ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA volume vi. - fascicolo i. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE SORDO-MUTI MDCCCIXVIII ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA * ♦ ' _ ATTI DELLA DI STORIA PATHfA VOLUME VI. GENOVA TIP. DEL H. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCCLXV1II. CODICE DIPLOMATICO DF.LLE COLONIE TABRO-LIGBRI DIRANTE LA SIGNORIA DELL’UFFICIO DI S. GIORGIO k (mccccliii-mcccclxxy) ORDINATO ED ILLUSTRATO DAL SOCIO P. AMEDEO VIGNA tomo rinvio r ■■ . ) I i RAGIONE DELL’OPERA j eli’ adunanza della Sezione di Storia della nostra Società tenutasi il giorno 11 agosto 1865, io vi leggeva, se ancora vi ricorda, Onorevoli Colleglli e Signori, un mio schizzo storico sulle relazioni politiche passate fra il governo della repubblica di Genova e la sua colonia di Calata in Costantinopoli, non che delle internazionali tra il detto Comune e varie Corti o principi d Oriente, nella prima metà del XV secolo ('): relazioni autentiche perchè estratte in loro fonte dai domestici archivii, e importanti assai come quelle che illustrano e sotto più riguardi chiariscono alcuni punii della patria storia, la quale intorno quei (') Vedi Atti della Società Ligure ecc. Voi. IV, pag. CXVI e scg. # 1 ( vili ) tempi, luoghi e gli avvenimenti occorsivi, rimane tuttavia , dobbiamo confessarlo, molto annebbiata ed oscura. Sul linire poi del breve ragionamento io vi prometteva di continuare non solo, ma di accelerare eziandio con frettoloso passo le ulteriori mie ricerche, estendendole a tutte le colonie possedute dai genovesi nel Levante. Tenni la parola, o Signori, e negli anni che decorsero non ebbi quasi altro pensiero fuor quello di spogliare molti volumi spettanti alle medesime colonie, conservati la maggiore parte nelT archivio di s. Giorgio_, e di cui mi furono larghi i due intelligenti quanto instancabili nostri socii che ne sono alla custodia, i eh. cavalieri Desimoni e Belgrano. Mio intendimento si fu durante questo tempo di occuparmi d’ una guisa affatto distinta nel rintracciare quanto di rilevante per la ligure storia trovasi sepolto in quei codici, non stati mai da alcuno finora studiati a dovere e diligentemente compulsati. Da un tale libero assunto io sperava ne deriverebbono due grandi vantaggi: uno, che le vicende ora prospere ed ora avverse di dette colonie sino al giorno d osai note solo ad intervalli, emersereb-bero la prima volta in tutta la loro chiarezza e splendore, e sopra quelle carte, memorie sincrone e autentici documenti altro ingegno del mio più capace potrebbe quindi innalzare un edificio di storia più ampio del presente che abbiamo e di esse più degno. In secondo luogo ne seguirebbe una bella e numerosa serie di lettere di principi e repubbliche, istruzioni ufficiali o segrete agli ambasciatori presso le Corti, corrispondenze epistolari di grande rilievo; insomma una raccolta di monumenti storici i quali avriano potuto, col vostro consenso, trovare luogo acconcio fra quelli d Oriente che da parecchi laboriosi nostri colleghi si vanno raccogliendo e illustrando per vedere la luce negli Atti della Società. E come avviene talvolta a chi chiude in petto un'anima anzichenò ardimentosa, io mi appigliai sino da bel principio alla più lontana e sotto alcuni rispetti anche la più ricca e gloriosa di tutte le colonie liguri del Levante, quella di Caffa e sue dipendenze nel mar Nero. Niuno di voi infatti ignora la vantaggiosa posizione che questa città godette nel corso di tre circa secoli sotto il reggimento dei consoli genovesi; l'influenza e il dominio che esercitò sulle vicine orde dei Tartari e sui circostanti regni e imperi cristiani; le vicissitudini cui soggiacque di assedii, di guerre, d improvvisi attacchi per terra e |>er mare, quasi sempre vigorosamente sostenuti e coronati da splendide vittorie; la feracità del suolo, 1 abbondanza e molteplice varietà del suo commercio in ogni genere di derrate: -sicché era divenuta 1' emporio dei due mari Mediterraneo ed Eusino, non che di tutto il litorale della Grecia e sue isole, e, col mezzo del Caspio, anche del-l'Asia centrale e le popolate sue interne regioni. Per quanto tuttavia mi pungesse forte la brama di fare ancor io alcun che di utile alla repubblica delle let-tere ed alla Società nostra in particolare, ero ben lungi dal prevedere I incredibile miniera di dovizie storiche che ( X ) mi sarebbe dato di sprigionare dai polverosi volumi della masseria e dei registri epistolari di Gaffa. Pensava allora di tenermi pago di raccoglierne il fiore, e in una o più tornate della Sezione, alla cui presidenza il benevolo vostro suffragio mi avea chiamato, descriverne i fatti di maggiore rilievo; ma a breve andare m’avvidi che troppa e inutile fatica diveniva lo scegliere, poiché tutto ivi era nuovo e importante a sapersi : essendo appunto, a cosi esprimermi, una contrada non ancora esplorata; un campo abbondevole di mature spiche; un giardino olezzante per svariatissime frutta e fiori, cinto d’ osn’ intorno d’ alto e impenetrabile muro. Sicché convintomi della necessità di non dovere privare più lungo la storia del nostro paese di cosi bel tesoro di notizie e di patrie glorie, mi dedicai col massimo impegno e indefesso studio a interpretare le difficili e logore, e trascrivere con una pazienza che mi venne mai meno tutte le lettere, atti, istruzioni, corrispondenze, relazioni, decreti ed ordini che contengonsi nei codici dei Diversorum Negotiorum e Negotiorum Gestorum e Litterarum Officii s. Georgii, non che nella Filza e in molti altri volumi appartenenti a Gaffa e sue dipendenze, i quali serbansi tuttavia nell’archivio di quel Magistrato. E assai volontieri mi sottoposi al lungo e faticoso incarico, persuaso di fare con ciò opera di buon cittadino, e ben meritare della nostra Società, a cui mi lega ogni giorno più sincero amore dei patrii studii e il dolce vincolo di care e provate amicizie. Frutto pertanto di questo ( XI ) volontario mio compito è stato c sarà ancora andare raccogliendo i documenti relativi alle colonie Tauro-Liguri dall anno 1453, epoca della cessione del loro dominio dalla Repubblica al banco di s. Giorgio, sino alla miseranda perdita di esse, avvenuta nel 1475, per opera del Turco, motivata pur troppo in qualche parte dalla malversazione, ignavia ed avarizia degli officiali preposti al governo delle medesime. Due sono le parti in che bassi a dividere la storia delle colonie genovesi del Levante, e in ispecie quelle del Ponto. La prima deve comprendere la narrazione della loro origine, del loro incremento, e della massima loro floridezza, sino alla presa di Costantinopoli : epoca al sommo gloriosa e la più brillante di quei possedimenti. La seconda, dalla caduta della stessa Metropoli, sino alla loro distruzione, occasionata appunto dalla perdita della capitale del greco impero e dalla gigantesca prosperità del mussulmano invasore. Cusì in realtà vediamo avere latto il professore Guglielmo Heid nella fresca sua storia delle Colonie commerciali degli Italiani in Oriente nel Medio Evo, di cui già uscì la versione in italiano in due volumi per cura del professore Miiller(< 1. A rintracciare 1' oscura origine della fondazione di Caffa e delle rimanenti colonie del mar Nero pose mano pel primo tra noi l’abate Gaspare Oderico nelle sue erudite Lettere Ligustiche (i). Ma privo come egli trova- (’) Venezia e Torino, tip. AnloneUf c Uasadonno, 1806-08. (*) Bassa no , MDCCXCH. vasi di molte notizie non ancora disseppellite e venute alla luce, e, ciò che più monta, mancando dei sincroni documenti, non disse in gran parte (sebbene con maggiore ordine ed esattezza) che quanto si trovava di già scritto in varii autori, sia antichi sia moderni, tanto greci che nostrali. L’ abate Semino invece avendo avuto la sorte a quei giorni assai rara di penetrare nell’ archivio di Stato, e quivi a bell’agio fare tesoro delle carte più preziose e meglio opportune al suo intento, stese,’tra le altre, quella dotta Memoria sul commercio e navigazione dei Genovesi nella Tauride, che leggesi edita in calce del 1.° voi. degli eruditi Commentarii storici della Crimea del chiar. Avv. Canale (,). Quivi il Semino cita ad ogni pie’ sospinto leggi, convenzioni, statuti, trattati, manuali e regesti conservati gelosamente in quell'inaccesso santuario, cui diviene oggi adatto indispensabile il compulsare chi voglia a dovere e con scienza dei fatti narrare la storia di essa colonia lino all'anno 1453. Vero è che, per gran ventura, a’ dì nostri una porzione di queste rilevantissime carte già fu pubblicata in alcune raccolte estere e nazionali, fra cui nei Monumenta Historiae Patriae dalla benemerita Regia Deputazione sopra li studii di Storia Patria per le antiche provincie, ed un'altra mercè le amorevoli cure di benemeriti cittadini (2) e le giuste sollecitudini del Governo, fece ritorno Genova, tip. del R. I. dei Sordo-muli. Voi. 3. (*) Tra i quali vuol essere annoverato il compianto nostro Presidente, Deputato march. Vincenzo Ricci, tolto di fresco alla mia amicizia ed alla grata sua patria da improvviso morbo. ( XIII ) agli archivii di Genova, ma fintantoché il totale di esse non venga con diligenza svolto e ordinato, fia inutile il desiderare di conoscere per minuto lo stato più o meno florido e le vicende delle colonie Tauriche durante la prima e più lunga epoca. In tale aspettativa, io credei ben governarmi in adunando frattanto gli atti che appartengono alla seconda parte della loro storia, cioè a dire dall’anno 1453 al 1475. Questi atti partendo dall’Ufficio degli otto Protettori di s. Giorgio rimasero naturalmente registrati nella cancelleria del Banco, e in essa ancora si conservano. È però a dolere assai che vi si abbiano ad incontrare talvolta non poche lacune di mesi, e di molti altri anni ne manchino i cartolarli di masseria e la collezione delle lettere; ma ne resta almeno quanto è sufficiente a farci nota l’immensa loro importanza, non che gli sforzi del Magistrato pel buon governo e l’incorrotta giustizia colla quale voleva si reggesse quel popolo, lo spirito riottoso dei Caffesi e la scarsa corrispondenza di alcuni officiali alle ammonizioni e comandi tal fiata ben severi dei loro signori. Imperocché devesi pur sempre tenere innanzi agli occhi, che questo, sebbene assai rilevante, fu tuttavia il periodo, come già dissi sopra, della decadenza delle colonie Tauriche; la quale si verificava ognor più a mano che il Turco minacciava prepotente d’impadronirsi di quelle contrade. 1 documenti da me adunati li ho disposti in ordine cronologico a studio di maggiore chiarezza : e sulla base di » ( XIV ) essi io vengo ciascun anno narrando ciò che vi si contiene di meglio e più sugoso per la storia di Caffa , dei re ed imperatori suoi finitimi, coi quali frequenti anzi continue e giornaliere avevano le loro relazioni commerciali e politiche i genovesi. A tal fine ancora non l'intitolai Storia, ma soltanto Esposizione storica degli avvenimenti; poiché vera storia essa non è, non potendomi innalzare a principii alti e filosofici nell’angusto campo che mi è dato percorrere riferendo fatti successi nella cerchia di pochi mesi. Tanto più dopo che, a non abusare della vostra cortesia, mi risolvei di restringermi a tutto potere al racconto di ciò che spetta direttamente alle colonie , senza vagare nella storia generale che suppongo nota abbastanza agli studiosi cultori di siffatte materie. È superfluo il dire che nella precisione del testo molti-forme dei documenti e in ispeciale modo delle corrispondenze dei consoli e minori officiali col banco di s. Giorgio, e nella loro svariatissima ortografia e lezione grammaticale (o meglio sgrammaticata), io mi sono tenuto scrupolosamente alla verità ; così richiedendo la natura di simili compilazioni, e l'esempio datomi da molti valorosi che mi precedettero nell’ utile ed onorato, ma difficile arringo. Se in esso io sia riuscito a misura dell’ espeltazionc vostra, non ardisco promettermelo, o Signori; questo bensì vi confesso con tutta ingenuità niuna fatica aver risparmiata, affine di cogliere il pallio più gradito al mio cuore, che è di crescere, giusta le deboli mie forze, il ( XV ) lustro del nostro Istituto, e mostrare coll opera meglio che a parole come anche a’ di presenti si può cogli studii servire la patria altrettanto bene e meglio che il soldato nel campo. Imperocché una nazione qualsiasi la quale desidera stabilirsi sopra solide basi e mira al fine precipuo costitutivo dell’umana società, più che di forza ha bisogno di sapienza e maturità di senno. Compio qui sull’ultimo al debito che corre non solo a me in particolare, ma bene alla intera nostra Società, testimoniando la più sentita riconoscenza all’esimio signor comm. senatore Michelangelo Castelli, direttore generale degli archi vii del Regno, il quale coll’usata liberalità volle concedere che nell’archivio di s. Giorgio si praticassero tutti gli studi, che al mio lavoro poteano riuscire meglio profittevoli ed opportuni. Nè minori sensi di gratitudine dee professare il nostro Istituto verso l’egregio cav. in -tendente Marcello Cepollina, direttore degli archivi governativi di Genova, il quale colla più squisita cortesìa ha reso ognor più agevole l’effettuazione dei nostri disegni. Senza tuttociò il presente Codice Diplomatico sarebbe stato ancor oggi, come lo fu in addietro per lunga stagione, un vano desiderio. i ANNO MCCCCLffl STORIA E DOCUMENTI — / • . - a ESPOSIZIONE STORICA DEGLI AVVENIMENTI (*) I. L infausto annunzio della presa di Costantinopoli e della susseguente caduta della città di Galata commosse quanto mai dire si possa e gittò in profonda costernazione gli animi del governo e del popolo genovese. Lamentava quello la perdita della sua signoria della bella colonia di Pera (2), l’inutilità dei suoi sforzi nel sostenere il vacillante trono dei Paleologi, e prevedeva da siffatta memoranda catastrofe la non lontana rovina eziandio degli altri suoi doviziosi possedimenti in tutto il Levante, massime nel mar Nero. Piangeva questo la morte di un numeroso stuolo (’) Letta alla Sezione di Storia della Società Ligure di Storia Patria il 48 dicembre 1866. (*) Si avverta che Pera e Galata al tempo della dominazione genovese erano una stessa identica cittù. Non così di presente. ANNO I453 di consanguinei, parenti, amici e cittadini d' ogni grado, non che lo sperpero di tante sostanze, il sequestro dei suoi emporii di merci ammassate in quel centro di universale ricchezza, e ancora più l’abisso interposto fra la madre patria e le rimole colonie della Tauride dal bloccato stretto del Bosforo Tracio. À confermare questi giusti timori giunse poco dopo da Scio una lettera di Francesco Giustiniani, in data 27 settembre 1453, in cui l’inviato genovese narrava per minuto lo stato affannoso dei miseri coloni di Pera, la trepidazione dei loro cuori e di tutti i cristiani di Oriente sfiduciati che alcun senso d'umanità e di \ buona fede, anche dopo la fatta sottomissione, annidasse in petto del barbaro conquistatore; e aggiugneva che di fresco rimbaldanzito Maometto II, non pago del castello nuovamente costrutto e ben fornito di artiglieria, avea fatto disporre lunghesso la foce del canale di Bisanzio da amendue le parti d’ Asia e di Europa innumerevole quantità di bombarde, allo scopo di vietare il transito alle navi provenienti o in viaggio per Calla ; la qual cosa ove gli riescisse a seconda, certa addiveniva la perdita di tutte le loro terre disseminate per le ampie coste del mare Eusino. E che tale fosse la mira del giovine e ardito sultano palesavate troppo bene il recente invio colà, come ne correa voce, di una trireme a imporvi vergognoso tributo, e la poderosa flotta di ducento altri legni cui stava allestendo in Gallipoli per ancora ignota destinazione (*). Se tali sconfortanti notizie aggiugnessero nuova esca al già cocente dolore, facile è il concepirlo. Mentre però il popolo, come di solito, stempravasi in inutili lai e maledizioni al turco, i maestrati del Governo attendevano a provvedere giusta l’urgenza del caso al soccorso delle pericolanti colonie. E poiché vano sembrò loro lo sperare di abbattere o anche solo fare testa alla prepotenza ottomana, che (’) Vedi il documento I. STORIA pareva avere aggiogato al suo carro la vittoria, venuti a più mite consiglio avevano discusso in senato e deciso di spedire a quel re una solenne ambascieria con ricchi donativi a placarne, se possibile fosse, il feroce animo, e stringere onesti patti di benevola vicinanza fra la loro città di Galata e la nuova metropoli del sorgente impero. A tal fine eransi rivolti già più fiate al banco di s. Giorgio pel mutuo della necessaria somma, giacché la Repubblica e i cittadini trovavansi di quei giorni, a causa della rovinosa guerra con Alfonso di Aragona, in così gravi distrette pecuniarie da non poterla somministrare in guisa alcuna. Nulla per altro sin qui erasi conchiuso, e solamente ai 28 settembre, un di dopo la summentovata lettera del Giustiniani, il doge Pietro di Campofregoso e gli anziani con gli officiali di Romania e del mare ottenevano dal banco suddetto, dietro un nuovo e più pressante invito, la sovvenzione di otto mila lire genovine, metà in prestito ed altra metà in dono, da erogarsi nella progettata ambascieria (*). Sventuratamente 1’ accordo giunse troppo tardi. Maometto cui tardava ogni momento di togliersi dagli occhi quel pruno che era per lui la colonia genovese, ultimo baluardo del nome cristiano in Costantinopoli, li prevenne, e ancor caldo della vittoria, il 2 giugno, quarto giorno dalla conquistata Bisanzio, recatosi in Galata a mo' di trionfo n’ abbattè le mura dai lati di terra, le sostanze e case dei coloni staggì, poi vendette o s’appropriò, e degli esterrefatti abitanti parte ridusse a penosa schiavitù, parte tenne come statici sotto la sferza d’ un suo vicario chiamato con voce greca Protogero, o mandò raminghi per tutto I’ Oriente. Non è a dubitare che alcuni di questi e forse lo stesso Angelo Giovanni Lomellini, podestà di Galata, cacciato di seggio e rifugiatosi in Scio, si recassero con tutta prontezza a Genova nunzii di viva voce più che per iscritto ai cittadini e al Comune del- * (’) Vedi il documento II. ANNO I453 1’ orrendo disastro. 11 cui primo effetto dovett’ essere l’abbandono dell’ideata legazione, della quale non trovasi più cenno di sorta, e invece cominciasse a spuntare il disegno di trasferimento delle colonie Tauriche al magistrato di s. Giorgio. Il merito di quest’ importante innovazione vuoisi attribuire a Stefano De-Marini, Antonio Gentile, Bartolommeo di Levanto e Damiano Leone, che nel corrente anno fungevano la carica di provvisori delle cose di Caffa e del mar Nero. Essi fatti persuasi che il governo della repubblica male potrebbe sovvenire coi troppo scarsi suoi mezzi alle imperiose e instanti necessità di quei luoghi, emisero pei primi il voto innanzi al doge e agli anziani del Comune di rinunziarne a quel benemerito e riputatissimo Officio la signoria, nella medesima guisa che per quasi identiche ragioni erasi fatto pocanzi dell' isola di Corsica. Non spiacque il partito al senato e nemmeno ai protettori di s. Giorgio : ondecchè dopo molti privati convegni tenutisi fra i due poteri a reciproca intelligenza; com’era convenuto, addi IO novembre 1453 gli stessi quattro prestanti cittadini a nome del ducale governo presen-taronsi a farne la formale proposta ai magnifici protettori, e con adatte parole li vennero confortando ad accettare la offerta sovranità delle colonie Elisine che loro cedrebbonsi in assoluto dominio (,). Indissero allora questi di comune avviso un generale consiglio di trecento partecipi alle compere, acciò in cosa di tanto momento e che tutti li riguardava dichiarassero la loro volontà. Infatti due giorni dopo raccoltesi nella gran sala del palazzo di mare parecchie centinaia di cittadini aventivi interesse , i quattro anzidetti recavansi di bel nuovo in forma pubblica davanti a quel consesso, e per bocca di uno esposero brevemente le ragioni che forzavano il Governo al duro passo, chiedendo si nominasse, se era in piacere loro accettare quelle colonie in proprietà, una commissione incaricata di trattare con esso e sti- (1) Vedi il documento III. STORIA pularne i mutui accordi. Detto ciò si ritrassero dall’aula i quattro deputati; e Filippo Cattaneo, priore dell’officio, sorto in piedi invitò gli astanti a dichiarare il loro parere. Prese subito la parola Antonio De-Franchi, e scusatosi che sebbene potesse sembrare presunzione la sua di levarsi pel primo a ragionare su tanto rilevante materia, al cospetto di cittadini di se più provetti e sapienti, tuttavia, soggiugneva, l’amore che nudriva in cuore a quelle contrade da se viaggiate e corse, fargli dolce violenza d’ alzarsi ed esporre con liberi sensi la opinione sua. Ed era, che pur troppo a motivo della mala amministrazione passata delle ridette colonie e per 1’ esaurimento attuale delle finanze dello Stato, il quale tardava anzi rendea impossibile affatto il soccorrerle con bastante prontezza; considerato eziandio che le compere di s. Giorgio ritraevano da CafFa l’annuo provento di meglio che trentamila lire cui sarebbesi inevitabilmente perduto lasciando quelle terre in balia del turco, consigliava ch/ì si accettasse 1*' esibita fatta, a patto che il dominio ne fosse libero appieno e indipendente, e sul compenso richiesto si desse facoltà di negoziare ai Protettori in carica, il quale però non eccedesse la somma di cinquemila cinquecento genovine. Dorino Grimaldi ripigliò allora anche a lui essere note di molte cose sul cattivo reggimento degli ufficiali dianzi preposti alle colonie Tauriche , e che nel bivio in cui di presente esse trovavansi, non per elezione ma stretto da ineluttabile necessità di cessare la loro rovina, egli 'stimava minore male accettarne la signoria, cui prevedeva sin d’ allora in nulla proficua al Banco: e quanto ai modi e condizioni della rinunzia giudicava se ne dovesse incaricare non il solo Officio attuale, ma quelli eziandio dei due anni precedenti 1452 e 1451. In non dissimile guisa e quasi con le stesse parole avendo quindi parlato Barnaba Vivaldi, Antonio Lomellini, Marco Cassina, Luciano Grimaldi, Giovanni Giusliniani-Campi, Balista Goano e il medico Antonio da Novi, pose fine alla discussione il succitato priore, e col mezzo del ANNO I453 cancelliere distribuite poi votate e noverate le fave, si trovò che 1' accettazione del dominio di Calla e delle colonie tutte del mar Nero era ammessa da ducento quarantotto voti contro soli ventisette contrarii, nissuno dei quali osò palesare in pubblico le ragioni dell’ opposta sentenza. La presa deliberazione fu immantinente comunicata al Governo, e il dì successivo 14 novembre un nuovo generale consiglio rau-navasi al palazzo ducale coll’ intervento delle autorità politiche e di più centinaia di cittadini, ove riferito 1’ assenso dato dal-1’assemblea dei partecipi alle compere di s. Giorgio all’acquisto delle colonie, si deliberò di procedere all’ effettiva cessione delle medesime. Promotori calorosi di questa mostraronsi sovra tutti gli altri il legista Andrea di Benegassio e i prelodati dottore Balista Goano e Luciano Grimaldi, sicché vinsero anche qui il partito con ducento sessantatre voti affermativi e un solo avverso. Uogavasi quindi il domani, 15 novembre, il grande atto di traslazione di dominio delle colonie Eusine fra il comune di Genova e il banco di s. Giorgio, dalla quale ha principio la nostra storia (*). « Avendo, cosi incomincia l’instrumento, il potentissimo re dei turchi Maometto II nel maggio scorso espugnata Costantinopoli e ridotta in servitù la città di Pera: e per tale fatto resosi cosi formidabile a tutti i cristiani, specialmente di Oriente , che i miseri senza I’ aiuto del sommo pontefice e degli altri principi di Occidente non possono in conto alcuno resistergli; nè sapendo noi stessi, in ciò che più da vicino ci ragguarda, di quale maniera, perchè stremali di forze e di danaro, difendere dalle armi turchesche le città di Caffa, Soldaia, Samastro, Cembalo coi restanti possessi che 1’ eccelso Comune nostro ottiene nelle varie regioni del mar Nero : tanto più dopo che lo stesso Maometto ebbe edificato una città non lungi dal Bosforo Tracio di fronte (’) Vedi il documento IV. STORIA al castello posto sulle coste della Bitinia, chiamalo Narete, là ove più angusto è lo stretto, di guisa che le nostri navi più non possono condursi nell' Eusino o da quello tornare senza grave e manifesto pericolo : onde ignorando per quali vie potremmo flotte o presidii fare quind’ innanzi penetrare colà ; ci sembrò utile per il nuovo ed insolito caso a nuovi ed estremi rimedii ricorrere. » E il rimedio imploralo consisteva in ciò di offrire , dietro un compenso da stabilirsi, il dominio di tutte quelle terre al banco di s. Giorgio. « Imperciocché niuno ignora, continua 1’ atto, i magnifici protettori di queste compere essere stati mai sempre i più stimati e il fiore della cittadinanza genovese, e il loro Officio il più pronto ad accorrere in ogni triste evenienza al soccorso della Repubblica. Alla loro fede non solo la massima parte dei cittadini, ma buon numero di stranieri eziandio commettere le proprie sostanze e facoltà cosi sicuramente come le posassero in luogo sacro. Non ufficio pertanto, non membro alcuno in tutto il corpo dello Stato possedere quanl’ esso la comune e la privata confidenza : in guisa che andavano sicuri appena avrebbero le colonie richiesto danaro che 1’ otterrebbono, appena si fosse mostrato il bisogno di nuovi armamenti per terra o per mare, ne avriano issofatto trovato i mezzi; ed il loro numero essendo ristretto ad otto tra il deliberare e 1’ eseguire non passerebbe tempo. Oltrecchè possedendo quella integrità, sapienza e buona fede che si è detto, ne seguiva che alle città e popoli loro commessi preporrebbero senza fallo uomini di eguali meriti dotati e a se somiglianti, i quali ne ristorerebbono i danni passati, tornandoli in prospera e anche migliore condizione di prima. « Per le quali cose assieme adunati nel pubblico palazzo di governo, l’illustre ed eccelso signore Pietro di Campofregoso, laddio grazia doge di Genova, il consiglio dei dodici anziani, gli spettati ufficiali della moneta e di Romania, cogli otto aggiunli pratici di simili negozii, e i magnifici protettori di s. Giorgio ANNO I453 ( '10 ) dell’anno corrente e del preceduto, aventi tutti dai rispettivi loro uflìzii per le infrascritte stipulazioni àmpia c generale autorità, pattuiscono il contratto di cessione delle ridette colonie. » Le cui principali condizioni sono le seguenti : 1.° La Repubblica cedeva al banco di s. Giorgio la città capo-luogo di CalTa e tutte le altre minori città, terre, villaggi, castella, fortezze e possessioni, territorii, pascoli, boschi, porti, fiumi, laghi, pescagioni, caccie situate nel Ponto, volgarmente chiamato mare maggiore; i diritti delle gabelle, saline, pedaggi, esazioni e proventi qualunque sieno, tanto in proprietà quanto in usufrutto, ed eziandio dei focaggi, avarie, angarie e peran-garie, e qualsivogliano redditi, emolumenti e prodotti dovunque e da ogni parte provenienti, cosi imposti come da imporsi non solo in Caffa e negli altri luoghi del mar Nero, ma in Genova altresi e dapertutto per occasione dei luoghi medesimi ; ed ancora tutte e singole le regalie, il mero e misto impero, la podestà della spada, e infine la totale ed esclusiva giurisdizione in terra e in mare. La quale giurisdizione e mero e misto impero colla podestà della spada essi magnifici protettori e i loro deputati od eletti a rappresentarli esercitare potessero sui popoli e gli abitanti di dette città e luoghi e contro i delinquenti e delittuosi sorpresi colà, non che in Genova S suo distretto, per ragione di crimini in siffatti luoghi commessi , e per contratti in qualsiasi luogo celebrali o da celebrarsi , e per ogni altro motivo, occasione o causa: cosicché niun’altro magistrato, compreso anche il supremo, potesse intromettersi delle predette cose nè di quei popoli; riservala solamente l’esecuzione della pena capitale al podestà di Genova, ove il reo attualmente dimorasse in questa città o nel suo distretto, e se nelle terre cedute, tanto la cognizione della causa quanto la esecuzione della sentenza fosse devoluta ai Protettori e ai loro dipendenti. 2." Rinunziava e trasferiva ad essi l’omaggio ancora e il diritto di eleggere e mandare alle suddette colonie ufficiali di qualunque ( \\ ) STORIA ---- ------ ■ - —...... ...... ■ ■ ■ / ■ ■ ■- ' natura e titolo, consoli, capitani, rettori, esattori e negoziatori, e i mandati rivocare a beneplacito dei protettori ; di sindacare e fare sindacare, costringere, castigare e punire i sopraddetti ufficiali pecunialmente e corporalmente cosi in Genova come nei prefati luoghi, e quelli obbligare ad accettare ed eseguire tutto ciò che venisse loro ingiunto ; di imporre pene e le imposte esigere e mandare o far mandare ad effetto ; di cassare, sospendere, confermare ed annullare tutte le rappresaglie concesse ad ogni persona di quelle terre, si e come parrebbe meglio agli stessi Protettori. Di modo che nissun magistrato e neppur il doge medesimo, o il consiglio degli anziani o gli altri uffizii congiunti o divisi, potessero indi in poi impacciarsi di siffatte cose per guisa alcuna diretta o indiretta, ma ogni diritto s’intendesse riversato e trasmesso ai magnifici Protettori che n’ a-vrebbero intiera balia e arbitrio, senza veruna interposizione di magistrato o persona in qualsiasi dignità costituita. 3.° Cedeva finalmente tutte e singole le sue ragioni e diritti corporali e non corporali, utili e diretti, reali, personali, misti e penali in qualsiasi modo e per qualunque occasione e causa competenti, o che potessero competere o siano mai competuti ad essi doge, consiglio degli anziani e ufficii di provvisione di Romania e della moneta, o all’ eccelso comune di Genova, nulla affatto di gius sulle stesse ritenendosi alcun di loro o congiuntamente o separatamente; sicché il possesso, il dominio e la sovranità di tutte e singole le preindicate terre e ragioni davano, trasferivano e investivano ai magnifici Protettori: dichiarando di ritenerle pel momento a titolo precario sintantoché i medesimi per se o col mezzo di legittima persona ne fossero andati al corporale possesso. Oltre di ciò, patto espresso e convenuto 1.° Che si consegnerebbero al banco di s. Giorgio gli istrumenti, sentenze, privilegii, cartolarii e scritture d’ogni sorta, esistenti presso qualsivoglia ufficiale di Genova e segnatamente l’ufficio di ANNO 1453 ( 12 ) Romania, o altra persona pubblica o privata, senza eccezione o riserva. 2.° Che agli abitanti delle cedute città , terre e luoghi, e alle comunità e popoli di quelle regioni si dovessero osservare dallo stato di Genova e suoi ufficiali in tuito 1’ attuale e futuro suo territorio, i privilegi e le immunità, esenzioni e prerogative dagli stessi godute; nè fosse mai permesso ai sul lodati doge, anziani, officii e successori loro , imporre ai medesimi balzelli , divieti, gabelle, dazii ed oneri di qualunque sorta o nome, ma tale facoltà s’intendesse trasfusa onninamente nei preaccennati Protettori. 3.° Che questi circa il governo, amministrazione, difesa e provvisione di esse terre avessero ed esercitassero la medesima ampia podestà ed arbitrio che in tutti gli altri negozii del banco : perciò di compilare statuti, leggi e decreti, concedere immunità, inviare nunzii, eserciti , munizioni da guerra per terra e per mare, fare tutti i provvedimenti creduti utili e necessarii a quei luoghi ; talmente che i prefati doge, consiglio, utficii od altro magistrato di Genova non potesse inframmettersi di tali faccende; e il violatore di questo articolo cadrebbe nella pena di mille ducati e più sino alla confisca dei beni, e privato d'ogni diritto, fosse anche di adire ai tribunali, sia attore sia difensore. 4.° Che i Protettori durante il tempo del loro reggimento non dovranno essere eletti ad alcuna carica pubblica, né a veruna altra funzione, contro la propria volontà, e gli eletti contro questo divieto non potranno costringersi ad accettarla con multa o altra pena qualsiasi; anzi debbansi in massima tenere per iscusati ed avere come giusta e legittima la scusa. 5.° Che alT effetto e validità della presente traslazione e donazione si intendano legalmente derogate ed abrogale le precedenti leggi contrarie, decreti, regole e costituzioni, ancorché fossero tali da doverne fare speciale menzione : e se alcun presumesse di asserire che le dette cose o alcuna di quelle non ( 13 ) STORIA valeva, fosse punito come sopra, non eccettuato il tribunale che gli accordasse udienza. 6.° Che 1’ ufficio di Romania incaricalo sino allora della gestione degli affari di Caffa e le altre colonie del mar Nero , cessasse al tutto da ogni giurisdizione , balia e diritto su di esse, e passasse coi suoi benefizii ed emolumenti nei detti protettori , i quali neppur rimanessero obbligati ai vecchi suoi debiti, se non per la parte o rata che esigerebbero dai fruiti e proventi dei luoghi dello stesso ufficio o da altri. Le quali traslazione, donazione e libera cessione non che tutte e singole le cose sopra e infrascritte i sullodali doge, anziani e officii promettevano e giuravano , toccate corporalmente le sacre scritture, di attenere, compiere ed in pratica osservare, nè contravvenirvi per nissuna ragione, occasione o causa che di diritto o di fatto potesse dirsi o pensarvi, sotto pena di trecento mila ducati , che sin d’allora si destinavano a titolo di danni ed interessi in favore di esse compere. E sebbene non si reputasse necessario, pure a maggior cautela interponeva eziandio la sua parola e autorità, con particolare decreto, 1’ e-gregio dottore Rainerio de’ Maschi, riminese, luogotenente del podestà di Genova, Guisello Malaspina, allora assente dalla città e distretto, e stabiliva, decretava che l’altefata rinunzia e traslazione dei diritti, non che tutte le surriferite cose e capitoli dovessero ottenere una ferma e perpetua osservanza. Il presente atto rogavasi nel pubblico palazzo l’anno 1453, correndo la prima indizione, secondo il computo genovese, giovedì 15 novembre, dal cancelliere del comune Giacomo Bracelli. È questo adunque, finisco col eh. Canale, « il famoso instrumento di cessione, con che la Repubblica disperando di poter di per sè mantenere le colonie da lei nel mar Nero possedute, le rimetteva in custodia e governo del magistrato degli otto protettori di s. Giorgio; avvisando in tal modo di trovare una forza bastante che quelle preservasse dal divenire preda degli ANNO I453 ( w ) infedeli (') ». Il savio partito ottenne infatti il suo buon effetto di sospendere almeno l’imminente catastrofe e ritardarla di meglio che venti anni, mercé quei molti/utili e solleciti provvedimenti che l’officio di s. Giorgio adottò di botto a sollievo e a tutela dei suoi nuovi possessi della Tauride. II. A prova di ciò io trovo che il giorno immediato dopo, che fu il 16 novembre, si procedé allo sborso effettivo delle cinquemila cinquecento lire pattuite quale prezzo della cessione anzidetta (2), e alle importanti deliberazioni seguenti. Primo, di commettere ai Protettori in carica e dell’ anno scaduto di provvedere colla maggiore possibile celerità ai più urgenti bisogni delle acquistate colonie, ben intendendo che la salute delle medesime pendeva in quel momento dalla lestezza dei soccorsi; in secondo luogo, di ratificare la nomina già fatta dal doge, a\anti la cessione, di Gabriele Promontorio all’officio della iaga-taria o gabella sul grano in Gaffa pel venturo triennio ; terzo di stipendiare 1 orgusio Giacomo Maruffo a loro corriere pedestre tra essa città e Genova , avendo già lo stesso giorno destinati due del loro grembo, Pellegro Promontorio e Batista Lomellini al parziale incarico della corrispondenza epistolare del banco col console, borghesi e vescovo di quella colonia (3). A cerziorarsi poi del vero e genuino stato della medesima col mezzo di persone sagaci, oneste e tutte loro devote, ai 20 deliberavano molto sensatamente di spedire colà due commissarii, i quali vi ordinassero e disponessero la cosa pubblica secondo il beneplacito dei nuovi signori, e in realtà il di vegnente elessero a 0) Della Crimea e del suo commer. Commentari storici. V. II. lib. III. c. VII. ( ) Sono (in intrinseco) 24,310 lire delle nostre. — Quale sproporzione dai prezzi moderni delle terre ! (*) Vedi i documenti V. VI. VII. e Vili. ( 15 ) STORIA tale carica gli spettali uomini Simone Grillo e Marco Cassina, dando loro poscia, per compiacerli, la facoltà di ripatriare dopo il prossimo agosto, ove fosse parsa loro non più necessaria la propria permanenza (*). In pari tempo confermarono la collazione del consolato di Locopa o Copa, altra delle colonie Tauriche, a Balista Tanzio pegli anni 1454 e Ì455, e riconoscevano nel nobile Andrea Squarciafico il diritto di succedere nella dignità di console di Caffa all’ attuale, dottore Demetrio Vivaldi, e in difetto di nomina gli assegnano fin d’ allora per compenso lire settecento cinquanta di Genova, e ai 28 stesso mese in pieno numero congregati decidono di procedere tosto alla elezione di tutti gli impiegati ed ufficiali delle colonie e in speciale modo di Caffa, ne locus ille, dice il documento, appareat ita nudus et vacuus et pusilanimis (2). Ciò pel civile ed amministrativo. Quanto alla parte militare da cui dipendeva precipuamente la salvezza di quelle terre ognora minacciate dal ferro ottomano , è chiaro che sino dai primi giorni del loro dominio i protettori di s. Giorgio ebbero sommamente a cuore di avvantaggiarle e assicurarle. Sotto il di 19 novembre esiste una lunga nota di provvisioni di armi d’ogni genere, targhe, corazze, celate, verrettoni, lancie , bombarde, e altri utensili guerreschi da spedire a Caffa, e ai 23 diedero incarico a Giacomo Cicala e Damiano Leone di assoldare ducent’ uomini caduno destinali a quella volta. Costoro dovrebbero militare per mesi sei a cominciare dal giorno del loro sbarco colà, durante il qual tempo e non oltre percepirebbero un congruo stipendio (3). La nave che avea a portare cotali uomini, i due commissari e le munizioni da guerra era slata già innanzi condotta dal Governo, quando nell’ intermezzo avvenne la cessione delle colonie. Per questo fatto essendo variate alquanto le condizioni del nolo, i patroni (’) Vedi i documenti XI. XII. e XIII. (*) Vedi i documenti XV. XVI. e XVII. (5) Vedi i documenti IX. e XIV. ANNO 1453 ( 16 ) di essa Teramo e Gianolto Lomellini, cupidi forse di guadagno, mossero lagnanze e difficoltà al magistrato di s. Giorgio ; a cessare le quali tenuto consiglio con cinquantadue partecipi alle compere, stante 1' urgenza della spedizione, si deliberò per quella fiata soltanto cedessesi alle men giuste richieste dei querelanti (1). E con questo atto dei 15 dicembre ha termine il nostro registro Diuersorum negotiorum offici] sancti Georgij, per l’anno 1453; mancando perciò della seconda metà di detto mese, sino al marzo 1454. Ma documenti posteriori ne fanno conoscere che in quel frattempo i Protettori con affettuose lettere annunziarono al console e agli officiali minori, ai vescovi e agli abitanti tutti di Caffa e delle alt re colonie sparse in amendue le coste dell’Eusino, la traslazione della signoria di quei luoghi dal governo della Repubblica al banco di s. Giorgio : promettendo loro un soave e paterno dominio se avessero, meglio del passato, obbedito ai comandi che verrebbero loro fatti, volti tulli al loro benessere, ma insieme tempo severa ed inesorabile giustizia, ove ingrati e riottosi si mostrassero alle ingiunzioni della madre patria. La quale avendo in conto di carissima, a foggia di pupilla del suo occhio, la nobile città di Caffa, aneli’ essi, durante il loro reggimento, s’adoprerebbero coi massimo impegno a sollevarla dalle angustie in cui allora gemeva, inviando pronti, efficaci e anco insperati soccorsi. Ne davano I’ esempio in tutti gli attuali loro possessi del Levante e del Mediterraneo, i quali dacché erano venuti nella sudditanza di s. Giorgio godevano prospera pace e fiorivano di bella felicità. Per confermare coi fatti le promesse diedero quindi i Protettori opera solerte aH'armamento delle due navi da spedire il più (osto possibile a Caffa, cioè quella dei fratelli Lomellini or ora ricordata , e una seconda padroneggiata da Girolamo D’ Oria. Furono esse assai opportu- (’) Vedi documento XVIII. ( 17 ) STORIA namente provviste di alcune centinaia di soldati e di molle armi; e tra queste parecchie di grosso calibro, quali erano le sarba-tane o cannoni, onde rifornirne i castelli e le torri di Caffa a propulsare il sempre minaccialo assalto, e un maggiore numero di piccole e manuali per armarne i cittadini e borghesi della città. Peccato, che si ingente e costosa provvisione non abbia oltenulo r intiero scopo propostosi dai benevoli signori, colpa l’ignavia e la incredibile buaggine dei condottieri, come narreremo più tardi! Altra operazione di grande rilievo compievasi circa questo tempo nel personale del nostro magistrato, cioè il rinnovamento dell’officio per l’anno 1454. Scadevano dalla carica di protettori Filippo Cattaneo priore, Andalò Maruffo, Benedetto Spinola, Gherardo Goano , Urbano Di-Negro, Nicolò Grimaldi, Giovanni di Triadano e Nicolò De-Fornari. Rau-natisi pertanto i trentadue elettori, giusta le regole dei Banco, sceglievano a scrutinio secreto in successori ai medesimi pel nuovo anno i seguenti: Antonio D’Oria che si disse priore (*), Antonio Ponte , Meliaduce Saivago, Simone Negrone , Pelle-grò Moneglia, Iacopo Assereto , Antonio Giustiniani ed Egidio Lomellini, nobili od egregi personaggi , che con molta sapienza e rara perizia diressero la cosa pubblica del magistrato nel vegnente anno, ponendo le prime e necessarie basi del riordinamento politico, finanziario ed amministrativo, che ben reclamavano le tristi condizioni di quelle colonie; le quali nel seguito mercè le incessanti cure dello stesso Banco riebbero nuova vita , prosperi traffici, ed emularono eziandio 1’ antico splendore. (*) Il priore o capo dell’ officio era nominato dai protettori nel loro grembo alla prima adunanza che tenevano subito dopo la loro elezione. èim&ùi *■ • **. ; a ^J»|f'Él'Ì^Kjf.1 ■ '.y.' :*i; il . ■ DOCUMENTI DOCUMENTO I. Lettera di Francesco Giustiniani al doge, agli anziani e all’officio di Romania in Genova, in cui descrive la triste condizione delle colonie di Pera e del mar Nero in seguito alla presa di Costantinopoli per parte dei Turchi. \ 453 ... e 27 settembre. (Filza di Scio) (Extra) Illustri et excelso principi et domino, d. petro de campofregoso dei gratia januensium duci, magnificisque dominis antianis. necnon spectabili officio romanie ciuitatis janue. (lntus) * Jesus. MCCCCLIII die . . . (manca) Postquam huc aduenimus. princeps illustris, magnifici atque clarissimi domini, intellexi casum miserabilem et calamitosum excidium scilicet con-stantinopolitane urbis et terre nostre pere, cladem pestiferam atque pernitiosis-simam totius nostre maxime rei publice, que sub imperio et dictione theucro-rum infidelium hijs temporibus deuenere. constantinopolis videlicet urbis, pera vero trepidans atque tremens paeto et conuentione. que omnia d. v. (') (•) Le lettere d. v. significano dominationi vestre soventi volte ripetute in questo e nei seguenti documenti in caso retto od obbliquo. ANNO 1453 ( 20 ) haudquaquam latere existimo. Urbs enim ipsa constantinopolilana ab hostibus occupata deuastala et prorsus solis exceptis menibus ac edilitijs depopulata fuit, adeo quod omnes tam inares quani femine tam senes quam paruuli aut in ipsa miserabili captiuitate occubuere aut in seruitutom redacti fuere, pera vero quasi depopulata et panini menia dirupta est. ubi ad modo neque pretor pro d. v. et nostra inclita re publica admittitur, neque vir spectatus angelus johannes lomellinus aliqua fungitur jurisdictione nec voluti ofliciolis d. v. ibidem amplius reueretur. quin ymo depositus et abdicatus est et fortasse ut aiunt non omnino liber, sed per quondam a theucris propositum vulgariter nuucupatum protogerum locus illo regitur, quamquam inter se ipsos burgenses et incole permissu theucrorum in ciuilibus jus dicant, videlicet quatuor ex eis inter eos electi et officiales prepositi, nomine tamen theucrorum. Quibus tamen de pera ut ex litteris ipsorum aperto percipitur jam ìupiis federibus et pactis conuentis ab ipsis theucris vis est illata et continuo jugiter infertur et iniuria. namque bona ipsorum et mercatorum presertim illoium qui ipsa die captiuiiatis recessere, per ipsos theucros mandato domini ablata partim ibi publice venundata et partim ad andrinopolim transmissa fuere, et in futurum dubitamus atque timemus no qui remansere et ibi sunt simul et bonis et libertate spolientur, et demum attenta istius theucrorum domini juvenili etate et inconstantia et quod non seruat lidem. et de loco et incolis pere ac mercatoribus nulla spes boni ac rebus sed majoris futuri mali periculum nobis inest. Prope vero castrum ultra peram nouiter constructum, litus ab utraque parte tam grecie quam turchie bombardarum magna multitudine hostis noster theucer communiuit. ne nauibus nostris habilitas et facultas sit ad mare maurum ct nostra in eo loca transfrectandi et nauigandi. ad que ut dicitur triremem transmisit et tributum requisiuit. et profecto naues nostre nec queuis alie non sine naufragationis et submersionis periculo possent pertran-sire^ denique et nos res et bona et nostra loca undique insequitur. Nos equidem nou sine magno tremore hoc in loco sumus non satis tuti, quamquam hi nostri domini commaonenses se cum eo conueneriut sub tribulo. Contremiscunt eliam omnia Christianorum loca ipsis theucris finitima, et eo maxime quia nouiter preparare cepit ut fertur in galipoli classem ducentum lustarum triremium biremium et uniremium et dicitur infra mensem erit ordinata et parala, que quo itura sit ignoramus. Dominus sit nostrum custos ei defensor. Ob que omnia tam et si et voce et scriptionibus multorum d. \. manifesta jam dudum fuisse existimem, tamen ad ipsas d. v. sub hoc breui verborum compendio eliam scribere decieui..et hoc in loco ( 21 ) DOCUMENTI prestola ri atque expectare donec ab ipsis d. v. responsum habuero prestolabor et expectabo. quamquam non sine dispendio et dampno tam preteritarum quam futurarum impensarum, et quicquid d. v. jusserint parebo et obtemperabo. quidue admodo me facturum velitis vestris litteris significate. Unum tamen preiermittendum non puto quod nisi ceteris nostris locis orientalibus succurratis ipsa profecto perdemus et in manibus ac potestate infidelium deuenient. de quibus satis dubitari potest, ideo suadeo d. v. ut quantum possibile sit prouidere citius studeatis omni cura. Valete pro atque ad vola. (Segue la poscritto). Insuper dominationem vestram aduisandam duxi qualiter copiam unam presentis littere dominationi prelibate transmisi per viam veniciarum. Preterea nouerit dominatio vestra qualiter angelus johannes lomellinus die xxu presentis mensis septembris ex pera applicuit, qui dominationem vestram de occurrentibus illis in partibus ut arbitror plenissime auisabit (’). Ex chio die xxvu septembris 1453. Eiusdem dominationis veslre seruilor Francus justinianus cum recommendatione. DOCUMENTO II. Il Doge e governo della Repubblica dimanda e il Banco di san Giorgio concede la somma di otto mila lire, parte in prestito e parte in dono, per l’invio d’una solenne ambascieria, con donativi, all’imperatore dei Turchi. 1453 28 settembre. (Diuersorum negotiorum ofGcij s. Georgij annor. 