione fovere, huiusmodi supplicationibus inclinati, devotioni tue, de qua fiduciam in Domino gerimus singularem, presentium tenore, apostolica auctoritate mandamus, ut deinceps ipsarum priorisse atque sororum, per te vel alium, seu alios dicti Ordinis de observantia fratres, curam gerere debeas, perpetuis temporibus. Nos vero, uberiori gratia priorissarn et sorores predictas prosequi volentes, ex nunc eis, eadem auctoritate, concedimus, ut omnibus et singulis gratiis, immunitatibus, exemptionibus, privilegiis, prerogativis, tacultatibus, indulgentiis et induitis gaudere et frui possint, quibus alia tibi subiecta monasteria quomodolibet potiuntur et gaudent. Constitutionibus et ordinationibus apostolicis, ac dicti Ordinis statutis et consuetudinibus, iuramento, confirmatione apostolica, vel quavis firmitate alia roboratis, ceterisque contrariis non obstantibus quibuscumque. Datum Rome, die mi iunii 1473, pontificatus nostri anno secundo. Alla data del su riferito breve, non dovea trovarsi al governo della comunità di Castello il p. Bartolomeo da Vigevano; in caso diverso, falsa in parte sarebbe la ragione dalle monache addotta, e fors’anche non v’ era uno o due mesi avanti ; il tempo cioè necessario al corso della petizione e l’impetramento di essa. Infatti, non die’ l'abito a novizi se non il 9 ottobre stess’ anno, giusta il sillabo, e continuò le vestizioni di altri almeno fino al 2 aprile 1475 ; e di qui si rileva che il priore Bartolomeo compi l’intero suo biennio. Il soggetto più distinto, fra gli undici ammessi in religione da lui, é stato Bartolomeo —' i8o — Kivarola, che resesi poscia in grado massimo benemerito degli studi, pei molti libri alla biblioteca provvisti (i). t al nostro da Vigevano che toccò l’onore d’una commissione pontificia, conferitagli con bolla del 7 giugno I474 ^ Sisto IV. Lo incaricava di constatare, e all’uopo ratificare la verità dell’esposto in una loro supplica dal priore e frati, dall’abbadessa e suore del relativo loro convento e monastero di s. Brigida in Genova, intitolato « Scala coeli », circa le ragioni addotte , affine di ottenere la separazione loro dalla casa madre, detta « del Paradiso », in Firenze. 53) , (7 giugno 1474) Sixtus episcopus etc. Dilecto filio, priori prioratus Sancte Marie de Castello, Ianuen., salutem etc. Super gregem dominicum etc. Dudum siquidem per fel. record. Eugeniuin papam mi predecessorem nostrum accepto, quod in statutis et ordinationibus regularibus Ordinis s. Salvatoris, s. Bri-gide nuncupati, per eandem sanctam a primeva dicti Ordinis institutione provide institutis et per Sedem apostolicam confirmatis, inter alia cavebatur expresse quod nullum ex monasteriis dicti Ordinis ex tunc in antea erigendis et fundandis, monasterium censeri posset seu deberet, nisi quod pro tempore consecratum foret, et in quo sorores ac fratres dicti Ordinis insimul, muro tamen intermedio, iuxta instituta prefata, permanerent, ac eidem predecessori pro parte tunc abbatisse et sororum ac prioris et fratrum monasterii de Paradiso, extra muros Florentin. dicti Ordinis, exposito, quod nonnulli ex fratribus tunc existentibus prefati monasterii dudum antea quoddam monasterium eiusdem Ordinis, sub vocabulo ss. Marie et Brigide de Scalaceli in civitate ianuensi pro sororibus ac fratribus prefati Ordinis edificari facere ceperant, et in illo ex tunc ratres sive sorores laudabiliter permanserant et tunc permanebant, (1) Syll. a pag. 55.58, n.1 113-123. — 181 — ipsumque monasterium de Scalaceli propter facultatum carentiam in suis structuris et edificiis imperfectum remanserat, nec sufficientem dotem habebat, idem predecessor abbatisse, sororum, prioris et fratrum eorumdem supplicationibus inclinatus, per suas literas statuit, decrevit et declaravit, quod dictum monasterium de Scalaceli donec et quousque consecratum et ad sui perfectionem, cum fratribus ac sororibus in eo iuxta instituta prefati Ordinis permanentibus, deductum foret, ac in ipso interim degentes prefati Ordinis fratres monasterio de Paradiso predicto, eiusque pro tempore abbatisse, sororibus, priori et fratribus subiicerentur : Quodque etiam ipsi fratres, in monasterio de Scalaceli interim, donec ad eius perfectionem devenisset, permanentes, dicti monasterii de Paradiso conventuales existerent, reputarentur et censerentur, ac in eos omnes et singulos, nec non in prefatum monasterium de Scalaceli abbatissa, sorores, prior et fratres pro tempore monasterii de Paradiso huiusmodi interim omnimodas et plenarias iurisdictionem et potestatem h,iberent : Quodque monasterium ipsum de Scalaceli, ac fratres in eo, medio tempore, degentes, omnibus et singulis privilegiis prero-gativis indulgentiis exemptionibus et gratiis monasterio de Paradiso, eiusque fratribus pro tempore predictis, per Sedem predictam, vel alias specialiter aut generaliter concessis, uterentur et gauderent, prout in literis ipsius predecessoris plenius continetur. Cum autem, sicut exhibita nobis nuper, pro parte dilectorum in Christo filiarum, abbatisse et sororum, ac dilectorum filiorum, prioris et fratrum ipsius monasterii de Scalaceli, monasterium ipsum de Scalaceli votiva fere sit perfectione completum, decentemque pro sororibus eisdem clausuram habeat, et spes sit quod in brevi etiam opportune restantes imperfecte officine pro fratribus perfici poterunt, ac abbatisse et sororibus, necnon priori et fratribus ipsius mo.ia-sterii ianuensis difficile sit admodum, pro occurrentibus eis sepenu-mero negotiis, ad abbatissam ac sorores, priorem ac fratres ipsius monasterii de Paradiso, a quo tantum distat, recursum habere, eisque quibus iam tot annis subiecti fuerunt subesse per amplius in futurum, pro parte abbatisse et sororum, prioris et fratrum monasterii de Scalaceli predictorum nobis fuit humiliter supplicatum, quatenus monasterium ipsum de Scalaceli, illiusque personas a — 182 — sublectione, iurisdictione, et superioritate ipsius monasterii de Paradiso liberare penitus atque eximere, illudque de cetero monasterium de per se, ac sorores et fratres, in eo nunc et prò tempore degentes, illius sorores et fratres esse et esse debere, ac conven-tuales dicti monasterii de Paradiso amplius censeri non posse, licereque eis priorem annualem in eorum superiorem assumere, qui quidem prior in eosdem fratres et sorores dicti monasterii de Scalaceli visitationem, correctionem et omnimodam iurisdictionem ac superioritatem habere noscatur, et officium prioratus huiusmodi in manibus fratrum eorundem monasterii de Scalaceli predicti, anno iam revoluto, videlicet prima dominica post preclaram Resurrectionis Dominice festivitatem resignare teneatur, extuneque ad officium ipsum per fratres ipsos iterum alter eligi valeat, nullus tamen ultra quam pro uno anno, ac unus et idem ultra quam quinque annis successive ad officium ipsum nullatenus eligatur: Quodque sic electo priori pro tempore liceat fratribus et sororibus, oblatis ac commissis etiam pro tempore, ac aliis quibuscumque utriusque sexus personis ipsius monasterii de Scalaceli confessiones, eucharistie et alia ecclesiastica sacramenta, durante tempore electionis sue huiusmodi, ministrare, ipsique abbatissa et sorores ac fratres monasterii de Scalaceli predicti, qui impresentiarum sunt et suas olim in dicto monasterio de Paradiso professiones emiserant regulares, si voluerint in ipso monasterio de Scalaceli valeant licite permanere, ac ad recedendum ab eo per quempiam nequeant inviti ullatenus coar-ctari, concedere, aliasque eisdem abbatisse ac sororibus, priori et fratribus in premissis opportune providere, de benignitate apostolica, dignaremur. Non obstantibus premissis etc. Nos, qui cultum in locis quibuslibet quieta mente cupimus vigere divinum, et de nobis expositis huiusmodi certam notitiam non habemus, huiusmodi supplicationibus inclinati, discretioni tue per apostolica scripta mandamus quatenus, si est ita, super premissis eisdem, prout secundum Deum et conscientiam tuam, ac abbatisse et sororum, prioris et fratrum predictorum dicti monasterii de Scalaceli animarum salutem, nec non divini cultus incrementum expedire cognoveris, super quo tuam conscientiam oneramus, per te ipsum studeas salubriter providere. — i8j - Datum Rome, apud sanctum Petrum, anno ctc. millesimo quadringentesimo septuagesimo quarto, septimo idus iunii, pontificatus nostri anno tertio (i). Ho scritto altrove essere stati i Vigevano antichi cittadini genovesi, ma qui il p. Bartolomeo devo crederlo denominato dal suo luogo d’ origine ; perciò lombardo, 147 5 — 1477 P. NICOLÒ D'ORI A, di GENOVA, i.* volta. Uscito da nobilissima prosapia genovese, come l’indica il gentilizio, il p. Nicolò fece rapidissimi progressi in religione ; poiché un rotondo decennio e non più trascorse dal suo ingresso nell’ Ordine alla nomina di priore ; ciò che ne muove a pensare si rendesse frate anch’ esso già uomo fatto. Giovanetto seguì il padre in Fiandra , ove crediamo esercitasse la mercatura; certo prese l’abito in quel regno, nel convento d’isola, il 23 maggio 1465, e a nome di Castello ancora vi professò, e per gli studi o dopo gli stessi, sarà venuto in patria (2). Nel 1473 lo si trova già priore a Taggia, e di là i padri nostri il richiamarono, a mezz’anno 1475, per costituirselo capo. Infatti, addì 30 luglio il p. D’Oria imponeva la bianca lana al nobile garzoncello Domenico Grimaldi, e dopo lui a due altri il 21 aprile 1476. A-vrebbe dovuto fare lo stesso il 16 luglio successivo, (1) È pergamena originale dell’archivio di Castello, recante ancor oggi il bollo plumbeo pendente. (2) Syll. a pag. 38, n.° 66. — 184 — vestendo il bravo p. Ludovico da Taggia, ma perché tro-vossi di passaggio in Genova il p. Paolo da Piacenza, suo predecessore, divenuto vicario generale della Congregazione, la cerimonia al maggior prelato spettò. Al termine del 1476 il p. D’ Oria infermava, o per più mesi dovè assentarsi da Castello; giacché ad accogliere gli ultimi alunni entrati in religione durante il suo governo egli non intervenne, e compiva quel rito il vicario conventuale, p. Teramo Migone; ciò il 25 novembre e 20 dicembre 1476 (1). Ben sarà stato presente al transito del santo converso Matteo, del quale lamentiamo ignorare il cognome e la patria. Avvenne la beata sua morte il giorno 25 novembre 1475, festivo alla vergine e martire s. Caterina, di cui fu egli sempre in singolare modo divoto (2). Il non trovare di lui altra notizia per il 1477, non è ragione sufficiente a credere che il p. Nicolò non abbia compito il suo priorato. La positiva notizia del successore ci compare soltanto il 13 giugno di quell’anno, e tutti i cronisti gli assegnano il consueto biennio. Questo si é a dolere, che il libro dei consigli dal 3 novembre 1466 al 20 aprile 1487, vale a dire per un ventennio e più, abbia una lamentevole lacuna, cui non sapremmo a quale ragione attribuire ; essa ne priva della cognizione di molte cose utili alla nostra storia. Principale, le circostanze circa 1 acquisto del luogo di s. Vito, posto a cavaliere d’ una delle tante belle colline d’Albaro, quella che domina- il versante bagnato dalle acque del Bisagno, detta percio della Foce. Correndo il 1475 ^ P* Alessandro (x) Syll, a pag. 58, n.° 124 e seguenti. (2) Ivi, a pag. 36, r>.° 64. i85 ~ Raibaldi, domenicano, rappresentò a Sisto IV, qualmente il benedettino Andrea di s. Ambrogio, già priore di san Matteo in Genova, con danaro proprio, sulla terra, ove in antico sorgeva la chiesuola di s. Vito, avesse impreso la costruzione d’un monastero dedicato a s. Ilarione, per 1’ abitazione d’un priore e sei monaci, e anche lo dotasse. Ma di presente Ludovico Villani e Benedetto Cadetti, priore quegli di s. Matteo, questi di s. Ilarione, sentendosi incapaci a proseguire la fabbrica rimasta ai fondamenti, consentivano a che, dopo la morte del Cadetti, passasse, con certe condizioni, a mano dei frati predicatori dell’ osservanza. Chiedeva adunque, e il papa concesse il 26 luglio 1475, che il luogo, cosi volontariamente ceduto, fosse dato al p. Alessandro Raibaldi, sua vita durante, col titolo di priore, e dopo il costui decesso ai domenicani di Castello. Io stimo che a siffatto trapasso non sia stato alieno il p. Nicolò, lo coadiuvasse invece nella doppia sua qualità di priore del convento, e di discendente dall’ illustre parentela dei D’Oria. Ci basti l’avere qui accennato la bolla di erezione (1) del piccolo convento di s. Vito, giacché di esso, come dell’altro di s. Luca d’Albaro, é mente nostra trattarne a parte. L’anno 1475 segna un’epoca triste al sommo e malaugurata nella storia della nostra patria, la caduta cioè di Caffa in Crimea a mano del turco, la quale trasse dietro sé la perdita di tutte le colonie genovesi nel mar Nero. Poco innanzi la catastrofe moriva colà il vescovo diocesano, Gerolamo Panissari, secondo priore di Castello, e 1’ anno dopo anche il suo vicario, p. Battista Fattinanti, preso (1) Edita nel Bull. Ord. Praed. Tom. Ili, pag. 530. — 186 — schiavo e condotto in Costantinopoli con tant’ altri, ove perì assai probabilmente in catene (i). Nel 147^ P01 S1 ha certa notizia che il generale domenicano, Leonardo Mansueti, dimorò alcun tempo in Genova, ed il 9 agosto confermava priore del convento di s. Domenico il p-Paolo Moneglia, già figlio del nostro cenobio, e in seguito maestro del sacro palazzo, vescovo di Scio e nunzio apostolico in Ungheria (2). 1477 — 1478 P. DIONIGI da BERGAMO Conosciamo del p. Dionigi il solo nome e la patria, mentre il casato e le gesta sue, avanti e dopo 1’ esercizio priorale a Castello, ne restano ignote. Case domenicane in Bergamo n’esistettero almeno tre, le quali molti egregi uomini produssero, ma la storia loro rimane a scriversi. Pare che non abbia terminato il biennio, e nel breve periodo di suo governo nulla accadde di nota degno, o se avvenne, un profondo silenzio lo cela. Mancano le carte dell’ archivio, il registro dei consigli tace ; e a noi non resta a dire altro, se non che fra le poche vestizioni da esso fatte dal 13 giugno 1477 al 30 marzo 1478, è stato abbastanza felice d’indossare la divisa guzmana a quel Sisto Maggiolo, che divenne uno zelantissimo religioso, e promosse, ovunque ebbe grado di superiorità, la regolare (1) Syll. a pag. 5, n.° 6. (2) Ivi, a pag. 30, n.° 52. Strip. Ord. Praed. Tom. II, pag. 4. disciplina, e mori da ultimo a Castello con chiari argomenti di peculiare santimonia (i). Correndo 1’ anno 1474 la ricca e pia signora, a nome Iglesia (2), fondava in chiesa nostra una nuova cappella sotto I’ invocazione di santa Caterina da Siena, con suo testamento del giorno 25 aprile, rogato dal notaio Nicolò Garumberio, destinando a quell’uso i proventi di luoghi 17 su 18, da essa posseduti sul banco di s. Giorgio. Ne costituiva al tempo stesso patroni i fratelli Pier Giovanni e Benedetto Casella, suoi esecutori testamentari (3). Morta quattro anni dopo, sembra che i suddetti siansi (1) Syll. a pag. 61, n.‘ 131-136. (2) Sul casato paterno di costei corrono diverse versioni: alcuni hanno Fava, altri de Folo. I registri di s. Giorgio dicendo de Folo, io inclino meglio a questo cognome, che sarà poi il casato Fò, noverato dai genealogisti tra le antiche famiglie genovesi. (3) In testamento Itiglesie (luogo corroso) uxoris q. Aregordi (come sopra), confecto per Nicolaum Garumberium notarium (come sopra) die vigesima quinta aprilis, particula continetur ut infra : Item legavit et ordinavit ipsa testatrix, quod loca decem et octo scripta in dictis comperis super uomen ipsius testatricis, sic scripta perpetuo stare debeant super ipsam testatricem, et nunquam vendi alienari, et seu obligari possint, et ex primis proventibus dictorum locorum construatur et construi debeat, per infrascriptos fideicommissarios suos, capella una in ecclesia de Castello pro anima ipsius testatricis, et si videbitur dictis suis fideicommissariis aliquid. debere suppleri in construendo dictam capellam ex proprietate dictorum locorum, illud possint facere et suppleri, non obstantibus supradiclis in presenti legato, et sub columna dictorum locorum scribatur obligatio, quod de proventibus dictorum locorum, constructa dicta capella, in perpetuum respondeatur et responderi debeat monasterio et conventui predido S. M. de Castello. Qui fratres dicti monasterii omni die, in perpetuum, teneantur celebrare missam unam ad altare dicte capelle pro anima ipsius testatricis, et cuius capelle voluit ct ordinavit quod sint et esse debeant patroni Petrus Ioannes et Benedictus fratres de Caiellis, et descendentes ex eis post ipsos Petrum Ioannem et fratrem. Fideicommissarios autem suos et exeeutores presentis sui testamenti et ultime sue voluntatis, constituit et esse voluit dominum presbyterum Antonium Masnatam, rectorem s. lacobi, absentem, dictosque Petrum Ioannem et Benedictum fratres de Cazellis, quibus dedit et concessit omnem bay-liam etc. in similibus dari consuetam. — 188 - dato premura di eseguirne la volontà, e dentro il 1478 costituire nel banco stesso la rendita annua assegnata alla cappella, diminuita però d’ assai, e forse per lo speso nella fabbrica della stessa, come risulta dai cartolari di s. Giorgio (1). 1479 — H82 P. NICOLÒ D'ORIA, di GENOVA, 2.* volta. Per la seconda volta pigliò la carica il p. Nicolò D’Oria, cui il sillabo ci mostra già in seggiol’8 gennaio 1479, giorno in cui ricevè all’ abito Stefano Gattazzi, e per (1) Reperitur in cartulario locorum comperarum s. Georgii anili MCCCCLXXVIII etc. ut infra : Ingresia, filia Petri de Folo, et tixor Aregordi de Flacono. Eidem MCCCCLXXVIIII die X februarii scripta sunt loca sex de ratione eiusdem lngresie de presenti cartulario. Iesus MCCCCLXXVIIII, die XII februarii. Dicta loca sic stare debeant perpetuo scripta super dictam Ingres inni, et de proventibus eorum respondeatur et responderi debeat in perpetuum monasterio et conventui S. M. Castelli, et fratres dicti monasterii teneantur omni die in perpetuum celebrare unam missam ad altare capelle, institute in dicta ecclesia S. M. de Castello, sub vocabulo s. Cathcirine de Senis, pro anima ipsius lngresie, et cuius capelle sint et esse debeant patroni Petrus Ioannes et Benedictus fratres de Casellis, et post eos eorum descendentes ; et hoc in observationem testamenti et ultime voluntatis dicte q. lngresie, scripti et publicati manu Nicolai Garumberii, notarii, anno MCCCCLXXIIII, die XXV aprilis. In quo quidem testamento instituit et ordinavit fieri debere capella predicta_ in dicto monasterio, et eam dotavit locis decem septem scriptis super dictam lngresiam, in presenti et in duabus sequentibus collonnis. De proventibus autem supradiclorum locorum decem septem respondeatur et responderi debeat annuatim de solidis triginta Petro Ioanni et loanni Baptiste Casellis, patronis dicte capelle, pro emendis pistibus duobus palmarum, uno videlicet pro utroque ipsorum, et libris quatuor candelarum cere albe, videlicet libris duabus pro eorum singulo, omni anno, pro recognitione iuris patronalis ipsorum; et casu quo dicti fratres non celebrarent quotidie missam ad dictam capellam, nec manutenerent paramenta necessaria ad dictam capellam et similia ornamenta, tunc et eo casu dicti patroni possint Imbere regressum ad ares-tandum proventum dictorum locorum, et de ipsis deserviri facere dicte capelle tantum et non aliter, pro tempore quo dicti fratres non deservirent dicte capelle. — 189 — avventura erane al possesso mesi innanzi; cosicché tutto induce a credere ritornasse al governo -della casa verso la fine del 1478', rimettendolo poi a mezz’anno 1482; quindi dopo un doppio biennio. Anche per lui si verifica la mancanza di notizie qui sopra lamentata. Nell’ archivio una sola carta rinvenni, l’atto cioè di vendita d’una casa posseduta da Gerolamo Trucco, attigua al convento, e pel prezzo di 150 lire consegnata al sindaco p. Barnaba Gentile, il 20 novembre 1481. Era posta in via di S. M. di Castello, e, secondo ogni apparenza, alle spalle del coro attuale. (N. 54) (20 novembre 1481) In nomine Domini amen. Hieronymus Truchus, q. Bartholomei, civis Ianue, iure proprio etc., vendidit etc. venerabili religioso, domino fr. Barnabe de Gentilibus, tanquam sindico etc. venerabilium dominorum, prioris, fratrum etc. S. M. de Castello, presenti etc., quamdam ipsius Hieronymi domum, positam Ianue in contrata S. M. de Castello, cui coheret antea et ab uno latete via publica, retro et ab alio latere dictum monasterium S. M. de Castello, et si qui etc. Pro pretio etc. librarum centum quinquaginta ianuinorum monete currentis, quas libras dictus dominus fr. Barnabas in presentia etc. numeravit in ducatis et grossis argenti, pro pretio dicte domus etc. Actum Ianue, in domo habitationis ipsius Hieronymi, sita in contrata s. Donati, anno etc. mcccclxxxi, indictione decima etc., die martis, xx novembris, in tertiis. Presentibus presbytero Petro Rascharola, de Sigestro, capellano in ecclesia s. Donati, Ianuen., Ioanne Antonio de Feo, q. Petri , et Francisco Ferro , textore velutorum, filio Io., testibus etc. Petrus de Ripalta, notarius. Degli undici soggetti che il D’Oria chiamò al chiostro, niuno si distinse per cariche, 0 speciale nota di dottrina. Si faceva invece un grand’onore in quei giorni nella 190 — rie lCaZ10ne ^ P' Benedetto Goano, al quale titolo . " lst0 ^ 22 novembre 1479 la graziosa bolla, r/* "ta fei esteso nel sillabo (1). E nel sillabo stesso 001 Jmmo> come del 1488-89 il p. Nicolò andasse e a a\ ona, e venisse quindi a morire a Castello o innanzi il 5 maggio 1489; dove avendo - goduto ma e onesta amicizia della gentil donna Teodorina ome ini vedova Spinola, anzi di spirare pregò il su-^ e 1 ar d°no del suo breviario alla suddetta signora, ^1 S°aVe memor*a’ e ne fu contentato (2). all» • fe ancle ^a insolazione di vedere, lui priore, assunto u a pontificale d Aiaccio in Corsica il primo ve-covo, scelto tra i figli di Castello da Sisto IV nel 1482; u il dotto p. Gabriele De-Franchi-Luxardo (3). 1482 — 1485 P- GIULIANO POLCEVERA, DI GENOVA. Y fi 1Tlano mano più frequenti le nomine a priore & e nostro convento. Giuliano Polcevera v’era . t0)novizi° il 24 maggio 1465 (4), e scorsi diciassette anni n ottenne la reggenza, circa la metà del 1482. n 1 a tempo suo è da attribuire il permesso gratui-amente dato dai nostri ad Andrea Monteverde di co-s una scala, oggi ancora esistente, sopra il suolo della piazzetta laterale alla chiesa di Castello, per acce-aere con maggiore comodo in casa. (1) Syll. a pag. 21 e seg. (2) Ivi, a pag. 38. (3) Ivi, a pag. 11. (4) Ivi, a pag. 40, n.» 69. (tf- ss) 191 - (ij luglio 1482) In nomine Domini amen. Cum sit, prout per infrascriptos asseritur contrahéntes, quod Andreas de Monteviridi, olim seaterius, civis Ianue, q. Babilani, habeat quamdam eius domum, sitam Ianue in contrata Castri, prope quamdam plateolam fratrum conventus S. M. de Castro, sitam Ianue in dicta contrata, que plateola ali.is erat domus coniuncta faciei dicte domus dicti Andree, que domus nunc est plateola et in totum dirupta et reducta in plateolam, et cui plateole coheret antea via pubblica, ab uno latere dicta domus dicti Andree, et ab alio latere quedam aiia plateola seu vacuum dictorum fratrum, et si qui etc. : Sitque etiam, quod dictus Andreas requisive-rit dictos fratres, quatenus permittere velint quod dictus Andreas fabricet, seu fabricari faciat, scalam unam lapidum in dicta plateola, per quam iri et ascendi possit in dictam domum dicti Andree: Ecce quod venerabilis religiosus, dominus fr. Barnabas Gentilis, nomine dictorum fratrum etc., volens eidem Andree morem gerere, ideo ipse, dicto nomine, sponte etc. contentatur et vult quod dictus Andreas fabricet dictam scalam in dicta plateola, hac tamen lege et conditione , et non aliter, videlicet: quod semper et quandocum-que fratres dicti monasterii vellent edificare seu edificari facere in dicta plateola, super qua fiet dicta scala, aut de ipsa plateola vellent disponere, quod tunc et eo casu dictus Andreas teneatur et debeat etc. diruere seu dirui facere dictam scalam, et eam plateolam reducere, seu reduci facere in pristinum, pro ut nunc est, ac eam reddere et restituere ac libere relaxare in pace et sine lite dicto monasterio, absque aliqua exceptione ac contradictione etc.; et possint dicti fratres, ac eis liceat, dicto casu interveniente, dictam scalam diruere et eam reducere in pristinum, propria auctoritate et absque licentia, vel auctoritate, alicuius magistratus. De quibus omnibus etc. Actum Ianue, in palatio communis, in prima sala, vocata Fraschea, ubi iura redduntur etc. anno, etc. mcccclxxxii, indictione quarta-decima etc., die iovis, undecima iulii. Testes Bernardus de Fossato, q. Nicolai,, et Bartholomeus Caldera, q. Simonis, cives et habitatores Ianue. Baptista Muffula, notarius. ‘7~ ' Se appena eletto priore, ne venne al possesso, uopo è dire se n’allontanasse di nuovo; poiché al giovane Antonio Porta non lui, ma il sottopriore, p. Protasio Rapallo, impose la veste domenicana il 13 settembre 1482. Dal 3 ottobre stess’anno al fine del seguente, quattro giovani ancora ammise il p. Giuliano alla probazione, e per due altri ricevuti a Savona, per conto loro, diedero licenza il priore e i padri di Castello. Uno di essi è il p. Martino Giustiniani, riuscito in seguito un insigne maestro, inquisitore di Genova, e morto perfetto modello d eroica pazienza (1). Doveva altresì aver il vanto d’ accogliere in religione queU'altro luminare splendidissimo d’erudizione poliglotta, che tu il poi vescovo di Nebbio, Agostino Giustiniani, ma utu brutta scena di violenza gliel’ impedì. In un mese non precisato del 1485, il nobile garzoncello bramoso rendersi domenicano, impotente, per l’età di soli 15 anni, a vìncere la ritrosia del genitore e dei congiunti, si rifriggi un bel dì a Castello, chiedendone l’ammissione. \ ì stette un giorno intero e la notte, poi scovertone il nascondiglio* Paolo suo padre, coll’ assenso dell allora doge e arcivescovo, Paolo Campotregoso, armata mano ne lo strappò dì convento, e mandollo a Valenza di Spagiu. ad esercitarvi la mercatura. \on ci sono conte le minute circostanze dell’atto, che ditìki intente sarà stato consummato senza offesa al priore ed ai religiosi della casa. Buon per lui, che, riavutosi a tempo dalla dissipata vita in Spagna condotta, ritornò in Italia, ed a Pavia, volente o nolente il padre, (11 Syìl. a pag, Tl . - 193 — abbracciò il primiero istituto, cui illustrava poscia col-l’immenso suo sapere (i). Era ancora priore il p. Giuliano quando, per la morte avvenuta di Galeotto, conte di Ventimiglia, rimastone erede universale il p. Simone, fratello di lui e figlio del convento, questi che, in antecedenza, il i.° maggio 1473, innanzi di far i voti religiosi, rinunziato avea la porzione dei beni paterni all’ ora defunto germano , andò al possesso dell’ intiero patrimonio, pervenutogli ab intestato, causa la niuna prole dal Galeotto lasciata. Il perchè, addì 12 aprile 1485 , il sindaco p. Barnaba Gentile lo nominava suo sostituto, per la liquidazione dell’asse in tale guisa ereditato. Già recammo la più importante parte dell’ atto, rogato dal notaio Lorenzo Costa (2), nè occorre ripeterla. Non ci farebbe punto meraviglia, che i fratelli Simone e Galeotto fossero stretti congiunti al p. Agostino, spesse volte sopra menzionato, uscito esso pure da quella nobile ed estesissima famiglia (3). 11 sillabo accenna essere il p. Polcevera da Castello andato ai conventuali, cioè fuori la Congregazione, e noi osservammo aver dovuto fare quel passo dopo il 1472, anno in cui firmò ancora una carta qui da noi. Ora aggiungeremo che potè anche esser accaduto a priorato finito, nel quale consumò, pare, quattro anni. E altrettanti ne passava subito dopo al governo del convento di s. Domenico d’ Alba in Piemonte, cui fui eletto per libera nomina dei vocali nel primo loro periodo di (1) Sylì. a pag. 73, n.° 164. (2) Ivi, a pag. 51-52, n.° 104. (3) Come probabilmente le sarà anche appartenuto quel p. Gerolamo dei signori di Cunio, che vedemmo vicario generale della Congregazione di Lombardia, 1’ anno 1468, poco sopra a pag. 150 e 151. Atti Soc. Lio. St. Patria. Scric i.n Voi. XXI. 14 — 194 — fervido spirito di osservanza. L’elenco dei priori di quel cenobio, da me posseduto, reca pel quadriennio 1487-90 un fr. Iulianus de Gemici, che non è altri dal nostro Polcevera, un casato schiettamente genovese, originario dal-1’ omonima valle, alle porte della nostra città. 1485 — 1487 P. DOMENICO ANFOSSI, di TAGGIA. Mi reputo felice d’ avere trovato il cognome del p. Domenico nei mss. Annales conventus Tabiensis S. Mariae Misericordiarum, conservati nella civica nostra biblioteca. Ecco ciò che ne dicono: Anno 1461 receptus fuit ad habitum fr. Dominicus Anfossius, de Tabia, per fr. Christophorum de Mediolano. Hic, siculi fuit primus pro hoc conventu receptus, sic etiam fuit primus illius prior, et ter. In nostro libro nòvitiorum legitur quod obierit anno 1493 die 5 apri lis, in die Parasceve tunc cur r ente, hora quasi nona, in hoc imitatus mortem Salvatoris nostri, sicut evangelistae tradunt. Bel vanto adunque per lui si fu 1’ essere stato il primo acquisto fatto dal padre, ed ora beato, Cristoforo da Milano, fondatore del convento di N. Signora della Misericordia in Taggia. Alla sua volta, costituito priore a Castello, ricevè dieci novizi, parte con azione diretta, e parte a mezzo del sottopriore, p. Nicolò D’ Oria, sul-lodato ; e di tutti fece la migliore riuscita, in punto costumi, il p. Angelo Pateri, di Scio, e in ragione di scienza il p. Giovanni Galliani, cui i cronisti appellano valente quant’altro mai in ambe leggi (1). (1) Sylì. a pag. 70-74, n.1 156-166. ♦ - I9J _ Due soli atti notarili io rinvengo rogati durante il suo biennio. 11 primo contiene una carta di procura nelle persone dei padri Barnaba Gentile e Battista Centurione, spedito dal priore e frati del convento di Taggia; dove eziandio sonvi eletti arbitri d’una certa controversia, colà insorta con Pier Antonio Ardizzone, i padri Nicolò D’ Oria e Gregorio Giustiniani, assieme ad altri secolari. (iV. $6) (12 novembre. 14.86) In nomine Domini amen. Anno nativitatis eiusdem millesimo quadringentesimo octuagesimo sexto, indictione quarta, die duodecima mensis novembris, in vesperis. Convocato etc. universo capitulo conventus B. M. Misericordie matris, Ordinis fratrum predicatorum, regularis observantie, de Tabia, per reverendum patrem priorem dicti conventus, fr. Nicolaum de Naulo , sono campane ut moris est, quorum fratrum nomina sunt hec : frater ipse Nicolaus prior, fr. Vincentius Frumelus de Tabia, tr. Christophorus de Petralata, fr. Vincentius de Castelario, fr. Ioannes de Sarzana, fr. Iacobus de Dulcedo, fr. Philippus de Lenguilia, fr. Marcus de Dulcedo, fr. Benedictus de Tabia, omnes ipsi et eorum quilibet singularis, coniunctim et divisim etc., in presentia mei notarii etc. constituti etc., non valentes infrascripte cause et causis commode vacare, infinitis eorum officiorum occupationibus impediti, fecerunt etc. eorum et dicti conventus veros et certos nuncios ac negotiorum gestores etc. loco eorum etc. venerabiles religiosos, fr. Barnabam de Gentilibus et fr. Baptistam Centurionem de Ianua, Ordinis et regularis observantie predictorum, Ianue in conventu B. Marie de Castello moram trahentes etc., ad omnia et singula ipsorum constituentium et dicti conventus negotia tractanda etc. in iudicio vel extra. Et specialiter et expresse, ad componendum etc. et compromissum faciendum etc., nomine et vice fratrum eiusdem conventus, in venerabiles religiosos, fr. Nicolaum de Auria et fr. Gregorium Iustinianum etc. ac egregios viros seculares , dominos Paschalem — ip6 — S;uilum et Paschalem de Furnariis, fi 1 ilim domini Nicolai, tanquam in eorum arbitros etc., de et super querelis et differentiis ortis seu que oriri poterunt inter fratres ipsos et conventum ex una parte, et Petrum Antonium Ardizonum de Tabia, parte altera: Cura limitatione tamen etc., quod non valeat neque teneat predictorum arbitrorum sententia aliqua vel laudum etc., preterquam si fuerint prefati arbitri omnes et singuli in perferendo sententiam ipsam vel laudum concordes, per pactum expressum. Actum apud burgum seu podium Tabie , in capitulo dicti conventus de Tabia, presentibus testibus vocatis et rogatis, Michaele Baptista Vesconte, Io. Baptista Ardizono et Petro Andrea Mabilio, de Tabia, civibus. Antonius Regetia, notarius. È il secondo atto una sostituzione di procura che fa, 1 S gennaio 1487, nel p. Filippo Rossetti, il sindaco di Castello p. Filippo Italiano, gravato forse di soverchio lavoro o per malferma salute. L’ omettiamo come privo di valore. Sullo scorcio del priorato intervenne cosa bastante a dargli noia, e provocarlo a misure di rigore. Viveva in convento un converso, a nome Stefano, il quale col riottoso suo carattere attaccando briga con tutti, serviva d inciampo e disordine al comun vivere, e minacciava produrre lo scandalo al pubblico. Addi 20 aprile 1487, il p. Domenico Anfossi si decise raunare l’assemblea dei padri, e questi a voti unanimi diedero il partito di serrarlo in carcere, come fu fatto (1). Anche scaduto di carica, seguitò a vivere a Castello il p. Domenico, e lo si trova firmare molti atti consiglieri fino all' ottobre 1490. j ut ipsam civibus ipsis intimaret et re-« V K^)U0^ Ct ^eC't’ resPondens mihi per literas tenoris huius; Yos . ' 1 * Christo patri etc. Vestras accepi, et immediate per tatur *"'r^a ^°^iam recul‘ domino Iacobo Cataneo. Conten-iiiunis^ °mn^US *uxta ter)orem per vos scriptum; nisi quod t b' an=>u|'’ 111 cluo construetur logia nova, non est rectus, opor-dirioere. Oportct quod logia sit quadrata et recta. Fe-non fauent nisi ad orientalem et meridianam pl.tgam, ut P istis. Dominus Iacobus loquetur cum domino Gabriele, et ego eum inveniam. Omnia adaptabuntur, et logia antiqua erit nostra, donec ecclesia fabricetur ». quorum testimonium ego fr. Ioannes de Lulmo hec scripsi, ste manu propria. Ego fr. Baptista de Ianua, supprior, predicto nsi io intei lui et consensi etc. Ego fr. Philippus Italianus in-Fo Ur etn0nSenS' etC’ ^*ieramus de Genua interfui etc. o •• ominicus de Tabia interfui etc. Ego fr. Nicolaus de ianua interfui etc. Dal documento che segue si raccoglie che a colti-,re. a ^ Albaro attendevano non contadini bor-f CSir .^0catar'’ come avvenne poi dopo, ma bensì i rate i aici del terz* Ordine, prima di essere ammessi a Professare in qualità di conversi. Ov. 62) (ij ottobre 1488) an d ^ 1 ^ Vel °Ctobris r488 propositum est coram patribus iHnl Cret ^C1PI ad Servitia conventus pro Albario quidam Binus, itanH ’ l3CObÌ de CaSan0Va ca™]li> q™ se offert ad ha-oreri T CUm rambuS et serviendum in vita sua gratis et absque P eno Lt conclusane est quod recipiatur, non quidem ad vitam, co rT • CmPUS Ct probatIonem> Pascendo et vestiendo ipsum iuxta delk 'T.I P®' “Sentiente- <*■'' si «Mia* fieri, et fi- del c0nve U1; fidditer e( s.ne scand^ ^ e‘ <>Ual',at'S Sue **rvie„do, e, in his perseveraverit usque ad convenientiorem etatem, qua possit se rationabilius et convenientius obligare, tunc recipi possit per patres. Quod si inobediens ac infidelis, sive aliter vitiosus inveniatur, omni tempore eiici possit et licentiari, absque ullo salario aut obligatione. Die vero 12 novembris anni eiusdem, accersito ipso et patre iuxta portam conventus in primo claustro, presentibus patre fr. Philippo Italiano, fr. Dominico de Tabia, vicario conventus et fr. Francisco de Carmagnola, procuratore conventus, requisivi ab eo si contentus erat quod filius suus, coram eo positus, habitaret cum fratribus iuxta predictas conditiones; respondit quod sic, et quod summe placebat sibi, nec quidquam carius aut gratius sibi facere poterit. Et sic receptus est cum consensu patrum et Albarii deputatus, maxime pro deferendis fructibus et oleribus ex Albario ad conventum et aliis servitiis occurrentibus, ad discurrendum de loco ipso ad conventum et e contra, ut fratres tertii habitus villam ipsam Albarii commodius et attentius colere possint. In quorum testimonium ego fr. Ioannes de Lulmo hec scripsi teste manu propria (1). L’ ultima e lodevole impresa cui diè opera il solerte priore Giovanni, è stata la compera d’un organo nuovo per la chiesa nostra, atteso che, e per la sua antichità e dissonanza delle voci, il vecchio non più serviva al-1’ uopo. Saputo pertanto averne di fresco costrutto uno il maestro Giovanni Torrianr, veneto, sei fece recare, col consenso dei padri, a Castello, e provatolo 1’ 8 aprile 1489 al cospetto di quattro periti nell’arte, che il collaudarono come buono a sufficienza, e alla chiesa proporzionato e adatto, ne fissava il prezzo in ducati 44 d’oro. All’acquisto pare l’abbia indotto, più di tutto, la collaudazione fattane dal frate nostro converso, Tom-masino da Finale, dimorante allora a Marassi, sobborgo di Genova, cui perciò dobbiamo supporre valente in (1) Seguono le stesse firme qui sopra riferite nel documento n.° 61. — 206 — materia (i). L'atto di vendita ebbe luogo il giorno 12 successivo, alle condizioni e colle intelligenze in esso contenute (2). Fece due sole vestizioni di novizi, e in ciascuna accettò all’Ordine due soggetti. Gli ammessi addì 19 aprile 1489 non offrono meriti speciali, ma quelli del 5 giugno stess’anno richiedono peculiare menzione. Sono essi, il p. Andrea Corsi e il p. Ludovico De-Marini, il primo divenuto un matematico di celebratissima fama, -r r r T e come tale adoprato nelle corti di papa Clemente e di Francesco I di Francia ; il secondo riuscito un dotto teologo, vicario generale della Congregazione di Lombardia, e, quel che più monta, un santo religioso (3)-Egli stesso il p. Giovanni era un modello di perfetto cenobita, e meglio che colle parole predicava coll eloquenza dei fatti. Sentasi il giudizio che ne reca il Pi°-« Fra Giovanni da Lulmo, villaggio nel Bergamasco, fu vicario generale della Congregazione di Lombardia, e prima e poi resse molti priorati di quella, e specialmente quei di Bologna e di Bergamo, con giustizia ed esempio mirabile. Niuno era più sollecito al governo di lui. Austerissimo a sé stesso, placido e benigno mostravasi agli altri. Sopratutto ardeva d’ una grande carità verso gli infermi, nè così tosto aveva inteso il male, che volandosene a loro, con ogni potere gli prestava il soccorso. Era altrettanto giusto e severo contro 1 vl* zi, quanto piacevole e mite verso i virtuosi ; onde i dissoluti e meno religiosi non potevano abitare con (1) 11 documento trovasi già edito a pag. 488 dell’ Antica Collegiata. (2) Come sopra a pag. 490, in nota. (3) Sytl. a pag. 74-76, n.1 167-170. — 207 — lui. Visse insomma unico esempio di zelo d’osservanza regolare e di costanza d’animo, e nella patria, vecchio di anni e di meriti, morì, con gran divozione, fervore e spirito, l’anno 1500 » (1). Non comprendo come il p. Borzino abbia potuto leggere nel registro dei consigli de Vùlturo a vece di Lulmo, che vi è chiarissimo e ripetuto ben sedici volte in poche pagine. Altri scrisse de Ulmo, e priore per unum annurn, ciò che vedemmo essere falso. Olmo poi, patria del nostro Giovanni, è un paesello nell’ agro bergamasco, di cui era nativo anche Matteo de Lulmo, vescovo di Laodicea e vicegerente dell’ arcivescovo di Milano, uomo d’incrollabile fede alla romana Chiesa, al tempo del conciliabolo di Pisa, il quale decesse l’anno 1512. Ben so che il Rovetta lo fa di Morbegno, in diocesi di Como, e l’Echard lo vuole venuto alla luce in Como stessa, nè il Piò seppe decidersi fra le due opposte sentenze. Quindi per essi Lulmo, o dall’ Olmo, sarebbe casato , non patria, non solo a rispetto di Matteo, ma eziandio di Giovanni, poiché erano coetanei, se non anche pa renti. Noi lasceremo la soluzione del dubbio ai meglio addentro nella storia lombarda che noi non siamo, pa^hi di osservare come n’ accadde incontrare il cognome Dal 1’ Olmo in persone oggidì viventi. (1) Uomini illustri di s. Domenico. Parte I, lib. I, a pag. 196. — 2o8 — 1489 — 1491 P. BARTOLOMEO da NOVI. S01 volando alla questione in altro luogo discussa, I ) • o se aggiunto da Novi debbasi qui avere in conto di patria ovvero di casato, ci atteniamo al sistema seguito nel sillabo, e fino a prova contraria è per noi nome di famiglia. in conseguenza il p. Bartolomeo sarebbe genovese, e in ogni caso, per lo meno, ligure. Tre vestizioni ebbero luogo nel suo biennio; la prima di Francesco Sah ago, fatta da lui in principio di quaresima del 1490, a seconda di Giovanni Fieschi, per mano del p. Vincenzo andello, allora vicario generale della Congregazione lom-arda , poi capo supremo dell’ Ordine , la quale ri usci assai bene. Meglio di tutte la terza, il 22 aprile 1491, nobile gio\ anetto Antonio Camilla, ricevuto dal sottopriore Nicolò Brezzi, e che spirò dopo otto soli anni 1 "e i*i0ne> mo(iello di ogni più rara virtù (1). 