1455 in 1480) (fol. 57). * MCCCCLIII die XXVIII septembris. Cum sepenumero ex parte illustris et excelsi domini ducis januen. magnifici consilij dominorum antianorum et spectabilium officiorum prouisionis romanie et maritime fuerint requisiti magnifici domini protectores compe- (’) Non abbiamo trovato finora alcuna lettera dal Lomellini scritta da Scio ; se ne conosce invece un’ altra da lui vergata con disordinate idee ai 23 giugno 1453 da Pera sotto l’impressione della dolorosa e fresca perdita di questa città e di Costantinopoli, la quale può leggersi a pag. 74 e seg. del tomo ix della raccolta : Notices et extraits cles manuscrits de la biblioteque du Iioi, publiés par l’institut royal de Franco. Paris 1827. Non la riportiamo qui perchè non ha attinenza diretta colle colonie del mar Nero. ANNO 1453 ( 22 ) rarum sancti georgij velint subuenire imminenti necessitati legationis mittendo ad magnum theucrum pro salute locorum comuuis partium orientalium, cum propter erarium publicum ita exhaustum noa inueniatur forma proui-sionis sumptuum necessariorum pro dicta legatione et exenijs fiendis prefato magno theucro: et super ea retjuisilione plures habili sint sermones per pre-Mautes viros barnabam de viualdis et alios missos ad profatos dominos protectui es. taudem aequieuerunt absoluentes se ad calculos albos et nigros prefaii domini protectores vocari eorum mandato ex participibus dictarum comperaium et consiliarios suos circiter ducentos, ex quibus comparuerunt et his alluerunt ceutum quinquaginta quinque. Coram quibus congregatis in sala comperarum sancti georgij aute conspectum prefatorum magnificorum dominorum protectorum comparuerunt viri prestantes christoforus tonsus unus dominorum antianorum. johannes picamilium unus dominorum ollicialium pro-uisionis romanie et lucas de grimaldis unus dominorum ollicialium prouisionis maritime. Qui parte illustris domini ducis, prefatorum dominorum anliano-rum et ciliciorum phaii sunt non ignorare ipsos participes et consiliarios quam necessarium sit animum magni theucri placare pro salute locorum nostrorum partium orientalium, cum alias de ipsis omnis spes salutis nisi diuina proui-eniia sublata sit. <>b quam causam factis scrutinijs fuisse deliberatam unam ambassatam mittendam ad ipsum dominum theucrum. electosque esse ambas-saioies et examinatos sumptus necessarios qui ascendunt ad summam librarum octo milium: sed omnia incassum iri propter defectum rei pecuniarie cui nequaquam per comunem prouideri potest, ita exhausto erario quod nulla a lDueuii i possit lorma nisi ipsi deliberent quod domini protectores contribuant pro imidio et ieliquam comuni mutuant. Hortati sunt igitur ac enixi sunt pru entibus rationibus persuadere eisdem hunc consensum et deliberationem, erentes obligare soldum unum cum dimidio de auaria et tanta parte paghe i de lvi. quantam necessarium fuerit obligare pro satisfactione dimidie ctorum sumptuum mutuande per dominos protectores si deliberabitur Iiu-J ^ * publice necessitati (manca subuenire). et facto fine verbis abierunt. ... jUe ^orn*nLls «lippus cataneus prior assurgens exhortatus est eosdem r us dii ere eorum opinionem, qui a se ipsis assurgant dicturi eorum absqut eo quod rogentur. Demum cum nullus assurgeret requisito vi u sP*nulu suam dicere opinionem, qui assurgens ait •iH r |UISSe C V*^tr’ omnino necessariam missionem legationis predicte viderk uiT ..?m,.num llleucrum- necessariumque esse pecuniam adinuenire. nniKnc ...C,UeS II‘ln'Liln graualos propter varia onera et sumptus publicos l e a iDuniur. quo fu ut afflictis afflictio addenda minime sit : ( 23 ) DOCUMENTI veniens ad conclusionem laudauit quod compere supportent onus dimidie hujus sumptus et de reliqua mutuo subueniant comuni ut fuit requisitum et sub ea forma — Antonius lomellinus rogatus dicere sententiam suam phatus est sibi videri parcendum esse sumptibus cum tempus et res patiuntur id. seque ex illis esse qui parceret quando res postularet, sed cum necessarij sint sumptus non esse recusandum expensam que possit fructum bonum producere, et propterea eam faciendam propere cum id res desiderat: concludendo lau-dauit annuendum requisitioni eo modo quo requisiuerunt. — Pelegrus de prementorio accersilus suam dicere sententiam phatus est nulli dubium esse quod nisi animus prefati theucri placetur, loca omnia comunis partium (manca orientalium) in eius dictionem peruentura. quod quid jacture comuni et compere afferret breuibus verbis expressit: ex quo attento quod ciues nimium et propter grauia onera publica et propter jacturas acceptas extenuati sunt eorum facultatibus laudauit requisitioni assentiendum. — Jacobus de guizo accersitus dicere suam opinionem preponens comune et comperas adeo inter se coniuncta esse quod et bono in et malo utrumque comune ipsis est. et cum sit necessaria missio ambassate neque aliunde prouideri possit, laudauit assentiendum requisitioni. — Johannes de albario laudauit remittendum arbitrium officio. — Dominus enricus stella premissa excusatione tarditatis sue ex quo non intellexit sententias preloquutorum. tamen se retulit ad illos qui ante loquuti sunt. Facto fine rogationibus datis calculis indeque receptis, repertis ballis centum viginti sex albis affirmativis et nigris reprobatiuis viginti nouem. hec obtinuit sententia que pro lege decreta est. quod usque ad summam librarum octo milium et non ultra pro dimidia compere de pagis de lui contribuant et reliquam dimidiam de dictis pagis mutuare debeant dicti domini protectores de pecunijs comperarum pagarum prediclarum sub cautionibus oblatis. ANNO 1453 ( 24 ) DOCUMENTO III. I Consulta c deliberazione degli otto Protettori dell' officio c di 275 partecipi alle compero di s. Giorgio, di accettare il dominio dolio coionio del mar Nero ceduto loro dal comune di Genova. 1453 IO e 42 novembre. (Diuersor. negotior, offic. s. Georg, aun. 145." - 1480). (Col. 60 verso) * MCCCCLII1 die sabati X nouembris. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij in septimo numero congregati janue in palatio de mari videlicet in camera magna solite residentie sue. absente tantummodo guirardo de goano: intellectis sepenumero viris prestantibus stephano de marinis, antonio gentile, bartholomoo de leuanlo et damiano de leone quatuor ex sexdecim prouisoribus rerum caphensium et partium illarum, et eorum propositionibus omnibus examiiiafs et discussis: absoluentes se ad ballotolas aibas et nigras, repertis omnibus septeni ballis affirmativis: decreueruni trecentos vocare consyliarios et participes comperarum coram quibus proponere valeant ipsi quatuor deputati a collegis suis ea que proposuerunt eisdem dominis protectoribus. * Die lane XII nouembris in sala comperarum sancti georgij. Accesserunt ad presentiam magnificorum dominorum protectorum comperarum sancti georgij in integro numero congregatorum in loco suprascripto. et infrascriptorum consvliariorum et participum comperarum predictarum. su-prascripti viri preslantes stepbanus de marinis et socii : proponentes se parte collegarum suorum missos ad referendum ea que continentur in posta infrascripta : et exhortati sunt dictos consyliarios et participes preberc consensum eorum requisitioni, alitur de rebus illis actum esset absque ulla spe reparationis: cuius poste tenor talis est: « Segniti, noi xvi a liquae a questi di per uno consegio grande facto in palaxo fo daeto cura e bailia de prouei a le cosse de capha : volendo exe-guiie quello che a noi era slaelo comisso: intendendo la necessitae esser grande t lo dexyderio de li citam esser che cossi se facia cum ogni celeritas pensando per quella via se podesse trovare forma a quelli dinae chi fosseno necessarij a tale pronisione: ne parse hauerne per via de scruptinio lo pare/ / ( 25 ) DOCUMENTI de li citoin: da liquac tandem uniuersalmente trouamo esser questa sententia die ben fosse arembare le cosse de capha et de quello mare mao a logo-uerno de lo officio de sanzorzo: da loqual nascesse la forma e li remedij per saluatione de quelle cosse. Laqual cossa quaniuncha fosse aliena da la nostra bailia : pur corno quelli chi hauemo tale carregho deliberamo riferire alo j. meser lo duxe quello che per lo scruptinio noi hauemo irouao. sea perche la balia de prouei a quelle cosse era deta a la soa segnoria inseme cum noi : sea che de tale remedio como era aregordao era pur necessario haueire la autorità soa. E'demum examinao questa materia molle vote: sia cum la soa segnoria: sia cum lo officio de sanzorzo. unde et in luna parie et in lallra se troua pur qualche difficultae: lequale non sono impero tale che non se possan ben in qualche forma honesta asestare. per nostro descharego hauemo deliberao de proponere questa maleria dauanti da voi : acioche poi possae in primis deliberare se ve pare ben che lo officio de sanzorzo a nome delle compere acceptae lo gouerno de quelle cosse o non. E in caso che ve ne paera ben de farlo, consyderato che de tale materia se bezogna pur contractarne cum lo palaxo: voi daghe balia a chi ve ne paere de poi conuenirse de tale materia et contractare cum lo illustre messer lo duxe et cum lo palaxo sotto tuie quelle forme expense conditione pacti et oblighi parira ali dicti deputati, acioche a tale materia se possia prouei sensa più induxia. » Qua posta lecta ipsi quatuor abijerunt. postea spectabilis dominus filippus cataneus prior prelibati oflicij assurgens hortatus est astantes consulere huic materie secundum eorum rectum judicium. Surrexit autem antonius de francis preponens ascribi posse presumptioni quod in tanto conspectu assurgat dicere opinionem suam ante alios magis se edoctos: verum amor quem erga res illas habet cum primum viagium suum fuerit illarum partium, monet eum assurgere et suam dicere sentenliam que hec est : quod cum propter mala guberna que paries-ille habuerunt et exaustum erarium rei publice el dillicultatem ac impossibilitatem prouisionis nostre rei publice intelligat de rebus illis actum esse nisi transferatur dominium in comperas sancti georgij : consyderata sustantia quam habent compere sancii georgij in caffa et partes illas, ex quibus redditus annui sunt ultra libras trigintamilia qui amitterentur simul cum sustanlia. dei nomine inuocato. laudauit quod officium acceptet dominium ipsum dummodo illud liberum habeat. Et quia loquutum est de danda balia ollicio posse expendi pro habenda hac translatione illud quod videbitur necessarium, laudauit dari sibi arbitrium dummodo non excedat summam librarum quinquemilium quingentarum. Inde postea iterum anno 1453 ( 26 ) sum exit et dixit dari ipsi ollicio liberum arbitrium expendendi quantum videbitur. Dorinus de grimaldis assurgens phatus est se iam pridem intellexisse quod propter mala guberna destinata ad illas partes eo deuentum esse quod nisi hae forma prouideatur. quo non laudaretur ex electione eum pro comperis bona non esset sed est quoad maius malum, de rebus illis actum sit: laudauit acceptandum esse liberum dominium illud, et ut possit tractari concludi et agi ac expendi illud de quo est aliqua notitia apud aliquos: dandum esse arbitrium ofllcijs sancti georgij de lui et lm et primo ea agendi et contractus injendi et expensam faciendi prout ipsis ofTicijs videbitur. que circa hanc materiam habeant amplam haliam. — Barnabas de viualdis proponens rebus consulendum esse secundum subiectam materiam, et cum uno tempore aliqua perfici possint que neglecta inde ad centum annos perfici nequeunt, quamquam non bene conueniret expendendum esse pro habenda ac translatione: tamen quia ita rerum conditiones ferunt, laudauit opinionem orini de grimaldis. cum hac additione quod oflicia utantur temperamento in eo quod habebunt expendere pro huiusmodi habendo dominio, quod esse ebeat liberum. Postea (quia d. filippus cataneus dixit quod omnium prolo-quutorum sententia est quod habeatur liberum et aperuit illis quod in tractauientis que fiunt est quod consulatus caphe duret pro anno de mccccliiii ominum demetrium et pro alio anno, saluo si oflicium elegerit satisfacere rte squarsafico pro eo quod sibi debebat dictus dominas demetrius. et 1 olficium jhagatarie grani duret pro eo quod (sic) collatum est. quod esf uorum annorum videlicet anni de limi et lv. et alia memorauil). redixit quod gOnsu endum est rebus secundum subiectam materiam : et ideo aflirmauit dari num dictis ollicijs que aduertant circa omnia et circa subiectam materiam illis consulant. Antonius lomellmus preponens propositionem duas partes continere, unam satione dominij. aliam de dando arbitrio ollicio vel quibus vide* uod b ^eD^en^ ^ro ^ia^eQ(l0 hoc dominio: unde dixit se intelligere intelljrr Um Comi)erarum non contineat huiusmodi translatio: se tamen esse^ ^ Peiueniai in sanctum georgium de illis rebus actum ^U° ^r° rn'D01’ D)a*° laudauit assentiendum quod perueniat in com-danH l* Seorgij- sed libere et non aliter assentiendum: quo vero ad ,, 3r llr,Qm- laudauit illud dari ofTicijs sancti georgij de lui et lii : . ! 3 COmuni re,lu'rere pro huiusmodi dacita vel in honore au tali- adrW P°^enlern que eis commemorabitur.— Marcus de cassina ait se P om preloquutorum cum hoc. quod dominium sil liberum ut est ( 27 ) DOCUMENTI de rebus corsice. et ubi memoratum est de tribus officijs. sit de presenti et proxime precedenti : postea auditis bis que expressa sunt de pratica officiorum dixit se aliqua intellexisse de ea. nihilominus laudauit ut liberum habeatur dominium, quod dicta officia de lui et lii de his que memorata sunt possint contrahere et componere prout eis videbitur, et similiter de expensa. Lucianus de grimaldis preponens rebus consulendum esse secundum su-biectam materiam, ut dixit nobilis barnabas de viualdis : laudauit acceptandam esse dictam translationem et quod officia sancti georgij de lui et lii habeant omne arbitrium circa hanc materiam posse tractare componere extendere et contrahere prout sibi videbitur. — Johannes justinianus de campis preponens huiusmodi administrationes non utiles esse comperis. et si res caphe essent in illis statu et conditione in quibus anno uno vel duobus elapsis erant, non esset opinionis quod compere acceptarent hoc dominium : nunc autem pro minori malo laudauit illud acceptandum et dandum esse arbitrium dictis duobus officijs consulendi tractandi componendi concludendi et contrahendi et expendendi prout ipsis videbitur, que ad minus malum comperarum dirigent rem istam. — Dominus baptista de goano preponens se non intellexisse opinionem aliquorum primo preloquutorum. tamen necessitate et non electione laudauit assentiendum esse requisitioni et pro minori malo, ut opinio que plurimum valet in rebus, ipsis elFectibus demonstretur: laudauit officia sancti georgij de lui et lii que habeant plenam potestatem et baliam in predictis: intelligant si cum emere illud quod debebant officiali possent componere, id facerent. — Magister antonius de nouis assurgens ait se tractare hanc materiam veluti ea que pertinent ad ai tern suam que est : ut bonus medicus cum intelligit morbum egritudinis poteniiorem ipsa natura, tunc eum habere insistere et bene mederi egroto ne debilite nature potentia mali illum opprimat: sic autem comparative intelligit debilitatas esse ita res illas quod egent optimo remedio: quod probare potest esse etiam pro sancto georgio acceptare hoc dominium propter valorem magne substantie quam habet in calla que amitterentur: ex quo concludendo laudauit acceptandam esse hanc translationem libere et quod dicta officia duo circa hanc rem habeant liberam potestatem et baliam prout ipsis officijs videbitur faciendi disponendi et contrahendi. Facto fine interrogationibus datis calculis, propositum est sub hac forma: cum intellexeritis sententiam et opinionem preloquutorum mandato prefatorum magnificorum dominorum protectorum a me notario: illi quibus videtur quod translatio dominij ciuitatis caphe accipiatur cum omnibus locis comuuis et jurisdictionibus suis maris majoris. accepteturque nomine comperarum libere ANNO 1453 ( 28 ) et quod officia sancti georgij anni presentis et proximo precei ontis tam in expendendo pro habendo huiusmodi translatione, quam pro contractu ce e brando sub illis pactis modis clausulis et formis ilo quibus et prout prudenti© dictorum officiorum videbitur, et quod ipsis ollicijs ciica piulicta sit altri buta omnimoda potestas et balia, mittant in calicem album calculum. quibus vero videbitur contrarium ipsi mittant nigrum. Collectis autem calcu is obtentum est ut a me notario ut supra propositum luit: et ita pro d'creto « non mittentibus in calicem dominis protectoribus aliquibus calculis habitum et statutum est: repertis calculis albis affiriuatiuis ducentis qua draginta octo et nigris reprobatiuis viginti septem. Nomina vero illorum qui his affuerunt sunt hec: OFFICIUM DE LU. Saluagius cie spmuub w Sorleo » Peregrus de prementorio prior Baptista lomellinus Dorinus de grimaldis Antoniotus de fraucis Franciscus do castello Bartbolomeus de auria Franciscus q. e. 0 Darius de viualdis Jacobus q. 1- » Donainus de marinis Lucianus » Johannes de inurea. Lucas » Martinus » Antonius q. petri de auria Manuel 0 Antonius q. johannis » Cataneus » Andreolus » Brancaleo > Andalo de gentilibus Dominicus bartholomeus » Andreas » Edoardus » Sistus » Gabriel q. b. » de centurionibus Jacobus q. petri » Fredericus Marcus q. oberti » Manfredus * Paulus » Raphael » Jacobus caluus Guirardus » Annonus de pinellis Anfreonus de spinulis Ambrosius b Jeronimus q. thome » Benedictus * Jacobus q. bartholomei » Galea tius » Nicolaus antonius » Gregorius » ( 29 ) DOCUMENTI Christoferus dentatas Fredericus de cigallis Johannes picamilium Jacobus r> Francas marabotus Nicolaus de nigro An toni as de lomellinis Babilanus » Andalo » Lucianus » Bartholomeus q. cosme » Barnabas » Georgius de squarsaficis Badasar (così sempre] » Jlarius » Christoferus » Andreas )) Carolus )) Obertus n Christianus )) Egidius » D. Johannes de serra Jacobus q. t. )) Franciscus de camilla Jacobus q. g. )) Nicolaus antonius )) Ambrosius de marinis Petrus baptista » Bernard us » Stephanus Euangelista » Galeotus » Guirardus » Marcus » Antonius de saluaigis Nicolaus » Filippus Franciscus » Gaspar de lercarijs Manuel )> Jeronimus » Raphael » Janotus Bartholomeus )> Antonius » Antonius de cataneis Raphael al panus Christoferus Demetrius » Filippus de imperialibus Francus » Otauianus (sic) )) Paulus i> Valarus (sic) » Antoniotus de italianis Julianus )) Petrus scotus de columnis Jacobus » Thomas castagna » Laurentius de ususmaris Bartholomeus de ritiliario Meliadux 1» Thomas » anno 1453 ( 30 ) Gregorius Jlarius Theramus Julianus Simon Brancaleo Marcus Barnabas Benedictus Dominicus Raphael Francus Constantinus Simon Andreas Cazanus loco simonis de justinianis Johannes de campis » Raphael » Johannes q. d. » Damianus » Thomas » Paulus » Obertus » Antonius » Petrus baptista » de ususmaris do grillis 1) * 1» i> » de viualdis 1) » » » de ni^rono o Andreas Edoardus Johannes andreas Dominicus Carocius Franciscus Lodisius de prementorio de furnarijs Antonius Andronicus fnofius Manfredus Paulus de turri Raphael do franeis » » U » » D. Andreas de benegassio Antonius de sale Anfreonus sauli Antonius de zoalio Andalo de varisio Antonius de valletari Antonius de casanoua Antonius de ponte Andreas de leone Antonius erena Albertus de castellis Antonius nauonus Antonius mainerius Antonius massola D. magister Antonius de nouis D. Baptista de goano Benedictus de corsio Branca de bagnara Benedictus de bargalio Baxilius axinella Bartholomeus de valarano Baptista de cassina Baptista garronus Bartholomeus sauli Bartholomeus de murledo Barnabas nouellus Bartholomeus parisola Bartholomeus de clauaro Baptista perronus Bartholomeus de leuanto Bartholomeus de parma ( 31 ) DOCUMENTI Benedictus leardus Bartholomeus canacius Cataneus de dernisio Christoferus de michaele Christoferus tonsus Christoferus de leuanto Christoferus venerosus Christoferus campanarius Christoferus de saluo Cosmas griflus Christoferus de podio Christoferus de uncio Christoferus de rapallo Donatus bondenarius Dominicus de bargalio Dominicus de ronco Damianus gambonus Enricus stella Egidius de vernatia Filippus clauaritia Filippus de sarzano Franciscus scalia Franciscus scaria Fredericus xaba Gaspar de cassana Germanus de tatio D. Johannes cicer Jacobus blancus Johannes de bartholomeo Johannes de pontremulo Jeronimus axillus Johannes de albario Johannes de paxano q. r. Jacobus cicer Jacobus de benissia Jacobus collatus Jeronimus valletari Jeronimus stella Johannes de dondedeo Jeronimns de sauignono Jacobus de axereto faber Jacobus de placentia Jacobus de dauania Johannes de vinelli Johannes de paxano q. petri Jacobus de corsio Johannes de canali Jacobus de guisó (sic) Johannes de luxoro Johannes de reco (sic) notarius Johannes de leuanto Johannes de luco Julianus de parma Johannes de sancto stephano Jacobus de ferrarijs Johannes mangiauacha Johannes de vernalia Petrus de castilliono Paulus de cabella Petrus de bozolo Paulus palamidex Peregrus de monelia Petrus de fo Petrus de casina (sic) Badasar de marroiSs Paulus lodisius » Manuel » Francus » Johannes de carpeneto ANNO I453 Johannes ilo castello Lucas salicetus Lodisius ile cuuio Lodisius de nairono Leonardus sauli Luchiuus fatinanti Matheus marosus Obertus murcbius Octobonus scalia Siluester de brignali Stephanus cazella Sistus de monelia Thomas bellìgnanus ( 32 ) Urbanus chioda Grauanus adurnus Johannes ilo domoculta Johannes muscha Johannes judex Martinus domesticus Matheus do bracellis Marcus modicus .Marcus do cassiua Manuel cauallus Manuel polerauus Nicolaus do caueuali Nicolaus do marco (') DOCUMENTO IV. Instromento di perpetua e totale cessione delle colonie Tauriche dal doge dal governo della Repubblica di Genova fatta al magistrato di s. Giorgio. 4453 15 novembre. (Liber contractuum ann. 1455 - 1476. n. 54). (fol. 19) In nomine sanctissime et indiuidue trinitatis, patris et fìlij et spiritus sancti. beatissime matris marie semper virginis, beatorum johanuis bapliste et euan- geliste. beatorum apostolorum petri et pauli ac sanctorum et clarissimorum martyrum laurentij et georgij patroni ac vexilliferi excelsi comuuis janue ac protectoris comperarum nomini eius dedicatarum ac totius celestis curie amen. Cum rnnximus ac potentissimus princeps machometus tureorum rex exputata maio superiore constantinopoli et pera in ditionem redacta, christiauis precipue orientalibus adeo formidabilis esset ut appareret vix absque auxilijs romani pontificis ac regum occidentalium viribus eius resisti posse, varij-que ac maximi metus suspensam ciuitatem haberent, cogitantem quibusnam di 275 cormUC\St numero degli individui qui annotati è di 272, non alia" cessioJ VT t0tale risultantc da* 248 voti favorevoli e 27 contrarii cessione. Che ne sia sfuggito a,Cuno allo scrivano ? ( 33 ) DOCUMENTI auxilijs atque artibus tueri posset capham soldaiam samastram (sic) symbolum aliasque urbes ac terras quas excelsum comune janue ditione tenet in diuersis regionibus ponti: presertim cum machometus ipse paulo ante urbem extruxerit haud procul a bosphoro tracio aduersam ei castello quod in lito-ribus bithinie positum narethem vocant, ubi adeo angustum fretum est ut naues pontum petiture aut inde redeuntes non credantur inuitis earum terrarum custodibus sine summo manifestoque periculo posse ultra nauigare. que velut claustra cum omnes reges ac populos pontici maris summopere terreant, ignorantes quibusnam vijs classes aliaque presidia ab occidente ad eos penetrare possint: utile visum est in nouo et insolito metu ad noua remedia decurrere. Propter quod illustris et excelsus dominus petrus de campo fregoso dei gratia dux januensis et magnifica (sic) consilium dominorum antianorum et officia monete, octo prouisionis romanie ac aliorum octo ciuium ipsi ollicio adiuuetorum aut in plenis aut in legitimis numeris congregata. Quorum dominorum antianorum hec sunt nomina: Matheus de bargalio prior Jacobus de benissia Lucianus de nigro Antonius de zoalio Stephanus casella Jacobus centurio Dominicus de bargalio Andronicus de francis de b. Julianus de grimaldis Andreas squarciaficus Guirardus de auria et Marcus de marinis. Et ex octo officialibus monete sex inferius nominati presentes fuerunt, qui sunt numerus legitimus ac sufficiens, videlicet: Branca de bagnaria Johannes de domoculta Anfreonus centurio Ludouicus de furnarijs Paulus lodisius marruffus et Jacobus de auria. Absentibus ballhasare lomellino et marco lercario reliquis duobus. Qui sex infrascripta omnia comprobauerunt inuentis omnibus calculis sex albis ANNO 1453 ( 34 ) et insuper tactis scripturis simul oiììciales omnes presentes fuerunt. assentitìntibus. nullo nigro contradicente. cum alijs iurauerunt. £x officio autem prouisiouis ronianie qui sunt hi: Damianus justinianus prior Andreas de roca l1 rancus marabotus ^regorius pinellus Sistus de monelia Babilanus de grimaldis Johannes picamilium et £ Damianus de leone. *i adjunctis septem qui interfuerunt hec sunt nomina: Johannes de albario Hieronimus spinula q. thome Stephanus de marinis Jacobus de grimaldis Antonius gentilis Bartholomeus de Jeuanto et Antoniotus do f ihr>m j , ldllcis turturinus inferius nominandus, absenle eius membro promnt' U corPore januensis reipublice aut aliquo luam est in magnificis^ ^ ^arat*0rem °Pem ,D omni prope rerum euentu. more semper ex°lectissi^>r0lt'Ctùr‘^Lls comperarum sancti georgij. qui cum de pars maxima januensiu IS.C’U^US creari soleant, eorumque fidei non modo facultatesque suas vehui °iUlUm' Vemm et P^rique externi populi opes profecto ut cum mari aut 111,561,110 cu*^am sacrario plene committant: fit ex ipsa pecunie copia stati^0 ^CI0U<^lls surnpius fuerit, quicquid decreuerint effectus vix interualla lem m .^er^L*aQt' el *nter faciendi voluntatem ipsosque extra dubitationem positurn^'V^ miDima intercedant : illud quoque numero et ordine nresf f ^ eatUr‘ f^uo^ cum protectores ipsi velut ex fide semper plurimum pol^rT^Tl C1Umm delecti, innocentia integritate sui haud dissimiles: sub quib ^ ^ 30 ^°^U*1S PreP°siluri sint rcctorcs et amplificari posse credantur ^ C,Q*lates 000 Conseruari tantum, sed crescere E‘ iabeote ad omnia et“r . auctoritatem arbitrium et ) ° scriPta amplissimam ac generalissimam concilio in palatium accitnm ^ USt^ern attributa a numeroso ciuium UOram ad “““todua, decoruendum o. proaidendam - v , •.» tt ’ ( 35 ) DOCUMENTI rebus caphensibus et maris pontici: ia quo concilio sententia preualuit clarorum legumdoctorum d. andree do benegassio et d. baptiste de goano ac generosi viri luciani de grimaldis. unum atque idem et paribus prope verbis suadentium: ut liquet eius concilij decreto condito manu viri egregij georgij de via cancellarij. cuius tenor hic est: * MCCCCLIII die XIIII nouembris. Cum ad conspectum illustris et excelsi domini petri de campofregoso dei gratia ducis januensis et magnifici consilij dominorum antianorum comunis janue. vocata essent spectata officia monete, romanie cum octo additis et sancti georgii et preterea ciues trecenti viginti : eisque fuisset propositam in hec verba: « Segnoi elc. » (manca il seguilo della allocuzione) Et super his satis dissertum foret, auditaque esset sententia spectabilium dominorum juris utriusque doctorum andree de benegassio et baptiste de goano nec non nobilis luciani de grimaldis in eandem sententiam conuenien-tium que fuit hec videlicet: quod ex nunc transferatur ac translatum sit et esse intelligatur per prelibatos illustrem dominum ducem consilium et officia dominium regimen ac omnis administratio ciuitatis caphe et totius ponti, quam regionem mare maius vulgus appellat, in dictos dominos protectores cum omnibus suis juribus et ditionibus ac emolumentis ubicumque et undecumque descendentibus accessorijs et connexis. nihil juris penitas ia se retento. Et hoc non obstantibus aliquibus legibus capitulis ordinibus vel decretis in contrarium disponentibus, et presertim non obstante capitulo siue regula cuius inscriptio est « de non alienando castra etc. » et quauis alia regula capitulo jure vel consuetudine que quomodolibet predictis obuiaret: quibus ex certa scientia ex nunc derogetur ac derogatum sit et esse intelligatur per prenominatos ili. d. ducem consilium et officia, cum consilio et auctoritate conuocatorum de quibus supra. Forma autem ordinandi huiusmodi translationem ac redigendi in scripturam et contrahendi ac cautelas solemni-tates et quecumque alia ad id necessaria ordinandi disponendi et decernendi committatur et commissa essè intelligatur prenominatis ili. domino duci, magnificis dominis antianis. spectato officio monete ac romanie cum octo adiunctis vel maiori parti dictorum officialium sub illis modis formis clausulis et cautelis, de quibus et pro ut eisdem ac spectabilibus et magnificis dominis protectoribus sancti georgij anni presentis et proxime lapsi vel maiori parti eorum videbitur et placuerit cum clausulis derogatorijs et alijs quibusuis ad id necessarijs et opportunis. Et cum ex reliquis rogatis dicere sententiam ANNO 1453 ( 36 ) suam nemo alius audiretur in aliam sententiam, et ob id colligerentur voces au facieudum sit ut predicitur secundum predictorum sententiam vel 110: collectis tandem vocibus computatum esi sententiam ipsam proscriptam diciorum dominorum andree. baptisto et luciani approbatam laudatam et confirmatam esse consensu vocom ducentarum sexaginta trium, quamuis maior numerus ut premittitur accitus esset, uua dumtaxat contradieonto. ot sic pro decreto habitum est. Georgius do via cancellarius. Omnibus modo via jure forma et causa quibus melius et validius potuerunt et possunt etiam ex plenitudine potestatis, titulo et ex causa mero pure simplicis et irreuocabilis donationis inter viuos. que jure ingratitudinis aut alio quouis reuocari non possit, infringi nec alio quouis modo impugnari : sponte et ex certa scientia nulloque juris vel facti errore ducti aut aliqualiter circumuenti. per se et successores suos in dignitate et oflicio et per habentes et habituros causam ah eis. jure proprio et in perpetuum dederunt tradiderunt cesserunt transtulerunt et mandauerunt seu quasi magnificis dominis protectoribus comperarum sancti georgij annorum presentis et proxime precedentis. quibus per generale concilium ah ipsis dominis protectoribus ob eam causam in palatium dugaue contractum generalis et omnimoda potestas et balia circa hec omnia attributa fuit, ut liquet decreto exinde confecto die lune xn nouembris presèntis manu pauli mainerij notarij. (Juorum protectorum presentis anni in pleno tunc numero congregatorum hec sunt nomina: Philippus cataneus prior Andalo marrulTus Benedictus spinula Guirardus de goano Urbanus de nigro Nicolaus de grimaldis Johannes triadani et Nicolaus de furnarijs. Et protectorum anni superioris in pleno tunc numero congregatorum nomina eliam hec sunt: Pelegrus de prementorio prior Baptista lomellinus q. g. Michael capellinus Bartholomeus de auria q. jac. DOCUMENTI Antoniotus de francis turlurinus superior nominatus. Darius de viualdis Donainus de marinis et Johannes de inurea. 1‘resentibus acceptantibus ac stipulantibus et recipientibus pro se dictis nominibus et successoribus suis in ipso ollicio. ac nomine et vice ipsarum comperarum et participum earum, et ad cautelam mihi notario et cancellario veluti publice persone officio publico stipulanti et recipienti nomine et vice dictarum comperarum ac participum earum : Ipsam ciuitatem caphe ac omnes ciuitates urbes terra oppida castella et forti-litia. villasque ac possessiones, territoria pascua nemora portus flumina lacus piscationes venationes itas et seu sita in ponto, quam regionem mare«maius vulgus appellat, jura cabellarum salinarum pedagiorum et quarumcumque exactionum et quorumuis prouentuum et tam quoad proprietatem quam quoad usumfructum : et etiam focagiorum auariarum angariarum et perangariarum et quorumcunque reddituum emolumentorum et obuentionum ubicumque et undecumque descendentium, et tam impositorum et impositarum quam imponendorum vel imponendarum quouis modo in dictis locis vel eorum occasione et ex quauis mundi parte, et tam in dicta ciuitate caphe quam alijs locis ponti et seu maris majoris de quibus supra et eliam in janua et alibi ubiuis locorum occasione predicta: ac omnia et singula regalia me-rumque et mixtum imperium et gladij potestatem ac omnimodam jurisdictionem et tam in mari quam in lerra. Et quam jurisdictionem merumque ac mixtum imperium et gladij potestatem ipsi magnifici domini protectores et quicumque deputandi et eligendi ab eis exercere possint in populos el homines dictarum ciuitatum et locorum el in quoscumque ibi delinquentes vel committentes ac ibidem repertos et contrahentes el conira eos et quemlibet eorum et tam in dictis locis quam in ciuiiate janue et distructu. etiam pro excessibus et delictis commissis seu que committerentur in dictis locis aul aliquo eorum et in quauis mundi parte, et pro quibuscumque contractibus ubiuis locorum celebratis vel celebrandis aut alia quauis ratione occasione vel causa, ita quidem ut nullus alius magistratus possit se intromittere de prediciis nec contra predictos. etiam si esset in suprema aut alia quauis dignitate constilutus. Declarato tamen quod si ab aliquo de dictis ciuitatibus terris locis castellis aut oppidis crimen tale committeretur ubiuis locorum ex quo infligenda esset pena corporalis, sola cognitio et decisio ad ipsos dominos protectores pertineat, exeeutio vero fieri debeat ad eorum requisitionem per magnificum dominum potestatem janue et eius officiales, idque in quantum anno 1453 ( 38 ) «* *» i- vel. recato, in fe* vero Mis »m =onaQdain eibdem comperis. taxatam pro earum justo damno faciens \ \ 61 ^relerea cadat et cecidisse intelligatur ipso jure talis con tra-contn G altCQlanS aL °mni jUre 61 acti0ne od et qae sibi competeret adendo ciuamC tJtrSOOam' nec Possit au(liri per aliquem magistratum tam quod exinde f 61 nihil0minas teneatllr ad restitutionem totius eius iil j d U!*Set consccutlls- Quocirca abdicauerunt a semetipsis prefati " stratibus^ 1" " ^ C°IljUDCtÌm 61 el a q^umque .a- statem i urisd^^ 61 UbÌ'Ìbet astitutis omnimodam pote- 1 pred cT ve ,0iem ,et ^ 61 ^ habent vel habere censentur predici,s vel aliquibus superius expressis et circa ea quouis modo: illamque ( it ) DOCUMENTI et illud et illa transtulerunt in eosdem dominos protectores pacto expresso ot solemni stipularono precedente et in me notarium et cancellarium infra-scnptum tamquam publicam personam stipulantem et recipientem nomine et vice dictarum comperarum et participum earum. Dantes insuper et attribuentes prenominatis dominis protectoribus omnimodam potestatem facultatem baliam et arbitrium prohibendi inibendi et quascumque prohibitiones et inhibitiones faciendi contra quoscumque rectores et contra quasuis publicas et priuatas personas, que contra predicta aut aliquod pre-dictorum aliquid attentarent consulerent seu tractarent, sub illis modis formis penis comminationibus et multis. de quibus eisdem dominis protectoribus visum fuerit et placuerit: ac insuper mandandi quibusuis aduocatis ut com-pareaut et pro comperis intercedant: ac etiam agendi pro predictis et circa predicta. non obstante quauis regula vel capitulo in contrarium disponente, et presertim non obstante regula cujus titulus est: « si quis comuni mo-uerit controuersiam » et regula seu statuto vel decreto jubente quod nemini liceat aduocare contra comune, et idem intelligatur de notarijs et scribis quibuscumque. Acto et expresse conuento per pactum solemni stipulatione vallatum, quod prenominati domini protectores durante tempore regiminis oflicij ipsorum non possint eligi ad aliquod officium publicum neque ad aliud onus preter et contra voluntatem ipsorum, et electus astringi non possit neque compelli ad aliquod munus penale, immo intelligantur el sint excusati et habere legitimam excusationem. Acto etiam quod presens translatio et dona lio et omnia et singula supra et infra scripta valeant et teneant et inuiolabililer perpetuis temporibus obser-ueutur suosque sortiantur effectus omni prorsus exceptione et contradictione rejecta, non obstantibus aliquibus legibus statutis decretis regulis et constitutionibus alijsque obslantijs quibuscumque: etiam si tales essent de quibus necesse videretur mentionem fieri specialem et expressam, quibus quatenus ijs que dicta sunt repugnarent, esse intelligatur et sit penitus et omnino abrogatum, et specialiter non obstante regula cujus titulus est: « de non alienando castra et terras comunis». cui per numerosum ciuium concilium extitit derogatum, prout in decreto el deliberatione exinde condita et superius inserta continetur. Et si quis magistratus aut alia queuis persona in qualibet dignitate etiam suprema constituta vel aliquis alius iudex aduocalus notarius seu laicus attentauerit seu attentare quicquam presumpserit seu faciendo seu allegando quod predicta et infrascripta seu aliquod eorum non valeat, vel aliter quomodolibet allentando, cadat et cecidisse intelligatur in penas supra- ANNO 1453 ( 42 ) scriptas in omnibus et per omnia ut supra. que hic repetite intelligautur. ubi superius actum est de penis et de applicatione earum: ultra que omnia de-ne0etur illi audientia, et quicumque in his ei audientia prebuisset seu pre-ret. cadat et cecidisse intelligatur in pares et easdem penas. applicandas supra totiens quotiens luerit contrafactum. et tamen quicquid exinde sequeretur sit ipso jure cassum irritum et prorsus inane. Acto etiam quod officium romanie cum omni jurisdictione et balia ac cum m us juri )us benefieijs emolumentis ad ipsum spectantibus quoquo modo satum in dictos dominos protectores et comperas. et cesset de cetero mio cium et locum non habeat, sed sit extinctum ac translatum in ic os ominos protectores aut deputandos vel delegandos ah eis. et tamen ^ eantur dicti domini protectores ad debita vetera, nisi in tantum et ^ ,.a part® ac rata quantum exigent ex bonis et redditibus locorum ipsius olncij aut aliorum. C quidem translationem donationem cessionem ac omnia et singula su-P pta et infrascripta ijdem ili. d. dux consilium et officia promiserunt oh castella terras loca oppida jura jurisdictiones et demum dominic h»113 supriiseripta aut aliquam partem eorum non auferre a dictis ouoim ^tecl0n as ve* successoribus eorum, nec auferenti fauere aut dere eirg di mcccclii. absentibus prestantibus viris michaele capellino ci ri V° ?me° .de aur*a domini jacobi: intellectis beri et hodie etiam pre-sim nV °l1llniS anu* wccccLprimi. et reprobata excusatione !' d marci de cassina dictis simoni et marco, eorum p'uribus et virtut b eXCa",ÌOnUm causis’ ul liberioribus animis acceptent, confisum de Us sui», quamquam arbitrium infrascriptum ipsis concedatur, tamen t . u U1°s ifuo si aliter res ille quibus preponentur postularent: statuit genuit dans et concedens prefalis simoni et marco arbitrium quod elapso (i[ ^ C au'u-t' 'enturi si elegerint ipsi simon et marcus ex caffa discedere remeare, id libere agere possint, et ipsis ita eligentibus intelligatur ipsis oncessa licentia recedendi, gratia repalriaudi. DOCUMENTO XIV. u stesso Cicala Eleggono Giacomo Cicala a provveditore delle munizioni, - ^ Caffa. con Damiano Leone ad assoldare 200 uomini ciascuno da spe 1553 23 novembre (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 4155-1 *57) (fol. 4 v.) ❖ MCCCCLlil die XXIII nouembris. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij in integro nume congregati surrogauerunt ad emendum munitiones prouisionum calìe simonis grilli jacobum cigallam. et eundem jacobum el damianum di. 1» ono ( 53 ) DOCUMENTI collegam ante dicti simonis. elogerunt ad conducendum stipendio prefati magnifici ollìcij pro mensibus un incipiendis statini cuin caffam attingent (sio) et duobus postea, homines ducentos sigillatim quibus alimenta usque caflam debeantur. DOCUMENTO XV. Riconoscono nel nobile Andrea Squarciafico il diritto di succedere nel consolato di Caffa al dottore Demetrio Vivaldi, e in difetto di nomina gli assegnano 750 lire. -l4o3 23 novembre (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 1-453-1-457) (fol. 5) * MCCCCLUI die XXIII nouembris. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij in integro numero congregati, presentibus et approbantibus spectabilibus dominis sex ex octo dominis protectoribus anni uccccLsecundi. absentibus prostantibus viris mi-chaele capellino et bartholomeo de auria q. domini jacobi : animaduertentes nichil preclarius quam seruare fidem, volentesque ea que in translatione dominij calle in ipsos dominos protectores acta fuerunt inter ducalem excellentiam et seu agentes ex parte sua et ipsos dominos protectores, et promissa verbo, scripto mandare, ut casu adueniente promissa seruentur. presente et instante nobili andrea squarsafico cujus interest : statuerunt et decreuerunt quod si magnifici domini protectores successores sui in administrationem com-perarum sancti georgij anno .mccccliiii elegerint mittere successorem insigni legum doctori domino demetrio de viualdis consuli calfe immediate elapso primo anuo collationis facte dicto domino demetrio et illum eligent eligendu-sque iucrit caffam ct se receperit pro magnifico ollicio sancti georgij in administrationem dicti consulatus olficij immediate elapso primo anno ex duobus concessis eidem domino demetrio. debeantur dicto nobili andree squarsafico ad quem spectabat secundus annus concessionis facte prefato domino demetrio. usque in libras septingentas quinquaginta janue ex ea quantitate pecunie quam soluere debuisset idem dominus demetrius dicto andree si exercuisset secundum anuum, tantum quantum sibi obucuirct usque in dictam quantitatem pro co tempore quo consul eligendus pro magnifico ollicio sancti georgij demeu-mmHTnuTslluiL !T reraou8r<'‘ cumfcnl do">'W*m suos successores ' ' e“ reo debcalur * pagis sancii geafgij p„r m documento XVI. Confermano in coJIazinn. Tanzio per *»|i M l conso,al° lli Copa fatta dal Doge a Batista 1 anni I404 e Ji33 <433 27 novembre (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-4457) (fol. 5 v.) * MCCCCLUI die XXVII nouembris. Magnifici domini oclo numero confrrerralj Protectores comperarum sancti georgij in integro precedentis :°ut°c prefentlbus scx ex dominis protectoribus anni proxime Jocorum maris maV801'* ^ prat*ca trans^tionis dominij caffè et aliorum itionem factam de^ff* CUm 'l,UStre ^omino duce sit locus : declarauerunt col-firrnam remanere d 1 ^ *° ^ Prefatum illustrem dominum ducem gesimi quiQti. et iQ 0 Lre pro annis MCGCC quinquagesimi quarti et quiuqua-^eclarauerunt dictam re^U'b'l‘0Ile baptiste tanci asserentis ad se spectare: Cem de dicio officio^r C(^.at!°nem factam per prefatum illustrem dominum du-iQ obseruationem 1Ctb daol)lls annis valere debere, et ita approbauerunt entionis habite cum prefato illustre domino duce. documento XVII. Decidono di provvedere ti 0li onici \ acanti in Cafla per decoro di quella città. *453 28 novembre rsor. negotior off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 6) Magnificum officium san ' Pato et habito apparer^ T' IDleSro numero congregatum, partici- inipresentiarum in L, Prolec‘°nim anni proxime precedentis mero congregatorum: animaduertentes non modo ( 55 ) DOCUMENTI foro utile, verum etiam necessarium et tutum mittere quotquot mitti possint in <;alla ne locus ille appareat ita nudus el vacuus et pusilanimis omnimodo elc. deeicuerunt sortizari eis cedulas quibus ollicia conferri debeant et seu eis obueniant. DOCUMENTO XVIII. Deliberazione di 52 consiglieri di rimettere ai Protettori il comporre le differenze d’interessi insorte con Teramo e Gianotlo Lomellini sulla loro nave condotta per Caffa. 1453 15 dicembre (Diuersor negotior off. s. Georg, ann. 1453 - 4480) (fol. 71) ❖ MGCCGLIII die XV decembris. Cuin suborte sint alique differende coram magnificis dominis protectoribus comperarum sancti georgij ex parte therami et janoti lomellinorum patronorum nauis unius conducte per spectabile olim officiam romanie annauigature caffam. cumque prefati magnifici domini protectores voluerint tollere dictas differentias et contractum firmare, consulendo securitati rerum : tandem ad hoc deuentum est quod ipsi patroni asseruerunt se habere debere immunitates conditiones et gratias quas habuerunt naues conducte ab officio romanie pro romania. inter quas asseruerunt esse quod remissio fit de tertia parte drictuum omnibus onerantibus in ipsa naui partiti carrigantibus. et propterea petierunt eam gratiam sibi concedi. Itaque magnifici inquam domini protectores in integro numero congregati participato de predictis cum magnificis officijs annorum proxime precedentis et proxime venturi, laudantibus illam gratiam fieri et tolli nonnulla que haud dubio nimium periculosa essent si ipsis concederentur, ideo prelibati magnifici domini proteclores vocatis consi-liarijs suis, et quorum qui his affuerunt nomina sunt hec. videlicet: EX OFFICIO NOUO. D. Antonius de auria prior Barnabas lomellinus Antonius de ponte et Simon de nigrono. EX OFFICIO DE Lll Nomina illorum qui his alluerunt sunt hoc : Peregrus de prementorio Darius de viualdis Bartholomeus de auria. Thomas ususmaris Nicolaus antonius spinula Petrus de marco Baptista caluus Francus marabotus Babilanus de nigro Antonius de casana Johannes de albario Jacobus lomellinus q. b. Antonius luxardus de francis Petrus johannes de riparolio Daniel de flisco Ambrosius de marinis Carolus lomellinus Baptista garonus Antonius gentilis Lucas de grimaldis Christoforus campanarus Sorleo spinula Antonius de dauania Cataneus de grimaldis Bartholomeus de leuanto n Baptista poronus Aianuel de grimaldis Taulus judex Jacobus de flisco q. hectoris Antonius de sa lo Johannes de bai tholomeo Galeotus de grimaldis u Franciscus collatus Johannes de recho notarius Paulus de francis turturinus Jeronimus caluus Dominicus do grimaldis Johannes justinianus q. danielis Audalo gentilis Augustinus de furnarijs Simon grillus Andreas de campis Gaspar cataneus Paulus centurionus Siluester de brinali Jacobus spinula q. b. Octobonus scalia. — w «euanto I -r----- 'I- - L°ram quibus spectatus d * Octobonus scalia. ‘Jrum conuocationis. et r •nUS Cataneus prior aperuit illis causam SSUrgente. nobilis luca- ^ °mn,blls dicere sententiam suam, nemine ^ditatus se excusauit; tjn °niTIro°atas dicere sententiam, is non pre-quod gratia faciendi m • ^ 0CCurreruDt sibi dixit suam sententiam . ^P'Talis sit et non perneiiJ1 la,tl11 Caff<3 de tertla P'jrle comerchiorum e■ eedat comperis. conclude ^ °X .temP°re cognoscetur an bene seu 0 1 lemP»re de ,|uo si] | ° / 1 dari arbiiriQm officio illam faciendi * ; °raci0 -» Xraldi T?‘,ar iA°mim I** «-«d-utt dari arb,- ■"“ i^rfelh0l°Te“S de 'Om,,0ra “ pr0" ip5i 0fTiCi0 Us similiter. Mannnl i • Cannes de albario idem. Anto- “Cl 1,0 8nm* a*. Silaester de brignali sia. ( 57 ) DOCUMENTI Augustinus do furnarijs ul supra, deucntum est ad calculos et non mittentibus in calicem calculum domini protectores de lui qui proposuerunt, videlicet dominus prior eliam de naui partiti sirie. receptis calculis obtentum et decretum est quod ollicium presens et anni proximi venturi habeant baliam deliberandi illam diminutioneni gratiam et immunitatem tertie parlis comei-chiorum pro rebus et mercibus onerandis in dictis nauibus per illud lempus et sub illis modis formis et conditionibus de quibus prudentie amborum olidiorum videbitur, receptis ballis albis- quinquaginta aflìrmatiuis et nigris repro-batiuis duabus. DOCUMENTO XIX. Gherardo Pinclli ciotto consolo di Savastopoli per un anno, prométte di bene esercitare I’ollicio, e presta sicurtà di fiorini 800, pari a lire 1000. I4o3 15 dicembre (Diuersor negot. off. s. Georg, ann. 1453 - 1437) (fol. 49) L’atto non è completo, ma ebbe esecuzione, come può vedersi sotto il 21 gennaio 1455, nella poscritto, al documento LXX1X. . n ■ _ ANNO MCCCCLIIII STORIA E DOCUMENTI ESPOSIZIONE STORICA DEGLI AVVENIMENTI (’) I. La buona novella del trasferimento di dominio delle colonie tauriche dalla Repubblica al banco di s. Giorgio giunse con sufficiente celerità a cognizione degli abitanti di Caffa, recatavi da Gherardo Pinelli, latore di quel fausto annunzio a nome del Governo e degli otto Protettori. Descrivere il vivissimo trasporto di gioia con che fu accolto, 1’entusiasmo che di repente destossi nel cuore di quei popoli già sfiduciati e smarriti di coraggio, le acclamazioni, le benedizioni e i rendimenti di grazie, prima a Dio, poi al Magistrato che degnavasi di accoglierli sotto le sue ali proteggitrici, sebbene ridotti a tanto miserevole stato, non (ij Letta alla Sezione di Storia della Società Ligure di Storia Patria addì 19 gennaio 18G7. anno i 454 , , 4 ( 62 ) in wriià iTac^l^d-'V'P'Ù eSPer‘° narra‘ore- Poclle volle ' affisilo cosi onerali / ' ^ "'>lle Sl°"e ,estimonianze di verso del suo Uhi - ’ ° mot'm e Slncere di una inle,a nazione Parabile rovina h'Tr’ Che ^ faUC1 de,Ia 010116 0 da irrc' rezza e di pace ^ ° ' U% sa,vate e costituite in luogo di sicu- maggio U57, jj01111^0’ esc*aDQa nella sua prima lettera del 2 tutti prometiitoreC(jnSOle Jl Gaffa’ Demelrio Vivaldi, parve a noi venire che a dir * ' ^ ^rand' ?anlaos* e di così prospero av- universalmente ^ C°n U°a paro,a’ in citlà ess0 (u sl,mat0 onde il popolo ’tjanzic^tì un consiglio umano, rivelazione divina: cedente timore^ 'Stante so0niI)r0 dall’animo ogni pre-nistro snffn i COnce^ fo?data speranza che nulla più di si- la VOQfpn l>eglì accaduto n ZIOne’ 0 magnifici signori, sareb- Protettori addi 7 e»ua,e lenore scriveva altresì ai medesimi domenicano• é a?°Sto Jl ves?ov° di Caffa, Giacomo Campora accesso, perch,agSmngeVa ra,,egrarsi eziandio assai di questo giustizia con dieV^^0 a tUtl1' n°l° 10 sP,nl° di e(Iuila e dl 1 Proprii sudditj3^m*n,S-*PaVan° a,lre ,oro lerre e Sovernavan0 quelle lontane col' ^ nmaneva ^U0o° a sperare che anche a provvedimenti eir^'0 dare^ero °Pera a riformarle con adatti Cagione si aspett ^ ° Pr°nlÌ rimedii’ 9ua,i da tr0Pp0 ,unga m°do di ufficiali ^a C'tla dl ^a^a difettare in ispeciale loro doveri e s ^ ’ sPer^ di comando, energici e fermi nei carica (V ^ a^to di un console capace e degno di tale dalle sciagure poca 6.a^Uant0 acer^e del vescovo erangli suggerite secondo lujf fiaccQnZI avvenute ne* mese di luglio e dal procedere, Narriamo il fat[ ° '^e dei maolstrati della colonia. stesso e del consol SCOIla de^e corrispondenze del vescovo e- Questi nella precitata lettera del 2 maggio (*; Ved! !! fj°CUmenl0 XXI. 'Jocumento XXli. ( 63 ) STORIA avver tiva i Protettori essere corsa voce, ripetuta da molli, che 1 imperatore dei turchi iva allestendo una poderosa flotta: ignorare se il facesse all’ oggetto d’ assalire le terre genovesi situate lunghesso le coste dell’ Eusino, ovvero per affrontare la squadra dei cristiani che veni vagli minacciata dall’ Occidente : ad ogni modo egli avere dato gli ordini opportuni di munire a tutto potere tanto la città di Caffa, quanto gli altri luoghi e castelli della Tauride alla sua podestà soggetti. La mira di correre addosso a quei sventurati paesi non era che troppo vera. Maometto già fatto padrone di molte provin-cie in Europa, vide di mal occhio sfilare sotto il suo palazzo, e pretendere di sforzare il contrastalo passo del Bosforo dalle flottiglie genovesi; sicché dopo avere con inganno e crudeltà tutta sua propria, stretto in catene i capitani delle due navi D’Oria e Lomellina, come diremo in appresso, determinò di farla finita con quell’ ardimentoso avversario, mandando in soqquadro la principale sua colonia di Caffa. Il perchè indettatosi con Agi-Kerai imperatore dei tartari nella Crimea, ordinò la spedizione. Lascio qui volontieri la parola al cancelliere consolare, il quale nella relazione ufficiale inviatane a Genova, sotto il giorno 11 settembre, narra con minutezza tutto l’accaduto in quella malaugurata impresa. Scriveva un di presso nei seguenti termini. « Quando ci giunse in Caffa la triste notizia della caduta di Costantinopoli, fu primo nostro pensiero di stabilire più fermi accordi coi nostri vicini, l’imperatore dei tartari Agi-Kerai ed il signore della Gozia, acciò insieme raccolte le sparse forze, potessimo difendere più validamente i nostri possessi contro la temuta invasione nemica. Ma quello che dal ridetto signore della Gozia sarebbe stalo assai facile di conseguire, noi si potè in conto veruno dall’ imperadore. Avea costui già dianzi all arrivo dei nostri oratori stipulato secreto trattato di alleanza col turco, le cui condizioni erano queste. Agi-Kerai porrebbe l’assedio col suo anno 1454 ( 64 ) cecidio a Calla dalla parte di terra, nel mentre che la flotta ottomana l’avrebbe bloccata e bombardata dal mare. Ottenutala, la citici saria rimasta soggetta al dominio del tartaro, e gli uomini tulli collo lor donne ed averi cadrebbero in balìa del Sultano, condotti in perpetua schiavitù. Giurati questi patti tra i due re col mezzo d’ ambasciadore speditovi da Maometto II, quegli in\iò poco stante una squadra di cinquantatrc fra biremi triremi, la quale di primo impeto cadde su Afocastro, cui ovato da noi ben munito e presto a ribattere colla forza l'impiombo ascilo, diè addietro, e piombata su Savastopoli, occultila senza multa difficoltà, non valendo quella picciola terra opporgli bastante resistenza. Essendo ivi in ferma due nostre na'i, una di esse predava, e mandava l'altra in fiamme. Lo ste^o fu e dei mercanti genovesi stabiliti nel luogo , riducendo n senitù quanti non poteronsi salvare colla fuga. °P° ciò la fiotta drizzò le vele alla nostra volta , giusta gli accordi presi coi tartari, coi quali il capitano turco ebbe un se-con o abboccamento nella località a noi vicina del Cavallaro; e pmtasi innanzi verso il porlo gittava le ancore il di undici pas-^ ujio in distanza d’un tiro di bombarda dalla riva, non ^ ^liando di solerci recare alcun danno o molestia, ma solo scen-no a quando a quando per le provvigioni di che grandemente ettavano. i u allora che comparve dall’opposto lato l’imperatore tari col grosso del suo esercito di sei mila circa cavalli, e ne T* S0U0 ^ D0Sl,e mura- Invano però: giacché, a quanto ed o!rSG V°Ce’ tenm° n,atUr° consiSlio col capitano della fio ila l0ro . nostie difese, parvero dubitare del buon esito della cui c G r* 0ll^e COnveDnero ^ rimandarla al venturo anno, 0 n appre^lamento di cento e più navi si sforzerebbero della sD^d'31'3 ^attant0 a non Perdere intieramente il frutto coi miai; °ne> ^mPeratore Agi-Kerai richieseci parlamentarii di farlo 'i 'n ne^oziali ^1 Pace ; avendo noi ricusato ’ 1 COndotliero della fiotta, Temir Coia, si nvvanzò, sotto ( 05 ) STORIA la nostra salvaguardia, sino ai pressi dell’ avamborgo, e con lui fermammo la tregua. Per essa fummo astretti di soscrivere e subire un annuo tributo di seicento sommi C) all’ imperatore dei tartari e darne gli ostaggi, poiché si giudicò, in cosi duro frangente, migliore consiglio sborsare vistosa somma di danaro che mettere a repentaglio la vita di tanti cittadini. » Tale in compendio è la prolissa relazione fatta dal cancelliere sul doppio assalto dato alla colonia e le ragioni del loro operato, cui in altra lettera dello stesso dì confermano contenere la nuda verità il console e gli ufficiali di Caffa (*j-Ma non cosi la sentiva il vescovo già sopra menzionato. Esso nella precitata sua epistola congratulatoria, dopo le attestazioni di universale esultanza pel trasferito dominio delle colonie ai Protettori, entra con risoluto piglio ad accusare i preposti al governo di Caffa d’inetti, avari e imbecilli, non meno in questa che in altre precedenti circostanze. Tocca del biennio del consolato di Borruele Grimaldi, al cui tempo venne in Caffa ben due fiate la regina madre e una volta il figlio di Agi-Kerai, ad estorquere regalie e doni in larga copia, non rimanendone tuttavia contenti, tanto erano ingordi! Parla di forti esazioni in danaro, richieste dall’ imperatore e concesse vilmente dagli ufficiali, circonvenuli da consiglieri loro secreti nemici. Donde la persuasione in Agi-Kerai essere venuto il tempo d’ insignorirsi, coll’ aiuto del turco, di Gaffa, caduta sì in basso per l’ignavia dei suoi rettori. I quali a volerne giudicare dalle loro azioni sembravano piuttosto servitori devoti dell’ imperatore, anziché amministratori fedeli e zelanti del comune di Genova. Quanto al recente fatto, riprova altamente che il console e i massari abbiano inviato allo stesso principe un ambasciatore ad offrirgli, per amicarselo, insieme all’alleanza, il tributo annuo, a (’j Seicento sommi equivalgono in intrinseco a lire attuali 19,1-iO. (J; Vedi i documenti XXXIII, e XXXIV. nenie di Calla, di seicento sonimi, oltre lo consueto regalie già i -overchio oneiose, quando Agi-Kerai medesimo neppur sognava < i comandai io. La quale spontanea offerta perchè sfavorevole, eano Liciuta nella loro relazione gli ufficiali, ponendola invece me .C elt0’ndec,*nabile della subita convenzione coi condottieri e,ni'na la ^ua requisitoria col chiedere a grande istanza ai ori 1 in\io di governanti di polso, alti a sradicare le malo fT- }!° on^amente barbicate, dando esempi di severa o incorrotta ’ e co^ nieltere in assetto la colonia avanti la prossima j a a> ln cui era luogo a temere un più formidabile assalto, ntiarielà di queste due lettere del vescovo e del console colonia^1116Sl° *° Slat° *n^,ce In °*ie versava a quei dì la a 1 Caffa. Bersagliala al di fuori da due potenti avversarli terni . nU de*olazione e rovina, essa non godeva neanco all’in-- a a,lt° necessaria pace ed unione fra i cittadini, nè questi pnnr • '0anO ne^a Pr°bilà e perizia dei loro reggitori. Trista tirannica6 l'D'.e^° ^ Una c'lta’ ma insieme giusto, castigo della mente c s' a''Z'a ° *n£>orda sete d’oro che vi dominava general- npi im» • DC* come nei grandi. E come avviene sovente ilei luituosi MQl ri* lettera del nrehfr ' Wrimina2Ì0ni e accuse’ la PreseDte • . 1 non seryi che ad accendere più furiose le ire vescovo °0'frnanl'» tenutisi offesi dalle libere parole del mandarono°lLTTir0n° V̰,ente rÌSP°St6 ^ dÌ rìP',CC° 1 maggiorenti di Cairn"'/' pr0tel,on dl s-GiorSio Sn ulTìcial1 e mossinno i ii ’ 10 a ricbiederne sdegnosamente la ri- innanzi „ ^ ° “ richiamo in Patria, come diremo più MZ‘ nd teSere la del susseguente anno 1455. II. Quello che con tanto ardore chiedeva il vescovo, l’invio cioè a Caffa di uomini saggi e sperti di governo a pigliarvi tosto lo redini della cosa pubblica, avealo molti mesi innanzi ideato e ( 07 ) STO II IA fulto l’officio di s. Giorgio colla elezione dei due commissari! Simone Grillo e Marco Cassina; e se non fosse occorsa per viaggio molesta sventura, al tempo in cui scrivea la sua lettera il prelato, già sarebbero pervenuti al loro destino. Levarono essi le ancore dal porto di Genova poco dopo I’ 8 marzo di questo anno, nel quale giorno uno dei padroni delle navi, Girolamo D’Oria, lo troviamo prestare cauzione ai Protettori di diecimila fiorini, in assicurazione ai medesimi di condurre il suo legno, coll’ impostovi carico , sino a Caffa (1). Lo stesso avea dovuto fare precedentemente il Lomellini padrone della seconda, e amendue sottostare ai comandi di quello dei commissarii che tenevano a bordo. Navigando, com’era loro prescritto, di conserva, giunsero senza gravi incidenti nel mar di Marmara sino alle falde di Pera, situala all’ ingresso del Bosforo, dove a vece di continuare il loro cammino studiando il passo, e colla velocità del corso eludere l’astuzia e causare le bombarde del turco, i capitani la-sciaronsi cogliere alle panie dell’imperatore, il quale avendoli sotto specie d’onore invitati a scendere a terra, li ebbe immantinente incatenati e tradotti in carcere. Da altre relazioni si pare che eziandio la rivolta o per lo meno la dissenzione si fosse infiltrata fra i condottieri e le ciurme, per cui ommesso di forzare lo stretto col prospero vento, più tardi ne mancasse loro il destro (a). Fatto è, che vistisi frodati da Maometto colla cattura dei padroni delle navi, Girolamo D’Oria e Gianotto Lomellini, i due commissarii, a ritroso dei quali eransi ostinati di scendere, volle le prue, se ne fuggirono indietro nell’isola di Scio, tuttora soggetta alla dominazione genovese; rendendo con tale vergognosa ritirata affatto inutile il pronto e costoso armamento, apparecchiato dal magistrato di s. Giorgio in favore di Caffa (3). (') Vedi il documento XX. (*) Vedi il documento XXII. (*) Vedi il documento XXIX. ANNO I454 La fama dello sgradevole successo pervenuta a questa colonia giltolla in profonda costernazione, come quella che nel detto opportunissimo soccorso aveva collocato tutte le sue speranze; il quale infatti se fosse giunto al tempo debito, avrebbele cansalo l’infame e grosso tributo dei seicento sommi riferito di sopra, e fors’anco datole gloriosa vittoria sulla flotta nemica. Nè meno amaro fu il disgusto sentitone dai Protettori, che per l’imprudente condotta dei capitani videro andate a mile le ingenti provvisioni di uomini, di vettovaglie e d’armi, da loro con infinito dispendio su quelle navi caricate. Adunque raccoltisi a consiglio addì 19 e 20 agosto, « riconoscendo, dicono, essere di somma necessità e del più vitale interesse lo spedire ordini pressanti ai commissarii ritornati a Scio, di partire tosto di là alla volta di Caffa; ad Oliviero Grimaldi, il quale erasi offerto di recare speditamente in quell’isola le loro commissioni, pio-mettono in premio la podesteria di Bonifacio in Corsica, come prima sarà dovuta per turno a un nobile di colore nero ( ). Oliviero partì senza indugio latore di tre lettere; una ai due commissarii, l’altra al podestà e maonesi di Scio, la terza diretta ai nobili cittadini Edoardo Giustiniani, Lazzaro D Oria e Giacomo Spinola ivi residenti, in cui i Protettori li pregano a grande istanza che per carità di patria vogliano soccorrere di danaro i due officiali predetti in quella quantità che loro 'er-rebbe richiesta, mandando a Genova le fatte cambiali che promettono di incontanente saldare (*). E ai maestrati di Scio raccomandano di coadiuvare e prestarsi in ogni maniera di soccorsi e consigli per la sollecita partenza delle navi là stanziate, anche pell’utile che loro ne derivava; e finiscono col dire: « ma a tacere che la sorte di quelle colonie va congiunta al presente armamento, • (’) Vedi il documento XXIII. — Questo Oliviero Grimaldi dovea capitanare la nave D’Oria, secondo il documento XX, cui poi volle padroneggiare da se il Girolamo D’Oria stesso, pel suo peggio. (!j Vedi il documento XXVII. ( 09 ) STO It IA chi è quel genovese il quale si onori di tal nome, che per la salute di così importante terra non incontrerebbe ogni più dura lalica e spesa, esponendo infine volontieri anche la vita stessa per salvarla? 0). » Ai commissarii poi, Simone Grillo e Marco Cassina, scrivevano una efficace e patetica istruzione, in cui accennato il profondo dolore e somma meraviglia che ebbero a sentire essi e la città tutta, all’annunzio' della cattura dei capitani e della fuga delle navi in Scio, comandano loro che se tuttavia dimoravano colà, rotti gli indugii, muovessero alla volta di Caffa sprezzando i temuti pericoli; e se per cagioni ad essi scriventi ignote, noi potessero fare con ambedue le navi, sur una di quelle caricassero la migliore parte delle munizioni guerresche con centocinquanta soldati almeno, o anche al postutto noleggiassero in Scio stessa un altro legno, non tenuto conto delle spese, purché pigliato il largo si avvanzassero al contrastato passo. » Intendete, speriamo, dicono in ultimo, l’animo nostro, e che dal vostro arrivo pende la salvezza di quelle colonne, nò vi sfugga che gli occhi di noi e di tutti i concittadini stanno fissi sopra di voi. Operate adunque come la virtù e l’amore vostro alla patria vi ispirano, sicché, a fatti compiuti, abbiamo a lodarci della magnanimità, perizia e coraggio da voi spiegati nel difficile incarico (*). » E perchè edotti dall’esperienza temevano che per fortuna di mare od altro casuale impedimento, le lettere date al Grimaldi non arrivassero così presto al destino coni’essi bramavano, ne spedirono copia a Batista De-Franchi Bolgaro, genovese, dimorante in Venezia, con preghiera di trovare un procaccio fidato che le recasse colla massima celerità peli’Adriatico in Scio (3;. A Caffa poi, ove era ben fondatamente a temere che la triste notizia non prostrasse di soverchio gli animi, provvedevano i (’) Vedi il documento XXX. (5) Vedi il documento XXIX. (3) Vedi il documento XXVIII. ANNO I454 ( 70 ) solerti Protettori coll’inviare colà Tommaso Colombano per via di terra, dopo averlo creato, in benemerenza della sua prontezza e devozione, console di Copa, pel venturo anno 1456 L’accompagnavano con affettuosa lettera al console, e agli abitanti tutti di Caffa, in data 20 agosto, nella quale con Ano accorgimento celando le gravi loro ansietà sull' incerto avvenire, e simulando piena sicurezza del felice transito dei legni nel mar iNero a dispetto delle artiglierie nemiche, e la sicura esecuzione degli ordini dati ai commissarii di condursi a oltranzi in quella metropoli, scrivono del seguente tenore. « Benché ci sia riuscito ingrato e molesto assai il sapere che lo navi D Oria e Lomellina da noi speditevi onuste di armi , soldati e provvisioni in gran copia, tornarono addietro in Scio per le cause da voi conosciute, pure ci confortammo non poco, inteso come esse non aspettano che il buon vento per proseguire il loro viaggio; a sollecitare il quale, abbiamo mandato da più strade nostri messaggi, con istruzione ai commissarii di assoldare all uopo nuovi armati e altri legni, acciò non vi tardi o manchi il rinforzo che allestimmo a favore vostro. Da questo rileverete che voi e la città vostra ci siete carissimi, e vi amiamo più che la pupilla degli occhi nostri, e col fatto mostriamo di non trascurare niuna di quelle cose siano atte a porgere sollievo alla condizione vostra non solo, ma eziandio a farvi prosperare e crescere in meglio. Sgombrate pertanto ogni eccessivo timore, persuadendovi che se bisognasse spendere sin anco tutte le facoltà e robe dei genovesi per la difesa e conservazione vostra, non ci increscerebbe il farlo. Sperate che tra breve, la mercè di Dio e 1 intercessione del glorioso protettore nostro s. Giorgio, i vostri traffici si ravvieranno come per l’innanzi, e sentirete i vantaggi del nuovo stato sotto il benigno nostro governo B (’) Vedi i documenti XXIV, c XXV. (s) Vedi il documento XXXI. « ( 71 ) STORI A. Ma per quanto si studiassero i Protettori di calmare le nere previsioni dei Gallesi, annunziando e promettendo prosperi eventi vicini, nulladimeno il sovrastante pericolo dell'invasione del turco, quale aflannoso incubo, premeva loro angosciosamente il cuore. Arrogi che di fresco erano venuti in tema (pur troppo avveratasi poi) di sottostare il vegnente anno a cruda e dolorosa fame, pel mancato ricolto del grano in Crimea, Di ciò muovono lamenti il console e i massari di Caffa, e invocano dai Protettori solleciti e abbondanti soccorsi, con altra lettera dei 21 ottobre, in cui espongono cosi la loro situazione economica e politica. « Vi spedimmo testò un nostro messo assieme con Gregorio Sorba mandatovi dai borghesi di questa città, per notificare alle vostre magnificenze il misero stato in cui versiamo, e il fermo proposito degli imperatori tartaro e turco di assalirci nuovamente dalla parte di terra e quella di mare nella prossima primavera. E | erchè i’ unica nostra speranza di salvezza sta riposta nelle vostre mani, ci pare conveniente di ripetere ancora il presente corriere, Antonio Roggero, colle stesse lettere, acciò nel caso non vi fossero giunte le prime, ne sapeste il contenuto per mezzo delle seconde, e vi muoveste al sospiralo aiuto, con cui sollevare alquanto gli animi nostri dalla paura di un totale esterminio che ogni giorno ci si fa più minaccevole e certo. La nave di Acellino Lercari salpò di qui il 28 settembre scorso col proposito di forzare a tutto rischio il passo del Bosforo ; e sebbene privi fin adesso di sue novelle, stimiamo le sia riuscita la prova, a motivo dei venti che forti e propizii la favorirono nel corso. Delle navi D’Oria e Lomellina quasi niuna fiducia più ci rimane di avvantaggiarcene, mentre invece il loro opportuno arrivo ci avrebbe recato tanto di consolazione e di vantaggio. Che se la trista nostra sorte fosse giunta a tale da disperare ogni soccorso per mare, ciò che equivarrebbe un dipresso alla perdita delle colonie, sembra a noi dovreste tentare la via di terra, scrivendo ai re di Ungheria c di Polonia e al principe Bianco, e col loro anno 1454 ^ yj) ^ T .a,C* ^ent,ie soldati capaci a difendere la nostra città, più che sulla predetta nave Lercara s’imbarcarono nume-II, llla L niellanti Caffesi, non che dei nostri, i quali . / e a PnSna ci sarebbero stati di grande aiuto, perchè valent, nel maneggio delle armi. carestia ^ H’ ^ male, ci preme assai il timore della :j , J anno venturo, essendo tutta all' intorno molto scarso i \ 1 *,u,nent0» e in ispecie a Mocastro e a Licostomo, ua dove so pva * d’uopo -> 1 mirarne più abbondevole copia; onde fa rjco a ^ le ne*la pi ima spedizione ce ne forniate un buon ca- Der<5in«SC^n|i-° dÌ -,aDnÌ mag®iori* Finalmente a rendervi appien turchi \ 6 lmm'nenza ^1 nostro pericolo di cadere preda dei ’ Vl :i0[ifichian>0 essersi qui in pubblico consiglio deliberato 1UV13P0 (ìli* reo>ajj .0ro imPeratore in Costantinopoli un’ambascieria con questo no^00* ^ a^onirlo, e a tal quale conforto di sen f r° invaso c,a tànto spavento, che molti e molti non ci Se"retamente coi loro averi dalla città. Pur troppo omii m -e° S^*eiare nu*la di buono da questa ambasciata, essendo wuai manifesto pha „ i stprì rioi sovrano orgoglioso e crudele non desi- dito e dkM»100?10 tJise®110 su Gaffa, meno che ne venga impe-, d,St0U° da Prepotente ostacolo ('). » città^scriv U^1Cia'* borghesi, una specie di municipio di essa sari rifm^00 i! S‘01 no d°P° in conformità deh console e dei mas-rivo dei°com0aa lemUla invasione turchesca e al disperato armanto all,rani rattenutl In Scio> ma si dilungano da loro Smossa „ :r,ment° intern°: E P™» “ d’una forte denaro e Giuliano6L™13111 da' f,alell‘ Giudici- Clemente Val-cinquanta e più f -8000 C°ntl.° dl Ace,lino Lercari, nella quale alle grida sediziose2'^1’—!rmat1’ ,6ransi dati a percorrere la città poi informano in, vna il popolo — morte ai nobili. Di n° ‘ Pr0lett0ri de"a nomina di Antonio Dei-Pino e 1J Vo(Jl n documento XXXVI. « ( 73 ) STORIA Batista Allegro, incaricati della altefata ambascieria, coll’offerta di trecento sommi al gran signore. E ciò che più monta, li stimolano anch essi con vive preghiere, di mandare al governo della colonia un giusto, provvido e severo amministratore, tacciando così implicitamente d’inetto e men capace l’attuale console, Demetrio Vivaldi (*). Mentre tali cose succedevano in Cafla e Io spirito dei coloni venia man mano infievolendo, in Genova nulla omettevasi dai Proiettori per rialzarlo, mercè tutti gli utili apprestamenti clic erano in loro facoltà. Da una corrispondenza coi genovesi di Scio, dei 23 ottobre, rilevo che già prima d’allora il magistrato di s. Giorgio avea spedito al Sultano una legazione composta dei nobili Luciano Spinola e Baldassare Maruffo, la quale andò a vuoto, stando sempre Maometto in sull’irato colla Repubblica. Intendendo però quanto importasse alla salute delle colonie Eusine il guadagnare tempo con quel tiranno, i Proiettori vollero ritentare la prova, e diedero in conseguenza le sottoscritte istruzioni a Quirico e Iacopo Giustiniani, Raffaele Catlaneo, e Pietro Lomellini, cittadini genovesi dimoranti in Scio: ove si diceva che per le ultime lettere giunte di colà aveano inteso con dolore come gli oratori da essi inviati alla maestà del Sultano dovettero tornarsi senza nulla conchiudere di decisivo, e anzi uno di loro, Baldassare Maruffo, era mancato di vita. Stante però il sommo bisogno in cui versavano di ottenere dall’imperatore o pace o tregua, commettevano loro che se all’ arrivo delle presenti il nobile Luciano Spinola dimorava tuttavia in quei luoghi, lo mandassero di nuovo alla corte a replicarvi l’istanza, colla minore comitiva e spesa possibile; e non essendo questi in grado di andarvi, ne incaricassero altra persona egualmente capace e fedele, la quale fermasse i patti e le condizioni del tributo dianzi discusso, e ove insuperabile necessità lo stringesse, ne allargasse (’) Vedi il documento XXXVII. ANNO 1454 ( 74 ) anche i termini, purché la desiderata pace ne conseguisse. E se trovava che i legati di Caffa, alcun tempo avanti spediti allo stesso re pel medesimo fine, aveano stipulato con lui discreti accordi, li ratificasse eziandio a nome della Repubblica. Da ultimo rimettevano tutto quel delicato quanto difficile negozio alla prudenza e accortezza dei quattro concittadini, i quali perchè testimonii delle cose che ogni di succedevano sotto i loro occhi, meglio saprebbono cogliere il destro di giungere al tanto bramato componimento (*). Nello stesso tempo mandarono allo Spinola le credenziali che 10 accreditavano oratore di s. Giorgio presso la Sublime Porta, e un altra lettera al medesimo col grazioso comando di sobbarcarsi di buona voglia peli’utile pubblico all’iterato incarico, e gli ultimi ordini ai loro commissarii di fare vela, a qualunque costo, alla volta di CafTa. « Ve cometiamo, dicono, et stringiamo che omnino passati.., per ciò che in lo passare vostro intendiamo se contiene la salute et conseruatione di quella amplissima citate di Capha et de tante altre tèrre. Considerati adóncha quanto tuta questa citate riguarda in voi soli, quanto fructo debe prouedere 11 \o*tro passare, quanto earrico haueresi se per non passare , qualche male intrauenisse H. » Al console poi, ufficiali e abitanti tutti di Caffa, accasciati sotto il peso di tanti mali, dirigevano lo stesso giorno > 23 ottobre, i Protettori una calda esortazione in forma di epistola, in cui lamentala la inconcepibile stoltezza, o com’ essi 1’ appellarono, bestialità dei due capitani D’ Oria e Lomellini, dalla quale n' erano seguiti tanti danni al banco di s. Giorgio e a quelle colonie, assicurano avere provveduto energicamente a che il sospirato arrivo delle navi non si protraesse di vantaggio, e con nuova ambascieria al Sultano si firmasse ad ogni modo la pace. Avvi- (') Vedi il documento XXXV111. (*) Vedi i documenti XXXIX, e XL. ( 75 ) STOBI A sano che, tenuto conto dei loro giusti reclami, aveano nominati ad officiali eli (lette colonie uomini prestanti e . merito, giudicati da tutti capaci a riformare la pub ica strazione, così in Caffa come nelle minori tene del mar ì e , ^ col primo naviglio si porrebbono in viaggio a quel a La presente lettere che fa fede del grand' amore che la mad patria nutriva verso quei lontani paesi, chiude per q la serie della corrispondenza politica corsa fi a i ^ role . rigovernanti della Crimea, e ne apre da se stessa 1 a il a parlare delle cose amministrative, di cui prima e p era la elezione dei consoli e degli altri maestrali pi epos reggimento dei luoghi medesimi. HI. La solennità delle forme osservate nel processo di questo allo mi consiglia di tenerne questa volta circostanziato isc , standomi poi nel seguito della presente stoiia di citare il tempo della votazione o i nomi dei nuovi eletti. Fissato g in cui doveasi procedere alla nomina, si adunavano 1 dei tre officii di s. Giorgio, cioè dell’ anno corrente, del preceden e dell’antecedente,nell’intiero numero di ventiquattro(essen i Protettori di ciascun anno), ovvero la gran maggioianza i di essi, e gli assenti, per qualsivoglia motivo, \tni\ano - o da altri a ciò designati dai riuniti colleglli- Cosi compo © officii, e letta al cospetto dell’ assemblea la regola a tener elezione degli ufficiali, si deponevano i ventiquattro .. scritti.su altrettante e distinte cedole in quattro usso 1, il priore dell’anno in corso, seduto nella scranna presidenzale n’ estraeva a sorte il numero di otto. Gli estiatti, con scrutinio eleggevano sessanta cittadini conpartccipi a e co (1) Vedi il documento XL1. ANNO 1454 ( 76 ) e immergendone i nomi in quattro maggiori bussoli, ne tiravano quinci a sorte di nuovo ventiquattro fra quelli, non elio dodici qualità di .supplenti. Questi ventiquattro, previo giuramento ' osservanza della medesima regola, avuto tra loro maturo a io e fatta diligente ricerca dei cittadini nobili e popolani paresseio meglio capaci delle cariche cui venivano assunti o med^r°^na <^manda’ 0 ancl)e più spesso a totale insaputa dei a I C°n tCIZa votaz'one a Pa^e bianche e nere eleggevano pura ita di voti i consoli e gli altri ufficiali tutti, maggiori 6 ffi,n0ri desti™ti alle colonie. /\ & 1 a t melodo, sebbene alquanto complicato e prolisso, godeva esci f8l(ant0 cli 1110,11 vantaggi; fra gli altri questo, che mentre ,eVa.^a un *a*° J'l pericolo di maneggi e raggiri per otte- “ hnn G ^lo.nila C0DS0,ari e 1 Aerosi impieghi di massaro, capi-e ministrale, chiamava dall’ altro tutti e singoli i socii ed tem'St'l t)blle '0mpere ad esercitare in qualche modo e per breve 01 UI°. dlnUo di consovranità, il quale nel corso dell' anno la f()eniat0 rimaneva negli otto Protettori. Inoltre imitando esso di cui '] 5°'erno P°PoIare allora in vigore nella Repubblica, ij ' banco dl s- Giorgio era il baluardo di sicurezza sotto suffrw ° ^nanza’ anche per questo godeva il pubblico Il leu 8 Un’'ersa*e confidenza. lo stesso ^ * precitali scrnlinii aveano luogo tutti persone 1 ol0rn0, ^ esP°sizione e disamina dei varii pareri sulle richiedesi ° 900016 a tani* uffici>, la lunghezza di tempo che e Ponderaz^ ^ bal,0ttazione tra sessanta individui, la gravità zione di riliev8 ^ aCCOmPa^Davano ma* sempre ogni delibera- lo avviso 6V°^^ue!1 integerrimo magistrato, sariano, anche a in differenti (T l5>Pr6°eVOlÌ arSomenti a credere che si operassero avesse in cont ' ^ ^ a^jastanza ùntane raunanze, ove non si costanlemenle OBervti!10^ f faU°’ nel C°rS0 della n0Slra Sl0r'a cedevasi a tutt -C *6 stesso dì e in una sola seduta pro- surriferite votazioni. Gli eletti poi erano con STO IMA pubblico messaggio avvertiti di costituirsi in giorno determinato nanti i Protettori per accettare la carica loro affidata, od esporre le ragioni del ri finto non sempre tenute per buone; e a ciò si addiveniva talora colla massima celerità e la più parte delle volle con lasso di tempo, a misura che la spedizione dii nuovi ufficiali urgeva al benessere delle colonie, o la flottiglia die dovea condurli stava alla vela. Infatti 1’ atto da cui io tolsi la notizia di questo processo di regola elettorale reca la data 22 agosto, e quello che dovrebbe tenergli dietro a breve intervallo di giorni, segna il dì 15 novembre, cioè poco meno di tre mesi. Mi spiego. Gli ultimi ventiquattro cittadini incaricati dall’ assemblea di s. Giorgio a nominare per l’anno prossimo 1455 i nuovi consoli ed ufficiali delle colonie del mar Nero, elessero a console di Gaffa Iacopo Bracelli, notaio e gran cancelliere della Repubblica, di Soldaia Iacopo Vivaldi, di Cembalo Lazzaro Varese, di Samastro Cosma Dentuto, di Tana Domenico Pellerano , di Savastopoli Filippo Clavarezza, di Trebisonda Galeotto Spinola, per tacere degli impieghi minori; in totale venticinque elezioni (0. Il Banco poi solo al giorno 15 di novembre predetto emanò l’ordine ai medesimi di presentarsi il dì 18 successivo dinanzi ai Protettori per fare atto di accettazione e prestare giuramento di fedeltà (*). Non ne fu nulla. I cittadini eletti vennero bensì alla curia di s. Giorgio nel giorno designato, per non incorrere nella multa di duecento genovini d’oro, ma tranne alcuni pochi assunti ad officii di grado inferiore, nissuno accettò, massime fra i consoli, 1’ onori-fico impiego offertogli, e meno che tutti il console di Caffa, Iacopo Bracelli. Segno più manifesto di questo per dinotare a quanta bassezza fossero giunte le cose delle colonie tauriche non credo (’) Vedi il documento XXXII. (*) Vedi il documento XLII. ANNO I 4*54 ( 78 ) si possa dare. Miseranda condizione invero ! Quegli oiTicii che pocanzi erano bramosamente agognati da chiunque senliasi o si presumeva allo a reggerli, e a cui ottenere per vie traverse o diritte poneasi ogni studio dai nobili e dai popolani, oggi, colpa la malversazione passata, la difficoltà del rimediarla, la temuia oculatezza dei nuovi signori, il panico dell’ invasione turcliesea, l’incerta e fosca prospettiva delle colonie, giacevano in dispetto e avvilimento presso 1’ universale ! Nè devesi farne le maraviglie. Quando la patria è discorde e versa nell’ agonia della sua libertà, forza è che ogni cittadino si sgomenti, illanguidisca e si ritragga tra sdegnato e peritoso di cadere sotto il peso della connine infamia ! In così deplorevole stato trovavasi allora il governo di Caffa e delle altre terre nel mar Nero. Ma gli è appunto nei duri frangenti che l’uomo od un corpo morale o finanziario minacciato dall’ avversa fortuna, dà a divedere la intima e latente forza che lo invade, e affronta il pericolo con magnanime e opportune risoluzioni, coronate spesso da felice evento : e tale era e si dimostrò il nostro banco di s. Giorgio. Raccoltosi dunque a consiglio buon numero di partecipi alle compere venne data piena ed assoluta balia ai Protettori del-1’ anno corrente, e ai già nominati per il prossimo 14-55, di provvedere con una seconda votazione ai posti vacan'i, giacché gli ultimi eletti aveano ricusato di accettare. E i Protettori avu'one lingua con cittadini egregii, amici sinceri della pntria e di quei lontani possedimenti, .presero la importante deliberazione di eleggere non che uno, tre consoli da succedersi l’un 1’ altro per turno, cioè di console per un anno e di massaro e provvisore per due. Riuscivano infatti nominati lo stesso giorno, 22 novembre, Tommaso di Domocolta, Antonio Lercari e Damiano di Leone. Il primo perchè artefice, andrebbe subito al comando, giunto che fosse in Caffa, cosi richiedendo l’ordine stabilito di fare succedere un popolano al nobile, chè tale era Demetrio Vivaldi allora in ca- ( 79 ) STOItIA rica. Uno di essi (e fu Damiano Leone) vi si recherebbe tosto per via di terra, e i due restanti per mare. Agli ofììcii minori si designarono altri cittadini tolti da Genova o dalla stessa Gaffa in successive tornate dei 28 e 30 novembre, e dei 5 e 6 dicembre 1454 (1). Superata così bene la prima difficoltà colla nomina del personale amministrativo, restava di procacciare i mezzi di trasporto degli ufficiali eletti e delle munizioni da guerra e di vettovaglie, massime di frumento, affine d’antivenire i disastri che sogliono accompagnare la carestia, specialmente in una città soggetta ad invasione nemica. E a questo pensarono altresì senza por tempo in mezzo i degni Protettori. Sotto i giorni 29 e 30 novembre esistono due instrumenti, co’ quali Iacopo di Leone e Martino di Voltaggio si convengono coi medesimi pel nolo delle rispettive loro navi alla volta di Calla. Gli articoli più interessanti erano: 1.° Che i padroni dovessero pel dì 4 del prossimo gennaio 1455 tenere apparecchiata di tutto punto e debitamente provvista di viveri, almeno per tre mesi, la propria nave, con novanlacinque marinai armati, pronti a partire ad ogni cenno. 2.° Che il dominio di queste spettasse intieramente a quello dei consoli che sarebbevi salito a bordo, e il padrone n’eseguisse i comandi. 3.° Che non putesse per qualsiasi motivo deviare dalla rotta di Caffa, meno che il console stimasse far vela all’ isola di Scio a caricarvi le provvisioni colà giacenti delle navi D' Oria e Lomellina. 4.° Che non ostante il certo pericolo delle bombarde, le insidie e le minaccie del turco, sforzassero lo strego del Bosforo Tracio e penetrassero nel mar maggiore. 5.° Che di ogni controversia che per occasione di quel viaggio potesse insorgere (e sorse infatti), se ne rimetteva il giudizio al tribunale stesso di s. Giorgio, il quale la definirebbe con equa imparzialità. Ciò ed altro che taccio per brevità si obbligarono, con giuramento sulle sante scritture, (*) Vedi i documenti XLIII. XLV. L. LVIII, e LX. anno 1454 ( 80 ) di osservare i due padroni sotto la pena di quattromila ducento cinquanta lire, che era appunto la somma accordata ai medesimi pel noleggio delle loro barche, compresi gli stipendii alle ciurme (l'. Vedremo nel seguito della storia se e quanto tenessero la parola, resa anche più sacra dal vincolo della religione. Ora basti il dire, che i consoli ebbero a sostenere fiere lotte durante quel lungo tragitto, ora coi condottieri ora coll’equipaggio, e si chiamarono sommamente felici se dopo una faticosa traversata giunsero ad afferrare il porlo di Gaffa apportatori dei sospirali soccorsi. Ho riferito dianzi come tra gli inconvenienti lamentati dagli ufficiali di questa città uno era la fuga degli abitanti, la quale operavasi su larga scala e di soppiatto, colpiti da indiscreto ti-moie di perdere le loro sostanze e di rimanere oppressi dal giogo ottomano. Ma altre cause ancora aveano precedentemente concordo alla diserzione. Imperocché sembra che molti mettessero a hulto la vicinanza dei popoli barbari, per commettere frodi e ingiustizie nel commercio, e quindi riparare incolumi nel territorio limitrofo. Non pochi appaltatori di gabelle eziandio , o impiegati nei diversi rami amministrativi della colonia, o altrimente debitori al Governo, saputo che il magistrato di s. Giorgio avrebbe, a cose composte, ordinato la revisione dei conti della masseria, sollecitavano aneli’ essi la loro partenza e ivano stabilendosi nei villaggi circostanti dei tartari. Da qui l’assottigliarsi continuo della popolazione di Caffa e in ispecie di mercanti: il che metter in grande ansietà i suoi governatori, ben persuasi che solo peli industria e col traffico trarre poteva la vita e il lustro quella metropoli. Cerziorati del fatto, i Protettori emanavano addi 5 dicembre un decreto, in forza del quale veniva concessa ampia amnistia ossia salvocondollo, a tutti i profughi da Caffa , con facoltà di trasferirvi sicuramente le loro persone, famiglie, merci, danari, e stabilire in essa come prima ferma dimora, negoziare, (*) Vedi i documenti XLVI, e XLVIl. STO»;A cóntiattare c simili: abrogato ogni qualsiasi impedimento reale 0 personale, rimessi i debiti pubblici e privali che non eccedessero i duecento sommi d’ argento; esclusi soltanto i noli ladroni e traditori della patria, già per l’addietro condannati e banditi L utile ripiego, non che molte savie ordinazioni emanalo in quel torno dal Banco suddetto circa 1' amministrazione interna, e l’autorità ancora oscillante e spesso abusala di alcuni ufficiali, e più di lutto 1’ arrivo sì a lungo e con febbrile impazienza desiderato delle navi D’Oria e Lomellina aventi a bordo 1 due commissarii, e delle seconde Voltaggia e Leona con i tre consoli, e, ciò che era meglio assai, grande quantità di frumento a sfamare quella disgraziata città, sollevarono di molto lo spirito pubblico dei Caffesi, i quali alla vista di tanta profusione di aiuti loro venuti dalla madre patria si convinseio alla perfine che il magistrato di s. Giorgio, non che buone promesse e ottimi consigli, inviava loro daddovero copiosi aiuti di soldatesca, di munizioni guerresche e di vettovaglie. Ond’ è che i rimasti in città viemag-giormente vi si assodarono, i fuggiaschi fecervi tantosto ritorno, e tutti, genovesi e caffesi, ebrei, greci, vaiacelir, cosacchi ed armeni là residenti, ebbero a lodare la saggia non meno che liberale condotta dei nuovi signori, i quali (ino dagli esordii del loro dominio davano così larghe prove di generosità e d’intenso amore a quelle desolate contrade. Dove non posso ommetlere di toccare almen di volo le alte-fale disposizioni dai Protettori emesse ai 17 dicembre di questo anno pel buon governo della città di Gaffa specialmente, e sono come un saggio dei tanti altri provvidi ordini e decreti che a seconda degli eventi e delle circostanze mandarono poscia ad esse colonie. Comandavano 1.° che nissun ufficiale di Caffa e delle altre terre del Ponto, si ritenesse scaduto dall’ impiego che occupava se non all’ arrivo sul luogo del suo successore, quantunque (•; Vedi il documento LI. ANNO IÌ54 ( ^2 ) nc fosse trascorso il tempo assegnatogli nella sua patente, meno che con male azioni e indegne del suo grado, a giudizio dei sin dicalori, se ne rendesse incapace. Ciò per frenare 1 ai bit» io dei dignilarii maggiori i quali spesso, forse, abusando del potere, op primevano i subalterni, togliendoli di seggio per collocarvi alti i loro bene visi. 2.° Che il console e i massari di Calla dovessero ogni anno, al termine del loro officio, saldare debitamente i conti della cessata amministrazione, e rimettere ai loro sindicatori e poi al banco di s. Giorgio copia esatta dei cartolarli della masseria, sotto pena dai venticinque ai cento sommi di muda, esigibile ai suddetti e anche dai sindicatori in caso di contravvenzione presenle statuto. Il quale aveva per iscopo il chiaro processo della contabilità di quella ricca colonia. 3.° Che i medesimi con^ sole e massari menomamente non si intromettessero nelle dei fuggiaschi dalla campagna in città, ove, a quanto ricovravansi i colpevoli o malfattori, per cansare il rigore ^e^ giustizia, ma ne lasciassero al tribunale competente il 0m ... i norp pra il cosi e la sentenza. Questo tribunale poi, a ciò che pai e , detto officio della Campagna, la cui giurisdizione estendevasi s ^ abitanti e paesi limitrofi a Caffi, ma soggetti alla si0noua tartari. 4.° Che le spese a farsi in Caffa coi fondi della ma^^ si deliberassero di comune accordo dal console e massari, un ^ mente all' officio della Moneta ; e questo avesse facoltà come approvare, cosi di correggere e rivocare quelle che stimav gionevolmente ordinate. Savissimo statuto diretto a ficnare le _,. m o rhp ai bor- consulte prodigalità, dannose al pubblico erario, o. gliesi, cioè nativi di Caffa, fosse lecito raunarsi una volta i an in assemblea generale, ed eleggere quattro prudenti concitta mi loro, ben affetti alla pairia, i quali giurata obbedienza nello mani del console, avessero l’incarico di adoprarsi con solerte cui a al ben essere materiale, politico e morale della città, e avuto lingua di alcun malefizio, congiura o danno impendente alla medesima, 1 notificarlo al suddetto console, o anche corrispondere direttamente ( K3 ) STOMA col magnifico banco di s. Giorgio. Un tale officio esisteva già di fatto, c noi I abbiamo più sopra ricordato, ma qui Io si vede costituito in diritto, e posto quasi a controllo del console e degli altri ufficiali inviali da Genova a governare quella nobile metropoli delle colonie tauriche. Da ultimo sul cadere del anno 1454, occorrendo procedersi alla nomina degli otto Protettori pel successivo 1455, riescivano eletti alla difficile carica: Martino Grimaldi, priore, Iacopo q. Bartolomeo Spinola, di Lucoli, Antonio Gentile, Antonio Casana, Paolo Giudice, Marco De-Marini, Antonio Caffarotlo, Francesco Scaglia. Furono questi i valorosi cittadini che nel corso del seguente anno ressero con tanta lode e coraggio il governo delle colonie Elisine, non che delle altre disseminate e sparse nei mari Medi-terraneo, Tirreno, e nell’Arcipelago, ancora soggette al genovese dominio. Gloriosa pleiade di magistrati che avendo redato dai loro predecessori una amministrazione, segnatamente per ciò che riguarda le terre e i possessi del mar Nero, oltremodo impigliala e scabrosa, a motivo dei vieti abusi introdottivi durante il lungo periodo della sovranità della Repubblica, riesci va arduo al sommo il purgarla dai tristi semi di corruzione e ili immoralità lasciativi barbicare nei varii rami dell’ organamento statistico, nelle masse degli impiegati e nei costumi del popolo. E noi vedremo nel racconto storico del prossimo anno, quanto bene seppero i medesimi fare testa all’irrompente furore del turco; dare opera efficace all’apparecchio costoso e sollecito d’una crociata dei principi d’Occidente e d’ Oriente, ai danni dell’ inorgoglito Maometto; provvedere con affetto al tutto paterno e lo sborso d’ingenti somme di danaro, per mitigare le rabbiose ire degli affamali Caffesi, cessandone appieno la carestia ; punire con severa giustizia, a terrore ed esempio degli altri, i rivoltosi e caparbi coloni ; emanare decreti e lodevoli statuti per la retta amministrazione della pubblica finanza, dei tribunali e la militare disciplina; ANNO 1454 ( 84 ) introdurre ogni miglioria spellante le opere di fortificazione delle castella, torri, spaldi e mura di circonvallazione di Calìa e delle minori colonie; in corto dire pigliare a petto l’interesse e il buon avviamento politico e commerciale di esse terre con quell'ardore e assennata oculatezza che convengonsi all’uomo di stato, il quale conscio dell’alta sua missione, neglige piuttosto e fa getto talvolta del proprio, affine di meglio curare il pubblico bene. DOCUMENTI DOCUMENTO XX. Girolamo D’Oria presta cauzione ai Protettori pel nole^io fallo coi medesimi (ii una sua nave per Cafla. USI 8 marzo (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 6) * MCCCCLIIII die veneris Vili martij. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij annorum mccccliii et lii in numeris infrascriptis congregati, et quorum qui his affuerunt nomina sunt hec. videlicet: Ex OFFICIO Dii LUI D. Filippus cataneus prior Guirardus de goano Urbanus de nigro Nicolaus de grimaldis Johannes do triadano Nicolaus de fiiruarijs absentibus prostantibus viris andatone inamido et benedicto spinula. ANNO I454 ( 8G ) Nomina vero dominorum protectorum do lii qui his alluerunt sunt lice: D. 1 oregrus de premeniorio prior Baptista lomellinus Michael capellinus Bartholomeus de auria Donaiuus de marinis Johannes de inurea absentibus tantummodo nobilibus et prostantibus viris antonioto de francis et dario de viualdis. Absoluentes se ad calculos albos et nigros decreucrunt repertis calculis ecem .ilbi» aflìrmatiuis cum et duabus nigris reprobatiuis. quod jeronimus t nui ia prestiiis fidejussionibus de florenis decem millibus obseruandi et pelliciendi ea que promisit et obligatus est oliuerius de grimaldis patronus uauis dicti jeronimi et sociorum conducte et naulizate pro negotijs caffè. por*it nauigare cum dicta naui et eam patronizare loco dicti oliuerij cum quo contraxerunt. DOCUMENTO XXI. Demetrio Vivaldi console di Caffa si congratula coi Protettori dell acquista^ dominio delle colonie Tauriche, e li informa degli apparecchi militali Turco. Udì 2 maggio ( Filza di Caffa, n. 1 ) (Extra) Magnificis ac prestantibus viris dominis protectoribus comperarum sancti georgij ciuitatis janue. (lntus) . Magnifici et prestnntes domini. Litteris vestris per guirardum pme uni delatis michi ac hujus ciuitatis uniuersitati res gratissima nunciuta est. sci licet hujus ciuitatis regimen et dominium ac aliorum locorum orientaliun comunis janue in officium vestrum comuni omnium ciuium consensu tran slatum fuisse: que res tante utilitatis atque tute prouisionis esse videtur. • judicandum sit mentes ciuium nostrorum diuinitus ad id cogitandum facien dumque excitatas pro nostre rei publice salute mirabiliter fuisse. Nam ex hac re tantum alacritatis animos istorum populorum intercepit, ut nichil deinceps sinistri ipsis huicue ciuitati euenire posse arbitrentur, deoque hujus DOCUMENTI rei causa undique relidite fuerunt in hac ciuitalo "ratic singulares. Litteris • u O vesti is niiclii et ollicijs directis juxta omnem possibillitalem obtemperabimus et quo mandatis exequutioni mandabimus. Non alia dicenda occurrunt quam quod ex multis partibus feritur dominum theucrorum armatam potentem instruere. Sin autem id faciat ut eam armatam transmittat ad nostra loca maris majoris. an ad defensionem suaiii ex quo persensit classem Christianorum contra se statumque suum ingentem preparari ignoramus : tamen omni respectu debitis prouisionibus studemus hanc ciuitatem custodiri atque alia loca huic ciuitati subiecta. Vos autem si certiora noua potentie illius domini theucrorum et ejus dispositionis haberetis, possetis hujus veslre ciuitatis saluti ac tuitioni congrue cogitare et prouidere. quod in partem commemorationis et nou consilij commemoratum sit. Alia non occurrunt, quare semper mandatis vestris me paratissimum offero. Ex caffa die secunda madij mccccliiii. Vester dernetrius de viualdis consul caffè etc. DOCUMENTO XXII. L;» stesso fa il vescovo di Caffa, e accusa gli officiali d’avarizia e d’inettitudine mostrata noi recente assalto dato a quella città dagli imperatori dei Tartari e elei Turchi. libi 7 agosto (Filza di Caffa, n. 2) (Extra) Nobilibus et egrcgijs dominis, dominis officialibus sancti georgij janue etc. (Intus) Nobiles et egregij domini. Premissa (’).....vestrarum dominationum salute, et in glorioso martire georgio speciali januensiuin vexillifero desiderata .... Recepimus litteras dominationis veslre quibus certiorati fuimus unanimem concordiam principis nostri cum . . . . ut orientales partes dicate nomini janueu. vestro commendarentur gubernio. Exhilarati.....uniuersi habitatores caffo presertim cum presenserint ea que vestro regimini fuerunt hactenus commendala.....successu secundant, adaucta proinde extitit (’) Sventuratamente questo documento essendo molto corroso nella piegatura delle pagine lascia in più luoghi incerto il pensiero dello scrivente. ANNO I454 ( 88 ) «P* omnium quoniam viam rcsipiscendi a jacturis proteritis inuoniam vide-et ,i fu.tui „ Miti conferri romedia opportuna, sed protelata alllix.il animo® t nieius suspensa tenet precordia. Exiuit enim rumor et in aures omnium troiuit quLmadmodam naues a dominatione vestra nobis transmisse cum cop.js et munitionibus quas auide attendebamus et quiLus......exortis I ti nibus iu t isdem dum facultas aderat maro pontieum intraro negle- xomnt ^ * i ■» .....1 10sl0ni perfidum ebristiani nominis recentem theucrum ^ cum machinis nou paucis aut......eatinus ut opus sit magnis o l 'iiihus eundem aditum acquirendi, (jue vultus omnium plurimum ^ kna. maxime quia hac in estate dic quarta iulij se presentarunt I stxagiuta nauigia theucrorum confedera lorum cum perfido noste nostro agicharey. rectorib ^U°IUIU^am ^'c stanl*uni pestiferis secretis operationibus una cum v CX eCat'S CX auar*l'a et cupiditate oculis hanc miseram ciui-... . . S1 1 sub*ectani fecit, eo modo ut qui hic rectores sunt, magis sui ■j & 8&5° 'beantur quam comunis janue. Ex iniquis enim consiliarijs fid-ni Ut n°5 jUramCnt0 nostns manibus prestito, tributarios ecerunt. quod a seculo non est visum. Nec id ipse excogitauerat 1 ‘Uam in mentem incidisset, sed suasu quorumdam qui .... magna 1 lur eiigere cum jactura et destructione hujus ciuitatis. In primo enim auueiitu et a k SUnni . f •••■.. Doruelis de grimaldis. ipse agicharey misit matrem nr.'f rv Ca*lani‘ Cu* Dec^sse .... niens exenium dare, demum paulo puli t • J'1 11Um Uuc^um ut hidueretur et munera sumeret......post eliam iu ^ CentUm flu'n,laaS'nta auri pro ceriis nuptijs celebrandis, que omnia > ' nec acquiescentibus tandem obiinuit. quibus obtentis se- ad"; . nD° COnS°*atUS ^^em sta.....iterum mater agicharey caffam J ^'°Data IeCL“5Jit eo quod sibi ampliora donaria quam in primo dom m aC^puat uoa recePil- PjuIo post cognatus ejusdem accessit, cui et m larga exhibita suoi, p-.ulo......sallm idest monsalmanos ca£fe c T5 re'1UI5m't' eJicl° de calra «x^ere . . ' . . oi,,rrr;,rem iassi‘-wru™ij s“b cdi“ p®» ^ 3tl T ......~ recederò voLsseut se ejnsura v rreot' De“q“o liis non contentas sub indigna .... quod ,„c „IJ -S' ' JUa" ‘reC™10s sas'os auri I>uri- et conciuso per consilium “1 L 7’C •••••• iU d*“s « ciuitatis. tandem («mialini ciuilainn m UC'Jl ll3'lai! V'd™s i|,sc a2icl>arey '|uod ad nutum duitatem nos,™ sue ditioni subijeere poterà, niit legatos nd DOCUMENTI thoucrutn ut classem triremem calTam mitteret.......tortestri exercilu solemni stipulatione promisit se traditurum populum caffenscm et spolia ipsi theucro .... sibi ciuiiato dimissa. Quod cum persenserunt rectores nostri nescio quo ingegno freti, ipso agicharey minime requirente, legatos ad eundem miserunt qui nomino dominij hujus ciuilatis eidem dederunt cum tributo annuali ultra consueta noualia sexcentorum summorum. 