1 e libro dei consigli rinvengo due atti che lo riguar-ano come priore. L ufficio di s. Giorgio, stretto forse urgenti necessità economiche, volle sospendere, oppure o iere affatto 1 esenzione dalla gabella del vino, in an- 0 c°ncessa^ai luoghi sacri e monasteri della città, e T T- T-1*0 ^ avv*SG} c^le suonava l’ordine di aderirvi. Pa n 1 Castello raccolti a capitolo il 3 ottobre 1490, osi incapaci a resistere al torrente, come lo chia-°> i s. Giorgio, si assoggettarono a pagare quel non senza una rispettosa protesta a farsi in loro °me, a priore e dal sindaco del convento. (I) 5yìl- a Pa8- 77, n.‘ 171-173. (N. 6;) - 209 - (j ottobre 149o) Die 3 octobris 1490. Quia officium s. Georgii urget nos ut velimus consentire ad solvendum pedagia vinorum, nos fratres infrascripti consulentes honestari et honori conventus, redimentes vexationem nostram , quia contra torrentem s. Georgii incedere non possumus, in hanc sententiam devenimus, ut reverendus pater prior, cum sindico et procuratore, accedat ad prefatum officium s. Georgii, et non renuntiantes iuribus ecclesiasticis, dicant quod nolumus impugnare s. Georgium (qui sonvi cancellale più parole); et in fidem premissorum manu propria quilibet subscripsit. Ego fr. Bartholomeus de Novis, prior, affirmo ut supra, manu propria. Ego fr. Nicolaus de Tabia, supprior, affirmo ut supra etc. Ego fr. Philippus de Ianua affirmo ut supra etc. Ego fr. Matthias de Ianua, vicarius, affirmo ut supra etc. Ego fr. Baptista de Ianua affirmo ut supra etc. Lo stesso anno, in giorno non precisato ma posteriore, al surriferito, altra deliberazione adottavano i medesimi di pieno accordo: questa cioè, di non più, a chiunque e per qualsivoglia motivo, imprestare certi panni, nei quali erano conteste figure di santi, forse a guisa di arazzi, che a quei giorni adornavano le pareti del coro. La ragione era : non credere lecita né lodevole cosa 1’ adoperare ad uso profano oggetti una volta dedicati al culto divino. Ciò che fa intendere che le figure suddette venissero adibite a scopo non religioso. (N. 64) (novembre? 1490) Quia neque licitum neque iure approbatum est, ut ea que semel cultui divino dedicata sunt, ad profanos usus exponantur, ideo decretum est inter nos patres infrascriptos conventus S. M. de Castello, ut nulli imposteruin penitus concedantur ille figure sanctorum de panno contexte, que ad cultum Dei et cliori honorem Atti Soc. Lig. St. Patru , Serie 2.a, Voi. XXI. dedicate sunt. Et in fidem premissorum quilibet nostrum manu propria se subscripsit. Et alia etiam que ad cultum dedicata sunt, et demum conclusum est inter prefatos patres ut nihil, quod-cumque sit illud, ad ecclesiasticum usum deputatum, debeat quomodocumque vel cuicumque extra conventum concedi. Ego tr. Bartholomeus de Novis, prior, approbo ut supra, fr. Nicolaus Tabien., fr. Michael de Pedemontium, fr. Hugo de Lotharingia, fr. Philippus de Ianua, fr. Dominicus de Tabia, fr- Bartholomeus de Ianua, fr. Matthias de Ianua, fr. Baptista de Ianua , fr. Petrus de Ianua, fr. Dominicus de Ianua, fr. Sixtus de Ianua. Molti legati pii e donazioni dal 1490 al 1493 ven' nero offerti e accettati con riconoscenza dai nostri padri, pel miglior servizio della chiesa e la prosecuzione della fabbrica del convento. Ne diè l’esempio addi 9 braio 1490 una tale Caterina, mora di nazione, ma bianca di colore, schiava una volta d’ un Lomellini, e moglie d altro schiavo a nome Martino, la quale chiamò suo erede universale il convento di Castello, caso che i figli suoi nascituri cessassero di vivere in stato libero. (N. 63) febbraio 149°) MCCCCLXXXX, die 9 februarii. Catharina, natione maura, alba, olim serva ('manca) Lomelini, uxor Martini, quem redemit a Hieronymo (?) de Guano, q. d. Baptiste, modo habitatrix prope S. M. Gratiarum, legavit conventui S. M. e asttllo libras xv, et petiit quod acceptentur ad mille missas regorii... Heredem instituit filium vel filios, quorum modo est pregnans, qui si masculus vel masculi fuerint et decesserint xx annos, et femina vel femine, et decesserint infra antequam tur nuptui, tunc... suum universalem heredem instituit con-m et fratres Sancte Marie de Castello Ordinis predicatorum. 1 aUntms de Parma supradictum condidit testamentum. — 211 — L’imitava poco dopo Zaccaria Senarega, lasciando L. 200 di moneta corrente, cui poi commutò in luoghi 50, que habita fuerunt, dice una vecchia carta. Nel dicembre stess' anno 1490, Margarita Scotto regalava otto luoghi in s. Giorgio, i quali venduti a Cristoforo Davagna, il prezzo positum fuit, leggo nella carta medesima, in deposito pro fabrica. Di nuovo, nel corso del 1493, e sempre nel foglio anzidetto, riscontro altre donazioni in buon numero ; della vedova d’ Antonio Massola, di Giovanni Bochino, di Teodorina Giustiniani-Fornetti, di Marco Moneglia ed altri ancora; istrumenti rogati da più e più notai, uno dei quali Giovanni da Novi, congiunto forse del nostro priore. 11 più importante di tutti giudico essere stato il lascito fatto da Maddalena, moglie di Martino Cattaneo, schiava essa pure un dì del q. Pietro di s. Stefano, il giorno 2 aprile 1491. Ordinò d’essere sepolta a Castello, che i suoi beni si vendessero, investendone il prezzo nel banco s. Giorgio, e i frutti ne fossero corrisposti al marito, sua vita durante. Lui morto, dovevasi fondare una cappella con messa cotidiana, preferibilmente in S. M. di Castello, con la prima metà della rendita, e deceduto anche Maurizio Cattaneo (1), con l’altra metà se ne instituisse una seconda. (1) Dal i.° fol. del Liber instrumentorum estraggo alcune note, che chiariscono la relazione esistente, di padrone e servo, tra Maurizio e Martino Cattaneo. Nota quod anno MCCCCLXIIt, indictione decima, die martis, octava februarii, d. Mauritius Cattaneus, q. Io., francbivit Martinum Cattaneum , ut appareI in actibus loannis de Novis ea die. Presentibus Gaspare Cattaneo et Gaspare de Signorio, bambaxario, q. Io., sed sibi retinuit ius patronatus. Nota etiam quod supradìctus Mauritius Cattaneus anno StCCCCLXXXXI, indictione octava, die sabati... aprilis, hora prima noctis vel circa, presentibus testibus Christophoro de Rapallo, q. Gabrieìis, et lo. Antonio de Fo, q. Petri, relaxavit supradido Martino ius patronatus super dictum Martinum, ut apparet in scripturis q. Ioannis de Novis ; et Nicolaus Lasania no- — 212 — (N. 66) ' (2 aprite 149O In nomine Domini amen. Cum nihil sit certius morte idcirco, Magdalena, uxor Martini Catanei, et que olim fuit ser q. Petri de s. Stephano, et ab eo manumissa franca et libera, viD ^ publici instrumenti etc., cupiens testari etc., corpus suum sepe ^ iussit in ecclesia S. M. de Castello, in illo monumento de quo debitur fratribus dicti monasterii etc. Heredem vero suum uniye salem instituit dictum Martinum Cataneum, virum ipsius testatric , cum infrascriptis conditionibus et obligationibus , videlicet. q post mortem ipsius testatricis, infrascripti sui fideicommissarii neantur restringere bona et hereditatem ipsius, et ea vendere et de processu ipsorum emere loca comperarum s. Georgii, qu^ scribantur super ipsam testatricem et dictum Martinum etc., proventibus ipsorum annuatim respondeatur dicto Martino m sua etc.; et post vitam dicti Martini respondeatur de dictis pro ventibus, videlicet de dimidia, Mauritio Cataneo in vita ipsius Mauritii, et de alia dimidia infrascriptis fideicommissariis et succes soribus ipsorum, qui debeant dictos proventus annuatim in perPe tuum solvere uni sacerdoti, per eos eligendo et deputando ad cap pellam per eos in perpetuum instituendam in illa ecclesia de qua eis videbitur, hortando eos velint potius dictam capellam instituere in dicta ecclesia S. M. de Castello, pro una missa omni die in perpetuum celebranda etc., et ita pari modo facere debent de alia dimidia assignata et ligata dicto Mauritio in vita sua, et hoc post vitam dicti Mauritii, in omnibus et per omnia prout superius con tinetur etc. tarius, q. d. Augustini, has scripturas apud se habet, et filio q. dicti Martini copiam dedit de supradictis in pergameno. Nota etiam quod anno MCCCCLIII, die iovis, vigesimo sexto aprilis, Petrus de s. Stephano, speciarius, fraiichivit Magdalenam de s. Stephano, et remisit ius patronatus, et supradicta die La\arus Ragius notarius, q. Nicolai, dictum instrumentum confecit. Segue un decreto del doge e degli anziani, in data 23 agosto 14841 con cu*' a seconda dell’ istanza fatta da Maurizio Cattaneo, ordina prenominatum Martinum, libertinum, conventionandum fore, et conventionari posse pro annis viginti, et sub annua solutione librarum duarum et solidorum quinque ianuinorum etc. — 213 — Actum Ianue, in contrata Malcantoni, videlicet in mediano domus mei notarii infrascripti, anno etc. mcccclxxxxi, indictione octava etc., die sabati, secunda aprilis, presentibus testibus Thoma de Compiano, sartore, q. Petri, Philippo Tamburiino, de Bargalio, formagiario, Hieronymi, Iacobo Porrata, iocalista, Hieronymi, Simone Ponsano, Antonii, Mattheo de Serravalle, berettario, q. Gasparis, et Simone Sigimbosco, de Quinto, textore pannorum septe, Hieronymi, civibus et habitatoribus Ianue ad hec vocatis etc. Ioannes de Novis, notarius. Neppure sono da omettere i lasciti seguenti, fatti alla chiesa nostra o al convento nel corso dell’ anno 1489. Il primo dal medico Giovanni Rosso di lire 10, da pagarsi ai frati la vigilia stessa del patriarca s. Domenico, il secondo da Caterina, figlia di Luchino Frascara, di un luogo in s. Giorgio per la cappella del Rosario, e di tre altri luoghi e mezzo investiti sullo stesso banco da Battista Gavarone. Il maggiore però si fu quello di Bianchina Embriaco, moglie a Lodisio Cattaneo, ed erede per una metà del q. Raffaele Embriaco, la quale costituì generosamente la dote alla cappella, in antico eretta e fondata a Castello da quel suo congiunto, e di cui è stato già parola (1). Moriva in convento 1’ 11 novembre 1491 quel p. Gio. Battista Centurione, di cui narrammo sopra la straordinaria vocazione al chiostro con la giovane sposa e la sorella ; e vi morì con 'chiari segni di predestinazione beata, dopo aver coperto la carica di sottopriore gli anni 1487 e 1488. Stimiamo che si trovasse ancora al governo della comunità in detto mese e circostanza il p. Bartolomeo, la cui memoria da questo momento si perderebbe nella (1) Vedi a pag. 37, in nota 3.’ — 214 — oscurità, se io non fossi per buona ventura possessoie della ms. Cronaca del convento di s. Caterina al For niello in Napoli, dalla quale estraggo le preziose notizie che seguono. Alla maggiore intelligenza delle quali m è d uopo premettere, che nell’anno 1493 essendo stato man dato a Napoli da Alessandro VI, per invito avutone da re Ferdinando I, un manipolo di irati della Congre^ gazione di Lombardia, per venire al possesso di undici case domenicane nel regno e riformarle, tra gli altri fu scelto a quella missione il p. Bartolomeo da Novi, il quale cooperò assai all’ introduzione della regolare osser vanza nel ridetto convento di s. Caterina, novellamente eretto mercè la munificenza di quel sovrano. Di^ c 10, narra la cronaca su citata « se ne deve dar lode ai v enerandi padri, fra Bartolomeo da Novi e fra Ambrogio da Soncino, gran servi di Dio, e molto stimati per la bontà della vita, profondità di dottrina, singolare prudenza e candidezza di costumi, che rispondeva in quei buoni religiosi. Per tali ben li conobbe il serenissimo re Federico, che perciò, restando ammirato della loro bontà, scelse il p. Bartolomeo per grande elemosiniere ed elesse il p. Ambrogio per suo confessore, e diede molte elemosine per la fabbrica del convento. Gli stessi principi, baroni e nobili della città e regno avevano i suddetti padri in concetto di santi, e in tutte le loro occorrenze si consultavano con loro, e nelle loro spirituali necessità da essi in tutto dipendevano. 11 p. Ambrogio da Soncino, assieme con il re Federico l’anno 1501 se ne andò in Francia, e dopo la morte del re si ritirò a Tolosa, ove Tanno 1507 passò all’ altra vita, con opinione - 215 - di ottimo religioso e di grande servo di Dio. Il p. Bartolomeo da Novi fu il primo che governò questo nostro convento, stante che, subito che i nostri padri n’ ebbero pigliato il possesso, fu esso dai superiori destinato al governo del medesimo, in qualità di presidente, e durò in questo ufficio per lo spazio di quindici mesi, nel quale tempo vi piantò e coltivò la totale osservanza della regola e costituzioni, in modo tale che per la sua singolare prudenza e buono esempio della sua persona e dei suoi religiosi, non solo dal re, ma da tutta la nobiltà napolitana furono stimati assai. Epperciò molti concorsero con grandi elemosine alla costruzione e alle fabbriche, così della chiesa come del convento. Lo governò fino all’aprile dell’anno 1500, nel quale mese gli successe primo priore eletto il p. Agostino da Pavia. Aneli’ egli nel seguito fu nominato due volte a quella dignità , ma non volle mai accettarla, bramoso solo di servire, non di comandare. Carico finalmente d’anni, di meriti e di virtù, giunse al fine di sua vita nell’ aprile del 1516. Corse tutta la città di Napoli alle sue esequie, predicandolo tutti ad una voce per un santo ». 1492 - 1495 B. DOMENICO STERLINO, Dì FINALE. L’anno 1493 restò tristamente memorabile nella storia delle pesti, che spesso spesso afflissero la nostra bella città. Narra il Giustiniani, che Genova dalla primavera insino alla fine d’agosto fu oppressa da così crudele pestilenza, — 2l6 — che delle cinque parti dei suoi abitanti ne morirono le quattro. Un grosso contingente, avuto riguardo allo scarso numero di frati, nè fornì il cenobio di Castello, ove, oltre il vicario p. Mattia Ponte , una quindicina circa di religiosi lasciarono la vita ; alcuni colti dal fiero morbo, tali altri, perchè volontari s’offrirono a servire gli appestati, e colpitine anch’ essi, rimasero vittime del loro zelo. Sono tra questi il bravo converso Ambrogio di Savona e i padri Gaspare Marengo e Nicola Bernabò, accorso il primo ad assistere gli infermi nei dolori corporali, e per somministrare loro i conforti religiosi i due secondi. Penso che alla caritatevole opera li spronasse col vivo della voce e dell' esempio il nuovo priore p. Domenico Steriino, di Finale, successo al p. Bartolomeo da Novi. Egli era già stato priore a Vigevano nel 1486, e in luglio 1489 avea cominciato a reggere il famoso convento di s. Marco in Firenze, e di là appunto veniva, per libera elezione fatta della sua persona dai padri di Castello. Il 30 marzo 1492 ricevè qui cinque novizi tutt assieme, il 6 novembre susseguente die’ l’abito a Bartolomeo Bolgaro, la migliore sua recluta ; in no-vembre 1493 altri due ne accolse; dopo non più (1). Eppure dovè governare un doppio biennio, perché circa la fine del 1495 soltanto ebbe il rimpiazzo nel p. Bartolomeo Rivarola. Il libro dei consigli reca un solo comizio da esso convocato e presieduto; quello del 22 marzo 1492, in cui egli propose, e da tutti si accettò, di procedere alla fabbrica dell’ infermeria del convento, erigendola a loggia di chiostro nella parte più orientale (1) Syh. 2 pag. 78-81, n.1 174 -182. — 217 — dello stesso poco innanzi descritta, sopra la casaccia del-l’orto (i). Era risoluzione presa fino dal 6 febbraio 1488, che solo adesso veniva messa in opera. (N. 67) (22 inarco 1492) Die 22 martii 1492. Propositum fuit per me fratrem Dominicum de Finario coram infrascriptis patribus conventus, an infirmarla deberet fieri in casacia horti, iuxta deliberationem factam per venerabilem patrem Ludovicum de Calabria, tunc vicarium generalem et reliquos patres de 1488 die 6 februarii, et conclusum fuit quod sic. Et quod nunc incipiatur ipsa fabrica infirmane in supradicta casacia orti, ita quod fiant camere circa dictum hortulum superiorem per modum claustri, videlicet, quod pars hortuli que est versus meridiem sive versus mare, remaneat aperta per modum terratie, et quod de horto inferiori nihil accipiatur pro dicto edificio. Ego fr. Dominicus de Finario predictis omnibus suprascriptis interfui et consensi, teste manu propria. Ego fr. Nicolaus de Tabia omnibus supradictis interfui etc. Ego fr. Philippus de Ianua omnibus supradictis interfui etc. Ego fr. Gregorius, Iustinianus Ianuen, suprascriptis interfui etc. Ego fr. Matthias de Ianua affirmo omnia suprascripta etc. Ego fr. Vincentius de Suessa affirmo omnia suprascripta etc. Due anni dopo, un nuovo consiglio adunato il 9 maggio 1494, non più dal p. Domenico, ma in sua assenza dal sottopriore p. Matteo da Genova, ci fa conoscere che la costruzione dell’ infermeria giunta a buon punto, prestandosi a un doppio ordine di celle, ove di soli quattro palmi s’elevassero i muri maestri, si venne di leggieri nel partito di crescere l’edificio, in ragione del maggiore numero di camere e aumento di luce ed aria. (1) Vedi a pag. 198-199. (N. 68) (9 maggio 1494) MCCCCLXXXXriII, die vim madii. Ego fr. Mattheus de Ianua congregatis infrascriptis fratribus ad requisitionem eorum, videlicet fr. Philippo de Ianua, fr. Theramo de Ianua, et fr. Sixto de Ianua, vicario conventus, proposui, consulendo eos, an muri deberent erigi palmis quatuor in edifìcio infirmane ex parte orientali et ex parte aquilonari, videlicet ex parte ecclesie monialium pauperum sancti Silvestri et platee de Embriacis (1), ad hunc finem ut in dicto edificio possent camere duplicari, fabricando cameras supra cameras. Qui patres omnes consuluerunt atque dixerunt quod sic: quia ex hoc sequetur non solum duplicatio camerarum, sed etiam quia superiores essent saniores, non habentes pavimentum in terra humidum sed super solarium. In cuius rei fidem omnes se manu propria subscripserunt. Ego fr. Mattheus de Ianua predictus omnibus-suprascriptis interfui etc. Ego fr. Philippus de Ianua affirmo ut supra etc. Ego fr. Theramus de Ianua affirmo ut supra etc. Ego fr. Sixtus de Ianua affirmo ut supra etc. jSfon fu senza qualche difficoltà che quel corpo di fabbrica si potè innalzare. Era lì vicina una piazzetta interna adiacente alla casa dei fratelli Trucco, dai padri comprata il 20 novembre 1481, la quale facendo mestieri occupare , venne loro contrastata come non propria. Ma la deposizione giurata d’un antico servo dei Trucco, divenuto liberto, e di altri due favorevoli testimoni, sembra sia giunta in tempo a dirimere la contesa, e Pinfermeria sorse nel luogo dai frati voluto. (1) La supposizione da me fatta a pag. 173, che l’attuale piazza di S. M. in Passione a que’ tempi si denominasse piazza Embriaci, a questo punto diventa certezza. La infermeria, di cui è parola, stava appunto e fu eretta a lato della piazza suddetta. (N. 69) — 219 — (22 oprile 1493) In nomine Domini amen. Ex hoc publico instrumento testimoniale pateat universis, quemadmodum Andreas Truchus, libertus ex domo loannis Truchi et fratrum, testis sic summarie productus et examinatus diligenter per me notarium infrascriptum, ad eternam rei memoriam ne fides rei pereat, ad instantiam etc. venerabilis domini fr. Philippi Italiani, sindici etc. ecclesie S. M. de Castello, probare volentis et fidem facere de infrascriptis, videlicet: verum esse quod quedam platea parva ante ostium cuiusdam domus dictorum fratrum, site Ianue in contrata S. M. de Castello, cui antea coheret et ab uno latere via publica, retro et ab alio latere dictum monasterium S. M. de Castello, et si qui sunt etc., ipsa platea fuit et esse debet et spectat dicte domui et dictorum fratrum, et est illa domus quam dicti domini fratres emerunt a Hieronymo Trucho, q. Bapt. pro libris centum quinquaginta, vigore publici instrumenti rogati manu q. Petri de Ripalta anno mcccclxxxi die xx novembris, et sub confinibus in dicto instrumento contentis, ad quod habeatur relatio: Qui Andreas testis productus etc. suo iuramento dixit etc. verum esse quod dicta platea etc. dicte domui spectat et pertinet ipso iure. Interrogatus de causa scientie respondit: quia ipse testis erat servus dictorum loannis Truclii et fratrum, et stetit cum eis in dicta domo , et supradicti Ioannes et fratres et tota eius familia se serviebant de dicta platea, tamquam de re propria ipsorum, et semper audivit et intellexit quod dicta platea erat dicte domus, et dicte domui spectabat tamquam membrum dicte domus, et de predictis erat et est publica vox et fama etc. Actum Ianue, ad ostium claustri inferioris ecclesie S. M. de Castello, anno etc. mcccclxxxxiii , indictione decima etc., die lune, vigesima secunda aprilis, in vesperis, presentibus Marco Ioardo q. Io., et Georgio alias de Castiliono, liberto ex domo q. Martini de Castiliono, testibus etc. (1). Mauritius de Parma, notarius. (1) Seguono altre due deposizioni consimili. La prima di Gerolamo Goano, q. Gerardo, fatta il 7 ottobre 1499, la seconda di Tommaso Clerici, alias lati- % * — 220 — Io non so dire per quale grave motivo il p. Steriino poco o nulla più risiedesse a Castello durante il secondo suo biennio 1494- 95. Pare che le assenze degli ufficiali, massime del priore e del sindaco, si verificassero a frequenti riprese. Cosa certa è poi, che il p. Domenico nel 1496 fungeva da vicario sostituto per la Congregazione lombarda in Napoli (1), e se crediamo al p. Nicolò Bertoni, che degli illustri domenicani finalesi raccolse molte notizie, egli nel 1500 reggeva tuttavia il convento della città sua natale. Chiude anche la serie dei superiori nostri, ai quali dai cronisti vien attribuito il titolo di beato: cosi tre compaesani, cioè Antonio De-Albertis, Vincenzo Maglio e lui Domenico. Nel quadriennio di sua reggenza non mancarono legati pii al convento e alla chiesa di Castello; poiché lungo il 1492 Eleonora di Leonardo Cattaneo lasciò luoghi 5 in s. Giorgio per una lampada, di 'folium, del di 21 maggio 1500. Costui afferma che ipse tamquam latifolium sepe et sepe ibat ad abluendum argentum in dicta platea, tamquam re propria Tritello-rum, ai quali stava vicino di casa. (1) Lo prova la carta seguente: Die XI mensis iulii, xilll indictione, 141)6, Neapoli et proprie in ecclesia s. Dominici de Neapoli, adiens presentiam nostram venerabilis vir,fr. Bartholomeus de Novis, vicarius, ut dicitur, venerabilis conventus s. Dominici de Neapoli, tam nomine proprio quam nomine et pro parte aliorum fratrum dicti conventus, et ex speciali impositione reverendi patris, fr. Dominici de Finario, vicarii substituti in conventibus Terre laboris, protestatus fuit coram nobis iudice etc. ac venerabilibus fr. Paulo de Mola, fr. Bernardo de Altavilla et fr. Do • minico de Pe^olo (?), et asseruit quod ex quo, propter contingentia quedam et quasdam difficultates sine scandalo inevitabiles, coacti et constricti sunt, ut dixerunt, discedere et relinquere dictum monasterium s. Dominici de Neapoli, non tamen sponte sed coacti et ex causis predictis, ut dixerunt, propterea coram nobis protestati fuerunt et sunt, minime dictum monasterium relinquere intendentes, ni si et quatenus de iure est, et usque et donec senserint seu habuerint voluntatem et mentem summi pontificis et aliorum prelatorum dicti Ordinis. Et insuper, dictus vicarius substitutus ct vicarius conventus predicti, quoniam propter casus predictos oportuit eos se absentare, instituunt tamen pro conservatione dicti conventus s. Dominici de Neapoli et bono- — 221 — e notte, accesa all’altare della ss. Nunziata, e lo spettabile Giovanni Bernardini, di Cipro, altri 20 per una cappellania cotidiana; nel 1493 quattro altri ne scrisse Gerolamo, q. Nicolò, Cattaneo, e due Guglielmo Mon-taldo; mentre nel corso del 1495 legava quattro mezza-role di vino ed un cereo un tale Giovanni Gherardi di Villamarina. 1495 — 1497 P. BARTOLOMEO RIVAROLA, DI GENOVA, i* volta. Tolse il nome di Bartolomeo quando il giorno 2 aprile 1475 ricevè 1’ abito guzmano dalle mani del p. Bartolomeo da Vigevano a Castello; ove poi egli stesso in questo suo primo priorato, fra dodici altri con novizi, rum omnium illius, suum commissarium in omnibus et per omnia, in quantum facultas sua constituendi se extendit, ita ut in omnibus ipse commissaritis vices ipsorum- gerat, reverendum patrem, fr. Nicolaum de Montemarro, sac. theol. professorem, et in presentiarum priorem s. Petri martyris de Neapoli, ipso fratre Nicolao ibidem presenti, audienti et acceptanti et non aliter nec alio modo ; protestatione premissa quod per presentati renunciationem seu dationem possessionis aut relinquitionis possessionis, nullum preiudicium generetur iuribus et possessioni dictorum vicarii et fratrum; et quod liceat in presenti protestatione addere et diminuire ad eorum et cuiuslibet ipsorum velle, ad consilium sapientis. Requirens nos indicem etc. Et quia officium nostrum etc. presenti fr. Paulo predicto et replicante in vulgari sermone : che io son venuto qua in lo monasterio et conventu de san Dominico predicto per commissione de la maiestà del signore re ad habìtarvi con uniti cinque frati de lo riame ct vivere insemi con li padri lombardi, sotto unum velie et unum nolle et non cuto nissuno, secondo più largamenti dice apparere in una lettera de sua maestà ; niente de meno me reservo iterum respondere cum debito consiglio. Extracta est presens copia protestationis ab actis mi notarii Gabrielis Venene de Lauro, civis neapolitani, fideliter; et in fidem premissorum, me, sigtiumquc tneum, quo in talibus utor, apposui consuetum etc. — 222 — introdusse anche Domenico Corvara, divenuto vescovo di Sebate, e Marco Cattaneo, arcivescovo di Rodi. Col-l’assenso dei padri accettò la domanda di alcuni giovani, capo e soci della compagnia detta « dello Spirito Santo », vogliosi di mettere in uso a Castello la processione solenne del ss. Sacramento nel giovedì santo, e la rappresentazione del s. Sepolcro, già solita farsi in molt altre chiese della città, obbligandosi a provvedere sei cerei ogni qual volta s’esponesse il venerabile alla pubblica adorazione nel tempio o per le vie. Cosa che ben volentieri ammisero il priore e i padri. (iV. 70) (23 giugno Ì496) Die xvii iunii 1496, quedam societas iuvenum, que vocatur societas s. Spiritus, cuius prior pro nunc est Ioannes Baptista de Por-tufino, supplicarunt priori et fratribus huius conventus in hec verba : « Reverendi patres. La caxione di questa solum est, che certi compagni divoti del vostro convento, et divoti del Corpo di Christo, habiando principiato za agni fa una certa compagnia, chiamata del Spiritu sancto, tra la quale sono li infrascripti, videlicet: Ioanne Baptista de Portufino, Gaspar Maineta, Obertus de Vigevano, Bernardus Tonsus, Gaspar de Egra, Baptista de Magiolo, et quidam ahi, voriano volontieri gli concedessero le R. V. P. una di vostre capelle, quale a voi piaxerà, nella quale annuatim il giovedì santo si potesse riponere il corpo di Iesu Christo, cum solemnitatibus consuetis et debitis, sicut in aliis quamplurimis ecclesiis si fa, videlicet in s. Laurentio, in le Vigne, in s. Dominico, s. Francisco, s. Augustino, in la Nunciata, et altre giesie, cum congrui ornati et apparati di tapaxarie et palio di seta et altre circumstande, appropriate a tale solemnitade, et queste cosse tutte a proprie speze, soe de essa compagnia; et fare uno tabernacolo de argento per collocare epso Corpo di Christo a nostre speze, et fare tute le altre cosse consuete da le altre compagnie di Genoa simile. Exinde, come soleno li altri, fare la processione solita — 223 — per la chiesia vostra, hoc pacto che continuamenti voleno mantenere pro honore ipsius Corporis Christi torze sei, exponende semper et quandocumque acaderà portare dicto Corpo di Christo qualicumque causa, et finite quelle o parte de esse, semper rinovare , ita che al continuo si ritrovano sei torze a le speze loro. Pregiano tandem V. R. vogliano concederghe, che qualche volta possiano congregarsi nel vostro capitulo vecchio insieme, pro ordinandis pre-scriptis, et de ciò cum instantia ve ne pregiano, facendove asapere che tuti quelli emolumenti di messe et altre cosse serano a loro possibile, ricorrerano a vostre R. P., a le quale divotamente si ricomandano et offerischono ». Itaque visa sua religiosa et honesta petitione, que et cum aliquali conventus utilitate est, ac honore summi Dei ac Corporis Iesu Christi, et attento quod plures ecclesie huius nostre civitatis Ianue hanc instituerunt cerimoniam et observant, videaturque non inconveniens aliis ecclesiis nos conformare, propositum est patribus huius conventus Ianue per me fratrem Bartholomeum de Ianua, priorem huius conventus, die xxm iunii 1496, in ecclesia sub campanili, an deberemus huiusmodi supplicationibus ipsorum condescendere et complacere; et conclusum est ab omnibus quod sic, propter predictas rationes, et maxime quia cedit ad honorem Corporis Christi, et devotionem populi ac utilitatem conventus sine aliquo gravamine, excepta illa processione que in tali die erit fienda, iuxta morem ecclesiarum ceterarum. In quorum fidem et robur, ego fr. Bartholomeus de Ianua, et prior antedictus, pre-missa omnia manu propria scripsi, et manu propria me subscribo, affirmans omnia predicta esse vera. Ego fr. Nicolaus de Talsia, supprior, premissa omnia affirmo et approbo etc. Ego fr. Philippus de Ianua affirmo et approbo etc. Ego fr. Gervasius de Rapallo affirmo et approbo etc. Ego fr. Angelus de Verona, sac. theol. professor, ac generalis vicarius Congregationis Lombardie, concedo prefatis supplicantibus facultatem celebrandi in predicta ecclesia nostra dictam solemnitatem in die iovis sancti, circa delationem sacratissimi Corporis Christi, et approbo et ratifico concessionem factam per venerabiles fratres suprascriptos, prohibens omnibus et singulis fratribus mihi subie- — 224 — ctis, ne dictis supplicantibus in hac devotione quoquomodo impedimentum prestare presumane In cuius concessionis et confirma-mationis fidem, propria manu hic subscripsi. Della su citata società dello Spirito Santo non trovammo sinora altra notizia fuor questa, che nel 1520, cioè ventiquattro anni dalla sua fondazione, e probabilmente dopo occorso un qualche litigio, come suol avvenire in simili congreghe una volta dato giù il primitivo fervore, e dopo avanzate ingiuste pretese, si ristabili la pace, riconoscendo quei confratelli 1’ assoluta balìa nei padri di negare o concederne la continuazione. Lo deduco dalla postilla che nel libro dei consigli fa seguito al documento precedente, ed è di questo tenore: 1520 die 4 aprilis, sub fr. Ioanne Baptista Lomellino, genuensi, priore conventus. Nota quod factum est instrumentum per Prosperum Revellum, per quod aliqui deputati a supradicta societate renunciaverunt omnibus iuribus et actionibus, quas haberent super capella, vel ecclesia, vel fratribus in facienda processione supradicta, et recognoverunt esse in libera vo-luntate fratrum conventus quod talis cerimonia fiat vel non fiat a supradicta societate, non obstantibus etc. Sorvive invece ancora ai di nostri in qualche modo, sebbene non più appo noi, un’ altra compagnia 1’ anno dopo, il i° gennaio 1497, eretta Pure a Castello dall* e-simio benefattore dell’umanità languente, Ettore Ver-nazza. Di questa parlando, in compendio, il Banchero, la ricorda « fondata da Ettore Vernazza l’anno 1497, come si raccoglie da documento e dall’introduzione che è in capo al libro dei capitoli, i quali in parte si vogliono credere scritti dal medesimo Vernazza. Dalla riferita introduzione ai capitoli della medesima s’impara, che fu — 225 — intitolata « della Pietà di S. M. di Castello », perché in quel luogo ebbe origine, il giorno della Circoncisione di N. S. G. Cristo. A questo titolo si aggiunse l’altro del Mandillo: titolo che facendo dimenticare il primo, da quel tempo giunse fino a noi, però in grado diminutivo » (i), cioè del mandilletto. L’archivio per l’anno 1496 ci fornisce altre due sostituzioni di procura fatte dal ridetto sindaco, p. Filippo Italiano. Una é del 25 maggio, con cui deputa il p. Pietro Ardizzone a liquidare l’eredità del p. Bal-dassare Cattaneo, morto in Albenga (2). Diremo sul conto dell’ altra, come essendo pervenuta al convento una casa in Levanto, paese dell’orientale riviera, per libero dono del prete Giovanni Torpiana, posta in località disagiata, addi 16 febbraio il sindaco diè incarico ai padri Innocenzo Recco e Ludovico di Taggia, nel recarsi colà, di venderla 0 commutarla in altra meglio accessibile e comoda; e di ciò basti. L’avvenimento più importante successo sotto il priorato del p. Rivarola, fu senza meno l’arrivo, seguito dalla preziosa morte del beato Sebastiano Maggi, da Brescia, allora vicario generale, per la seconda volta, della Congregazione di Lombardia. Aveva intrapreso la visita dei suoi conventi, e trovossi a Milano in cosi gramo stato di salute, che tutti, a una voce, quei padri lo consigliarono a non passare oltre. Ma siccome riuscito non era a quei di Verona, cosi neppure sorti a questi di poterlo persuadere, e far sì che non proseguisse il cammino alla (1) Genova e le due Riviere, a pag. 223. — Illustrazione storica ecc. della Chiesa di S. M. di Castello, a pag. 141. (2)- Syll. a pag. 17, n.° 28. Atti Soc. Lig. St. Patuu. Scric 2.* Voi. XXI. 16 — 226 — volta di Genova. Ivi giunto, drizzò subito il passo al convento di Castello, e nel porre il piede entro chiesa, recitò a chiara voce: Haec requies mea in saeculum saeculi: hic habitabo, quoniam elegi eam. Da queste parole e dal breve pontificio da esso opportunamente ottenuto il 28 settembre 1495 5 c^e morendo il vicario in attualità di governo, il priore anziano della Congregazione lo supplisse fino a nuova elezione, congetturarono quanti l’udirono, 0 poi di lui scrissero, che del prossimo termine di sua vita, e del luogo della sua sepoltura, avesse ricevuto speciale rivelazione. Infatti, aggravossegli, appena arrivato, il male a segno che, rese tosto lo tempo a Dio in età d’anni 82 incirca, dei quali presso che 67 passati ne aveva in religione. Incerto mi é il giorno preciso di sua morte ; anzi, anche circa 1’ anno sbagliarono taluni scrittori, come il Piò e lo Schiaffino, assegnando il 1495, e Leandro Alberti e Lopez ponendo il 1497. Il vero è, ch’egli non morì avanti il 1496, e che neppure finì 1’ anno stesso. Del 1496 congregò ancora, e presiedè in Verona, il capitolo provinciale da sé convocato. Che egli poi non terminasse il 1496, rilevasi con evidenza dai libri del convento di Castello, esaminati meno d’ un secolo fa ; nei quali registrandosi al minuto le spese fatte nell’ ultima sua malattia i mesi di luglio e agosto 1496, dopo il 31 agosto non v’è più fatta di lui menzione. Onde apparisce, che sul termine di questo o primo entrare del settembre, abbia il santo finito di vivere, e non già prolungato i suoi giorni sino al 23 novembre seguente. La Chiesa poi e 1’ Ordine domenicano ne celebrano la festa il dì 16 dicembre, assegnatogli da Clemente XIII, nel confermarne il culto, sotto il 15 — 227 — aprile 1760. La salma del beato perfettamente incorrotta è uno dei rari corpi che conservino dopo quattro secoli la naturale flessibilità e pieghevolezza delle membra. 1497 — 1499 P. ANDREA PORTULACA, di BRESCIA. Gli scrittori domenicani nel somministrarne il casato del p. Andrea, ce lo presentano eziandio quale famoso oratore dei tempi suoi, e lo dicono morto nel 1508, in attuale carica di vicario generale della Congregazione di Lombardia. Qui da noi dovè percorrere il consueto biennio del 1497-99; e n’esistono le prove. Il 13 gennaio 1498 adunò a consulta i padri, in cui si decise di ridurre a celle separate il locale dell’infermeria antica, praticandovi un corridoio d’ accesso; alla quale deliberazione firmaronsi tutti i componenti il consiglio, come pure all’ altro di concedere il diritto di sepoltura, nel deposito dei frati, al già novizio ed ora notaio Giovanni Bochino, rimasto sempre grandemente affezionato alla comunità (1). (N. 71) (i) gennaio 1498) Die xiii ianuarii 1498. Quia conventus supra numerum cella-rum habet fratres plurimos assignatos, quos non sine indecentia oportet per cameras hospitii et infirmane ad dormiendum dispergere, propositum fuit, coram infrascriptis patribus, an deberet fieri provisio quod omnes fratres, assignati vel deputati, possint, (1) Syll. a pag. 48, n.« 96. secundum approbatam religionis consuetudinem in cellis dormire, et magis vicini reliquis in dormitorio commorantibus, et an deberet vetus infirmaria redigi in cellas, cum uno transitu de dormitorio ad ipsam infirmariam veterem versus mare, reservata semper commoditate ampliandi cameram ignis; et pluribus alligatis, conclusum fuit quod provideretur et edificaretur ut supra. Propositum etiam fuit, an deberet concedi cuidam devoto Ordinis, videlicet Ioanni Bochino, qui summa cum instantia petit sepeliri in sepulchro fratrum , et attenta devotione sua, et quod alias fuit ad habitum receptus et propter aliqualem infirmitatem eo exutus, determinatum iuit quod assentiatur petitioni sue, si erit indutus habitu Ordinis. Ego fr. Sixtus de Ianua, supprior conventus, affirmo omnia predicta, teste manu propria. Ego fr. Philippus de Ianua affirmo suprascripta. Ego fr. Theramus de Ianua dico ut supra. Ego fr. Mattheus de Ianua assentio ad omnia suprascripta, ad edificia pertinentia. Ego fr. Nicolaus de Tabia affirmo omnia predicta. Ego fr. Gregorius Iustinianus in omnibus dico ut supra? Ego fr. Ger-vasius de Rapallo affirmo omnia predicta. Ego fr. Hieronymus Gatacius affirmo omnia supradicta. Ego fr. Nicolaus de Naulo dico et affirmo idem ut supra. Ego fr. Andreas de Brixia, prior huius conventus, attentis rationibus et subscriptionibus patrum uniformibus, consulo et consentio fieri prout ipsi suis subscriptionibus affirmarunt, et negotium huius edificii committi venerabili patri, fr.....