1’lura autem essent declaranda circa circumstantias huius negotij. que spero cum salute difusius oretonus ipse vestris dominationibus enarrare .... Timor remansit non paruus. quoniam hoc in primo aduentu theucrorum quamquam modicum nocuerint ipsi nobis, sed tamen explorauerunt ciuitatem. iu futuro primo tempore accuratius et majorc cum ordine opinamur eos redituros, pre-sertim cum senserimus ipsum theucri capitaueum qui huc accessit una cum agicharey super hoc inisse fedus sub jurejurando. Necesse itaque esse vos ipsi conspicere valetis, quoniam hec ciuilas fortiori regimine indiget et maxime uno rectore cui simul cum auctoritate adsit animus malas erbas et tribulos resecare et igni tradere ad comburendum. Et nisi quosdam burgenses hujus loci ciues feceritis janue. egritudo hujus ciuitatis ad sanitatem restitui poterit dificulter. Nec inscius sum vestras dominationes plenius informatas de his que commemoro. s.'d puto semper meminisse juuabit. Data caffè die vn augusti 1 ii) 4. lacobus episcopus caffensis. DOCUMENTO XXIII. I Proiettori promettono la podesteria di Bonifacio in Corsica al nobile Oliviero Grimaldi, offertosi a recare speditamente in Scio i loro ordini ai due commissarii. Uo4 19 agosto (Diuersor. negot. off. s. Georg ann. 1153-1-457) (fol. G v.) * MCCCCLIIII die XVIIII augusti lune. Magnificum officium sancti georgij in integro numero congregatum, ani-maduerteus admodum necessarium fore el maxime imporlaniic dare mandata prostantibus viris simoni grillo et marco de cassina capitaneis magnifici ofiìcij ANNO I 4p4- ( 00 ) sancti georgij in calla et mari majori chiarii rcaorsis cani nauibus jeronimi do auria et theranii lomellini conductis ut caffa ni omnino annauigarent et eo sese transferant, ut mature et consulte deliberatum fuit, eaque mandata mittere festinanter, et per idoneam personam accelerare eorum expeditionem : intellecta prompta et expedita oblatione nobilis oliuerij de grimaldis qui cum uno famulo se obtulit quanto celerius fieri poterit cliiuni petere cum omnibus mandatis dicti ollieij. dummedo dictum officium signum gratiludiuis ostendat erga se : sciens dictum oliuerium de ipso officio et negotijs ad comperas •sancti georgij esse benemeritum. probeque se habuisse in negotijs dicti ollieij in quibus se exercuit bene et laudabiliter: hujus deliberationis tenore exhortatur ofiieium prefatum ac requirit spectatos collatores officiorum qui pro tempore erunt, quatenus tempore quo et quamprimum officium protestane bonifacij obueuiat coloris nobilis nigri, illud pro anno uno in retributionem et premium suum eidem oliucrio conferat ut debitum est et ipsi promissum: et pro impensis hujus viagij et itineris deliberauit eidem prefatum officium floreuos sexagiuta seu libras lxxv pro se. famulo et equis et alijs expensis faciendis per ipsum oliuerium in hoc. deo preuio. futuro viagio et itinere. DOCUMENTO XXIV. El. ggono Tommaso Colombano a console di Copa per I’anno I ìjG. Hot- 19 agosto (Diuersor. negot. oli’, s. Georg, ann. 1455-1-457) (fol. 7) * MCCCCLIIII die XVIIII augusti lune. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij in integro numero congregati janue in palatio de mari videlicet in camera magna solite resi-dentie olficij sui : cum sit vehementer necessarium miltere caffam personam cum litteris aduisaiionum pro consolatione illius populi et aliorum locorum subditorum ipsius magnifici ollieij: elegerunt in consulem consulatus de lo coppa pro anno uno incepturo post annum mcccc quinquagesimi quinti tho-mam columbanum profecturum celeriter calfam [terrestri itinere suis expensis, lecepiis omnibus octo ballis albis allirrnaliuis: et decreuerunt eidem fieri litte- (91 ) DOCUMENTI ras. ac alias litteras J naues auria et lomellina propter causas vobis cognitas I i non pi n» trauorint et in portum vestrum redierint. Nec quisquam . ,r.ar* s' propter hoc uniuersa ciuitas anxia dolore repleta est. ^vestrurn secuni consideraro voluerit iu transitu harum nauium ^ Utini ’^*us amplissime ciuitatis caphe et aliarum terrarum no-*IS Pon^c*- profecto mirari desinet et ad juuandum potius transuam Vim1101 U,U'Um et'am s,ne UN,S hortationibus nostris se conuertet. euri.' ^ *Um 0Ut ni ,Psaram nauium reditus nobis innotuit, postpositis abjs . nci0!> '1( Atteras ad commissarios nostros ipsarum nauium celeriter, mu., jubentes illis ut statini cum ipsis in capham properent. Et ne • • 'US no^lssime ciuitatis ulla ex parte segniores fuissy videamur. miSiniUS illis lilfprac firl i ^ .• " natm pecuniarum eis facturas, ut si necessitas cogeret uem aliosque \iros conducant et in mare ponticum properent. Ro- lianiUS jnrilur Pf nri-> » pro (.a caritate quam patrie debetur vos omnes deposcimus ut omni arte et ingenio tr-mcìiArv» • • .... fì ^ . ' ipsarum nauium adjuuetis et commissarijs nostris ^Nam COnSÌḬ CÌrCa omnes secutiones per eos faciendas faueatis ut equum est. est 1 °mitlrimus (IU0(^ salus vestra cum salute illarum terrarum conjuncta am IV’S L>t 11111 ^'nilensis nominari mereatur, qui pro conseruatione illius subire sed ° n°^!ss'me ciuitatis non modo pecunias depromere, labores debeat? V'lUm S' °pUS fuent omnibus periculis exponere non desiderare i ^a°D'ani. *utL“'ligimus vos transitum ipsarum nauium non minus ■•id id' v,! r""1-D0S -,f)S0S suPei nuum esse cognoscimus pluribus rationibus ‘ J 'os ortan. qui semper inueniemur in omnia commoda vestra cupi- paral' »«• die XX augusti MCCCCLIIII. Protectores. DOCUMENTO XXXI. _■ n arrivo delle Annunziano al console, ufficiali c abitanti tutti di CalTa il prossi* due navi loro mandate, e li confortano a sperare bene nell 1ioi 20 agosto (Litterar. ofT. s. Georg 1454-1457) (fui. 20 v.) Protectores etc. Spedato, nobilibus et egregijs viris codsuIì- mass J antianis et uniuersitati ciuitatis caphe. dilectissimis nostris. DOCUMENTI Dilectissimi nostri. Benche a noi sia stato molestissimo haueiro saputo por la naue de gcorgio do oria venula al presente da chio che la naue de jero-nimo de oria et leramo lomollino mandate da noi eum grande quantitate de homini armo et munitione pro defensione et conforto di quella nostra citate non siano passato in lo mare maiore por le caxione le quale crediamo siano a voi manifeste : tamen se siamo confortati assai iuteizo che le diete naue ritornate a sio solamenti expectavano tempo per passare dentro et proseguire il suo viagio. Per la qual caxone habiamo scripio et mandati messi et lettere por diuerse vie a li commissarii nostri de le diete naue che presto presto senza dilatione se parteno et proseguano loro viagio. Per conforto vostro lo diete doe sono obligate quomodocumque sit de passare in lo mar maiore et venir a voi sete in grandissime pene, et di questo ne hano dato securitate de grande soma de denari, perche non dubitiamo, mentre serano passale quam primum hauerano auulo tempo. Et tamen se qualche caxo non pensiiito hauese impedito lo lor passare, la qual coia non crediamo, hauemo commisso a li commissarii nostri che in questo caxo asoldeno a sio altre naue et homini, a ciò che non manche la prouisione la quale hauemo ordinato vegna in quello loco. Voi doueti intendere che noi e tuli li citadini nostri amiamo quella amplissima citate più cha li ogii nostri, et pensiamo diligentemente in tute quelle cose le quale non solutn pertegnano a la salute et conserualione vostra, sod eliam a multiplicare et crescere quella citate a n»i carissima. Gonfoi tatiue adoucha et datine ad intendere che se bizognasse spendere tute le facultate de zenoesi por salute et conseruatione vostra, nunquam iucresceria a tuti i citadini fare ogni prouisione la quale douese saluare et conseruare quella citate. Queste doe naue cum lo adiutorio de dio erano cum grande numero de homini arme et munitione, et cosi etiam altre se bizognera. Et speriamo in lo onnipotente dio et glorioso confalonero nostro santo georgio che li trafichi presto se farano a la uzansa. et voi dentro da breue tempo sentireli quanta utilitate hauera prezo quella citate del gouerno nostro, solo lo quale ogni terra et citale nostra iubila et sta in pace et tranquillitate. corno ciascuno manifestamente vede. Data die xx augusti mccccliiii. s anno 1454 DOCUMENTO XXXII. Elezione generale dei consoli e itegli allei unciali delle colonie del mar Nero. l iiii 22 agosto (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. Ii5ò-Ii57) (fol. 8) * MCCCCLIIII die jouis XXII augusti. , » a tifica'Officia dominorum protectorum comperarum sancii georgij anno-p \entL. precedentis et antecedentis in legitimis numeris congregata, et *.. ,l^tlcrunt janue in palatio de mari, videlicet in camera magna solite residentie ollieij sancti georgij sunt hec: Antonius de ponte prioris \icesgerens Meliadux saluaigus Simon de nigrono Antoni as de auria q. johannis surrogatus ad hunc actum loco rf. unti nij de amia q. petri. prioris, qui non valuit interesse. 1 eregrus de monelia Jacobus de axereto Antonius justinianus et Egidius lomellinus. Ex o(T*c'o rie MccccLiii nomina illorum qui his affuerunt sunt liec: rtlippus cataneus prior Andalo marruffus Benedictus spinula Guirardus de goano Urbanus de nirol,'ttorl Jal cancelliere di Cali;, dell' assalto d»to alla J°S" Taila''» » Tu,-co, e del tributo annuo imporle. 1154 H settembre (Filza di CalTa, n. 3) sancii nJr •• °U'^'S ct letabilibus dominis protectoribus venerandi ollieij 8eor«'J «celsi comunis janue. (Intus) via vestre ii .Pn ^tant*^iini domini. Usque martij duodecima prima terrestri ginas nouem inatl0DIS Per uuncios vestros transmissas nobis sumpsimus pa-iu\ta finini SlXJeCim °ura padani dierum decem et octodecim aditione. PC“il“5 <««">• » lremoris iu dulcedinem es S m ter ex • • • • omnis amaritudo nostri pectoris denuo miscrii- ^r C0“Uersa' ,mel|ecta respiratione urbis tribula .... nati *» gaudium !*''t * «*»!«»» rei egebamus immense. reruni°res ab ’ CQm spe nostros pauit animos, multas quoque que occur-vestiis omninr» em l6mP0re Cltra sustentauit. quas .... spectabilitatibus To eCr deClarare “ describemus, partimqae ma^nifi^ 1 fr ^ (J°IDÌno daci' unt regresse, applicuerunt autem die secunda julij et per quas habemus adulationes pro suis omnia reparationibus preparabant. ut cum tempora adue-nerint australia in mense septembri se se ad nauigandum expouerent. quas summo desiderio immensaque cum letitia expectamus. Postmodum autem legatos nostros per nos ad ipsum theucrorum regem transmissos nouimus ab eodem recessisse discordes, cum quadam tamen m . . . lusione cum eodem perpetrata . . . pupes nostre mercandi causa abire libereque transire possint nauigantes mercatoresque quod tute iu suis terris mercibus .... va|eanl permanere Consensit autem ipse rex non eo quia m nostrum veniret comodum sed ... quia in suum beneficium adsunt opportunum, et quod deterius est intolerabiliusque samastrensem locum m suam jurisdictionem postulauit obtinere, caffensem quoque tributum cupiebat adipisci, et secundum quod sumus aduisati cum ducatis duobus millibus annua tira tribuendis suam potuisset contentam facere voluntatem. Quantum ad nos allinet cum eodem optamus compositionem perpetrare potius quam cum eo in ruinosa guerra remanere. De loco samaslrensi autem quid fari ignoramus, cum res eximia sit et durus sermo ventilandi, nam faciliter valet considerare quod afectantibus et volentibus hanc urbem et hec loca retinere, ea una ex duabus formis oportet pertransire. hoc est in pace aut in guerra. Clare autem cernere valemus cum eodem in pace non posse permanere msi aliquo tributo mediante, cum hec ipsorum antiquissima sit consuetudo. potissime ultra . . . hujus magnanimi juuenis regis ac ausissimi. Hoc emm egerunt chienses. trapezundarum imperator . . . metclini dominus s.miK " • legi submiserunt, nobis quoque bec via tutior videtur cum minoris sumptu* ^ 107 ) documenti ac dampni sit quam cum ipso regc iu guerra permanerò, quo casu s J res infinitas nos oporteret ad ista loca teuenda prouisiones pertra Nani graues et insuportabiles quoque iste erunt expenso qua si_ violenter .. . pertranseaut naues. si prò tempore cum imperatore ìa ' mjnjnie tionem. classem transmittet potentem. unde quod sic se ia ea ^ ^ ^ dubitamus. Non enim 'arbitramini loca nostra urbem hanc manere, licet illi homines commissarijque cum muuiliom : : : » :.Si urbem cum suis machinis......culu . ■ m . quibus- castramentrarentur. cum hominum numeius tain alia . .. periculo, cumque aliorum insufficiens sit. procul dubio'deciarare affecta- Bono respectu.....quales nec quam s. ^ coalingentibus hijs mus. a nobis autem metips . • hec consi er . • • • • non posse, sic nobis visum exlitit sueursum optatum buie impen ^ ajaeniente non pac . . . tente primo hoc tempore cum ' #d ipsius su. quod absit Christianorum potentissimus numerus per reg(jm sua cumbendam ineffabilem feritatem, non u - reparare. Unde hanc ineffabile persecutione potenlissimam pro ea a uecesse est tempestiue urbem ceteraque loca in tuto disponentes rclin (iecem galeis que hijs sagaciter prouidere de nauibus exptìctantes. nam ad has repente partes aduemant non J1 ^ credimus p0sse pertran-inuitis ipsis per fretum augustum pioc m est theucros in terram sire. Existentibus autem hic nauibus e g-i • ^ visum, faciliter pedem attingere nou auderent, quod si sic a superi^ slipeudiarios ipsorum turmam credimus posse superale. - nilja Vobis exoramuS velitis cum ipsis haberemus nauibus. de quibus super ^ ^ velleut transfretare, prouidere. Si superbia eorum lnsligante in biremes relinquerent. olimpi conditoris gratia concedente, ipsis • ■ • ,meare et ipsa quidem Hoc modo in nostris poterimus ut mons es sajulora. classis nostra iu excogitata adoperabitur bona l’10^ e domiuationes Cognoscimus autem tam grauium expeusaium vt consideratione iu hoc presertim principio. Si tamen sagaci anima a ^ ^ totiusque ubi immensa est dignitas el sublimis status sanet, ge » ) * ^ ^ januensium reipublice famosa nominatio, non inotb 0 “ jomiDationem tesauris si essent conabimini suportarc. Nam qui ui ium eoS (,uj ciuitatum mumque bonorum eosdem carere non licet, e conuerso cos q ANNO I Ì-54 suut uulatenentes. egcni non modo thesaurorum sed etiam cujuslibet b prò ... re est nccesse . . . Quare ergo hoc in orbe nisi ad sublimem gloriam victoriose retinendam pecunie possidentur, nam omnia ali:> vobis he fuerunt urbes de . . . nisi ut opportunis subsidijs optatisque temporibus non parco non inerti animo sed largifluo, metu parsimoniaque postpositis v» s tre eisdem prouideant necessaria rouercntie. Non enim consideiare putandum est quod modo hec que confecte aut faciende erunt expense diis fauenti us ad inopinabile gaudium ad ineffabilem utilitatem ad decus immensum vestras facient scandere reuerentias. Itaque animaduertend . . . • noQ modo honores beneficiaque vestros non debent animos coartare sed et animai um infimtaru ocuii . . . eosque nullam spem nullumque refugium habere puter quam tenent denominationem, vestras debent spectabilitates laccio su salutem cogitare. Nam preter hec in breui. si sic fiet quod speramus, vestram poterit comperam hec ciuitas e flexis habenis subleuare. Non enim obliuiom diture sunt animorum nostrorum memorie nouissime que cum tantis ribus hanc in mundi partibus extremis ciuitatem condidere qui sparso a faucibus habitantium viriliter defensarunt usque in diem pi des . . . .autem has partes in tam breui tempore negligendum foiet J populi qui in tam incredibili gaudio de vestrarum dominationum laudes porrexerunt iu lacrimas gandium conuerterent luctuosas, non ne ^ incassabile nostre non incumberet omni in tempore nationi. Quid plui p extraneas nationes inuisus pudor nostras confunderet victoiias piioies a Quapropter pijssimis precibus deuotissime vestras supplicamus reueientu M ^ tenus hos deuotos deserere non velitis populos suplicantes. quod supit<^s vacantes ad eprum percipiendam salutem solerti cura in janua tai sed quemadmodum galina pulos. paler filios suos imponunt in sucuienro [ habent vires, sic vos protectione virili filios vestros a feritate infidelium hoc vestras in jaceat manus velitis extirpare. ut vestris tanquam leamus dominationibus deseruire. et tute mori ac viuere iu hijs possimus v urbibus secureque mercari. A latere nostro quantum fax aderit omnia experiri patique optamus, ne in saracenorum subdilionem valeamus deu Cupientes tamquam boni christicoli in januensium manibus polius interne p itus quam cum calibe stricto nostros emittere spirilus. propriosque uxoresjue mauibus interficere proprijs. quam quod deus adueriat rumo cladem quam costantinopol.....substulere luctuosis fletibus eamdem j stragem prouidere. A qua quidem non modo nos ipsos sad cunctum m c siu:n populum sperantem omnipotens dignetur omnino deliberare. ( 109 ) DOCUMENTI Usque de monso aprilis thoucrorum regis orator ad istam apulit urhem. qui sue legationis causam verbis lilterisque exponit, iri qua quidem...... ciuitatis lnclinalionenicjue nostram expositionem requisiuit. quamquam ex lite-rarum lectura comprehensum salis est eum a nobis prout a chieiisibus el a methelini domino habuit, velle oblinere, que quidem bona de causa retinuimus fere usque m . . . p0S[ classis aulem recessum honorifice exj+diuimus ho-noresque sibi exenia fecimus digna, horetenus sibi talem tradidimus responsionem eandemque regi per littxas direximus, dominationes vestras nos pro superioribus dominis retinere, et omnia que conclusa cum rege por legatos vestros fuerint rata habere et firma. Nauis acellini lercarij iam de februarij mense preteriti erat recessura, non inlelligentes ea quo illo in tempore posseut euenire ipsam usque ad hoc pre-sens tempus delibera uimus retinere, eidem ejusdem partilum confirmauimus. de nouoque sibi hujus maris obligauimus merces. Interea autem mocastrum pro victualibus nauigouil. ultra que summos sibi dedimus trecentos, post autem eius de mocastro reditum satis ita cito theucrorum classis superuenit et volentes velas timonumque iu terram pro raajori cautela per eundem facere transportare, renuens hoc facere neglexit cum ob hoc noxius reman . . . nisi suam assecuraremus nauem. Cupientibus autem assecurare illam, assecuratores nequiuimus inuenire. propter quam assecurationis causam centum eidem summos tribuimus, ipsa aulem nauis infra dies hos merces incepit suas onerare, dietim coparij raubam expectans que ultra solitum metu classis op-portuit retardare. Eam vero nauem infra hunc mensem hinc recedere posse extimamus. super qua ultra suam turmam opportunam, ex prestanlioribus olliciales plerosque mercatores ascendere deliberarunt ex quo nauium duarum aduentum dictarum vehementissime desideramus, aliter aulem cnm paucissimis latinis restantes, ut excogitare potestis, desolali relinquimur. Preterea necessitate compulsi ob ea que occurrerunt infaustissima tempora pro nonnullis prouisionibus non valentibus ex ordinario introilus nostri modum inuenire unum, inter ciues burgenses grecos armenos judeosque fecimus muluum summorum mille quingentorum incirca, mutuantes vero hujus fecimus massarie creditores ad usque illud tempus quo vestros obtinebimus optatos commissarios. Quos quidem multis respectibus cum magno desiderio expeclamus. cum quibus modum hujus solutionis pariter ruminabimus, nmltisque alijs necessarijs prouidebimus. IJubijs versamur sermonibus an mittere vel non ad istum regem oratores pro ista uibe sit utile in nos. tamen naues nostras an.....euudo expeciare salubrius judicamus, ut que facture sunt intelligere valeamus. Nam dante deo cito ad has ipsis acceden- ANNO 1454 ( ! !0 ) tibus hujusmodi ros satius cum ipsis comissarijs possenius ventilare. precipuo tempus in ha e re minime elabente. Nam prefalus rex in seruiam cum exer-cito suo transfretauit et quamuis ad eum mitteremus legationem, opporteret reqem expectare. si uaues ultra medium mensem octobris retardarent, casu quo omnino nobis legatos ad ipsum omnibus pretermissis intimare est necessu cum eo autem qui pro presenti tempore secum ut salubrius loret respectu tribuli quauis via sagaci concludere quoloquio. De sarnastrensibus rebus tamquam in alienam non imponentes falcem non se posse excusabimus impediri cum de ipsius dispositione quidquam de nostris possit manibus inue-niro. cui quidem loco quousque alia conclusa sit deliberatio pro tempore aliquo necessarijs prouidebimus opportunis. Et jam ad eumdem locum consulem nouum mittere decreuimus. intelligenles consulem ibidem existeniem non bono modo sese posse continere, unde johannem caualum virum bone conditionis elegimus in consulem cum in omni re potissime in rebus bellicis sit expertus. Dignum nobis videretur ut eum in eodem confirmaretis ollicio pro anno uno. et id fieri precipue rogitamus quia johannem ex copario ... ntera expectamus. et cum aduenerit omnibus pretermissis opportunam in necessarijs sibi prebemus expeditionem. (Juid autem fiet et concludetur in posterum in theucrorum regis legationis factum ac in omnibus alijs rebus aduisabimus sucessiue. Proprium nuntium post istius recessum ad vos sumus per terram transmissuri, ut debitis temporibus vestre dominationes nostras auisationes pro necessarijs nobis rebus valeant perhabere. et ut non post cibum sed tempore congruo nobis possitis optatum prestare succursum. Incerti enim sumus de quibus prouisionibus uobis cum illis duabus pupibus vestre prouideriut reuerentie. Nam si de necessarijs rebus nobis non extitisset prouisum .... veslris tradimus memorijs. quia intelligimus hominum pro-uisionem pre ceteris nobis fore necessariam . . . bombardis colonbrmis ac magnis sarbatanis de quibus precipue indigemus nobis abundanter prouideatis. quia arma similia et hujusmodi ingenia hij infideles multum contimescunt. debitam prouisionem de . . . indigemus, magis de lazanis mille vel plures pro isto inermi populo, de quibus quidem si non habundans fuerit facta pro-uisio citius quam fax sit nobis prouidere dignemimi. Et sic de quibuslibet defensatorijs armis bellicisque apparatibus velitis prouidere. inter cetera vegetes tribulorum duas vel tres que mirum in modum conferunt contra bas inimicas nationes transmittere dignemini. Si vestre deliberabunt reuerentie viros transmittere forenses, laudamus ut illis probum capitnneum expertum virum belliceque artis instructum circa ea que ad defensandas urbes conueniunt preponatis. Omni studio habere inuestigelis viros doctos circa menium repara- (II!) DOCUMENTI tiones paritor intelligente!. qui bombardis ac machinis possint uti. duos aut . . tres magistros artis balistrorum. aliquos antoraini magistros, de quibus hec immensa vostra ciuitas indiget velitis destinare. Vobis autem pateat hanc urbani vestram de viris probis cuiam rei publice animoso gerentibus indigere, qui consilio auctoritate et scientia fungantur, qui etiam graui strepitu contremiscere faciant efrenatos. Mittantur autem liij maritima aut terrestri via rapte quantum fax sit. quibus taliter inibeatur quod sub quauis specie quouis velamine nequaquam valeant mcrcimonia agitare, ut vigilantius nullo crepusculo contingente nullaque fiuicante materia reni publicam salubre una cum magnifico nostro consule valeant pertractare quod ad hujus ciuitatis utilitatem .. et ex animo parat^sim . . et prontissim . . Quemadmodum in premissis descripsimus vobis si cara hujus urbis salus est. statum oportet hujus imperatoris eguali ruminatione extirpare. Nam ultra que descripsimus de eo facinora, rebus sese ded . . . quod unquam auditum est solicitus maritimis, proprias habens fustas proprias tenens naues. cum quibus merces exagitat capitaque transfretat, que iu hujus urbis mirum inferunt nocumentum, mira conferunt dampna. et ad simisso partes et plurimum mercatur et ad hujus ponti cetera loca et omne id et que . . . extrahuntur locis que quidem solebant caffam remeare, ipse ad ciuitates suas nouo facit conducere transitu. Itaque ex hoc contingit quod fere omnes res zichieque capita cafTam solentia aduenire ad vosporum transmittuntur... ex turchia veniunt ad cala-milam conducuntur. Ob hoc euenit quod sancti antonij utilitas in minimo redacta est bono, et si classis de qua diximus supra ad has accederet partes omnibus hijs rebus prouisionem impe .... nonnullisque alijs rebus prouideret. ut est trapesundarum imperatoris causis pluribus.....partitiones nostras factas ultimate mirabiliter peiuertentis. et ultra classis illa multa que nou dicuntur bona per . . . Propter que has expensas vestre . . non habent quod non credimus ... recusare, quia possent multa, fauentibus diis, bona perpetrare. et sic agentes, vestras habebitis urbes perpetuis temporibus duraturas. Hec oportuit autem vestris dominationibus ut superius scriptum est prolixe narrare, ut de singulis ad singula distinguentes vestris plenius dominationibus inclarescant. Concludimus autem quod si ea que humiliter ac deuote postulamus, vestre spectabilitates non prouidebunt. guerram cum isto rege debentes perpetrare hunc......inum populum non foret possibile. Nam si hijs temporibus ingenio ac arte istas non retinuissemus gentes, non dubium est quiu liinc et illinc prestans magna abisset pars, unde ut scitis sine populo hanc urbem retinere res fatua esset excogitare. Nos quoque oportet pariter hanc m. \ ANNO 1454 ( | j s) ^ relinijiiLit urbun. aut equale foret mestuosum accipere partitum, quo qui era Mima ^ moJas^ aniinis cum |actll0iis flL>tjl)US cordibus meslunsis • imniiMnilius supp.icamus. Necessitate compulsi, urgente causa, hoc . U )l5 uxmills enarranda, ne futuris temporibus aliter si eueniret re-I • . . ' ' N,,*earnus increpari. Pro ijuihus omnibus nos et hij IU|Ul11 S' n!|)us ^exis exoramus quem cuncta dirigit vestras mo- I 'otid.N diiigat actus ad omne bonum ut nos a vobis optate va- leamus consolari Darb» ^rr r j • > m calle die undecima saptembris mccccliiii. Demetrius de viualdis consul calle ole. massurij. consilium antianorum c. et ollicium balie eiusdem. Sigillata die xxr octobris. Baptista. documento XXXIV. Il COnSOlc e irli llffìr'i'ili j; «> Caffo confermano la verità della narrazione suddetta. 1454 11 settembre ( Filza di Caffa , n. 4 ) ^ .. oll'^lc‘s et sP-ctabilibus dominis protectoribus venerandi offieij georgij excelsi comunis janue. (Intus) lincta -u ,rn'n'- ^ i i'ii * jam commisimus cancellario hujus curie ut parte eliam omnialU '^•'S ',ÌStlDcle lmìus ciuitatis statum ac qualitates omnes, ac classem < ° ^ Pretenl>s diebus nobis occurrerunt circa theucrorum • J IIC ^Ult' et aduentum imperatoris tartarorum cum eius exercitu milliar °° t *m'c ciuilali minabatur, veniens prope ciuitatem per per ili i Um e^emum omnia que tunc apud nos gesta sunt. Et licet forte lum prolix Gram cance^ari° nostro commissam vobis erunt occursa aliquanlu-nnvim « *amen I10u erit inutile sic scripsisse ut magnificentie veslre 1(ritur |,pr’r(tUna 1Dtel|igere apertius, et necessitatibus nostris melius prouidere. gnificentias V(‘inC V°*J'S a^rmanms oma'a contenta in dicta littera, rogantes ma-sariam ac ^ ^ °mn'SlUf^10 in hijs cogitare, et prouisionem neces-oculus non su|*j- llÌUam l,|eParare- ut hec ciuitas totius nostre reipublice dexter ex maxima ^ eXlrcm's Pe, icu.lis que minantur nobis extremam ruinam polenti,) iegis theucrorum et disposisene ut credimus, ac hujus im- ( 113) DOCUMENTI pera toris tartaroruin qualitatibus et dispositione, que eorundem dispositiones apud nos certe sunt, ut percepimus ex pluribus auisationibus et presertim ex litteris oloboi do lotliedoro. qui in aduentu cujusdam fuste theucrorum ad terras suas modum habuil secreto retinere quondam theucrum qui theucrorum dispositionem sibi confessus est. Ideo nichil aliud dicendum est uisi supliciter vos hortari super ciuitatem vestram bona et personas tot januen-sium et ad animas tot christicolarum hujus ciuitatis habitantium velitis pie »ct animose prospicere. Que omnia si vos non mouerent. saltem mouere deberet status totius nostre rei pubblice januensis. quem ad nichilum deduci intelli-geramus multis rationibus, si hec ciuitas in tantum sinistrum deduceretur, quod deus auertat. Et ut apertius intelligatis. dispositio domini theucrorum est classem potentem huc transmittere cum omnibus instrumentis necessarijs ad bellandum et expugnandum quascumque ciuitates que hic sint infra dies octo post pascha nostrum, considerans eo tempore aliquam prouisionem a vobis secundum nostram consuetudinem fiendam non esse. Ideo magnificentie veslre aduertere deberent ne prouisio nobis fienda sit post cibum sed tempore congruo. Speramus multum in magnificentijs vestris cum semper visum fuerit non defuisse pro ollicio vestro rebus publicis, et presertim tante importantie. non solum considerare sed omnibus viribus prouidere. Data calfe die undecima septembris mccccliiii. Demetrius de viualdis consul caffè etc. massarij. consilium antianorum et officium balie ejusdem. Sigillala die xxi octobris. O DOCUMENTO XXXV. Lo stesso console Demetrio Vivaldi e i massari raccomandano ai Protettori Batista Garbarino, uno degli scrivani della curia e cancelliere di Caffa, e li pregano di prorogargli lo stesso officio di scrivano per un altr’ anno. 1454 11 settembre ( Filza di Calìa, n. 5 ) Data caphe die xi septembris mccccliiii. Sigillata die xxi octobris. 9 ANNO fio4 ( Hi ) DOCUMENTO XXXVI. 1 medesimi sollecitano l’invio dei soccorsi guerreschi, e annunziano la temuta prossima carestia. Uoi 21 ottobre ( Filza di Calla, u. 6 ) (Extra) Magnificis et spectabilibus dominis protectoribus venerandi oflìcij sancti georgij excelsi comunis janue. (In tus) Magnifici domini. Xijs diebus elapsis expediuimus nuncium unum orgusium cum gregorio de sorba transmisso ad vos pio parte burgensium hujus ciuitatis. ut veras informationes habeatis de statu lmjus ciuitatis ac ipsius qualitatibus. de proposito regis theucrorum ac istius imperatoris tartaroruin qui indubie cogitant hoc paschate futuro terra marique liane ciuitatem iuuadere. Et quia salus nostra totiusque hujus ciuitatis in vobis est. deliberauimus antonium rogerium hujus ciuitatis burgensem egregium ad vos transmittere cum litteris duplicatis, ut si primis nuncijs aliquid aduersi contigisset, hic anlonius feliciler ad vos accedere possit, pur quem antonium ac litteras per eum conducendas plene videbitis necessitates et pericula nostra. Igitur magnificentias vestras pie et enixe deprecamur ut velint requisitionibus nostns annuere, et contenta In dictis litteris executioni mandare, ut deo preuio et mediantibus prouisionibus vestris possit hec ciuitas a tanto exterminio liberari. De nouo post scripta per primos nuncios nichil certi fuit, dispositio theucri ac hujus imperatoris tartarorum est in eodem proposito ut ex vero a multis partibus certiorati fuimus. Nauis acellini lercarij recessit die xxvm septembris transitura per vim. de qua hactenus nouum non habuimus, dominus eam conducat. Arbitramur tamen ipsam illesam potuisse transire ex demonstratione ventorum prosperorum et validorum qui post recessum dicte nauis regnaue-runt. Demum de nauibus jeronimi de auria et galeoti lomellini que chium retrocesserunt nullam spem habemus ut huc accedant, que si accessissent huic populo mague consolationis et alacritatis fuissent. Ceterum magnificentias vestras aduisamus sicut pro necessitatibus hujus ciuitatis celebrato publico consilio fuit deliberatum habere recursum ad introitus et cabellas unius pro centanario et medij pro centanario ac medij asperi vini et par ... • que cabelle sunt vestro officio assignate, el id presertim factum fuit quia hoc tempore non f 115 ) DOCUMENTI fuisset utile populis hujus ciuitatis multa grauamina inferre, qui ex necessitatibus prodictis haelenus satis grauati fuerunt. Insuper si impossibile esset vobis, ut ita loquamur, prouisiones scriptas ac classem via maritima ad nos non posse transmittere, quod tamen credere non possumus, et si hoc contingeret nobis spes multum decideret in pos-sendo hanc ciuitatem a tot molestijs delfendere. saltem terrestri via possetis cogitare ad nos mittere illa auxilia que possibilia forent, scribendo regi un-gario et polonio ac domino blancho. ut via ipsorum possemus quamplures homines aptos habere pro hujus ciuitatis necessitatibus et defensione. Super naui dicti acellini hinc recesserunt ciues. mercatores ac latini quamplures qui erant ex aptioribus ad hujus ciuitatis defensionem, ex quo tanto magis necessarium est vos esse promptiores in prouisionibus vestris. Insuper hoc anno in hijs partibus et presertim in hoc territorio non fuit abundantia victualium, nec etiam in maocastro et licostomo. a quibus locis hec ciuitas solebat extrahere multa victualia, ex quo est necessarium ut super una nauium huc mittendarum transmittatis eam summam frumenti quam transmittere sil possibile hic vendendam, ne ex penuria victualium quam sumus certi in hac estate habere, possil nobis sinistrum contingere. Et ut magnificentie veslre clarius intelligant pericula nostra, deliberatum fuit hic publice legationem transmittere ad dominum theucrorum cum exenijs et ad ipsum mitigandum et prouisionem preparandam. ut deterius nobis non contingat et pro aliquali consolatione istorum populorum, qui metu predictorum contingentium in magno timore et angustia mentis restauerunt. et plures ex ipsis hactenus ciuitatem dereliquerunt deferentes secreto bona sua ac dietim aufugiunt. licet in custodijs faciamus fieri illam prouisionem quam possumus. In qua legatione paruam aut nullam spem habemus, quoniam si dominus theu-crorum obstaculum suflìciens non habebit, omnimodo animi est hanc ciuitatem expugnare et subuertere. quod deus auertat. Ex caffa die xxi octobris mccccliiii. Demetrius de viualdis consul caffè etc. massarij. consilium antianorum el officium balie ejusdem. Baptista ANXO I 'l 5i ( ufi ) DOCUMENTO XXXVII. Lo stesso fanno i quattro uflìciali borghesi di Caffa, e invocano nuovi e piti severi amministratori. 22 ottobre ( Filza di Calta, n. 7 ) (Extra) Magnificis et prestantibus dominis protectoribus comperami» sancii georgij incliti comunis janue. (lntus) Jhesus. Magnifici domini patrcsque prestantes: Per gregorium de sorba conciueni nostrum ad vos missum, de nostra et hujus urbis misera condilionc integra-hter eritis aduisati. cum ipse optime noscat qualibus et quantis infirmitates et morbos nostros egere medelis. Aduisauerit itaque m. vestras ipse noster orator sub quali guberno qua prouisione quo consilio plebs ista conducitur, et demum sub quo jure ciuitas regatur. Profecto cum m. (’) vestre omnia ab eo intellexerint, nequaquam dubitandum est unumquemque vestrum fruirà in causam nostram conuenire flectosque pietate. Nec aliter credendum est quam quod preces supplicantium integraliter a vobis patribus pijssimis fuerint exaudite. Quamobrem tollite moras et ad saluiem seruorum filiorumque vestrorum properate. Verum unum a nobis firmiter intelligatis. quod msi per m. vestras opportune et celeriter prouideatur. in hac proxima veris tempestate presentem ciuitatem amissam extimate. cum non adsint qui eam possint def-fensa re. Recessit de hic nauis acellini lercarij in qua plures accesserunt latini. quorum recessum nobis nempe gratum fuit cum multi essent rixarum et dissidiorum auctores, et propter eos continae multa orirentur scandala, famen ex eorum recessu plebs stupefacta restauit aspicientes latinos fugam arripere. ac propterea et ipsi alias mansiones querunt. nolentes tlieucrorum armatam quam quisque asseuerot ad nos in hoc primo tempore esse venturam expec-lare. 0) La lettera m avanti o dopo vestre usata spesso in questo e nei seguenti documenti, in caso retto od obliquo, significa sempre mcignificcntie vestre- ( 117 ) DOCUMENTI Idcirco palres prestantissimi cum nil dubium sit pro nostra salute vos classein parare debere, tamen non minus de seuero commissario uobis proui-dendum est et quam primum, qui et fugantes populos retineat et excessus corrigere non timeat. Nam die xv preteriti mensis magnus hic fuit excessus, subleuata fuit terra ad arma propter discordia vertentia inter acellinum Jer-carium et illos de judicibus occasione nauium suarum, et fuerunt l et plus armati clamantes : vivat populus, interficiantur nobiles, iuler quos erant certi vestri stipendiati, sed auctores fuerunt illi fratres judices, clemens de valletarij et julianus de leone, alij vero sunt homines minuti sine nomine. Noluimus hunc excessum omittere ne in obliuionem cesserei («c) cum potius sint corrigendi quam omittendi. Itaque nostrum est vobis deinceps quodcumqiie transmittere crimen, vestrum vero est correctionem prebere secundum criminis qualiiatem. Post recessum dicti gregorij habuimus litteras de ciiio et aduisati fuimus nullam spem in nauibus commissariorum per nos esse ponendam, ex quo quantum ciuitas hec desolata restauit quisque indicet. Nos vero timentes ne populi cum tumultu recederent, elegimus pro eorum consolatione oratores ad dominum theucrum cum exenijs de summis ccc. videlicet antonium de pinu et baptistam de aiegro per totum presentem recessuros cum naue andree siuistrarij. quamquam firmiter habeamus nil esse facturos, sed satius ducimus pecuuias amittere quam populos. Deinde elegimus alium nuncium ad vos mittere deliberatum per dominum consulem et consilium, videlicet antonium de ro^erio conciuem nostrum, ut si quo casu littere amitterentur, ipse viva voce suppleret et quem antonium vobis facimus recommissum tanquam patrie curiosum. Ipse etiam infirmitatem nostram narrabit, cui et fides adhibenda est. nec alia quam ut nos reconnnissos habeatis humiliter deprecamur. Ex catta dio xxn octobris mccccliiii. Quatuor ofliciales burgenses ciuitatis cafTe. videlicet: Fredericus spinula Jeronimus de allegro Silueslcr de franchis Christianus cataneus. anno ! 454 ( H8 ) DOCUMENTO XXXVIII. 'TZ'mC ", '"'a',r0 "°bm '"C"0Vesi rcs,donIi ln circa r umtascieria Turco, c ,1 proseguimento del viaggio dei due Commissori per Cada. 4-lo-i 23 ottobre ( Litterar. off. s. Georgij 1454-1457) (fol. 37) iic’^6 1 Pistantibus v iris, tamquam fratribus nostris carissimis, quilico j s ]nia°°- ™phaeh cataneo. petro lomellino et jacobo justiniano apud chium. P t prestanks \ iri tamquam fratres nostri carissimi. Considerando ? U Lnl,n' aActione a la patria et le altre virtute vostre, se siamo solamenti darai fatica de tute le cose infrascripte. sud etiam baueremo arricordato quello a noi occorre, remettere a le tione v o>trc lo modo et la forma de le infrascripte prouisione. Per le ettere riceuute da chio hauemo inleizo corno li nostri ambassiatori t rnati dalla excellentia de lo turcho senza alchuua conclusione, e che Ort-Oi° badassare marrufo uno di loro era passato di questa vita. Le J c cose a noi ^ono state molestissime, intendendo quanto e necessario a la seruatione di capha et de le altre terre del mar maiore, haueire pace m a excellentia de lo dicto turcho. Noi non habiando altra aduizatione de termini in li quali ipsi ambassiatori se sono parliti, mal vi possiamo dare [i cise commissione di quello se ha a fare in questa materia, per che arri-r^ icmo quello a noi occorre, et Io resto remetteremo a vostra discretione. quando cum la gratia de dio hauereti queste lettere. Io nobile lucano pinola fose in quelle parte in termino che potese andare, ve preghiamo e Jrinj mio senza dilatione Io rimandiati cum meno comitiua et speza vi parira possibile, a la maiesta de lo dicto turcho. Et se il dicto lucano non fose più n qui.Ile parte, o per infermità non vi potesi andare, in questo caxo ne haue-leti a elegere uno altro in suo loco, chi sia persona idonea pratica et fidele: juale similiter hauereti a dare meno comitiua et speza vi parira a sal-uninento de le cose, et cometere statim vada a la presentia de la maiesta de o dicto turcho. A quello de loro andera ne pare habiati a dare queste commissione. primum che se le cose del tributo per capha et per le altre terre serano restate in qualche certo termino, corno crediamo, statim non possando fai mejio. conferme et ratifiche soto quella forma, summa de tributo, modi ( 119 ) DOCUMENTI cl comlitione. solo le quale per li «lieti ambassiatori le cose serano state pra-tichate et restrette. Et se pur fose necessario far qualche additione a quello si fose praticato, etiam ne par tal additione se hauere a fare, per haueire cum elio pace cosi necessaria a la salale di tato quelle terre. El tamen se eliandio per li dicii ambassiatori non si fose praticata summa alchuna. ne pare Imbiuti a dare commissione a quello maudereli. che sopra tato cerche de haueire la dieta pace soto quelli modi forme el obligatione de tribulo, le quale consideratis terminis et conditionibus de le cose parirano ulili a le pru-dentie vostre. Se per parte di quelli di capha fose stalo concluso termino alchuno cum la maiesta de lo dieto re. et voi intcndesi che quello haueseno faclo li dicli de capha fose sufficiente prouisione et sigurla a tute le naue et nauigli nostri che inlrasseno et usisene del mar maiore, in questo caxo ne parrebe fose superfluo rimandare lo dicto lucano ni altri a la predicta excellentia de lo dicto turcho. Et pur se a noi parese essere utile et necessario che per lo ambassiadore nostro fose ratificalo et confermato quello li dicli di capha haueseno concluso, a noi parrebe lo hauesi a mandare per fare lai ratificatione. Questo insomma e quello ne e parsalo arricordarui. et tamen renieltiamo tulo a vostra discretione, li quali presenti hauendo notitia di tute quelle cose, meglio sa pereti tuia questa materia consegiare. Prelerea hauemo inteizo corno le doe naue cum li commissari erano in quello loco quasi derelicte. Noi per lettere nostre hauemo commisso a li dicli commissari che oinnino proseguano il loro viagio cum le diete naue. et se pur ipse naue ni li soldati mandati in quelle non podeseno conducere, eo casu prendeseno altra naue cum homini cl. de li quali almeno cinquanta reslaseno a la guardia di capha el in dei nomine se meleseno a pasare: non sapiamo se queste nostre commissione siano siate exeguite. Per la qual caxone ne par necessario prendere in quesla cosa tal conclusione, videlicet se li dicti commissari foseno anchora in quello loco et non se podese haueire pace cum la maiesta del dicto turco, in questo caxo omuino faciati che li dicti commissari passeno o cum quelle doe naue o cum una de loro o sallem cum altra naue et quello numero de homini hauemo diclo. a ciò che per conser-uationc di quella amplissima cilate de capha et de lanie alti e tei re se facia ogni prouisione possibile. Se cum la excellentia del diclo turco intendesi omniuo podeire hauer pace conio speriamo, in questo caxo ne pare li dicti commissari etiam mandati in capha ad exeguire le commissione a loro date cum dexe fa mi" li per ciascuno di loro: intendendo sempre che utroque casu ne par necessario, et cosi vogliamo, ipsi commissari vadano in lo diclo loco quanto ANNO H5i ( 130 ) più presto sera possibile. Et non manche in ogni modo operati che tute le aiine et nmuitiono iu quelle doe naue siano portato in Io dicto loco di capha solo quelli modi et forme le quale ve parirano megiore et più sicure. In la qual cosa consideralo lo periculo chi e a mandare arme, habiati grande dilidentia in mandarle più secrete et più sicuramcnti se poterà. I lira de le cose supradiete ve notifichiamo corno in la naue di baptista saluaigo. la quale vene al presente in quello loco, mandiamo lo capitanio di famagosta et cum elio homini xxxii per custodia di quella citate. Per la qual caxone se voi li quali hauereti più certa notitia del stato di quella terra. intendasi essere necessario prouedeire a più numero de homini o a victualie o ad altra cosa, vogiamo et incarrighiamo che omnino prouediati a tute quelle cose le quale intendereti essere necessarie a salute et conseruatione di quella citate. Et se quando hauereti queste nostre lettere, fose stata fatta per lazaro de auria et li compagni sulliciente prouisione a le cose di famagosta. in modo Hie non vi parese quella citate bisognare di questi homini che mandiamo in la dieta naue. in questo caxo ve incarrighiamo che omniuo mandiati et adri- ziati li dicti homini in capha per custodia di quello loco, cometendovi tamen ilio tute le cose pertinente a famagosta conferiati et consegiati insieme cum lo dicto capitanio di famagosta chi venira in la dieta naue. Se li doi commissari mandati cum le naue serano pur in quello loco, ne par utile et vogiamo li habiati cum voi a consegiare et aduisare tute le cose supradiete. Questo e tuto quello che noi a longinquo positi ve sapiamo arrigordare. A le prudentie vostre chi sono presente et intenderano in che stato sono tute le cuse supradiete conuenira dare tal ordine et prouisione ad ogni cosa, che 'i et tuli li citadini possiamo la diligentia et prudentia vostra corno speriamo merito commendare. Et percio che per exeguire tute le prouisione serano necessarie a le cose supradiete intendemo bizognereti de denari, vi preghiamo et incarreghiamo .pendati in le prouisione predicte tuto quello vi parira necessario et tanto ne mandati a pagare, incarrigandoui sempre che considerate le grande et intoni abile speize et carrighi hano hauuto queste nostre compere, corno intendeti. hubiuti o^ni aduertentia et diligentia ad attenuare et moderare le speize quanto sia possibile a saluamento de le cose: corno in le virtute vostre habiamo certa speransa. Et noi per virtute di queste lettere ve promettiamo et se "nhemo che tuta quella summa ne mandercti a pagare per le caxone su-pradicte. pagheremo integraliter sensa dilatione, et in tute le cose pertinente nnore et utilità vostra ne trouereti in ogni tempo sincero animo apparegiali- ( 121 ) DOCUMENTI Cetorum peusiando noi cho poteria interuenire che uno o più de voi non serano presenti al tempo cho queste nostre lettere riceuereti. in questo caxo vogiamo elio in loco di quello o quelli de voi mancaseno. li altri presenti possano subrogare et elezere altri : aduertiando sempre a elezere persone prudente et amoroso della patria, et facta tale subrogatione, in nome di dio. insieme con tali electi excguiti tute le commissione supradiete. Se al tempo che riceuereti queste lettere, jacobo justiniano uno de voi non fose anchora in quello loco, in questo caxo vogiamo habiati cum voi in loco suo francisco justiniano quondam bartholomei. Io quale ex nunc eleziamo compagno vostro ad exeguire in tal caxo tuto quello se hauera a prouedeire in le cose diete di sopra. Data die xxm octobris mccccliiii. Protectores comperarum sancti georgij excelsi comunis janue etc. (Segue la postilla) Preterea inuenietis his annexas litteras directas nobili lucano spinule quo ipsi si aderit, et si non aderit, ei qui per vos electus fuerit jubent, ut ad conspectum serenissimi domini regis turchorum accedat el ea omnia exe-qualur que vos sibi commiserilis. Inuenietis etiam alias litteras patentes in pergameno virlute quarum attributa est potestas ipsi lucano seu ei qui a vobis mittelur concludendi pacem cum eodem domino rege, ultra quas mittimus vobis alias litteras directas consuli antianis et uniuersitali ciuitatis caphe. quas optamus celeriter ad illos transmittatis. DOCUMENTO XXXIX. Luciano Spinola ò mandato dai Protettori ambasciadore al Turco. 4454 23 ottobre (Littcrar. oli. s. Georgij ann. 1454-1457) (fol. 39) Generoso ac prestanti viro lucano spinule legato excelse roipublice ja-nuensis. lanquam fratri carissimo. Generoso vir tanquam frater carissime. Per le ultime lettere riceuuto da cliio hauemo inteizo corno orati ritornato da la maiesta de lo turco sensa alchuna conclusione, et conio il compagno vostro era passalo de questa vita. ANNO IÌ54 ( 133 ) le quale cose siando a noi stato molestissime. hauemo scripto a li prestanti qttilico justiniano. raphaelo catonnio. paulo lomellino et jacomo justiniano statini vi rimandeno a la excellentia de lo dicto turco cum quelle commissione ghe parerano necessarie. Per la qual caxone vi preghiamo confortiamo et stringiamo quanto e possibile che sensa dilatione ritornati a la maiesta del dicto turco et exeguiati tuto quello li prenominati quilieo el compagni ve come-terano. Non se exiendiamo farui di questo longhc preghiere et conforti, percio che intendiamo le virtute et affectione vostra haueti a la patria dare a la prudentia vostra sullìciente conforto in exeguire tuto quello hauemo dicto di sopra et merito più se bizognasse. Unum non taceremo che questo vostro andare a noi et a luti li citadini sera molto grato. Data janue die xxm oelobris mccccliiii. Protectores. DOCUMENTO XL. 1 Protettori incoraggiano e comandano seriamente ai due Commissarii di recarsi con tutto rischio a Caffa. 1 23 ottobre ( Lilterar. off. s. Georgij ann. ì 454- \ 457 ) (fol. 38) Protectores etc. Spectatis ac prestantibus viris simoni grillo et marco de cassina commissarijs nostris, nobis carissimis. Dilectissimi nostri. Estimando noi che queste lettere nostre non vi doueseno più irouare a sio. ma più tosto corno per la instructione a voi data et possia per lettere nostre ve hauemo commisso, debiati haueire proseguito il viagio ''•fbtro. seriuemo a li prestanti quilieo justiniano. raphaelo caliamo et li compagni quello vogiamo exeguiscano cosi in rimandare li ambassiatori nostri a turco pei impetrar pace, corno in farue proseguire il vostro viagio se fosi andini a in quello loco, la qual cosa non crediamo, et ad ipsi scriuemo che eaiido li presenti, consegieno insieme con voi le prouisione necessarie a tuto [u Ile cose. Per la quii caxone ve cometiamo et stringiamo che omnino solo fu Ili modi et forme ve serano per li prenominati arricordati. passati fin in cipba. pi r ciò ebe in lo passare vostro intendiamo se contiene la salute et cjnseruaiione di quella amplissima citate di capha et de tante altre terre. ( 123 ) DOCUMENTI Considerali adoncha quanto tata questa citale riguarda in voi soli, quanto fructo debo prouedero il vostro passare, quanto carrico haueresi se per non passare, qualche male intrauenisse. et demum in dei nomine animosa-inenti proseguite il viagio vostro, corno iu la diligentia et solita affectione vostra a la patria tuta questa citato se confida. Et per ciò che per altre nostro hauemo riquesto li prestanti edoardo justiniano et li compagni vi subuegnano de denari, et commisso a voi quello voleimo facesi: se quelle cose non haueseno auchora hauula executione. consegiati tuto cum li prenominati quilieo justiniano et li compagni et exeguili tuto quello per loro sera ordinato. Data dio xxm octobris mccccliiii. DOCUMENTO XLI. 1 medesimi avvisano affettuosamente il console, officiali e abitanti di Cada delle nuove e premurose cure adoprate da loro pel buon esito delia legazione al Turco e 1’ arrivo dei Commissarii colle due navi. <454 23 ottobre ( Lilterar. off. s. Georgij 1454-1457 ) (fol. 38 v.) Protectores, etc. Spedalo, prestantibus et egregijs viris, consuli, antianis. mas-sarijs et uniuersitati ciuitatis caphe. dilectissimis nostris. Dilectissimi nostri. Benche crediamo debiati per altre vie auanti che queste lettere vi siano portate sapeire tute le prouisione hauemo facte per conserua-tione vostra et di quella amplissima citate a noi e a luti li nostri citadini carissima : lamen per conforto vostro hauemo deliberato de auizarui de quello se e faelo. a ciò che auchora siati tanto longinqui non manche habiati notilia de ogni cosa. Possia che hauemo saputo che per negligenlia et bestialità do li patroni de le doe naue per noi mandate, ipse naue erano ritornate a chio. statim sensa dilatione habiamo mandato per diuerse vie lettere et messi a li commissarij nostri de le diete naue et ad elli comandato che subito sensa dimora proseguano il lor viagio. et pur se per qualche caxone non poteseno conducere le diete naue. iu nome de dio asoldcno a chio altra naue et homini el se metano a passare, a ciò che non manche habiati sufficiente prouisione. Et prelerea hauemo dato tali ordini et commissione a chio che uon e per mancare presto bona pace cum lo serenissimo re de li turchi : per ciò che hauemo commisso al nobile lucano spinola nostio ambassiatore clic statim ANNO 145 i ( ) ritorno alla maiesta del diclo ro. et datoli precise commissiono che in ogni modo concluda cum la ex- sua ferma pace. Et se il dicto lucano non foso più in quelle parte, hauemo ordinato ghe vada altri in suo loco et omnino eseguisca le dicto nostra commissione. Ultra delle cose supradiete hauemo electo lo consolo el luti li altri vostri ollìciali homini prestami et de grande pretio et apti a reformare quella citate et tute le altre terre del mar majoro. li quali presto manderemo cum passagio sufficiente. Conforlaliue aduncha cho iufra pocho tempo potereti traficare al vostro uzato. et so per salute et con-seruatione vostra bizognasse spendere tute le facultale do li zenoexi. a noi ni a tuli li citadini mai incresceria fare ogni prouisione per salute di quella ampia citate, la quale infra breue tempo sentirà quanta militate et cresci-menlo hauura prezo del regimento nostro, soto lo quale ogni terra et citale noslra jubila et ha justitia et pace. Data die xxm octobris .mccccliiii. DOCUMENTO XLII. Ordine agli ollìciali nuovamente eletti alle colonie del mar Nero di presentarsi ad accettare la carica e giurare eli bene esercitarla. 4454 lo novembre (Diuersor. negot. off. s. Georgij ann. 1453-1457) (fol. 13 v.) * MCCCCLIIII die XV nouembris. Parie magnifici officij sancii georgij mandatur spedalo viro jacobo de bra-ccllis electo consuli caffè, quatenus die lune proxima que erit dies xvm presentis hora xvi compareat coram prefato magnifico ollicio ad acceptandum dictum consulatum et jurandum sub pena januinorum ducentorum, et pre-dicla fieri jussil prefatum magnificum officium in et pro executione regule elidendorum officialium etc. (Segue immediatamente) * Die XV nouembris. Parte m. officij sancti georgij mandatur infrascriplis electis officialibus ad infrascripta officia, quaienus die lune proxima que erit dies xvm presentis hora xvi compareanl coram prefato m. officio ad acceptandum quilibet officium ad quod electus est. sub pena januinorum auro ducentorum, et pre-dicla etc. (come sopra). ( 125 ) DOCUMENTI Quorum nomina sunt hec et officia ad quo cludi fucrunt : Jacobus do viualdis consul soldaie Nicolaus do blasia capitaneus burgorum calìe Moruel de grimaldis ntinislralis calle Siluester grillus capitaneus orgusiorum Bernard us de camulio capitaneus porle auteburgorunt Badasar de marinis castellanus sancti constantini Lodisius de goano jhagatarius herbarum et carboni Baptista de grimaldis q. andree ponderis sete (sic) Josep (sic) de rapalo castellanus soldaie Cosmas deniutus consul samastri Dominicus peleranus consul tane Filippus clauaritia consul sauastopolis Galeolus spinula consul trapezundarum Dominicus iialianus castellanus castelli sancti nicolai cimbaii Badasar de audora capitaneus gotie Jeronimus de corro scriba massarie calle Chrisloforus de camulio Elezione dei tre nuovi consoli di Calla, Tommaso Domoculta, Antonio Leicari o Damiano Leone. (Diuersor. negotior, off. s. Georgij ann. 1155-1457) Lazarus de varisio consul cimbaii Thomas de recho Antonius de mulasana Petrus risotus scriba sindicalorum caffè Johannes de surli scriba officij mercantie caffo. DOCUMENTO XLI1I. Uo4 22 novembre (fol. 14) ❖ MCCCCLIIII die veneris XXII nouembris Magnifica officia dominorum protectorum comperarum sandi georgij anni duqc presentis et proxime venientis iu integris numeris congregata, quotum qui his affuerunt nomina sunt hec. videlicet: ANNO 1454 ( 12G ) Anni presentis. D. Antonius de auria prior Antonius de ponte Meliadux saluaigus Simon de nigrono Peregrus de monelia Jacobus do axereto q. martini Antonius justinianus et Egidius lomellinus Anni proxime venientis de lv. D. Martinus de grimaldis prior Jacobus spinula q. b. de luculo Antonius gentilis Antonius de casana Paulus judex Marcus de marinis Antonius caffarotus et Franciscus scalia. Quibus in celebri concione facta hoc anno die xvm presentis attributa est ampla potestas prouidendi imminenti necessitati catte et pro ista vice tantum eligendi nouos officiales: vocalis coram se quamplurihus prestantibus ciuibus et quesitum est ab eis de prouisionibus faciendis, a quibus laudatum est eligi tres consules ex quibus unus terrestri via cum prouisionibus illis ex memo-rotis sibi de quibus ipsis ollicijs videbitur. Attendentes res istas postulare celeres prouisiones. absoluentes sese ad voces et omnibus una excepta concurrentibus decreuerunt eligere tres consules ex quibus unus celeriter calFani terrestri via mittatur, reliqui duo via maris. Et in dei liomine venientes ad denominationem illorum qui viderentur apti ad hujusmodi oflicij regimen, absoluentes se ad calculos albos et nigros elegerunt infrascriptos tres in consules dicte ciuitatis. videlicet singulum pro anna uno el incipiat ille qui ut artifex electus fuerit, reliqui duo sint massarij et prouisores. et successiue ser-uetur ita pro tribus annis incipiendis immediate postquam inceperit primus exercere: receptis de unoquoque ipsorum calculis legitimi numeri videlicet albis a duodecim supra. Quorum nomina sunt hec: Thomas de domoculta Antonius lercarius et Damianus de leone. ( 127 ) DOCUMENTI Ea diu Dicti tliomas. antonius fri damianus quilibet separatili! constituti coram profatis magnificis ollicijs acceptando jurauerunt etc. DOCUMENTO XLIV. Convenzione di Martino Voltaggio coi Protettori circa il noleggio di mia sua nave sino a Cufi'a. \ 2G m'vembre (Filza di Gaffa, n. 8) In nomino domini amen. Martiuus do vultabio patronus unius nauis nunc in portu januo existentis nominale (manca) sponte ut ex cerla scientia nulloque juris vel facti errore ductus seu modo aliquo circumueutus. promisit seque et dictam nauem ac sua omnia solumriiter obligauit magnificis officijs dominorum protectorum comperarum sancti georgij anni presentis et anni mccccl quinti proxime venientis iu legitimis numeris congregatis tunc presentibus. ac inibi notario infrascripto tamquam persone publice, stipulantibus et recipientibus nomino et vice comperarum sancti georgij et participum earum, om-niumque et singulorum quorum interest intererit vel interesse poterit quomo-dolibet in futurum: quod ante calendas januarij proximi dicta sua nauis erit parata stagna apta et munita corrodis arboribus velis antennis anchoris sartijs armis telis balistis et omni solito genere armorum, et demum omnibus alijs munitionibus et apparatibus necessarijs secundum formam statutorum officij gazarie. Item promisit quod in ea naui ante dictum terminum babebit viros nonaginta aptos idoneo» et condeccnter armatos, in quibus computari possint tot pueri famuli seu scanagalli quot ex constitutionibus dicti officij gazarie iu eo numero computari solent. Item promisit quod auto ipsum terminum in ea naui habebit aquam biscoctum panem vinum et alia necessaria alimenta pro ipsis viris nonaginta saltem per menses tres. Item promisit quod iu ca naui reponi seu carrigari permittet omnia arma munitiones stipendiatos et demum quicquid ipsi domini protectores jusserint. Item promisit quod auto dictum terminum si prenominata magnifica officia jusserint ipse martinus cum dicta naui parata et instructa sicut superius ANNO 1454 ( 1:23 ) declaralum est. discedet e porta janue et recto viagio ibit in capham. et in nullum alium locuiu accedet nec alibi moram faciet sino licentia dictorum magnificorum olliciorum. Item promisit quod ipse martinus contentus erit ct acquiescet quod dicta magnifica ollicia sancti georgij declarent mercedem ac pretium quod sibi debebitur pro dicta sua naui munita ut supra cum viris nonaginta accessura deo juuante usque ad ciuitatem caphe. sed etiam nullo unquam tempore recusabit facere seruare et adimplere quicquid ipsa magnifica ollicia voluerint ac declarauerint. Que quidem omnia et singula supradicta dictus martinus patronus ut supra promisit attendere seruare et adimplere, et contra in aliquo non facere vel venire aliqua ratione occasione vel causa que dici vel excogitari possit de jure vel de facto. Sub pena florenorum duorum millium in quam incidat totiens quotiens contrafaceret vel sic ut supra non obseruaret. ex nunc taxata et applicata dictis magnificis officijs pro eorum justo damno et interesse. Et sub ipotheca et obligatione dicte nauis oinniumque bonorum ipsius martini presentium et futurorum. De quibus omnibus dictus martinus rogauit confici hoc publicum instrumentum a me notario inferius nominato. Acta sunt hec in ciuitate janue videlicet in camera magna palatij sancti georgij in qua de more residentiam faciunt dicta magnifica oflicia. anno dominice natiuitatis mccccl quarto indictione (manca) secundum morem janue die martis xxvt nouembris hora prima noctis, presentibus paulo mainerio et petro de frenante notarijs. ciuibus janue. testibus ad hec vocatis et rogatis. DOCUMENTO XLV. Altre collazioni degli offici nelle colonie del mar Nero. Uoi 28 e 30 novembre (Diuersor. negotior, off. s Georgij ann. 1453-1457) (fol. 25) ❖ MCCCCLIIII die jouis XXVIII nouembris. Magnifica officia dominorum protectorum comperarum sancti georgij anno-rum presentis et proxime venientis in septimo numero congregata, videlicet ( 129 ) DOCUMENTI illud anni presentis et anni proxime venientis in integro numero, absente tantummodo ex ollicio anni presentis egidio lomollino : habentes pro ista vico tantum amplam baliam collatam sibi in celebri concilio, attendentes illos quibus fuerunt collata ollicia maris majoris per viginti mi electores renuntiasse. et propterea fuisse collatum arbitrium ipsis officijs annorum presentis et proxime venientis ut celerius exequantur ea que postulant exeeutionem festinam, quandoquidem fiunt prouisiones requisito pro capha: absolumtes se ad calculos albos et nigros elegerunt ad infrascripta ollicia infrascriptos. videlicet qui conuenerunt in electione istorum pre ceteris ballotole numeri sufficientis. videlicet a duodecim supra: Gregorium de sorba pro annis quinque ad officium aquarum caffè, hac lege quod annuatim debeat mittere Imagnifico officio sancti georgij litteras consu'is et burgensium caffè quod diligenter exercet dictum officium et quod non reprobant electionem dicti gregorij. Gasparem de octonegio fatinanti pro anno uno ad capitaneatum antibur-gorum (Acceptauit). Francum caualortum pro anno uno ad jagatariam herbarum et carboni (Non acceptauit). Segue subito : Die sabbati ultimo nouembris. (fol. 25) Prefata officia in numeris suprascriptis congregata absoluentes se ad calculos albos et nigros receptis de infrascriptis ballotolis pluribus quam de ceteris, videlicet a duodecim supra, elegerunt infrascriptos ad infrascripta officia pro anno uno. videlicet: iartholomeum de auria q. scipionis ad capitaneatum orgusiorum (*). Carolum cigalla ad consulatum capitaneatum ministrariam et scribaniam soldaie. Jeronimum de furnarijs ad capitaneatum burgorum caffè, cum additione summorum vigintiquinque ad beneplacitum ( ). Alarame de grimaldis ad ministrariam caphe (Non acceptauit). Dionisium de oliuella ad pondus sete caphe (Non acceptauit). Albertifm spinulam gasparis ad consulatum sinoparum (Non acceptauit). (') Vedi sotto il 23 dicembre seguente il documento LX. (2) Vedasi più sotto il documento XLIX. io ANNO 1454 ( 130 ) Jaeobum de marinis (finito anno johannis cauali. et interim prò se et uno famulo habeat stipendium mensium sex in capha) ad consulatum samastri cum additione summorum vigintiquinque ad beneplacitum (Non acceptauit). Benedictum bojolum ad consulatum taue cum stalijs librarum quindecim (Non acceptauit). Ambrosium de puteo ad consulatum sauastopolis (Non acceptauit). Leonardum de auria q. o'iuerij ad consulatum trapezundarum (Non acceptauit). Urbanum de viualdis ad castellaniam cimbaii (Non acceptauit). Ad scribanias curie caphe quibus adhese sunt scribauie siudicatorum mer-cantie et sancti antonij: Marcum de varsio expeditum pridem. Thomam de recho. Laurentium de calui (Recusavit) et Jaeobum honestum. In calce di pagina hevvi la seguente aggiunta d’ altro tempo, ma della stessa mano. Die ultimo februarij (perciò del 1455) ad consulatum trapezundarum prò anno uno. saluo si fuisset in cafTa collatum, quo casu sit prò anno sequenti. autonio (sic) de rogerio burgensi calle. DOCUMENTO XLVI. Jacopo Leone si conviene coi Protettori circa il noleggio di una sua nave per CafTa. 4454 29 novembre (Filza di CafTa, n. 9) In nomine domini amen. Jacobus de leone quondam andree patronus unius nauis nunc in portu janue existentis nominate sanctus christoforus et sancta clara, et portate cantariorum decem milium et ultra, sponte et certa scientia nulloque juris vel facti errore ductus seu modo aliquo circumuentus. promisit et solemniter conuenit quinque ex magnificis dominis protectoribus comperarum sancti georgij comunis janue anni presentis. quorum hec sunt nomina, videlicet: Antonius de pont? Meliadux saluaigus Simon de nigrono ( 131 ) DOCUMENTI Peregrus do monelia et Antonius justinianus. Et etiam magnificis dominis protectoribus designatis ipsarum comperarum anni MCCCCLquinti proxime venientis, in pleno numero congregatis, quorum hec sunt nomina: Martinus de grimaldis Jacobus spinula q. bart. Antonius gentilis Antonius de casana Paulus judex Marcus de marinis Antonius callarotus et Franciscus scalia Presentibus stipulantibus et recipientibus nomine et vice dictarum comperarum et participum earum, omniumque et singulorum quorum interest intererit vel interesse poterit quomodolibet in futurum, ac promittentibus suis proprijs nominibus quod illi tres ex dominis protectoribus anni presentis qui tunc absentes fuerunt, habebunt rata grata et firma omnia contenta in presenti instrumento: habere paratam et expeditam intra diem quartam januarij proximi dictam suam nauem stagnam aptam et munitam corredis arboribus velis antennis anchoris sartijs armis, omnibusque apparatibus et munitionibus necessarijs secundum constitutiones officij gazarie pro toto tempore viagij caphe de quo inferius fit mentio. Item habere in dicta naui statim post dictam diem mi januarij viios nona-gintaquinque aptos et idoneos ac condecenter armatos, in quibus tamen tot scanaglili et famuli computari possint, quot ex statutis dicti officij gazarie computandi erunt. Item habere ante dictum terminum in dicta sua naui biscoctum aquam panem vinum et demum omnia alimenta necessaria pro dictis viris noua-gintaquinque saltem per menses tres. Item infra ipsum terminum carrigare et Ieuare in dicta sua naui omnes officiales viros arma munitiones et demum ea omnia que dicti magnifici domini protectores in ea carrigari et reponi facere voluerint, eaque omnia portare in ciuitatem caphe et ibi exonerare sine ulla alia mercede vel naulo quam eo quod inferius declaratum est. Item quod antequam discedat vel post ad beneplacitum dictorum dominorum protectorum dabit dominium et possessionem dicte sue nauis ei \el eis cui vel quibus dicti domini protectores jusserint. axxo 145 i ( 132 ) Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod ad beneplacitum dictorum dominorum protectorum statini post diem quartam januarij proximi velificabit et discedet e portu janue cum dicta sua naui parata munita ct instructa armis viris alimentis et omnibus munitionibus superius declaratis, et in dei nomine ibit ac nauigabit recto viagio usque capham. et in nullam alium locum declinabit neque alicubi moram faciet, sine licentia dictorum dominorum protectorum aut ollicialium suorum in dicta naui ponendorum. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod si dicti domini protectores voluerint, accedet chiam cum dicta naui atque ibi carrigabit omues munitiones missas in nauibus auria el lomelliua et omnes alias quas ipsi domini protectores aut officiales eorum voluerint, et statim carrigatis ipsis munitionibus in capham cum ipsa naui celeriter accedet, ipsasque munitiones illuc perferet et ibi exonerabit sine ullo alio naulo vel mercede quam ea que inferius declarata est. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod non faciet neque permittet in dicta naui carrigari clam vel palam ullas res aut merces in ciui-tate janue aut in cliio vel ;dibi sine expressa licentia dictorum dominorum protectorum aut ollicialium suorum, exceptis tamen portatis officialium dicte nauis. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod non obstantibus aliquibus periculis bombardarum tormentorum aut aliorum instrumentorum bellicorum ac inibitionibus et conatibus domini regis tureorum et suorum ac alijs obstaculis quibuscumque, cum dicta sua naui penetrabit fretum quod asiam et greciam diuidit et per 'illud in mare ponticum et deinde ad ciuitatem caphe accedet omnino et sine ulla excusatione, sub pena restituendi dictis magnificis officijs libras quatuormilia ducentas et quinquaginta, quo eidem jacobo so!uende sunt pro naulo mercede ac stipendijs dicte nauis usque in capham. prout infra dicetur. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod ipse jacobus patronus nauclerusque et scriba ac demum officiales ac turma dicte nauis antequam discedat, ad beneplacitam dictorum dominorum protectorum tactis scripturis jurabunt quod non obstantibus obstaculis supradictis et alijs quibuscumque accedent ad ciuitatem caphe cum dicta naui. et in toto hoc viagio obedienter pirebunt mandatis dictorum dominorum protectorum et officialium suorum quos in dicta naui ponere voluerint, et quemadmodum jurauerint ita elTec-tualiter obseruabunt usque quo deo juuante capham dicta nauis applicuerit ' m quo loco dictus jacobus teneatur moram facere saltem per dies sex cum ipsa naui. quam proprijs sumptibus toto tempore hujus viagij stagnam et con- ( 133 ) DOCUMENTI decenler munitam omnibus apparatibus et munitionibus necessarijs tenere obligatas sit. Item promisit ac solenniter conuenit ut supra quod super interpretatione et declaratione omnium contentorum in presenti instrumento superque exe-cutione ejus stabit et acquiescet judicio et cognitioni dictorum dominorum protectorum, qui possint propria auctoritate instrumentum ipsum exequi et iu omni lite et controuersia que quomodolibet oriretur de contentis in ipso instrumento sint et esse intelligantur judices competentes, et ex nunc idem jacobus eorum judicio et cognitioni se submisit. Renuncians dictus jacobus patronus ut supra omni exceptioni dictorum promissionum et obligationum sic ut supra non factorum ac exceptioni rei sic ut supra et infra non geste: non sic aut aliter se habentis, doli mali metus in factum actioni condictioni et omni alij juri. Et versa vice prenominati magnifici domini protectores acceptantes omnes et singulas promissiones et obligationes superius declaratas, promiserunt et solenniter conueuerunt diclo jacobo patrono supradiete nauis presenti ac stipulanti suo nomine et nomine et vice omnium et singulorum quorum interest intererit vel interesse poterit quomodolibet in futuro, quod pro naulo stipendio et mercede sua et dicte sue nauis accessure capham cum viris et alijs munitionibus supradictis sub modis et conditionibus superius declaratis el pro mora dierum sex quam ia eo loco facturus est. et demum pro omni eo et toto quicquid et quantum dictus jacobus patronus quouis modo petere et requirere posset pro ipso viagio caphe. persoluent ipsi jacobo libras qua-tuormilia ducentas et quinquaginta ex moneta argentea siue ex aureis ad rationem soldorum quadraginta septem in singulum arbitrio ejusdem jacobi. quam quidem summam dicti domini protectores eidem soluere teneantur sempercumque fuerint requisiti. Item promiserunt et solenniter conueuerunt ut supra quod ipsi domini protectores effectualiter curabunt quod dictus jacobus nihil soluet pro exitu ex portu janue pro corpore nauis sue supradiete. imo ab omuibus drictibus dugane corpus dicte nauis francum pro hoc exitu ex portu janue liberum erit et ad nullaiu solutionem cogi poterit. Acto et expresse conuento inter ipsas paries quod si intra dies sex po-steaquam jacobus ipse cum dicta sua naui capham deo juuante applicuerit, fuerit a consule dicie ciuitatis requisitus, teneatur et obligalus sil iu portu caphe remanere et custodie illius urbis inseruire ad rationem librarum mille quadringentarum monete janue singulo mense pro loto eo tempore quo dictus oousul uauini ipsam cum viris nouagmlaquinque retinere voluerit. Declarato ANNO 145i ( 134 ) tamen quod si intra dictos dics sex idem jacobus ut supra requisitus non fuerii. statim clapso eo termino libere possit cum dieta sua naui morari vel discedere quo voluerit arbitrio suo nec ullam obligationem erga ipsos dominos protectores aut officiales suos elapso ipso termino habere intelligatur. Que quidem omnia et singula supradieta prenominati domini protectores promiserunt et idem jacobus promisit, et tactis scripturis jurauit attendero implere et obseruare et contra in aliquo non facere vel venire aliqua ratione occasione vel causa que dici vel excogitari possit de jure vel de facto etiamsi de jure possent. Sub pena llorenorum sex milium monete januensis iu quam incidat pars non obseruans parti obseruauti totiens quotiens contraheret vel sic ut supra non obseruaretur. ex nunc in tantum per ipsas partes taxata et applicata parti obseruanti pro suo justo damno et interesse. De qua summa llorenorum sex milium prenominatus jacobus idoneas cautioues prestare teneatur sempercumque fuerit requisitus. Et sub ipotbeea el obligatione omnium bonorum dictarum partium presentium et futurorum. De quibus omnibus prenominati magnifici domini protectores jusserunt et ipse jacobus rogauit fieri hoc publicum instrumentum a me notario inferius nominato. Acta sunt hec in ciuitate janue in palatio sancti georgij in ea videlicet camera majore in qua prenominati domini protectores de more residentiam faciunt, anno dominice natiuitaiis MCCCCLquarlo. indictione secunda, juxta morem janue. die veneris vicesiinanona nouembris hora teriia noeiis. presen-tibus egregijs viris paulo maiuerio et peiro de frenante notarijs. ciuibus janue. tcslibus ad hec vocatis et rogalis. DOCUMENTO XLVII. Martino Voltaggio noleggia definitivamente ai Protettori la sua nave per Ccl liti. 4454 30 novembre (Filza di Gaffa, n. 10) la nomine domini amen. Martinus de vultabio quondam bariholomei palmus unius nauis nunc in portu janue existentis nominate (è in bianco) et p ». late cantariorum (in bianco) sponte etc. promisit et solenniter conuenit magnificis dominis protectoribus comperarum sancii georgij anni presentis iu seplenariò numero congregati, quorum qui his interfuerunt hec sunt nomina: ( 135 ) DOCUMENTI Antonius de auria q. petri prior Antonius de ponto Meliadux saluaigus Simon de ni«rono o Peregrus de inouclia Jacobus de axereto el Antonius justinianus. Et magnificis dominis protectoribus designatis ipsarum comperarum anni MccccLquinti proxime venientis in pleno numero etc. quorum etc. ( i nomi sono li stessi dell’ atto precedente ) presentibus stipulantibus etc. habere paratum et expeditam intra diem quartam januarij proximi dictam suam nauem staguam aptam etc. (come nel documento che precede). Item habere iu dicta naui statim post dictam diem quartam januarij viros nonaginta aptos idoneos etc. Item habere ante dictum terminum iu dicta sua naui biscoctum aquam etc. pro dictis viris nonaginta saltem etc. Item infra ipsum terminum carrigare etc. Item quod antequam discedat etc. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod ad beneplacitum etc. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod si dicti etc. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod non faciet etc. Item promisit et solenniter conuenit ut supra quod non obstantibus etc. Item promisit etc. quod ipse martinus patronus uauclerusque etc. Item promisit etc. quod super interpretatione etc. Renuncians dictus martinus patronus etc. Et versa vice prenominati magnifici domini protectores acceptantes omnes et singulas promissiones et obligationes superius declaratas, promiserunt etc. dicto martino patrono supradiete nauis presenti ac stipulanti suo nomiue etc. quod pro naulo stipendio etc. et demum pro omni eo et toto quiequid et quautum dictus martinus patronus petere et requirere posset pro ipso viagio caffè, persoluent ipsi martino libras quatuor milia viginti sex soldos sex et denarios quatuor ex moneta argentea siue ex aureis ad rationem etc. arbitrio ejusdem martini, quam quidem summam dicti domini etc. item promiserunt etc. quod ipsi domini protectores etc. Acto et expresse conuento inter ipsas partes quod si intra dies sex postquam martinus ipse cum dicta sua naui capham deo juuante applicuerit, fuerit a consule dicte ciuitatis requisitus, teneatur etc. ad rationem librarum mille triccntaruin viginti sex solidorum sex et denariorum quatuor monete ANNO I454 ( 136 ) janue singulo mense pro tolo co tempore etc. Declarato tamen quod si intra dictos dies sex idem martinus ut supra requisitus non fuerit, statini elapso eo termino etc. Que quidem omnia etc. idem martinus promisit etc. Sub pena etc. De tjua summa etc. prenominata marlinus eie. De quibus omnibus etc. Acta sunt hec eie. anno dominice natiuitatis MCCCCLquarto. indictione secunda secundum morem janue. die sabati ultima nouembris bora xxprima. presentibus viro egregio paulo mainerio notario et johanne rampano thome. ciuibus janue. testibus ad bec vocatis et rogatis. DOCUMENTO XLYIII. I Proiettori pregano il dottore in legge Batista Goano, ambasciadore di Genova in Venezia, di cerziorarli sul genuino stato delle cose d’ Oriente. 14oi 4 dicembre ( Litterar. off. s. Georgij 1454-1457 ) (fol. 48) Spectato et preclaro juris utriusque doctori. domino baptiste de goano. legato excelse reipubblice januensis apud venetias. Peruenit ad manus nostras, spedate et preclare juris utriusque doctor. ex 'mplum quarumdam litterarum huc a vobis transmissarum, in quibus de clade lurchis illata, de transitu nostrarum nauium in mare ponticum. et de plerisque alijs innouationibus rerum orientalium fit mentio. Nos etsi omnia in ipsis litteris contenta preseferunt fauorem nostrum et aliorum Christianorum, incerti tamen sumus an hijs fides indubia haberi possit nec ne. Propter quod eum intra diem quartam januarij proximi, omnino mittere decreuerimus naues el non exiguum virorum numerum ad custodiam ciuitatis caphe. quam estate superiore ab imperatore scitarum et sexaginta biremibus turchorum oppugnatam fuisse nuper cognouimus ex litteris ac nuncijs inde ad nos transmissis, spectitatem vestram rogamus et pro ea caritate quam patrie debetis deposcimus ut quanlo ocius vobis licebit, nos litteris vestris certiores efficiatis an iu urbe illa certa notitia habeatur quod naues nostre aut altera earum fretum inter asiam et greciarn positum penetrauerint. Item quo in statu res ad turchos perlinentes posite sint, an caramanus turchis ipsis bellum intulerit, et demum vobis laboriosum non sil. ita nobis de his rebus ordine rescriberc. documenti ut uihil aus l.iioat eorum omnium quo vos de rebus illis in urbem venetia-ium juoinodolibet allata fuisse cognoscetis. Nos enim habita a vobis hujusmodi instructione. planius intelligemus quo mandata quasque commissiones officia-noslris in dictis nauibus capham transmittendis dare debeamus. Et quo-iam ul|l° judicamus ut he prouisiones quas capham mittere decreuimus ecictt sint, hortamur vos ut eas silentio tegatis, et si quis de ijs rebus vobi-seiinonem haberet, eas illi responsiones detis ut intelligatur prouisiones |sas incutas esse. Intelligitis quid optamus, propter quod si judicaretis utile sse ut ea que j||js apU[j vog no^a ess3ni nos aD[e discessum na- ium cognosceremus, rogamus ea omnia nobis significetis etiam per nuncium Kopnum sumptu nostro a vobis transmiitendum. dummodo nuncius ipse ante sextam januarij proximi ad nos accedat, qui semper inueniemur in mnia commoda vesira cupidissime parati. Daia die mi decembris mccccliiii. Protectores. DOCUMENTO XLIX. Disposizioni circa il capitanato dei borghi di CafTa concesso a Girolamo de Fornari (’). 1454 5 dicembre (Diuersor. negot. off. s. Georgij ann. d4o3-l-i5”) (fot. 25 v.) * MCCCCLIIII die V decembris. Magnifica officia sancti georgij anni presentis et proxime venientis in legitimis numeris congregata, annuentes requisitioni ambrosij de senarega agentis gratias eisdem officijs de collatione capitaneatus burgorum caffè collati jeio-nimo de furnarijs socero suo. el volentes pro expeditione litterarum dicti cilicij ea agere versus ipsa officia que concernant cautelam suam pro stalijs etc. decreuerunt. ne ipse ambrosius pro hujusmodi cautione damnum patiatur, quod assignentur littere dicti officij capitaueatus in personam dicti jcioniini dicto ambrosio promissuro pro dictis stalijs et eas missuro jeronimo de senaicga fratri suo. daturo illas dicto jeronimo de furnarijs si et in quantum ipse jero-nimus de furnarijs cautum fecerit eundem jeronimum de senarega nomine (’) Vedasi il documento antecedente XIA. ANNO 1454 ( 138 ) ipsius ambrosij satisfaciendi sibi pro dictis stalijs. et casu quo cautio prestila non fuerit eidem jeronimo de senarega per dictum jeronimum de furnarijs pro dictis stalijs. commiserunt et tenore presentis deliberationis committunt speciato consuli et prestantibus viris massarijs calle, quatenus eligere debeant idoneum capitaneum exerciturum dictum olliciuin. ita tamen quod primo cautum faciat jeronimum de senarega eidem satisfacere pro dictis stalijs. no ipse ambrosius pro eis damnum patiatur. DOCUMENTO L. Quarta e quinta collazione degli offici delle colonie stesse. 1 iai 5 e 6 dicembre (Diuersor. negot. off. s. Georgij ann. 1-453-1-457) (fol. 25 v.) * MCCCCLIIII die V decembris. Magnifica officia sancti georgij in legitimis numeris congregata, recusantibus acceptare alarame de grimaldis officium ministrarie caffè, franco caua-lorto officium jhagatarie herbarum, dionisio de oliuella officium ponderis sete, et attento quod non reperitur nobilis volens acceptare hujusmodi officium ministrarie ac alia tenua: excusantes ipsos electos, absoluentes se ad calculos albos et nigros elegerunt infrascriptos ad infrascripta officia sub modis et stipendijs infrascriptis et pro anno uno. videlicet : Ad officium ministrane caffè pro anno uno paulum ragium q. nicolai. Ad officium jhagatarie erbarum. carboni et lignorum cum medio stipendio quod datur alijs pro mensibus sex et alimentis, gasparem de sigestro. Ad officium ponderis sete francurn caualortum cum stipendio mensium quatuor quod datur alijs et alimentis usque caffam. Ileceptis ballis albis duodecim et ultra affirmatiuis. Segue a fol. 26. * MCCCCLIIII die veneris VI decemb. Magnifica officia sancti georgij in legitimis numeris congregata, absoluentes se ad calculis albos et nigros receptis numeris legitimis calculorum alborum, e.egeruut pro anno uno infrascriptos ad infrascripta ollicia. videlicet. ( 139 ) DOCUMENTI Urbanum do casana ad consulatum ministrariam et scribaniam cimbaii. Albertum spinulam gasparis ad castellaniam cimbaii. Ad unam scribaniarum curie calìe prò anno uno clementem do valletano johannis. attento quod laurentius de calui recusauit acceptare. DOCUMENTO LI. I medesimi concedono ampio salvocondotto a tutti i fuggiti dalla città di ristabilirsi e fermare libera dimora in Caffa. 1454 5 dicembre (Diuersor. negot. oH. s. Georgij ann. 1453-1457) (fol. 20 v.) * Jesus. Protcctores comperarum sancti georgij etc. Cum studium nostrum longe tenacius insidet mentibus nostris in regimine et amplificatione magnifice et nobilissime caffè ciuitatis et aliorum locorum maris majoris nostre ditionis eo vehementius extendere, quo urbs ipsa celebris nunc concusa celerioris et majoris reformationis et augmenti medelam exposcit ceteris ciuitalibus et locis nostris : scientes quantum propter mala regimina et incompositas hominum conditiones ciuitas ipsa minuta sit solita multitudine incolarum: matura consideratione pensantes quod ex multitudine incolarum urbibus multa per-ueniunt incrementa, quoniam ex varijs hominum ingenijs mullas artes natura potens ostendit quibus humanum alitur genus, et sic per mirabilia incrementa ex paruis villis oppida et ex oppidis ciuilates euadunt. hinc populi innumerabiles et potentes, hinc artes mirifice, hinc copia diuitiarum. hinc rerum publicarum tutores atque auctores, hinc regna et imperia subsequuntur. Ilac itaque animi animaduersione commoli ad replendam ipsam ciuitatem. cum et de consilio nostrorum electorum magnificorum successorum et plurimorum ciuium peritorum de rebus caphensibus. damus et concedimus plenum tutum amplum et generalem saluumconductum duraturum annis quinque incepturis postquam primas consal noslcr hinc capham profaturus regimen et admini-slralionem dicte ciuitatis acceperit, omnibus et singulis olim habitatoribus dicte ciuitatis caphe. accedendi et se se cum familijs bonis rebus mercibus ANNO 145 i ( 140 ) et peeunijs suis quibuscumque capham transferendi, ibiqun standi morandi pernotandi et negotiandi tute secure et libere, omni impedimento reali et personali cessante, non obstantibus aliquibus debilis publicis vel priuatis usquo in quantitatem summorum ducentorum argenti, ad quo comuni janue. mas-sarie calfe et seu singularibus personis quomodolibet aliquis ipsorum teneretur vel esset obligatus: ita tamen quod nulli noti latrones uoque proditores patrie qui condemnati banniti vel forestali fuissent in calTa in hae saluicon-ductus concessione intelligantur : mandantes et jubentes hanc nostre concessionis gratiam inuiolabiliter obseruari sub indignationis nostre pena, eamque in volumine regularum caffè registrali et mitti in caffa preconium de ea. Registratis presentibu* in actis cancellarie nostre: nostrorumque magni et parui sigillorum impressione munilis. Data janue mccccliiii die v decembris. DOCUMENTO LII. Provvisione di soldati esteri e corsi fatta in questa isola per CalTa. 1454 0 e 12 dicembre. % (Litterar. offic. s. Georgij lio-i-1457) l fol. 43 v.) Protectores etc. Spedato et prestanti viro paulo lodisio marruffo gubernatori corsice. dilectissimo nostro. Dilectissime noster. Per lettere vostre et etiam etc. Como per altre ve hauemo scripto e necessario la prouisione de li fanti et corsi ve hauemo commisso per capha sia presta, et omnino ne mandati quelli potereti haueire in la uaue carp/nela. la quale per tempo era capitata a tolone et hauemo commisso de li ritorue iu coreica, o saltem li mandati in altri nauilij iu modo che omnino siano chi dentro da XX del presente. Perche questo celeriter exeguiti et aduizaline quanti cosi corsi conio forestieri intendeti poteremo haueire dentro dal diclo termino a ciò che a li altri daghiamo prouisione.... (La lettera continua su affiri spettanti a Corsica, come da principio) Data die vim decembris. Segue un addizione così : Die XII decembris. Al presente estimando noi che la naue nostra fose in corsica et appare-giata a ritornare, està matina e intrata chi. perche celeriter la remandemo ( 141 ) DOCUMENTI in Corsica a ciò clic slatini in ella faciali montare tuli quelli c ' _ a corno corsi hauereti asoldati per capha. et in modo mssuno hauuta q»** lettera non asoldali altri dia quelli hauereti za fermato: et volanidUno auizo do lo uumero hau ;reti asoldato cosi forestieri como cois jn uediamo a lo resto, et in dei nomine sensa alci,una d.mora.fati montare^ naue quelli hauereti fermato et mandatili cum tuta que a tt ei1 jre bile. La naue venira in sanfireutio salun se per tempo fose in calui. DOCUMENTO LUI. Urbano Casona eli'tto console, massaro, ministeriale e emano di promette di bene esercitare 1’ ufficio, e presta cauzione di t.iu 1434 11 dicembre (Filza di Calla, n. 11) ❖ MCCCCLIIII die XI decembris. Urbanus de cassana ciuis janue electus consul massarius et ministrai» cum seribania cimbaii per magnificum ollicium sancti georgij. co presentia mei notarij infrascripli stipulantis et recipienlis loco pau notarij scribe dicti olficij jurauit et promisit michi noiario pre n to ta j publice persone ollicio publico stipulanti el recipienti nomine et p magnifici ollicij et participum comperarum sancii geoigij cl omnium gulorum quorum interest, intererit vel in fulurum poierit interesse, lideliler exercere dicta ollicia pro prefato magnifico ollicio sancti a a J seruare ordines regulas et statuta condicta (sic) pio dicto loco nesque regulas et statuta prefati magnifici ollieij sancti geoigij tantu nistrare jus et justitiam tempore sui consulatus: equa lance unicuiqu p ^ reddere bonam et veram rationem de omni eo quod spectabit admmistrationi ollicij et officiorum que continget ipsum urbanum exercere * cimbaii: parere et obedire mandatis prefati magnifici officij sanet, georgij: stare sindicamento soluereque omnem condemnationem contra lp^un per ipsum magnificum ollicium sancti georgij- resignaie icta o illis quibus committet dictum officium, dictumque locum custodire diligenter et seruare nomine dicti ollicij tantum: et demum ea omnia agere que in- ANNO 1454 ( 142 ) cumbunt ipsi urbano officiali prefati magnifici officij. et omnia oa cxoi[ui obedire et agere «jae debet el ad que tenetur quilibet fidelis et rectus officialis versus dominum et superiorem suuin. et hoc sub pena llorenorum duorum milium januinorum. Sub etc. Renunciaus etc. Et pro eo et ejus partibus intercesserunt et Gdejusserunt omnes infra-scripti pro infrascripta quantitate pecunie inferius declarata, videlicet: Jacobus de franchis de viali q. bened. pro florenis ducentis januin. siue — flor. cc. Bartholomeus de pastino q. antonij pro florenis ducentis januin siue — flor, cc: Dominicus de prementorio d. pelagij pro florenis ducentis januin. siue — flor. cc. Laurentius de nigro olim de cruce q. joh. pro florenis ducentis januin. siue — flor. cc. Georgius squarsaficus q. amici pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. Georgius spinula d. baptiste pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. Gregorius de flisco q. laurentij pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. JolTredus spinula q. francisci pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. Baptista spinula q. . . . rardini pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. Filippus de camilla q. catanei pro florenis ducentis januinorum siue — flor. cc. Sub elc. Renunciautes etc. Petrus de mnjolo notarius. ( 143 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LIV. Ordinazioni dui Protettori circa l’interna amministrazione e l’autorità del console ed altri officiali di Cada. 1434 17 dicembre (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1455-1457) l fol. 117 u.) * MCCCCLIIII die XVII decembris. Magnifica officia dominorum protectorum comperarum sancti georgij etc. excelsi comunis janue annorum presentis et proxime venientis in integris numeris congregata : intendentes omni studio reformare in melius res et negotia caffè et aliorum locorum suorum maris majoris omni modo via et forma quibus melius poterunt, statuerunt decreuerunt et deliberauerunt ut infra, videlicet: Quod non liceat domino consuli massarijs neque cuiuis officiali caffè et aliorum locorum suorum ubiuis sint priuare neque amouere aliquem officialem electum a magnificis dominis protectoribus prelibati magnifici officij comperarum sancti georgij excelsi comunis janue. quantumcumque finitum sit tempus concessionis sue. nisi successor suus ibi fuerit vel sine litteris prelati magnifici officij sub pena soluendi de proprio et alia grauiora arbitrio sin-dicatorum: saluo si talis officialis committeret vel faceret in diclo ollicio tale quid in cognitione spectabilis et egregiorum domini consulis massariortim ei sindicatorum caffè, propter quod esset priuandus vel remouendus: quo casu priuari et remoueri per ipsos possit non obstantibus suprascriptis. Item quod dominus consul caffè et massari] teneantur annuatim carlula-rium massarie solidare et puntari facere, illudque exemplari et transcribi et per exemplum presentar-! facere et presentatum anno singulo mittere magnifico ollicio comperarum sancti georgij. el facere notiliam sindicatoribus de predictorum exeeutione. sub pena summorum vigintiquinque usque in centum exigenda per sindicatores. sub pena soluendi de ipsorum sindicatorum proprio si non exigerint penam ubi constiterit res predicta non fuisse seruata et exeeuta. Hem quod domino consuli seu massarijs non liceat se impedire de aliquibus capilibus fugientibus ex Campania et in caffa se reducentibus sub pena summorum vigintiquinque pro singulo, sed de illis permittant exerceii officium per illum magistratum ad quem spectat secundum regulas et stalula calle. ANNO 1454 ( 144 ) Item quod nulli absenti pretendenti jus petere vel actiouem habere contra dominum consulem vel aliquos officiales sindicandos. si non fuerit in loco callo vel in locis circumstantibus per miliaria l. non currat tempus inde ad annum a fine sindicamenti inchoandum. infra quod tempus cuilibet absenti liceat coram magnifico ollicio comperarum sancti georgij uti jure suo contra illum officialem contra quem agere non potuisset. Item ijuod omnis expensa fionda in calla de pecunia massarie expendi debeat per massarios calle cum deliberationibus dobitis et requisitis por regulas, et mediantibus deliberationibus domini consulis et ipsorum massariorum et ollicij monete, et reuideri debeat et corrigi et approbari et reprobari per olfieium monete ubi ipsum officium cognosceret ipsos massarios male ex-penpisse. Item quod sententie sindicatorum debeant summarie simpliciter et de plano exequi por ofliciales ad quos spectet, sub pena soluendi de proprio. Item quod consul et prouisores calle debeant reuidere tabulam solutfonis notariorum si est in caffa. et sil vel non sil sumere informationes opportunas et cunuenientes et secundum quod ipsis videbitur habito respectu debito et honesto ad onera scribaniarum et longum iter et sumptus scribarum, taxent solutiones notariorum, sub pena dupli. Item quod burgenses caffè habeant arbitrium annuatim se congregare in loco idoneo et ibi eligere ex seipsis quatuor prudentes et bene dispositos bouo et pacifico illius ciuitatis ad honorem et augumentum status sancti georgij qui prestito corporali juramento in manibus domini consulis, jurent tractare et procurare omnia que concernant amplificationem dicte ciuitatis ad honorem dei et status comperarum sancti georgij excelsi comunis janue : et quid mali vel inconuenientie sentirent facta notitia domino consuli reprobabunt et illi obuiabuut. resistentque et resistentiam facient contra quemcumque volentem aliquid tractare procurare vel se opponere aut moliri contra statum comperarum sancti georgij excelsi comunis junue: et semper quo melius poterunt aduisabunt magnificum olfieium sancti georgij de his que erunt digna notitia sua et nullam consentient neque permittent conspirationem seu cabillam fieri in caffa. sed omni studio procurabant cum notitia domini consulis et massaliorum ea omnia que concernant bonum illius ciuitatis et aspiciant honorem et augutnentum status sancti georgij. Que omnia debeaut registrari sub pena sindicamenti. DOCUMENTI DOCUMENTO LV. Patente ossia decreto di nomina a capitano dei borghi di CafTa data dai Protettori a Girolamo Do—l'ornari. 1454 17 e 19 dicembre (Diuersor. negot. s. Georg, ann. 1453-1Ì57) (fol. 27) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris consuli, massarijs. antianis. officio monete ac capitaneo burgorum ciuitatis caphe. et januensibus et beneOcio januensinm gaudentibus in ipsa eiuitate. dilectissimis nostris salutem. Cum elegerimus et constituerimus in capitaneum el pio capitaneo ijlorum burgorum caphe virum egregium liieronymum de furnarijs cum salario solitu et ultra cum additione summorum viginti quinque argenti de capha iu anno et cum obueniionibus debite consuetis, serualis regulis conditis anno Mccccxxxxvmi pro reformatione officiorum et rerum caphe. pro anno uno el pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum, et cum potestate et balia debita, virtute dictarum regularum: Mandamus vobis omnibus supradiclis et quibuscumque alijs ad quos hec perlinere dignoscantur, quatenus statim \ isis presentibus eundem liieronymum in capitaneum et pro capitaneo dictorum burgorum habeatis recipiatis tractetis et reputetis benigne honorifice ac humaniter sicut decet, sibique resignetis et resignari faciatis dictum olfieium cum omnibus pertinentibus ad illud, sibique respondeatis et responderi faciatis congruis temporibus de dictis salario cum additione et debitis obuentionibus. non contraueniendo dictis regulis. Et in casu quo ipse liieronymus non satisfaceret deliberationi nostre facte hoc anno die v decembris ('). cuicumque eligendo per vos consulem et massarios juxta formam dicte deliberationis respondeatis et responderi faciatis congruis temporibus de predictis debito sibi salario cum dicta additione et de obuenientibus debite consuetis. Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc quascumque sententias condemnationes et exeeutiones recte et rite faciendas per ipsum liieronymum capitaneum vel alium idoneum capitaneum eligendum ut supra per consulem et massarios caphe in dicto officio, perinde ac si a nobis legitime processissent. Registratis etc. Data calTo xvn decembris 1434 (sic). (Segue la poscritta) Vedi il documento XL1X. ANNO 1454 ( 14(j ) Cetorum ad tollendam omnem cauilationem solutionis dictorum summorum vigintiquinque additorum, mandamus vobis consuli massarijs et ollicio monete ut illos soluatis de pecunia massarie. Data janue dicto millesimo dio xvi m decembris. DOCUMENTO LYI. Patente ili Damiano Leone, terzo console, eletto a massaro e provvisore ili Calta per due anni. 1 ioi 18 dicembre (Diuersor. negot. olT. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 14 v.) Trotectores etc. Spectabili et prestantibus viris consuli, massarijs. officio monete et magistratibus ciuitatis caphe. ac januensibus et beneficio januensiuin gaudentibus, frequentantibus et frequentaturis in dieta ciuitate et mari majori et loto imperio gazarie. carissimis nostris salutem. Cum elegerimus in alterum massarium et prouisorem dicte ciuitatis pre-stantem virum carissimum nostrum damianuin de leone pro annis duobus et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum, cuin salario pro dictis officijs summorum octoginta de caffa in anno tantum, ne derogetur regulis et ordinamentis dicte ciuitatis. et cum balia honoribus preheminentijs et prerogatiuis debilis et debite consuetis : Mandamus vobis quatenus quamprimum spectabilis vir carissimus nosler thomas de domoeulia primus trium consulum nostrorum, ex quibus tertius est profatus damianus. inceperit exercere dicium consulatus officium, qu... tunc habet ipse egregius damianus exercere dicta officia, eundem damianuin habeatis recipiatis tractetis et reputetis honorifice et humaniter sicut decet in massarium el prouisorem ut supra, eidem respondentes et responderi facientcs congruis temporibus de diclo sibi debito salario. Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc queeumque gesserit idem damianus in dictis ofTicijs massarie et prouisorie recto et rite, perinde ac si a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium presentes lilteras fieri et registrari jussimus et nostrorum magni et parui sigillorum impressione muniri. Data janue die xvm decembris mccccliiii. ( 147 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LVII. Altra patente cho destina lo stesso Damiano Leone a console di Calìa , dopo Antonio Lercari secondo console futuro. 