(manca il nome), prout prescripti consuluere. Il resto dell’ anno passava senz’ atti ; e il p. Andrea ci ricompare il 24 dicembre 149^ giorno in cui die’ l’abito a tre nobili giovanetti, dei quali fece la migliore riuscita Luca Bozomo. Addi 11 febbraio del successivo 1499 n’accolse due altri, Costantino Squarciafico e Dionigi CamogJi. Correndo il 1502, già professi fuggirono tuttaddue di convento, quegli in ottobre, questi in dicembre; ma il primo, pentitosi del mal passo, andò a — 22y — Roma, e in s. Sabina, anni dopo, mori con uno spirito elevato in Dio e con chiari segni di predestinazione, e il secondo perdé la vita, a quanto sembra, sul patibolo, a seguito di molte scelleratezze (i). Il registro consigliare fa cenno di due nuove convocazioni dei padri avvenute circa questo tempo. In una, senza data, è parola della ripulsa alla domanda del novizio Gabriele Cicala di trasfigliarsi dalla casa di Sestri-Levante alla nostra di Castello; ove è degno di nota la qualità di vicario sostituto che s’ attribuisce da sé , e quindi sicura, il p. Andrea. (N. 72) (.... 1498) Quia pluribus precibus rogatus fuit pater prior ac supprior, quod procurare vellent fratrem Gabrielem de Cigalis, ianuensem, novi-tium Sigestri, recipi a conventu S. M. de Castello, et quod in eo profiteatur; quapropter propositum fuit infrascriptis patribus quid fieri deberet; et attenta iniuria conventus Sigestrini et aliis quam-pluribus allegatis,» conclusum fuit nullo modo recipi debere predictus novitius, etiamsi conventus Sigestrinus consentiret. Et in premissorum fidem, ad requisitionem mei fr. Andree de Brixia, uti vicarii substituti et hanc proponentis, se subscripserunt infrascripti patres (2). Nell’altra è forse sbagliato l’anno 1498, posto a vece del 1499. Essendo un atto relativo al precedente consiglio del 13 gennaio 1498, é chiaro che venne dopo; quindi il 12 gennaio 1499, ed ha tratto ai lavori d’ addatta-mento a celle del locale dell’infermeria vecchia. (1) Syll. a pag. 89-91 , n.1 196-202. (2) E sono i medesimi dell’atto antecedente, meno il fr. Hieronymus Gatacius. Risulta da questo consiglio che il convento di Sestri non era più soggetto al nostro dt Castello. — 230 — (N. 7)) (12 gennaio 1499) Die xii mensis ianuarii 1498 (sic), convocatis patribus infrascriptis ad conferendum de edifìcio in infirmaria veteri, de quo supra hoc folio, et examinandum quis melior modus et utilior, satis discussum fuit, inter cetera, an possent celle duplicari cum transitu decenti in medio, et attenta modica latitudine ac precipue honestate religionis et fama conventus, quibus non mediocriter preiudicare videtur, quod celle fiant aperte domorum secularium, que cum tempore possent elevari, et alias etiam personis inhonestis... que forte sunt de presenti in habitatione, conclusum fuit quod nullo modo exponeretur conventus huic dedecori et periculo, et quod nullus murorum qui dividunt cameras deiciatur, sed tantum inter-medientur camere modo quo omnibus fuit visum et conclusum per infrascriptos patres. Ego fr. Sixtus de Ianua, supprior dicti conventus etc. (1). Adunò quest’ultimo capitolo il p. Sisto Maggiolo, sottopriore, in mancanza del Portulaca assente; ma forse per breve, giacché il 12 aprile stess’anno lo vediamo presiedere un’ adunanza di vie maggior rilievo. La magnifica Teodorina Lomellini, vedova di Domenico Spinola , di cui narrammo sopra l’ingresso e la forzata uscita dal chiostro, desiderava costrurre una cappella sua gentilizia in chiesa di Castello, e non potendo allora allora porvi mano, avea chiesto la dilazione d’un anno, dichiarandosi contenta se, spirato quello, n’avessero i padri altrimenti disposto. Anche la signora Luigina Marchione pretendeva il patronato sulla cappella della ss. Nunziata, già esistente in chiesa nostra, 0 la facoltà almeno di presentare un terzo. L’assemblea decise di (1) Segue la firma di altri cinque, che sono i medesimi dei due atti succitati. — 231 — respingere le infondate pretese della Marchione, e assecondare in tutto i voti della gentildonna Teodorina, e caso non avesse luogo la sua promessa, fissavano sin d’ allora di concedere il luogo al capitano Brizio Giustiniani, il quale spesse volte supplicati gli avea di assegnarglielo. (N. 74) (12 aprile 1499) Die xii mensis aprilis 1499, convocatis patribus conventus, proposita fuerunt per me fr. Andream de Brixia, priorem, i.° an sit expectandum quod domina Theodorina velit edificare capellam unam in capite ecclesie, quam promittit se edificaturam infra annum unum, inchoandum a primo aprilis millesimi supradicti, et non dando efficax principium infra dictum terminum, contentatur per omnia de conventu, et existimat in omnibus et existimabit sibi exhibitam non mediocrem benevolentiam si ad id tempus expectetur, etiam si aliis postea assignetur predictus locus ad capellam edificandam. ii.° an debeat firmiter concludi, quod capella in qua domina Alo-visina Marchiona pretendebat habere iurisdictionem, nullo modo alicui detur cum intromissione sua, ita quod possit pretendi ipsam habere vel habuisse aliquod ius in ea, precipue cum ad maximam instantiam illustrissimi domini gubernatoris restitimus tali modo concedere, et aliis rogantibus complacere non esset sine gravi iniuria prefati illustrissimi domini gubernatoris. Et determinatum fuit, quod assentiatur domine Theodorine Spinule pro ut supra, et casu quo ipsa non exequatur ut supra, consentiunt ex nunc quod assignetur domino capitaneo Britio Iustiniano, qu^ pluries requisivi locum illum pro capella construenda, quamvis de hoc nihil dicendum sit aut promittendum ipsi domino Britio, usque ad illud tempus, vel de propinquo ad illud. Item determinatum fuit iam-dudum, quamvis non fuerit tunc scriptum, quod fiat bancum in sa-cristia pro paramentis, et unum presbyterium in choro. Ego fr. Andreas, prior, suprascriptis assentio. Ego fr. Paulus Vercellensis, supprior, predictis consentio. Ego fr. Petrus de — 2^2 — Bergamo suprascriptis interfui etc. Bgo fr. Raymundus de Brixia consentio in omnibus etc. (i). A quanto pare niuna molestia, né interna nè esterna, venne a turbare il p. Andrea nel biennale suo governo; sappiamo anzi di due eventi che recare gli dovettero non piccola consolazione. Uno è 1’ edificante transito da questa all* altra vita del p. Angelo Pateri, figlio di Castello, dopo solo dodici anni di religione santamente spesi e trascorsi, e 1’ altro fu la elevazione, accaduta il i.° febbraio 1499, al vescovato, del dottissimo p. Paolo iMoneglia, figlio egli pure del convento, e già maestro del sacro palazzo, eletto contemporaneamente alla cattedra episcopale di Scio, e a nunzio apostolico al re d’ Ungheria, da Alessandro VI. Ho notizia ancora che il Portulaca compose talune differenze insorte fra i nostri monasteri di domenicane in Genova, l’antico dei ss. Giacomo e Filippo, e il recente di s. Silvestro; e 1’ atto, che un giorno ebbi a mano mia, reca la data 8 aprile 1499 (2). 1499 - 1501 P. SISTO MAGGIOLO, DI GENOVA. A cavaliere dei due secoli xv e xvi trovossi a reggere la comunità di Castello il genovese p. Sisto Mag-giolo, uomo religiosissimo, di carattere fermo, e d’ una attività non mai stanca d’operare. Già lo vedemmo tre (1) V’ hanno pure le firme dei pp. Nicolò, Gregorio e Gervasio, segnate nei precitati consigli. (2) Del p. Andrea parlano con molta lode, fra tanti altri, il Piò, il Rovetta e l’Echard. - 233 - anni innanzi perorare vivamente la causa del convento di s. Geminiano, ov’ era superiore, contro il temuto decreto d’ Alessandro VI di separazione di esso dalla Congregazione lombarda, e ne recammo anche le relative proteste del 28 novembre e 15 dicembre 1496 (1). Adesso da sottopriore, eletto priore dell’originario suo cenobio, non smentiva sé medesimo, e assai cose fece e più comizi adunò nell’ incompleto biennio di suo governo. Il giorno 19 novembre 1499, d’accordo coi padri, volle alienare la casa di Levanto, donata loro dal sacerdote Giovanni Torpiana, come meno comoda ai conversi, questuanti il vino in quei paraggi, ed erigerne un’ altra fuori paese, presso la spiaggia. Commetteva perciò a un tale Bernardino lllice la fabbrica della nuova, per le cui spese gli sarebbe assegnata, a giudizio dei periti, la vecchia. (N. 7J) (r? novembre 1499) Die 19 novembris 1499, convocatis infrascriptis patribus conventus, propositum fuit eis per me fr. Sixtum de Ianua utrum pro commoditate fratrum et utilitate conventus sit bonum commutare domum positam in burgo Levanti, legatam conventui per q. presbyterum Ioannem Torpianam de Levanto, cum hac conditione quod fratres possint dictam cum alia commutare, ut patet per testamentum eius, confectum per Laurentium de Costa, notarium. Dicti patres cognoscentes dictam domum non esse commodam fratribus euntibus ad questum vini, concluserunt quod Bernardinus de Illice de Levanto, germanus fr. Francisci conversi, debeat nomine conventus edificare quamdam domum iam fundatam extra burgum Levanti in arena, et promisit dictus Bernardinus tenere bonam rationem expensarum flendarum in dicto edificio; quas Ci) Syll. a pag. 61-65, n." 135- — 234 — expensas promiserunt dicti patres infrascripti, una cura valuta fundi et fundamenti, solvere dicto Bernardino, qui etiam dictis patribus promisit accipere in solutionem dictarum expensarum domum pre-fatam, legatam per q. dictum presbyterum, dominum Ioannem, iuxta estimum fiendum per personas idoneas ad extimandum valorem dicte domus. In fidem premissoruin infrascripti patres se subscripserunt. Ego fr. Sixtus Ianuensis, prior, omnia predicta affirmo manu propria. Ego fr. Paulus Vercellensis predictis interfui et consensi. Ego fr. Petrus de Bergamo interfui et visum fuit sic. Ego fr. Philippus de Ianua affirmo ut supra. Ego fr. Theramus de Ianua consului ut supra. Ego fr. Gregorius Iustinianus, ianuensis, dico ut supra. La settimana dopo tenne altro consiglio, e mise il partito se convenisse incaricare il p. Gregorio Giustiniani a dar commissione a certo Bartolomeo Romeo dì comprare una delle quattro terre adiacenti alla villa di Stefano Fernante sul colle di Carignano, affine di erigervi il convento proposto a fondare dal nobile Antonio Sauli, tempo innanzi, allo scaduto priore Andrea da Brescia. La risoluzione presa fu di soprassedere dal-l’incarico, e se il Sauli, od altri, teneva davvero a quella fondazione, s’inviassero quattro o sei provetti padri a riconoscere la scelta località, e anche trovatala opportuna, ne lasciavano la spesa alla generosità del pio benefattore, non essendo essi in condizione di concorrervi. (N. 76) (27 novembre 1499) Die xxvii novembris 1499, convocatis per me fr. Sixtum Ia-nuensem, priorem, infrascriptis patribus in cella nostra, eis proposui, an pater fr. Gregorius Iustinianus, ad instantiam domini Antonii Sauli, debeat dicere Bartholomeo Romeo quatenus procuret emere unam ex villis quatuor, que sunt posite in Carignano prope - 235 - villam Stepliani de Fernante, in cuius fundo debeant fratres conventus edificare unum conventum, de quo sermonem fecit dictus dominus Antonius venerabili patri, fr. Andree Brixiensi, olim priori dicti conventus S. M. de Castello, quum Ianue erat in dicto officio. Infrascripti patres unanimiter concluserunt, quod dictus pater, fr. Gregorius, non habeat sermonem cum dicto Bartholo-meo, neque cum alio, de dicta emptione fienda, sed casu quo dictus Antonius, vel alii cives vellent dare fratribus unum locum in dicto loco Carignani pro conventu fiendo, tunc et eo casu infrascripti patres decreverunt, quod dictus locus videatur per quatuor vel sex patres, qui habeant iudicare utrum sit idoneus, sanus, et hoc, assensu reverendi patris vicarii generalis. Similiter infrascripti patres concludunt, quod si locus placeret dictis patribus, quod edificetur dictus conventus expensis dicti domini Antonii vel aliorum civium, et quod fratres non habeant querere pecunias pro dicto conventu construendo. In quorum fidem manu propria infrascripti se subscripserunt (i). Un poscritto, aggiunto 1’8 febbraio.1500 all* atto precedente dal vicario generale della Congregazione, p. Onofrio di Parma, domandava anche di più; la chiesa cioè, due chiostri, le officine, 1’ orto attiguo e l’impetrazione della necessaria licenza pontificia dell’erezione in discorso. (N. 77) febbraio ijoo) Reverendus pater vicarius generalis, fr. Honofrius de Parma, die 8 februarii 1500, in camera sua infirmane nove, coram infrascriptis patribus determinavit, quod si dominus Antonius Sauli decreverit dare unum locum in loco Carignani pro conventu construendo, primo, quod per aliquos patres videatur et examinetur dictus locus si sit aptus et idoneus ad construendum dictum (1) E sono i sette medesimi firmatisi all’atto precedente. — 236 — conventum, cum ecclesia, duobus claustris et omnibus officinis suis, et deinde habeat aliquod spatium pro horto hendo. Secundo, quod dictus Antonius et alii cives dicant et promittant certe quantum velint offerre pro dicto conventu fiendo. Tertio, quod sint- contenti sumptibus eorum impetrare licentiam a sanctitate domini nostri pape pro dicto conventu edificando, viso loco per dictos patres in quo debet construi conventus, et intellecta quantitate pecunie quam decreverint dare dicti cives pro dicto edificio, nec non et promissione facta per dictos cives de obtinenda licentia a summo pontifice construendi dictum conventum. Et his expeditis, admoneatur dictus reverendus pater vicarius, ut possit facere debitam provisionem. In quorum fidem dictus reverendus pater vicarius, et alii patres conventus se subscripserunt manibus propriis. Ego fr. Honofrius de Parma, vicarius generalis, predicta confirmo manu propria. Ego fr. Sixtus Ianuensis, prior conventus, affirmo predicta (1). Siano state le soverchie richieste, 0 altre le difficoltà, fatto é che il bel progetto andò a monte. Ma non così l’altro, riguardante la cappella agognata costrurre in chiesa nostra dalla su nominataTeodorina Spinola. Giusta l’atto consigliare del 12 aprile 1499, riferito pocanzi, l’opera dovea aver principio in aprile 1500, e dentro un anno darsi finita. Vediamo ora per contro, che soltanto il 7 agosto 1500 il priore Maggiolo e i padri concedono l’angolo estremo della navata destra entrando, collo spazio corrispondente del pianerottolo esterno della piazza, allo scopo di fabbricarvi la cappella. Dessa poi, se riusci, a vero dire, uno sconcio dal lato estetico della prospettiva, posta cosi com’ era al di fuori del tempio, altrettanto si mostrò all’ interno ricca di bei marmi, egretta Seguitano le firme dei padri qui sopra notati, meno quella del fr. Petrus de Bergomo, assente. — 237 - giumente lavorati in stile del tempo, e adorna d’una tela di squisito lavoro, condotta dal classico pennello di Ludovico Brea. (N. 78) (7 agosto ijoo) Die septima augusti 1500, fuit per me fr. Sixtum Ianuensem, priorem, propositum omnibus vocalibus in capitulo congregatis, utrum sint contenti concedere locum inter capellam Annunciate et portam ecclesie, nec non et illud vacuum quod .est extra ecclesiam directe ante dictum locum, domine Theodorine Spinule, pro una capella construenda, quam etiam intendit dotare; omnes vocales unanimiter fuerunt contenti dicte domine Theodorine facere satis, cui * • ex nunc concedunt facultatem construendi dictam capellam in dicto loco, ut supra. Et in fidem premissorum patres infrascripti de consilio, approbantes predicta esse vera, manu propria se subscripserunt. Ego fr. Sixtus Ianuensis, prior, affirmo predicta etc. Ego fr. Nicolaus de Tabia, supprior, affirmo ctc. Ego fr. Philippus de Ianua affinilo etc. Prossimo al convento abitava quel Giovanni Bochino, che desiderò ed ottenne, come è detto sopra, la sepoltura nel comune deposito dei frati. Ma al lato sinistro del piazzale della chiesa trovar si dovea il cimitero della parrocchia, e questo terreno amò appropriarsi il Bochino. Propose adunque di costrurre quattro nuove tombe fuori quel ricinto, e chiudere l’ingresso al cimitero esistente, se gliel consentivano i frati. Il p. Maggiolo ancor una volta tenne consulta cogli anziani, i quali dichiararonsi contrari all’idea del Bochino, ritenendola lesiva dei diritti della chiesa e dei parrocchiani. L’atto registrato nel libro dei consigli non ha data, ma vien subito dietro ad un altro del 12 marzo 1500, in cui fra le altre cose — 23S - si decise 1’ alzamento della fabbrica del convento dal lato occidentale fino alla prospicienza del mare (i). (N. 79) (. • • • mar 10 1500) Convocatis infrascriptis patribus per me fr. Sixtum Ianuensem, priorem, eis propositum fuit an, ad instantiam loannis Bochini, vocalibus esset in capitulo exponendum, si sint contenti concedere dicto Ioanni Bochino, per instrumentum, cimiterium, in vita sua, pro usu dicti loannis , et quod fratres conventus, in vita dicti loannis , non valeant intrare dictum cimiterium, neque ibi sepelire mortuos, imo vellet fabricari facere quatuor sepulturas pio mortuis sepeliendis, videlicet, extra cimiterium predictum. Omnes infrascripti patres decreverunt non deberi dicta proponi in capitulo coram vocalibus, cum sint hec contra iura, nec non in detrimentum parrochialium. In quorum fidem infrascripti patres se subscripserunt. Ego fr. Sixtus, Ianuensis, prior, affirmo omnia predicta (2). È lecito credere volesse il Bochino togliersi la poco gradita vista del sepolcreto, sottostante alle finestre di sua abitazione, che si era allora appunto fabbricata. Di questo edificio tratta un instrumento rogato pochi giorni dopo la ricevuta ripulsa. Eccone i termini. Avendo il notaio Giovanni Bochino, q. Gaspare, costrutto di fresco (1) Conclusum est die XII marlii 1500, corami me fr. Sixlo, Ianuensi, per infra-scriptos fratres, quod elevetur edificium camerarum que sunt in primo claustro usque prope fenestram dormitorii respicientis versus mare, et camere duplicate pro secu-laribus et fratribus edificenlur cum duabus testudinibus. Et infra solutionem dicti edificii, pater fr. Iacobus Iustinianus est contentus quod expendantur ducali quinquaginta duo, ex quibus nunc sunt in conventu vigiliti. Reliqui sunt penes rev. patrem vicarium generalem, videlicet triginta duo; quos mutuavit dictus pater, fr. Iacobus, patri fr. Sixlo de Como, procuratori Congregationis etc. II resto dell’ atto, come riguardante diversa materia, lo riporteremo a miglior luogo. (2) Fan seguito le stesse sottoscrizioni dell’atto n. 76, a pag. 255 in nota. - 239 - una casa nuova sul suolo del monastero, e adiacente al cimitero in parola, si conveniva tra le due parti, che il detto notaio, la sua madre Luchinetta e la moglie Gia-comina, potessero abitarla senza fitto alcuno, loro vita durante, e dopo la morte di tutti tre passasse in totale e assoluta proprietà dei padri. (N. 80) (17 mari? ijoo) In nomine Domini amen. Reverendus in Christo pater, dominus fr. Sixtus de Ianua, prior conventus S. M. de Castello, in presentia, consensu etc. infrascriptorum fratrum etc., quorum nomina sunt hec: reverendus dominus, fr. Sixtus de Ianua, prior, fr. Nicolaus de Tabia, supprior, fr. Philippus de Ianua, fr. Paulus de Vercellis, fr. Gregorius de Ianua, fr. Bartholomeus de Ianua, fr. Simon de Cuneo, fr. Petrus de Ianua, fr. Franciscus de Ianua, fr. Innocentius de Ianua, fr. Dominicus de Ianua, fr. Ludovicus de Tabia, fr. Laurentius de Sigestro, fr. Paulinus de Ianua, fr. Bartholomeus de Albingana, fr. Andreas de Soncino, fr. Laurentius de Rapallo, fr. Franciscus de Ianua, fr. Marcus de Ianua, fr: Io-vita de Brixia, fr. Barnabas de Ianua, fr. Hieronymus de Tabia, fr. Petrus de Ianua, fr. Lucas de Ianua, fr. Hieronymus de Rapallo, fr. Stephanus de Ianua et fr. Constantinus de Ianua ex una parte, et Ioannes Bochinus, q. Gasparis, notarius, ex altera parte: Scientes proximis diebus dictum Ioannem propriis ipsius impensis edificari fecisse, cum licentia et concessione dicti conventus, quamdam domum cum medianis et voltis in quodam solo, in quo erat quedam domus dirupta dicti monasterii, et dicto monasterio et eius cimiterio coherens, sub modis, tamen, pactis et conventionibus inter dictas partes prius conventis, propterea dicte partes etc. confesse fuerunt et confitentur sibi invicem etc. videlicet dicti patres, nomine et vice dicti conventus, et dictus Ioannes per se, ac nomine et vice domine Luchinete matris sue et Iaco-binete uxoris sue, et ad cautelam etc. pervenerunt ad infrascripta pacta etc. Videlicet, quia dicti, dominus prior et fratres etc. — 240 — concesserunt et concedunt dicto Ioanni etc. pro se et dicta domina Luchineta eius matre et Iacobineta eius uxore, eadem Iacobineta stante in habitu et statu viduali et non aliter, et si casus contingeret quod dictus Ioannes illi precederet, dictam domum utendam, fruendam et habitandam in vita dictorum loannis, matris et uxoris eius et cuiuslibet illorum ut supra, libere et absque solutione alicuius quantitatis, vel alia. Et quod durante dicto tempore, ut supra, non possint dicti Ioannes, mater et uxor, aut aliquis eorum de dicta domo quovis modo vel aliqua ratione vel causa expelli, sed potius dominus prior et fratres, qui pro tempore fuerint, teneantur dictos Ioannem, matrem et uxorem eius in dicta domo et aliis medianis et voltis manutenere et defendere/ toto dicto tempore durante, a quacumque persona et personis etc., expensis dictorum fratrum, et omnem litem, omneque indicium in se dicti fratres assumere etc. Post vero vitam et seu sequuta morte immediate ipsius loannis, matris et uxoris eius et cuiuslibet illorum, vel dicta Iacobineta, si sola superviveret, transeunte ad secunda vota, dicta domus cum medianis et voltis et aliis suis pertinentiis, libere, cum toto dicto edificio et omnibus et singulis melioramentis factis et fiendis etc., revertatur ad dictum monasterium, et illius libere et pleno iure effecta sit et intelligatur. Et ad cautelam etc. dicta melioramenta et expensas quascumque per ipsum Ioannem factas et fiendas in dicta domo etc., dictus Ioannes remittit et donat titulo mere et pure donationis inter vivos etc. Acto tamen etc. quod si contingeret quod dicta domus etc. locaretur, viventibus predictis Ioanne, matre et uxore etc., non possit tamen locari nisi personis honestis. Que omnia etc. Actum Ianue, iu conventu S. M. de Castello, in capitulo dicti conventus, anno etc. mccccc, indictione secunda etc., die martis, decima septima martii, in vesperis, presentibus Baptista Bozomo, q. ìsicolai, filatore cordarum, et Martino de la Questa, de Sigestro, q. Manfredi, textore pannorum sete, testibus etc. Mauritius de Parma, notarius. m Isella primavera del 1500 tornarono a dar molestia i confratelli dell oratorio di s. Giacomo della Marina, col - 241 — fare atti di padronanza sul picciol vacuo interstante fra la loro consorzia e le case del convento. Intervenne questa volta a nome dei frati il prevosto di s. Luca, Francesco Passini, in qualità di conservatore apostolico, mandando, il 30 marzo 1500, inibizione severa ai battuti e ai manovali di nulla diroccare, fabbricare od innovare nel luogo predetto. Rinverdì allora la sopita lite sull’ o-rigine del possesso di quello stabile da parte dei domenicani; e il sindaco p. Filippo Italiano produsse nuovi autorevoli testimoni, i quali deposero in suo favore, e fra gli altri l’esplicita confessione di Antonio Spinola, nipote a quello stesso Nicolò Antonio Spinola, che venduto 1’ avea ai religiosi. (N. 81) (12 maggio ifoo) MD., die martis, xu maii in Bancis, in tertiis, ad bancum mei notarii infrascripti. Iulianus Iudex, q. domini Pauli, et Francus Iustinianus , q. Georgii de Banca, testes summarie producti et examinati diligenter per me notarium infrascriptum, ad instantiam fr. Philippi Italiani, sindici conventus S. M. de Castello etc. requirentis ipsos testes quomodo et qualiter audiverunt et intellexerunt ab Antonio Spinula, maiore, q. alterius, quod domus dirupta contigua domui disciplinatorum s. Iacobi de Marina, et que est per contra claustrum primum inferiorem dicte ecclesie, spectet et pertineat dicte ecclesie et vendita fuerat per avum suum dictis fratribus etc. Qui quidem Iulianus et Francus, testes predicti etc., eorum iuramento dixerunt et testificati sunt, uno ore, verum esse diebus quadraginta circiter -elapsis, existentes ipsi testes, exeundo extra ecclesiam de Castello, prope domum q. Fabiani lustiniani de Nigro, et ad invicem loquentes ipsi testes de differentia que vertebatur inter fratres de Castello et fratres disciplinatorum s. Iacobi de Marina, occasione domus dirupte contigue domui disciplinatorum predictorum, et que est iuxta claustrum primum inferiorem dicte ecclesie, Atti Soc. Lia. St. Patria, Serie 2.» Voi. XXI. 17 — 242 — i-uuc supervenit Amonms SpiauU, q. alterius, maìór, ei videntes dicta testes dictum Antoniam, .tuae dicta» Fr ancus dosai .dicto luliano: Ecce Antonius Spinula, qui debet esse mSotmssm de ditta domo, et quibus dicta .domus spectat. Et foquentes asm dicto Antonio de dicta 'domo, et eum interrogantes quibus spectat dicta .domus, tunc respondit dictus Antonius, quod verum erat .quod .dicta domus erat avi, seu antecessoris ipsius Antonia, et vendita fuerat per dictum suum avum etc. dictis fratribus, qui tunc temporis erant. Ei hoc est quod sciant etc. Presentibus Hieronymo Marufib, q. Laurentii, et Ioanne de Persio, q. Bartb., testibus etc. Mauritius de Parma, notarius-. Il p. Sisto Maggiolo non compi l’intiero biennio di priorato, come già dicemmo, e moriva il 19 ottobre 15 01 d’una invidiabile morte. Nelle quattro vestizioni da esso fatte il 27 marzo, 3 maggio, 19 giugno e 10 ottobre 1500, introdusse al chiostro altrettanti alunni, tre dei quali corrisposero alla vocazione; notabile fra tutti il p. Gio. Battista Lomellini, cui saluteremo priore di Catello l’anno 1518 (1). Durante il suo governo troviamo un solo lascito al convento, quello di annue lire otto e soldi cinque d’allora, fatto il 14 maggio 1500 da Luciano Rocca, pio mercadante genovese. 1502 — 1504 P. BARTOLOMEO R1VAR0LA, di GENOVA, 2.* volta. t La bella copia di notizie e di atti ricavati dal libro dei consigli, dalle filze notarili e dal codice degli istru-menti, che ci fece cosi buon giuoco fino al presente, nel (i) Syìl. a pag. 92-93, n.‘ 203-206. - 243 - principio del secolo xvi, comincia a venir meno. Il registro consigliare ha qui una lamentevole lacuna di anni, che dal 1500 si prolunga fino al 1512 ; perciò é dal sillabo soltanto che ci é dato sapere il nome del priore eletto in sostituzione al defunto Maggiolo, e fu il p. Bartolomeo Rivarola, per la seconda volta e pel biennio 1502-1504. Ricevè infatti al chiostro un converso addì 22 luglio 1502, e un chierico 1’11 giugno 1503 (1). Se crediamo all’ anonimo compilatore del sillabo, la nomina del p. Rivarola sarebbe avvenuta non già subito dopo la morte del predecessore, ma si verso il maggio del-Tanno seguente, poiché ai 20 solamente di quel mese il novizio Ambrogio Poggi potè fare la professione; itaque, dice esso, usque tunc conventus caruit priore (2). Nella cessione fatta l’anno 1475 del luogo di s. Ilarione al p. Alessandro Raibaldi, era convenuto, come narrammo, che alla morte di lui passar dovessero casa e chiesa al convento di Castello. Sembra che il p. Alessandro medesimo n’ anticipasse l’incorporazione nel suo vivente. Imperocché sotto il dì 24 ottobre 1302 l’archivio ci somministra il decreto, con cui il generale domenicano, p. Vincenzo Bandello, univa quel possesso al nostro cenobio, colla piena soddisfazione del p. Raibaldi, già da tempo costituitone priore per delegazione apostolica, e lui Raibaldi dichiara assegnato alla casa stessa, quale membro della comunità. • (N. 82) (24 ottobre 1502) I11 Dei filio sibi dilecto, venerando patri, fr. Alexandro Raibaldo de Ianua, Ordinis predicatorum, fr. Vincentius Bandellus de (1) Syll. a pag. 93‘94, n.1 207, 208. (2) Ivi, pag. 93> n-° 206. — 244 — aene^,"0'0’ ^ Professor> ac ^tius prefati Ordinis humilis ^cucraiis macrist^p . lutaris ° erVUS ’ utem et spiritum obedientie sa- Cum Ianua^fhld eSS£tlS 3SSÌgnàtUS in conventu S. M. de Castello de ventum i ^ ma'0rum vestrorum obedientia extra illum conofficia nr mPtUS ad exercenda nonnulla in Ordine nostro Albarii extra ^ ^lakendam curam loci s. Hilarionis in capite S. M de* q mn'°S C^V'tat'S ^anue> et tamen a prefato conventu fuistis rèmotus^ ° nUn<^Uam per assignationem in alio conventu rum me • • US’ '°^ens uìtimis vestris annis pro laborum vestro- et in vita os03"” a^"erre> de loco statui providere, quo sitatibus decTSSltIS Pr° COnso^atl'one vestra ac subventione in neces-trUm suffraoja1 et ^ ^U° P°St mortern debita non desint fra-in convpnt ° a' ei" presentes ei‘g° pristinam vestram assignationem verare declaro'^ °rat° S‘ de Castello confirmo, et illam perse-paDam TTTT ^'r Z qU:a per felicis memorie ss. quondam Sixtum Iocus Albarii fuit 0rdini «*“*•;" <"° per maoisrrn r PI"'°r ^u*st's Astitutus, et a predecessore nostro, .*£»z Perusi°’ **** “nsi- locus ille o S 'eS morta^Iurn ’ sollicitaque cura providens ut instante adTo nostrum re,igiose « honeste gubernetur, plurihiiQ ^ C punmorum desiderio et supplicatione vestra, ut Hilarionis ^ condescenderem, prefatum locum sancti corporo, et 'tenore^ mem0rat0 S’ M* ^ CaStdl° 3ppIÌC° " Ìn“ membrnm r £ presentIum applicatum et incorporatum, tanquam illum ner,-’ prek‘° COnventui' deccrn0, cum omnibus ad locum Qua„ o r" “ n°miDe PatHs “«• CTrare vnl^ ^ COntI"n£eret vos prefato loco cedere, vel e vtfa mirteti loci C°H-| Sepms memoratus c°nventus S. M. de Castello pre-tres prefari ‘ anonis llberam habeat possessionem. Sin autem fra-cederent n °nVent‘'IS nol!ent Jocum illum acceptare vel iam acceptato f-trCs :;teo a,ia possit fei **-*>■ - *-■»*» perseveretic ’ • ™nus» ut In quocumque casu in vita vestra et omnibus ZZ'mS " g“bernat0r predicti loci; omni auctoritMe prec„r r ?• ^ Ostros, Oidmis nostr. magistros generales ac alios — 24)- “ prelatos, vobis concessis. Per presentes etiam omnes eas concessiones, dispositiones, ordinationesque alias circa predictum locum s. Hilarionis, que per me vel alium quemvis predecessorum nostrorum aut aliorum in Ordine nostro sub quavis forma verborum confecte fuissent, irrito pariter et a nullo, ac irrita ac nulla esse decerno, si in contrarium forte essent et obstarent suprascriptis aut eorum alicui. In quorum omnium testimonium et robur, presentes fieri feci, et sigilli officii mei appensione muniri. Datum Ianue, die xxim octobris, mdii, assumptionis nostre anno secundo. Era dunque a Genova il di 24 ottobre 1502 il venerato capo dell’ Ordine, quando emanò il su riferito decreto, e dovè sentire ben amara al cuore, lui pio e dotto assai, la doppia fuga dal chiostro dei giovani studenti Costantino Squarciafìco e Dionigi Camogli, riuscita al primo il 29 ottobre e al secondo il 13 dicembre 1502; e sebbene successa in Buda d’Ungheria 1’ anno stesso, non poco eziandio lo afflisse la morte immatura di Paolo Moneglia, illustre figlio del convento, vescovo di Scio, e in attuale ambasceria presso quella corte (1). 1J04 — 1506 P. SEBASTIANO da BOLOGNA. Nulla io so dire della sua persona; e abbondante invece è la materia fornitaci dall’ archivio di cose e di pratiche occorse sotto il suo governo. Principalissima la straordinaria vocazione e morte del nobile giovanetto Gio. Battista Cattaneo, che imprendo a narrare in compendio. (1) Ivi, a pag. 30, n.° 52. — 246 — Nato il 23 giugno 1488 dal patrizio Agostino ed Eleonora Stella, mostrò da fanciullo un ingegno pionto, a tutte cose atto, con una tenace memoria, e la spiccata propensione agli affari di commercio ; sicché il padie sei tolse, di soli 14 anni, a socio di gestione del suo banco. Prese a frequentare di quell’ età la vicina chiesa di Castello, e mano mano famigliarizzandosi coi religiosi, ne li veniva supplicando d’accoglierlo nel loro seno, e ne fu reso pago solo quando raggiunse 1’ età fissata per legge. Da quel momento cominciarono per lui le avventure. Il padre e i fratelli suoi maggiori udita 1 inaspettata notizia, corrono al convento, vogliono vederlo, lo pregano prima e percuotono poi, e minacciano anche di vendetta il priore e i padri. A nulla giovando , ché il novizio ed i frati sostenevano la correttezza del loro operato, se ne partono in aria di peggio. Provvedono tuttavia un assalto di nuovo genere, spesso più pericoloso ad un tenero giovanetto, anzi di venire all ultimo e violento ; e fu di spedire ava, madre e sorella di lui a far le loro prove, e le fecero, in mancanza di buone ragioni, coi vezzi, colle lacrime e co’ gemiti, di che empierono la chiesa. Il novizio, stante entro i cancelli , ora tolti, della cappella di s. Ambrogio, le esorta di ripicco a lasciarlo seguire la sua vocazione : non perdere egli per questa 1’ affetto suo per esse, volere conservarsi buon nipote, figlio e fratello, ma il Signore chiamarlo a sé, e doverne seguire la voce. Parlava ancora Giovanni, quando il padre suo, impaziente d’indugi, cieco di sdegno, irruppe nel tempio armata mano, in un co’ figli e il genero. Impongono si apra il cancello, é fatto; il genero Grimaldi, pel primo, — 247 — ferisce dì pugnale il capo a Matteo Bandello, i figli percuotono, e poi stramazzano a terra, 1’ altro novizio Silvestro Ricci, e al converso Angelo di Lerici fanno in brandelli l’abito. A quella scena di sangue il garzoncello si spaventa, impallidisce e sviene a piè dell’ altare, è preso pei capelli dallo snaturato padre, tratto fuori chiesa ; nel tramestìo apre gli occhi e se n’ avvede ; vuol resi-sistere, ma da sgherri, all’ uopo condotti seco, é fatto dal padre portare di peso a casa, e chiuso in una camera sotto buona guardia. Lo scandaloso avvenimento ebbe luogo circa il mezzogiorno della domenica, 19 maggio 1504; e il giorno dopo due prestanti cittadini , Bernardino Saivago e Nicolò D’ Oria, furono dal priore Sebastiano per le scuse troppo giustamente dovutegli , e insieme tempo ad insinuare il ritardo della vestizione del ragazzo a dopo Natale, per dare tregua alle inferocite ire. Questi frattanto giuocò un’abile carta, vincendo con infantile astuzia la forza brutale. Mostra nel carcere minor fermezza di proposito, ed è perciò men severamente custodito : se ne prevale subito, e sgattaiolando furtivo per le stanze del palagio, dritto sen vola a Castello. I religiosi compresi di maraviglia, lo persuadono a stento dovesse tornare a casa : lo fa, ed è creduto sia andato ad annunziare il mutato proposito, quindi maggiore libertà d’ azione. Ad assicurarsi contro ogni velleità, si buccina sommesso in famiglia di mandarlo per negozi in Africa 0 Spagna ; Giovanni 1’ apprende, ne paventa 1’ esecuzione, e reitera vieppiù accesa la domanda del-1’ abito religioso. I vecchi padri pendevano incerti fra il sì e il no : i giovani, meno riguardosi, li contraddicono — 24S — e sollecitano il voto di favore ; n’ avviene un contrasto : all’ ultimo il priore dà promessa ai frati giovani di riceverlo se altra volta ancora il garzoncello si presenta. Tornò infatti la sera del 22 maggio , con giubilo e festa da tutti accolto, e immediatamente vestito, a sua grande consolazione, dal sottopriore p. Nicolò Brezzi, di Iag-gia. Immaginarsi la sorpresa degli illusi parenti, massime il genitore! Il quale, facendo allora di necessità virtù, né volendo da vantaggio inferocire per tema di buscarsi la peste, che cominciava a menar strage in Genova, lasciollo in pace: venne anzi a visitarlo e tener colloquio presso il letto dell’ infermo priore, dove il figlio dié piena contezza e scarico, nanti lo scritturale del banco, di tutti gli affari e le partite di negozio in corso. Così tornati amici e abbracciatisi, padre e figlio si separarono, e fu 1’ ultima volta. Verso la fine dello stesso mese crebbe a dismisura il morbo, mietendo vittime in abbondanza, e nei non percossi incutendo spaventoso terrore. La comunità di Castello si divise in due, parte in città e parte in s. Luca d Albaro, luogo accettato volentieri dai nostri oer rifu-giarvisi in occasione di peste. A questo, con venti altri religiosi, si recò il nostro Giovanni, insieme al p. Paolino Maggiolo, che, primo di tutti, colto dal contagio, il 19 giugno era già spento (1). Venne il fratei suo Gerolamo a pregarlo di lasciare il luogo infetto, facendo ritorno alla casa paterna sino al termine della malattia soltanto : n ebbe umile ringraziamento e deciso rifiuto, protestandosi volere servire i suoi correligiosi in quel (1) Sjll. a pag. 67, n.° 145. - 249 - frangente. Il 24 giugno il converso Giacomino si scopri appestato , e vedendo Giovanni che, a tale notizia , il suo compagno Matteo Bandello, coperto di mortale pallore , tutto tremava, gli disse con faccia ridente e sicura : Matteo, sta di buon animo, non è giunta ancora la tua ora, e tu non morrai, ma io si fra pochi giorni ti lascieró , e anderò, spero, in buon luogo. Chiese il Bandello onde sapesse tai cose, e sentì replicarsi : ciò ti basti, il resto non ti riguarda ; ma aggiunse che il mattino seguente un altro di loro sarebbe colto dalla pestilenza, come lo fu. Brevi giorni dopo, in quella che i frati stavansene in un boschetto della villa nel pomeriggio, Giovanni sgusciò dal loro mezzo, recandosi in cella, ove tosto scoperse sul suo corpo il segno precursore della morte. Chi meglio 1’ assistè nella corta infermità fu il suo connovizio Bandello, il quale, rinfrancato dalle parole di lui, gli si accostava senza tema di sorta, e sul costui esempio anche gli altri, dolenti di perdere così presto quel caro angioletto, che spirò il 2 luglio 1504; invocato, dice il Borzino, e non inutilmente, dopo la morte, dai suoi divoti. 11 giorno 3 lo seguiva ivi stesso nel sepolcro il p. Paolo da Vercelli, e ai 24 agosto nel convento di Castello il p. Gaspare Oderico ; così quattro soli soggetti, per quanto si raccoglie dal sillabo, giacché il sunominato converso lacobino da Pieve di Teco , risanato dal funesto morbo, lasciava la vita soltanto nel 1510 (1). L’anno medesimo 1504 accadeva presso noi un caso (1) Syll. a pag. 34, 4§ e 86, n.