1454 18 dicmbre (Diuersor. negot. off. s. Georgij ann. 1453-1457) (fol. 14 v ) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris antonio lercario secundo consuli, massarijs caffè, antianis. officio monete et magistratibus ciuitatis predicte. nec non januensibus et burgensibus caffè et beneficio januensiurn gaudentibus. frequentantibus et frequentaturis in caffa et mari majori ac imperio gazarie. ac omnibus bis ad quos spectabit, dilectis nostris salutem. Cum elegerimus et constituerimus spectatum virum carissimum nostrum damianum de leone in consulem et pro consule dicte ciuitatis et omuium perlinentiarum suarum, cum potestate arbitrio balia mero et mixto imperio ac gladij potestate, et cum salarijs emolumentis utilitatibus honoribus et prehe-minentijs debite consuetis non derogando regulis et ordinameritis dicte ciuitatis. pro anno uno incepturo immediate finito anno prefati nobilis antonij lercarij futuri consulis dicte ciuitatis et pluri pauciorique tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum : Mandamus vobis omnibus et singulis suprascriptis quatenus statim finito anno dicti antonij lercarij futuri consulis, eundem damianuin in consulem et pro consule ut supra recipiatis habeatis tractetis et reputetis benigne liumaniter et honorifice sicut decet, eidem congruis temporibus respondentes et responderi facientes de debitis salarijs emolumentis obueniionibus sicut decet, mandatis vero et monitionibus suis pareatis reue-renler prompte et fideliter ceu nobis: Approbantibus ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc omnes sententias banna forestationes multas et acta quelibet que recte et rile processerint ab ipso damiano consule veluli a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium presentes litteras fieri et registrari jussimus in actis cancellarie nostre, nostroruinque magni et parui sigillorum impressione muniri. Data janue mccccliiii die xvm decembris. ANNO I454 ( 148 ) DOCUMENTO LVII1. Gregorio Sorba, borghese di CafTa, eletto officialo dolle acquo in quella città por anni cinque. 1i5i 18 dicembre (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 1455-1457) (fol. 15) Protectores etc. Spectabili et prestantibus ac egregijs viris consuli, massarijs. antianis et officio monete caffè, carissimis nostris salutem. Cum. ut est consuetudinis nostre benefacere bis qui prò republica nostra laborant, adeo quod sentiant laborem suum eis proficere, elegerimus in officialem aquarum illius ciuitatis caffè dilectum nostrum gregoriani de sorba burgensem caffè, ad nos ex caffa terrestri via pro rebus publicis tangentibus ipsam ciuitatem profectum, pro annis quiuque incipiendis visis presentibus et pluri el pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum, cum balia salario et obueniionibus debilis et debite consuetis: Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem gregorium in officialem dicti officij aquarum pro dicio tempore recipiatis habeatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet, eidem respondentes et responderi facientes congruis temporibus de debitis sibi salario et obuentionibus. Et ne hujusmodi collatio tanti temporis vel transeat in exemplum vel ingrata sit burgensibus caffè, et ut habeat occasionem ipse gregorius exercere bene et diligenter dictam officiam, volumus quod gregorius ipse teneatur annuatim sub pena priualionis. hoc quinquennio durante, ad nos mittere litteras parte burgensium caffè et sea representantium ipsos, quibus certiores facti simus qualiter se habuerit el habeat in ipso officio, et an gratam vel ingratam habeant hujusmodi collationem. In quorum testimonium presentes litteras fieri et registrari jussimus, nostrorumque magni et parui sigillorum impressione muniri. Data janue mccccliiii die xvm decembris. ( U9 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LIX. Patente di scrivano della curia di CafTa data per un anno al notaio Clemente Valdettaro. 1454 18 dicembre (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-14-57) (fol. 15 versoi Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris consuli, massarijs. antianis el officio monete ciuitatis calle, ac januensibus et beneficio januensium gaudenti-bus. frequentantibus et frequentaturis in dieta ciuitate. carissimis nostris salutem. Cum elegerimus et consti tueri mas in unum quatuor scribarum curie ciuitatis predicte dilectum nostrum chrementem (sic) de valletarij. johannis. notarium pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum ac mandatum, cum salario utilitatibus prerogaliuis obuentionibus debitis et debite consuetis, non contraueniendo regulis dicte ciuitatis : Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem chrementem in unum dictorum un scribarum habeatis et recipiatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet loco prioris exercentis dictum officium scribanie. sibique respondeatis et responderi faciatis de debitis sibi salario el obuentionibus congruis temporibus: Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc quascumque sententias scripturas et acta scribenda per ipsum chrementem in dicte scribanie officio recte et rite, perinde ac si a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium has nostras litteras fieri et registrali jussimus, nostrorumque magni et parui sigillorum impressione muniri. Data janue mccccliiii dic xvm decembris. DOCUMENTO LX. Ultima collazione di officii per le colonie del mar Nero. 1454 23 dicembre (Diuersor. negot. off. s. Georg. 1453-1457) (fol. 27 v.) * MCCCCLIIII die XXIII decembris. Magnifica officia sancti georgij annorum presentis et proxime venientis in integris numeris congregata : absoluentes se ad calculos albos et nigros eie- ANNO 1454 ( '150 ) i gerunt ad officium castellarne sancii nicolai cimbaii bartholomeum de auria. cum salario taxato et socijs deliberatis in regulis, et quod pro ista vice tantum possit facere tabernam in castello suis socijs. et ipsum ab officio capita-neatus orgusiorum remoueruut. Item elegerunt ad capitaneatum orgusiornm prò anno uno mauritium bu-canigram. et quod habere debeat sumptum usque caflam. et ultra libras quadraginta pro stipendio. Item absoluentes se ad calculos albos et nigros repertis omnibus albis assensum significantibus elegeruut in subscribam curie caffè pro anno uno et pluri tempore ad ipsorum beneplacitum cum salarijs et obuentionibus debite consuetis non contraueniendo regulis caffè manuelem de caluo. johannis (’). DOCUMENTO LXI. Contratto di noleggio fatto tra i Protettori e Martino Voltaggio pel trasporto da Genova a CafTa di armi, soldati, officiali e munizioni da guerra. 4454 29 dicembre (Filza di Caffa, n- 12) In nomine domini amen. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij comunis janue annorum MCCCCLquarti et Lquinti. ex quibus tunc presentes fuerunt infrascripti. videlicet: Ex dominis protectoribus anni Lquarti : Antonius de ponte Meliadux saluaigus Simon de nigrono Jacobus de axereto et Egidius lomellinus Promittentes suis proprijs nominibus quod tres eorum college tunc absentes habebunt rata grata et fiima omnia et singula contenta in presenti instrumento. (’) Manca nel testo il nome della persona eletta, ma è segnato nel margine : prò manuele caluo johannis, ed è confermato poi dal decreto del 4 gennaio 1455. Vedi più sotto il documento LXVIII. ( '151 ) DOCUMENTI Dominorum vero protectorum anni Lquinti. qui omnes presentcs fucrunl. nomina sunt hec : Antonius de ponte Jacobus spinula q. barili. Antonius genlilis Antonius de casana Paulus judex Marcus de marinis Antonius caflarotus et Franciscus scalia Agentes nomine et vice comperarum sancii georgij et parlicipum earum una parte, et vir egregius martinus de vullabio patronus unius nauis stipendio dictorum dominorum protectorum nunc calTam profecture, parte altera. Sponte etc. peruenerunt et peruenisse sibfinuicem et vicissim confessi fuerunt ad infrascriptas obligaiiones compositiones promissiones et pacta, solemnibus stipulationibus utrinque interuenieniibus. Renuuciantes etc. videlicet quia virlute et ex causa dictarum obligationum compositionum promissionum et pactorum, prenominatus martinus patronus ut supra promisit et solenniter concedit dictis dominis protectoribus presentibus stipulantibus et recipientibus nomine et vice dictarum comperarum et participum earum, quod in dicta sua naui accipiet et receptabit stipendiatos ducentos et quinquaginta ex hijs qui per eosdem dominos protectores capham mittendi sunt, vel plures aut pauciores ipsorum dominorum protectorum arbitrio, eosque omnes et eorum quemlibet alet usquequo deo bene juuante capham peruenerint. sub modis et formis iuferius declaratis. Primum videlicet idem martinus obligatus sit omnibus et singulis diebus dominicis, lune, martis el jouis dictis stipendiatis in prandio tantum, dari facere carnes recentes si nauis erit in loco ubi comode inueniri possint, videlicet uncias nouem singulo prandio in singulum eorum, et si carnes recentes commode inueniri non possent. uucias sex carnium salsarum singulo prandio in singulum ipsorum. Item omnibus diebus mercurij. veneris et sabati obligatus sil singulo prandio illis dari facere legumina cum caseo vel piscibus salsis. In omnibus vero cenis obligatus sit illis dare caseum vel pisces salsos arbitrio eorum et cujusuis ipsorum. Declarato etiam quod aliquando secundum consuetudinem in ejusmodi casibus seruari consuetam, tenealur ulira predicta illis dari facere iu aliquo vasculo oleum et acetum. ANNO I454 ( 152 ) Item obligatus sil et esse intelligatur omnibus et singulis diebus tam in prandio quam in cena dari faeere ipsis stipendiatis biscoctum et vinum ad sufficientiam, et ultra cenam et prandium semel qualibet die biscoctum el vinum secundum consuetudinem in ejusmodi casibus seruari solitam. Item teueatur et obligalus sit dictus martinus dare dictis stipendiatis bi-scoctum. vinum, carnes, caseum, pisces et demum reliqua alimenta condocentis bonitatis. Item teneatur et obligatus sil habere statim in dicta sua naui aquam, ligna, vasellamina et preterea tantam quantitatem biscocti. vini, piscium et carnium salsarum, casei, leguminum et demum reliquorum alimentorum quo sulie-ctura sit alimentis plusme sue et dictorum stipendiatorum saltem per menses tres, judicio et cognitioni virorum prestanlum jeronimi justiniani el napoleonis lomellini. Et quoniam superius declarata non fuit quantitas casei, piscium et aliorum alimentorum dictis stipendiatis danda, neque norma sub qua diebus quadra-gesimalibus alendi erunt, neque etiam quantum aque immiscendum sit in vino eisdem dando, prenominatus martinus obligatus sit et ita promisit ut supra, tam super obseruantia omnium suprascriptorum quam supra omni norma et forma alendi omnes ipsos stipendiatos, stare judicio et parere mandatis illius ex consulibus caphe qui nauem suam conscendet. Item promisit et solenniter conuenit idem martinus ut supra, quod si contingat nauem suam ante terminum mensium trium a die discessus computandum ad ciuitatem caphe transmigrare, eo casu consulibus caphe nomine ipsorum dominorum protectorum dabit et consignabit tantum ex munitionibus factis pro alimentis dictorum stipendiatorum, quantum ipsi consules judicabunt eosdem stipendiatos consumpturos fuisse, si usque ad complementum mensium trium in naui permansissent. item promisit et solenniter conuenit ut supra reponi et carrigari permittere in dicta sua naui sine ulla obligatione solutionis vel nauli omnes munitiones alimentorum, quas dicli stipendiali pro eorum usu carrigare voluerint. Ilein promisit et solenniter conuenii ut supra, quod si contingat de contentis in presenti instrumento aliquam litem seu controuersiam oriri, stabit et acquiescet judicio et cognitioni dictorum dominorum protectorum, qui in omnibus ipsis litibus et controuersijs. superque interpretatione omnium contentorum in presenti instrumento ejusque execulione. sint et esse inlelligantur judices competentes. Et parte altera prenominati domini protectores nomine quo supra acceptantes omnes et singulas promissiones et obligationes superius declaratas, promiserunt ( 153 ) DOCUMENTI ot solenniter conuenerunt eidem martino de vultabio petenti acceptanti ac stipulanti cl recipienti suo nomino et nomine ac vice participum suorum et habiturorum causam ab eo. sibi soluere ante discessum suum mercedem. alimentorum omnium stipendiatorum, quos in dicta sua naui reponere volui, rint por menses tres, ad computum soldorum septuaginta duorum singulo mense ia singulum virum ex moneta argentea vel ex aureis ad rationem soldorum, quadraginta septem in singulum aureum. Et si forte contigerit dictum mar tinum stipendiatos ipsos alere ultra ipsos menses tres, eo casu eidem sati sfacient ad eundem computum el rationem pro toto eo tempore quo ulti a ipsos menses tres idem martinus eis alimenta prestiterit. Que omnia etc. Sub pena dupli etc. Et sub ipotheca etc. Acta sunt hec in ciuitate janue. videlicet in camera magna palatij san cti georgij que respicit occidentem, anno dominice natiuitalis MCCCCLquinto (’) indictione secunda juxta morem janue. die dominico vicesimono decembris hora tertia noctis, presentibus viris egregijs paulo maincrio et petro de fre nante notarijs. ciuibus janue. testibus ad hec vocatis et rogatis. DOCUMENTO LXII. 1 Protettori di s. Giorgio notificano avere eletto Ottaviano di s. Salvatore ad amministratore degli alimenti necessarii agli armati che Martino Voltaggio deve colla sua nave trasportare in CafTa. 1454......(!) (Filza di CalTa, n. 13) Protectores etc. Cum elegerimus et deputauerimus oclauianum de sancto sal-uatore supra alimenta hominum conductorum ad nostra stipendia caphe profecturorum in naui patronisata per martinum de vultabio. ideo notum facimus vobis omnibus et singulis conestabilibus et alijs stipendiatis accessuris iu ipsa (T) Secondo l’uso genovese allora vigente di cominciare il nuovo anno ai 26 dicembre correva veramente già il 1455, ma giusta il computo nostro attuale durava tuttavia il 1454. Anche la indizione genovese variava dalla cesarea in ciò che ritardava di un anno da essa. Vedi Atii della Società Ligure di Storia Patria, voi. I. (5) Non ha data alcuna, ma evidentemente spetta al termine del 1434 od al principio del 1455. Noi lo collochiamo qui come a luogo il più opportuno. ANNO 1454 ( 154 ) imi. quemadmodum dictus octauianus eis prouidebit do omnibus alimentis sibi necessarijs. dummodo ipsi stipendiati repositis primo armis suis in naui inueniautur singulis boris prandij et cene in ipsa naui. et quod singulis noctibus in ipsa naui dormiant. Quapropter mandamus supradieto branche (’). ut visis presentibus omnino exequatur quicquid ipse octauianus occasione ipsorum alimentorum fecerit prouideatque ipsis stipendiatis de alimentis su-pradictis ut ipse octauianus sibi imposuerit ac etiam annotet omnia et singula nomina et cognomina illorum stipendiatorum quorum idem octauianus sibi dixerit, alioquin ipsi stipendiati alerentur per ipsum octauianum nomine officij proprijs expensis et ipsius branche patroni. Segue la poscrilta. Similes facte fuerunt johanni de roncajolo in naui de leone. (’) Branca ossia Brancaleone Oliva era il capitano della nave di Jacopo Leone e non di Martino Voltaggio come sì raccoglie chiaro dal seguente documento LXI11. Qui adunque fece sbaglio lo scrivano mettendo Branche a vece di Martino, il quale e realm< nte padroneggiò di persona fa sua nave sino a Caffa, e gli si riferisce il supradieto, perchè è nominato nel principio del presente documento. Al Branca poi sarà stato fatto lo stesso coniando pel mezzo di Giovanni Roncaglielo, deputato agli alimenti per la nave Leona, come dice la poscritta* ANNO MCCCCLV STORIA E DOCUMENTI ;■ ; ' I . * . i ESPOSIZIONE STORICA DEGLI AVVENIMENTI (’) Se 1’ uomo nei duri e perigliosi incontri della vita studiasse più addentro se medesimo, troverebbe nel fondo del suo cuore la forza atta a superare una gran parte dei mali che lo addolorano. Ma il popolo non uso a ragionare, come facilmente si estolle nei prosperi successi che gli infiorano la via, così troppo agevolmente si abbatte e deprime all’urto di tristi e sgraditi casi, e abbandonasi talvolta a timori e risoluzioni che sono lungi dal dividere con lui i pochi saggi, meglio fidenti nel destino della patria. Ce ne porge novella prova questa nostra storia. La fosca prospettiva della sorte avvenire di Calla e degli altri possessi genovesi nella (') Letta come sopra in più tornate dai 23 febbraio al 1.° giugno 1867. ANNO 1155 ( 158 ) Tauride, che secondo le nere previsioni di quegli abitanti, entro l’anno 1455 dovea essere feconda di stragi e di sangue per opera degli imperatori tartaro e turco, ci si presenta invece assai meno tenebrosa ed oscura di quello era dato prevedere, che anzi servi di stimolo all’adozione di molte utili riforme e di un discreto assetto dell’ordine pubblico, benché attraverso di non poche nè leggieri difficoltà. Il grande conquistatore Maometto lì abbandonava fortunatamente per alcun tempo il pensiero del conquisto di CafTa, affine d’ invadere colle sue orde i paesi situati al settentrione del nnovo suo regno e le sparse isole del-1’ arcipelago greco. « Nella primavera dell’ anno susseguente alla presa di Costantinopoli , racconta Hammer nella sua bella storia dell’ impero osmano sotto 1’ anno 1454, Mohammed mandò un’ ambasciata al vecchio despota della Servia Giorgio, e così gli parlava: • Il paese che tu domini non appartiene a te, ma a Stefano figlio di Lazzaro e quindi a me. Ti posso bensì cedere la parte di tuo padre Wulk e Sofia; ma se rifiuti ti vengo addosso. » L’ ambasciare dovea essere di ritorno fra venticinque giorni ; ad un ritardo gli sarebbe stato reciso il capo e gettato il suo cadavere insepolto a pasto delle fiere. Ma essendo andato Giorgio oltre il Danubio onde cercare soccorso da Uniade, il legato fu tenuto a bada affine di guadagnare tempo e fare le necessarie fortificazioni e provvisioni. Non essendo quindi tornato neppur il trentesimo dì, partì Mohammed in furore da Adrianopoli, recandosi con tutto 1’ esercito a Filippopoli, ove incontrò 1’ ambasciadore cui fece dono della vita, pel solo riflesso che avea abbastanza per tempo notificata la fuga di Giorgio in Ungheria. « Gli Ungheri intanto passalo il Danubio e devastato il paese attorno Tirnova, erano tornati carichi di bottino oltre il fiume. Mohammed non sospendeva la sua marcia: recatosi da Filippopoli a Sofia, lasciò in questa città la maggior parte dell’ esercito e il divano, e penetrò con ventimila uomini di cavalleria leg- ( 159 ) STORIA giera nella Servia senza incontrare truppa alcuna, perchè Giorgio avea comandato al suo popolo che si chiudesse nelle fortezze, promettendogli vicino soccorso dall’ Ungheria. Ma Mohammed , divise le sue genti in due colonne, una ne appostò innanzi Semendra, 1’ altra innanzi Ostrovitz, chiavi principali del paese. Stese la cavalleria le sue incursioni in tutta la Servia e raccolse cinquantamila prigionieri, quattro mila dei quali furono trascinati a popolare i villaggi posti intorno a Costantinopoli. Valorosissima fu la resistenza di Semendra contro la possa di Mohammed : era già conquistato il bastione esteriore, eppure sostennesi il castello interno, nè fu possibile 1’ espugnarlo. Non cosi Ostrovitz che fu gettata in rovine dall’ artiglieria turchesca ad onta della valorosa sortita della guarnigione. Essa aperse finalmente le porte, avendo ottenuto la promessa di vita e sicurezza per le truppe che la doveano evacuare, ma ai onta del giuramento la guarnigione fu menata in schiavitù. « Levato 1’ assedio di Semendra ritornò Mohammed a Sofia e Adrianopoli, divise cobi la preda fatta degli uomini e scelse per se i ragazzi più belli, come un quinto a lui spettante. Avea lasciato però Firuzbeg con trentadue mila soldati a Krussovaz sulla Morava per presentare la fronte all’ esercito ungherese e serviano, unito sotto il comando di Uniade e di Giorgio. Battevano questi le truppe del Sultano, presero prigioniero lo stesso Firuzbeg, si avanzarono poi per Pirola e Widin, devastarono il paese e bruciarono queste due città. Ritornò poscia Uniade alla sua patria in trionfo passando per Belgrado, e Giorgio offerse un tributo annuale di trentamila zecchini. Mohammed concluse a questa condizione la pace, e si recò da Adrianopoli a Costantinopoli C1). » Sino qui il precitato storico sul conto della campagna della Servia nel 1454, ripresa dallo stesso Maometto nel presente anno 1455, come diremo in seguito. (*) Hammer: Storia dell'impero Osmano. T. V. pag. 17 e scg. Venezia 1829. ANNO -1455 ( 160 ) La fama ili questi importanti avvenimenti giungeva troppo vaga ed incerta in Genova al magistrato di s. Giorgio , il quale volendo fare suo prò’ della lontananza delle truppe ottomane impigliale nella guerra del Continente, pel fortunato passaggio delle sue navi neU’Eusino, sino dal 4 dicembre 1454 aveva scritto a Batista Goano, ambasciadore della Repubblica in Venezia, di cerziorarlo sul genuino stato delle cose d' Oriente. « Pervennero, dicono i Protettori, alle nostre mani alcune vostre lettere, in cui voi narrate d’ una sconfitta toccata ai turchi, del felice transito delle due navi D’Oria e Lomellina nel mare Pontico, e di parecchie altre novità accadute nelle contrade del Levante. Noi, benché tutte le precorse novelle ci sieno anzichenò favorevoli, restiamo tuttavia in qualche incertezza se abbiasi a prestare loro cieca fede. E perchè entro il giorno 4 di gennaio prossimo, deliberammo di spedire alla volta di Caffa altre due grosse navi con numerosa soldatesca a presidio di questa città, cui di fresco abbiamo saputo essere stata assalila dai collegati re dei tartari e dei turchi, vi preghiamo per quel verace amore di patria che tanto vi onora e distingue, a volerci far noto se sta in fatto che le ridette navi o una di esse almeno sforzò lo stretto del Bosforo; in quali condizioni trovinsi le cose dei turchi; in particolare se il principe di Caramania ruppe veramente guerra al Sultano; tutto insomma ci riferite quanto costà in Venezia voi potete spillare dei recenti successi eh’ ebbero luogo in quelle regioni, a voi meglio che a noi vicine, onde possiamo valercene per le istruzioni a dare ai nostri consoli ed ufficiali in procinto di partenza per CafTa O- » Il Goano, a quei di celebre dottore in legge non meno che abile politico, informò incontanente i Protettori su tutte le questioni propostegli, e con tanta assennatezza e soddisfazione dell’officio di s. Giorgio che, sotto il di 17 successivo gennaio 1455, ne ricevè dal Banco stesso una risposta di ringraziamento assai (’) Vedi il documento XLVIII. ^ ( ini ) STORIA cortese e lusinghiera, nella quale in gentile cambio o,* P ^ cipa le notizie sulla nuova ribellione suscitata in Rafaele di Lecca È a dolere però che la missiva e s consulto e ambasciadore genovese non sia stata inse • comune raccolta epistolare, che per essa saremmo ors in cognizione di ben molte cose spettanti alle imprese g sche dei turchi in quest’anno , narrale con soverchia revi storie antiche e moderne. Ottenuti i bramati schiarimenti, i Protettori si misero coll usai e anche maggiore alacrità ad allestire le navi \ oltaggia e le quali, come dicemmo, essi aveano noleggiale al principio stesso inverno. E dapprima, a quel modo che &ià eras 29 novembre 1454 con Iacopo Leone, ora di bel nuovo a gennaio 1455 ne fermarono il contrailo con Bianca ^ iva, a lungo di Iacopo, dovea padroneggiare la barca in a arri in Caffa. Sono in questo istrumenlo fissate con tutta Precis'‘'" e minutezza le quantità, misure e diverse specie dei ci bevande: carne fresca e salata, legumi, cacio, pesci, vino, » biscotto e simili, che egli, il Bianca, si obbligava i som strare ad ogni soldato in ciascun giorno della settima nuto conto eziandio della quaresima), mane e seia, ura traversata, la quale si presumeva doversi estendere a c mesi. Non scendo a toccare queste particolarità che i tropi mi svierebbero dal corso della storia, ma certo non piive teresse e anche di utile raffronto per lo studioso di cose < tiche e commerciali (*). A sovrintendente e regolatole es menti in essa nave deputarono Giovanni Roncaglielo, e pei Voltaggia Ottaviano di s. Salvatore ( ). Salivano la P1 inlt cento quarantadue gregarii, e altri ducento quaianta quattio (’) Vedi il documento LXXV. (*J Vedi i documenti XLVl e LXIII. (5) Vedi il documento LXI1. ,, ANNO 1455 ( 102 ) seconda, oltre una considerevole turma di alti e bassi funzionarti, destinati alle cariche ed agli oflìcii amministrativi delle colonie; più le ciurme dei bastimenti in numero di quasi cento marinai per ciascuno. Ondecchè, calcolativi gli speculatori e i mercadanti, i quali, come si vedrà nel seguito, vi presero anche essi parte, è a credere che il totale dell’ armala si scostasse di poco dagli ottocento uomini. Non fa quindi maraviglia se, già dopo avere ammassato sui due grossi legni anzidetti un ingente cumulo di viveri, a quando a quando occorreva supplirvi con nuove e non esigue aggiunte (’). Avendo così provveduto al materiale dell' imbarcazione, i Protettori addì 21 gennaio si assicuravano dell’obbedienza dei loro stipendiati e della disciplina militare tanto necessaria a bordo delle navi , coll’ imporre ad Antonio Lercari secondo console e massaro, a Branca Oliva e Martino Voltaggio padroni di esse, ai soldati e loro conestabili, agli uffiziali civili e subalterni tutti al loro soldo avviati a Cada, il giuramento ili fedeltà al capo della spedizione che era il primo console eletto, Tommaso di Domoculta. Al quale a tal uopo veniva concessa ampia balia di processare e condai.nare i delinquenti, e, se bisogno il richiedesse, punirli sommariamente anche di morte (*). Siffatta severità tene-vanla i Protettori per necessaria e indispensabile a cagione della mescolanza delle truppe raccogliticcie caricate su quel naviglio. Imperocché oltre i còrsi, i liguri o rivieraschi e i genovesi, eravi eziandio uno grosso drappello di avventurieri condotti dal capitano Iacopo di Capua, che erasi messo con ottanta sue paghe al servizio di s. Giorgio. Stimo ben fatto il recitare gli accordi, mediante i quali il predetto condottiere si acconciò allo stipendio del nostro Magistrato: e sono i seguenti, che desumo da un atto assai im- ('j Vedi i documenti CV e CYIi. (*) Vedi il documento LXXXIV. ( 1G3 ) ■STOMA portante del 3 febbraio. Dapprima il Capuano obbligava la parola di militare esso e la sua squadra sotto il comando del console per sedici mesi dal giorno dell’ approdo in Caffa; quindi di fare le mostre ossia riviste dei soldati tanto sulla nave quanto in terra a volontà del medesimo, non che di mantenere la ridelta compagnia composta sempre d’ eguale numero d’ uomini bene adatti alla guerra e convenientemente armati, secondo ogni lodevole usanza allora in vigore, e da sezzo militi e capitano stare in qualsiasi cosa agli ordini superiori. Il banco poi di s. Giorgio, oltre 1’ onere di spesarlo di vitto e di nolo in un coi suoi seguaci, nell’ andata insino a CafTa, e nel ritorno fino a Scio, pagavagli lire genovine sessantadue e soldi dieci mensili pel suo personale ingaggio, e altre lire otto e dieci soldi al mese per ciascuno dei suoi militi. Di questa somma gli anticipava Io sborso di un quadrimestre avanti la di lui partenza da Genova, e lo prometteva del quinto mese, giunto che fosse in CafTa. Nel caso di diffìdamento, trascorso il tempo dianzi stabilito della ferma, glielo si dovesse annunziare trenta giorni innanzi : ma ove il console giudicasse conveniente ritenerlo, Iacopo non potrebbe esimersi dall’ ulteriore servizio ; e ciò accadendo, gli venisse corrisposta la stessa paga mensile già fissata per se e i suoi compagni, e la metà di essa fino a tanto che, scaduto anche questo secondo periodo, per difetto di passaggio mariltimo resterebbe a CafTa in attesa del rimpatrio {*). Come si vede il capitano Iacopo era, avuto riguardo al tempo, assai bene rimunerato e largamente provveduto dal nostro Banco. Infatti gli è t.mto vero che i Protettori s’ aspettavano da lui e dalla sua squadra non solo la difesa di Caffa, ma sin anco di pigliare 1’ offensiva sul turco, che il medesimo giorno in cui firmavano il contratto, diedero ordine al console e ai massari di quella città di valersi delle milizie del Capuano al riacquisto (’) Vedi il documento C. ANNO I455 ( 1G4 ) di Pera presso Costantinopoli. Riferirò perchè utile alla storia generale, e come testimonio del nobile ardire genovese, il tenore di questa lettera, traducendola con libera versione dal latino. (c Per le notizie giunteci degli apparecchi guerreschi che viene apprestando 1’ illustrissimo duca di Borgogna, ci arride la speranza che aduni un così forte esercito da opprimere e disfare Maometto. Ond’ è che ci sembra opportuno notificarvi come noi, succedendo prospere le cose ai cristiani e avverse agli infedeli, vogliamo che uno di voi colga la propizia occasione per combattere dall’opposto lato il turco medesimo, e si adopri con tulle le forze al ricupero della perduta colonia di Fera e all’ espugnazione dei castelli fortificati alla foce del Bosforo, secondochè vi sarà da noi comandato, o quelli di Scio a nome nostro vi diranno. Bi.*n inteso di non sguarnire giammai del necessario presidio la città di Calla. Insomma portatevi con tale sollecitudine ed oculatezza in questa bisogna, che, se mai I’ onnipotente Iddio si degnerà aprire su di noi gli occhi della sua misericordia, dal canlo vostro nulla abbia a mancare al fortunato esito del-1’ impresa, e a noi sia dato di goderne il fruito e congratularci con voi (V » Ma sventuratamente la notizia degli apparecchi militari del signore di Borgogna non si verificò; o meglio, colpa le incertezze e gelose ire dei monarchi d’ Europa, il suo progetto non sorli buon esito , con gravissimo danno della cristianità e profonda mestizia di papa Nicolò, che ne mori di dolore. Abbiamo parecchi atti datati lo stesso di 3 febbraio, e molli altri del gennaio precedente, dei quali non occorre parlare, come quelli che segnano unicamenle le patenti dei numerosi officiali trasmessi ai diversi impieghi delle colonie ; e solo citerò il richiamo dei due commissarii Simone Grillo e Marco Cassina, cui i Proiettori esonerano dall’ incarico loro demandalo, all’ arrivo C1) Vedi il documento Cl. STORIA dii nuovo console in Caffa, con facoltà di fare libero ritorno in patria ('). Ciò scrivevano essi, fondati sulla voce che erane corsa del felice loro approdo a quella città. Ma quando seppero con certezza il fausto avvenimento, senza porre tempo in mezzo, ne diedero avviso nei seguenti termini al console Domoculla c ad Antonio Lercari massaro, che erano tuttavia in porto a bordo delle due navi aspettando il buon vento. « In questo punto alcuni nostri cittadini riceverono lettere da Costantinopoli scritte ai 3 gennaio ora scorso, da cui rilevasi che i barelli D’ Oria e Lomellino con i commissarii partili finalmente da Scio, senza lesione di sorta riescirono a passare* lo stretto del Bosforo. La quale notizia giunta a noi e a tutta la ciltà gradilissima , per vostro conforto e dei compagni di viaggio, abbiamo voluto indi-latamente communicarvi, acciò la speranza d’incontrare eguale fortuna mediante 1’ aiuto di Dio e del glorioso martire s. Giorgio avvalori in quel cimento i vostri petti, a salvezza della nobile città di Caffa e a gloria imperitura dei coraggiosi suoi liberatori (*) ». Mutato alfine, come Dio volle, il vento, eh’ erasi fino allora mantenuto con lunga ostinazione avverso (3), e finiti gli approvi-gionamenti, alcuni giorni dopo la presente data dei 14 febbraio le navi salpavano da Genova; giacché nel registro non trovasi più in tutto il mese verun atlo o deliberazione che le riguardi, e altronde si sa dalla relazione nel luglio successivo inviata dal console al magnifico Officio, che ai 25 dello stesso febbraio pigliarono di nuovo il largo dall’ isola d’ Elba. 0) Vedi il documento CU. (s) Vedi il documento CVIII. (3) In una lettera dei 29 gennaio 1455 a Paolo Lodisio MarufTo, governatore di Corsica i Protettori dicevano: « Le navi di Caffa , intra biduum deo duce partiranno *. (Lilterar. off. s. Georg, ann. 1151 in 1457, fol. 70, verso). Non partirono invece che circa tre settimane dopo. 0 ANNO 1455 ( 466 ) II. Allorquando i Protettori adottarono il partito di eleggere simultaneamente tre consoli da succedersi 1’ un 1’ altro nella dignità , rimanendo frattanto due di loro in carioa di massari e provvisori di Calta, il che avvenne ai 22 novembre 1454, fu deciso eziandio che uno dei tre dovesse colla maggiore possibile celerità recarsi a quella tribolata colonia per via di terra, mentre gli altri due vi giungerebbero col mezzo delle navi onerarie, alla testa dei gregarii assojdati per la difesa e guarnigione di CafTa. La sorte, non so s’ io mi dica propizia o sventurata di condursi a traverso di tanti regni e provincie, solcando malagevoli, disagiale strade e inospite lande, fino quasi all’estremo lembo della Crimea ove giaceva la nostra CafTa, toccò, secondo che accennai sopra, al terzo console Damiano Leone ; scelto forse a preferenza degli altri, acciò non navigasse di conserva al suo consanguineo Iacopo Leone, proprietario d’ una delle navi noleggiate per quel viaggio, o col suo rappresentante Branca Oliva, se, come pare vero, il Iacopo non vi si tragittò. Partiva Damiano a quella volta recando seco colle istruzioni anche i decreti di sua doppia nomina a massaro e provvisore, e a console, firmati il 18 dicembre 1454 0, mentre i consimili diplomi degli altri due suoi colleghi, Tommaso Domojulta e Antonio Lercari, hanno la data più recente dei 24 gennaio 1455 (*J; chiaro indizio che egli era destinato a porsi in viaggio nel cuore dell’ inverno stesso, come avvenne. Sembra che, oltre due famigli, gli si accompagnasse eziandio Gregorio Sorba, orgusio, eletto dai Protettori ai 18 dicembre 1454 ufficiale o sovrintendente alle acque in CafTa sua patria (*). Certo poi s’ avviò con lui (’) Vedi i documenti LYI e LVII. (’) Vedi i documenti LXXXVIII e LXXXIX. (*) Vedi il documento LVIII. ( «07 ) STOHIA un secondo capitano di ventura, il noto Giovanni Piccinino, che pel solito amore di novità e d' imprese erasi lasciato condurre allo stipendio di s. Giorgio in difesa delle colonie genovesi nel-1’Eusino, unitamente a Giorgio Scala suo compagno d' armi, il quale vi dovea arrivare per l’opposta via, cioè sulle navi. Ma 11 prezioso di questa notizia sta in ciò che nel documento dei 12 marzo 1455, ove i Proiettori offrono al console Domoculta una lunga lista di pagamenti fatti agli offiziali, capitani e impiegali recantisi nel mar Nero, Giovanni Piccinino, è manifestamente chiamato col suo più vero nome di Angelino Galletti Donde risulta che Y appellativo di Piccinino, col quale è comunemente conosciuto nelle storie, vuoisi tenere qunle soprannome, dedotto forse dalla bassa sua statura, o dall’ ambizione di emulare col titolo le ancora fresche glorie militari di Nicolò Piccinino da Perugia, o del vivente suo figlio Iacopo. Imperciocché il nostro Giovanni non apparteneva in guisa veruna a quella famiglia, trovandosi detto nei libri della masseria di CafTa esser egli nativo di Bonifacio in Corsica, e per confessione sua medesima riputarsi esso genovese di nascita, ossia venuto alla luce in paese soggetto al ligure dominio, come si vedrà nel seguito della storia del corrente anno. Non comandava Giovanni una sua particolare schiera come il precitato Iacopo di Capua, ma solo acconciavasi al soldo di s. Giorgio a conto proprio, e di due suoi servi o armigeri, per la pattuita mercede di lire quaranta mensili, di cui già riceveane in anticipazione, innanzi la sua partenza da Genova, ben cento ottanladue. Il perchè i Protettori suddetti avvertono il console di fargliene la congrua ritenuta, e obbligare il capitano a servire in un coi socii fino almeno alla estinzione del mutuo, come voleva giustizia. Una seconda spedizione terrestre aveva quindi luogo sullo scorcio del marzo 1455. Premendo grandemente al nostro Magi- (') Vedi il documento CX1V. ANNO I45Ó ( 1«S ) * strato di fare giungere il più presto all’ afflitta CalTa le consolanti notizie dei poderosi soccorsi d’ armi e rii armiti trasmessi a quella volta sulle navi Voltaggia o Leona, mandava il corriere Antonio Roggero, l’anno innanzi dagli stessi coloni inviato a Genova per esporre a viva voce più che con messaggi i loro bisogni, e implorarne sollecito aiuto. Trovo degna di rimarco la commendatizia, a foggia di passaporto, che gli si consegnò, da mostrare ai signori e maestrali delle terre per cui avea a transitare. Eccone il tenore. « Essendoché rimnndiamo alla nostra citlà di CafTa il discreto uomo, Antonio Roggero, cafTese, nostro diletto; in virtù di queste patenti lettere preghiamo i serenissimi re, illustrissimi duchi, gli eccelsi e [magnifici principi, marchesi, capitani, podestà, vicarii, castellani e qualsiansi altri governatori di città e di terre con qualunque titolo esercitino signoria e dominio , ai quali saranno esse presentate, di volere benignamente, a contemplazione di noi, accogliere e favorire il latore delle medesime; e a lui, come pure ai suoi servi, cavalli ed averi non permettano sia data molestia o recato ostacolo alla prosecuzione del viaggio: anzi,se lo richiederà, provvederlo di guide e di fide scorte; prestargli, in breve, tutte le agevolezze e cortesie che ai veri amici non so-glionsi negare giammai. Lo che noi avremo in conto di segnalato benefizio, pronti a rendere con usura il cambio. Da valere le presenti i sei mesi prossimi dal giorno d’ oggi, 27 febbraio 1455 0. » 11 medesimo recava seco tre altre lettere scritte dai Protettori al sopramentovato console Domoculta e ad altri personaggi in Caffa. Nella prima in data dei 12 e 13 marzo gli otto del-1’ Officio dichiarano per minuto le provvisioni di bocca caricale sulle navi ad alimento degli stipendiati, e sono cantara novanlasei di biscotto e rotoli trentaquattro, mezzaruole di vino settanta, (’) Vedi il documento CXI. ( 109 ) STO»!A con venticinque d’ aceto. Ciò per la nave Voltaggia, sulla quale erano saliti, come già dissi, uomini ducenlo quarantaquattro, non compreso 1’ equipaggio. Per la Leona che riteneva a bordo duecento quarantadue stipendiati di sola milizia, oltre gli uffiziali civili ossia di governo, la provisione era di cantara centoquaran-tuno di biscotto e rotoli settanta, con mezzaruole di vino quarantacinque (1). Leggovi denunziati molti altri pagamenti e prestiti di danaro fatti a parecchi uffiziali avviati alle colonie, dei quali mi passo, per dire d una seconda lettera scritta ai vescovi e alle comunità dei greci ed armeni residenti in CafTa, ai quali onde renderseli benevoli e soggetti danno assicurazione essere loro fermo intendimento e proposito di migliorare in ogni guisa lo slato economico, politico e amministrativo della città, come ne lo faceva già indubbia fede il presente rinvio delle due navi, a così breve intervallo dalle altre che le precedettero, la D’ Oria e la Lome'.lina (*). Rivolli quindi al console ed agli abitanti di Samastro in una terza lettera s’ esprimevano così: « Anche prima di ricevere questa nostra abbiamo fiducia che voi avrete scorto co’ vostri occhi medesimi, a tacere dei soccorsi speditivi da Scio, la nuova e copiosa provvista di armi, munizioni guerresche e di uomini che per difesa di Caffa, della vostra città e le altre tutte del Ponto abbiamo di fresco mandato con due grossi legni; e da ciò avrete rilevato l’impegno e studio grandissimo che poniamo in procacciarvi i mezzi di combattere il comune avversario. Imperocché ai condottieri di quelli, fra le altre istruzioni, demmo ordine di approdare a Samastro e sbarcarvi la quantità d’armi e il numero di soldati che loro parrà necessario a sicurezza del luogo: e se per venti contrarii non potessero accostatisi, tosto giunti a CafTa vi spediscano quel rinforzo. Pigliate animo adunque, o (’) Vedi il documento CXIV. (’) Vedi il documento CXV. ANNO 1455 ( 170 ) cari, fidando nel buon esito della crociata che qui in Occidente va preparandosi, e dal canto vostro disponete di sostenere valorosamente la vostra città e il suo castello, minacciati e agognali dal turco, e vivete sicuri di vedere ben presto abbattuto e sconfitto questo feroce nemico della croce di Cristo (’). III. In quella che i due consoli Domoculta e Lercari sulle navi Voltaggia e Leona fendevano le onde del mare colle prore rivolte alla caduta Bisanzio, incerti della sorte che aspettavali alla foce del Bosforo; e mentre il terzo console, Damiano Leone, con poca e valorosa comitiva valicava le erte montagne dell’ Ungheria e della Yalachia per scendere alla marina di Moeastro e recarsi a Caffa, è prezzo dell’ opera il rintracciare come volgessero le cose in delta città. Sventuratamente rovinavano a peggio. Quando la soverchia paura arriva a sconvolgere gli spirili e dominare i cuori d’ una popolazione, massime se numerosa e composta di elementi per religione, indole ed origine tra loro diversi, raro o non mai avviene che dato luogo a pacato ragionare si adagi a prudente consiglio. Tale era appunto la nostra Caffa. Le sempre attese navi D’Oria e Lomellina non giungevano, e se n’ era perduta ornai la speranza di riceverne aiuto. Il timore del formidabile attacco dei collegati tartari e turchi, combinalo dai due sovrani per la prossima primavera del 1455, facevasi ognora più violento col rapido succedersi dei giorni. Il console Demetrio Vivaldi circa questo tempo o già era mancato di vita o infermava a morte, e le redini del governo cadute in mano di gente mercenaria, cupida, avara, inetta a rinfocolare gli abbattuti animi dei cittadini mediante utili ed opportuni provvedimenti. Privi adunque di dire- ('; Vedi il documento CXV1. « « ( '171 ) STORIA zione e di capo, minacciati di carestia e di fame, senza armi e munizioni da guerra, con torri e castella sfasciate e non alle a bastante difesa; con nemici interni che assai bene se I’ intendevano coi Sciti, non soccorsi dai signori vicini o impotenti o invidiosi del florido commercio dei genovesi, confederati a parole, a lustre, ma in cuore loro avversi, con popolo raccogliticcio in buona parte, riottoso e disobbedienle, con milizia scarsa e indisciplinata, che cosa poteano fare i cafTesi ? A cessare se fosse possibile tanta congerie di mali, 1 maggiorenti raccoltisi a consiglio deliberarono, come dicemmo già, di spedire un’ ambascieria al Sultano, la quale con doni e una egregia somma di danaro vedesse di placare 1’ ira fatale di quel fortunato tiranno, e sospenderne almeno per poco la progettata invasione. Riuscivano eletti al diffìcile incarico Antonio Dei-Pino e Batista Allegro, che si misero incontanente in viaggio , sul dubbio che la poderosa flotta cui stava allora allora armando il feroce Maometto non fosse la destinata all’ estremo loro eccidio. Siffatta risoluzione dei cafTesi adottata di proprio arbitrio senza preavviso al magistrato di s. Giorgio, venne a turbare alquanto la legazione che i Protettori sul finire dell’ anno precedente aveano commessa ai quattro signori Maonesi di Scio. Questi avuto lingua di ciò, in una loro risponsiva all’ Officio suddetto si scusano nei seguenti termini. « Con vostre lettere del 24 scorso ottobre a noi dirette ci raccomandaste di adoperarci con ogni migliore cura a vantaggio della città di CafTa e dei restanti possessi del mar Nero; il quale compito noi ben volontieri, a testimonio del nostro zelo per la prosperità della Repubblica, e giusta le scarse nostre forze, ci addossammo. Era pensiere vostro che il nobile Luciano Spinola fosse da noi rinviato amba-sciadore alla maestà del turco a negoziarvi la pace ; al quale oggetto ne gli faceste anche tenere le credenziali di ministro plenipotenziario presso la corte ottomana, con autorità a noi di surrogargli un altro ove egli non potesse sobbarcatisi. Infatti il ANNO 1455 ( 172 ) nobile uomo si ricusò per salute di accettare il mandato, o n’ ha ben donde: poiché quale il vedemmo infermo e languido di forze, egli trovasi nell’assoluta impotenza d’accedervi. Intanto ci giunse la notizia avere i cafTesi di loro arbitrio spedito due messi al Sultano per stipularvi una tregua. Onde rimasti alcun poco incerti se ancor noi dovessimo inviare il nostro, da sezzo fu preso il partito di mandare un corriere in Adrianopoli con lettere agli oratori suddetti piene di esortazioni a ben maneggiarsi in quel-l’affare e conchiudere col re Maometto, a seconda dei vostri desiderii, sollecita pace. Circa le navi D'Oria e LomeUina aventi a bordo Simone Grillo e Marco Cassina, non eseguimmo gii ordini datici, perchè all’arrivo delle vostre lettere già avevano salpato da Scio in rotta per Caffa, cariche non più che di cento soldati, forza ahi ! troppo inferiore al grave bisogno di quella e delle altre città della Tauride, massime nelle congiunture presenti. Da Adrianopoli e Gallipoli fummo avvertiti che lo stesso re ordinò un nuovo armamento della sua flotta, e varii sono i pareri a quale parte accenni piombare. V’ ha chi crede dnvere venire qui a Scio, alcuni che a Rodi, e i più che debba navigare al mare Pontico. Chepperò avendo saputo, or fanno brevi giorni, per la via di Venezia, che voi allestite due grosse navi con cinquecento uomini a presidio delle colonie Eusine, noi ci consolammo grandemente, e speriamo che se i promessi soccorsi giungerannno in tempo colà, il turco si leverà questa volta il ruzzo di più molestarle in avvenire. Pertanto, se uopo mai ne fosse, vi esortiamo di sollecitarne la spedizione ; con che renderete sempre più manifesto come dal lato vostro nulla ommettete di quel che coDcerne e promuove il bene e 1’ utilità dei popoli soggetti al vostro paterno dominio (’) ». A questa lettera dei 18 marzo fa seguito un poscritto aggiuntovi alcuni mesi dopo sulla copia, il quale essendo di mollo ri- Vedi il docuincnlo CXVII. ( 173 ) STORIA lievo per la storia lo traduciamo con fedele esattezza. « Ricevemmo in seguito avvisi dagli oratori di Gaffa con cui ci significarono avere essi firmata la pace col re dei turchi, sottomettendosi a pagargli 1’ annuo tributo di tre mila ducati veneti, oltre le altre condizioni a voi già note. Però riesci a noi sommamente sgradito 1’ articolo, nel quale la città di Samastro venne esclusa dai patti, e crediamo che uni sì iniqua restrizione debba spiacere ancora più a voi. Ma perchè gli ambasciadori suddetti ci scrissero avere in siffatta guisa conchiuso la tregua, indottivi dalle pressanti nostre lettere, con loro buona venia vi vogliamo cerziorati non avere noi mai inteso di escludere Samastro od altro luogo qualsiasi da! comune trattato di pace, nè dalla ressa che loro facemmo doveano inferirne una così turpe condizione. Questo noi vi diciamo, acciò il magnifico vostro Officio non pensi che per occasione o colpa nostra Samastro venisse in cosi iniquo modo abbandonata all’ ira del feroce nemico. >> Si comprende molto facilmente la delicata suscettività dei Mao-nesi di Scio nel rigettare da se I’onta e il carico dell’umiliante articolo ; ma d’ altra parte io dubito assai che i cafTesi non li abbiano imitati nel loro disdegno. Trallavasi qui di salvare da fatale esterininio il capoluogo dei possessi genovesi nel mar Nero; quello che più d’ogni altro era munito di spaldi, di artiglieria ' di fossi e di opere militari, e dir poteasi il palladio del Ponto; quello che alla madre patria e alle minori colonie Eusine somministrava abbondanti mezzi e generi di traffico e d’industrie, assisa qual’ era Caffa siccome regina in mezzo a loro. Ove essa fosse caduta preda al cieco furore dei tartari e dei turchi, che avrebbono più fatto Samastro, Cembalo, Soldaia e le altre terre sorelle? Languire nell’isolamento alcune settimane, o al sommo pochi mesi, pressale dall' assedio, e poscia cedere al soverchiante numero, condotti gli scampati all’eccidio a pagare colla morte il fio di loro caparbia resistenza. Oltreché non poteasi egli rinforzare la guarnigione della rocca di Samastro, mettendola in istato ANNO I 'l 55 ( ) di non temere l’assalto per quanto formidabile del nemico, come avvenne nel fatto? Valeva adunque meglio consegnare alla incerta sorte delle armi un luogo solo, e, a caso disperato, sostenerne la perdita, che esporre a inevitabile esterminio la capitale del regno taurico. Insomnia i cafTesi dal canto loro ebbero in conto di grazia singolare e d’inatteso beneficio la stipulazione di quel trattato, e volontieri si acconciarono, a scanso di mali maggiori, al pagamento del gravoso tributo. Circa questo tempo arrivarono eziandio a dare fondo in CafTa, con incredibile gioia degli abitanti, le spesso citate navi D'Oria e Lomellina aventi a bordo i commissari Simone Grillo e Marco # Cassina. Al loro giungere, a norma delle istruzioni ricevute, si recavano in mano le redini del governo, e procedendo tosto alla riforma dell’ amministrazione diedero principio all’ organamelo della cosa pubblica, con soddisfazione della eletta e maggiore parte dei cittadini. La corrispondenza dei due inviati genovesi avanti il loro approdo in Cafla essendo andata smarrita, ci tocca ignorare le cagioni delle loro traversie, i motivi del lungo indugio nell’ isola di Scio e i particolari del doppio viaggio a Costantinopoli; solo conoscendo, per relazione di altri, che penetrarono amendue affatto illesi dalle bombarde nemiche nel Ponto. . IV. Nella solenne discussione tenuta in generale consiglio fra gli anziani della Repubblica se conveniva cedere al magistrato di s. Giorgio la signoria dei possedimenti genovesi nel mar Nero, vi fu tra gli altri chi sostenne e con forza patrocinò la trasmissione suddetta, anche sul riflesso che il Banco summen-tovato, venuto il bisogno, avrebbe provveduto con mirabile celerità all1 urgenza del pericolo; essendo cosa a tutti nota come i Protettori ben sovente non appena avevano risolto un partito che già egli era condotto ad elTetto ; tantoché in essi a ( m ) STORIA volere sinonimava fare. Questa che, a prima giunta, poteva forse credersi millanteria o frase rettorica, affine d’indurre i consiglieri del governo alla desiderata cessione, visti e considerati gli atti, lo instanchevoli cure e la ressa di apprestamenti militari e di riforme civili, economiche, amministrative e legali emanate nel breve giro di pochi mesi di dominio, non lasciano più ombra di dubbio sulla veracità di quella sentenza. Cosi avessero corrisposto con altrettale prontezza e onestà di modi e di savio contegno gli officiali subalterni, com’ era e si mantenne sotto ogni aspetto lodevole la condotta dei Protettori, che non tardo a denominare veri e degni padri della patria! Venuta a loro notizia la minaccia d’ assalto fatta a Caffa dai collegati re dei turchi e dei tartari nella state del 1454, e il progetto di completa invasione ordito fra i medesimi per la primavera del seguente anno 1455, io narrava or dianzi che gli otto d’ Officio con sollecitudine pari all’ esigenza del caso, al loro coraggio ed al grande affetto nutrito in cuore per le belle e vantaggiose colonie Eusine, noleggiarono le due grosse navi di Martino Voltaggio e di Giacomo Leone, in sulle quali caricavano infinita quantità di armi d’ ogni specie, a fornirne le torri e castella di Caffa e di Samastro, più pericolanti fra tutte, e vi facevano salire un piccolo esercito di cinquecento uomini armati di tutto punto, condotti in parte dal capitano di ventura Iacopo di Capua sotto gli ordini del comandante generale, il console eletto Tommaso di Domoculta, e del suo compagno Antonio Lercari, secondo console designato. Lusingaronsi dapprima i Protettori che il detto armamento potesse venire effettuato e le navi pronte alla vela ai 6 gennaio 1455, come ne scrivevano all’ ambasciadore della Repubblica in Venezia, Batista Goano; ma o a cagione della soldatesca a stento ragu-nata o delle molteplici provvisioni di bocca e di guerra che si ebbero ad ammassare, ritardò assai la partenza: e quando ogni cosa trovossi in assetto, un ostinato vento contrario le ANNO I 4*55 ( 176 ) tenne immobili nel porto durante parecchie settimane. Dato giù, dopo tanto, quell’orrendo sifone, esse salparono da Genova circa ai 20 di febbraio, salutate dalle festose grida del popolo che loro augurava di tutto cuore prospera navigazione, presto e felice approdo alle desolate rive di Calla. Qui incomincia il racconto del viaggio d’ amendue le navi, che io descriverò desumendone i particolari, or belli e avventurosi , or tristi ed avversi, come li leggo rozzamente e con barbara latinità esposti dai consoli medesimi nella relazione inviatane addì 5 luglio 1455 al magistrato di s. Giorgio ('). Uscite dal porto di Genova fra le clamorose ovazioni dei cittadini aveano fatto appena un breve tragitto che, a scanso del vento di nuovo imperversante o per alcun altro ora ignoto motivo, appoggiavano all’ isola d1 Elba nel Tirreno ; di dove pigliato il largo ai 25 febbraio si diressero ad oriente. Raggiando così di conserva, in soli due giorni e mezzo a gonfie vele percorsero la costa meridionale d’Italia ed il mar ionio, da essi chiamato golfo di Venezia, sino a Modone nella Morea, e qui calavano le àncore nei paraggi dell’ isola della Sapienza, affine di procacciarsi intelligenti e pratici piloti. « Al domani dell’arrivo, scrivono, noi spedimmo di buon mattino nella città di Modone un nostro fedele ed esperto uomo, il quale, giusta le istruzioni dateci dalle vostre magnificenze^vi incettasse due piloti per ciascuna nave, raccomandandogli che ne operasse la cattura con grande segretezza e maestria. » Sceso costui a terra, la perquisì ovunque e non gli venne fatto di trovarne più di uno, ed anche con molto stento condurlo alle navi, asserendo venire esse di ponente e comandarlo Girolamo Cerro e Damiano Figone, diretti alla volta di Scio. Avutolo finalmente a bordo, lo menammo nella camera nostra, ove in confidenza gli fu aperto essere noi avviati a Caffa, (!) Vedi il documento CXXXVl. ( 177 ) STORIA non già a Scio, c offrire a lui a governare nella traversata lo due navi con lo stipendio di trentadue ducati per ciascuna, ed egli accettò. Il di seguente il capitano del luogo accostatosi a noi in palischermo, ci pregava di lasciargli vedere i nostri barelli e vendergli dei panni d'Inghilterra e di Londra ma avuto in risposta che per essere Modone paese infetto non volevamo comunicare con lui, se ne tornò con Dio ». Due cose stimolano qui la mia curiosità : come mai i genovesi abbisognassero di piloti esteri, essi che da secoli erano usi correre in lungo e in largo quei mari; e il modo violento e quasi piratesco con cui si rapirono quell’ unico greco ritrovato, simulando nomi che certamente sono di loro connazionali (*). Nè è a dire che tale cosa facessero i consoli di loro arbitrio , poiché nella lettera affermano chiaro avere in ciò eseguito appuntino le ricevute istruzioni. Lascio che altri più addentro di me nella conoscenza della materia sciolga questo nodo , e vado innanzi (3). Proseguendo il viaggio di buona carriera lino a percorrere dodici in quindici miglia all’ora, giunsero le navi a Sant’Angelo , ove la bonaccia dapprima le colse e poco dopo un cosi furioso borea le investì, che vidersi costrette o a rifar cammino indietro o drizzare le prore a Candia. Si elesse il secondo (’) Per notizie su! commercio dei panni esercitato dai genovesi in Inghilterra e in altri regni, vedasi la dissertazione sulla Vita privata dei genovesi del cav. Belgrano , inserita nel Voi. IV dei presenti Atti della Società Ligure di Storia Patria, al n.