° 61, 98 c 189. — 2J0 — | eramente singolare, e mai da me incontrato attraverso a storia, il quale si verificò nei due fratelli Gervasio e Protasio Rapallo. Amendue nacquero lo stesso giorno, e lo stesso giorno furono battezzati, vestirono 1’ abito il 22 aprile 1466, ricevettero le sacre ordinazioni, compreso il sacerdozio, e fin qui non sarebbe la grande meraviglia. Lo strano consiste nell’ essere anche passati a a^tra v|ta ^ giorno stesso in Genova, il 29 novembre, e non di peste ma di naturale malattia, uno in convento nostro, e 1 altro nel monastero dei ss. Giacomo e Filippo. La cosa avendo dello straordinario, il Borano si piacque attirare la speciale attenzione del lettore e suo sillabo sul fatto al tutto nuovo, e noi sulla sua orma ne tenemmo qui fuggevole discorso (1). 1 mor- davvero di peste é stata una pia donna alena, già schiava del medico Nicolò Poggi e da sso atta libera, quindi vedova di Giovanni da Barcelona , la quale avendo testato a favore dei padri di Caste o, ne raccolse il meglio possibile 1’ ultima volontà parroco p. Nicolò Brezzi, e lo fece alla presenza di q < tro testimoni, acciò ottenesse valore legale, giacché era copia di notaio, infierendo ancora il dì 3 S o 1504 il contagio (2). Dato giù questo, 0 pel bisogno* legalizzare il lascito fatto, o per ovviare a vpmk 1 1 C°ntrast'’ ^ sindaco Filippo Italiano, ai 23 no-e e successivi giorni dello stesso anno, promosse j me 61 teSt^’ Piesenti al verbale testamento, i quali deposero con giuramento tale essere stata la volontà, e (1) Syìl., a pag. 42, num. 75 e 76. (2) Ivi, a pag. 34-35» num. 62. - 251 — tale il disposto dalla Maddalena. I testi giurati furono quattro, p. Nicolò Brezzi parroco, il converso fr. Bernardo da Ovada, Pasquale Arquata ed il moro Tommaso Piccamiglio. (N. 8}~) (23 novembre IJ04) In nomine Domini amen. Ex hoc publico instrumento cunctis pateat evidenter, quemadmodum in mei notarii et testium infra-scriptorum presentia constitutus venerabilis dominus, fr. Nicolaus de Tabia etc. productus in testem et pro teste per venerabilem dominum, fr. Philippum Italianum, tamquam sindicuin etc., probare volentem summarie etc. quod cum anno presenti sub die tertia augusti dictus fr. Nicolaus de Tabia, tunc curatus ecclesie S. M. de Castello, vocatus fuisset ad audiendam confessionem Magda-lene Barzelone, que fuit olim serva q. domini magistri Nicolai de Podio, physici, et inde ab eo manumissa et facta libera, et ad dictam confessionem audiendam dictus dominus fr. Nicolaus tunc curatus accessisset, post dictam confessionem dicta Magdalena, dum sederet in gradibus scale domus sue, dixit alta et clara voce coram infrascriptis testibus, videlicet, Ioanne Petro de Novaria , targieta officii s. Georgii, et Thomasio Picamiglio, mauro et uxorato, et Pasquali de Arquata et fr. Bernardo de Uvada, converso in monasterio predicto, qui erat socius dicti fr. Nicolai, quod volebat et intendebat, quod ista erat sua mera et libera voluntas , quod omnia bona sua essent et pervenirent ad fratres S. M. de Castello de Ianua, sine aliqua contradictione et diminu-tione, preter duas vestes quas voluit dari Manine, uxori Pasqualis de Arquata predicti, pro anima sua. Delato corporali iuramento per me notarium etc. dicto domino fr. Nicolao testi presenti, iuravit in pectore suo, more clericorum, et testificando dixit vera esse omnia et singula suprascripta etc. Actum lanue, in dicto monasterio etc. in claustro inferiori, anno etc. Mcccccnti, indict. vii etc., die sabati, vigesima tertia novembris, presentibus Abraham de Multedo, q. Mart., et Bonifacio Ardissono de Tabia, q. Petri, testibus ad hec vocatis etc. (i). Ioannes de Costa, notarius. Un’ opposizione tuttavia la ci fu, poiché in data 12 marzo 1505 io trovo in archivio una carta di compromesso sulla eredità suddetta, con cui il nuovo sindaco di Castello, p. Francesco Carmagnola, ed il nobile Paolo Battista Giustiniani eleggono arbitro amichevole a decidere la controversia sorta fra loro, sul conto di essa, il patrizio Pietro Sauli, q. Bendinelli. (N. 84) (12 viario ijoj) In nomine Domini, amen. Venerabilis dominus, fr. Franciscus Carmagnola, Ordinis predicatorum s. Dominici de observantia, tamquam sindicus etc. ex una parte, et Paulus Baptista lustiniani q. Bald., suo et fratrum suorum nomine etc. ex altera, de et super quadam hereditate q. Magdalene, uxoris primo loco q. Ioannis de Barcelona, et in qua dictus Paulus Baptista suo et dicto nomine ius patronatus habere pretendit, et super omni eo et toto, quidquid et quantum una pars ab altera et altera ab una, occasione dicte hereditatis, petere et habere posset ac pretenderet quovis modo, sese compromiserunt et plenum, amplum et liberum compromissum fecerunt et faciunt in egregium virum Petrum Sauli, q. domini Bendinelli, tamquam in ipsarum partium arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem, ac communem amicum, concorditer electum et assumptum etc. Sub pena etc. (1) Iisdem die, hora, loco et testibus predictis, delato corporali iuramento per me notarium etc. fr. Bernardo de Uvada, converso etc., dixit vera esse omnia, come sopra. Sotto il di 25 novembre segue il giuramento di Pasquale Arquata, in tutto conforme. Presentibus Iacobo de Carbonaria, textore pannorum septe, q. Thotti. et Christoforo de Conforto, mulaterio, civibus ianuensibus. Continua sotto il giorno 27 novembre la deposizione Thomasii Pichamilii, mauri, liberti q. Nicolai Picha-miìii, presentibus Michaele Anfossio , cive Albingane, et Pantaleone Bonomo, cive Ianue etc. - 253 ~ Actum Genue, in dicta ecclesia etc., videlicet prope sacristiam dicte ecclesie, anno etc. mcccccv, indict. vii etc., die mercurii, duodecima martii etc., presentibus Angelo de Crovaria et Vincentio Tarigo, testibus vocatis etc. Raphael Ponsonus, notarius. Brevi mesi innanzi, addi 23 novembre 1504, il notaio medesimo, ad istanza del sindaco suddetto, sottoposto avea ad un primo esame il p. Nicolò Brezzi, per un motivo consimile, riguardante l’altro lascito di lire 400 fatto al convento, sotto certa condizione, da Tommasina, vedova di Lorenzo Ceva. (N. Sj) (2j novembre 1504) In nomine Domini, amen. Ex hoc publico instrumento cunctis pateat evidenter, quemadmodum etc. venerabilis pater, fr. Nicolaus de Tabia etc. productus in testem etc. per venerabilem patrem, fr. Philippum Italianum, tamquam sindicum etc., probare volentem summarie etc. quod hoc anno, die (manca), Thomasina, uxor q. Laurentii de Ceva, peliparii, dixit dicto fr. Nicolao , presentibus testibus infrascriptis, videlicet fr. Petro de Finario, fr. Gaspare de Ianua de Oderico, fr. Dominico, converso, de Diano, et Andrea de Ceva, qui fuerat famulus dicti q. Laurentii etc., quod volebat de suis dotibus dari centum libras monete ianuensis monasterio et monialibus S. M. de Gratiis, Ordinis canonicorum regularium, et quod legabat monasterio et fratribus S. M. de Castello de Ianua pro elemosina et pro sepultura et pro missis et orationibus pro anima sua faciendis libras quadringentas, in casu quod filii sui morerentur ante annum quintumdecimum et sine filiis legitimis et naturalibus, et non aliter. Nam si filii eius superviverent, vult omnia predicta, tam monialium quam fratrum, esse debere filiorum suorum etc. Actum Ianue, in dicto monasterio etc. in tutto eguale al documento num. 83, a pag. 251. — 2J4 - Questo Lorenzo Ceva in altra carta del 12 febbraio 1505 vien chiamato maestro, cioè capo di bottega nel-1’ arte dei pellicciai, e vi si ricava aver esso goduto la stima ed amicizia dei nostri padri, perchè li volle a testimoni firmantisi al suo testamento ; fra i quali sonvi nominati il p. Nicolò Brezzi e il converso fra Angelo Illice. (N. 86) (12 febbraio ìjoj) In nomine Domini, amen. Ex hoc publico instrumento cunctis pateat etc. quemadmodum etc. fr. Nicolaus de Tabia etc. productus in testem etc. quod quedam subscriptio facta per fr. Nicolaum de Tabia sub testamento facto per q. magistrum Laurentium de Ceva, civem Ianue, peliparium, qui fr. Nicolaus fuit testis dicti testamenti, una cum aliis fratribus predicti monasterii subscriptis in dicto testamento etc., videlicet quod dicta subscriptio facta et scripta fuit, manu propria dicti fr. Nicolai, et quod interfuit quando dictus Laurentius condebat dictum testamentum etc. Actum Ianue in dicto monasterio etc., videlicet in claustro de medio etc., anno etc. mcccccv, indictione vii etc., die mercurii, xn februarii, presentibus Lazaro Salvaigo q. Frane., et Laurentio de Podestate et Nicolao de s. Margarita, barberiis, civibus Ianue, testibus vocatis etc. Die ea, hora, loco et testibus superscriptis, delato iuramento etc. fr. Angelo converso de Illice etc., et qui fr. Angelus fuit unus ex testibus dicti testamenti , et dicto testamento subscriptus etc., respondit quod est ille fr. Angelus qui se subscripsit una cum aliis testibus dicto testamento etc. Come al principio del priorato del p. Sebastiano la chiesa nostra era stata il teatro della brutta scena accaduta al giovanetto Cattaneo, cosi sulla fine dello stesso il tempio medesimo fu di bel nuovo invaso tumultuariamente da gente rivoltosa e sovvertitrice dell’ordine. Ecco il fatto. Nel 1506 essendo tuttavia la repubblica - 255 - di Genova sotto la protezione o meglio il terreo giogo di Ludovico XII re di Francia, la nobiltà genovese era da lui in ogni cosa favorita e accarezzata, a danno del popolo; tanto che la gioventù patrizia divenuta all’ eccesso baldanzosa e insopportabile , insolentiva a capriccio la plebe con villanie, e spesso con percosse e ferite. Stanca questa di pazientare, si solleva ed impenna: scelti a capi del movimento Paolo Battista Giustiniani e fylanuele Canale, erompe nelle vie della città, gridando : viva il popolo, viva la libertà. Se ne beffarono dapprima i nobili, stimandola insania popolare, e fidando che presto darebbe giù il malconcepito bollore. Ma ebbero tosto a pentirsene, perchè la plebe diè di piglio alle armi, feri molti di loro, n’uccise parecchi, invase 1’ autorità del regio vicario, né rispettò quella del podestà. Congregatasi poi in chiesa di Castello per sorpresa, e sforzandone le porte, dopo molti parlari, procedè alla nomina di otto fra loro, cui chiamarono « tribuni del popolo », i quali ottennero assoluta balìa d’ ogni cosa, alzarono tribunale nel palazzo stesso del governatore, e opporsi alla loro volontà era cosa pericolosa e capitale. Questa insurrezione fu poi causa di molti danni, e d’ un più duro servaggio alla patria, cui sempre male provvedesi colle tirannie dinastiche e cogli ammutinamenti piazzaioli (i). (i) Giustiniani , Annali, all’anno detto. — Canale, Sloria ecc. voi. iv, pag. 310. — 2)6 - 1507 — i$o8 P- SILVESTRO MAZZ0L1NI, da PRIERO. Gli è questi il poi celeberrimo teologo e canonista, che nei più alti impieghi, cui ascese, di professore in vane università, e ultimamente di maestro del sacro palazzo, riscosse universali e ben meritati applausi. Il suo calore scientifico però e la capacità nel maneggio degli affari, già eransi dati a conoscere nell’insegnamento su molte cattedre deir Ordine, e nei priorati sostenuti con lode nelle principali case di Lombardia; e a Roma stessa ne perveniva il grido se, come scrivemmo sopra, papa Giulio II il 2 febbraio 1508 a lui in carica di priore qui a Castello, commise il giudizio della controversia insorta fra il nobile Oberto D’Oria e il priore del monastero di s. Bartolomeo di Rivarolo, in vai di Polce-vera, 1 esito della quale ignoriamo (1). Incerto rimane il preciso tempo in cui il p. Silvestro tolse a reggere la comunità nostra, poiché un sillabo dice aver egli indossato l’abito religioso al p. Girolamo arengo il 24 marzo 1507, ed un altro più recente assevera essere ciò successo ai 24 dicembre 1506. Io sto per a data riferita dal sommista Carbone, che la fissava al 5 marzo 1507, giorno in cui vesti il converso di Taggia, quale, come prima sua recluta, impose il nome di Sil-estro, e tuttavia non approdò, perché fece ritorno presto al secolo. Nei mesi susseguenti d’aprile, agosto e (!) Syll. a pag. Ul) n, 2^ - 257 - settembre 1507, e febbraio e maggio 1508, accolse otto altri novizi, ma nessuno di essi si distinse per meriti speciali (1). Invece, eletto poco dopo vicario generale della Congregazione di Lombardia, dava qui da noi la tonaca domenicana a due suoi compaesani, Agostino e Bartolomeo da Priero, il primo dei quali prometteva diventare un solenne dottore, se morte, invidiosa degli sperati allori, non gli avesse troncato nel più bel fiore lo stame della vita. In virtù di questa nomina alla maggior carica suddetta, molto probabilmente il p. Silvestro non compì il biennio di priorato, nel cui esercizio ebbe a sostenere l’onta di vedere il disgraziato giovane, Dionigi Ca-mogli, fuggito dal chiostro in dicembre 1502, dalla secolare curia genovese condannato ed appeso, peli’ effettuata apostasia e per altri misfatti (2). L’archivio domestico pel 1508 ci somministra una carta contenente la sentenza profferita dal prevosto dei ss. Cosma e Damiano, Pietro Rocca,, come conservatore apostolico del convento, contro un tale Cristoforo Pezzi, genero ed erede della fu Giacomina, q. Luchino Castello, vedova di Franchino Aneraria. La pia donna, con suo testamento del 13 giugno 1504, avea legato ai padri due luoghi, da inscriversi sulla loro colonna in banco s. Giorgio, più la limosina congrua per mille messe a suo suffragio, e Cristoforo, in quattro anni, non s’era dato carico d’ eseguire la volontà della suocera. Il perché, il p. Pantaleo Rocca, sindaco di Castello, ricorse al giudice predetto, il quale, esaminata la causa, sentiti i testi e le deposizioni del moroso debitore, addì (1) SylL a pag. 95, n.‘ 213-222. (2) Ivi, a pag. 91, n.° 200. Atti Soc. Lig. St. Patri*. Serie 2.* Voi. XXI. iS p — 258 — 29 luglio 1508 lo condannò a far scrivere i due luoghi, e pagare entro due anni lire 15, a sdebito dei servizi divini già adempiuti. Otto anni dopo, il 5 marzo 1516, il p. Mazzolini ottenne dal generale dell’ Ordine di trasferire la sua affigliazione dal convento di Bologna al nostro di Castello, come n’avea vivo desiderio, essendo in ufficio di maestro del sacro palazzo in Roma, e ne risultò uno dei più insigni alunni, per cariche sostenute e per vastità di dottrina. Con lui vennero altresi i due suoi nipoti, Aurelio e Silvestro (1). *1 I50S — 15 IO P. BARTOLOMEO RIVAROLA, di GENOVA, },a volta. A rimpiazzare il Mazzolini, nel capitolo di Mantova promosso vicario generale della Congregazione lombarda, tornò priore la terza volta il p. Bartolomeo Rivarola, cui trovo già in seggio il 17 settembre 1508, giusta il sillabo; e l’elezione dovè aver luogo in primavera, o nella state. Gli si attribuisce una sola vestizione sotto il giorno 18 marzo 1509, in cui introdusse al noviziato due chierici ed un converso, a nome Vittore; colui che nella peste del 1528, fatto il sacrificio di sua vita, prese a servire i colpiti dal micidiale morbo, e ne rimase incolume, quando invece vi soccombettero amendue i padri Mattia Ponte e Teramo Corvara, secò lui vestiti il di predetto. Egli poi giunse fin quasi al centesimo anno, e di \ecchiaia, più che di malattia, spirò nel 1586. Lo (1) Syll, a pag. m-116, n.1 256-58. I - 259 — seguì al chiostro il fratei suo Cristoforo, che non risulta chiaro per mano di chi ed in quale anno siasi reso frate, poiché sul di lui conto non concordano i sommisti (i). Nel suo biennio si composero felicemente due controversie, da tempo agitate e sospese, fra il convento e le parti contrarie. La prima verteva sull’eredità di Vincenzo Novara, morto lasciando una sola bambina a nome Ge-rolama; e perché era deceduta anch’essa poco dopo il padre, tutto 1’ avere suo doveva per legge ricadere nel p. Vittore, domenicano di Castello, fratello di Vincenzo e zio della Gerolama. Erano vive però tre prossime parenti, le quali sembra non pretendessero no, ma si raccomandassero alla carità dei padri affine di partecipare all’eredità; tanto più che essendo fin anco allora passato di vita il p. Vittore, il convento veniva ad essere l’erede totale di una non piccola sostanza. Ne furono con lodevole disinteresse appagate, e si abbandonò loro tutto intiero il retaggio, riservandosi una sola casa, con terra annessa, posta a Granarolo, sulla cresta della città, ed un vuoto, o cortile, negli orti di s. Andrea. (N. 87) (8 novembre ijoS) In nomine Domini, amen. Cum verum sit etc. quod defunctus sit Vincentius de Novaria, q. Luce etc. nullo relieto testamento etc., relicta Hieronyma ipsius filia unica etc., que edam in pupillari etate decessit, et propterea hereditas tam dicte Hieronyme quam etiam dicti Vincenti! delata fuerit ad dominum fr. Victorem, fratrem secundum carnem dicti q. Vincenti! etc., professum in monasterio S. M. de Castello etc. et successive ad dictum monasterium , per (1) Syll. a pag. 99, n.1 226-228 e 231. quod legitime fuit adita dicta hereditas etc. Cumque etiam ve n sit quod dicta q. Hieronyma reliquerit Princhissam (•)> q. Apollinaris de Axereto, Baninam, uxorem Augustim de Ax , sorores dicti q. Vincentii etc. et sorores dicti q. domini r. ris ex patre tantum, et Clarinetam, filiam q. Baptiste de er&< , sororem dicti q. Vincentii utrinque et dicti fr. Victoris ex patre tum; quibus sororibus et nuptui dictus fr. Victor cum \nere nunc dictum monasterium volentes rem facere gratam. Igitur venerabilis in Christo pater, dominus fr. Batt o ^ ^ de Riparolio, prior dicti monasterii etc. in presentia in ras^ rum fratrum etc., quorum nomina sunt hec: dominus fr. * lomeus Burgarus, de Ianua, supprior, fr. Philippus ^an ‘ ’ Nicolaus de Tabia, fr. Gregorius de Ianua, fr. Bartholomeu Ianua de Castiliono, fr. Petrus de Ianua, fr. FranJsuis de « fr. Innocentius de Ianua , fr. Paulus de Ianua, fr- Urbanu ^ Saona, fr. Hieronymus de Ianua, fr. Antonius de Ianua, r. tholomeus de Albingana, fr. Laurentius de Prierio, fr. de Ianua, fr. Vincentius de Ianua, fr. Ioannes de Levanto, r. ^ trus martyr de Modoetia, fr, Pantaleo de Ianua, fr. Smion Neapoli, fr. Dominicus de Ianua, fr. Marcus de Ianua, fr. Bar bas de Ianua, fr. Hieronymus de Rapallo, fr. Timotheus de Ian i fr. Ioannes de Faventia, fr. Benedictus de Ianua, fr. Bernardini de Brixia, fr. Augustinus de Padua, fr. Paulus de Solicino, r Hieronymus de Ianua Marengus, et fr. Ioannes de Ianua Gropa lus, et dicti fratres, qui sunt ultra duas tertias partes presentes fra trum dicti monasterii vocem habentium in capitulo, omni modo via etc., ex causa et titulo mere, simplicis et irrevocabilis dona tionis inter vivos etc. Dederunt, cesserunt etc. dictis Princhisse, Banine et Clarinete etc., cuilibet earum equis portionibus etc. omnia et singula iura etc. actiones et rationes etc., quas ipsi dominus prior et fratres habent et sibi competunt etc. in bonis et hei edi tate tam dicte q. Hieronyme, quam dicti q. Vincentii etc. Intellecto tamen et expresse declarato, quod in presenti cessione non veniat, nec comprehendatur domus, cum possessione seu terra Granarolii etc., et ita quoddam vacuum situm Ianue in hortis s. Andree etc., et pro quibus annuatim solvuntur ecclesie maiori — 261 — iauucnsi, et seu eius capitolo, pro eorum annuo censu, xxv (manca forse solidi), a presenti cessione intelligantur et sint penitus et omnino excepta et exclusa etc. Actum Ianue, in ecclesia S. M. de Castello, videlicet in capella s. Ambrosii, anno etc. mdviii, indict. xi etc. die mercurii, octava novembris, in vesperis, presentibus luliano Tachino, toagiario, Iacobi, et Michaele de Vultabio, Baptiste, civibus Ianue, testibus vocatis etc. La seconda controversia aveanla promossa già da gran pezza i confratelli del vicino oratorio di s. Giacomo della Marina, e n abbiamo parlato tempo addietro, e più da vicino nell’anno 1500, in cui Francesco Passini, prevosto di s. Luca, impose loro di desistere dall’ ingiusto proposito d’invadere il suolo interstante fra la loro chiesa e le case di Castello. Quei battuti dovettero alfin persuadersi di essere sul falso, e ad arrivare al loro intento, presero miglior via, quella della giustizia. Adunque, il dì 4 novembre 1509, in buon numero adunati a consulta, elessero quattro prudenti uomini nel loro seno, incaricandoli di trattare co’ padri e risolvere di buon accordo la quistione. (N. SS) (4 novembre 1309) In nomine Domini, amen. Augustinus de Signorio, prior domus fratrum disciplinatorum s. Iacobi de Marina, Ianue, Antonius Corsus q. loannis, supprior, Dominicus de Mediolano., Christophorus de Guirardis speciarius, Andreas de Monelia acimator, Bartholomeus de Semino q. Simonis, Augustinus Pelererius, omnes consiliarii dicte domus, ac Obertus de Valletarii, Franciscus Scagiola nauclerius, Raphael Trabucus, Iacobus de Castiliono de Lora, Petrus de Castellano , q. Danielis, Pasqual de Gavio q. Iacobi, 2 — 262 — Antonius de Canali q. Therami, Thomas Machiavelus q. loannis, Ioannes de Valle q. Manfredi, Bernardus de Pastino, Gregorius de la Rena, Bernardus de Turri, Nicolaus Frascarolus, Mattheus de Semino, Bernardus de Persis (?), Baptista Linguilia, Ioannes de Goano, Ioannes de Turri, pettenarius, Io. Baptista de Sale, Franciscus Andreas de Vicino, Vincentius de Novis q. Iacobi, Bernardinus Ricius Quilici, Nicolaus de Brignolis, Antonius de Castellano, Bartholomeus de Oderico q. Mauritii, Pantaleo de Cavo, q. Mauritii, Paulus de Casaregio q. loannis, Iulianus de Pomario Bernardi, Thomas de Ripalta q. Petri, Baptista de Monelia, Benedictus Blancus, Iacobus Gavotus, Nicolaus Sennus Baptiste, intentius Villamarinus q. Io., Bartholomeus Campanella, Gregorius de Bargalio, Obertus Cornilia, Thomasinus de Portuvenere, Isebius Canitia, Io. Maria de Montesoro, Baptista de Montobio, Lucas Dapei, Stephanus de Ihamrona, Iacobus de Montobio, Augustinus Belvisus, Vincentius de Montobio, Stephanus Rattus, Antonius Ihatinus, Nicolaus de Unelia, Benedictus de Cassana, Bartholomeus de Montobio, Ioannes de Signorio, Stephanus Iha-rella, Ioannes Campanella, Nicolaus Lavagninus q. Baptiste, Bernardus Bensus q. Ioan., Bartholomeus de Gavio, Baptista de Castagnolo, Baptista de Terrili, Hieronymus de Pagio, Augustinus Iharella, Augustinus RebeianuS Nicolai, Iacobetus de Montobio, Pasqualinus de Murtula, Bernardus Feretus q. Nicolai, Andreas de Cruce macelarius, Pelegrinus de Albingana, Gregorius de Monelia Andree, Simon de Rigoroso, Hieronymus Ritius, Hiero-nunus Matarana, Dominicus Feretus, omnes fratres dicte domus, et seu maior pars dictorum fratrum qui soliti sunt accedere ad dictam domum diebus qui sunt de precepto dictis fratribus acce-en i ad dictam domum, ad infrascripta et pro infrascriptis pera-gen is specialiter congregati, et penes quos de consuetudine etc. uit et est plena et omnimoda potestas et facultas administrandi dictam domum, et omnia et singula bona etc. alienandi et de illis isponendi pro ut maiori parti eorum visum fuerit pro utilitate er eneficio dicte domus etc., omni modo via et forma quibus melius et validius facere possunt ; Fecerunt, constituerunt etc. eorum et seu dicte domus discipli- — 263 — natorum certos et indubitatos sindicos et procuratores etc. An-dream Canetiam, Bartholomeum de Romeo notarium, Pantaleonem de Fransono, ac Franciscum de Magnasco, etiam fratres seu disci-plinatores dicte domus, absentes tamquam presentes, ad omnia et singula ipsorum prioris, consilii et fratrum negotia quecumque agenda, tractanda etc., et ad omnes lites etc. et specialiter cum dominis priori et fratribus monasterii S. M. de Castello etc. occasione cuiusdam vacui seu domorum diruptarum, quod vacuum, seu domus dirupte, situm est, seu site sunt, Ianue, prope dictum monasterium de versus mare, cui seu quibus coheret ab uno latere pars dicti monasterii, a duobus lateribus via publica, ab alio latere dicta domus dictorum fratrum disciplinatorum s. Iacobi. Et de pre-missis etc. Promittentes etc. Sub ipotheca etc. Acta sunt hec Ianue, in contrata s. Marie de Gratia, anno etc. MDViiii indict. xii etc. die dominica, quarta novembris, presentibus Pantalino de Bisamne q. Barth. et Hieronymo de Albertis q. Constantini, civibus Ianue, testibus vocatis etc. Ciprianus Folieta, notarius. E fu risolto il piato dopo vari congressi nel solo modo possibile, cioè, che se occorreva ai confratelli alcun spazio, riconoscendo il diritto di proprietà del vicino, ne comperassero il terreno; e così avvenne. Imperocché alla perfine, con rogito dell’8 aprile 1510, si chiuse il contratto, col quale i nostri venderono venti palmi di suolo, quanti bisognavano agli oratorianti per aprire un portone d’ingresso alla chiesa loro, contro il valsente d’un mezzo luogo in s. Giorgio, pari a lire 27 e soldi 10 di moneta genovese d’allora, sborsati sotto gli occhi del notaio e dei testimoni. La vendita poi fu circondata da tante servitù, cautele e condizioni, che fanno chiaro intendere come i padri si tenessero poco sicuri sulle future e temute sorti del presente contratto. — 264 — (N. Sy) (S aprile J 5 w) In nomine Domini, amen. Reverendus in Christo pater, dominus fr. Bartholomeus de Riparolio, prior conventus monasterii S. M. de Castello etc., in presentia etc. infrascriptorum fratrum etc. quorum qui interfuerunt nomina sunt hec: rev. dominus, fr. Bartholomeus de Riparolio, prior, fr. Barnabas de Ianua, supprior, fr. Alexander Raibaldus, fr. Nicolaus de Tabia, fr. Bartholomeus de Castiliono, fr. Ioannes de Papia, fr. Innocentius de Ianua, fr. Petrus (manca), fr. Paulus de Ianua, fr. Ludovicus de Tabia, fr. Urbanus de Saona, fr. Bartholomeus de Albingana, fr. Hieronymus de Ba-varo de Ianua, fr. Antonius de Porta de Ianua, fr. Vincentius de Ianua, fr. Ioannes de Levanto, fr. Augustinus de Ianua, fr. Fran-ciscus de Ianua, fr. Petrus martyr de Modoetia, fr. Pantaleo de Ianua, fr. Simon de Neapoli, fr. Baptista de Salodio, fr. Dominicus de Crovaria, fr. Hieronymns de Rapallo, fr. Timotheus de Ianua, fr. Ioannes de Faventia, fr. Georgius de Sebenico, fr. Paulus de Soncino, fr. Thaddeus de Clarasco , fr. Bernardinus de Brixia, fr. Benedictus de Ianua, fr. Hieronymus de Ianua Marengus, fr. Ioannes de Ianua de Gropallo, tr. Vincentius de Rezonico, fr. Ioannes de Ianua, tr. Hieronymus de Ianua Turbinus, fr. Bartholomeus de Ianua, fr. Matthias de Ianua, fr. Theramus de Ianua, et dicti fratres, qui sunt ultra tres quartas partes fratrum dicti monasterii vocem habentium in capitulo, et sic representant totum eius capitulum : Scientes dictum monasterium habere quoddam vacuum, seu quas-das domos diruptas ad dictum monasterium spectantes, seu spectans, situm seu sitas Ianue in contrata ss. Nazarii et Celsi, cui seu quibus coheret a parte superiore dictum monasterium, mediante via publica, a parte inferiore litus maris, mediante etiam via publica, ab uno latere edificium seu latrina dicti monasterii, ab alio latere domus disciplinatorum s. Iacobi de Marina, et si qui alii sunt etc. Et scientes etiam prefati, dominus prior et fratres etc. fuisse requisitos et rogatos a dictis disciplinatoribus etc. quod velint ipsis concedere certam infrascriptam partem dicti vacui ad effectum infrascriptum, et volentes etc. eis complacere, sponte etc. — 265 — ac omni via, modo et forma etc., habentes potestatem a rev. domino vicario generali Congregationis Lombardie alienandi etc. Dederunt, tradiderunt etc. Andree Canetie, Bartolomeo Romeo notario, Pantaleoni de Fransono, et Francisco de Magnasco, tamquam sindicis et procuratoribus dicte domus disciplinatorum etc. presentibus et acceptantibus, palmos viginti dictarum domorum diruptarum seu vacui, in latitudine, qui palmi initium capiunt a dicta domo disciplinatorum versus latrinam dicti monasterii, et in longitudine a via inferiore predicta usque ad viam superiorem, sub tamen modis, formis et conditionibus infrascriptis, ad habendum , gaudendum etc. Et versa vice dicti Andreas, Bartholomeus, Pantaleo et Franciscus, dictis nominibus, recognoscentes dictos par-mos viginti dicti vacui habere a dictis fratribus etc., et omnia et singula supra et infra scripta acceptantes, dederunt et-solverunt, in presentia mei notarii et testium infrascriptorum, domino priori et fratribus dicti monasterii, presentibus et acceptantibus, pretium dimidii loci comperarum s. Georgii, videlicet libras vigintiseptem, solidos decem Ianue, pro dicto pretio. Acto tamen et expresse convento etc. Seguono le molte condizioni apposte al contratto. Acturn Ianue, in dieta ecclesia S. M. de Castello, in capella s. Ambrosii, anno etc. mdx, indictione xu etc., die lune, octava apri-lis, presentibus Antonio de Flisco, q. Andree, Gaspare Salvaigo, q. Galeoti, et Lazaro Merata, Baptiste, civibus Ianue, testibus etc. Sette giorni dopo, per domanda fattane dal notaio Bartolomeo Romeo, autore principale del riuscito contratto , il governo convalidò e mise il suggello al su riferito istrumento. (N. 90) (15 aprile ijio) MDX, die lune, XV aprilis. Illustris et excelsus dominus Franciscus de Rochauarda, dominus de Champdenier, regius genuensis gubernator etc., et magnificum consilium dominorum antianorum communis Ianue in legitimo — 266 - numero congregatum. Inclinantes petitioni egregii Bartholomei de Romeo notarii, et facti certiores sententie suprascripti instrumenti et partium in eo contentarum, omni iure, via etc. ratificaverunt et comprobaverunt illud , suam in eo et excelsi communis Ianue auctoritatem pariter et decretum interponentes, ac supplentes, de plenitudine potestatis, quibuscumque defectibus, si qui forte in eo intervenissent, non obstantibus obstantiis quibuscumque. Nicolaus de Brignali, cancellarius. Non mancarono sotto il priorato del p. Rivarola le sovvenzioni e i legati pii alla nostra parrocchiale. Sono tra essi la fondazione d’una cappellania cotidiana all’altare di N. D. Annunziata, fatta il 20 marzo 15 10 da Luigina * q. Gaspare Cattaneo, moglie in primo luogo di Giacomo Marcinone; quella stessa che 1’ anno 1499 parve volersi arrogare il diritto di giuspatronato su la ridetta cappella. Ho memoria poi d’ un altro lascito di Spagnuola, figlia del q. Francesco Cattaneo, aneli’esso dello stess’anno, e ultimamente di un tale Raffaele Zino, per generose largizioni alla comunità. Il p. Rivarola sopravvisse di poco a questo suo terzo priorato, morendo il 6 ottobre dell’ anno che segui, 1511. Si era reso al sommo benemerito di Castello, non solo coll’ illuminato suo governo, ma anche per gli innumerevoli libri alla biblioteca nostra provvisti _, con danari avuti dai ricchi e nobili parenti suoi, e che egli non potè guari più svolgere, se è vero ciò che narra il Borzino essere divenuto cieco. Resse più altre religiose famiglie, specie quella di Bologna, e in tutte lasciò ottima opinione di sé. — 2 67 — 1JI0 — I5I2 P. GIOVANNI CAGNASSO, di TAGGIA. Alla serie dei priori di Castello, vissuti e morti in opinione di santi a tutto il primo mezzo secolo dalla fondazione del convento, quali furono i beati Antonio De-Albertis, Vincenzo Maglio, Domenico Steriino, tutti tre di Finale, e da ultimo il p. Sisto Maggiolo, genovese, tengono dietro, all’esordire del cinquecento, i priori venuti in fama di molta scienza e larga copia di dottrina. Già parlammo del p. Silvestro Mazzolini, salutato dai contemporanei siccome il maestro dei maestri, ed ora è la volta dell’ altro preclaro genio, il p. Giovanni Cagnasso, che amministrò il nostro cenobio nel biennio 1510-1512. Di lui così scrive il eh. Spotorno : « Giovanni di Giuliano Cagnasso, nato di non oscura famiglia di Taggia, vestì l’abito dei Predicatori in Albenga l’anno 1470, e professò 1’ anno seguente nel convento di sua patria. Non vuoisi confondere con Giovanni di Francesco Cagnasso, pur domenicano e coevo, di Taggia, che fondò nel 1481 il convento cieli’ Orciine suo in Ovada, e cessò di vivere nella patria 1’ anno 1494. 11 p. Giovanni, di cui parliamo, dotato di raro ingegno, meritò d’esser fatto due volte reggente primario nel celebre studio di Bologna, della quale città fu anche inquisitore, nominatovi da papa Alessandro VI. Racconta il p. Nicolò Calvi, come trovandosi carcerati in Roma, nel pontificato di Leone X, alcuni eretici luterani, non meno dotti che ostinati nell’ errore, quel pontefice, il quale bramava tornargli all’unità cattolica, chiamò il p. Cagnasso a convincergli; e questi seppe confondere tutti i sofismi di quegli sciagurati, inducendogli a riconoscere e confessare la propria colpa. Lieto il pontefice di tale ventura, si offrì al p. Cagnasso pronto a compiacerlo di quella grazia che gli avesse domandato. Ma il magnanimo religioso non chiese che 1’ apostolica benedizione. Di che beffandolo alcuni amici, come di nuova semplicità, egli rispose: Chiegga ricchezze od onori, chi ne vuole; per me non saprei che farne. Cessò di vivere questo illustre scrittore in Bologna nel 1521. « L’opera sua principale é una somma di morale, detta per la sua eccellenza Summa summarum, e dall’ autore intitolata Summa Tabiena, ad onore della sua patria, detta latinamente Tabia. Il p. Rovetta accenna un’altra somma contro le eresie del suo tempo, giacente manoscritta nel convento di Bologna, e Gerolamo Ghilini attesta, che lasciò molti scritti di gius canonico. Gli elogi, che si trovano in tutti gli scrittori, intorno al p. Cagnasso, ci fanno conoscere che egli fu veramente uno dei primi teologi e canonisti del suo secolo, e che non a torto Oberto Foglietta gli dié luogo onoratissimo nei Liguri illustri » (1). Né con minore lode lo celebra l’Echard, sull’esempio di tant’altri storici dell’ Ordine, ma sbaglia dicendo avere il p. Giovanni tenuto l’ufficio d’inquisitore a Bologna fino al 1513; imperciocché siano certi la sua venuta e 1’ esercizio del priorato a Castello gli anni 1510-1512 (2). (1) Spotorno, Storia letteraria delia Liguria, Tom. Ili, pag. 217. (2) Echard , Scriptores Ord. Praed. Tom. II, pag. 47. Non lasciò, é vero, traccia di sé nel registro dei consigli (cosa verificatasi in più altri), e neppure sotto di lui esiste in archivio alcun atto notarile o strumento qualsiasi, ma vale per tutti l’autorità del sillabo, che assicura avere egli in carica priorale dato la tonaca religiosa a non pochi soggetti i giorni 6 luglio 15 io e 8 marzo 1511 (1). E ne esistono altre prove ancora (2). 1512 — 1514 P. GEROLAMO BOZOMO, di GENOVA, i.‘ volta. Mentre per la più parte dei priori il libro dei consigli si mantenne finora scarso 0 muto affatto di notizie, a riguardo del p. Bozomo abbonda di memorie e di atti, che ci offrono ampia materia a parlare con maggiore larghezza di lui. Sappiamo dal sillabo esser egli entrato in religione il 13 ottobre i486, avere nel seguito in più case della Congregazione coperto lodevolmente la carica priorale, senza dirne i luoghi, e qui a Castello ben due volte, di cui la prima è la presente, dopo 25 anni dalla sua professione (3). Il 20 luglio 1512 già n’ occupava il posto, poiché fece atto d’autorità, ricevendo in figlio del convento il p. Gerolamo Bavaro, che (1) Syll. a pag. 99, n.1 229 e seguenti. È tra questi il p. Paolo Montaldo, del quale scrivendo a suo luogo feci le maraviglie vedendolo, lui frate, amministrare la parrocchia secolare di Molare, in diocesi d’ Acqui. Ora più non stupirei, perchè so di molli altri regolari applicati in quoi tempi alla reggenza di chiese secolari, 0 per propria elezione 0 per volontà dei superiori. (2) Vedi più sotto a pag. 282, e 287. (}) Syll. a pag. 72, 11." 165. * — 270 — amò trasfigliarvisi da quello di s. Domenico, per desiderio di più regolare osservanza; come fece l’anno dopo il p. Vincenzo Odone (1). Quanto a novizi, vestì in questo biennio due chierici soltanto e un converso, un dei quali, il p. Stefano Cattaneo, riuscì maestro in teologia (2). La chiesa nostra al suo tempo s’abbellì non poco, e mediante le richieste di pii e ricchi signori, crebbe il numero ed il lustro delle cappelle. Sotto il dì 13 marzo 1513 ne trovo due concesse a patronato. E la prima quella di s. Giovanni Battista, data, con l’atto seguente, al nobile Andrea Cicero, uomo di grande autorità nei traffici e nelle relazioni diplomatiche fra Genova e Tunisi. (N. 91) (jj inarco 151)) Die 13 martii 1513, consilio et assensu infrascriptorum patrum, data est capella tituli s. Ioannis Baptiste nobili viro Andree Cicero, pro quo omnes fratres orabunt. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, ita testor. Ego fr. Barnabas Gentilis, supprior, sic affirmo. Ego fr. Iacobus de Ianua affirmo ut supra. Ego fr. Petrus de Ianua etc. Ego fr. Paulus de Ianua etc. Ego fr. Raphael de Soncino etc. Ego fr. Baptista de Mediolano, lector, affirmo ut supra. La seconda é stata l’antica cappella del Rosario, oggi di s. Rosa, che passò a dominio dell’altro nobile Raffaele De-Fornari, e ce 1’ apprende il citato libro consiliare, ove leggo: Nota, quod ilio die, il 13 marzo 1513, consensu patrum, data est capella Rosarii domino Raphaeli Fumario, qui dixit se eam ampliaturum. Dati sunt etiam proventus duorum loccrum cuidam filio antecedentis patroni illius capelle, qui omni suo iuri cessit, ut patet instrumento. (1) Syll. a pag. 104 e 106, n.1 238 c 242. (2) Ivi, a pag. 105, n.° 239-41. — 271 — 11 rinunziante al diritto sulla ridetta cappella era Pantaleone, figlio del q. Martino Cattaneo, già liberto di Maurizio Cattaneo, e marito della fu Maddalena di s. Stefano, schiava essa pure e manomessa da Pietro di s. Stefano, dei quali é stata parola in addietro; e lo rinunziò contro l’assegno fattogli dal De-Fornari di due luoghi in s. Giorgio, sua vita durante, cui il Pantaleone, curoso forse più di moneta che di onori, volentieri accettò. Ne redigeva l’istrumento di cessione il notaio Vincenzo Reggio il 15 marzo 1513 (1). D’ una terza cappella ancora disponevano i padri, di lì a breve, concedendola- a Gerolamo Giustiniani, il 25 agosto 1513. Dirò meglio: non gli diedero una cappella preesistente, ma sì il luogo ove costrurla, ed é 1’ attuale di s. Paolo apostolo, allora situato sotto la loggietta da cui si cantava il vangelo. (N 92) (2j agosto 151-3') Die 25 augusti 1513. Nobilis dominus Hieronymus de Justinianis , ob affectum et benevolentiam qua nos prosequitur, petiit sibi concedi et dari locus in ecclesia nostra in quo posset fabri- » cari capella. Convenimus ut satisfaceremus petitioni ipsius domini Hieronymi, cui obligamur ob eius continua beneficia, dare et concedere locum sub pontili in quo cantatur evangelium, ad construendam dictam capellam. Et ne aliquis nostrum posset conqueri de celeritate consilii et talis concessionis dicti loci, pater prior concessit tempus ad deliberandum super tali re et concessione. Nunc autem habito super hoc maturo consilio , conclusum est per infrascriptos patres et fratres, filios huius conventus, ut (i) Lo ricavo dal Liber columnarum s. Geirgii, a fol. XLII, ove è detto: De proventibus dictorum locorum duorum respondeatur annuatim P anta lino q. Martini, iit vita tantum etc. Vedi poco sotto a pag. 273, nota 1. — 272 — dictus locus concedatur predicto domino Hieronymo, ne inveniamur ingrati, et ad decorandum et ornandum ecclesiam nostram, que ex tali fabrica decorabitur. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, huic concessioni co sensum prebui. Ego fr. Franciscus de Ianua, prior uvadensis, affirmo ut supra. Ego fr. Barnabas de Ianua, supprior, approbo etc. Ego fr. Petrus de Ianua, approbo etc. Ego fr. Nicolaus de Ga ressio, approbo etc. Ego fr. Antonius de Ianua approbo omnia suprascripta. E per conchiudere in tema di cappelle, soggiungeremo che quasi un anno dopo la cessione fatta dal prenominato Pantaleone della sua cappella del Rosario, avutane lingua Lorenzo e Francesco Cattaneo, ne mossero aspra querela al priore, come d’ingiuria. Ondeché il p. Bozomo, colta l’opportunità della presenza in convento del p. Innocenzo, priore Piacentino, in qualità di visitatore, adunò a consiglio i vocali, interpellandoli se retrocedere dovesse. Ma l’opinione unanime fu di tenere fermo, anche perchè, tempo innanzi, interrogato Francesco sul da farsi, circa la cappella , aveva risposto che ne disponessero a loro grado; ed essi 1’ aveano fatto. * (2V. (22 gennaio //14) Cum sit quod de anno 1513, 13 martii, de consilio patrum fuerit data capella sub titulo Rosarii nobili Ioanni Baptiste (sic) de Furnariis, ad quam dationem concurrit etiam assensus publicus Pantaleonis, filius q. Martini Drolmi, servi q. domini Mauritii Cattanei, ut patet instrumento, in quo multa continentur; quia tamen, legitima da tione facta, comparuerunt domini Laurentius et Franciscus Cat tanei, querulantes de tali translatione et datione: volens igitur ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, consulere an revocanda esset ista capella aut confirmanda; die 22 ianuarii 1514 coiam patie - 273 ~ priore piacentino, visitatore, et aliis infrascriptis patribus, quesivi quid super hoc agendum esset, et tandem , multis adductis rationibus, conclusum est per omnes, nemine discrepante, quod omnino antedicta capella manuteneatur et corroboretur antedicto Ioanni Baptiste, cui legitime data est, et ipsis Cattaneis modeste respondeatur quod hoc non est actum causa iniuriandi ; maxime quia alias, dum dominus Franciscus interrogaretur quid agendum esset de capella illa, respondit: agite de ea pro libito. Tenet igitur translatio, cum secundum iura actum sit a patre, fr. Philippo Italiano. Quare , pro conclusione affirmanda, omnes subscripsimus. Ego fr. Innocentius placentinus, prior conventus piacentini, et visitator conventus ianuensis, omnia ut supra confirmo, teste manu propria. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior conventus, ita consului, manu propria. Ego fr. Ioannes Baptista de Ianua, prior romanus, consului, manu propria teste. Ego fr. Barnabas Gentilis, prior finariensis, affirmo ut supra, manu propria. Ego fr. Franciscus de Ianua, prior uvadensis, affirmo ut supra, manu propria. Ego fr. Vincentius de Ianua, supprior, confirmo suprascripta, manu propria. Ego fr. Philippus de Ianua etc. Ego fr. Petrus de lanua etc. Ego fr. Innocentius de Ianua etc. Ego fr. Paulus de Ianua etc. Ego fr. Nicolaus de Garessio etc. Ego fr. Baptista de Mediolano, lector etc. Ego fr. Silvester de Ianua, vicarius etc. Ego fr. Dominicus de Crovaria affirmo ut supra, et tunc temporis eram sindicus et procurator monasterii, et dictam capellam dicto nomine avallavi de ordine patris prioris ac fratrum conventus, Ioanni Baptiste de Furnariis, ut patet per instrumentum rogatum per Vincentium Regium (i), notarium, anno mdxiii, die xv martii. Et nota, quod filius q. dicti Martini, tamquam heres dicti q. Martini, avallavit rationes, si quas habebat, mihi fr. Domi nico procuratori antedicto, qui omnia, ipsamet hora, transtuli antedicto Ioanni Baptiste de Furnariis, ut patet per alium instru mentum, per antedictum, ipsamet die et quasi hora. (i) Sui codice era scritto Baburrum, cancellato il quale cognome, vennevi sovrapposto Regium. Atti Soc. Lig. St. Pmu. Serie 1.» Voi. XXI. — 274 — Mosso dall’esempio di codesti nuovi patroni, fidando nel concorso di altri benevoli cooperatori, anche il priore Bozomo volle far opera utile alla chiesa, ingrandendo il coro. Raunò adunque in assemblea i padri, il 20 giugno 15 13, e rappresentatane loro l’eccessiva strettezza, incapace a contenere il numero dei frati, dimoranti in con-\ento, e tanto meno i secolari che vi convenivano in molti, li ebbe di leggiero indotti a decretarne l’ampliamento. (N. (20 giugno 1513) Die 20 iunii 1513. Attento quod chorus noster, propter parvitatem suam , non est capax multitudinis fratrum ; attento etiam quod seculares ad nos confluunt cum magna frequentia, consultum est per me fr. Hieronymum priorem et infrascriptos patres, quod chorus ipse aptetur more romane curie, et ita erit capacior ad tenendum fratres et seculares. Determinatum est quod aptetur. Item determinatum est quod claustrum infirmane, sive logia, fiat, et quod aptentur omnes muri ipsius infirmane. Ego fr. Hieronvmus, genuensis, prior qui supra, ita approbo, este manu propria. Ego fr. Silvester de Ianua, vicarius etc. (1). . ^ ^ea ^ aggrandire il coro gli venne dopo costrutto il nuo\o presbiterio, cui avea posto mano alcuni mesi innanzi,^e siccome a quell’uopo faceva incaglio il deposito d un cavaliere spagnuolo ivi sepolto, il Bozomo ne o tolse e trasferillo altrove. (N. yf) (13 mar^o IS13) , . ^ art” i5i3* Cum sit quod ab octo vel novem annis epositum sit cadaver quondam cuiusdam domini hispani in choro (1) V hanno tre altre firme di soggetti già sottoscritti in atti anteriori. - 275 - nostro, ibi iuxta piscine armarium, hac lege quod nisi auferretur inde a parentibus eius intra annos quatuor, ut iacet in instrumento de quo rogatus fuerat tunc Hieronymus Logia notarius, possent illud fratres inde amovere propria auctoritate, nemine requisito; decretum est, unanimi fratrum consensu, funus predictum inde auferri, alibique sepeliri; et hoc pro construendo presbyterio ministrorum altaris. In quorum fidem etc. Ego fr. Hieronymus, genuensis, approbavi predictam transmutationem, manu propria teste. Ego fr. Barnabas Gentilis, supprior, affirmo etc. Ego fr. Iacobus Iustinianus, de Ianua, affirmo etc. In modo che, nel breve giro d’ un anno, sembra che presbiterio e coro abbiano avuto il loro pieno compimento : la quale cosa si deduce dalle due partite di spese inserite nel libro dei consigli, a scarico del priore, e dicono cosi : (N. 96) (12 aprile 1514) Die 22 aprilis 1514. Facta est ratio chori fabricati per rev. patrem, fr. Hieronymum de Ianua, priorem, in quo expendidit libras 597, lh omnibus computatis, a prima die citra. Pecunie vero fuerunt ex pecuniis depositi celle antedicti patris prioris, alie (sic) vero, elemosinaliter accepte, exbursavit in auro et argento fr. Ioanni de Rapallo sindico, coram multis patribus, ut apparet in libro suo, in cartis 67 etc. Nota, quod omnes pecunie date ven. fratri Hieronymo, genuensi, priori, a domino Iacobo Salutio, et ille pecunie que habite fuerunt ex missali vendito s. Viti, exposite fuerunt in choro s. Viti per supradictum priorem, et de eis bonam rationem reddidit, me fratre Vincendo de Ianua, suppriore, teste. Anche la salita d’accesso alla chiesa agevolò il priore Bozomo, ai passanti, col farne lastricare la piazza e la via pubblica, che dal lato orientale la fiancheggia, le quali 0 non erano affatto 0 malamente selciate; e vi spese del suo lire 140 genovine, come da avviso che — 276 — estraggo dal registro medesimo. Nota quod de ij 12, de mense novembris, saligata fuit plateola et strata magna ante partam magnam ecclesie, et expense sunt libre centum quadraginta. E altre lire 60, in fine quaresima del 1514, pagava egli ancora per la fattura della porta ferrata del convento da esso comandata, ed è forse tuttavia la presente. In eadem hebdomada (Passionis) fabricata est porta ferrea conventus, pro qua exposite sunt libre circa sexaginta, dice il citato libro dei consigli. E dell’ accennare qui la circostanza della settimana di Passione il motivo é, che lo stesso registro poco sopra ha l’annunzio dell’indulto allora allora concesso da papa Leone X ai fedeli visitanti la chiesa nostra, del quale più non si trova il breve, né presso i cronisti la memoria. Dice così: Nota quod de anno ij 14, dominica in Passione, concessa est indulgentia plenaria per ss. d. Leonem pontificem maximum, visitantibus nostram ecclesiam, procurante rev.mo domino cardinali Saulo, pro qua habite sunt libre trecente quadraginta. Verum ex his diffalcata sunt scuta viginti et unum, data d. Sebastiano eius germano, eo quod exposita erant pro conventu in urbe. Noi crediamo che riferire si debba alla presente indulgenza la tabella che da secoli pende dall’ architrave della maggiore porta del tempio, contenente la scritta: « Indulgenza plenaria ». Dalla chiesa passiamo alle cose conventuali. In ordine di tempo vuol essere citato pel primo un atto di convenzione, accaduto il 18 novembre 1512, fra i padri del comune di Genova ed il priore e frati nostri, circa una casa dietro il coro della vicina parrocchia di N. S. delle Grazie. Bramava quel magistrato aprire quivi, ad abbellimento della città, una piazzetta, che dominasse il mare — 277 — che le viene a lambire il piede, e vi faceva ostacolo una vecchia casupola del convento. Ma fu tosto vinto, perchè alla proposta, fatta ai domenicani, di cederne quel tanto che occorreva alla formazione del largo desiderato, essi mostraronsi presti ed ossequenti, e il patto si chiuse non con danaro, ma colla sola promessa, da parte del comune, di costrurre a sue spese una scarpa all’edifìcio nostro, fortificandolo solidamente da quel lato, ove i muri si presentano infatto altissimi e di quasi paurosa guardatura. (N. <77) (18 novembre IJ12) MDXII die XVIII novembris. Decet quodcumque magistratum tenentes, ad ea vigili studio animum intendere que eidem magistratui decreta sunt. Scientes igitur dominus Stephanus de Monelia prior, Rafiùs de Auria et Petrus Lercarius, patres communis Ianue, absente tantummodo Francisco de Arquata, reliquo quarto, propter eius invalitudinem, inter alia eis commissa, peculiarem curam esse ea faciendi que cedunt ad ornamentum et pulchritudinem civitatis ; propterea, cupientes ipsi domini patres communis fieri, seu construi facere, quamdam plateolam apud ecclesiam S. M. de Gratiis, videlicet a parte orientali dicte ecclesie, tam pro ornamento dicte civitatis, pro extollendis immunditiis que quotidie ibi fiunt, quam pro commoditate civium ad ipsam ecclesiam concurrentium: Et cum sit quod fratres de Castello habeant, seu habere dicant, quamdam domum diruptam, seu partem domus dirupte, per contra dictam ecclesiam, mediante ab uno latere via publica, ab alio latere et antea etiam via publica, per quam itur ad domum disciplinatorum s. Iacobi, mediante arcu existente sub quodam muro, de quo inferius fit mentio, ad-hertam edificiis dicti conventus, latitudinis palmorum viginti septem cum dimidio, et longitudinis palmorum triginta sex cum dimidio, — 278 — acquisitam per dictos dominos fratres titulo donationis a q. Ioanne Bellagamba, prout constare dicitur publico instrumento, rogato manu q. loannis de Celsa, notarii, anno mccccliiii, die xxm martii: Habeantque etiam ipsi fratres quemdam murum adhertum ab uno latere a parte civitatis dicto conventui, seu eius edificiis, fundatum a parte maris super muros dicte civitatis, et ab alio latere non habentem confines propter aerem dicti maris, acquisitum per diuos fratres a q. Nicolao Antonio de Spinulis, ut asserunt et dicunt ipsi fratres: Cupientesque dicti domini patres communis dictam domum sic ut supra diruptam et murum sibi ipsis accommodari et concedi per dictos dominos fratres, ut dictam plateolam longiorem et latiorem fieri facere possint, sine qua concessione et accommodatione male et inepta fieret plateola ipsa: Ideo dicti fratres, intelligentes etc., pervenerunt ad infrascriptam accommodationem et concessionem dicte partis domus dirupte et muri cum dictis dominis patribus communis presentibus, dictis dominis Stephano, Raffo et Petro, sub pactis et conditionibus inferius dicendis, videlicet: quod venerabilis fr. Hieronymus de Bozomis, prior, fr. Barnabas Gentilis, supprior , fr. Philippus Italianus, sin-dicus, fr. Silvester de Ianua, vicarius, fr. Dominicus de Corvaria, procurator, fr. Paulus de Ianua, fr. Raphael de Soncino, fr. Baptista de Mediolano, lector, fr. Petrus de Ianua et fr. Iacobus Iustinianus, tam eorum nomine quam nomine aliorum fratrum dicti conventus, sponte, gratis et amore, et non sub spe alicuius solutionis et premii, sed tantum sub spe infrascripte promissionis eis faciende per tos dominos patres communis, accommodaverunt et concesserunt, ac accommodant et concedunt dictis dominis patribus communis ictum situm dicte domus dirupte ut supra, seu dictam domum ptam ut supra, necnon dictum murum, quem et quam possint eant dicti domini patres communis et eis liceat, cum propria oritate , diruere seu dirui facere, ore tamen dictorum domini patrum communis, prout melius eis videbitur et placuerit, omini patres communis acceptantes dictas concessionem et accommodat,onem, promiserunt dictis domino priori et fratribus con-. seu firn facere, sumptibus dicti communis, quemdam murum, ut vulgo dicitur, scarpam unam ab anguio dicti muri diruendi — 279 — usque ad alium angulum dicti edificii dicti conventus, altitudinis et grossitudinis condecentem pro fortificatione muri dicti edificii, nec non promiserunt et promittunt quod semper et quandocumque dicti fratres, qui nunc sunt et pro tempore erunt, vellent seu eligerent pro aliqua commoditate dicti eorum conventus dictam domum diruptam seu partem ipsius, ut supra, vendere, alienare et murum suprascriptum erigere et reducere, seu erigi et reduci facere , in pristinum , prout nunc sunt, possint et valeant illud facere seu fieri facere, sumptibus tamen dictorum fratrum et non dicti communis, licentia minime petita ab aliquo, quamvis magistratu. Et propter diruptionem nuper faciendam de dicto muro et parte domus per dictos dominos patres communis, non intelligatur ipsos fratres amisisse iura que habent seu habere dicunt in dictis domo et muro, sed ipsa illesa sint et remaneant in illo statu etc. ita quod nulla possit ullo unquam tempore eis prescriptio allegari (i). Ioannes Augustinus Illuminatus, notarius. Gerolamo Maruffo, cittadino genovese, .guadagnò nel giuoco al nipote del patrizio veneto, Pietro Corresi, la discreta somma di cento ducati; lo colse quindi forte scrupolo di malo acquisto, cioè che il giovane spensierato esposto avesse e perduto danaro non suo, ma dello zio. Non trovò miglior modo a quietare la coscienza, fuor questo : di impegnare con scrittura pubblica ai frati di Castello i luoghi io che teneva sul banco di s. Giorgio, con che essi lo rilevassero dal dubbio e s’ accollassero il debito di restituzione, se creduta doverosa. 11 mezzo (i) Di questa riserva di diritto volle tenersi memoria nel libro dei consigli, dove si legge: i/i2. De domuncula et muro nostre domus prope cameras novas, ex quibus ampliata est plateola ante S. M. Gratiarum, que omnia nostra sunt et concessa patribus communis, ad nostram tamen requisitionem semper rec.cci-pienda, non petita ab aliquo licentia, et quod per talem concessionem in nullo est nobis preiudicatum, vide autenticum in libro instrumentorum sub anno i$12, die iS novembris, in cartis ove è di fatto. — 28o — adibito parmi abbastanza nuovo, ma forse era comune a quei tempi. Il priore Bozomo, infatti, e i padri vi si prestarono, punto non ritenendolo immorale ed ingiusto, e ne stesero l’atto in pieno capitolo. (iV. 98) (22 aprile 1514) Die 22 aprilis 1514. Nota, quod dominus Hieronymus de Ma-rufis donavit conventui nostro loca decem, que habet in comperis s. Georgii, ut apparet instrumento pubblico donationis, rogato per Bernardum Ragium, notarium ianuensem, de anno 1513 die dominico, 2 ianuarii. Conventus tamen tenetur, et ita obligatur, relevare ipsum Hieronymum indemnem, et eius conscientiam exonerare a quodam debito ducatorum centum, quos ipse Hieronymus debitorem se teneri arbitratur domini Petri de Corezio, patritii veneti, occasione ludi cum quodam nepote ipsius domini Petri, qui non erat liber, nec sui iuris, sed in potestate erat ipsius domini Petri, et ipsi ducati centum, quos dominus Hieronymus vicit dicto iuveni, erant, ut arbitratur ipse Hieronymus, ex pecuniis ipsius Petri. Et in fidem premisse nostre obligationis, nos infrascripti patres subscripsimus. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, approbo dictam donationem, qua obligamur, teste manu propria. Ego fr. Vincentius, genuensis, supprior, etc. (1). Restanmi a dire due cose d’ ordine interno, e la terza rimando alla fine del presente articolo. Compreso il p. Bozomo di profonda venerazione verso il p. Vincenzo Odone, genovese di nascita, ma affigliato al convento di Pavia, dimorante da buona pezza nel nostro, ov’ era anche sottopriore, conscio d’interpretare il desiderio dei (1) Seguono altre quattro firme di padri già conosciuti. Leggo a margine del registro un avviso, che dice : Nola, quod conventus non tenetur amplius satisfacere domino Petro de Corregio, quia diclus Hieronymus rehabuit loca sua. — 281 — padri, adunolli a capitolo il 30 gennaio 1514, dove mise il partito di chiedere al maestro generale dell’Ordine la trasfigliazione di lui da Pavia a Castello. Neppur uno si ricusò, e gli unanimi loro voti ci chiariscono 1’ alta stima in che era dai suoi confratelli tenuto. Firma-ronsi alla deliberazione tutti i presenti, meno uno che si astenne, in numero di 34; dal che io argomento dovesse allora la comunità essere numerosa assai. Imperocché ai sottosegnati vuoisi aggiugnere il personale minore dei novizi, studenti e conversi, non aventi diritto al voto; una sessantina quasi di religiosi. Il documento che segue registra i nomi dei più provetti. (N. 99) (p gennaio 1514) Die 30 ianuarii 1514. Propositum fuit per me fr. Hieronymum, genuensem, priorem conventus S. M. de Castello, coram omnibus patribus et fratribus genuensibus, tam assignatis quam non assignatis, in conventu tunc existentibus, an ven. pater, fr. Vincentius de Odono, impresentiarum supprior, filius conventus papiensis, deberet in nostri conventus filium admitti, et tandem , attentis omnibus ingentibus virtutibus suis, conclusum fuit ab omnibus ut reciperetur, uno tantum voci sue renuntiante. In quorum robur omnes se subscripserunt. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior qui supra, ita approbavi. Ego fr. Io. Baptista de Ianua, prior s. Sabine de Urbe, affirmo quod mihi placet. Ego, fr. Franciscus de Ianua, prior Uvade, affirmo etc. Ego fr. Philippus de Ianua etc. Ego fr. Petrus de Ianua etc. Ego fr. Innocentius de Ianua etc. Ego fr. Paulus de Ianua etc. Ego fr. Hieronymus de Ianua etc. Ego fr. Antonius de Ianua etc. Ego fr. Dominicus de Ianua etc. Ego fr. Vincentius de Ianua etc. Ego fr. Ioannes de Levanto etc. Ego fr. Andreas, genuensis etc. Ego fr. Ioannes Fliscus etc. Ego fr. Dominicus de Crovaria etc. Ego fr. Marcus, genuensis, etc. Ego fr. Lucas de Genua, predicator — 282 — conventus etc. Ego fr. Timotheus de Ianua etc. Ego fr. Augustinus Iustinianus, licet absens, etc. Ego fr. Silvester de Ianua etc. Ego fr. Arcangelus Camilla de Genua etc. Ego fr. Ioannes de Rapallo etc. Ego fr. Ioannes de Ianua etc. Ego fr. Bartholomeus de Genua etc. Ego fr. Hieronymus Turbinus etc. Ego fr. Matthias de Ianua etc. Eso Theramus de Ianua etc. Ego fr. Laurentius de Vulturo etc. O O Ego fr. Thomas de Genua etc. Ego fr. Baptista de Genua etc. Ego fr. Vincentius de Saona etc. Ego fr. Deodatus de Ianua etc. Ego fr. Paulus de Ianua etc. Ego fr. Hieronymus de Finario affirmo ut supra. Appartiene alla stessa categoria la materia discussa dal priore Bozomo e dagli anziani del convento , circa un passo, forse sbagliato, latto dal suo predecessore, Giovanni Cagnasso, verso un tale Nicolò Gando, conducente alcune terre nostre in vai di Polcevera, cui le tolse, pare con meno correttezza ed equità, per mancato pagamento, e le avea date in livello a Paolo Martino e Pietro fratelli Comotto. Il Gando ne mosse lite, e il commissario eletto a pronunziare sentenza, Pietro Rocca, prevosto dei ss. Cosma e Damiano, già sopra menzionato, diegli ragione contro i frati : questi appellarono alla santa Sede, •la quale concesse poteri maggiori e derogatorii ai privilegi dell’ Ordine, a due giudici, Francesco Lagomarsino, arciprete di s. Gio. Battista di Recco, e Stefano Oliva, canonico metropolitano. Ne seguirono incidenti, che trassero a lungo la quistione a tutto danno dei Comotto, parte non interessata e scevra di torto. A troncarli, nell’adunanza indetta dal Bozomo il dì 19 dicembre 1512, si risolse di lasciare libero corso alla causa in tribunale, e non più ostarne gli atti e la definitiva soluzione, a titolo di giustizia verso gli innocenti Comotto. Non so dire poi l’esito finale della controversia. — 283 — Proseguendo lo spoglio del registro dei consigli, troviamo, sotto il di 17 settembre 1513, la negativa data agli abitanti di s. Luca d’ Albaro di cedere una pezza di terra, attigua alla loggia, ove si adunavano i villeggianti del luogo. Il tono, anzichenó risentito, del testo, e più delle firme, rivelano chiaro la stizza e il malcontento dei nostri verso i predetti, causa forse le continue loro molestie e pretese a danno dei pacifici religiosi. (N. 100) (17 settembre ifij) Die 17 septembris 1513. Petentibus civibus Albarii quamdam particulam terre, sitam in villa nostra prope logiam Albarii, fuit conclusum ab omnibus quod talis particula terre nullo modo concederetur ipsis civibus. Nunc autem, quibusdam respectibus bonis, fuit consultum utrum talis terra deberet concedi dictis civibus, et conclusum est, ut infra, quod non. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, nolui assensum prebere. Ego fr. Io. Baptista de Ianua, Rome prior, licet fuissem contentus, tamen visis votis aliorum plurium, etiam cum his conformor. Ego fr. Bartholomeus Burgarus, prior Sigestrinus, non prebeo assensum. Ego fr. Vincentius de Ianua, supprior, nullo modo assentio quod talis terra eis detur. Ego fr. Philippus de Ianua nullo modo assentio. Ego fr. Petrus de Ianua nullo modo assentio. Ego fr. Innocentius de Ianua non consentio. Ego fr. Paulus de Ianua peto quod non concedatur ullo tempore. Ego fr. Nicolaus de Garessio affirmo ut supra. Ego fr. Hieronymus de Ianua non consentio. Ego fr. Antonius de Ianua dico quod nusquam concedatur. Ego fr. Dominicus de Ianua non placet ut concedatur. Ego fr. Vincentius de Ianua, Capellus, nullo modo assentio ut concedatur. — 284 — Ego fr. Ioannes Fliscus, licet fuerim contentus cives accommodare, tamen visis votis aliorum affirmo quod ipsi. Ego fr. Ioannes de Levanto dico quod dicta terra non concedatur. Ego fr. Marcus Cattaneus, genuensis, dico bonum esse quod annuatur petitioni civium, dummodo compleant dormitorium nostrum, et redditus illarum apothecarum tribuatur conventui. Ego fr. Lucas de Ianua, predicator, nullo modo assentio. Ego fr. Timotheus de Ianua nullo modo consentio. Ego fr. Silvester de Ianua, vicarius conventus, nullo modo consentio. Ego fr. Dominicus de Corvaria, procurator ac sindicus dicti conventus, viso quod cederet in maximum dedecus conventus, nolui nullo modo assensum prebere, teste manu propria. Ego fr. Baptista de Mediolano, lector, iudico et affirmo non esse condescendendum petitionibus ipsorum civium. Ego fr. Arcangelus de Ianua nullo modo assentio. Ego fr. Hieronymus de Ianua,' Marengus, nullo modo assentio. Probabilmente la domanda fatta dagli Albaresi è da attribuire' all’obbligo loro imposto dai frati, tre giorni innanzi, e certo in virtù d’antecedente contratto passato fra le due parti, di procedere alla ricostruzione delle celle dai velleggianti distrutte nel fabbricare la nuova chiesa; opera questa di cui al momento non ci ricorre altra notizia. E sarà anche a quei signori suonato aspro il partito adottato dai nostri d’impedire l’erezione, accanto al conventino e alla chiesa, d’una loggia a uso terrazzo, alla quale speravano i detti commercianti ottenere l’accesso per trattare dei loro negozi. (N. 101) (14 settembre ij 13) Die I4septembris 1513. Conclusum est per infrascriptos patres et fratres sacerdotes, filios conventus, quod fiant celle in loco Albarii — 285 — a civibus, ubi erant alias et fuerunt destructe pro fabrica ecclesie, et non fìat lobia sive terratia. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, ita consului. Ego fr. Petrus de Ianua affirmo suprascripta. Ego fr. Innocentius de Ianua affirmo ut supra. Ego fr. Paulus de Ianua affirmo ut supra etc. etc. (1). In quella che i frati stavano lottando per l’ingrandimento del delizioso luogo di s. Luca, situato all’oriente di Genova, venne loro fatta l’offerta della chiesa parrocchiale di s. Giacomo di Cornigliano all’ opposto lato occidentale, per fondarvi una picciola casa. Il convento di Castello fiorente per censo e per numero di religiosi, e salito in fama presso il pubblico, mi rende immagine d’una buona madre, cui tutti di famiglia e gli estranei ancora, bramano accostarsi, sentendosi felici se ottengano 1’ ammissione sotto l’ospitale suo tetto. In mezzo secolo d’esistenza esso contava già tre aggregazioni ; la quarta, cioè il progetto di fondazione d’ un convento sul colle di Carignano, come pare, avea abortito. Non così 1’ altro di N. S. Annunziata a Sestri-Levante, il quale già capace di sé, erasi da tempo distaccato da Castello, e reso indipendente. Sotto il governo del nostro rimasero però sempre i luoghi di s. Luca e di s. Vito d’Albaro, e ad essi volle nel 1513 aggregarsi il terzo di Cornigliano ; ma non vi riusciva per allora. Il priore e i padri, raccolti in capitolo, alla profferta opposero un modesto rifiuto, basato su due precipue ragioni : l’eccessivo aggravio delle case rurali di s. Vito e di s. Luca già esistenti, e la troppa ristrettezza del fabbricato di (1) Seguono undici altre firme approvanti la stessa deliberazione. — 286 — Cornigliano, cui gli offerenti non volevano allargare colla compra d’una villa attigua, emettendo solo in genere di vaghe promesse. Vedremo tuttavia che 1’ acquisto si fece alcun tempo dopo, e che anche il convento di Cornigliano ebbe la sua epoca di splendore; ma di ciò a miglior luogo. (iV. 102) ( 12 settembre 1513) Die 12 septembris 1513. Consultum est pluries per infrascriptos patres, an locus s. Iacobi de Corniliano, oblatus a nobilibus illis, acceptandus esset, an ne ; et habita maxima discussione, attento quod locus ille est arctissimus, nec ipsi volunt promittere emere nobis possessionem quamdam ad locum fabricandum et ampliandum , sed tantum nude dicunt se multa facturos, conclusum est ut eis modeste respondeatur, et dicatur quod non ; attento etiam maximo gravamine duorum locorum, videlicet s. Luce de Albario et s. Viti. Ego fr. Hieronymus de Ianua, prior, ita consului. Ego fr. Barnabas de Genua, prior finariensis, approbo etc. Ego fr. Franciscus, ianuensis, prior uvadensis, approbo etc. (1). Durante il priorato del p. Bozomo,. papa Leone X assunse al vescovado il p. Domenico Corvara, figlio di Castello, in seguito ad un’ avventura che devo qui ricordare a compimento del narrato sopra. Il pensiero di restaurare e abbellire il presbiterio di chiesa nostra era sorto in mente del priore Bartolomeo Rivarola sino dal 1510; e perché gli tornava difficile trovare la pecunia all’ uopo necessaria, di buon grado aderì alla esibita fattagli dal p. Corvara d’incaricarsi esso a raccogliere dagli amici e parenti la somma occorrente, pur non ostruendo (1) Seguono altre 24 adesioni di soggetti che intervennero. — 287 — le solite fonti di limosine che venivano alla casa ed alla sacristia. Di questa concessione gli redigeva un atto formale e autentico in data 14 aprile 1510, licenziandolo a sopravvegliare al lavoro e tarlo eseguire a tutta sua posta, confermato poi nella stessa piena balìa il 14 marzo 1512 dal successivo priore Giovanni Cagnasso; sotto il quale é a credere si eseguisse la maggior parte del restauro, e gli oppositori del Corvara si tacessero. Si fecero più arditi a metà priorato del p. Bozomo, tacciandolo di sottrazione 0 disvio almeno, forse con qualche apparenza di vero, delle rendite della comunità. L’ opposizione dovett’essere accanita; e primo frutto di essa fu il diniego dell’imputato di proseguire nell’ufficio di sindaco, a togliere, penso io, il sospetto di valersi del danaro comune. Ondeché a sua vece, il 30 ottobre 1513, fu eletto il p. Giovanni da Genova. (.N. JOj) (50 ottobre 151)) Die penultima octobris 1513. Quia pater, fr. Dominicus de Cro-varia, sindicus, petiit instantissime amoveri a tali officio, volens eius votis annuere, ne conventus remaneat sine sindico, conclusimus quod fr. Ioannes de Ianua, sacerdos, qui nunc est Sigestri, fiat sindicus loco ipsius fr. Dominici. Ego fr. Hieronymus, genuensis, prior, ita consensi. Ego fr. Vincentius de Ianua, supprior, consensi, t dopo 6 altre firme, anche quella di lui: Ego fr. Dominicus de Crovaria, procurator et sindicus conventus, affirmo ut supra. Pur non bastò, e continuando ardita 1’ animosità dei colleghi, in un accesso di collera commise l’errore d’allontanarsi dal convento e chiudersi in casa materna ; donde la macchia d’ apostata dall’ Ordine, affibbiatagli dai nostri — 288 - cronisti. È probabile siasi di li a breve portato a Roma a dire le sue ragioni, e quivi, col favore d’un qualche eminente personaggio, entrasse in grazia di Leone X; giacché indi a poco tornò a Castello giustificato non solo, ma col rescritto pontificio di nomina a vescovo titolare di Sebate, o Sabbato, nell’Epiro. i514 — 1516 P. LUDOVICO DE-MAR1NI, si GENOVA. Contro il materiale storico fornitoci dal priorato del p. Bozomo, é un nulla ciò che dire possiamo sul suo successore, p. Ludovico De-Marini, sebbene in ragione di scienza egli l’abbia superato di molto. Figlio aneli’ esso di Castello, ove prese l’abito il 5 giugno 1489 (1), lo die’ a sua volta a nove altri novizi dal 5 agosto 1514 al 23 marzo 1516, ed ebbe il vanto d’introdurre al chiostro il p. Giorgio Bottaro, compilatore del terzo sillabo, il p. Reginaldo Castiglione, teologo di prima fama al concilio di Trento, ed il p. Vincenzo Federici, riuscito un benemerentissimo soggetto, quattro volte superiore del nostro convento di Castello. Più, é al tempo della sua reggenza, che vi si trasfiglió, coi due suoi nipoti, il p. Silvestro Mazzolini, già in carica di maestro del sacro palazzo, ed é lecito supporre dietro caldo invito del p. De-Marini, suo antico collega d’insegnamento nello studio generale di Bologna (2). (1) Syìl. a pag. 75, n.° 170. (2) Ivi, a pag. 109 n.' 247-258. — 289 — Tranquillo in casa e fuori gli dovè scorrere il biennale governo, poiché un solo atto di lui registra il libro dei consigli, meritevole d’essere da noi riferito per l’intervento di due insigni personaggi interessanti la storia nostra domestica, cioè il p. Mattia da Pontecurone, allora vicario generale della Congregazione lombarda, ed il poi celebre orientalista, p. Agostino Giustiniani, che vi presero parte. (.N. 104) (22 giugno IJ14) Die 22 iunii 1514. Propositum fuit per ven. patrem, fr. Ludo-vicum Marinum , priorem conventus, an quedam possessio que est in villa Pulcifere deberet vendi, et commutari in aliqua alia possessione, sive redditu, alibi. Similiter, an questus vini Riparie deberent relinqui, propter varia incommoda et detrimenta, que inde proveniebant; et conclusum est ab omnibus patribus quod sic. Ego fr. Ludovicus, qui supra, confirmo et assentio. Ego fr. Vincentius de Ianua confirmo ut supra. Ego fr. Augustinus, genuensis, confirmo ut supra. Ego fr. Petrus de Ianua confirmo ut supra. Ego fr. Silvester de Ianua, vicarius, confirmo etc. Ego fr. Urbanus de Saona confirmo ut supra. Ego fr. Innocentius de Ianua affirmo ut supra. Ego fr. Matthias Pontecuronus, vicarius generalis, suprascripta confirmo, teste manu propria. Tre mesi dopo la presente sua firma, il p. Agostino era da Leone X, nel settembre 1514, preconizzato vescovo di Nebbio in Corsica. Essendo quello il solito mese di ferie, il Giustiniani probabilmente trovavasi a Castello, e non ancora a Bologna a dettare le sue lezioni all’università. La notizia gli giunse inaspettata affatto, ed egli accettò il vescovado nella speranza di giovarsene per la produzione dei suoi lavori. Consacrato a Roma, veniva a Genova, atti Soc. Lio. St. Patria, Serie i.a Voi. XXI. 20 — 290 — e tosto visitava la sua sede: quindi era nuovamente in patria, a imprendere la sospirata stampa del suo Salterio poliglotta , commessa al tipografo milanese Pierpaolo Porro, ma eseguita qui da noi nelle case di Nicolò Giustiniani; e quando fu compita, fece ritorno a Roma, dove intervenne al concilio Lateranese V, indetto dallo stesso Leone. Pel resto si consulti la storia (1). Sopravvisse il p. De-Marini alt-ri dodici anni ; due dei quali consumò come priore, la seconda volta, a Bologna, poi il biennio 1524-26 in carica di vicario generale della sua Congregazione, e i rimanenti non so dire come e dove. Molta stima conciliossi eziandio presso i dotti, poiché noi troviamo essere stato aggregato al collegio teologico dell’ università di Bologna; ed appunto recavasi a questa metropoli del sapere, destinato reggente dello studio generale in s. Domenico, allora quando egli mori, per viaggio, nell’omonimo convento di Mantova, l’8 agosto 1528. 1516 — 1518 • P. BARTOLOMEO BOLGARO, di GENOVA. Può vantarsi il p. Bolgaro d’essere uno fra i priori di Castello che accettarono il maggior numero di candidati alla religione; nel biennale suo governo ne fece l’accolta d’una ventina fra coristi e conversi, la più parte giovanetti di bello e svegliato ingegno, se non tutti d’alto (1) I Vescovi Domenicani Liguri, a pag. 216 e seg. — 291 — lignaggio. Contano coi più divoti i padri Sisto Casella e Pier-martire Merello, coi dotti i laureati Benedetto Boggiolo e Nicolò Podestà, coi prudenti e discreti uomini (divenuti a tempo debito, i caporiforma del cenobio di s. Domenico), Sebastiano Rebrocco e Bernardo Imperiale (1). Ma ciò che non sappiamo come spiegare é la completa mancanza di atti e deliberazioni, che sotto il suo priorato, anzi fino al 1523, si verifica nel libro dei consigli, e anche di instrumenti. Che la vita interna ed economica del convento sia proceduta così pacifica e scevra d’intoppi, da non dare motivo ad alcuna convocazione dei padri, neppure per rogiti notarili? Mi restringo, ad ogni modo, a far breve cenno d’una carta che rinvengo nella filza. Contiene la vendita d’ un vacuo posto in contrata Castri, cui coheret ab uno latere domus monasterii (S. M. de Castro) in parte, et in parte domus Benedicti de Uvada, antea et ab alio latore, in parte domus B. M. de Gratiis, sive monialium eiusdem, et in parte car-rubeus, fatta da Barnaba Canneto, q. Eliano, setaiolo, per lire 130, al p. Giovanni Gazzale, nostro sindaco, il dì 13 giugno 1517, ed é forse una delle case, oggidì ancora adiacenti alle spalle della nostra fabbrica. In quest’anno 1517, il vescovo Domenico Corvara, col beneplacito del priore, volle compiere l’opera incominciata da frate, consacrando l’altare maggiore della chiesa nostra, eretto mercé i suoi sforzi e le limosine dai parenti e amici avute. Di che, pensò bene lasciare perenne ricordo in un breve pergameno, che conservo, così concepito : 17, die 8 octobris. Ego Dominicus, ianuensis, (1) Syll. a pag. 117-121, n.1 259-276. — 292 — de Corvaria, episcopus Sebatensis, consecravi altare hoc in honorem sancte Marie, matris Dei; et reliquiis beatorum martyrum, videlicet, Dionysii, Blasii episcoporum , et Martini confessoris, in eo inclusis, singulis Christifidelibus, hodie, unum annum, et in die anniversario consecrationis huiusmodi, ipsum visitantibus, quadraginta dies de vera indulgentia, in forma ecclesie consueta, concedens. Dominicus Corvaria, Ord. Pred. ep. Sebat, manu propria. 1518 — 1520 P. GIO. BATTISTA L0MELL1NI, di GENOVA. Quattordici soli anni dall’ ingresso suo in religione, il p. Lomellini occupava già l’ufficio di priore in s. Sabina a Roma, convento di perfetta osservanza, abitato da numerosa comunità; cosa che ne muove a credere non fosse imberbe giovanetto, lorquando il 19 giugno 1500 prese qui da noi l’abito religioso (1). Visse sempre fuori patria, coprendo posti di docenza 0 di prelatura, e morì di fatto in carica di priore a s. Domenico di Savona nel 1525. A Castello non lasciò traccia di sé, e di lui tace il libro dei consigli, tanto che sembra non aver convocato alcun comizio. Bensì- n’é un cenno » incidentale in una postilla all’atto del 17 giugno 1496, riguardante la società dello Spirito Santo, di che fu parola sotto quell’anno, dove leggesi: 1520 die 4 aprilis, sub fr. Io. Baptista Lomellino, genuensi, priore conventus. Nota, quod factum est instrumentum per Prosperum Revellum, fi) Sylì. a pag. 92, n.° 205. — 293 — per quod aliqui deputati a supradicta societate renuncia-verunt omnibus iuribus et actionibus, quas haberent super capella vel ecclesia vel fratribus in facienda processione supradicta, et recognoverunt hoc esse in libera voluntate fratrum conventus , quod talis ceremonia fiat a supradicta societate, non obstantibus etc. È poi memoria del p. Lomellini nel sillabo; dal quale si ricava avere egli fatto tre vestizioni, dando nella prima del 24 ottobre 1518 la divisa domenicana al disgraziato giovane Tommaso Di-Negro, caduto poi schiavo dei pirati nel 1522, nella seconda del 12 novembre stess’anno al converso Martino, passato alle missioni in Turchia, e nella terza aggregando, il 30 aprile 1520, tre nobili soggetti, fra i quali, per eccellenza di dottrina e singolari doti di mente e di cuore, emerse il poi maestro generale dell’ Ordine, Stefano Usodimare (1). 1520 — 1521 P. GEROLAMO BOZOMO , Di GENOVA, 2.° volta. Per vivo desiderio dei padri, sebbene già assai male in salute, ripigliò il p. Bozomo il posto di priore, lasciato un sessennio innanzi. Nel mezzo tempo lo dovè essere in altri luoghi ; dicendo unanimi i nostri cronisti aver egli retto molte case della Congregazione. Questo però è stato 1’ ultimo suo esercizio priorale, cui neppure finì, mancando ai vivi Fu settembre 1521 (2). In un anno, 0 poco più, di carica, ammise al noviziato due egregi (1) Syll. a pag. 121-123, n.‘ 277-281* (2) Ivi, a pag. 72, n.° 163. — 294 ~ fanciulli, riusciti, l’uno meglio dell’altro, il decoro e la gloria dell’Ordine; cioè Gio. Battista Gianotti, ricercato dappertutto a superiore per la sua bontà e discrezione, e Clemente Serravalle, insigne teologo, e astronomo di vaglia, tanto che il Borzino, peccante del vizio del suo secolo, disse di lui avere preveduto financo il tempo di sua morte (i). 