° III, pag. 130 e segg. (2) I casati Cerro e Figone nel medio evo erano più ancora clic oggidì frequenti e numerosi di individui in Genova. Di un Girolamo Cerro, notaio e cancelliere di Calla nel presente anno 1455, trovansi molte notizie nei documenti. (*) Espongo soltanto un mio dubbio, dicendo che i genovesi sebbene non nuovi in quel mare, temevano pur sempre le molle s^pche e latenti scogli che rendono assai pericolosi alla navigazione quei talcra strettissimi seni, anche pei venti locali e le correnti sottomarine, solo conosciute appieno dai naturali del luogo. Nei miei due viaggi in Grecia ne fui io stesso testimonio oculare, e ne feci anche dolorosa prova. 13 ANNO 1455 ( 178 ) partito; e adocchiato un isolotto detto Sudda, ch’era privo affatto di abitanti, meno un divoto romito, lontano sette in otto miglia da Canèa, vi presero porto. Il disvio non riusciva senza un qualche compenso. Imperocché a motivo del forte numero di giegatii caricati sul ristretto naviglio, due per legno già erano peliti e trenta altri infermavano a morte. Il console stimò bene pei ciò di concedere facoltà generale di sbarco a respirare 1 aere puro, e cansare il pericolo che si sviluppasse nei soldati e nelle ciurme il temuto morbo castrense. Ma in quella a eie si eccitò 1 insubordinazione e la rivolta. Alcuni stanchi troppo presto degli incomodi del viaggio e della lunga dimora in Sudda s ammutinarono contro il Domoculta lorchè li volle obbligati a risalire le navi, e con ribelle pretesa chiedevano, specialmente i mercanti (1), di essere sbarcati di nuovo colle luio merci in terra e lasciati andare liberi a Candia. Non a\endolo permesso il console in eseguimento della volontà dei Protettori, due di loro cioè un giovine del casato Frugone e il figlio di Nicolò Camogli residente in quell'isola, di soppiatto se ne fuggirono. Veduto ciò, il console ad arrestare il malo esempio raunò in sulla tolda i suoi dipendenti, e con autorevoli parole ammonitili dei loro doveri e ricordate le promesse fatte innanzi al partire da Genova di obbedirlo nel corso del viaggio, gli indusse a rinnovare il giuramento ui fedeltà e dare parola di non più scendere senza suo permesso in terra, e molto meno condursi nell’ isola grande, cioè in Candia. Ma il peggio stava in ciò che nella nave Voltaggia erano sor i fieri dissapori tra il padrone, i nocchieri, i marinai e' gli stipendiati, e fra tutti questi in comune ed il console. Io, scrive il Domoculta, mi studiai di rappaciarli con soavi 1 r» • onv i.]|C*J* S* lacco®'*c c^e> °*tre 1 soldati e gl’impiegati civili destinati agli ' colonic taui‘Che, parecchi mercanti e liberi cittadini, come dissi più Scio nH • nS|' a3ciunli a 9ue'la spedizione, sulla speranza di potersi fermare in o °d 10 un altra isola, ove approderebbero le navi. ( '179 ) STORIA e discreti modi, anziché punirli coi castighi che ben si meritavano: avendo mai sempre avanti gli occhi il precipuo intento di sforzare i passi di s. Demetrio e del castello nuovo alla fose del Bosforo e giungere a salvamento in Calla, ove a ciascuno sarebbesi .impartito, secondo giustizia, premio o pena. » Anche fra il Domoculta e il console designato Antonio Lercari il quale comandava la nave Leona, sembra nascesse breve dissidio sul conto dei riottosi mercanti, cui questo avria lasciati volontieri girsene in Candia, ma intese le ragioni del suo superiore, da onest’ uomo vi si conformò. Quale mezzo di troncare le risse e le tentazioni di furtivo sbarco, dopo un mese quasi di forzato soggiorno in Sudda, il console a dispetto del vento che soffiava tuttavia gagliardo, fece levare le àncore il 1.° d’aprile, e in otto giorni pervenne all’ isola da lui appellata Lango, ma più comunemente detta Coos, ed in cinque altri a Samo e quindi alla vista di Scio posseduta dai genovesi. Ivi nuova contesa e nuove rampogne. Forse i medesimi già impazienti di scendere a Candia, o altri di fresco ammutinati, guadagnarono il piloto e l’ebbero indotto a drizzare il timone a Scio ad insaputa del console ; e già ne avevano imboccato il canale quando il Domoculta se n‘ avvide. Salito in coperta prese a sgridare acremente il piloto ed i suoi complici, rimproverandoli dell’ostinata ribellione e continuata perfìdia, ed essi di ricambio, smessi i riguardi alla sua dignità, a coprirlo di insulti e villanie, continuando la rotta di Scio. Allora frenate il Domoculta nel suo cuore le ire, cui vedea aizzare piuttosto al male che correggere quei perfidi, con astuzia e finta amorevolezza, coadiuvato da ben pensanti e onesti .cittadini , li persuase a deviare cammino e lasciato il pensiero di Scio poggiare ai Dardanelli. Vi riuscì a grande ventura, e salutate da accosto Metelino e Gallipoli, addì 15 aprile s’av-vanzava al tremendo passo di Costantinopoli. All’ aspetto della morte ogni sdegno e precedente rancore ANNO 1455 ( 180 ) faceasi cheto. Quei turchi che ai giorni nostri sono ia favola del mondo e a niuuo più riescono formidabili in guerra, nel tempo di cui trattiamo erano grandemente temuti per la ferocia e aiditezza che spiegavano nella mischia. Giunte adunque le na\i alla vista di Bisanzio, il console ordinò che si dessero tutti un fraterno abbraccio a foggia di riconciliati amici, e ad ognuno bi distribuisse, per infondere vigore e coraggio, una misura di vino. Ciò fatto, una voce si alzò dalla bocca di tutti di volere ad ogni costo a dispetto dei nemici rompere il passo. Sitìatta eccellente disposizione d’ animo come piacque al capitano, cobi lo infervorò a collocare nel debito luogo le sue truppe, cioè cento uomini liguri di. scelta milizia distribuiva su \aiii punti della tolda, venticinque altri divise alla prua ed alla poppa e i men valenti in arme nel mezzo. « In tal ordinanza locati e alla distanza di sole sei miglia dalla città, ci awanzammo, narra il Domoculta, con prospero vento, non curando qualsiasi pericolo, finché giungemmo al forte di s. Demetiio dove sgraziatamente ci colse la bonaccia: de quo, egli ^‘ce 5 cum displicere restavimus, cogitate. In quella una grossa bombarda ci colpi, penetrando dal- 1 una all altra banda la mia nave. Avevamo issata poco anzi, &ius.ta il vostro comando, la bandiera di Venezia pel caso la volessero rispettare, ma provato che no, vi sostituimmo coraggiosamente la genovese, e lanciate loro le nostre artiglierie, in Jie'e li facemmo tacerle non solo ma posimo eziandio in fuga; tal che fu opinione in molti che se fossimo stati noi i primi ad ollendere, cosa vietataci da voi, avremmo schivata la ricetta percorsa. E parve mirabile cosa che essendo tanti su quel olio, la bombarda non uccise né ferì alcuno, ma solo aperse ìanco dello stesso un buco di cinque palmi e mezzo: e ? ^ medesimo o poco più avvenne alla seconda nave L^ODcl. j> cosi il primo ostacolo avanzaronsi arnendue insieme ( 181 ) STOMA pel canale del Bosforo al castel nuovo, situato a cavaliere della imboccatura del mar Nero, precedendo la Leona, che per essere la più mitragliata dovea a salvezza dell’altra, acciò almeno una arrivasse in buon stalo a Caffa, divenire il principale bersaglio del turco. Infatti nel trapasso ricevè sei nuovi grossi colpi di cannone, due dei quali la sfondarono da parte a parte e dei quattro altri rimasero le enormi pietre in grembo della nave, coll1 uccisione d1 un uomo e ferimento di molli. La Voltaggia riesciva questa volta a passare felicemente del tutto intatta e salva: e non parve loro' vero d’ essere scampati dal formidabile pericolo con si lieve danno. A riparare nondimeno le avarie, proceduti un tratto nelle acque del Ponto appoggiavano alquanto alla riva, affine di racconciare le ferite dei barchi e degli uomini , e quindi proseguire il restante festoso cammino. Se non che un tristo incontro venne bentosto a spargere d’ amarezza la universale letizia. Il marinaio è tale uomo che nelP ora del periglio fa cento e mille voti al cielo, e poco dopo data giù la bufera non ricorda nè mantiene le promesse: e la stessa indole aveano sortito le ciurme e 1’ equipaggio delle nostre navi, in ispecie della Voltaggia. Nel luogo ove i legni genovesi gittarono le àncore, a ridosso d’un seno, e proietto dall’ ombra notturna trovavasi un bastimento turchesco della portata di due mila cantara, il quale da Sinope facea vela a Costantinopoli, carico di ventisette mila aspri, proprietà d’ un mercante ottomano salitovi a bordo, di piombo, frutta e di quasi cinquecento cantara di rame, cui il signore di Sinope mandava in tributo al suo imperatore e alto sovrano Maometto II. I marinai scortolo da lungi sul cadere del giorno, consigliaronsi fra loro e varii altri militi di assalirlo di soppiatto e impadronirsene nel fitto della notte, inconsapevole il console. All’ora stabilita scesero cheti cheti lo schifo nelle acque, e muniti di armi avvicinaronsi a remi sordi alla barca turca, la quale ANNO 1455 ( 182 ) colta così alla sprovvista facilmente si arrese, e quell’unico che tentò resistenza stesero morto. Colla ricca preda fecero ritorno sulla mezzanotte alla nave; non così silenziosi però che , il Domoculta, come scrive egli in classico latino, essendo in camera nostra a sumpno et letitia occupatum, non si destasse all1 insolito tramestio, e bisbiglio. Saputa la caccia del legno nemico, il pover’ uomo più non si tenne dall’ indegnazione e dalla rabbia ; ascesa la coperta si arrovellò, gridò, minacciò severissime pene agii autori e complici del misfatto: ma indarno. Quelli non vollero per niuna guisa rimandare la preda, asserendola di buon acquisto, perchè operata in attualità di guerra col loro avversario. E poi, sog-giugnevano, se noi fossimo stati poc’ anzi oppressi dalle bombarde, quale governo avrebbero fatto i turchi delle nostre vite? Forsechè non ci avrebbono dannati a barbara morte, o alla men trista condotti prigioni in perpetua schiavitù? Argomenti belli e buoni per privati, e ancor più in bocca di mercenarii che curano anzi tutto 1’ utile proprio. Ma di natura ben diversa e di più elevato interesse erano i pensieri che affollavansi alla mente e lottavano nel cuore del console. Temeva, e con ragione, che Maometto indignalo della offesa e del danno cagionatogli, precipitasse la ideata spedizione contro Caffa togliendone a pretesto 1 avvenuto, od anche che il signore di Sinope non tentasse vendicare l’insulto sulla vicina colonia ligure di Samastro, in quel momento sprovveduta d’armi e dei soldati necessarii ad opporre valida resistenza. Ciò non di meno accortosi il Domoculta che la cosa avea 1’ aria di risolversi in aperta ribellione, a scanso di peggio si ritrasse, e all’alba del nuovo di colla nave prigioniera salpò alla volta di Caffa, lieto di finire col viaggio i molesti litigi, e in cuore suo deliberalo di castigare severamente i ribelli com’ avesse posto piè fermo in terra e recatosi in mano il consolare comando. Un fatale destino però gli riservava di colare ancora un ( 183 ) STORIA amaro boccone alla vista dell’ agognata città. I sediziosi s’ avvidero pur essi come convenisse fare un alto compiuto avanti 1’ arrivo alla colonia: ond’ è che alla vigilia dell' approdo presentanosi al console a richiedere bruscamente la partizione tra loro della fatta preda; in caso negativo lasciavano intendere sarebbersi impadroniti del governo della nave e drizzatala a piacimento. Degna d’ammirazione fu l’accorta e a un tempo dignitosa risposta del Domoculta, cioè, sostenessero ancora per poco, e giunto a Calla egli avrebbe dato a tutti, come voleva giustizia, quanto a giudizio di prudenti e discreti cittadini potesse loro spettare del bottino; e lusingatili con altre blande parole riusci per fortuna 3. calmarne anche questa volta l'insano furore e ricondurli a più retto sentire. La dimane infatti al cadere del sole arrivarono con immenso giubilo a dar fondo nel porto, e pernottati a bordo stabilirono d’ accordo cogli accorsi rettori di Calfa le cerimonie d’uso nell’ ingresso solenne in città, e la presa di possesso a nome di s. Giorgio. Cadeva appunto in quel giorno, 23 aprile, per un fortuito e ben avventurato caso, la festa di detto santo titolare del Magistrato e patrono della Repubblica di Genova: e Damiano Leone terzo console, il quale sin dal 2 stesso mese era giunto per via di terra in Calfa e aveva assunto il comando della colonia, in forma pubblica s’avanzò col codazzo dei subalterni sin fuori le mura della città, a ricevere allo scalo marittimo il primo console Domoculta coi suoi dipendenti e compagni. « Entrammo , scrive questi, assieme, per la porta Vonitica, precedendoci i nostri militi, officiali, stipendiati e marinai tutti in buona ordinanza, fregiati delle loro armi ed insegne, e dietro noi una folla di cittadini e borghesi. Fatta divota preghiera a Dio nella chiesa della Beata Vergine in Boizale, venimmo alla gran loggia del palazzo, solito luogo di tale funzione, ove Damiano arringò il popolo con acconcio sermone e consegnavami lo scettro, col quale in mano rivolsi ANNO i 455 ( 184 ) io pure adatte parole ai congregati, e rimasi installato nel mio ufficio (*) ». Il presente racconto del viaggio marittimo della nostra piccola llotliglia ci manifesta quanto scarsa fiducia si dovesse riporre fin d’allora in truppe prezzolate e mercenarie, e quante difficoltà e pericoli d’-ogni sorta conveniva affrontare e vincere, onde far giungere da Genova a CatTa gli opportuni soccorsi. E fu davvero buona ventura pel banco di s. Giorgio T avere incontrato nel Domoculta in cosifatta occorrenza mi leale suddito e fedele, dotato di prudenza e di militare coraggio, senza di cui che mai sarebbe avvenuto di tutto questo armamento? Ma egli, come si ricava dalla surriferita relazione e dalla intera corrispondenza epistolare durante il suo consolato, era un onest’uomo, improntato a sensi di giustizia e <1 ordine, e bramoso al sommo di compiere T arduo incarico a vantaggio e onore del magnifico Officio, che aveaio trascelto a cosi alta dignità. Della nave Leona comandata dal secondo console Antonio Lercari non è quasi parola nella storia di questo tragitto, e solo trovasene un cenno nella lettera di Carlo Cicala console di Soldaia ai Protettori in data 14 maggio 1455 H, nella quale parlasi con lode della condotta da lui tenuta e verso il capo della spedizione e verso i suoi amministrati. Segno evidente che a bordo di essa non accadde verun nè bello nè tristo avvenimento degno di rimarco, ma segui sempre dappresso il corso della capitana fino al simultaneo loro approdo in Cafla. Non so dire la inesprimibile gioia che destò in tutti i calfesi l’arrivo delle navi con tale apparato di forze da più non temere le armate unite dei loro perpetui e sfidati nemici. Basti il sapere che essi a quella vista si credettero questa volta davvero (’) Vedi il documento CL. (*) Vedi il documento CX1X. ( 185 ) STORIA da morte a nuova e rigogliosa vita risorti; e doli’ ineffabile gaudio che inonlavane il cuore diedero chiarissimi segni con la lestiva accoglienza mostrata ai consoli e ai loro ufficiali; la quale, per confessione del Domoculta istesso, riesci cosi pomposa e brillante, che meglio non sarebbesi potuto fare ad un monarca. Divenne quindi facile assai al medesimo il mettere mano prontamente alla riforma dell’ amministrazione e dare nuovo impulso e più giusto indirizzo alla cosa pubblica nella colonia, mediante utili innovazioni ed efficaci rimedii al precedente dissesto; alla quale opera attese il Domoculta con tanta solerzia e pratico senno da meritarsi in breve la generale benevolenza. ■ Vero è che alla diffìcile impresa trovava nei suoi due massari e provvisori Antonio Lercari e Damiano Leone, non che nei commissarii Simone Grillo e Marco Cassina, quattro cooperatori e compagni degni al tutto di lui, e del loro consiglio spontaneamente invocato, massime dei due primi, giovossi in ogni affare di alto rilievo, riguardante il ben essere e prospero avviamento dello Stato, a segno che potè scrivere ai Protettori: sumus anima (intendi una) in corpore .trium C). E quasi la stessa identica frase ripete eziandio il terzo console designato Damiano Leone, in due altre missive dirette ai Protettori e al segretario generale del magnifico Officio, Paolo Maineri , addi 5 luglio 1455 (2). Di cosi bella unione e concordia abbiamo un patente argomento nella seconda lettera che correndo il mese d’ agosto o in quel torno, i colleglli d’unanime accordo indirizzarono al magistrato di s. Giorgio, nella quale riferiscono ciò che sino allora aveano operato di utile e di buono nel governo di Caffa; in altre parole, delineano un quadro generale della situazione (*; Vedi il documento CXXXVI. (*) Vedi i documenti CXXXYII e CXXXVIII. ANNO 1455 ( 186 ) economica, politica e sociale in cui trovarono la citta, c nai-rano i più urgenti provvedimenti da essi adottati a farla rifiorire e a grado a grado rimettere nell’antico splendore (’). Non accade ch’io ne dichiari il contenuto, perchè, sebbene assai prolissa, ridonda in massima parte di minuti particolari i quali troveranno altrove un luogo più acconcio. N’ eccettuo il fatto del castello di Baziar, che verrò descrivendo subito dopo quel di Lerici, affine di seguitare il più possibile 1’ ordine degli avvenimenti. i V. * • Erano già liberi i cafTesi dal timore dell'invasione turcliesca, e ancora caldi di giubilo pel sospirato arrivo delle navi anzidetto con a bordo i consoli, quando una doppia disgrazia piombo loro addosso, cioè la perdita del castello di Lerici, sul Danubio, nel territorio di Mocastro, e quella di Baziar all’estremo oriente della Crimea. Abbiamo del primo doloroso fatto una assai circostanziata relazione scritta e presentata da Ambrogio Senarega, gran cancelliere della Repubblica, al magnifico banco di s. Giorgio, in cui a nome dei suoi fratelli, signori di quella rocca, li supplica a dare opera efficace per la pronta sua restituzione ai legittimi padroni. Non sarà,'io spero, cosa discara nè inutile saperue il contenuto. « Ambrogio Senarega, cittadino e cancelliere del comune di Genova, in qualità di fratello a Tommaso, Gregorio, Gerolamo e Giovanni Senarega, espone umilmente alle vostre magnificenze che i prenominati avendo già da tempo acquistalo con somma difficoltà dai tartari un castello da loro poi intitolato di Leru i, e con ingente spesa ricostruitolo, lo tenevano non tanto pc* se> quanto acciò servisse di rifugio e luogo di sicurezza a lutti i (') Vedi il documento CL. ( 187 ) STORIA professori della fede cristiana in quelle contrade; ai quali, se vessati o miseramente caduti schiavi dei tartari, porgevano mezzi copiosi di redenzione ed ogni maniera di soccorso. Avvenne infatti lo scorso maggio che alcuni uomini di Mocastro fossero rapiti dai tartari e a servitù condannali, cui i Senarega redensero al prezzo di tre mila quattrocento ducati, e con grande umanità trattatili, li condussero nel forte pel tempo creduto necessario a darne avviso ai loro congiunti e averne il rimborso della spesa incontrata. Ma che? Quando i pietosi e benefici signori stimavano avere compiuto un’ opera di misericordia e di salute a favore di quelli, videro ordita contro di se un’orribile trama. » Non pochi Mocastresi consanguinei dei liberati dal giogo dei barbari, spediti, come ne corre voce, dai loro rettori medesimi, che nel patrio linguaggio son delti Giupani, simulando di andare a pesca s’avvicinarono al castello, e avuta secreta intelligenza coi patrioti si combinarono che quei di dentro all’ ora prefìssa uccidessero le guardie di sentinella, e tosto, fatto il segno convenuto , per le non custodite porle vi introducessero la squadra cittadina. Era questa composta di sessanta uomini bene armati, e i nostri ostaggi erano in numero di quattordici. Come fa deciso, cosi si fece. Gregorio e Pietro fratelli Senarega, stante la perfetta pace e armonia che vigeva tra il governo di Mocastro e il comune di Genova stavansene tranquilli nelle camere, lontanissimi dal sospettare eli’ essi, i quali per altri precedenti consimili alli di pietà e la fresca liberazione dei malcapitati Mocastresi, trattenuti ivi appo loro con generosa ospitalità, potessero cadere vittime di tanta ingratitudine e ferocia, che non sariasi credulo dovere albergare in cuore di barbara e selvaggia gente, non che di cristiani, quali sono i loro attuali nemici. Dove per contrario, se essi avessero avuto il benché menomo sentore della trama, facile cosa riusciva il custodire gli accessi e propulsare l’aggressione. Ma invece, entrali proditoriamente nella fortezza i Mocastresi s’impadronirono e fecero bottino di tutte le merci e ANNO I455 ( 188 ) masserizie in essa rinvenute, recando un danno non certo inferiore a diecimila ducali veneti. » E quel che è più infame, strettisi a Gregorio che oppose dura resistenza e pugnalatolo con quattordici ferite, quanti appunto erano gii uomini da lui redenti, amendue i fratelli con una figlia naturale di Pietro cacciavano in prigione; e, a meglio chiarire essere stati a ciò spinti dai signori di Mocastro, cessero loro il dominio del rubato castello. Quindi nel ridetto paese vi condussero a modo di pubblico malfattore il misero Gregorio fra il ludibrio, gli scherni e le percosse di que’ terrazzani, e gittatolo da ultimo in fondo di una torre, lasciaronvelo ben tre giorni senza apprestare alcun medicamento alle numerose sue piaghe, tanto che tramandavano un intollerabile fetore. Tommaso poi, altro fratello, che trovavasi allora in Mocastro, ignaro della frode, \enne dai Giupani arrestalo anch’egli e incarcerato, acciò nulla mancasse al colmo della perfidia, onde estorquergli il picciolo acconto già pagato in rimborso del prezzo dell’eseguita liberazione. Ma essendo questi riuscito a scappare loro di mano e porsi in salvo, già da buona pezza dimanda agli aggressori la restituzione del castello, il risarcimento dei danni eia pecunia derubala, e i Mocastresi stanno fermi sul diniego, come se nulla avessero commesso di riprovevole e di iniquo. » Espone ancora che il predetto Gregorio cosi malconcio e di catene avvinto fu dai medesimi condotto e consegnato al vaivoda della Valachia, a nome Pietro, il quale udita da lui la grave ingiuria fattagli, per zelo di onestà lo liberò tosto, e gli dette balìa di rifarsi sui Mocastresi della somma che eragli stata con sì ladra maniera involata, sino a quattordici mila ducati turchi: e paltò inteso che a motivo dell’ indegna azione perpetrata dai sudditi mentovati non si dichiarasse guerra tra il suo regno e la signoria di Genova, giacché egli dava promessa di fare tantosto restituire dagli uomini di Mocastro il mal tolto castello. " Si pregano adunque, finisce la supplica, le vostre domina- ( 189 ) STOBI A zioni che, tanto per amore della giustizia cui esse sono use amministrare imparzialmente ai loro soggetti, quanto acciò una cosi enorme fellonia e nero tradimento non vadano esenti dal meritato castigo, consentano agli spodestati fratelli Senarega il diritto di rappresaglia sulle persone e gli averi dei Mocastresi e loro dipendenti, per la somma pari ai danni recati con le spese e gli interessi, ovvero, di concedere ai medesimi di muovere guerra a loro rischio e pericolo agli ingiusti provocatori. » Ricevuta e letta davanti 1’ adunato consiglio la presente relazione, i Protettori, da quei saggi che eraìio. non lasciaronsi andare a inconsulte e precipitose risoluzioni, le quali anziché rimediare poteano volgere a peggio la pratica di sì delicato affare, aumentando fors’ anche il numero dei loro nemici nella Crimea. Ignoravano le secrete ragioni che avevano spinto il magistrato di Mocastro all’ ardito e insolito fatto, e sul semplice esposto dei Senarega, per quanto autorevole fosse presso di loro la parola del segretario, uomo probo e officiale addittissimo alla Repubblica, non vollero abbracciare un partito senza prima scriverne in proposito all’altefato vaivoda Pietro, signore della bassa Valachia, e al capo ed agli anziani della comunità di Mocastro: lo che fecero addì 14 marzo, probabilmente del 1456; giacché la data della lettera é logora nel millesimo, e priva affatto ne è la supplica presentata dal cancelliere Ambrogio: sebbene dai raffronti storici risulti scritta negli ultimi mesi dell’ anno 1455, ovvero nei primi del Seguente. Ad ogni modo il racconto dovea aver luogo qui ov’ io lo collocai, essendo accaduta la presa di Lerici nel maggio 1455 C1), e quindi poche settimane dopo l’arrivo dei nuovi consoli in Caffa. I quali, in una loro lettera dell’agosto di quest'anno diretta al banco di s. Giorgio, ne parlano come di cosa successa di fresco, lasciando anche trasparire che allo sgradito assalto i Senarega abbiano dato un lontano motivo col Vedi il documento CXX1. anno 1455 ( 190 ) negligentare le scoile notturne, e attribuendo a difetto di accortezza il fidarsi incautamente di quei vicini, noli abbastanza per eguali ladrerie e rapine E in altra missiva dei 6 settembre rifacendosi gli stessi sul tema medesimo annunziavano che il ridetto Tommaso stava sulle mosse di lasciare CalTa e condursi in Genova , ad implorare dal magnifico Officio i necessarii soccorsi pel ricupero del suo castello. A tale effetto aggiungono essi pure le loro istanze i consoli, « giacché ben conosciamo, dicono, come dai padroni di quello dipende in gran pàrte la sorte della nostra città; a segno che ove rimanesse in balìa di nemici ne seguirebbe la mezza rovina di Caffa, a cagione delle pingui entrate che la masseria ne trae dall’importazione dei grani. Ond’è che facciamo caldi voti acciò ritorni negli antichi signori, ovvero sia devoluto al nostro Comune; la qual cosa giudichiamo eziandio migliore e profìcua a tutti. Noi prima d’ora usammo ogni mezzo di riaverlo, scrivendone al vaivoda della Valachia, poi mandando in Mocastro una galera a tentarne l'impresa, la quale non solo riesci vana, ma gli abitanti al capitano eli’ erasi inoltrato nel fiume sino colà ricusarono udienza ed anco rinfresco di viveri. Tuttavia non credemmo bene spingerci ad ulteriori minaccie e venire ad aperta rottura, avendo noi grande bisogno del loro frumento nelle sfavorevoli circostanze in cui versiamo: onde lasciando il tutto al savio giudizio vostro, ne attenderemo gli ordini sul da farsi circa il presente intricato negozio ('). L’avvenimento, come già avverti alcun tempo addietro in una tornata della nostra Società il eh. mio amico, cav. Belgrano, non ci era ignoto affatto (*), ché il Federici e dopo di lui lo Spotorno C) (’) Vedi il documento CL. (’) Vedi i documenti CL e CLI. (*) Atti della Società Ligure di Storia Patria. Voi. Ili, pag. XCII e seg. (‘) Federici: Scrutinio della Nobiltà Ligustica. — Spotorno: Storia letteraria della Liguria. Voi. Ili, pag. 68. ( 191 ) STORTA ne fornirono un cenno. Dove se il lodato socio Belgrano notò un errore nella denominazione di Castrice a vece di Illice o Lerici, io ne trovo un secondo nell’appellare Vincenzo il Giovanni, ultimo dei fratelli Senarega. Lo stesso Federici poi assevera che i predetti ottennero in effetto dalla repubblica di Genova, (e avrebbe scritto meglio dall’ officio di s. Giorgio), il diritto invocalo di rappresaglia contro gli abitanti di Mocastro, fino alla somma di otto mila fiorini d’ oro, che tanto fu stimato potere ascendere il danno ricevuto nella perdila del castello; e una tale concessione sarebbe pure stata confermata da Pietro signore di Valachia: e solo lascia in forse 1’ esito del ricupero. Noi se nel progresso di questa storia troveremo vero il suo asserto, ci faremo carico di ricordarlo; ma da quanto ci consta finora, ci pare di no, e temiamo forte che lo perdessero intieramente. Come i Senarega ottenevano nelle vicinanze di Mocastro il castello detto di Lerici, gosì sulla costa della antica palude Meotide o mare d’Azof un altro genovese, Ilario Marini, possedeva il castello di Baziar, nel quale teneva guarnigione al suo soldo, che, al tempo di cui favelliamo, obbediva ai cenni del capitano Giovanni Bosio. Tentato costui d’ ambizione volle diventare da vassallo signore ; ondechè, guadagnata con arte al suo partito la milizia del forte, dichiarossi assoluto padrone del luogo. Il Marini ricorse per aiuto a Calfa dal Grillo e Cassina commissarii e n1 ebbe alcuni pochi soldati, i quali a motivo del piccolo numero non valsero a snidare di là l’ingiusto possessore. Giunti i consoli instò di nuovo, e nell’ assemblea a tale effetto raccolta fu discussa la proposta e a certe condizioni accettata. Dava il console centocinquanta uomini d’ arme, e tra questi la compagnia di ventura sotto gli ordini del suo condottiero Jacopo di Capua, una seconda di Antonio Gentile, còrso, e a comandante di tutta la squadra preponeva Nicolò di Boemia, valente tiratore di bombarde. Ascese due navi si diressero alla volta di Baziar, e traversato il Bosforo Cim- ANNO 1455 ( 102 ) merio già stavano allargandosi nell’ampio bacino d'Azof, quando i soldati del Capuano, ordita nera trama, scagliaronsi quali sul padrone del barco, quali sullo stesso loro capitano Jacopo, e caricatili di funi e catene, spogliatili d’armi, danari e d’ogni avere, li deposero in tale miserevole stato a terra, risparmiandone a ciò che pare la vita. Tentavano quindi di sorprendere l’altra nave per farne lo stesso governo, ma la valida resistenza opposta da Antonio Gentile e Nicolò Boemo mandò a vuoto i loro conati. Signori così d’un legno, i ribelli sen fuggirono indietro a dividere la preda e rivendicarsi in libertà. Pervenuta la infausta notizia a Caffa armavansi incontanente una terza nave e una-galera a rintracciarne i passi, giacché era a temere che i malandrini si dessero a pirateggiare in quei mari con grave danno del loro commercio. Invano però. I due barelli spesi quindici giorni in inutili ricerche per quei paraggi e nelle adiacenze sospette di Mocastro, non videro il legno che, filato dritto alla spiaggia meridionale, avea riparato in Trebisonda, come si conobbe più tardi. Non ostante l’infame tradimento il castello di Baziar fu dalla poca milizia rimasta fedele espugnato e vinto e quindi al suo legittimo • padrone restituito; sebbene con poco suo vantaggio se, come dice il documento, dovette oltre la perdita della nave su cui salva-ronsi i rivoltosi, che era di sua proprietà, subire ancora le spese dell’intiera spedizione. Il ricetto dato ai ribelli, non che il salvocondotto loro concesso dall’imperatore di Trebisonda, servirono ad inasprire vie maggiormente gli animi dei cittadini di Calla, e a rendere ognor più tese le mutue loro relazioni. I consoli in questa lettera ne menano amare doglianze, e annunziano volere scriverne con sensi di sdegno a quel sovrano (1). Non si saprebbe in effetto darsi una giusta ragione della strana politica seguita dal greco imperatore in questa e altrettali (’) Vedi il documento CL. ( 1(J3 ) STORIA occorrenze verso dei genovesi; e pare che acciecalo da viperino ed ereditario odio contro di loro, postergasse fin anco il suo interesse medesimo nell’ intento di recare a quelli un maggiore danno. Conciossiachè minacciato egli pure come lutti 1 monarchi limitrofi al nuovo regno fondato dalla scimitarra osmana, di perdere col trono la vita, piuttosto che stringere alleanza coi cafTesi e a forze unite sostenere 1’ impeto degli infedeli, amava meglio travagliare i cristiani suoi vicini con oltraggi ed offese. E questo l’andava facendo già da tempo, senza punto curare le serie rimostranze che tratto tratto ne riceveva, o gli amichevoli inviti a desistere da consimili provocazioni; di cui è un cenno in altra corrispondenza dei consoli suddetti ('). Insensato a non accorgersi che studiando di affrettare la rovina di CafTa e del dominio ligure nella Tauride, si scavava da se stesso la fossa, e accelerava 1’ orribile catastrofe che pose un cosi tragico fine al suo impero ! VI. Dopo ciò , smesse le armi il Domoculta, in obbedienza alle ricevute istruzioni, attese quindi in poi agli studii della pace e a dare sesto alla scompigliata amministrazione della colonia, distribuendo i varii officii e collocando nelle cariche alle quali erano stati assunti, i molti impiegati venuti con lui sulle navi a Caffa; non senza raccomandare loro esattezza e fedeltà di servizio- pel comune vantaggio della patria, e sotto la minaccia di severissime pene ai negligenti e prevaricatori; deciso fermamente d’incominciare dagli officiali subalterni la riforma impostagli e mano mano estenderla a tutti gli ordini dei cittadini. Essendo poi già da buona pezza il governo della città rimasto privo di stabile capo e superiore direzione, è naturale il cre- (*) Vedi il documento CL. ANNO 1455 ( 194 ) dere che molte pratiche e rilevanti altari giacessero insoluti, e l’organamento politico della medesima n’avesse risentito considerevole danno; sicché all’arrivo del Domoculta, tant’esso quanto i suoi colleghi si trovassero assediati ed oppressi dalle cure di Stato: come ne fanno fede in alcuni luoghi delle loro lettere questi tre egregii personaggi. I quali a due fra tutte mostraronsi più particolarmente solleciti a dare spedito corso, cioè il giudizio della cattura della nave turca fatta da Martino Voltaggio, e l’altro della sollevazione eccitata in Calla contro Acellino Lercari da una banda di rivoltosi, a cui furono accusati appo il magistrato di s. Giorgio avere tenuto bordone lo scrivano Clemente Yaldetaro e Giuliano Leone, fratello a Damiano terzo console eletto. La nuova del tristo successo giunse a Genova alcuni mesi dopo la nomina di costui al consolato, e se fosse arrivata innanzi, non dubito punto che la scelta sarebbe caduta sopra altri: tant’era, massime in quei primordii di dominio, la brama nei Protettori di mostrarsi custodi fedeli e rigidi osservatori della giustizia, ad esempio dei turbolenti che abbondavano in Caffa e a salutare punizione dei ribelli. Pertanto ai 3 febbraio 1455 scrissero a Damiano (era allora in viaggio terrestre alla volta di Crimea) un’esortatoria epistola, nella quale commendate le civili e cristiane virtù di lui e il suo carattere di equità e rettitudine, di cui avea dato in altre circostanze e precedenti officii non dubbie prove, gli insinuano di mostrarsi anche in questa occasione meglio curante del bene pubblico che*del privato interesse e domestico affetto, applicandosi in un coi colleglli ad esaminare la condotta del fratei suo in quella sedizione, e provatolo reo, condannarlo e punirlo non altrimenti che del tutto estraneo gli fosse ('). Ma P accusa sporla dai quattro borghesi di Caffa col loro foglio dei 22 ottobre \ 454 (2); contro di (') Vedi il documento CHI. (*) Vedi il documento XXXVII. ( 195 ) STORIA Giuliano e di qualche altro officiale era falsa, e precipitala si comprovò la ingiuriosa dinunzia. Cosa disonorevole a quell’ufficio municipale, che senza appurare i fatti accaduti sotto i suoi occhi e sulla semplice relazione di alcun illuso e forse malevolo avanza, al magistrato superiore una querela contro innocui e pacifici concittadini ! Non mancava però l’animo a Damiano Leone di castigare severamente il fratello se l’avesse riconosciuto colpevole: e di tale sua disposizione ne mena vanto nella risposta del giorno 5 luglio 4455, in cui facendo il saputo reca un’appropriata sentenza ciceroniana ; ciò che usa eziandio altre volte.* Aggiunge anzi come egli appena arrivati i due colleghi in Calfa, li provocò a raunarsi tosto e con regolare processo verificare la giustezza dell’addebito apposto a Giuliano, il quale dopo prove e testimonianze legali risultò affatto innocente. Di che non solo dava piena sicurezza come particolare cittadino, ma e coi restanti due consoli ne confermerebbe tra breve la verità in una loro comune lettera C1). Infatti nella missiva dell’agosto susseguente questi d’unanime accordo riferiscono di avere, previo maturo giudizio sulla condotta di.Giuliano, constatato ch’egli non si mischiò per nulla in quel moto, e solamente ascese la nave del Lercari allo scopo di tutelare in persona le mercanzie per una notevole somma da lui caricate sul barco di Andrea Senestraro. Lodano infine il nobile disinteresse e vivo impegno mostrato da Damiano a che la causa del fratello venisse sottilmente e con tutto rigore discussa, acciò se in alcuna cosa esso avesse delinquito, gliene fosse fatta inesorabile giustizia (2). E giustizia fu resa davvero a tutti coloro i quali avevano brandito le armi ed aizzato il popolo alla rivolta. (’) Vedi il documento CXXXVIII (*) Vedi il documento CL. ANNO 1455 ( 106 ) Tra questi venne sgraziatamente compreso lo scrivano Clemente Valdetaro, indiziato dai borghesi suddetti come complice assieme a Giuliano Leone e i fratelli Giudici; il perchè d’ordine del banco di s. Giorgio i consoli lo balzarono d’impiego, vittima d’immeritata calunnia; e a luogo suo collocarono il notaio Batista Garbarino, che sotto il dì 2 luglio 1455 lo vediamo ringraziare i Protettori del conferitogli incarico (*). Il Valdetaro non patì in silenzio l’onta ricevuta, ma procuratosi un attestato di diecinove riguardevoli cittadini di Caffa i quali facevano fede della sua onestà e ninna partecipazione al disgradevole tumulto, con suo foglio dei 21 giugno, diretto al magnifico Officio in Genova si difende dalla taccia inflittagli col dire di avere bensì al primo scoppio della sollevazione impugnato le armi, ignorando ciò che si volessero i mestatori, ma a sua personale sicurezza, non mai per alcun fine sovversivo dell’ordine e governo stabilito. Narra d’avere fatto sue lagnanze ai municipali, autori dell’ ingiusta accusa, ed essi risposto, alcuni di saperne nulla, altri che inteso a dire: e finisce con temperata gravità e senza lagni, protestandosi ognora, non ostante l’avvenuto, divoto suddito e cliente di s. Giorgio, bramoso dell’incremento del ligure dominio nella Tauride (2). A patrocinare la costui innocenza s’aggiunse il padre suo Giovanni, che presentatosi al Banco, tutto l’empié di querele e di lamenti, amplificando l’offesa e il danno che per opera di malevoli detrattori ne derivavano in riputazione e lucro al figlio, e offeriva nuove testimonianze di mercanti e borghesi di Calla le quali affermavano come ben lungi dal meritare castigo, il procedere di Clemente era stato commendevole in quell’incontro per aver fatto uso delle armi a difesa di Giacomo Grimaldi e di parecchi altri minacciati dai facinorosi, i quali senza di lui gli avrebbero trucidati o gravemente manomessi nelle persone e Cj Vedi il documento CXXXIH. (’) Vedi il documento CXXVfl. ( 197 ) STORIA nelle robe. Instava adunque a che l’espulso venisse reintegrato nel suo officio, se pure non credevano rimeritarlo della pietosa opera eseguita. Spinti da questo racconto autenticato dalle firme dei cafTesi, e in particolare da queglino stessi che a Clemente doveano salva la vita, i Protettori addi 25 settembre scrissero ai consoli imponendo loro di esaminare l’esposto dal padre e dal figlio, e trovatolo secondo verità rimettessero incontanente al grado di scrivano l’oppresso Clemente in surrogazione di Marco Yarsi testé defunto: e nel caso avessero già dato un successore al morto, essi ne annullavano la nomina onde favorire l’ingiuriato officiale (1). Cosi si governava allora, e davano lode e biasimo, premio o castigo i Protettori di s. Giorgio a tutti, anche agli infimi loro dipendenti nel servizio delle colonie! Più serio dovette essere il conflitto sostenuto con Martino Voltaggio e i suoi aderenti sul conto della presa del legno tur-chesco. Il console recatesi in mano le redini del comando, pose tosto in atto quello che avea in cuor suo premeditato, la punizione cioè del capitano e della ciurma che con tanta insolenza eraglisi ribellata nel viaggio, e a sua insaputa, anzi contro l’espresso suo volere, impadronita del grippo del signore di Sinope. Ne fece adunque arrestare i capi e i membri più compromessi, salvo il Martino, e tradurre alle carceri, ond’essere giudicati e a rigore di legge puniti; anche perchè venuto alla verifica degli oggetti staggili a bordo trovò un manco di molte migliaia di aspri, che il mercante turco catturato assieme alla nave diceva salire a diecisette mila, somma che parve alquanto esagerata al Domoculta medesimo. Adunato quindi il consiglio degli anziani e messo il partito se la preda si dovesse tenere di buon acquisto, e in caso negativo che fare del grippo e del suo carico , prevalse la sentenza di restituire le robe tutte ai (') Vedi il documento CLVI. ANNO I455 ( 198 ) loro padroni, e il console le consegnò issofatto al mercadante suddetto; e avrebbegli ceduto fin anco il molto rame sequestrato se quegli non si fosse ostinato in ricusarlo. Pertanto lo posero sotto custodia di Taddeo Adorno in attesa degli ordini dei Protettori e del probabile richiamo che ne avrebbe fatto l imperatore Maometto, cui esso era destinato (*). Questi però che mulinava grandi imprese e vasti disegni non se n’addiede, o simulò di non curarsene, o fors’anche stimandolo giusta preda di guerra, come i pochi genovesi residenti in Galata ne aveano ad arte sparsa la voce, l’abbandonò al suo destino. Il perchè scorso un buon lasso di tempo il rame fu venduto a profitto della masseria di GalTa, e ai soldati e marinai che d accordo con Martino Voltaggio se n’ erano insignoriti nulla toccò di utile, ma solo onta e disdoro. Esito quasi identico sorti la presa che Marino Cicala fece intorno questi mesi di una seconda nave del signore di Sinope nel porto di Calamita con un centinaio di turchi al suo bordo, dalla cui vendita il console volle spettasse la metà alla finanza dello Stato, la quale tuttavia giudicavasi montare a trecento sommi. Non risulta che il Cicala opponesse duro rifiuto al volere del Domoculta, e la finale sentenza si rimise ai Protettori che il console esorta a dargli pronta e definitiva onde valersene nei crescenti bisogni. Hevvi pure menzione di due altre galeazze turche sorprese nel porto medesimo da una nave del Comune, condotte quale a Calfa, quale in Cembalo, che col parere degli anziani dice avere creduto bene di ridonare ai loro padroni, affine d’ingraziarsi l’ambasciatore ottomano venuto di fresco in Crimea a ordire coll’ imperatore tartaro Agi-Kerai qualche nuovo tranello (2). (’) Vedi i documenti CXXXVI c CL. (’) Vedi il documento CLI. ( 199 ) STOMA VII. Con lutto il buon volere recalo dal Domoculta nella direzione degli altari pubblici della colonia e nell’amministrare ai privali la giustizia, non isfuggì le recriminazioni e i lamenti dei suoi sudditi. Martino Voltaggio fu tra i primi a querelarsene ai Protettori in una sua lettera dei 3 luglio, in cui dopo avere con ampollose frasi levato a. cielo il suo disinteresse circa le miti condizioni del noleggio della propria nave agli stipendi del Banco, e il sincero slancio del cuore mostrato nel servire ai comodi e utilità di s. Giorgio, viene a dire che sarebbesi aspettato ben altro da ciò che gli toccò di vedere e soffrire di danno per parte del console. Insomma la lunga sua verrina si riassume in questo: il Domoculta negargli ed esso pretendere il bottino della nave turchesca imprigionata dalla sua ciurma. Men male se il Voltaggio si fosse ristretto a reclamare i suoi veri o supposti diritti su quella preda: ma egli, come è uso dei millantatori, si avanza a tacciare d’inetto e codardo il console, e lodare se stesso di sperto ed animoso. Sentitelo. « Vi è noto, egli scrive, magnifici signori, con quanto animo e virile coraggio io mi sia adoperato a sforzare il tremendo passo del Bosforo sotto i colpi del bombardante castello Narete; il che