1521 ~ 1522 P. VINCENZO ODONE, di GENOVA. Anno di sventure è stato il 1522 pel convento nostro e per la città di Genova. Al defunto priore Bozomo i vocali diedero in successore quel padre Vincenzo Odone, trasfigliato da Pavia a Castello nel 1514, di cui fu parola poco sopra. Non trovo detto il mese d’ elezione, che potè esser accaduta con molta verisimiglianza sullo scorcio ancora del 1521. So bensi che l’Odone, addì 27 dicembre del seguente anno 1522, moriva anche egli in carica priorale, con doloie grandissimo dei frati, i cuori e le simpatie dei quali erasi guadagnato, mercè l’amabilità e dolcezza del suo carattere (2). Altra disgrazia che amareggiò assai la comunità, è stata la caduta del giovane Tommaso Di-Negro in mano dei barbareschi, infestanti le coste del Mediterraneo. Veleggiava egli per Napoli, a scopo di studi, 0 di più mite aere, quando sbucati dal loro nascondiglio i pirati, fecerlo prigioniero, dannandolo a perpetuo servaggio (3). (I) Syll. a pag. 123, n.1 282-283. - 295 “ Il 30 maggio 1522 un disastro infinitamente maggiore narra la storia essere piombato sulla città intiera di Genova, vo’ dire l’orribile ed esecrando sacco, procuratole dai suoi stessi figli, di parte Adorna e Fiesca, più che dalle soldatesche spagnuole , e alleate sotto gli ordini del marchese di Pescara. Per la porta di s. Michele, sotto Pietraminuta, irruppero i nemici nell’interno della città, e qui cominciarono a rompere le porte delle case, usare ogni licenza e nefandità contro gli sbigottiti cittadini. Il Pescara mosse verso il pubblico palazzo, e vi fece cattivo il governatore Ottaviano Fregoso. Frattanto spalancato venne, di verso il Bisagno, all’ infanteria tedesca l’ingresso, acciò costoro eziandio partecipassero nella ruberia e nella preda. Sorse allora un incredidile tumulto; dei cittadini fecesi strazio ; né perdonossi ad età o sesso, acciò, vinti dal terrore e dai tormenti, gli averi nascosti manifestassero. Cosi, per due giorni, rimase Genova in preda alla licenza e alla crudeltà delle barbare soldatesche; nè dal saccheggio andarono esenti i monasteri, nei quali appunto i cittadini avean riposto il meglio delle loro sostanze, e a stento si riusci a salvare dalla rapacità degli invasori il banco di s. Giorgio, la dogana, il portofranco qualche chiesa, il tesoro del duomo. Quanto al tempio e convento di Castello le nostre cronache non dicono se e in quale proporzione venissero dilapidati e manomessi. Breve deve essere stata la malattia che trasse al sepolcro il p. Odone, giacché il 6 settembre 1522, vent’ un giorni innanzi di morire, ricevè ancora all’abito il converso Cosma di Bardineto (1). (1) Syll. a pag. 124, n.° 284. — 296 — 1523 — 1525 P. MATTIA da PONTECURONE. Pontecurone è picciolo paese nell’Insubria, sulla via tra Voghera e Tortona, e oggidi stazione ferroviaria. Da esso trasse l’appellativo, poiché se ne ignora il cognome, il p. Mattia, stato già vicario generale della Congregazione di Lombardia il biennio 1514-16, ed ora eletto priore a Castello sul principio dell’anno 1523. Dié infatti 1’ abito religioso in tale qualità, la prima volta, il 21 febbraio 1523 a due novizi, e dopo questi, in seguenti cinque vestizioni, a quindici altri soggetti, cioè dodici coristi e tre conversi. Nel mezzo tempo anche il vicario generale in atto, p. Ludovico De-Marini, ammetteva al chiostro tre nuovi postulanti, e quattro più tardi il sottopriore Bartolomeo Bolgaro, in assenza del p. Mattia : in totale, durante il priorato dello stesso abbracciarono la regola domenicana a Castello venticinque persone (1). Non è quindi a fare le maraviglie, se da cosi bel numero uscirono un venerabile, e fu Giorgio Zoagli, morto novizio con chiari segni di beatitudine eterna, due abati di chiese estere, i padri Tommaso Diano e Benedetto Basadonne, tre priori di questo nostro e di altri conventi, e due vescovi, Antonio di Cogorno e Antonio Giustiniani, pastore quegli di Brugnato in Liguria, questi di Naxo in Grecia, poi di Lipari. Il registro dei consigli fa una sola volta menzione del p. Mattia, in data 4 settembre 1523, nella circostanza in (1) Syll. a pag. 124-130, n.1 285-309. — 297 — cui vollero esso priore ed i padri mandare paghi i voti dei pii signori Botto, nell’ erigere e dotare, in chiesa nostra, una cappella loro gentilizia. Il luogo concesso ad innalzarla sta nel mezzo della navata destra per chi entra, ove difatto l’anno dopo sorse, mercè la liberalità e divozione degli stessi, la cappella dedicata al nuovo santo, allora allora canonizzato, Antonino Pierozzi, arcivescovo di Firenze; la quale in punto arte é la più bella tra le esistenti. (N. 105) (4 settembre 1J23) Die mi septembris 1523. Nota quod egregii cives, dominus Baptista Botus et fratres, ob allectum et benevolentiam qua nos prosequuntur, petierunt sibi dari et concedi locus in ecclesia nostra, apud altare B. Virginis, in quo possent fabricari facere capellam, atque eam dotare. Convenimus igitur patres et filii infrascripti, ut petitioni ipsorum satisfaceremus ; et habito super hoc maturo examine per tria consilia, conclusum fuit per rev. patrem priorem ut dictus locus concederetur dicto domino Baptiste et fratribus, ut supra, et de consensu domini Philippi Cattanei, q. Iacobi, cui dictus locus alias promissus fuerat. Sic testificor ego fr. Matthias Pontecuronus, prior, teste manu propria. Ego fr. Bartholomeus de Ianua, supprior, affirmo ut supra. Ego fr. Petrus de Ianua affirmo etc. Ego fr. Bernardus de Lavania affirmo etc. Ego fr. Ioannes Galianus affirmo etc. Ego fr. Laurentius de Prierio affirmo etc. Ego fr. Ioannes de Genua, Fliscus, affirmo ut supra. Splendono tuttavia le pareti della gentile cappella per le tinte vivaci delle maioliche figurate, onde i patroni la vollero rivestita; si decora la volta di fregi dilicati e di storie a colori ; e sull’ altare grandeggia la maestà nobilissima , nella quale il soave pennello di Pier Francesco Sacchi, pavese, effigiò il santo titolare fra il Battista — 298 — e s. Tommaso d’Aquino, con N. Donna in alto e il Cristo deposto, nel grado. Una lapide marmorea affissa a un lato della cappella, sotto il dì 10 giugno 1524, a lavoro già finito, ne dà a conoscere i nomi di Gerolamo e Martino Botto, i quali, assieme al fratello Battista, concorsero all’egregia opera (1). Lo stesso anno 1523, un’altra e di ricco censo, cappellata cotidiana venne in chiesa nostra di Castello nuovamente instituita da Luchinetta, del q. Antonio Giustiniani, vedova di Pietro Sauli, fondatore della cappella, ora soppressa, di s. M. Maddalena. La gentildonna, forse a compiere la pia disposizione testamentaria del marito, addì 21 luglio 1523 lasciò depositate nel banco s. Giorgio lire 1600, per una messa ad altare capelle constructe in dieta ecclesia per dictum q. Petrum Sauli, et singulo mense missam unam in cantu pro animabus dicti q. Petri et Luchi-nete et successorum suorum. Anche il convento andava facendo acquisti, e abbiamo 1’ atto di compra della metà d’ un bel corpo di casa, posseduto nella contrada di Castello da Gio. Simone Gioardo, che la vendè ai padri per la somma eli lire due mila, addì 7 novembre 1523 (2). (1) Illustrazione storica ecc. della chiesa di S. M. di Castello, pag. 169. (2) Non sono da omettere i confini che ne determinano la località. In coltrata S. M. de Castello, cui coheret antea via publica, ab uno latere domus Andree Iustiniani, q. Baldassaris, ab alio latere via publica, retro in parte via publica et in parte dicta domus Andree Iustiniani. Fra i testimoni c 1’ Acellino Cattaneo, q. Marco, sepolto poi in chiesa nostra, padre di Marco Cattaneo, figlio di Castello, arcivescovo di Rodi, del quale entriamo a parlare. - 299 — 1525 - 1527 P. MARCO CATTANEO di GENOVA poi arcivescovo di Rodi. La mancanza assoluta di atti notarili, capitolari e d’altre memorie, che si verifica nei codici dell'archivio, durante il priorato del p. Marco Cattaneo, io credo non possa ricevere spiegazione differente da quella d’una calma piena e continuata di affari all’ estero e all’ interno della nostra comunità. Mi impensierisce tuttavia alcun poco la ni una convocazione dei padri anziani a consiglio; cosa molto rara ad accadere, sebbene non impossibile. Ci consta poi sicuro essere stato il Cattaneo assente da Genova, ed in suo luogo il sottopriore Bartolomeo Bol-garo aver ricevuto all’abito tre novizi nell’ottobre 1525. Il p. Marco ne vesti altri due innanzi quel giorno, e tre ancora accettò dopo, il 16 maggio 1526, i quali non si distinsero per meriti speciali (1). Egli sì già era salito a gran fama di profondo teologo e di eloquentissimo predicatore, in guisa che, scaduto da priore, addì 24 agosto 1529 papa Clemente VII lo preconizzava arcivescovo titolare di Colossi, nell’isola di Rodi, dandolo a suffraganeo, come allora dicevasi, ed oggi coadiutore, al cardinale Innocenzo Cibo, nel governo della diocesi di Genova (2). Come priore, mi do a credere che avrà cooperato al più comodo e sicuro impianto dei suoi confratelli nel paese di Cornigliano presso Genova; quel medesimo luogo che, rifiutato nel 1513, giusta il detto sopra, venne (1) Syll. a pag. 131-132, n.‘ 310-318. (2) I Vescovi Domenicani Liguri, a pag. 225-232. — 300 — annesso e incorporato al convento di Castello da Clemente VII, con sua bolla del 12 giugno 1526. È fuor di dubbio essere stata cosiffatta concessione preceduta dai consueti atti consigliari, da parte dei nostri padri, sulla convenienza 0 meno dell’ acquisto, ma di essi non esiste verbo nel registro, e pare siasi fors’anche precipitato alquanto nella bisogna, se nell’ ultimo e definitivo consulto tenuto, come vedremo subito dopo, nel novembre 1527, si accenna alla dura necessità di non poterlo più ricusare con onore. Codesto rimpianto implica un rimprovero al primitivo accettante, che non c è dato sapere se fosse il priore Cattaneo, od in sua assenza il consiglio conventuale. Fatto è che il luogo di Corni-gliano restò unito a Castello d"allora in poi, e ne daremo la bolla d’incorporazione là ove sarà parola di questa rurale parrocchia (1). Quel munifico e pio signore Gerolamo Giustiniani, che nel 1513 chiese ai padri lo spazio necessario ad erigere una cappella sua gentilizia, col proposito di dotarla del proprio, nel 1527 era già morto e la cappella eziandio fabbricata. Fedele alla promessa, con testamento disposto avea in favore di quella con generosa larghezza, comandando che sopra cento luoghi nel solito banco di s. Giorgio, sotto la sua colonna scritti, si dovesse dari et solvi priori et fratribus S. M. de Castello, qui prò tempore fuerint, libras quinquaginta quinque pagarum s. Georgii pro dote capelle, vocate Conversionis s. Pauli, per dictum Hieronymum in dicta ecclesia institute. Ex quibus libris lv pagarum predictarum, voleva che libre quindecim serviant pro prandio ipsorum dominorum, priorum et (x) È però già edita nel Bull. Ord. Praed. Tom. IV, pag. 451. — 30i — fratrum, qui per tempore in dicto monasterio fuerint, faciendo dicta die Conversionis s. Pauli, que die xxv ianua-rii cuiuslibet anni celebratur. Imponeva inoltre molt’altri oneri perpetui, a conto della stessa somma, i quali vennero scrupolosamente soddisfatti (i). Al p. Cattaneo fu diretta dal vicario generale della Congregazione di Lombardia, p. Ludovico De-Marini, la lettera del 30 gennaio 1526, già sopra riferita (2). 1527 — 1529 P. FLORIANO da BRESCIA. Bisogna dire, che malgrado la surriferita spedizione della bolla d’ unione della chiesa e cura parrocchiale di s. Giacomo di Cornigliano alla casa di Castello, i padri nostri nicchiassero ancora incerti sull’ accettare, ovvero respingere il possesso. Ce lo fa manifesto il tenore del documento che segue. Presente in convento il vicario generale della Congregazione, p. Domenico da Castane-dolo, il p. Floriano da Brescia, successo nel priorato al p. Marco Cattaneo, radunò, addi 16 novembre 1527, il consiglio, cui intervennero anche, avendone il diritto, i padri Barnaba Gentile, priore di Savona, e Luca Bozomo, priore di Finale, e pose il partito se si dovesse in effetto ritenere 0 rinunziare il luogo di Cornigliano, da molti mesi già accettato. Dopo lunga ed animata discussione prò e contro, si venne nella sentenza di ritenerlo, pel solo motivo di evitare gli inconvenienti gravi, anzi scandali, che da un rifiuto poteano provenire. (1) Liber columnarum s. Gcorgii, fol. cxi. (2) Syll. a pag. 76, n.° 170. — 302 — (N. 106) (16 novembre 1527) Die xvi novembris 1527. Propositum fuit per rev. patrem, fr. Dominicum de Castanedulo, tunc vicarium generalem Congregationis Lombardie, coram infrascriptis patribus, 'an locus Corniliani extra civitatem, iam acceptatus a multis mensibus per patres conventus genuensis, deberet retineri, an potius renuntiari; et tandem post longam collationem super hoc factam, conclusum fuit ab omnibus quod, ad evitandum scandalum, quod posset oriri pro renunciatione dicti loci, deberet omnino retineri et nullo modo renuntiari. » Ego fr. Florianus de Brixia, prior conventus genuensis, confirmo ut supra, teste manu propria. Ego fr. Barnabas, genuensis, prior saonensis, confirmo etc. Ego fr. Lucas de Genua, prior finariensis, confirmo etc. Ego fr. Benedictus de Genua, supprior conventus, confirmo etc. Ego fr. Bernardus de Lavania affirmo ut supra. Ego fr. Nicolaus de Cremona affirmo etc. Ego fr. Ioannes, genuensis, Galianus, affirmo etc. Ego fr. Ioannes de Genua, Fliscus, supradicta affirmo etc. Ego fr. Thomas M., bononiensis, lector genuensis, affirmo etc. Ego fr. Bartholomeus de Ianua affirmo etc. Ego fr. Augustinus de Ianua affirmo etc. Ego fr. Ioannes de Rapallo affirmo etc. Ego fr. Stephanus, genuensis, lector secundus, affirmo ut supra. Per 1’ anno 1528 l’archivio ci somministra una carta od istrumento, rogato il 3 maggio, dal quale, per incidenza , si rileva quanto grande fosse il numero dei frati domiciliati allora a Castello, non guari minore ai cinquanta, tutti compresi. Imperocché in trentasei, formanti, dice il notaio, poco più dei due terzi della comunità, prendono parte alla vendita di due case, con un vacuo, situate, sembra, lunghesso la salita alla vicina chiesa di S. M. in Passione, confinanti perciò, se già non occupavano l’area adiacente alle attuali cappelle di - 503 - s. Domenico e del Crocifisso nel nostro tempio. Compe-ravanle le suore canonichesse del prossimo monastero di N. S. delle Grazie, al prezzo di lire 1550, sotto i patti e le clausole volute dai nostri e dalle monache accettate. Erano desse le case anni innanzi acquistate dai padri da certi Odino Bonanato e Bernardo di Ovada. Precede l’atto di vendita la facoltà impartita, 1’8 agosto 1527, dal succitato vicario generale, p. Domenico da Castanedolo. Lascio qui in silenzio un’ altra scrittura notarile , firmata da 39 vocali, in parte diversi dai 36 precitati, con alla testa il priore Floriano, spettante 1’ adizione all’eredità del q. Antonio Ricci, nipote al p. Silvestro, e morto di peste, di che fu parola nel sillabo (1), per toccare appunto, almeno alla sfuggita, della peste orribile, onde furono colpite nel 1528 Genova e le due riviere. « Avea, narra il Casoni, la malignità di questo morbo, colle sue mortali influenze, da molti mesi cominciato ad affliggere la città, e nella state precedente con lenti progressi serpendo, si era col lungo soggiorno quasi resa famigliare agli abitanti. Ma nel 1528 incrudelendo fuor di modo, così in Genova come nelle riviere, si faceva vedere nella sua più fiera intensità. Il sole impedito dalle nuvole, non avendo avuto la solita forza di purgare, era stato cagione che la terra, oltre l’ordinario imbevuta d’umidità, riscaldata poi dal calore della primavera, esalasse vapori pestiferi, i quali contaminarono l’aria. In tal modo putrefacendosi i corpi, e comunicando, col contatto, l’uno all’altro l’attività del morbo, cadevano le persone per subita violenza oppresse. Quindi empiutasi la città di moribondi e di cadaveri, con brutto (1) A pag. 92, n. 203. — j04 — spettacolo li si vedevano mescolati insieme nelle case private, nelle strade pubbliche, nelle piazze e chiese; e a morte non perdonando né a sesso, né ad età o condizione, confondeva i funerali dei robusti figliuoli co’ ecc 11 padri, dei nobili col volgo, degli uomini colle nmine, co fanciulli; onde dappertutto incontravansi spettacoli fieri e orrendi, che rendevano scusabili negli animi più forti lo spavento ed il terrore. Sospesi tutti negozi e tutte le funzioni, era divenuta la città un tri o deserto. non più udienze di magistrati, non più sito i pubblici, non più adunanze di popolo nelle strade nei mercati, tutto era lutto, tutto spavento, tutto deso-ne• (1 )- Il Giustiniani facendo fine ai suoi Annali della ePu ica, appunto coll’anno 1528, riferiva essere stata pesti enza c0si grave, « che i vecchi dicono che ^ _ e 1493 > e molte altre che si ricordano come essi\e, in comparazione di questa, furono nulla (2) ». fonando del particolare nostro convento, sappiamo £1 S0 1 a Castello morirono, tra sacerdoti e convers!, meglio che trenta, come ricavo dal sillabo, e ciò Il SlanS| 111 quattro gruppi, vale a dire Ca-r 3j- orni£^ario> s> Luca e s. Vito d’Albaro, ognuno dei ie 1 suo contingente, ma più che tutti il primo, ^ quc 0 che era centro d’infezione. A riempiere le file • ,atC a^a cruc^e^c moria, rendevasi quindi necessario urre a chiostro nuove reclute, ed é quel negozio cui mano sollecita il priore Floriano, appena cessato contagio, vestendo un converso addi 26 febbraio 1529, (1) Casoni, Annali di Genova, Tom. I, lib. 111. (2) Giustiniani, Ivi, all’anno. - 305 — altri due nel maggio e giugno successivi il sottopriore p. Giovanni Fieschi, ma indarno, perchè nissuno dei tre fece professione. Meglio riuscirono i due, Agostino Al-bingana e Benedetto Durazzo, ricevuti all’abito il 3 settembre 1529 dal nuovo vicario generale, p. Stefano di Bologna, sottentrato al p. Domenico da Castagnedolo (1). 11 p. Floriano poi terminava 1’ ufficio priorale dopo il 20 novembre stess’anno, se in tale qualità ammise ancora alla religione, quel giorno, un novizio (2). Fra i legati pii fatti nel biennio 1527-29 ai nostri maggiori, merita una menzione quello di Eleonora, figlia del q. Benedetto Casella, col quale, addì 28 novembre 1528, lasciò il provento annuo d’ un luogo in s. Giorgio fratribus S. M. de Castello de Ianua, et seu caprile illorum de Casella, sub patronatu q. Petri Ioannis et Benedicti de Casella institute in dieta ecclesia, coll’obbligo d’ un servizio mensile nella cappella medesima. 1529 - 1531 P. DOMENICO da CASTAGNEDOLO. Si occupano di questo esimio religioso molti scrittori di storia domenicana senza palesarne il cognome, che evidentemente non conobbero. Di patria lo si dice bre-sciano, per essere allora Castagnedolo un paese compreso nel suo territorio. Viene da essi celebrato quale filosofo e teologo di vaglia, autore di parecchie opere in materia (1) Syll. a pag. 132-134, n.1 319-323. (2) Ivi, a pag. 134, n.° 324. Atti Soc. Lig. St. Patria, Scric 2.a, Voi. XXI. 21 — 306 — oratoria, in cui l’Echard lo presenta già in fama di valoroso fino dal 1517. Coprì nel seguito non poche cariche e prelature nella sua Congregazione di Lombardia, ancor prima d’esserne eletto vicario generale; scadutone quindi nel 1529, avanti la fine dell’anno medesimo prese il posto del suo compatriota Floriano; così il terzo bresciano priore del nostro convento in meno d’un secolo. Ritardò, a quanto pare, d’assai il suo arrivo a Genova, chè la data più antica fornitaci dai codici sulla presenza di lui a Castello rimonta al 24 dicembre 1530, quando impose la tonaca dell’ Ordine a due postulanti. Due altri n’ erano stati ammessi nel frattempo, ma dal sottopriore Giovanni Fieschi 1’ 8 maggio, e dal successore del Fieschi, il p. Pier-martire Merello, il 21 agosto. Lo stesso accade 1’ anno dopo, nel quale il giorno 3 febbraio 15 31 il Castagnedolo accettò il converso Biaggio da Milano, ed il predetto Merello addì 31 maggio e 7 giugno due candidati, di cui uno fu il p. Domenico Carbone, quarto sillabista dei figli di Castello. La vestizione meglio riuscita fecela, sul cessare d’ ufficio, il priore medesimo, quando il 29 settembre 1531 aderì alla brama dei vispi giovanetti, Pietro Castiglione e Michele D’Aste, di rendersi frati a Castello. Amendue divennero, col tempo, insigni maestri in teologia e prelati di riconosciuta capacità: teatro dèlie sue gesta rimanendo Genova pel primo, e pel secondo la città di Trento, all’epoca del famoso concilio (1). Ne occorre ora qui esporre in compendio la causa dibattuta nanti i tribunali nel 1530-31 circa l’eredità di (1) Syll. a pag. 134-136, n.1 325-333. - joy - Alessandro Costaguta, della quale sono in archivio ben molte scritture. Era morto costui di peste a Chiavari nel giugno 1528, instituendo eredi universali i suoi fratelli Francesco e Gregorio; poi, con codicillo, alla propria moglie, Angela Bafico, lasciò tutti i crediti che avea, ed altri legati di beni mobili ed immobili, escluse le case, a patto che rimanesse in stato vedovile: ove no, subentrasse nei diritti il convento di Castello. L’Angela in effetto passò a seconde nozze, ed i fratelli su nominati, o perché morti aneli’essi di peste o per altro ignoto motivo, lasciata andar giacente l’eredità, ne restarono soli e veri padroni i padri nostri. N’ebbero lingua però ad epidemia cessata, vale a dire troppo tardi, quando gran parte delle sostanze mobili erano scivolate a mano di congiunti, ed anche di estranei al defunto testatore. Giusto ed opportuno é stato il consiglio del priore e dei- frati di tosto ricorrere a Roma, e ottenere un breve pontifìcio compulsivo agli indebiti detentori di restituire il mal tolto; ed in attesa di quello, il p. Giovanni Fieschi, sindaco, presentavasi in prima istanza al già suo confratello, ed ora vescovo Sebatense, Domenico Corvara , come giudice e conservatore apostolico dei domenicani di Genova, chiedendo giustizia. 11 Corvara, addì 18 luglio 1530 emanò ordine a tutti i parrochi, 0 comecchessia aventi cura d’ anime entro la città e diocesi genovese, che comprende anche Chiavari ed il suo territorio, di annunziare in pubblica chiesa la pena di scomunica inflitta a chi nello spazio di sei giorni non palesasse i beni di qualsivoglia natura spettanti all’ eredità Costaguta. Ma perchè la risposta papale giunse all’indirizzo del vicario arcivescovile, Marco Cattaneo, datata — 3oS — da Remi 1: S luglio 1530, colla quale Clemente VII gli commettevi di procedere al medesimo atto, con delegazione più immediata e solenne, il Cattaneo dove anch' egli alla sua volta imporre lo stesso precetto al clero della diocesi, sorto il giorno 27 del mese e anno medesimo. Xe fu senza buon esito quel monitorio, perché l’Angeli del c. Ruttino Bafico. già moglie d’Alessandro Costatata , cd ora in secondo luogo di Marco Botto, confessò davanti notaio pubblico il 29 luglio, due giorni doro 11 monitorio, i' avere presso di sé ben molti oggetti ci casa. cioè biancheria, posate c'argento, anelli u oro. utensili di rame e di terrò, libri, carte, scritture arrartenute al perduto marito. Palesava eziandio i nomi ài un orar numero di debitori di lui, e con minuta nedsrone chiariva l’ammontare della sommi da ciascuno il essi dovuti, non volendo, diceva 1 onesta donna, in-:;r;:5 nella minaedata scomunica. Intervenne allora, non so reme, 1 sostenere le parti deli Angela un suo curatore. Gio. Andrea Rocca, me introdotta .a lite messo il Corvini, l'agitò dal iS agosto al 17 settembre 1550, in ori il vescovo giudice, avendo consultato il testamento e codidllo del Cosiaguia. comprovato il secondo maritaggio della Banco, mandivi perdente il Rocca e : rat; dichiaravi entrati nei diritti dei.' eredira. Questi n' arò acro sabito il possesso il 26 sertemi: re, a mezzo del r. Alessandro Sanguinei. coli spedito dal sindaco Giovarmi F:esani, ed erano sei terre, giacenti in varie locaria cela podesteria ci Rapido, li i~ poi del mese successivo, sempre il Corvara, nella qualità di conservatore apostolico, ingiungeva ai debitori tutti ce. Costacela, ci rapire le partite di danaro 0 altro al p. Fkschi; e - 309 - non troviamo chi facesse opposizione ai precedenti suoi decreti, se non una tale Benedetta, moglie di Gerardo Molfino, sotto il 24 novembre 1530, e in data 22 marzo 1531 anche Teramo Giudice. Bensì l’archivio nostro possiede atti giudiziari eseguiti nell’aprile 1531 incuria di Rapallo, a motivo di pensioni da lunghi anni non pagate d’una terra situata in S. M. del Campo : la stessa forse per cui il 3 luglio il vescovo Corvara dà pieno potere al sindaco di scacciarne l’ingiusto occupatore, Quilico d’ Orzolo. Verso la fine dell’anno 1531 terminava il suo priorato il p. Domenico, e poco innanzi di lasciare l’ufficio accadeva un fatto del massimo rilievo, col quale si chiude il primo e più antico periodo della nostra storia; vo-gliam dire la soppressione della Congregazione di Lombardia, cui era unito il convento di Castello, e la contemporanea di lei erezione in provincia. Sull’importante avvenimento, in mancanza d’ uno scrittore qualunque che ne spieghi i minuti particolari, ci servono le bolle a quell’ uopo emanate da papa Clemente VII, che lo promosse ed effettuò. Motivo principale e immediato all’innovazione , fra parecchi altri riguardanti 1’ Ordine in genere , adduce questo, che la Congregazione lombarda essendosi fortunatamente estesa sul vastissimo territorio delle provincie di s. Domenico, di s. Pietro-martire, e Romana, e ancora nel regno di Napoli, e in Oriente perfino, con troppa malagevolezza poteva un capo solo bastare al governo di tanto numero di religiosi e di case, sparse in così lontane regioni dell’ alta, media e bassa Italia. 11 perchè, colla pienezza della sua autorità, il dì 2 settembre 1531, abolita la Congregazione suddetta, ne distribuiva i conventi parte alla provincia di s. Domenico, parte a quella di s. Pietro, eleggendone anche i superiori. Ma nove giorni dopo, fatto consapevole di cose dianzi ignorate, sospese la bolla del 3 settembre, e meglio conferito cogli anziani della Congregazione stessa e coi maggiorenti dell’ Ordine, annullato il primo, spedi un terzo e definitivo decreto, col quale, fusi in un corpo i conventi tutti della ridetta Congregazione e la maggior parte degli appartenenti alle provincie di s. Domenico e di s. Pietro, erigeva la nuova e grande provincia che appellava dell’una e dell’altra Lombardia; cosi denominata, dice il Piò, perché stringe nel suo seno i conventi della Lombardia inferiore e buona parte di quelli della Lombardia superiore. Ne volle tuttavia staccate le case del territorio romano, dal pontefice assegnate all’ omonima provincia, e parecchie dell’ alta Italia, costituite in vicaria indipendente; e quelle poste nel regno di Napoli diede a governare ad un vicario, ma sotto 1’ obbedienza del provinciale lombardo (1). « Essa, ripiglia il citato scrittore, é chiamata comunemente la madre e la regina di tutte le altre provincie, non tanto per la grandezza sua (poiché si estende nel regno di Napoli, nella marca d’Ancona, nell’Umbria, nella Romagna, nella marca Trivigiana, nella Lombardia, nel Monferrato, nel Piemonte, nella Liguria, e passa a Trento), quanto perchè é cortese, ricetto e albergo dei frati di tutte le nazioni d’ Europa, ed é degna madre di uomini celeberrimi che hanno governato la Chiesa e 1’ Ordine. Poiché dal suo grembo sono usciti (1) Le bolle pontificie qui citate sono edite nel Bull. Ord. Praed. Tom. IV a pag. 488-90, 493-94, 497-98. — 3ii - il pontefice s. Pio V, otto cardinali, numerosi arcivescovi e vescovi, sedici generali, quattordici maestri del sacro palazzo, e, da uno in fuori, tutti i commissari generali del S. O. in Roma. Ed é notabile che di quattordici generali che nello spazio di 81 anni hanno governato nell’ Ordine, da che Clemente VII l’eresse in provincia , dieci di loro sono stati assunti dal corpo di lei, che contiene 77 priorati, 23 vicariati e 36 monasteri di monache » (1). (1) Uomini illustri di s. Domenico. Parte II. Annotazione terza. Il p. Gio. Michele Piò, bolognese, pubblicava la i.* parte di questa sua utilissima opera, in Bologna, nel 1607, e la n.‘ in Pavia nel 1613. Nei due secoli e mezzo che scorsero fino al dì d’oggi, il numero di egregi uomini e dignitari ecclesiastici, usciti dalla provincia Lombarda, si accrebbe di molto e quasi raddoppiò, a decoro dell’Ordine e a vantaggio della Chiesa. Tra i cardinali ai giorni nostri rifulsero 0 splendono ancora per riconosciuta dottrina, gli e.mi Francesco Gaude e Tommaso Zigliara, assunti dalla provincia stessa, e nel novero dei vescovi i viventi Domenico e Giacinto Rossi; questo di Sarzana e Brugnato in Liguria, e quegli di Concordia nel Veneto, pastori zelantissimi. EPOCA SECONDA 1531 — 1684 Dall’erezione della Congregazione di Lombardia in Provincia FINO AL BOMBARDAMENTO DI GENOVA. 1531 - 1533 P. GEROLAMO da VIMERCATE. Incorporato, come é detto sopra, il convento di Castello alla nuovamente eretta provincia dell’una e dell’altra Lombardia, venne, pel primo, a governarlo il lombardo p. Gerolamo da Vimercate, del quale taciono in tutto i codici nostri. Il sillabo soltanto accenna avere egli ricevuto la professione del novizio Domenico Carbone il 31 maggio 15 32, 0 sull’ entrar del giugno, e pel settembre stesso anno tocca alla sfuggita della presenza in Genova del rev.mo p. Giovanni di Fenar, allora allora eletto maestro generale dell’ Ordine (1). Il p. Gerolamo m’é dubbio se compiesse l’intiero biennio di priorato, poiché in febbraio 1533 avea già il successore nel p. Giovanni Fieschi. Tuttavia, nulla dicendo in contrario i catalogistì, è probabile che lo abbia finito. Anzi uno di essi afferma essere avvenuta al tempo di sua reggenza l’erezione della Congregazione in provincia; nè possiamo contraddirgli, ignorando noi il preciso tempo del suo ingresso e uscita d’ ufficio. (1) Syll. pag. 135, n.1 330 e 332. — 3i4 - 1 53 3 ~ 1534 P. GIOVANNI F1ESCHI, Di GENOVA. Entrato in religione il 24 luglio 1490, quarto della, sua nobile prosapia, e dopo quasi nove lustri fatto priore, in tre vestizioni del 28 febbraio 1533, 2 marzo e 11 aprile 1534, die’ l’abito a sei buoni soggetti , di cui il migliore fu il p. Timoteo Gropallo. Nel 1528 n’era stato anche sottopriore (1). Sono in archivio alcune carte riguardanti taluni litigi sorti al suo tempo, per legati od eredità al convento. Sollevò il primo Francesco Costaguta, in ordine alle disposizioni testamentarie del suo parente q. Alessandro, di cui fu parola poco sopra, ma scelto d’ambe le parti a giudice arbitrale il canonico metropolitano, Antonio Car-rega, costui pare abbia definita con le buone la contesa. Durò anche meno il secondo, levatosi fra il p. Paolo Cavallo, domenicano a Castello, e la sua nipote Tom-masina, figlia di Pietro, mediante l’iscrizione di sei luoghi nel banco s. Giorgio a favore dei padri. Erano sedici i luoghi lasciatigli dalla cognata Battistina, del q. Damiano Leone, madre di Tommasina. Forse lo zio di suo volere li ridusse a soli sei. Ho notizia di altri luoghi dodici sullo stesso banco donati ai frati da Tommaso De-Franchi-Bolgaro. Moriva il Fieschi il 14 novembre 1534, per rottura di vena nel petto. Egli sì non terminò il suo priorato, sebbene né anco sia vero che lo tenesse per unum annum soltanto, come scrive un sommista ; stette in ufficio poco men di due. (I) Syll. a pag. .77, n.° 172, e pag. 137-38, n.1 336-341. ft — 315 - 1534 — 1535 P. TOMMASO M* da BOLOGNA. Surrogò il Fieschi pel resto dell’ anno 1534, e per una parte del seguente, questo padre bolognese, di cui nessuno declina il casato. Già lo vedemmo soggiornare a Castello nel 1512, e come primo lettore di teologia nel I527 (0> ed ora vi fe’ritorno in grado di superiore, e più tardi anche di provinciale. Ma neppur egli durò il biennio solito; chiamato, credo, ad un ufficio maggiore. Non esiste traccia di lui in archivio 0 nel sillabo, e del breve suo soggiorno appo noi è sicura notizia dai cataloghi dei priori; uno dei quali lo decora del titolo di maestro in divinità, e due lo asseverano priore per un solo anno. Hanno ragione questa volta. 1535 — 1537 'P. BARNABA GENTILE, di GENOVA, i.« volta. Prese le redini del governo al più tardi nell’ottobre 1535 il p. Barnaba Gentile, nipote all’ omonimo, stato priore gli anni 1469-70; e 1’8 dicembre successivo n’esercitò il potere coll’adire l’eredità del q. Leonardo Sanguineti, devoluta al fratei suo, padre Alessandro, domenicano a Castello, cui spettava per ogni verso, perchè morto ab intestato, senza prole od altri parenti (2). Sono trentasette i religiosi intervenuti all’atto dell’8 dicembre 1535, i m. (1) Syll. a pag. 84, n.° 186, e pag. 105, n.° 240, e spesso in altri luoghi. (2) Ivi, a pag. 108, n.° 245. quali aggiunti ai non aventi diritto a voce, danno a conoscere il numero di che constava allora la famiglia (i). Egli poi 1’ accrebbe di due ancora, vestendo altrettanti novizi sotto il 18 febbraio e 16 marzo 1537 (2). Funestarono il suo priorato due disgrazie; una comune a tutta Genova, col fiero terremoto del 10 agosto 1536, pel quale rovinarono ben molte case, palazzi e torri, e andarono ferite 0 schiacciate assai persone; l’altra particolare, col naufragio, di cui perì l’anno stesso il famoso poliglotto Agostino Giustiniani, vescovo di Nebbio, principalissima gloria del convento nostro. 1537 - 1539 P. BERNARDO IMPERIALE, di GENOVA. Stette in carica l’intiero biennio, al quale die’ principio anch’egli nell’ottobre 1537, e ai 22 detto accettò il suo primo novizio. Altri ne accolse in seguito ancora, (1) Dopo il Barnaba priore seguono, in ordine d’anzianità, fr. Bernardus de Ianua, supprior,fr. Hieronymus de Ianua primus, fr. Hieronymus de lanua secundus, fr. Silvester de Ianua, fr. Apollinaris de Ferraria, fr. Ioannes de Rapallo, fr. Laurentius de Vulturo, fr. Georgius de Ianua, fr. Sixtus de lanua, fr. Sebastianus de lanua, fr. Io. Baptista de Sigeslro, fr. Nicolaus de lanua, fr. Stephanus de lanua, fr. Philippus de Ianua, fr. Ciprianus de lanua, fr. Io. Baptista de Ianua, fr. Antonius de Sigeslro, fr. Bonifacius de Alba, fr. Vincentius de lanua, fr. Io. Maria de lanua, fr. Stephanus de Ianua, fr. Simon de Ianua, fr. Nicolaus de Marca, fr Vincentius de Garessio, fr. Ciprianus de Verona, fr. Hieronymus de Chio, fr. Ioannes de Finario, fr. Antonius de Monteregali, fr. Antonius de Catharo,fr. Dominicus de Diano, fr. Angelus de Brixia, fr. Bartholomeus de Ianua, fr. Lucas de Ortonovo, fr. Hilarius de Ortonovo, fr. Silvester de Prierio, fr. Vincentius de Rapallo. (2) Syll., a pag. 139, n.1 342-343- — 317 - cioè il 28 aprile 1538 e 19 marzo 1539 (1). Sollecitato dal doge e dai commissari per la riforma delle monache in Genova , ad assumere la direzione spirituale del vicino monastero delle Grazie, nel dicembre 1537, per sola deferenza al patrio governo, e contro genio, sottomette-vasi al carico ; ma quando di lì a poco il vicario arci-vescovile, Marco Cattaneo, già suo confratello, gli volle imporre, addì 26 gennaio 1538, il grave peso del secondo monastero di s. Andrea della Porta, vi si rifiutò a tut-t’ uomo , lui priore e i padri (2). È questo 1’ ultimo atto inserito nel primo libro dei consigli, spesse volte da me citato, e che dal 30 gennaio 1538 sino al 9 gennaio 1592, con cui s’inizia il secondo, offre una lunga e lamentevole lacuna. Appartiene al medesimo anno 1538 un rogito, mancante di termine, con cui il priore Imperiale cede in enfiteusi a Margherita, del q. Teramo Guarco, vedova di Cipriano Tassara, e ora moglie di‘Gio. Battista Ardiz-zone, un mezzano con giardino, presso l'oratorio di s. Giacomo della Marina, per l’annuo canone di lire due. Al quale istrumento concorrono solo più venticinque religiosi del luogo (3). (1) Syll. a pag. 139-40, n.1 344-346. (2) Vedi a pag. 498 nei miei Vescovi Domenicani Liguri. (3) Eccone i nomi, dopo il priore: fr. Sebastianus de Genua, supprior, fr. Bar-nabas de Genua, fr. Hieronymus de Genua secundus, fr. Apollinaris de Ferraria, fr. Ioannes de Rapallo, fr. Georgius de Genua, fr. Nicolaus de Genua, fr. Ste~ phanus de Genua, fr. Ciprianus de Genua, fr. Benedictus de Genua, fr. Io. Maria de Genua, fr. Simon de Genua, fr. Sebastianus de Genua, Jr. Benedictus de Tabia, fr. Ciprianus de Verona, fr. Baptista de Ragusio, fr. Antoninus de Monteregali, fr. Vincentius de Chio primus, fr. Vincentius de Chio secundus, fr. Io. Baptista de Castro s. Io., fr. Bartholomens de Genua, fr. Lticas de Ortonovo, fr. Silvester de Prierio et fr. Vincentius de Rapallo. — 3x8 — Il p. Bernardo prese attiva parte al ripristino della regolare osservanza nel convento di s. Domenico della nostra città, correndo il 1544, quando ve l’introdusse il maestro generale Alberto Casaus, che lo diede in primo priore per gli anni 1545-47, affine di meglio radicar-vela, e farla prosperare. Al quale intento ve lo tras figliò anche da Castello, e in esso, scorsi pochi anni, morì, il giorno 4 luglio 1552. 1539 — 1541 P. STEFANO USOD1MARE, di GENO VA. » Il narrare per singolo gli egregi meriti e le gloriose azioni di questo insigne personaggio, é cosa né facile nè opportuna. Basti sapere che d’ ufficio in ufficio , di dignità in dignità salendo con rapido volo, giunse alla suprema di maestro generale dell’Ordine nel 1553, con giubilo di tutti, al modo stesso che con universale rammarico si apprese l’immatura sua morte, avvenuta meno di quattro anni dopo, il 3 marzo 1557. Priorati ne ebbe molti; fra gli altri a Venezia, Verona, Bologna e a Genova, in s. Domenico e Castello ; ovunque con lode esercitati per le rare sue qualità, che rendeanlo a tutti caro ed amabile. Qui da noi fu priore il biennio 1539-41, e vestì un solo novizio (1); l’é stato in s. Domenico nel 1543-45, epoca della precitata riforma, cui promosse e strenuamente caldeggiò. Dicesi che nel contempo, dal 1539 al 1546, tenesse ancora l’arduo carico d’inquisitore nel genovese dominio. Parlano d’ un tanto (1) Syll. a pag. 141, n.° 350. - 3i9 — uomo con meritato encomio gli storici tutti dell’ Ordine, e molti fra gli scrittori patri (i), mentre in archivio nostro non é verbo di lui, né del suo governo. 1541 — 1543 P. REG1NALDO CASTIGLIONE, di GENOVA. L’ ammissione di giovani aspiranti non potuta fare dal p. Usodimare, ben la compi il p. Reginaldo, che in quattro vestizioni, due per anno, 1541 e 1542, introdusse al chiostro sette individui, riusciti tutti ammodo. Vuol essere tuttavia distinto quell’Angelo, nato turco, che recato bambino a Genova dal capitano Giacomo Grimaldi, e fatto credere suo figlio, venne espulso dapprima dalla religione, poi ripreso, e che divenuto un pio cenobita, mori novantenne in concetto di santo (2). Una carta del 23 ottobre 1542 certifica la presenza del p. Castiglione a Castello ; ed é la procura nel p. Gerolamo Marengo già citata (3), ma che torna utile rinfrescare, come quella che riporta i nomi dei principali membri costituenti la famiglia in quel dì (4). Oltre il nostro (1) Echard, Scriptores Ord. Praed., Tom. II, pag. 143. Rovetta, Bibl. prov. Lomb., pag. 128. Piò, Uovi. ili. P. 2, col. 214. Foglietta, Claror. Ligurum etc. (2) Syll. a pag. 141 -143, n.‘ 35 1 - 357- (3) Ivi, a pag. 95, n.« 214. (4) Venerabilis dominus fr. Reginaldus de lamia, prior, etfr. Silvester de lamia, supprior etc. — Poco dopo seguono : fr. Hieronymus de latina primus, fr. Hieronymus de lamia secundus, fr. Barnnbas de lanua, fr. Agapitus de Finario, fr. Gregorius de Sigestro, fr. Sixtus de lamia, fr. Bernardus de lanua, fr. Seba-stianus de lamia, fr. Ciprianus de lamia, fr. Io. Baptista de Crema, fr. Io. Maria de lanua, fr. Paulus de lamia, fr. Michael de lanua , fr. Sancius de Neapoli, - 320 - ebbe molti altri priorati, come a Bologna, Ancona e Trento; ove prese parte al concilio ecumenico, in qualità di teologo consulente, e vi si fece grande onore, perché dottissimo. Resse pure le inquisizioni di Faenza e Ravenna, e andò a Dio il 13 settembre 1575 (1). 1543 — 1545 P. BARNABA GENTILE, di GENOVA, 2.* volta. Alla distanza di otto anni il p. Gentile tornava priore, e ricevè al chiostro Agostino di Lavagna, quel converso che in arti meccaniche e fabbrili si rese egregio, e profittò assai al convento nostro (2). Nel 1544, lo ripeto, accadde la sospirata riforma di s. Domenico, e il padre Barnaba, per incarico del maestro generale, ne dettò le condizioni, in una coi padri Stefano Usodimare, Filippo Via e Sebastiano Rebrocco, tutti di Castello, il 24 marzo 1544 (3), non trasfigliandosi però ad esso. Moriva infatti qui da noi, un decennio dopo, il 29 ottobre 1554 (4). fr. Andreas de Gito, fr. Franciscus de Faventia, fr. lordanus de Catliaro, fr. Dominicus de Alba, fr. Dominicus de Ianua, fr. lordanus de Chio, fr. Serafinus de SleTla Q),fr. Antonius de Chio, fr. Thomas de Prierio, fr. Iulius de Cypro,fr. Lrbanus de Parma, fr. Alexander de Garessio, fr. Io. Vincentius de Garessio, fr. Andreas de Finario, et fr. Angelus de Ianua. (1) SyJL a pag. no, n.° 253. (2) Ivi, a pag. 144, n.® 359. (3) Vedi a pag. 499 dei miei Vescovi Domenicani Liguri. (4) Ivi, a pag. 88, n.° 192. — 321 — 1545 — 1547 P. SEBASTIANO REBROCCO, di GENOVA. ' È il religioso qui sovra nominato, e cooperatore zelante della riforma introdotta in s. Domenico, a cui favorire e consolidare col vivo dell’ esempio, sembra vi facesse anche passaggio , forse dopo questo suo priorato ; durante il quale vesti due soli conversi (1). Anni addietro n’ era stato pure sindaco e sottopriore. Non pare restasse per sempre in s. Domenico, poiché finiva di vivere in s. Luca d’Albaro, luogo soggetto a Castello, il 2 ottobre 1562 (2). Due morti verificaronsi al tempo di sua reggenza, a breve distanza fra loro, cioè in febbraio 1546 del vescovo Domenico Corvara, e nel seguente maggio di Marco Cattaneo, arcivescovo di Rodi, vicario del cardinale Innocenzo Cibo per la diocesi genovese, amendue illustri figli del nostro cenobio (3). 1547 — 1549 P. AGAPITO da FINALE. Un p. Agapito da Finale trovossi presente all’atto di procura pocanzi citato (4) del 23 ottobre 1542, ed è, ne sono certo, il priore venuto dopo il Rebrocco. Addì 15 settembre 1547, 0 perchè non ancora eletto 0 perchè assente, egli non comparisce nell’ istrumento di nomina a (1) Syll. a pag. 144. n-‘ 360-361. (2) Ivi, a pag. 120, n.° 272. (3) Ivi, a pag. 82 e 87, n.1 186 e 191. (4) Vedi sopra a pag. 318 in nota 4.*. Atti Soc. Lig. Sr. Patria. Serie j." Voi. XXI. 32 procuratore del p. Paolo Cavallo, nel quale tiene il primo luogo tra i frati il vicario p. Cipriano Rebrocco. In dicembre occupava sicuramente il posto, avendo il dì 22 dato la tonaca religiosa a due alunni chierici, a tre altri il 10 giugno 1548, e da sezzo il 24 marzo e 28 aprile 1549 ad altrettanti conversi (1). La promozione a vescovo di Brugnato del p. Antonio de’ signori di Cogorno, figlio di Castello, successa il 14 febbraio 1548, sembra sia stato l’avvenimento principale del suo priorato (2). 1549 — 1551 P. GIO. BATTISTA VISCONTE di TAGGIA, i.a volta. Per un gran dotto, savio e prudente prelato si diede a conoscere, nei molti impieghi e affari che maneggiò, il p. Visconte, nativo di Taggia, ma figlio del nostro convento (3). Stette a capo di otto case almeno della provincia lombarda, provinciale della stessa due volte, fu inquisitore a Ferrara e in tutto il dominio Estense, ricusò il vescovato di Como, e mori vecchio nella quaresima del 1582. A Castello era già priore il 15 agosto 1549 » nel quale giorno fece suo ingresso nell’Ordine Innocenzo Assereto, il solo novizio da lui vestito ; e 1 anno medesimo il p. Mariano Castiglione passava monaco a s. Giovanni di Sestri, fattone priore perpetuo, e che poi tale non risultò, essendo tornato all’ istituto primitivo (4). (1) Syll. a pag. 144-146, n.‘ 362-369. (2) Ivi, a pag. 124, n.° 287. (3) Ivi, a pag. 130, n.° 309. (4) Ivi, a pag. 117, n.° 260, e pag. 146, n.° 370. - 323 - L’anno che seguì, 1550, narra l’anonimo compilatore delle Notizie cronologiche del convento e della chiesa di S. M. di Castello « insorse qualche dissidio tra li padri del convento di s. Domenico e quelli di Castello, pretendendo li primi, come prima possessori del posto in Genova, la precedenza nelle funzioni pubbliche della città. Ma fondati i secondi sopra i diplomi pontifici, i quali intendono che abbiano la prelazione sopra le altre parrocchie, per essere già stata metropolitana la chiesa di Castello , abbenché il possesso del luogo dato alla religione fosse posteriore a quello dei padri di s. Domenico, fecero ricorso al maestro generale dell’Ordine, p. Francesco Romeo, il quale per dirimere ogni lite e stabilire nei suoi figli una fraterna concordia e pacifica unione, ordinò che tutti i religiosi dell’uno e dell’altro convento militassero sotto lo stesso vessillo dell’istessa croce, sotto pena dell’assoluzione dall’ufficio dei priori, in caso di trasgressione. Così consta nel suo decreto dato nella città di Toledo in Spagna, alli 2 dicembre 1550, che si conserva nell’archivio del convento » (1); ed io non l’ho più trovato. I55I — >553 P. FILIPPO VIA, di GENOVA, i.“ volta. Sfilavano 1’ un dietro l’altro in priori di Castello i capi della riuscita riforma monastica di s. Domenico. Dopo l’Usodimare, Gentile e Rebrocco, più non rimaneva che il p. Filippo Via, e lui pure vi giunse pel biennio 1551-53, (1) A fol. 5, verso. * — 324 — scorsi trentanni dalla professione, emessa nel 1521 in questo suo originario convento (1), entro cui condusse da priore tre giovani alunni, e li vestì domenicani in data 19 settembre 1551 e 10 gennaio 1552 (2). Ho differito di parlare sino al presente dell’ apostasia del novizio Pantaleone Dei-Signore, perché l’archivio ora soltanto me n’offre il destro. Sapevasi dal sillabo che il p. Barnaba Gentile, in occasione d’un abboccamento col principe D’ Oria, se l’era tolto a compagno, come di regola, nel marzo 1540, due anni giusti dalla sua vestizione, ch’ebbe luogo il 28 aprile 1538 (3), e che nel mentre il Gentile intertenevasi a colloquio col principe, Pantaleone fuggì di palazzo, né altro si seppe di lui, ritenuto perciò quale disertore ed apostata. Ora poi, trovo in una filza dell’archivio un lungo foglio in carta semplice, contenente la minuta di due suppliche al papa, cioè Giulio 111, perché reca sul dorso l’anno 1552. Nella prima il transfuga Pantaleone, a metà pentito, lagnandosi di calunnie e minaccie di carcerazione ond’era vittima da parte dei confratelli e superiori suoi, chiedeva essere giudicato da un commissario papale. Gli venne concesso, e il delegato scelto nel vescovo di Brugnato, Antonio di Cogorno, già frate di Castello. La cosa spiacque ai nostri, come lesiva dei privilegi dell’ Ordine, al quale il vescovo designato era divenuto estraneo. Ondeché il p. Stefano Usodimare, quegli stesso sotto il cui priorato avvenne la fuga del ribelle nel 1540, e sed'eva allora procuratore generale dell’ istituto, presentò un secondo (1) Syll. a pag. 122, n.° 280. (2) Ivi, a pag. 147, n-‘ 371-374 (3) Ivi> a pag. 140, n.° 345. — 325 - ricorso alla romana curia, lamentando la seguita delegazione., piena di pericoli anche per altri delinquenti, i quali, per legge, doveano dalla religione essere corretti e puniti in simili casi. Nello scritto sono citati a nome il p. Angelo di Verona, provinciale di Lombardia, il p. Filippo Via, attuale priore di Castello, e il p. Nicolò Bra-celli, precipui agenti nella causa contro il Dei-Signore. Costui, visto riuscirgli a male il processo, sembra che abbia rotto le trattative, posto da banda ogni idea di resipiscenza, e scapestrato peggio dopo, che prima. 1553 — 1555 P. SANTE da MANTOVA. Forestiero a Genova lo rivela il nome stesso di Sante, poco usato fra noi e con desinenza diversa. Quando avremo detto che dei due acquisti da esso fatti alla religione, uno fu il venerabile p. Bernardo Olivieri, morto nel 1565 con speciali contrassegni di beatitudine eterna, non ci resterà guari altro (1). Presenziò tuttavia un rogito del 3 dicembre 1554, nel quale si convenne tra i padri e i battuti dell’oratorio di s. Giacomo della Marina, di non alzare le loro fabbriche confinanti oltre la misura presente, e caso che una Tosasse, fosse lecito all’altra parte d’imitarla, con restrizioni però e servitù riguardo agli oratorianti. Firmaronvisi trenta individui, formanti, meno due assenti, l’intiero capitolo, e con mia meraviglia in maggioranza estranei al paese (2). (1) Syll. a pag. 147-48, «-1 375 e 376. (2) Dopo il Xantes de Mantua, prior, seguono \ nomi dei frati: fr. Aurelius de Prierio magister, fr. Thomas de Calvisano, supprior, fr. Hieronymus de Genua, fr. Paulus de Genua primus, fr. Sixtus de Genita, fr. Sebastianus de Genua, fr. Philippus de Genua, fr. Laurentius de Genua, fr. Ludovicus de Genua, fr. Ni co- — 326 — Nel suo biennio accaddero cose non indegne di nota, e sono: la conferenza morale indetta nel 1554 in convento nostro dall’ arcivescovo genovese, Gerolamo Sauli, sulla quistione dei cambi di Lione. V’intervennero, e pare due volte, i teologi ed i leggisti di maggior grido in città, e spiccò fra tutti, nel maneggiare la variamente dibattuta materia, il p. Clemente Serravalle, figlio di Castello, astronomo e maestro in teologia peritissimo (1). Registro in secondo luogo il naufragio accaduto presso Lavagna del p. Arcangelo Di-Negro, monaco in s. Bartolomeo degli Armeni, poi domenicano, e l’affigliazione alla casa nostra dei padri Damasceno Giustiniani di Scio e Pier-martire Dondo di Voltri, nobile soggetto, di cui sarà‘parola alquanto più tardi (2). Neppur é a tacere il soggiorno fatto a Genova, e quasi certo a Castello, del generale dell’ Ordine, Stefano Usodimare, che in marzo 1555 vi ricevè la professione del su lodato p. Olivieri. 1555 — 1557 P. AURELIO DA PR1ERO. ♦ Trasfìgliatosi dal convento di Bologna al nostro, assieme col fratei suo minore Silvestro ed allo zio Mazzolini, a nome Silvestro anch’esso, Aurelio per poco non laus de Genua, fr. Paulus de Genua secundus, fr. Cosmas de Borialo, fr. Io. Bapt. de Savona, fr. Paulus de Ferraria, fr. Dominicus de Morbinio, fr. Bartholomeus de Rngusio, fr. Io. Philippus de Genua, fr. Faustinus de Quintiano, fr. Ambrosius de Sebemco, fr. Io Bapt. de Saiodio, fr. Antonius de M....ia, fr. Vincentius de Ga-biano, fr. Hieronymus de Faventia, fr. lo. Bapt. de Quintiano, fr. Ludovicus de Remano, fr. Petrus de s. Severino, fr. Paulus de s. Severino, fr. Dominicus de Nicia, et fr. Petrus martyr de Nicia. (1) Syll. a pag. 123, n.° 282. Soprani, Scrittori della Liguria, pag. 77. (2) Ivi, a pag. 140 e 148, n.1 346, 377-78. - 327 - raggiunse in genio e dottrina la celebrità dell’ultimo; e duoimi non essere riuscito a risolvere il dubbio se fosse nipote materno o paterno a quel grande. Al momento dell’elezione sua dimorava a Castello, e lo vedemmo qui sopra firmarsi il primo dopo il priore Sante al rogito del 3 dicembre 1554 col titolo di maestro, giustamente acquistato in tanti anni d’insegnamento, poi di reggenza dello studio generale di Bologna ; e pare abbia condotto da noi gl’ estremi suoi giorni di vita, cedendo al comun fato nel 1561 (1). Il successo precipuo del governo di lui emmi avviso sia stata l’aggregazione all’istituto e al cenobio nostro dell’altrettanto famoso p. Sisto sanese, ch’ebbe luogo nel 1556. E penso che avrà ben volontieri accolto e inanimito un uomo, il quale, dopo breve fallo in materia di credenza, seppe elevarsi a tale altezza di virtù e sapere da farselo dimenticare non solo, ma crescere in istima presso il volgo e i sapienti della sua e delle venture età. Dove non é a preterire il giudizio dato dall’allora cardinale Michele Ghislieri, poi papa, s. Pio V, che nel proporre il convento nostro al p. Sisto come casa per lui di quieto soggiorno, lo defini il migliore convento dell’ Ordine (2). Lode che, in bocca d’ un santo e oculatissimo uomo, acquista un vie maggior peso e valore (3). (1) Syll. a pag. 116, n.° 257. (2) Ivi, a pag. 150, n.° 379. (3) Parlammo del dottissimo scrittore e teologo, p. Sisto da Siena, in più luoghi dei nostri Domenicani illustri del convento di S. M. di Castello. — 328 — . • 1557 - 1559 P. CIPRIANO REBROCCO di GENOVA. Nessun sillabo mi dice che il presente padre Cipriano tosse tratei germano, 0 congiunto almeno al p. Sebastiano su menzionato, ma io la ritengo cosa probabile assai. Sebastiano entrò nel chiostro a Genova il 27 settembre 1517> e Cipriano di lì a tre anni, il 26 ottobre 1520 a Napoli, e per stare meglio accosto al parente, nel 1526 ottenne la trasfigliazione in patria. Ebbero poi un eguale modo di pensare circa il sistema di vita religiosa, e Cipriano, al paro dell'altro, resse ben molte comunità, con lama di priore capace e prudente. A Castello lo fu una sola volta, perché richiesto spesso altrove: e poscia vi moriva, già vecchio, il 5 ottobre 1579 (1). Die’ l’abito il 2 dicembre 1558 a due conversi (2); e non so altro di lui. 1559 — 1560 P. FILIPPO VIA DI GENOVA, 2* volta. Nella mancanza assoluta di atti consigliari, per la compilazione del presente periodo di serie cronologica, ci serve da guida sicura e autorevole il sillabo. Privi di'questo, un ben scarso lume avremmo potuto trarre dal catalogo datone dal Borzino e dai rimanenti cronisti. È una fila di nomi col relativo anno di priorato ; e non sempre sincero ed esatto. La successione la trovammo non ostante (1) Syll. a pag. 131, n." 315. (2) Ivi, a pag. 151, n.‘ 380-8:. — 329 — fino a questo punto corretta e secondo verità. Ma siccome scrive soltanto l’anno d’ingresso e tace quello d’uscita d’ ufficio, così al p. Cipriano Rebrocco, a questo punto, attribuisce il 1557 e al suo successore p. Via il 1558; sebbene sia quasi certo che il primo abbia toccato il 1559, se vestì quei due conversi il 2 dicembre 1558. Chi dunque non consumò l’intero suo esercizio, a mio credere, si fu il p. Filippo, assunto la seconda volta alla carica in principio d’anno 1559, e già surrogato dal p. Federici nel novembre 1560. Nel mezzo tempo fortuna gli arrise, col ricevere alla religione il divoto p. Antonio Capriata, che it> vita e in morte crebbe lustro al sodalizio domenicano, meglio dei tre suoi compagni di vocazione (1). 1560 — 1562 P. VINCENZO FEDERICI, di SESTR1-LEVANTE, i.° volta. L’addebito d’inesattezza da me fatto al su cennato catalogo del Borzino riceve un pronto riscontro nel padre Vincenzo Federici, cui segna priore pel 1561, mentre il sillabo narra avere fino dal 17 novembre 1560, come tale, dato 1’ abito religioso a due giovani. Nel seguito altri dieci ne ammise ancora, fra i quali sonosi resi distinti per talento e nobil corredo di lettere sacre e profane, Aurelio Gavi, Sante Riva e Domenico Ceva. Sventuratamente però s’infiltrava nel numero, appunto di dodici, l’apostata Silvestro Conforto, che, in contraddizione al (1) Syll. a pag. 151, n.1 382-86. — 33° — nome portato, recò molta, ma molta, amarezza e disgusto alla nostra comunità (i). A tal quale anticipato compenso della costui diserzione, Iddio concesse che un membro dello stesso convento, Antonio Giustiniani, fosse elevato alla sede arcivescovile di Naxos, il giorno 16 dicembre 1562, e non potuto raggiungerla, pei raggiri del dinasta greco che v’imperava, traslato il 12 maggio 1564 a quella di Lipari (2). Alla testa della provincia lombarda pel 1561 stava il p. Gio. Battista Visconte, già priore a Castello la prima volta, nel biennio 1549-51. Richiestone dal Federici, spediva- il 24 aprile detto anno la facoltà di vendere e di alienare beni del convento. 11 documento interessa la storia domenicana, e lo riportiamo. (N. 107) (24 aprile ij6i) In Dei filio sibi carissimis, verr. patri presidenti, patribus, cete-risque fratribus vocalibus conventus S. M. de Castello de Genua, Ord. Pred., fr. Io. Baptista de Tabia, eiusdem Ordinis, ac pro-vincie utriusque Lombardie prior provincialis, in Domino salutem. Porrecta mihi, nomine vestro, petitio continebat quod nonnulla habeat iste vester conventus immobilia bona minus eidem utilia et commoda, que cupiatis in alia et utiliora et commodiora commutare, mea ad huiusmodi auctoritate et licentia interveniente. Cupiens - igitur commoditati et utilitati vestre consulere, auctoritate apostolica mihi in hac parte concessa, tenore presentium vobis concedo, quod huiusmodi immobilia bona, ut prefertur, minus utilia et commoda alienare, vendere seu commutare possitis, etiamsi haberent annexam revolutionem ad alia loca, proviso quod eorum pretium convertatur in alia immobilia utiliora et commodiora; et quod (1) Syll. a pag. 152, n.1 386-398. (2) Ivi, a pag. 127, n.° 296. - 331 — huiusmodi alienationi seu commutationi accedat,consensus duarum ex tribus partibus vocalium vestri conventus, et quod bona commutanda non excedant valorem trecentornm aureorum. In quorum fidem presentes fieri, ac sigillo provincie muniri, et propria manu subscripsi. Bene valete, et Deum pro me orate. Datum Laude, die 24 aprilis 1561. Ita est. Ego fr. Io Baptista de Tabia, manu propria scripsi. Fr. Io. Dominicus Vicentinus. In forza di questa carta, priore e padri procederono anni dopo alla vendita di tre casuccie e altrettante botteghe , site in s. Pier d’ Arena, pervenute loro dal testamento del p. Ludovico Cicala, vivo e professo a Castello, in qualità di erede del fratel suo, q. Gio. Antonio e la madre Tommasina. Compra vale, a nome da dichiararsi, per lire mille e cento, il nobile Vincenzo Imperiale, q. Michele, e il rogito ha la data 23 febbraio 1562 (1). Anche d’ una controversia ho notizia da scritture autentiche dell’ archivio domestico. Verteva sulla proprietà d’un mezzano, con giardino e volta, in via s. Croce, cui il sindaco, p. Paolo Cavallo, asseriva essere devoluto al (1) Syll. a pag. 125, n.° 291. I nomi degli intervenuti, oltre quello del frater Vincentius de Sigestro, prior, sono i seguenti: fr. Philippus de Taurano, fr. Hieronymus de Geuua, fr. Paulus de Genua primus, fr. Reginaldus de Genua, fr. Sixtus de Genua, fr. Theodorus de 0amano, fr. Ciprianus de Genua,fr. lo. Bapt. de Genua, fr. Ludovicus de Genua, fr. Franciscus de Genua, fr. Nicolaus de Genua, fr. Alexander de Genua, fr. Martinus de Genua, fr. Paulus secundus de Gema , fr. Petrus de Genua, fr. Vincentius de Rapallo, fr. Io. Maria de Cabali, fr. Ioannes de Caligano, fr. Vincentius de Urceis, fr. Antonius de (manca), fr. Franciscus de Verona, fr. Aurelius de Vincentia, fr. Ioannes de Recanato, fr. Damia-nus de Viglevano, fr. Camillus de Floriano, fr. Antonius de Forolivio, fr. Timotheus'de Chio, fr. Ludovicus de Urceis, fr. Stephanus de Genua, omnes fratres monasterii, qui sunt longe ultra duas tertias partes fratrum in presentiarum existen-tium etc. - SP - convento, contro Battistina Fazio, del q. Battista, vedova di Giacomo Baitano, e Luchina sua suocera. Si compromise in tre arbitri, Ambrogio Spinola, Ottavio De-Ma-rini e Andrea Pallavicino, i quali addi 29 maggio 1562 dierono la sentenza: dovessero i padri locare la casa in questione per lire tre annue alle suddette e loro figli, vita naturale durante, e morto l’ultimo superstite, andarne liberamente al possesso. 1562 — 1563 P. GIO. BATTISTA VISCONTE, di TAGGIA, 2.» volta. Appena scaduto da provinciale, i padri di Castello con-vien dire che se l’abbiano accaparrato in priore, e facesse da noi fuggitiva comparsa, a mo’ di meteora, poiché non raggiunse 1’ anno intero di esercizio. Ignoro la causa del brusco interrompimento, ma credo dare nel segno, attribuendolo alla destinazione ad una fra le molte inquisizioni che nell’ Italia superiore, con tanto senno, amministrò. In pochi mesi di governo è stato abbastanza felice d’introdurre nel chiostro sette reclute nuove, tre delle quali fecero un’eccellente riuscita. Parlo del p. Filippo Malvasia, predicatore egregio, e del p. Agostino Rossignoli da Monterosso, quel farmacista abilissimo, che nell’arte d’aromatario levò ai suoi giorni alto grido del suo genio inventivo. Questi, con altri parecchi, vestiva egli il 19 marzo 1563 a Castello (1). Ma brevi mesi innanzi, cioè il 29 novembre 1562, e quindi a bel principio (I) Syll. a pag. 157-/8 , n.‘ 400-406. - 333 - del priorato, a Taggia indossava la domenicana divisa, per conto nostro, il giovane Pier-martire Visconte , da taluno creduto suo fratei minore, o forse meglio nipote. Costui applicato agli studi, s’immerse in essi e ne profittò a segno da riuscire un dottissimo maestro, salire ad elevati impieghi, e perseverando tutta la vita in pie meditazioni, ottenne una così grande fiducia in Dio, che spirò, nel 1614, cantando giulivo « Alleluia » (1). Quell’ insigne patrizio Eiliano Spinola, che ad ogni costo volle restituito alT amor suo paterno il figlio Domenico, già novizio a Castello nel 1464, morendo, fece, con testamento, un ricco legato al convento nostro di annue lire ducento, da percepirsi quando 1 asse riposto in banco di s. Giorgio avesse raggiunto, per forza di moltiplico, una grossa e determinata somma. Leggo ora nel Manuale del p. Agostino di Ventimiglia un avviso, che dice : Elianus Spinula de Luculo legavit testamento suo annuatim conventui nostro loca CC., sicut patet in cai-tulario B., que incipientur haberi post annos plures. Poscia di mano più recente: Nota, quod de 156} completum fuit multiplicum locorum 6000, et conventus incepit peicipcre dictas libras 200 paganun, et eo tempore ego fr. Nicolaus de Bracellis de Genua eram sindicus, et recepi. Vide in libio mei sindicatus de anno ijój (2). (1) Syll. a pag. 156, n.» 399. (2) Sotto la data 3 luglio 1483 c’è altra nota: Vendidimus loca septem «obi legata per q. d. Baptistinam Spinulam, uxorem q. Eliani Spintile, relictam, pnus uxerem q. domini Centurioni etc. Fol. Lini verso. — 334 - 1565 — 15^4- P. GIO. MARIA TAPPARELll dei conti di LAGNASCO, POI VESCOVO DI SALUZZO. L’anno 1563 rimasto interrotto per la promozione del p. Visconte, sul suo finire vide in seggio priorale di Castello collocato, la prima volta dalla sua fondazione, un soggetto piemontese, ma di gran merito e di illustre prosapia, il p. Giovanni Maria Tapparelli, dei conti di Lagnasco, poi vescovo; del quale riferisce il Piò essere stato un « padre di singolari maniere, dolcissimo e affabilissimo nel trattare, che ebbe molti gradi ed ufficii nella provincia di Lombardia; di cui fu provinciale ancora » (1). Di cosifatto carattere benevolo al sommo e conciliativo, giudico fornisse abbondevole prova fino dal principio del suo governo, entro e fuori convento, sul motivo che vengo a dire. Stando per scoppiare fiera lite tra i padri di Castello e gli eredi del prete Teramo Delpino, sulla contrastata proprietà di una casa sita in via s. Croce, le parti avverse convennero d’ eleggere arbitri della contesa due ecclesiastici dotti e da ogni partito alieni. In via comune e naturale sarebbesi dovuto escludere il capo del convento interessato: invece no, ad arbitri e compromissari si elessero dai litiganti il prior stesso Tapparelli e il canonico magiscola del duomo, Giulio Calcagnino; e per di più, colla restrizione di non aggiugnersi il terzo nel giudizio. Ne soggiungo l’atto notarile, perchè ne vale la spesa, e perchè sonvi inserti nomi cui è bene conoscere. (1) Uom. ili. di s. Domenico, Parte 2, col. 292-93. (N. 108) - 335 - (ii dicembre 1563) In nomine Domini amen. Rev. dominus, frater Ioannes Maria de Lignasco, prior monasterii S. M. de Castello etc., in presentia infrascriptorum fratrum etc. quorum nomina sunt hec: fr. Damascenus de Chio, supprior, fr. Paulus, fr. Georgius, fr. Reginaldus, fr. Sixtus, fr. Io. Baptista; fr. Ludovicus, fr. Nicolaus, fr. Timotheus, omnes de Genua, fr. Petrus lector, fr. Sixtus de Senis, fr. Ger-vasius de Iudiciolio (?), fr. Io. Maria de Gazali, fr. Hieronymus de Plebe, fr. Sixtus de Como, fr. Petrus martyr de Vulturo, fr. fr. Angelus de Urceis, fr. Augustinus de Ferrandina, fr. Timotheus de Chio, fr. Bartholomeus de Placentia, fr. Vincentius, fr. Stephan.us, fr. Aurelius, fr. Laurentius, fr. Dominicus, omnes de Genua; et qui omnes sunt quatuor quintas partes omnium fratrum dicti monasterii vocem in capitulo habentium, capitulariter congregatorum etc. pro infrascriptis agendis etc. Et qui domini fratres in presentia etc. dicti domini prioris, presentis et auctoti-zantis, ex una parte, et Dominicus Confortus ac Franciscus Ro-catagliata, notarii, et Bartholomeus de Pinu q. Baptiste, tamquam fideicommissarii et habentes baliam pro bonis et hereditate q. d. presbyteri Therami de Pinu, ac dictus Dominicus suo proprio et privato nomine et quolibet dictorum nominum, ex altera, de et super litibus, causis et differentiis inter dictas partes vertentibus, occasione cuiusdam domus etc. site in. contrata s. Crucis etc. Se se compromiserunt, et amplum, largum, liberum et generale compromissum fecerunt et faciunt in prefatum rev. loannem Mariam, priorem dicti monasterii S. M. de Castello, et rev. dominum Iulium de Calcagninis, magiscolam ecclesie maioris Genue, tamquam in ipsarum partium arbitros et arbitratores eorum. Dantes etc. Promittentes etc. Que omnia etc. Pacto quod dicti arbitri non possint dici seu allegari suspecti, etiam causa superveniente, et in casu discordie non possint eligere tertium, nec eis dari per aliquem magistratum etiam supremum. Pacto etiam, quod casu quo dicti domini arbitri intra tempus eorum balie non indicaverint, partes ipse restent in eo statu et gradu pro ut erant ante presentem compromissum, et iuribus ipsarum non intelligatur preiudicatum, quia sic sunt de accordio et convenerunt. De quibus omnibus etc. per me Augustinum Campanellam, notarium infrascriptum etc. Actum Ianue, in capitulo dicti monasterii, anno etc. mdlxiii, indictione sexta etc., die sabbati, xi decembris, in vesperis, presentibus testibus nobili Andrea Iustiniano, q. Ioannis, et Vincendo de Franchis q. Petri, vòcatis et rogatis. Senza mora i prelati, datisi allo studio della causa e all’audizione dei testi, addi 7 febbraio 1564 emanavano la sentenza, con la quale dichiararono la casa in questione di spettanza vera ed effettiva dei padri di Castello, ma per motivi da essi ritenuti ammissibili e giusti, obbligavano i suddetti a pagare agli avversari lire 325, da investirsi nel banco di s. Giorgio, a norma del testamento del sacerdote defunto. Il successivo giorno, 12 febbraio, lo stesso Calcagnino procedé in forma legale ad immettere nel possesso della casa il sindaco p. Nicolò Bracelli, e il "piato ebbe cosi un termine felice, schivati i tribunali. Due mesi dopo, cioè il 7 aprile, in esecuzione della sua medesima sentenza di arbitro, il Tapparelli, quale priore, raccolse i vocali a consulta, e procedé all’assegno delle 325 lire ai fedecommessari del-l’eredità Delpino. Desse furono stralciate da una somma maggiore esistente presso l’ufficio di Misericòrdia, in testa del p. Ludovico Cicala, provenutele da sua madre Tommasina, di Andrea Campofregoso, moglie a Pietro Cicala, e quale prezzo di vendita, fatta al cardinale Gio. Battista Cicala, di case poste nella piazza omonima in Genova (1). (1) Dei frati intervenuti a questo consiglio ventidue sono già nominati nel documento su riportato, e gli altri nove no; cioè/r. Vincentius de Sigestro, fr. Ciprianus de Ianua, fr. Benedictus de Ianua, fr. Vincentius de Laude, fr. Vin-centius de Neapoli, fr. Sanctus de lamia, fr. Barnabas de Ianua, fr. Augustinus - 337 - Comparisce una volta ancora in altra carta del giorno 20 aprile 1564, dove, assieme al capitolo suo, dà in enfiteusi una piccola casa, sempre in via s. Croce, per l’annuo canone di soldi cinque genovini, a Giorgio Tas-sara, q. Bernardo, e a Nicoletta di lui moglie ' e loro figli, vita naturale durante (1). Vestizione di alunni ne fece due, il 24 e 25 marzo 1564, in cui ammise quattro conversi, dei quali nissuno restò (2). Neppure il Tapparelli resse per un intiero anno il convento (3), in ragione di migliore carica affidatagli; e quale non so dire, se già non fu di provinciale. È noto per contro che quattro anni dopo s. Pio V lo promosse alla sede di Saluzzo in Piemonte, « ove, ripiglia il Piò, .visse religiosissimo vescovo, com’ era stato religiosissimo frate. Costruisse egli stesso dei beni suoi paterni tutto il vescovado, riuscito una bellissima fabbrica, e adornò di un bel coro la sua cattedrale. Governò con molta pietà il suo gregge, dal quale era grandemente amato e riverito. Morì l’anno 1581, e fu sepolto, con epigrafe, nella chiesa dell’ Ordine in Saluzzo (4) »,‘ ove avevamo un nobile convento. de lanua et Jr. Philippus de Laude. Presenziarono come testi Lazzaro Bosio, di Peliegro, tovagliere, Battista Caorsi, di Giovanni, e Andrea Falcone, di Giorgio, amendue mereiai. Segue l’approvazione dell’assegno, fatta dal maestro generale dell’Ordine, p. Vincenzo Giustiniani, poi cardinale, in data 21 aprile, da Castello, ove trovavasi alloggiato in partibus infirmane in camera lesus. (1) Anche qui sono ventinove i firmatari dell’atto, tutti già citati nelle precedenti carte, meno fr. Ioannes de Recanato. (2) Syll. a pag. 158, n.1 407-410. (3) Un catalogista lo scrive malamente Ioannes M.a de Bagnasco, e priore per paucos menses. (4) La riporta nel luogo su citato il Piò; e di questo buon vescovo trattano il Cavalieri e il Fontana nelle loro opere. Atti Soc. Lio. St. Patsu. Serie :.a, Voi. XXI. 25 * - 533 - i)64 — m66 P. NICOLÒ BRACELLI di GENOVA, 1/ volta. Da sindaco divenne priore, in sostituzione al p. Tapparelli; ed era già in ufficio 1’8 ottobre 1564, ttà, cioè di Castello. È nomenclatura adoprata in tutti i casi consimili, per abbreviare le scritture. - 343 — per me fr. Petrum Poncinium notarium praedictum, et collationata concordat. In quorum fidem bis propria tnanu me subscripsi, et mei tabellio-natus signum apposui, necnon sigillo ss. Inquisitionis Genuensis munivi. Ego idem fr. Petrus notarius qui supra in fidem. 1566 — 1568 P. VALENTINO dei conti di VENT1MIGLIA. Nella guisa che entro il primo ventennio dalla riforma del convento di s. Domenico, il nostro di Castello somministrò cinque priori a quella casa (1), così nel 1566 la stessa prese a mutuarci un nobile, suo figlio, il padre Valentino dei conti di Ventimiglia, pel biennio consueto. Da quattro anni aveva cessato da priore in s. Domenico, e lo fu di bel nuovo nel 1572; nel quale tempo stette a capo del S. 0. in Genova, continuando nell’ ardua carica fino al 1575 , in cui cessò di vivere. Ne duole non sapere il più ed il meglio di questo illustre rampollo della storica casata. Nicolò di Agostino Spinola nel 1567 deponeva in banco s. Giorgio un capitale di luoghi 25, i cui proventi annui dovessero consegnarsi ai nostri padri a titolo di elemosina, col patto di ammetterlo alla partecipazione dei loro meriti e delle loro preghiere: il tutto assoggettando al libito assoluto del venerando p. Nicolò Podestà, suo buon amico e direttore di spirito. (1) I cinque sono: Stefano Usodimare, 1543-45; Bernardo Imperiale, 1545-47: Gio. Battista Visconte, 1553- 54; Michele D’Aste, 1558-60; Nicolò Podestà, 1564 - 66. i)68 — i$7° P. GIO. B ATI ISTA GIANNOTTI, di GENOVA. Nè il precedente nè il presente priore diedero 1’ abito religioso ad alcun' novizio, se crediamo al sillabo. Il p. Giannotti reggeva la parrocchia, quando venne eletto superiore, nove lustri dopo la sua professione. Giudico lo fosse stato in antecedenza in altri luoghi, poiché si sa che esercitò l’ufficio stesso in molti, come, per figura, a Correggio, Forli, Pavia ecc. (i). Non sappiamo altro di lui, che un cronista dice morto qui a Castello, senza assegnarne il tempo. 1570 — r57i P. DOMENICO DJ SARSINA. Saremmo nel buio più pesto in riguardo al p. Domenico da Sarsina, fino a dubitare della sua esistenza e della sua patria, se il sillabo non ce ne fornisse sicura testimonianza, dicendo che addì 27 ottobre 1570 dié 1’ abito religioso ad un postulante (2). Lui priore, niun malo evento turbò la quiete di casa, e non ho notizia che d’ una leggiera controversia coll’ ospedale di Pammatone. Ne era il soggetto un legato fatto da Battistina al nipote p. Paolo Cavallo, frate a Castello, con cui gli lasciava luoghi sedici in s. Giorgio. xMa Tommasina, figlia di Battistina, avendo chiamato erede l’ospedale predetto, sorse il dubbio sul legato. Un consulto legale, chiesto dagli amministratori del luogo pio al giurista, allora (*) Syll, a pag. 123, n.° 283. (2) Ivi, a pag. 159, n.° 414. - 345 - in voga., Ansaldo Giustiniani, e deciso a favore del padre Paolo, penso che abbia tosto rivendicato a lui 1’ asse del-1’ ava paterna. Un cronista, poco esperto di geografia, si piacque denominarlo p. Domenico da Sarzana, e priore per un anno. Sbaglia nel luogo d’origine, e dice il vero riguardo al tempo. 1571 - 1573 P. NICOLÒ BRACELLI, di GENOVA, 2.* volta. 11 p. Domenico di Sarsina non fini il suo biennio; chè molto prima forse, ed almeno pel di 31 ottobre 1571, gli era già sottentrato priore, la seconda volta, il Bracelli. Questi, in sei vestizioni, nell’interstizio dal 31 ottobre anzidetto al 13 marzo 1573 , aggregava alla religione sette individui, di cui restarono solo due conversi e due coristi, cioè Raffaele Fieschi e Sisto De-Franchi-Illumi-nati, buon cantore e scrittore anche di cose musicali (1). Nel lavoro presente siamo spesso costretti a ricordare liti agitate fra il cenobio ed i particolari cittadini. N’era sorta una nuova nel 1571 col nobile Gio. Antonio Pal-lavicino-Basadonne, sopra vistose largizioni a mano e per testamento, fatte però con licenza apostolica, a lui Gio. Antonio e ad altri suoi congiunti, dal p. Benedetto Ba-sadonne, di lui fratello ed alunno di Castello, quando era abate in Puglia. Tornato in seno alla comunità, i colleglli impugnarono d’invalide le avvenute disposizioni, e pare con solide ragioni. Neppur qui volendo, pel gran dispendio, ricorrere ai tribunali, all’ ultimo si accomodò la vertenza con un’equa transazione, accettata d’ambe le parti e stipulata con rogito notarile del 31 marzo 1572. (I) Syll. a pag. 159'01» n-‘ 4iH21- — 346 — A capo degli intervenuti all’ atto comparisce il priore Bracelli (i), e la carta acquista un certo valore storico dalla inserzione della facoltà concessa, il 16 settembre 15 71, ai padri di procedere alla transazione medesima, dal provinciale lombardo e nel contempo inquisitore di Bologna, p. Antonio Balducci di Forlì. Termina la scrittura colla piena conferma data all’ istrumento dal maestro generale dell’Ordine, il 20 giugno 1572. In principio dell’anno 1573 moriva Luca Cavallo, padre al p. Paolo Cavallo anzi memorato, il quale, anche per la legittima adizione alla pervenutagli eredità paterna, ebbe a lottare con estranei pretendenti. Il 17 aprile 1573 il sottopriore co’ suoi frati, in assenza del Bracelli priore, faceva istanza al canonico Calcagnino, conservatore apostolico, dell’immissione in possesso di quella, e n’ ebbe il consenso. Ma il di 27 susseguente trovo la causa già portata alla Rota civile di Genova. Più tardi, il 23 novembre stess’ anno si dibatteva ancora, come ricavo da un brano di processo legale, riguardante Oberto Giustiniani, che vi figura parte contraria. Non so altro più, se non che il p. Cavallo trasfigliossi al convento di s. Domenico (2). (1) Seguono poi i nomi: fr. Thomas de Genua, supprior, fr. Paulus de Genua sindicus, fr. Reginaldus de Genua, fr. Vincentius de Sigestro, fr. Franciscus de Genua, fr. Alexander de Genua, fr. Paulus de Quintiano, fr. Dionysius de Genua , fr. Paulus secundus de Genua, fr. Petrus, lector, de Genua, fr. Dominicus de Genua, fr. Baptista, lector, de Genua, fr. Iacobus de Genua, fr. Seraphinus de Urciis,fr. Chri-sopbtnius raguseus, fr. Seraphinus de Forolivio, fr. Benedictus de Chio, fr. Petrus de Ancona, fr. Barnabas de Genua, fr. Dominicus de Sacha, fr. Augustinus de Genua , fr. Sebastianus de Genua , fr. Angelus de Tricerro, fr. Io. Paulus Salu-litis, fr. Antonius de Brixia, fr. Valerius de Savona, fr. Iacobus de Feloria (?), fr. Daniel de Vigueria, fr. Andreas de Garessio et fr. Michael de Brixia. (2) Syll. a pag. 129, n.° 305. — 347 — 1573 — 1574 P. PIETRO CASTIGLIONE, di GENOVA. Una illustrazione è stata, per Castello, il p. Pietro Castiglione; e ne dié saggio nella congiuntura del capitolo generale dei minori frati, celebrato in s. Francesco di Castelletto (i). S’indisse in quello una disputa pubblica in materia teologica, con libero accesso a chicchessia d’ argomentare contro le proposte tesi, sostenute da strenui maestri, i quali è a credere fossero magni davvero, se volatane la fama in città, nessuno dei nostri ardiva entrare in tenzone con essi. Non pati lo sfregio il p. Pietro, ma corsovi in fretta, prese la parola, e incalorendosi, incalzò la difesa con sillogismi tanto ardui e sottili da metterla in qualche imbarazzo. Salvò cosi 1’ onore dei domenicani, che sono in voce di capaci professori in scienze teologiche e filosofiche. Qui adunque, dove egli avea colto una così bella palma, il grado di priore ben gli si addiceva, e 1’ ebbe ; e, come tale, ammise al noviziato due alunni i di 24 dicembre 1573 e 13 giugno 1574 (2). Ma vi stette un anno al più; chiamato altrove a ripigliare l’insegnamento, pel quale era nato fatto. E ciò dopo il 18 luglio 1574, in cui fe’ atto di protesta contro ogni atto di padronanza (1) In un chiostro terraneo, pur oggi esistente, ma ridotto ad abitazione secolare, di quel magnifico convento, trovasi ancora affissa al muro una lapide, cosi concepita : Hic celebrata fuere generalia — comitia ingenti patrum frequentia — qui felici auspitio et concordi animo — elegerunt mag. Iulium Magnanum de — Placentia in effectivum generalem totius — Ord. Min. Conv. MDLIII. XX maii. — M.r Gabriel Coronatus Gcn. pro tunc — Proc. Genue monumentum hoc posuit. (2) Syll. a pag. 161, n.‘ 422 e 423. dei mercanti lombardi nella cappella loro nazionale di s. Ambrogio, ricaduta, a senso del priore e Irati di Castello, in pieno diritto del convento. 1574 — j576 P. VINCENZO FEDERICI, di SESTRI-LEVANTE, 2.“ volta. • * 0 Gli successe il padre Federici, priore la seconda volta, cui toccò la sorte di imporre la guzmana divisa, il 26 settembre 1574, al nobile garzoncello Diodato Gentile, giunto poi ai seggi più elevati dell’ Ordine, indi vescovo e nunzio apostolico, e se invida morte non gli troncava anzi tempo lo stame della vita, anche cardinale. Altri sette ancora ne fece entrare alla probazione, dal settembre predetto al 17 febbraio 1576, ma di minore levatura (1). Pel corrente biennio di nessun altra carta ci sovviene 1 archivio, fuori che di tre concessioni d'indulgenze a cappelle erette in chiesa nostra. Due sono del medesimo giorno, 22 luglio 1575. Nella prima il cardinale Morone, vescovo d’Ostia, e legato a latere, ne accorda in perpetuo duecento giorni a chi visiterà l’altare di s. Paolo apostolo nella festa di sua Conversione (2). Nella seconda, (1) Syll. a pag. 161-63, n-‘ 424-431. 12) Ioannes, miseratione divina episcopus Ostiensis, sanctae Romanae ecclcsiae cardinalis, Moronus nuncupatus, sacrique collegii illustrissimorum cardinalium prior, legatus de latere etc. devotis Christi fidelibus salutem in Domino sempiternam. Pia mater Ecclesia devotis filiorum precibus coelestes thesauros pro peccatorum expiatione salubriter impartit, et ad eam pro salute animarum recurrentibus quantum potest libenter annuit. Nos itaque, precibus dilecti nostri in Christo , fr. Andreae de Campis, sacristae monasterii beatissimae Virginis Mariae de Castello, Ianuae, Ord. Praed. s. Dominici, inclinati, auctoritate legationis nostrae, omnibus utriusque sexus Christi fidelibus; qui capellam conversionis divi Pauli, sitam in dicta ecclesia Beatae - 349 - il medesimo cardinale ne elargisce venticinque pei ve-' nerdi di quaresima, alla cappella del ss. Crocifisso, e altra più ampia, ma ristretta ad un quinquennio, di sette anni e altrettante quarantene, a chi visitasse il Cristo miracoloso nel venerdì santo (i). Dopo il cardinale un papa. Gregorio XIII, il giorno 26 maggio 1576, graziò la cappella di M. V. Assunta, ove si venera 1’ imagine della B. V. detta di s. Luca, di uno specialissimo favore, più allora che oggi ritenuto singolare privilegio, cioè la liberazione di un’anima purgante con un solo sacrificio (2), Marine de Castello, in Jesto conversionis praefati divi Pauli a primis vesperis usque ad secundas vesperas et occasum solis eiusdem festivitatis, singulis annis in perpetuum visitaverint, et ibi pro fidei catholicae propagatione, principtim Christianorum unione et civium huius reipublicae concordia, pias ad Deum preces effuderint, quo die id fecerint ducentum dies de iniunctis .eis, seu quae merito iniungi debuissent, poenitentiis, misericorditer in Domino, in forma Ecclesiae consueta, relaxamus. In quorum fidem praesentes manu nostra subscriptas fieri, et per secretarium nostrum infrascriptum subscribi et sigillo nostro sigillari mandavimus. Datum Ianuae, apud ecclesiam' s. Caterinae, in palatiò nostrae residentiae, anno a nativitate Domini MDLXXV, die xxil iulii, pontificatus SS. D. N. Domini Gregor ii papae XIII anno quarto. Ioannes card. Moronus, episcopus Ostiensis, legatus. Io. Frane. Sirtulus secret. (1) Ioannes etc. come sopra. Nos itaque, precibus dilectorum nobis in Christo prioris et fratrum monasterii beatae Mariae de Castello etc. omnibus etc. qui capellam et altare imaginis s. Crucifixi D. N. 1. C. site in dicta ecclesia B. M. de Castello, in singulis diebus veneris cuiusque quadragesimae devote in perpetuum visitaverint, et ibi etc., quo die veneris id fecerint, vigintiquinque dies de iniunctis etc. relaxamus. Et insuper, ut ipsa capella in maiore veneratione habeatur, et maxima cum devotione frequentetur, omnibus etc. qui capellam praedictam in die veneris Parasceuae per quinquennium proxime futurum, a primis *vesperis etc., quo die id fecerint, septem annos ct totidem quadragenas etc., relaxamus. Volumus autem quod indulgentia praedicta septem annorum elapso dicto quinquennio nemini suffragetur etc. In quorum fidem etc. Datum Ianuae eie. tutto come sopra. (2) Gregorius papa XIII. Ad perpetuam etc. Salvatoris D. N. 1. C. coaeterno Patri consubstantialis et coaeterni, qui pro redemptione generis humani de summo coelorum solio ad huius mundi infima descendere, et carnem nostram in utero virgineo assumere dignatus est, vices licet immeriti gerentes in terris, et eius exempla — 350 - Lascio qui in dubbio se durante tuttavia, come sembra, il priorato del Federici, si effettuasse la vendita per lire 325 d’ una pezza di terra, sita, dice la carta, in capella Lavaniae, in villa Cucumi, ubi dicitur « la Lu-chera ». Ciò il 30 luglio 1576; e la vendevano, con mandato di procura, i padri Nicolò Bracelli ed Agostino Vignolo. Essa poi pervenne al convento in forza di testamento d’altro Agostino Vignolo, padre od almeno stretto congiunto del suddetto frate omonimo. 1576 — 1578 P. PIER-MARTIRE DON DO, di V0LTR1, i.» volta. Grande soddisfazione noi proviamo allorquando ci accade trovare il casato d’alcuno di quei dabbene e insigni frati, che sono conosciuti soltanto col nome di religione o del luogo d’origine. Il presente, uno di essi, si ostinò mai sempre ad occultarsi sotto 1’ appellativo di Pier- sectantes, animabus Christifidclium defunctorum in purgatorio existentibus, quae per charitatem Dìo unitae ab bac luce decesserunt, et piorum suffragiis iuvari meruerunt, opportuna de thesauris Ecclesiae subsidia subministrare studemus, ut illae, quantum divinae bonitati placuerit, adiutae, ad coelestem patriam facilius pervenire valeant. De divina igitur misericordia confisi, tenore praesentium concedimus, ut quoties quicumque sacerdos, sive saecularis sive regularis, missam in altari capellae B. Mariae s. Lucae, sitae in ecclesia S. M. de Castello, Ord. fratrum Praed. lanuen., pro liberatione unius animae in purgatorio existentis celebraverit, ipsa anima per huiusmodi celebrationem easdem indulgentias et peccatorum remissiones consequatur, et ad ipsius liberationem pro qua celebrabitur dicta missa offeretur, quas consequeretur et operaretur si praefatus sacerdos hac de causa missam ad altare, situm in ecclesia monasterii s. Gregorii de urbe, ad id deputatum celebraret, et non obstantibus nostra de non concedendis indulgentiis ad instar, et aliis constitutionibus et ordinationibus apostolicis, coeterisque contrariis quibuscumque. Datum Romae, apud s. Petrum, sub annulo piscatoris, die XXVI maii MDLXXVI, pontificatus nostri anno quinto. - 35i — Martire da Voltri, e il cognome Dondo ce lo scopri a caso il decreto di Rainuzio, prelato della s. Penitenzieria di Roma, già riferito per esteso nel sillabo (i). Uomo di consumata prudenza e di non minore probità fornito, rese eminenti servigi al cenobio di Castello nei diversi uffizi, per lunghi anni sostenutivi, di predicatore, di par roco e di priore. È questa la prima volta che fuvvi as sunto, dopo la quale altre due a lontana distanza, ece una sola vestizione, il 28 marzo 1577 ’ ne^e Pers . di Urbano Giustiniani e Gerolamo Castiglione, uno mase, l’altro cambiava istituto (2). , A meno d’un anno di scadenza, papa Gre&orio ^ concedeva un nuovo breve d indulgenza per 0om p domenica del mese e per le feste della B. V., ^con r‘_ della compagnia del ss. Rosario, eretta ne omo cappella della chiesa nostra (3). È la prima notizia 1’ esistenza qui da noi della società predetta. (1) Syll. a pag. 148, n.° 378. (2) Ivi, a pag. 163, n.1 432 e 433. (3) Gregorius papa XIII. Universis et singulis utriusque sexus confratnbus, nunc et prò tempore exis tentibus, confraternitatis Rosarii gloriosissimae Virginis Mariae in ecclesia S. M. de Castello, Ord. fratrum Praed., Ianuen., canonice institutae, salutem etc. Ad augendam etc. vobis omnibus et singulis confessis et communicatis qui in prima dominica cuiuslibet mensis, quo dic solemnem vestram processionem celebrare soletis, necnon in singulis festivitatibus eiusdem B. M. capellam seu altare ipsius Rosarii in dicta ecclesia situm, singulis annis, devote visitaveritis et quilibet vestrum visitaverit, et ibi pro avertenda a christiano populo pestilentia, haeresum extirpatione, sanctaeque matris Ecclesiae exaltatione, pias ad Deum preces effuderitis, et effuderit, quo die ex praedictis id feceritis, ct quilibet vestrum fecerit, plenariam omnium peccatorum vestrorum indulgentiam et remissionem, misericorditer in Domino, concedimus .ct elargimur; contrariis etc. Datum Romae, apud s. Petrum, sub annulo etc. die XX Fl iulii, MDLXX.VII., pont. nòstri anno sexto. Caesar Glorerius. - 352 - 1578 - 1579 P. BENEDETTO BASADONNE, di GENOVA. Basadonne, giusta il dialetto, e Baciadonne. come vuole l’italico idioma, è un nomignolo dato ad un’antica casata, divenuto mano mano il gentilizio d’una famiglia popolana in origine, poi nobile in qualche suo membro, entrato a far parte, dopo il 1528, dell’albergo Pallavicino. Infatti il Gio. Antonio, q. Simone, ricordato sopra all’anno 15 71, è detto in quella scrittura patrizio, avente il doppio cognome Pallavicino-Basadonne. 11 nostro Benedetto, suo fratello, entrò in chiostro il 5 aprile 1524, e passatovi un bel numero d’anni, ottenne, certo con licenza dei superiori, non so quale abbazia in Puglia, ove sembra che abbia raccolta molta pecunia, e di essa largheggiato a prò’ dei congiunti. Nel 1554 fe’ritorno al convento, e vi diede così buon conto di sé, da esser eletto priore in molti luoghi; e fra questi anche a Castello pello scarso biennio 1578-79. Nissun adepto introdusse all’Ordine (1). Di lui in seggio priorale è una memoria in archivio, la concessione cioè di quattro religiosi sacerdoti, spediti a risiedere nel luogo di s. Vito d’Albaro, per servizio religioso ai villeggianti. Il documento sparge luce sopra un precedente storico, e vuole essere riferito. % (h. Ilo) novm\jre jj-yc?) Die 16 novembris 1579. Rev< prior, fr. Benedictus Basiadonne, p 0 commodo civium habitantium in loco Albarii assignavit quatuor ssas in dicto loco respectu pestis. Qui quidem fratres sacerdotes * (0 Syll. a pag. 127, n.° 297. * — 353 - servire debeant Deo et civibus de missis et confessionibus etc., et ipsi cives providere debeant de pane et aliis necessariis dictis fratribus, usquequo rev. priori et civibus placuerit. Qui prior, assignavit in dicto loco quatuor fratres sacerdotes, videlicet: patrem, fr. Nicolaum Bracellum de Genua, vicarium dicti loci pro uno ; pro alio patrem, fr. Vincentium de Sigestro; pro tertio patrem, fr. Baptistam de Genua, Stoperium, lectorem (i); et pro quarto patrem, fr. Lazarum de Ortonovo, et loco dicti patris, fr. Lazari, pro diebus (imanca) posuit patrem, fr. Iacobum de Genua, suppriorem, qui die (manca) recessit, et venit pater, fr. Lazarus ; et recepimus a civibus infrascripta ad perpetuam rei memoriam. À die et anno quibus supra, dominica 21 post octavam ss. Trinitatis, que fuit die 15 novembris, pro offerta missarum, videlicet 1. 1 sol. 8 den. 2. Dominica 22 post oct. ss. Trinit. recepi a domina Iulia Vivalda et a tribus aliis, et a domina Bergidina de Franciscis pro pictantia , videlicet 1. 2, sol. o. den. 5. La carta, come vedesi, mentre accenna il motivo di quella spedizione di religiosi in Albaro, che era di servire i cittadini colà rifugiatisi durante la peste, tace_ la precisa località, se, cioè s. Luca 0 s. Vito d’Albaro; vi supplisce però il margine, ove sta scritto: Pro s. Vito 1579. Il contagio infieriva grandemente anche in città, e vi perirono, nel corso d’un anno, ventotto mila ducento cinquanta persone. Lo stesso priore Benedetto Basadonne ne fu vittima, e, a quanto sembra, l’unico del convento nostro. Moriva egli il 19 novembre, non si sa bene se del 1579, cioè tre giorni dall’invio dei suddetti padri a s. Vito, ovvero dell’anno dopo 1580. Il sillabo stesso rimane dubbio. (1) È il p. Battista, di cui sopra, accusato falsamente al S. 0. in Genova. Atti Soc. Lig. St. Patru. Serie i.‘, Voi. XXL 4t — 354 — 1580 P. AURELIO GAVI, di GENOVA. Io ritengo come cosa certa che il Basadonne mancasse di vita il 19 novembre 1579, poiché nel 1580 cessata era la peste, e solo sei giorni dopo avrebbe già avuto in successore (ciò che è appena possibile, e accade assai di rado), il dotto teologo Aurelio Gavi, genovese, fattosi religioso il 6 giugno 1561, giunto assai presto coll’acre suo ingegno ai gradi del magistero e delle prelature (1). L’ unica sicura notizia del suo esercizio di superiore a Castello l’estraggo dal sillabo su menzionato, che gli attribuisce aver dato l’abito il 25 novembre 1580 a due chierici, uno migliore dell’ altro (2). Dovè soggiornare fuori Genova non breve tempo, se il 10 maggio 1581 non lui, ma il sottopriore, p. Martino Penco, procedè all’ imposizione della tonaca domenicana al novizio Gio. Grisostomo di Diano (3). Il solito cronista, seguito dal p. Borzino, gli attribuisce un solo anno di esercizio prio-rale, né voglio contraddirgli. È probabile anzi che in maggio 1581 il p. Gavi non fosse più a Castello. » * 1581 — 1583 P. VINCENZO da BERTINORO. Un anno memorando nella storia ecclesiastica di Genova è stato quello del 1582; e lo rese tale la visita apostolica di monsignore Francesco Bosio, vescovo di Novara. Spedito egli da Gregorio XIII, in qualità di visitatore (1) Syll. a pag. 153, n.° 390. (2) Ivi, a pag. 163, n.‘ 434-35. (3) Ivi, a pag. 164, n.° 436. - 355 - apostolico della città ed archidiocesi genovese, dié principio al suo mandato nella metropolitana stessa, per la quale emanò cento quarantacinque decreti, ed altri in proporzione per le altre chiese, sollevando malumori, bisbigli e lamenti in quantità presso il clero, i secolari e il governo medesimo. Versatissimo nei sacri canoni, intrepido nell'operare, privo d’umani riguardi, acuto nello scorgere gli abusi, quanto risoluto di correggerli, parve a molti troppo severo e intollerante; ma ve n’era, con-vien dirlo, ve n’era il bisogno. Per ciò che spetta a Castello, il Bosio distinse nella chiesa nostra le due qualità di prepositurale e di conventuale, e fecevi vari decreti, cui riporto in esteso come utili a sapersi (i). (N. ni) (iJS2) In ecclesia parrochiali Sanctae Mariae de Castello, circa ea quae ad animarum curam pertinent. Fenestrella in base tabernaculi obstruatur, cum ss. Sacramentum in medio ipsius tabernaculi asservetur. Altera pixis ad formam, in communione generali adhibenda, provideatur intra bimestre tempus. Fons baptismalis accomodetur, et aliud vas minus superponatur vasi ampliori, quod adest, et utrumque ciborio tegatur, et locetur in capella s. Caterinae, diruto ex ea altari, ne unum alteri sit impedimento, et oppleta sepultura humi data; onus autem ipsi altari annexum, in aliud altare, rev.mi ordinarii vel superioris ipsius * (i) Quelli, cioè i primi, che riguardano la chiesa nostra come parrocchia, tro-vansi da pag. 98 a 99 verso, e i secondi che le spettano come chiesa di regolari, sono a pag. 120 e seg. del grosso ms. Liber visitationum et decretorum llLmi et rev.mi D. Francisci Bossii, visitatoris apostolici civitatis et dioecesis Genuae, anni ifS2, conservato in archivio di Stato in Genova. - 3)6 — monasterii arbitrio, cum titulo et emolumentis, transferatur, et in ipsa capella fenestrella sit constituta, ubi ea omnia quae ad baptismi usum deserviunt, conserventur sub fide clavis. Imago etiam Ioannis Baptistae in ipsa capella effingatur. Quae omnia prestentur infra sex menses ; quo termino peracto, si id omne prestitum non fuerit, baptizari in ista ecclesia, sub interdicti ecclesiastici poena, prohibetur j tamdiu quoad prestitum id omne fuerit. Ea item omnia quae ad baptismi usum necessaria sunt, nempe cochleare cum oblongo manubrio, quo aqua baptismalis in istius sacramenti administratione effundatur, panniculi ad abstersionis usum, et vascula, quibus sacra olea, ab ecclesia cathedrali delata, continentur, habeantur infra menses tres ad praescriptam mensuram, sub poena de qua supra. Vas sacrorum oleorum antiquum innovetur, et reconcinnetur ad formam prescriptam. Cura animarum huic ecclesiae annexa per certum sacerdotem exerceatur, qui a rev.mo ordinario, previo examine et scripto testimonio, probetur, nec quis alius dicta facultate parochialia munera prestet, alias suspensionis a divinis poenam incurrat. Hic autem cum sacramenta administrabit, superpelliceum et stolam induat. In ecclesia Divae Mariae de Castello, regularium fratrum Ord. s. Dominici. Vasa argentea quae cum sacris reliquiis asservantur, inde omnino amoveantur intra dies vigiliti, vel quod magis expediret, locus constituatur ad servandas reliquias in capella maiori. Ad altare maius predella atque item gradus latiores fiant, et ad ascensum faciliores intra mensem. Super ipsam vero altare tegmen, sive coelum, suspendatur pro dignitate. Ad septum lapideum , quod est ante altare, adhibeatur ostium quod claudi possit. Ex capella s. Io. Baptistae amoveantur ceroferaria, atque alia quae ibi asservantur pro ecclesiae' usu, eaque in sacristia retineantur. Cum in visitatione compertum sit capellam s. Ambrosii ab hominibus nationis et provinciae mediolanensis, multis abhinc annis, - 357 — constructam fuisse, quod etiam tum ex insigniis precellentissimorum Mediolani ducum ubique depictis, tum aliis emolumentis aperte conspicitur, et in quam confratres s. Ambrosii eiusdem nationis et provinciae certis diebus festis convenire, et divina officia celebrari facere soliti erant ; cumquc relatum sit, a tribus annis citra, de facto praepeditos esse a fratribus monasterii huius ecclesiae, ne in eadem 'capella debita obsequia et Deo et beato Ambrosio per eosdem confratres, prout alias servatum fuit, persolverentur, decernitur et statuitur, ut de coetero confratres praedictae nationis et provinciae libere possint et valeant in eandem capellam ad orandum convenire, ac coeteris etiam diebus ad altare s. Ambrosii, iuxta antiquam et laudabilem ipsorum consuetudinem, missas celebrari facere, indulgentias quoque, si quas obtinent et in posterum legitimas obtinebunt, pro maiori cultus divini augumento publicare et publicari facere, previa tamen rev.mi ordinarii licentia, et ele-mosynae, si quae in dicta capella praedictis diebus per Christi fideles oblatae fuerint, ad ipsorum confratrum et sodalitatis dispositionem spectent, quae tamen omnes vel in divinis officiis ccle-brandis, vel paramentis, pro maiori capellae et altaris decore comparandis, erogari debeant, nec in premissis omnibus et singulis per fratres dicti monasterii, aut alias quasvis personas, ullo pacto impediri aut perturbari valeant, sub poena suspensionis a divinis. Capella Rosarii, e regione altaris maioris constituta, intra duos menses alio transferatur, aut diruatur. Post praedictum vero tempus nemo ad id altare missas celebrare ausit, sub poena suspensionis. Omnia altaria instruantur, infra annum, omnibus necessariis ornamentis, quibus inornata non fuerint; post id tempus missam in iis celebrare nemo ausit sub poena suspensionis. Necessaria autem ea sunt quae in altaribus ecclesiae metropolitanae, vel in ecclesia s. Francisci, statuta.sunt. Quia obscuriora quaeque loca, et principis tenebrarum insidiis et hominum nequitiis, maxime patent, neque sancta sunt et sanctitatis officiis tamquam opportuniora constituta (?) peccatorum videantur officinae, aut ubi preces ad Deum placandum fundendae sunt, ulla sit nequissimis ingeniis divinam iram pravis operibus acrius inflammandi occasio, capellam Crucifixi, quae suboscura est, sextis feriis et aliis statis diebus, quibus frequentior ad eam populus convenit , viri ac feminae promiscue et eodem tempore non ingrediantur, sed mulieribus solummodo ante prandium, viris autem post illud ad capellam separatim aditus pateat, nisi alia ratio commodior superiori monasterii et rev.mo archiepiscopo iniri posse videatur, qua separatim utrique sexui locus sit ad capellam ^accedendi, et praedictis incommodis et offensionibus apte consulatur. Qui contra fecerit, suspensionis ab ingressu ecclesiae et,excommunicationis poena rev.mi ordinarii arbitratu plectatur. Altaria quatuor,- quae ad parietem per mediam ecclesiam ductum constituta sunt, diruantur, et murus iste diruatur, ut ecclesia amplior et illustrior fiat, et interim in ipsis missam celebrare* prohibetur. Legata ac census quae in ipsis altaribus, diruendis ut supra, relicta sunt, cum titulis*, honoribus et oneribus in alia altaria, rev. patris provincialis arbitrio, transferantur, virtute huius decreti. Confessionalia quae in capellis obscuris et ab hominum conspectu remotis locis posita sunt, inde amoveantur et in commodiores situs infra mensem ad praescriptam formam reconcinnata, transferantur. Post quod tempus, nemo confessiones , praesertim mulierum, in iis audire ausit, sub poena suspensionis. Ecclesiae istius parietes interiores alberio, intra biennium, illimi-nentur. Fenestrae quae ex monasterii aedibus in ecclesiam spectant, infra decem dies, sub poena interdicti ecclesiae, obstruantur. Sedilia ab ecclesia amoveantur, nec in ea retineantur, ut in ordinationibus ecclesiae metropolitanae ea de re confectis, sancitum est, sub poenis in ipsis ordinationibus expressis. Quando commode missa in ecclesia celebrari possit, in sacristia fieri rev. prior non permittat, quod et perraro et ex necessitate aliqua, non autem ad commodum alicuius qui in ecclesia audire missam possit, concedendum esset. Calices et patenae a scaris remotis sarciantur et accomodentur,' infra menses tres. Fenestrae campanilis, atque alia fenestra quae est in domicilio super tectum, ex quibus in clausuram monasterii S. M. delle Gratie prospicitur, intra mensem, calce et coemento obstructae sint, sub - 359 - poena interdicti, et donec id praestitum sit, si quis ex regularibus campanile ipsum ascenderit, vel domicilium ubi fenestra ipsa sita est, ipso facto suspensionem a divinis subeat. Sub eadem etiam poena inhibetur dictis regularibus aditus ad stillicidium tecti ecclesiae ad instar terraciae, unde in eamdem clausuram prospectus habetur. Si autem regulares praedictis non obtemperaverint, rev.mus ordinarius, cui monialium clausura commendata est, et ad quem ea omnia impedimenta quae ipsi clausurae officiunt, emovere pertinet, ad supradictarum censurarum declarationem deveniat. ♦ Priore dei convento per quell’ anno trovossi il p. Vincenzo da Bertinoro, di cui nuli’altro c’ è dato sapere se non che accettò all’ Ordine due postulanti addi 24 dicembre 1582- (1); ma, come credo io, protrasse il suo esercizio fino a mezz’anno 1583 almeno. 1583 - 1585 P. VINCENZO FEDERICI, di SESTRI-LEVANTE, ?.. volta. Quasi fosse una calamita vivente, il p. Federico in questo terzo suo turno di priorato attrasse al chiostro sette nuove reclute ; cinque delle quali perseverando nella carriera, dopo l’anno di prova, v’emisero la solenne professione. Sovra tutti come aquila volò il p. Basilio Spinola, un vero emporio di scienza universale: filosofo e teologo di prima fama, dottore in gius canonico, perito matematico e buon astronomo, facondo oratore, scrittore facile ed erudito, metafisico sublime, e commentatore biblico; a cui da tutta Genova e fuori ricorrevasi come (1) Syll. a pag. 164, n.1 437-38. — 360 — ad oracolo (i). Il Federici perciò, scrisse l’autore d’un sillabo, potrebbesi a buon titolo chiamare il patriarca di Castello, in ragione del forte numero di alunni cui indossò la veste domenicana nei quattro suoi esercizi priorali (2). Il quarto lo vedremo aver luogo nel prossimo anno 1590. La cappella del ss. Crocifisso non era posta allora nel preciso luogo d’ adesso, ma nelle adiacenze prossime, ed alquanto oscura; cosa che al visitatore apostolico, Bosio su mentovato, suggeri il divieto del promiscuo accesso dei due sessi, nei giorni di speciale concorso. Di qui il bel pensiero sorto in mente al nobile Andrea Centurione di trasferire altrove la cappella, ingrandirla e decorarla tutta a sue spese; ciò che fece. Il perchè, addì 30 agosto 1583, a lavoro compito, il priore Federici e i padri ne diedero il gius patronato a lui e ai suoi discendenti, con diritto d’ apporvi le armi e il gentilizio sepolcro colle relative iscrizioni. Il Centurione poi la dotava d’annue lire ottanta (3). (1) Syll. a pag. 164, n.! 439 - 45. (2) Ivi, a pag. in, n.° 255. (3) Intervennero all’ aito oltre il fr. Vincentius de Sigestro, prior, i seguenti : fr. Camillus de Brixia, supprior, fr. Franciscus de Genua, fr. Angelus de Genua, fr. Petrus martyr de Vulturo, fr. Stephanus de Genua, fr. Antonius de Capriata, fr. Martinus de Genua, fr. Antonius de Tatuino, fr. Vincentius de Genua, fr. lo. Ambrosius de Genm, fr. Seraphinus de Ragusio,fr. Michael de Monterubeo, fr. Bar-nabas de Genua, fr. Dominicus de Ortonovo, fr. Iacobus de Petra, fr. Benedictus de Chio, fr. Andreas de Padengo (?), fr. lo. Franciscus de Brixia, fr. lo. Baptista de Panormo, fr. lo. Paulus de Viglevano, fr. Thomas de Mediis (?), fr. Vincentius de Monelia, fr. Rugerius de Portugruario, fr. Theodorus de Mediolano, fr. Dominicus de Diano, fr. Marcus Antonius de Ruello, fr. Angelus Maria de Salutiis, fr. Cornelius de Viglevano et fr. Scipio de Cattane:s; qui sunt ultra duas tertias partes fratrum dicti monasterii, lotum et integrum capitulum facientes etc. KW-W..SSJL! — 361 — 1585 _ 1587 P. VINCENZO CENTURIONE, di GENOVA, r.« twft*. Non soddisfatto il magnifico Andrea del già da sé operato restauro e ingrandimento della ridetta cappella, nel biennio 1584-85 la volle ampliare vie meglio, riducendola all’attuale lunghezza e larghezza, che la fa parere una seconda chiesuola entro altra. V’ebbe anche, penso io, gran parte di merito il forse fratei suo, p. Vincenzo Centurione, allora appunto eletto priore di Castello in sostituzione al Federici. Rifatto adunque a nuovo il divoto sacello, e posta entro un' edicola, chiusa da cancellata di ferro, la imagine miracolosa del Crocifisso, il 20 dicembre 1585 si rogava un istrumento tra i padri e il generoso benefattore, in cui i primi obbligavansi a riconoscerlo patrono di tutta l’ampiezza della ristaurata cappella, celebrarvi cotidiana messa, tenervi dì e notte accesa una lampada, ed il Centurione cresceva la dotazione dalle ottanta alle cento lire annue (1). Per l’anno seguente l’archivio ne porge una carta, che (1) I nomi dei padri concorsi all’atto sono: fr. Baptisla de lamia, magister, fr. Cornelius de Pisauro, sitpprior, fr. Vincentius de Sigestro, fr. Io. Baptista de Genua, fr. Franciscus de Genua, fr. Angelus de Genua, fr. lacobus de Genua , fr. Martinus de Genua, fr. Petrus martyr de Vulturo, praedicator, fr. Franciscus de Montalto, confessor, fr. Aurelius de Genua, lector, fr. Ludovicus de Genua, fr. Antonius de Turino, cantor, fr. Petrus de Tabia, lector primus, fr. Ambrosius de Genua, sindicus, fr. Augustinus de Genua, spetiarius, fr. Deodatus de Genua, lector secundus , fr. Silvester de Genua, lector, fr. Vincentius de Maialone, praedicator, fr. Seraphinus de Ragusio, fr. Innocentius de Satana, fr. Hippolylus de Como, fr. Petrus martyr de Orcis, fr. Dominicus de Garrexio, fr. Dominicus de Mediolano, fr. Paulus de Braida, fr. Claudius de Burgotaro, fr. Vincentius de Cherasco, fr. Angelus de Pisauro, fr. Cornelius de Vi giovano, fr. Sigismundus de Mediolano, jr. Maximus de Boiolo, fr. Georgius de Casale, fr. Bonifacius de Genua , fr. Ba-silius de Genua et fr. Reginaldus de Zignago. — 3 <>2 — vuol essere ricordata. È la convenzione intervenuta il 26 marzo 1586 ira il priore ed i padri, da una parte, e la magnifica Caterina di Francesco D’Oria, moglie di Francesco Lomellini, dall' altra. La pia signora assegna al convento l’annuo censo di lire sessanta, dalla medesima acquistato da Bartolomeo Baghino sopra una terra in s. Damiano di Struppa, in vai di Bisagno, acciò si celebri messa ogni dì all’ altare della cappella di s. Gio. Battista, quae est annexa choro dictae ecclesiae, per la defunta sua madre Nicoletta, figlia dèi q. magnifico Andrea Cicero. Dietro l’accettazione di tale obbligo, essa rinunzia ad ogni diritto che competere le potesse in et super capella s. Vin-centii, posita in dieta ecclesia, prò quarta parte sibi spectante ex hereditate dicti q. domini Andreae Ciceris, eius avi materni (1). Anche di due rogiti riguardanti per indiretto il nostro cenobio, e direttamente la congrega di s. Giacomo della Marina, vogliamo qui parlare, siccome vantaggiosi alla storia. I confratelli di questo a noi vicino oratorio aveano posto mano alla ricostruzione dello stesso, con particolari e comuni risorse, ma poi venuta loro meno la pecunia, dovettero ricorrere al credito. L’ 8 settembre 1586 elessero nel proprio grembo una giunta di quattro membri, incaricati di fare un prestito di cinque mila lire d’allora, con cui dar termine ed ornare la fabbrica. Numeroso è stato il concorso dei battuti alla deliberazione, cui contammo intervenuti settanta sei, oltre il capo, avente titolo di priore, Agostino Bordone, tutti nomi di popolani ; e più altri nel seguito ancora fecervi atto di adesione. Diciotto soli giorni dopo, i quattro procuratori, (i) Appaiono'segnati nell’istrumento quasi tutti i precedenti soggetti. - 363 - eseguito il mandato, comperano di già, a nome dell’ intiera assemblea, un censo passivo di lire duecento annue, sopra alcune case prossime all’ oratorio, pel prezzo di sole quattro mila lire, dal nobile Nicolò del q. Paolo Campi. È poiché il tema versa in materia di censi, d’ un altro, che anche più dappresso ne riguarda, farò qui breve cenno. Il sindaco di Castello die’ a censo il 21 ottobre 1586, annuente il priore Centurione ed i frati, al nobile Gio. Giacomo Imperiale, q. Vincenzo, la somma di lire tremila, per l’annuo frutto di centocinquanta, fissandolo sopra una casa in via di costruzione nella strada Imperiale, oggi di Scurreria, novellamente aperta dallo stesso in parrocchia di s. Lorenzo (1). Fece il p. Vincenzo una sola vestizione il 31 agosto 1585, e del 1586 promosse la trasfigliazione da Scio a Castello del p. Benedetto Giustiniani-Medici, resosi poi benemerito del convento col prolungato suo esercizio di sindaco. Più tardi assentossi per non breve tempo da Genova, se il p. Pietro da Taggia, nella sua qualità di vicario, procede all’ammissione d’un terzo candidato l’u gennaio 1587 (2); ammeno che il seggio priorale già fosse vacante. (1) In nomine domini amen. Magnificus dominus Ioannes Iacobus Imperialis, filius q. m. d. Vinctntii, sponte ctc. vendit, dat, cedit etc. fr. Antonio de Capriata, sindico monasterii S. M. de Castello etc.. annuum censum etc. librarum centum quinquaginta monetae Genuae currentis, ad habendum etc., in et stiper quandatn ipsius m. d. Io. lacobi domum, cum apothecis, iuribus et pertinentiis, quae in praesentiarum etiam construitur, sitam Genuae in via Imperiali, noviter aperta per dictum dominum lo. Iacobum in parochia s. Laurentii, cui coheret antea dicta via Imperialis, retro domus magnifici Io. Aniraee Coslapellegrina, iuriscons., et ab alio latere, quodam vico mediante, haeredes q. Francisci de Nigro etc. (2) Syll. a pag. 166, n.1 446-48. — 364 — 1587 « P. PIETRO da IMOLA. Oscuro nome è per noi questo, e a renderlo ancora più tale, concorre la mancanza assoluta d’atti notarili, o d’altra qualsiasi memoria che gli si attenga; ma il priorato di lui pel 1587 è reso certo dal sillabo, ove leggesi avere addì 16 dicembre di quell’anno vestito un novizio (1). Continuava frattanto la venerazione dei divoti a san Paolo , accorrendo numerosi alla sua capella, in chiesa nostra eretta dalla pietà di Gerolamo Giustiniani nel 1513, ed a vie meglio fomentarla, Sisto V, il 1 luglio 1587, l’onorò d’un’indulgenza plenaria pel primo anno, e d’ una parziale pei nove consecutivi, ristretta al dì festivo dei ss. apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno (2). Sotto il di 20 luglio, stess’ anno, 1’ archivio domestico m’ offre un curioso atto di vendita di luoghi diciotto nel banco s. Giorgio, fatta dal nobile Gio. Battista Fazio, calzolaio, al p. Matteo De-Ferrari, e rogato nella calzoleria del convento (3); unica e sola notizia ch’io mi abbia di simile arte esercitata da laici a Castello. # (1) Syll. a pag. 166, n.° 449. (2) Sixtus papa V. Ad augendam etc. Pro parte dilectorum filiorum prioris et fratrum domus S. M. de Castello etc. omnibus etc. qui capellam seu altare Conversionis s. Pauli situm in ecclesia dictae domus, in feslo ss. Petri et Pauli apost. a primis vesperis usque etc., ad decennium, devote visitaverint, et ibi prò elc. prò primo anno plenariam etc. indulgentiam et remissionem, pro reliquis vero novem annis, septem annos et totidem quadragenas etc. concedimus elc. Datum Rome, apud s. Mar-cum etc., die prima iulii, MDLXXXVII, pont. nostri anno tertio. (3) Nobilis Baptista de Fatio, q. Bernardi, callegarius, sponte elc. vendidit etc. rev. fratri Matthaeo de Ferrariis Ord. Praed. acquirenti, suo nomine vel nomine per eum declarando etc. loca decem et octo comperarum s. Georgii etc. Actum Ianuae, in camera calsolariae monasterii ecclesiae S. M. de Castello etc. ~ 365 — Un altro rogito del tempo mi desta il sospetto che il Nicolò Campi, di cui sopra, non fosse che il prestanome nel passare ai confratelli di s. Giacomo della Marina le quattro mila lire; poiché il 18 settembre 1587 egli fece ampia cessione ai frati, in persona del loro sindaco, padre Antonio Capriata, di quel censo e del suo frutto annuo di lire ducento. Per tal via la comunità di Castello co-stituivasi finanziariamente creditrice dell’ oratorio, ed a cèrte evenienze possibili, anche erede proprietaria del medesimo. Ciò che non accadde, perché i confratelli riuscirono a spegnere il debito (1). Non tacerò che il 9 maggio 1587 terminava i suoi giorni la venerabile Battista Vernazza, canonichessa la-teranese , nel vicino monastero delle Grazie. Figlia a quell’ eroe di carità pubblica, che fu Ettore Vernazza, ne imitò assai bene le cristiane virtù e i nobili esempi, come pure della sua madre spirituale s. Caterina da Genova; e scrisse opere molte e belle, che vorrebbero essere tenute in maggiore pregio che non sono. 1588 — 1589 P. DIODATO GENTILE, di GENOVA. POI VESCOVO DI CASERTA E NUNZIO APOSTOLICO A NAPOLI. Fra tutti i priori di Castello egli è quello che ascese a più eminente dignità ecclesiastica. La nostra serie conta già un maestro generale dell’ Ordine, alcuni vescovi, e altri (1) Una postilla in calce all’atto, a fol. 91, verso, del Liber instrumentorum, reca: 1618 7 iunii. Supradictus census extinctus fuit a confratribus dicti oratorii s. Iacobi, ut ex libro capsae dicti monasterii constat. ♦ — 2 66 — ancora ne seguiranno, ma nel p. Gentile abbiamo, oltre che un vescovo, un nunzio apostolico, anzi il primo domenicano elevato a si alto ufficio, come è inteso oggidi. Innanzi di giungervi, percorse con celerità somma la scala degli impieghi e della docenza ih varie case, e fu priore a Brescia, a Bosco, e qui da noi nell’ incompleto biennio 1588-89 (1). Vesti quattro buoni soggetti in tre tempi diversi (2). La cappella maggiore di chiesa nostra rifatta a nuotfo ed abbellita nel 1449 da Paride Giustiniani, dagli eredi suoi era stata trascurata cosi da bisognarle un pronto restauro, ove non la si volesse abbandonare a completa rovina. Vista l’incuria di quelli, si agitò la questione del gius patronale sulla medesima. Tre giuristi di grido a quei dì, Severino Ferrari, Francesco Cattaneo e Davide Promontorio, incaricati di scioglierla, con molto apparato di citazioni legali e canoniche opinarono e decisero essere libera, e potersi conferire ad altro patrono, a beneplacito dei padri. Insorse contro i tre, emettendo un contrario consulto, il dottor Ansaldo Giustiniani, a sostegno, forse, della sua casata. Per fortuna intervenne allora a sedare la lite, che era sullo scoppiare , il magnifico Alessandro Giustiniani, il quale, con strumento del 2 marzo 1589, si obbligò a riparare non solo la deperita cappella, ma adornarla ed ampliarla, e con essa il coro a tergo, prolungandolo di venti palmi in più dell’ esistente, spendendovi dodici mila lire, e occorrendo anche maggior somma; con che si concedesse a lui e suoi eredi di casa Giustiniani il gius onorifico della cappella e del coro, (1) Syll. a pag. 161, n.° 424. (2) Ivi, a pag. 166, n.‘ 450-453. - 367 — con oneri diversi e 'accordi nella scrittura definiti e registrati. Il priore Gentile co’ padri vocali firmarono la carta, e vedremo sotto il 1594 che ebbero a chiamarsene contenti. 1589 P. PAOLO SAMENGO, di SESTRI-LEVANTE. Trasfigliato a Castello il 15 luglio 1588, probabilmente dal patrio convento della ss. Nunziata, sotto il predecessore Gentile, gli fu subito sostituito al posto, lasciato vacante; segno che nel breve tempo seppe cattivarsi la generale benevolenza, continuatagli nel breve governo : dicendo il sillabo, che fuit prior gratiosus in hoc conventu (1). Ma non segna il motivo dell’ interrotto esercizio , eh’ io penso avvenisse per un ufficio maggiore statogli affidato ; dal quale scaduto, andò priore a Vicenza ed a Piacenza, due case da lui rette dopo la nostra. Il tempo del suo decesso rimane ignoto; nè 1’ archivio ci presenta atto di sorta, od il sillabo alcun novizio da esso ricevuto alla religione. 1590 P. VINCENZO FEDERICI, di SESTRI-LEVANTE, 4.volta. Conciossiaché il p. Federici indossasse la bianca lana di s. Domenico il 23 marzo 1516, egli non poteva contare meno di novant’ anni allorquando la presente, quarta ed ultima volta, tolse a governare la comunità di Castello; e convien dire, che grande davvero fosse la venerazione dei padri verso di lui, e altrettanto robusta (1) Syll. a pag. 167, n.° 452. — - la vita e lucida la sua mente da reggere all’ incarico, cui mi do a credere accettasse per dolce violenza usatagli dai vocali, la più parte creature sue di chiostro. Ma non stette guari in ufficio, e se ne dimise perché troppo superiore alle forze. Se morì centenario, come dice un sillabo, egli rasentò o per avventura superava anche il 1600, giacché avanti il 16 anno d’età non potè certo professare. Le beneficenze da esso fatte al convento sono innumerevoli, e il nome del p. Federici per lungo tempo suonò caro sul labbro dei sopravviventi (1). 1591 P. BONIFACIO DJ VIGEVANO, i.« volta. Una sosta di tre anni, in punto ammissione di novizi in religione, si verificò in questo tempo; ché l’ultimo ricevuto lo fu dal priore Gentile il 28 luglio 1589, ed il primo ad accogliersi lo sarà il 4 agosto 1592, dal p. Gerolamo Saggi che vien dopo al presente Bonifacio. Chi è costui ? Noi so dire. Lo vedo registrato nell’ e-lenco dei priori nostri dal Borzino e dagli altri catalo-gisti, e devo porlo ancor io, anzi egli è stato priore una seconda volta ancora, come si vedrà. Il Borzino lo annunzia maestro in sacra teologia, ed un secondo cronista avverte che per paucos menses tenne la carica, mentre i quattro suoi immediati predecessori 1’ occuparono per annum unum soltanto, ciascuno. (1) Syll. a pag. m, n.° 255. L’anonimo compilatore delle Notizie cronologiche della chiesa e convento di S. M. di Castèllo, cosi scrive di lui : « Vincenzo de Federici esercitò 1’ ufficio di lettore per molti anni, per ben quattro volte la carica priorale nel suo convento di Castello, al quale riuscì molto proficuo per 1 benefici considerabili che gli apportò, e mori centenario l’anno 1601. / INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Vigna. — Storia cronologica del convento di S. Maria di Castello. . . Pa*. i