mi riuscì tanto felicemente da cagionare ammirazione e insolito stupore in quei turchi, avvezzi a tenere in non cale tutte le altre nazioni e se medesimi i soli valenti in guerra. Questa volta all’urto della nostra intrepidezza non che pavoneggiarsi, ne restarono esterrefatti e confusi per modo che se alla testa dell’armata avessimo avuto un uomo più ardito e capace, noi senza fallo, scesi a terra, ci saremmo impadroniti del forte; tant’ era la veemenza del combattere che si destò nei nostri soldati. Ma il console non solo non ci permise quell’egregio fatto, anche il tentarlo e pensarlo severamente ne vietò. Sboc- ANNO I455 ( 200 ) cati quindi nel mar Nero colle navi crivellate da ben sette bombarde, Iddio, in ricompensa, come credo, dei miei sudori faceami incontrare un legno turchesco carico di quattrocento circa cantara di rame diretto al Gran Signore, il quale certo certo l’avrebbe convertito in tanti mezzi di ollesa contro i cristiani. Di commissione del console stesso (ecco il mendacio) lo assaltai, e rimorchiatolo in Calla, nel mentre quivi attendeva della mia fatica il premio, me ne vidi ingiustamente spogliato e la ricca preda giudicata doversi restituire ai nostro nemico e suo antico padrone » . Prosegue il Voltaggio del medesimo tenore a lamentare con sdegnoso risentimento parecchi altri torti fattigli dal console, e in particolare del negatogli partito o servizio della sua nave nelle corse marittime entro l’Eusino ; da che un danno non minore di due mila ducati ne seguì a lui, il quale nel primo viaggio da Genova a CafTa in luogo di trarne profitto, avea speso del suo, oltre lo stipendio convenuto, almeno cinquecento fiorini. E come se ciò ancora non bastasse, disapprova la spedizione contro il castello di Baziar ordinata dal Domoculta in favore del Marini, attribuendo persino al console la rivolta accaduta sur una delle navi C1). Di varie altre lagnanze mi passo, contento di avvertire che Iddio lo riservava a pagare delle sue menzogne e rodomontate il fio, la appunto ove avrebbe voluto fuor di tempo fare il gradasso, tentando un’ impresa nè facile, né opportuna, siccome era 1’ espugnazione del castello Narete, sotto cui di lì a pochi mesi colpita da ottomane bombarde la sua nave si sommerse con tutto il carico, e alTondò ! Della stessa guisa, anzi con termini ancora più risentiti, dolevasi coi Protettori 1’ altro capitano Giovanni Piccinino nel suo foglio degli 8 giugno 1455. « Notifico, scrive egli, alle signorie vostre, come giunto che fui in Caffa in un col console (') Vedi il documento CXXXIV. ( 201 ) STORIA Damiano Leone, ho diligentemente considerato la situazione di questa città e subito dato opera a fortificarne le parti che mi sono parse averne più urgente bisogno , in modo che, come sentirete da altri, le opere mie riescirono accette ai latini di qui non solo, ma anche ai greci ed armeni. Vi osservo però che i due primi consoli di fresco arrivati non mi tengono i patti stabiliti tra voi e me. Io sono sempre stato fedele servitore di s. Giorgio, ed in quest’ umile sudditanza voglio morire, perocché io mi tengo genovese (’), ma desidero che dalle signorie vostre sia provveduto alle fatiche e al servizio mio, giusta gli ordini emanati e le prese intelligenze. « Voi m’ avete dato parola, innanzi al partire, di mandarmi otto famigli, e poi non lo faceste-; di armare una galera e una fnsta e di quest’ultima darne a me il governo, e niente di ciò si pratica ; di mettermi capo d’ una schiera di soldati, ed io non mi vedo nè capo nè mezzo. Questo non è certamente quello che io mi prometteva; e voi non ignorate che a pigliare servizio sotto la bandiera vostra io lasciai un buonissimo partito offertomi dal Doge, sperandolo migliore dal vostro Officio. Sarà vero adunque che gli stranieri (e qui allude a Jacopo di Capua, e Nicolò di Boemia) debbano essere meglio trattati da voi che gli amici e conoscenti? Laonde abbiano per fermo le signorie vostre che se non provvederanno altrimente inverso di me, io me ne partirò di qua e farò ritorno al paese natio ; giacché rimanere in Gaffa a questo modo troppo mi grava. Tanto più che sembra nissuno fare menzione e curare le mie fatiche (*). » Tre mesi dopo la presente, cioè ai 6 settembre, scrisse una seconda lettera molto più moderata, in cui smessi gli alteri modi e atteggiato ad umile preghiera supplicava il banco di s. Giorgio d’ onorarlo d’ alcun offizio in Caffa. Eccone il testo. « Io credo esservi noto ancora che lorquando mi arruolai al vostro (’) Vedi sopra a pag. 167. (5) Vedi il documento CXX1I. ANNO 1455 ( 202 ) stendardo e mi faceste istanza di venire io cosi lontano paese, ebbi da voi la promessa di eleggermi capitano dei vostri stipendiati alla difesa di CafTa, per la quale ho rinnovati ed eretti i fossi dei borghi e resi tanto forti e belli, che in Italia medesima sariano sufficienti ad ogni oste. Ma di essere capitano nulla più vidi o sentii. Per la qual cosa io prego le signorie vostre che vi piaccia retribuirmi d’ alcuna parte del bene che ho latto e vado facendo in giornata a questa città, e mi vogliate confermare al soldo finora usato ; il quale neppure mi basta alle spese, ove non mi si conceda eziandio aprire due taverne, per cui dimando d’ essere franco da ogni gabella di vino: o se non stimaste concedermi questa immunità, donarmi la iagataria dei grani, od almeno la ministreria di Calfa. Se le signorie vostre mi contenteranno di uno di questi olTìcii, 1 animo mio rimarrà pago e soddisfatto : in caso diverso mi converrebbe pensare ai fatti miei. « Eppure mi sembra dovrei essere rimunerato assai meglio di molti altri miei compagni d’ arme che hanno soldo da voi, giacché io ho trovato questa città senza alcun fosso e riparo, e, come dissi, attendendovi notte e giorno, li ho rifabbricati tutti, e, se Iddio mi darà vita, li munirò ancora per guisa che la città non avrà più affanno o spavento né dei turchi, né dei tartari, né di qualsiasi generazione di nemici. Più volte mi .sono presentato al console e ai massari di Caffa offrendomi di assalire il castello di s. Teodoro con poca comitiva di uomini, ma essi hanno sempre fatto i sordi. Onde vi supplico vogliate dai e ordine ai medesimi di consegnarmi un centinaio di soldati che mi accompagnino sopra una galera fino a Cembalo, mentre io mi riprometto di occupare quella rocca, e anche ridurre alla vostra servitù tutta la Gozia C). » ^on cosi la pensava il Domoculta, che s’era fitto in capo (’) Vedi il documento CLIII. ( 203 ) STORIA di non attaccare briga con alcuno dei signorotti vicini infino a che non avesse ammcgliorato la condizione sociale ed economica della sua colonia. Sentiva pur egli rammarico e sdegno nel vedere gli insolenti modi e le stolte provocazioni di quei regoli, ma avendo adottato, come direbbesi oggi, una politica di raccoglimento, onde assestare gli affari interni del paese, non credè bene di secondare gli impeli guerreschi dell’ ardito avventuriere, la cui fede divenuta già alquanto sospetta non gli faceva presentire buon esito dalla chiesta spedizione. E in tale conformità ne scrivea ai Protettori, lamentando bensi la improvvida condotta di Alessio e dei suoi fratelli, signori di quel castello, i quali si millantavano di nulla temere da parte dei genovesi, vivente il loro padre e 1’ attuale imperatore dei tartari, su cui facevano sicurtà, ma in pari tempo soggiugne che andava apparecchiando armi e galere a piombare loro addosso quando 1’ occasione si fosse presentata favorevole : cosa che sperava non dovesse procrastinarsi di mollo (*). Vili. Viene in terzo luogo la più importante e assieme più incresciosa contesa che di quel tempo si destasse fra i maestrati e il vescovo di Calla. Di questo accannito litigio già narrammo sotto Tanno 1454 l’infausta origine, che tutta fu nell’avere il suddetto prelato sporto vive ed amare doglianze al banco di s. Giorsio contro il console allora in carica, Demetrio Vivaldi, * O e i suoi immediati antecessori, come pure a sfregio di quasi tutti gli alti funzionarli per la cattiva amministrazione loro della tribolata e immiserita colonia; lamento che, a delta d’ ogni onest’ uomo, era pur troppo vero, ma che a! colpevole torna sempre duro il sentirselo rinfacciare. Or qui ne riferiremo il seguito e la fine. (’) Vedi il documento CL. ANNO 1455 ( 204 ) Sembra che alle prime lettere del Gampora in cui svelava a nudo la riprovevole condotta degli impiegali caffesi, non abbiano i Pi elettori prestato la dovuta fede, e giudicatele eziandio non degne di riscontro, attribuendone 1’ asprezza con cui le dettava all indole sua alquanto rigida, e soverchiamente severa, o anche per maggiore deferenza ad altre relazioni che ipingevano con tinte meno oscure io stato della città. Di tale -i tnzio e della noncuranza usatagli si senti punto nel più vivo e cuore il vescovo, i cui lamenti al postutto erano diretti a s^eare le magagne dei tristi e promuovere il benessere mate-a e e morale del gregge alle paterne sue cure affidato. Dié unque di piglio nuovamente alla penna, e T8 giugno di quest anno tra sdegnoso e risentito dettò la seguente: Spettabili signori, io vi scrissi Tanno scorso con liberi sensi ciò che pensava dovesse tornare utile al governo di queste tene al vostro dominio soggette: ma la mia parola, corne vedo, non riesci accetta alle vostre orecchie, laddove valsero assai I le bugiarde insinuazioni e i pestiferi mendacii di cupidi e avari mercanti, che la voce del legittimo pastore. Non stupisco; DSCJ0 clua^e s°no come appo i genovesi gli esercenti arte ^ ei cantile furono mai sempre, a preferenza d’ ogn’ altro ceto, orto e a ragione creduti e riveriti. Duoimi non pertanto che uomini i quali hanno fatto tutta la possibile opera per rovinare ascoi ^ere ^a. n0S^ra sieno i soli ad ottenere credito e e vo*‘ Però da canto mio non recedo dalla corsa via, ari .ai?ten°° ^ esposto nell’ antecedente lettera: aggiungo f^ie Per amore della mia patria tacqui molt’ altre V1 operose cose che avrei potuto manifestare. ord' * d R°ma nC6VeÌ mandato di riferire sull’ attuale nostro infa ’ en^°’ giacché mala voce sino colà era giunta del le sarle a"8nute Presso di noi; ed io fui tutto nello scucine Smi”uir^e> a danno fors’anche della verità e della coscienza. Cin nniu , . ]|a meno io sono innanzi a voi accusato e ( 205 ) STOMA vilipeso? Ebbene! fatto accorto dalla sperienza che meglio valgono sugli animi vostri le ragioni a viva voce espresse, io intendo recarmi in Genova a scolparmi delle false accuse e inique intenzioni attribuitemi dai maligni detrattori, i quali se avranno a restarne scornati e confusi, tal sia di loro: beve-ranno la feccia di dolore e di vergogna che con le loro male arti si sono propinata. « Più e più altro mi resta a dire che non stimo ben fatto consegnare alla carta. I condottieri dei soldati foresi giunti da ultimo, Jacopo di Capua, Giovanni Piccinino e Nicolò.di Trento a tutt’ oggi si mantengono onesti, sebbene aneli’ essi sieno dolenti che non vengano loro osservate le fatte promesse, ma di ciò essi medesimi vi scriveranno. I nuovi consoli, giusta le secrete istruzioni loro date dalle vostre signorie, esaminarono ed appurarono la verità e innocenza delle mie opere e intenzioni, e spogliatele dalla caligine dei detrattori mi resero, come godo nell’ annunziarvelo, piena giustizia ». Segue una poscritta condita anch’ essa del suo frizzo. « Delle recenti cose successe in CafTa mi astengo di parlare, sia perchè ne fareste il medesimo conto che l’anno passato, sia perchè n’avrete lingua da molti altri e dal' latore della presente il quale vi raccomando t1) ». Come disse, così fece. Il Campora abbandonò la diocesi entro la prima settimana del settembre successivo, e giunto felicemente in Italia prese la via di Roma, di dove, fatta breve dimora, si portava in Genova a presentare i suoi richiami al magistrato di s. Giorgio. Che egli imprendesse il viaggio di mare e siasi recato effettivamente alla corte pontificia, meglio che dal registro del nostro archivio, lo ricavo dalla testimonianza di Enea Silvio, poi papa Pio II, il quale nella sua Historia Asiae Minoris così lasciò scritto: Episcopus Cafjensis (1) Vedi il documrnlo CXXIll. ANNO 1455 ( 206 ) Callisto pontifici maximo, nobis praesentibus, haec enarravit, qui tunc transitum per Mitil&nem fecerat, ah ecclesia sua Romam petens O. Non sappiamo ciò che dicesse in questa città il vescovo Cainpora al papa nuovamente eletto Callisto III, ma conosciamo invece i sentimenti del console e descli ufficiali di Caffa all’ occasione del suo rimpatrio. Riferirò un brano di due lettere che lo riguardano: i quali, a vero dire, non s’ accordano coll’asserto da lui, d’essersi cioè scolpato davanti i rettori di CafTa degli appunti e delle accuse mossegli dai suoi nemici. Il Domoculta coi suoi due colleglli scrive del seguente tenore al banco di s. Giorgio addi 6 settembre 1455. « Presentandosi a voi ed alla curia romana il vescovo cercherà senza dubbio di acquistarsi credito coir esaltare il suo zelo per la dilatazione della fede in queste contrade: non gli date retta. Voi sapete che Caffa trovasi popolata nella massima parte da mercadanti armeni, i quali ci sono fedelissimi, e col loro traffico e industria riescono di grande vantaggio al nostro commercio. Ora egli li molestava del continuo colle sue esigenze e novità non volute accettare dai medesimi. Lo pregammo a desistere come pure da altre sue pretese, ma sempre invano. Nei giorni infelici che corrono devesi pazientare e non richiedere troppo dai coloni. Quando Iddio ci avrà concesso piena vittoria sui barbari, nostri avversarii , si potrà allora richiedere maggiore regolarità di costumi e pratica dei cristiani doveri. Insomma noi giudichiamo F anzidetto pastore più nocivo che utile alla diocesi, e yoì farete molto bene in provvedercene un altro che riesca accetto alla nostra città (*). Il simile affatto dicono i quattro componenti 1’ officio dei borghesi di Caffa in una missiva colla stessa data 6 settembre diretta ai Protettori. « Sta per partire di qui il nostro vescovo, •(’) Lequien: Oriens Cristianus. Tom. III. Ecclesia Caffensis. (’j Vedi il documento CLI. ( 207 ) STORIA e n’ abbiamo, dicono, gran piacere, non essendoci punto grata la sua condotta; onde vi sollecitiamo di esonerarlo della carica, accomodandolo, se cosi vi piace, di un nuovo benefizio, pur-tantochè non faccia ritorno a noi, e di fornircene un altro di miti costumi e d’indole temperata e benigna, capace d’ operare il bene nel mezzo di questo popolo (’). » S’io niente capisco della presente contesa mi sembra che al postutto il gran fallo dai cittadini e governatori di Caffa apposto al vescovo consistesse tutto nella intromissione sua negli affari religiosi degli altri culti, greco cioè ed armeno, stabiliti in quella città, mescolata da tante razze e nazioni diverse: quistione antica quanto il vescovato medesimo in Caffa. Imperocché una delle attribuzioni, a non dire dei doveri pastorali dei prelati cattolici si è l’invigilare sulle sette dissidenti, e ancora più sulle comunioni unite alla romana, acciò la vera religione conservisi intemerata e pura nei dogmi e nella disciplina presso i cattolici degenti in paesi infedeli. Ora gli officiali della colonia sotto un riguardo politico avrebbero voluto, per quanto si ricava dalle loro lettere, che il vescovo chiudesse rocchio sugli iniqui fatti di costoro, tenendosi pago di coltivare e pascere la greggia propria; e questa stessa non turbarla guari co’ rimproveri al suo dissoluto vivere e alle male arti, soprusi e angherie introdotte nel commercio. Ma tale non era certo, specialmente in quei secoli e sotto un governo cattolico, la dottrina della Chiesa, la quale già aveva su questo punto di disciplina sancito le regole di condotta a servire di norma ai vescovi. Infatti io avrò più d’una volta ancora a riferire di dissensi causati da questa intricata questione, e il successore istesso nella cattedra di Caffa al presente vescovo Campora, sostenere i 'medesimi diritti e occasionare richiami d’eguale na- (’) Vedi il documento CL11. ANNO 1455 ( 208 ) tura da parte dei consoli della colonia, benché fosse, come 1’ aveano chiesto, religioso di pacalo animo e di assai gentili modi* il quale al nobile tratto univa profonda dottrina; e ciò nulla meno, al paro del Campora, senti 1’ obbligo di tute are anzi tutto gli interessi più alti della religione meglio ce freddi calcoli della politica. Chi ha letto gli annali della ìe.a greca e dell’Oriente in generale, e conosce perciò la versi pelle astuzia e mala fede di quei popoli nell osservanza e trattati e concilii tenutisi per regolare di buon accor o ^ giurisdizioni e i rili dei varii culti,, non farà le mera vi e ie ^ questi piati che riuscirono infine a loro danno, alla perdita della vera religione e al fatale esterminio della patria^, duta con tanta ignominia e ancor giacente sotto il vergoD giogo ottomano. . , . Ritornando a noi, mi resta a dire che i Protettoli s a nnmn di fermi dero questa volta d’avere a lottare con un uo affret- propositi e tenace al sommodella sua ragione; on(^eC^ep^,jn)0_ taronsi a dare risposta il giorno 10 ottobre alle doglios^ stranze del prelato e con urbane maniere calmarne lo ^ « Molto grate, scrivono, ci giunsero le ultime mostre ^ nelle quali annunziaste esservi del tutto purgato dava consoli delle accuse appostevi dai vostri avversarli. e noi abbiamo fatto col mezzo dei nostri oratori presso ^ ^ Sede, ove la vostra dignità e l’onore vostro vennero ^ . tutelati contro le mire insidiose di chi tramava ^enl°.ces^e calunniandone la persona e le azioni. Quelli poi che ^ avere ottenuto da noi facile ascolto, vi accertiamo eie ^ non l’ebbero od avranno: essendo codesto Officio alien prestare fede ai sussurroni. Ben vi vogliamo esortalo a ^ le gare e le contese, usando prudenza e tolleranza. ISiente v al mondo di si orrido e incollo che col tempo e la pazl cura ridurre non si possa a florido stato, e volendo precip tare, talvolta si riesce a peggio. Vi esortiamo in modo specia e ( 209 ) STORIA a non occuparvi dei vescovi greco ed armeno, che sono i vostri più ardenti oppositori: adattatevi ai tempi che corrono avversi: così provvedercte al vostro decoro e troverete in noi un valido sostegno e propugnacolo. « Quanto ai capitani dei foresi al nostro soldo, a marcio torto ■si lagnano di noi che siamo soliti abbondare del triplo delle date promesse, come dimostra una lunga sperienza. È noto che tale razza di gente è ingorda all’eccesso, e non mai sazia nelle sue voglie. Jacopo di Capua, di cui teniamo i figli al nostro stipendio in Corsica, dovea assicurarsi meglio dell’onestà dei suoi soldati, la cui mala riuscita se recò danni a lui, a s. Giorgio apportò viemaggiore onta e disonore. Anche. Giovanni Piccinino ebbe il danaro convenuto : se egli si commise a malfidi agenti, di loro si lagni non di noi che avremmo desiderato r assento della concertata milizia. Altre più cose sono a carico suo e d’ altrui che taciamo per ora, contenti di affermare che se hanno a dolersi, se stessi e non noi chiamino in colpa, giacché troppo mal giuoco avrebbero di lamentarsi del nostro Officio 0). » Questa lettera che non giunse alle mani del vescovo Cam-pora già partito da Caffa nel settembre precedente, termina la fase epistolare del malaugurato dissidio, che a viva voce dovette quindi agitarsi fra il prelato medesimo e i Protettori adunati in consiglio, e il cui effetto, ci affrettiamo a dirlo, si risolse in ciò che esso più non potè o più non volle far ritorno alla sua sede, e moriva circa tre anni dopo in Genova sua patria. IX. Ho discorso finora dello stato in cui versava la capitale dei possedimenti genovesi nella Tauride, la città di Caffa, nel primo (J) Vedi il documento CLXIII. 15 ANNO 1455 ( 210 ) semestre dell’anno 1455; non sarà quindi fuor d’opera il trattenerci alquanto su alcune delle minori colonie. I registri del nostro archivio, dai quali io estraggo tutto ciò che vengo mano mano esponendo di riguardante la storia di quei lontani paesi, fanno particolare menzione nel corso del presente anno delle sole tre colonie di Copa, Soldaia e Savastopoli. L atto che spetta alla prima contiene un decreto relativo all’esercizio del consolato di Copa, conceduto a Batista Tanzio avanti la rinunzia delle colonie stesse fatta dal Governo al banco di s. Giorgio e da questo accettato per valido. Ma non avendo il Tanzio conseguito la carica, atteso una disposizione contraria emanata dal console e massari di Caffa, i Protettori ne scrivono ai 29 gennaio con sensi di maraviglia e di sdegno al nuovo console Tommaso Domoculta, lagnandosi che gli ordini superiori e i brevetti di dignità venissero dagli ufficiali di Caffa posposti non solo, ma invertiti e mutati. Gli comandano pertanto che giunto colà, con diligenza ricerchi la cagione di tale inosservanza, e collochi in grado di console il Tanzio od il suo supplente Gabriele Promontorio pel secondo anno assegnatogli ('), che doveva aver fine col 1455: e nel successivo facesse entrare in luogo di lui Tommaso Colombano, giusta il tenore dell’ antecedente deliberazione firmata da loro ai 19 agosto 1454 H. Di qui si rileva che il console di Copa (e sarà stato lo stesso delle altre picciole colonie) aveva o da se o per grazia del banco di s. Giorgio il diritto di cedere ad un altro T esercizio della carica, ritenendosi forse alcuna parte dell’ unito stipendio; anzi da qualche espressione del documento in discorso sembra potersi inferire che persino il surrogante medesimo fosse licenziato a farsi supplire da un terzo. Vero è che potrebbesi rispondere, come avendo i Protettori concesso a Gabriele Promontorio di sostituire il Tanzio nello ufficio, f1) Vedi il documento XCVI1T. (’) Vedi i documenti XXIV c XXV. ( 211 ) STOHIA era come se a lui l'avesse direllamenle impartito. Checchennes-sia, questa usanza di coprire col mezzo d’ altri la dignità tanto rilevante di console, e amministrare i più vitali interessi del popolo, io stimo sia stata non l’ultima fra le ragioni del cattivo andamento degli affari di quelle colonie. Imperciocché la è cosa evidente che ciò facevasi a speculazione di lucro, non già a tutela dell’ordine pubblico, e a vantaggio dei sudditi. Non mollo lungi dal luogo di Copa o Locopa, come ad alcuni secondo 1’ usanza del dialetto genovese piacque nominarlo, tro-vavasi quello di Savastopoli, cioè sulla costa orientale del mar Nero. A reggerne il consolato fuvvi spedito dai Protettori sul bel principio del loro dominio Gherardo Pinelli, il latore del fortunato annunzio agli abitanti di Caffa della trasmissione delle colonie tauriche dalla Repubblica al banco di s. Giorgio. Egli doveva entrare in carica e funzionare durante l’anno 1455. Lorquando giunse in Caffa, non peranco la flotta turca aveva compiuto lo sbarco repentino nel piccolo porto di Savastopoli e saccomannato le case e le persone dei mercanti genovesi ivi residenti , ma ricavo dalla sua lettera ai Protettori eh’ egli attendeva nella delta città il suo turno d’officio, e quindi per volere del console e anziani caffesi vi andò con parecchi altri nazionali a ripigliarvi l’interrotto governo. Ma fu per poco: giacché in data del di 28 giugno 1455 egli scrive siccome dopo brevissimo tempo gli Avogasii, tribù loro limitrofa, irruppero inopinatamente sulla colonia, e fattivi molti schiavi, obbligarono gli altri a precipitosa fuga, abbandonando ogni sostanza per avere salva la vita. « Perdemmo, dice, il villaggio, ed io nudo e spoglio di tutto dovetti seguitare i fuggiaschi sino in Caffa, ove attendo dalle vostre magnificenze un qualche compenso della toccata sventura: mentre i vostri ufficiali di qui mi vietano di fare ritorno al mio posto, e così sono costretto a rimanere privo di sovvenzione e di grado (') ». (’) Vedi il documento CXX1X. ANNO 1455 ( 212 ) Risulta da questa lettera del console Pinelli che la picciola colonia di Savastopoli nello spazio minore d’ un anno per ben due volte tu devastata e messa a ruba, cioè nel giugno 1454 dalla squadra turca, e nella primavera del 14-55 o in quel torno dagli Avogasii, ossia Abasii, popoli oggidì ancora esistenti nelle gole e altipiani della catena del Caucaso, ove a quando a quando tentano di scuotere il grave giogo moscovita, con guerriglie e badalucchi stancando la guarnigione nemica. Di Soldaia finalmente sono lieto di poter narrare più consolanti notizie. Carlo Cicala essendovi stato spedito console dai Protettori, tolse a governare quella colonia con tale onestà e giustizia da ottenerne dai suoi amministrati una commendatizia lara assai e quasi unica per i tempi che correvano. Voglio dire che i maggiorenti di Soldaia greci e latini in numero di diecinove con a capo il vescovo cattolico, addì 20 giugno 1455 scrissero ai Protettori una lettera cosi concepita. 11 Lo sa Iddio quanto grande si fu il nostro giubilo, allorché ci pervenne la fausta novella che voi accettaste la signoria di questa e delle altre terre genovesi della Tauride, memori del'a fama ovunque sparsa della saggia vostra amministrazione e del- 1 efficace soccorso che accordate ai vostri protetti. Del che ne avemmo ben tosto le prove nel primo console mandato a leggere la nostra città, il quale governa con tanta saviezza e rettitudine che la migliore non ci è dato desiderare. Ne sieno perciò grazie a Dio, poi alle vostre magnificenze, giacché sembraci essere rinati a vita novella e quasi già obliammo le angherie ed oppressioni di cui Soldaia fu il campo e la vittima sotto i precedenti rettori. Nondimeno d’ una cosa vi vogliamo avvertiti; temere noi che i successori dell’ attuale nostro console non sieno più simili a lui, stante il meschino emolumento che dal povero luogo di Soldaia puossi ritrarre. Quindi vi preghiamo a lasciarci Per un tempo più lungo del solito a nostro capo il console presente, sotto il cui governo siamo certi si rimarginerebbero ( 213 ) STORIA tuite le nostre piaghe e sbarbicherebbonsi le male consuetudini introdotte nel paese dal reggime passato (’). » Cosifatta onorevole testimonianza da parte della porzione eletta dei proprii sudditi io credo che 1’ avrebbe desiderata qualunque officiale di quelle colonie nella sua escita di carica, ma sventuratamente in tutta la corrispondenza finora svolta delle carte di Gaffa essa é la prima, e temo debba essere seguita da poche altre. Intendasi però solo rispetto ai consoli; che quanto agli impiegali inferior i, tra breve ci occorrerà di ricordarne alcuno riscuotere il comune plauso dagli abitanti di quella citlà. Il vescovo di Soldaia, frate Alessandro Di-Negro, nativo di Caffa, domenicano, promotore della ben meritata lode al Cicala, non vide 1’ esito della sua raccomandazione, essendo uscito di vita il dì 6 del luglio successivo: ed il console a sua volta così ne commendi il merito, e narra la pronta scelta fatta del successore: « Vi scrissi li giorni scorsi quello che occorreva al bisogno. Ieri poi Iddio chiamò a se il nostro vescovo, della cui morte tanto i greci quanto i latini tutti di Soldaia ne versarono pianto: e con ragione, perocché egli era mollo buono e degno pastore. È mio avviso che gli venga dato assai presto in successore un qualche savio religioso, e per riguardo a codesto popolo indivoto e peli’ opera del riscatto degli schiavi che numerosi qui accorrono. Dove se il vescovo è zelante, subito gli accoglie e redime dalla servitù, salvandone le anime; diversamente rimangono abbandonali. Ho quindi invitato i latini a radunarsi per eleggere quel claustrale cui stimassero meglio atto a reggere il nostro vercovato, ed essi unanimi prescelsero il padre Domenico Mariana, francescano, residente in Caffa, sua patria. Le vostre magnificenze adunque diano opera solerte a fare convalidare tale nomina dal sommo pontefice, e ce ne mandino con prontezza le bolle apostoliche, e, se lo stimano bene, impetrino anche un comando dal C) Vedi il documento CXXVI. ANNO 1455 ( 214 ) generale dell ordine minoritico. Io procurai la massima secre-lezza nella pratica di questo affare, giacché se il padre Mariana sospettale alcun poco del fatto, s’agiterebbe al possibile onde ceraie la dignità, sendo uomo alienissimo dalle cariche e di non comune pietà, epperciò al tutto accomodato al nostro bisogno. » Ad accrescere valore sull’animo dei Protettori, la lettera del ^on.ole eia contrassegnata da quattordici cittadini originarii ge-icve.i, come si argomenta dai loro cognomi, Lanfranco e Antonio Dell Oito, Giovanni Gentile, Visconte, Michele e Antonio aSC0’ ^'°'ann' Di-Negro, Giovanni Castellazzo, Giacomo Ratone, uaco di Parodi, Batista e Giacomo Castiglione , Nicolò di Si-misso, inalfabeto, e Manuele Pansano (*j. modi che adoperò il Cicala a conciliarsi così presto la bevevo enza dei Soldaiesi trovoli narrati da lui stesso nella prima sua lettera ai medesimi Protettori, in data 14 maggio 1455. asciata Caffa, die’egli, io giunsi qua ai 6 del presente mese, issofatto entiato in carica di console esposi a codesti abitanti nome -vostro i propositi che nutrite in cuore pel loro vantaggio comune felicità di tutte le colonie sorelle del mar Nero: essi accoltelo con amore e con sensi di gioia le mie parole, anto più \edendole confortate dalla spedizione delle navi D’Oria e Lomellina, poi dalle seconde di Paride Mari e Batista D’Oria, e malmente dalle due ultime Voltaggia e Leona. E siccome ogni j. ]|. ^anno e * perenni motivi di lagno ebbero origine in addietro avarizia, rapacità e mal governo dei precedenti rettori, mi u >ai rassicurarli essere fermo intendimento vostro di nominare e cariche d or innanzi uomini probi, ed onesti, i quali in lera ben diversa dalla praticata finora amministrino la cosa all’ 1Ca’ ^°^essero anch’essi dal canto loro mostrarsi ossequenti prine'^ 0rf^n‘ nuova signoria, che fin da bel P 0 del suo dominio prodigava loro tanto manifesti segni di ( ) Vedi il documento CXL1I. ( 215 ) STORIA buon volere, con sì ingente provvisione, che eziandio ai tempi dei romani saria parsa abbondevole e strepitosa 0). » 11 Cicala riferisce in seguilo avere diligentemente ispezionato le torri , i due castelli e il circuito delle mura di circonvallazione di Soldaia, e trovatele dove prive di munizioni, dove cadenti per vetustà, averne già avvertito il console e massari di CafTa di spedirgli una compagnia di venti soldati a presidio e per le scolte notturne in difesa della colonia. Accenna finalmente alle avventure occorse nel tragitto delle navi Voltaggia e Leona sulle quali erasi condotto in Crimea, ed alle fresche relazioni di CafTa cogli imperatori tartaro e di Trebisonda, rimettendo i Protettori alle più estese notizie che invieranno loro d’ officio i consoli preposti al governo di questa città. X. A mezzo l’anno volgente 1455 la nostra colonia di CafTa cominciava a risorgere dallo squallore e avvilimento in che era caduta; il suo commercio ripigliava man mano le primitive e rigogliose sue forze, stendendosi lunghesso le ampie coste del mar Nero; rifioriva la pace interna e con essa lavaria e mol-tiforme industria dei cittadini ; un’ incorrotta giustizia regolava i mutui rapporti delle diverse razze abitatrici del suolo ; la paura dell’ invasione dei turchi e dei tartari quasi affatto svanita mercè gli ultimi soccorsi militari; la reggenza dei nuovi consoli dall" universale ben accolta, favoreggiata, e dai tristi temuta; osmi savio uomo insomma nel considerare il buon avvia- ? O mento impresso all1 ordine pubblico nella metropoli e le minori colonie a lei soggette, aveva aperto il cuore alla speranza di un’èra novella di beata prosperità e di pace; e dal canto suo T officio di s. Giorgio attendeva il felice risultato di cosi gravi (’) Vedi il documento CXIX. ANNO I455 ( 216 ) e profuse spese subite nelle antecedenti provvisioni d'armi e d’armati, quando inaspettata sciagura e di tutte la maggiore, forse inevitabile ed estrema, piombò su quella miseranda contrada : la fame. A vie meglio comprendere 1’ aspetto orribile col quale pre-sentavasi il gravissimo infortunio, m’ è duopo avvertire che la signoria esercitata dai genovesi in Caffa estendevasi a poca distanza dalla città, non avendo mai potuto allargarsi nella circostante campagna, dominata e coltivata da tribù tartare insofferenti di giogo straniero, ed il breve territorio a lei soggetto era nella maggiore parte alpestre ed incapace di fertili seminagioni. Pareva convenuto che i liguri come estranei e forastieri al paese esercitassero bensi le arti della navigazione e le industrie di uno svariato ed esteso commercio , purché gli indigeni si lasciassero padroni delle spaziose valli e degli ubertosi campi dell’ interiore Crimea, da cui traevano feracissima copia di grano e d’ ogni genere di prodotti agricoli. Siffatta posizione sociale, d’altronde tutta propria al genio genovese proclive al traffico e alquanto schivo della vita campestre, nella presente congiuntura riuscì di gravissimo nocumento alla colonia di Caffa. Questa città già numerosa di abitanti da lunga pezza domiciliativi, all’arrivo dei consoli s’accrebbe ancora più in popolazione, a motivo che saputo dei soccorsi d’uomini e d’armi recentemente giunti sulle loro navi da Genova, e il lodevole studio che i Protettori dalla madre patria e i consoli nel governo della colonia mettevano per farla rifiorire, moltissimi i quali erano fuggiti per paura dei turchi invasori, o per cansare le estorsioni degli avari officiali vi fecero ritorno, usufrultando del salvocondotto a tutti concesso dal banco di s. Giorgio sino dai 5 dicembre i 454 (’), e anche più allettati dal savio e di- (’) Vedi il documento LI. ( 217 ) STORIA screto reggimento difresco introdottovi dopo la traslazione di dominio. Ma per loro disgrazia vi capitavano in mal punto. Imperocché all’ apparire della state trista notizia si diffuse an-nunziatrice essere andato fallito il ricolto del grano nelle regioni limitrofe, solite a provvedere fino all’esuberanza i magazzini di Caffa, e in alcune provincie non averne ritratto neppure a sufficienza per la seminagione del prossimo anno. Come dunque vivremo nei mesi d’intervallo fino alla mietitura seguente ? Fu questo l’angoscioso pensiero che impadronissi di corto della mente di quegli abitanti e massime del minuto popolo, il quale per la scarsa fortuna e i pochi guadagni trovavasi più degli altri esposto agli orrori della carestia. Il console Domoculta e i massari Antonio Lercari e Damiano Leone erano stati i primi ad avere lingua del nuovo flagello che minacciavali, e operando da senno non aspettarono no d’essere colti alla sprovvista; diedersi invece con tutto l’impegno richiesto dall'urgenza del male, a cessarlo da loro e dagli esterrefatti coloni. Trovavansi ancora nel porto di Caffa le navi di Martino Voltaggio e Jacopo Leone sulle quali n’ erano venuti da Genova, e alquanto prima del loro approdo v’aveano dato fondo due altri barelli di Paride Mari e Marino Cicala, oltre una terza galera del comune ivi già da lungo stanziata. Senza porre tempo in mezzo i tre colleghi avvertito il futuro caso del maggiore e più straziante periodo della carestia peir inverno prossimo e la primavera successiva, noleggiarono dapprima le grosse navi Voltaggia e Mari, inviandole in Sicilia a caricare grano sino alla quantità almeno di tre mila moggia fra tutte due; pel quale oggetto diedero incarico ai signori maonesi di Scio di sborsare ai padroni delle medesime due mila ducati per ciascuno ('). Indi a poco ordinavano una seconda spedizione mediante la suddetta galera data a governare a Gre- (’) Vedi il documento CLXIV. ANNO 1455 ( 218 ) gorio Allegro, il quale dovesse recarsi a Mocastro per tentare la ripresa del castello di Lerici dalle mani dei ribaldi che sotto Unta di pescatori aveanlo rubalo ai fratelli Senarega. Andato a vuoto il tentativo, vi si provvedesse almeno colà di frumento. Sventuratamente non riusciva nè 1’ uno nè V altro progetto, chè il castello, come già dissi, non fu espugnato, e i Mocastresi sforniti essi stessi di granaglie negarono farne parte ad altrui. E non basta. Un rio destino perseguiva con inaudita ostinazione la nostra colonia. Le navi del Voltaggio e elei Mari onuste di frumento compro a caro prezzo, veleggiando a Caffa, la prima neir imboccatura del Bosforo sotto i fieri colpi di bombarda lanciatile dai turchi dal castel nuovo, con tutto il carico peri affondata nelle acque, e l’altra dal vento o dalla paura, o da qualche frapposto contrasto tenevasi inchiodata nelP isola di Scio. Ridotti a tale stremo di cose il console adottava F ultimo disperato partito di slanciare le due navi rimastegli in porlo, cioè di Giacomo (’) Leone e di Marino Cicala, a percorrere quanto era lungo e largo il mar Nero, e costringere buono o mal 'loro grado i barelli piccioli e grandi di qualsiasi bandiera a far vela a Caffa e vendervi le provviste di bordo. E per ottenerlo con maggiore sicurezza equipaggiò di ottanta uomini la Leona e di sessanta la Cicala. Ancora avanti tutti questi provvedimenti, e tanto più dopo il tristo loro risultato, il console coi massari scrisse ai Protettori in Genova raccomandando e implorando un abbondante e pronto soccorso, senza di cui assicurava che infallibilmente la colonia saria andata perduta: giacché resterminio non potuto recarle dalla barbarie del tartaro e dalla ferocia del turco, ve l’avrebbe con maggiore onta del nome genovese apportato la (’) Da questo punto in poi il Giacomo Leone viene chiamato Girolamo nei documenti. Pei chiarezza del racconto io seguito a dirlo Giacomo come da principio. ( 210 .) STORIA fame (’). Lo stesso e nel medesimo giorno 6 settembre 1455 dicevano i quattro borghesi componenti 1’ ufficio municipale di Gaffa. « La nostra città trovasi in carestia non solo ma nella massima penuria di grano, tantoché fin d’adesso il pane è scarsissimo e difficilmente reperibile. Si fecero bensì tutti i tentativi onde procurarcene, ma temiamo assai abbiano a riuscire a nulla, poiché Mocastro stessa e Licostomo, di dove so-leano venirne gran carichi, ne difettano esse medesime, e ven-desi colà a carissimo prezzo. La Campagna eziandio (cosi chia-mavasi un’ ampia regione tartara limitrofa a Calla) non raccolse il bastante alla futura semenza, e anche questo poco già lo consumiamo di presente. Dalla Scizia e dalla Turchia non ci arride alcuna speranza di aiuto, come potenze a noi nemiche. Sicché la fiducia nostra é riposta tutta intiera in voi, e punto non dubitiamo che saputo l'orrendo disastro, con la maggiore sollecitudine possibile ci fornirete di che sfamarci. Ma se vi metteste lenti all’opera o ce la negaste, ritenete che la città di Caffa,, ora popolatissima, fra un anno diverrà uno squallido e deserto villaggio; perchè dato anche che gli approvigionamenti da noi tentati risultino di qualche profitto, su di che v’ha a temere assai, non sarebbero a gran pezza sufficienti ad allontanare la sciagura (s). » Immagini adunque il lettore lo sgomento e la desolazione dei magistrati e del popolo di Caffa lorquando si seppe il naufragio della nave Voltaggia e il ritardo dell’altra di Paride Mari nel-1’acque di Scio. Che cosa dicessero o facessero i cittadini nel sentire già prossimi entro le loro viscere i latrati della fame, e nell’ attesa di cruda inevitabile morte, noi so. So bene che il Domoculta non lasciò intentata alcuna via, e tutti mise in opera i mezzi coi quali satisfare alle stringenti necessita. Nè (') Vedi il documento CLI. (2) Vedi il documento CL1I. ANNO I455 ( 220 ) sapendo a chi più rivolgersi, diè di piglio alla carta e mandò a Scio una commoventissima lettera il giorno I I ottobre, in cui esposta tutta l’orridezza della situazione sua e dei suoi amministrati, cogli occhi pregni di lacrime e il cuore rigonfio di dolore,, li supplica a venirgli in aiuto, surrogando con qualcli’ altra la sommersa nave, e spingendo quella di Paride a correre di carriera in un col suo carico a Calla, acciò, esclama, « questa terra che con tanto sangue, così grandi sudori ed enorme spesa ci siamo acquistata, non abbia a perdersi si ignominiosamente che men male sarebbe cadere coll’ armi in pugno schiacciati dalla turca o dalla tartara potenza C1). » XI. Quando il Domoculta scriveva ai maonesi di Scio la detta missiva, vergata col pianto sul ciglio e la disperazione nel cuore, non aveva ancora avuto contezza delle dolorose prove per cui era passata alcuni mesi prima quell’ isola. Accennammo di luga or dianzi il secreto avviso giunto ai sciotti sul misterioso armamento d’ una flotta turca allestita dall’ imperatore per ignota destinazione. « Siamo avvertiti, diceano i quattro nobili arconti, da Adrianopoli e da Gallipoli, che il sultano ordinò P apparecchio d’ una nuova squadra navale. Ma sono tra loro diversi i pareri sullo scopo cui tende: volendo alcuni che la sia diretta al mare Nero, altri a Rodi od anche alla nostra volta ('). » Lo era infatti su queste due ultime terre. Maometto avvezzo ornai a dettare legge a tutti, e a vedere curvarsi ad ogni suo cenno le teste coronate dei circostanti regni, tolse a pretesto della nuova guerra il generoso rifiuto che gli fece il gran Mastro di Rodi di prestargli tributo di (1) Vedi il documento CLXIV. (’) Vedi sopra a pag. 172, e il documento CXVII. ( 221 ) STORIA vassallaggio, e quello dei sciotli di pagare la seconda volta al traditore Francesco Drapero (’), genovese di Galata e suo protetto, quarantamila zecchini, prezzo dell’allume somministrato da questo ribaldo al governo dell’ Isola. Equipaggiata adunque una potente armata, la spediva nella state del 1455 sotto il comando dell’ ammiraglio Hamza contro la città di Rodi; la quale difesa dal braccio dei prodi suoi cavalieri e ben munita di spaldi e di fossi trincerati si rise e mandò a vuoto l’ideato assalto. Allora la flotta piegò a Scio e in nome del sultano richiese il pagamento al Drapero della somma ridetta: negandola, avrebbe espugnata la città e ridottala alla sua obbedienza. I sciotti si ricusarono ; e fidati sulle loro armi ed una scelta guarnigione di bravi soldati italiani al loro stipendio condotti, apprestaronsi a ribattere colla forza i colpi nemici. Hamza scorto ben asse-ragliato ‘il porto con venti grosse navi pronte a combatterlo, la città guernita di salde mura e il popolo co’ suoi rettori disposto a contrastargli vigorosamente il pallio, basi e non ebbe coraggio d’ attaccarla: ordiva invece un tradimento. Propose che due nobili cittadini venissero parlamentarii nella sua nave ove tro-vavasi il Drapero, affine di assestare in amichevole modo, come s’ addiceva fra nazionali, la mutua contesa. Caddero i buoni isolani nel laccio, e deputarono al periglioso incarico due della famiglia Giustiniani, signora del luogo. Nel tragitto dalle porte alla marina s’avvidero costoro, non so come, dell’ordito tranello, e stretti i fianchi ai cavalli tentarono riporsi a gran corsa in salvo: ma soldati turchi appostati sulla via, ne li arrestarono e costrinsero salire a bordo, ove giunti, contro la data fede, salpò issofatto la nave, che alla testa della flotta si diresse all’ isola di Lango, ossia Coo. (J) Mi cade in pensiero che Drapero fosse nome di professione, cioè facitore o mercante di drappi (come usavasi anche seatero*, laniero, per indicare gli esercenti le dette arti), e non già il nome proprio di questo Giuda: non avendo io mai incontrato nelle storie genovesi siffatto gentilizio. anno 4455 ( 222 ) Gli abitanti di questa n’erano fuggiti tutti, riparandosi al forte di Racheia, lasciati in pianura solo pochi vecchi, uomini e donne, incapaci d’inerpicarsi su pei monti. Hamza devastata con barbaro furore e a sfogo di vendetta 1' isola, si trasferì ^ i colle truppe di sbarco al castello e vi poneva 1’ assedio, cui però dovette levare dopo ventidue giorni, con grave sua perdita, cagionatagli dalT artiglieria nemica e da fiera malattia di visceri che sviluppossi nel campo. Nel ritorno ripassava a Scio , e meno oltracotato di prima, espose il desiderio che i signori del luogo destinassero un’ambasciata al sultano, onde porre fine alla vertenza col Drapero. Pendenti le trattative avvenne un tristo caso che riuscì a nocumento d’ amendue le parli. Turchi ubbriachi vollero contro il divieto di Hamza scendere a terra, e in quel delirio uno di essi guadagnato il tetto d’una chiesa, prese a nudarne il vólto, gettandone le tegole sul capo ai passanti. Veduto dai sciotti, fu steso morto. I compagni ne assunsero la difesa contro gli isolani. Qui succede una furiosa mischia, in cui e turchi e cristiani battonsi alla disperata, rinculando e inseguendosi sino alla nave, la quale per lo smisurato peso dei combattenti miseramente affondò, traendo seco ogni cosa nell’acque. L’ammiraglio n1 andò sulle furie, ma non seppe darne tutto il torto ai nostri, e risarcito del danno dai signori dell’isola si rimise in cammino per Costantinopoli: ove Maometto, rimproveratolo di debolezza lo degradò, e ai 30 agosto 4455 intimava nuova e più formidabile guerra a Scio. I maonesi però ebbero modo ancora questa volta di placarne lo sdegno mediante un vergognoso trattato, pel quale si convenne pagassero altri trentamila zecchini in risarcimento della nave sommersa, oltre l’annuo tributo aumentato fino a diecimila di questi C). Ecco in brevi tocchi descritta la origine, le fasi, il termine della impresa ordinata () Hammer: Storia dell’impero Osmano. Tom. V. pag. 35. Ediz. cit. --- STO Iti A contro la nobile e ricca isola di Scio, la sola delle colonie genovesi che in questi tempi poteva ancora un tal poco far testa alP ardire del prepotente osmano. Sentiamo adesso quello che ne scrivevano essi medesimi ai Protettori di s. Giorgio. In due poscritti dei 48 luglio e 13 agosto inseriti a calce della lettera dianzi ricordata del giorno 4 8 marzo, narrano i fatti avvenuti con questa eccessiva brevità. « NelP intervallo dall’ ultima nostra al di d’ oggi venne su di noi il naviglio turchesco, forte di ben cento ottanta vele, fra le quali erano dieci triremi. Stettero nel canale qui vicino dai 29 maggio al 4.° giugno passato, mettendo a ruba, a ferro e a fuoco le campagne, i casini e le chiese circostanti alla città. Ci tolsero eziandio Quirico e Paolo Giustiniani ('), i quali sotto la fede giurata dal capitano della flotta le si erano appressati. Indi si ritrassero alP isola di Lango, che non più Lango quin-d1 innanzi dovrassi chiamare, ma languida: tale e tanto è lo squallore e la desolazione a cui P hanno ridotta quei barbari, sebbene non siano giunti ad occuparne il forte. Tornati poscia a noi, giudicammo bene di cedere alle loro inique richieste col pagare ventimila ducati, piuttosto che subire quei maggiori disastri eh’ eranci minacciati. « E volesse il cielo che qui stesse ogni danno: temiamo invece che P imperatore allestisca altra più poderosa armata contro di noi, se dalPOccidente e dall’Italia non gli verrà impedito il suo progetto di rendersi padrone fra breve di tutto P Arcipelago. Soggiogò egli recentemente, come saprete, al suo impero, quasi intiera la Servia, e le imprese del Mezzogiorno aneli’esse (‘) L’ IIammer (loc. cit.) va sottilizzando sul nome di Kyrikos, e lo suppone casato, originario di Pera o di Genova. Nulla di tutto ciò. Kyrikos , greco , c Quirico in latino e italiano, è nome di battesimo, e Giustiniani lo è di famiglia. Questo per noi è cosa chiara ; resa anche più evidente dalla certa esistenza in Scio , correndo gli anni 1454 e 1455, di un Quirico Giustiniani, citato nei documenti XXXVIII, XXXIX e CXV1I. ANNO 1455 ( 224 ) gli vanno a gonfie vele : cose ed eventi ciie crescono a mille doppi l’ardire alla già grande di lui baldanza e procacità. Sicché dato line alle guerre del Continente è certo che piomberà con tutta la formidabile sua possa sulle provincie marittime, e ridurrà sotto l’infame suo giogo il Ponto, l’Egeo e i varii regni disseminati nell’ ampio bacino del Mediterraneo : quantunque una anche mediocre squadra cristiana, animata da buono spirito, saria bastante a vincerla e conquassarla. Imperocché, conviene saperlo, i turchi nulla intendonsi di mare, e le loro navali vittorie in ispecie provengono meglio dal cieco furore che li invade £ dallo spavento che incutono al nemico, che dalla loro valentia o tattica militare: a segno che con quaranta dei nostri legni ben equipaggiati e diretti, non é dubbio si manderebbe in totale sfacelo un’ intera armata ottomana. « Considerino adunque le vostre magnificenze il grave pericolo in cui versiamo di restare soprafatti dagli infedeli, cui con i soli nostri mezzi non ci é possibile di cansarli; e,non permettano che a motivo delle spese che si hanno ad incontrare vengasi a perdere la bella e vantaggiosissima isola di Scio. Salì il trono pontificale tale papa, del quale conosciamo per detto e per fatto l ottima disposizione che nutre di venire in nostro soccorso e di tutto il Levante : sonovi in Italia principi, città e popoli pronti a stenderci amiche le destre: questi e quello sollecitino le vostre magnificenze a collegarsi in un solo pensiero di fiaccare sul suo nascere la rigogliosa prosperità della mezzaluna (*). » XII. Tante instanze, cosi caldi e premurosi inviti non doveano nè potevano rimanere privi d’ effetto: e d’ altro lato i Protettori di s. Giorgio neppur aveanne di bisogno, premendo assai più al- (’) Vedi il documento CXVII. ( 225 ) STORIA P Ufficio il conservare la propria signoria nella Grecia c nel inar Nero, che non ai suoi dipendenti ed impiegati. Infatti avanti ancora di questo tempo, cioè sino dal 1454, il padre maestro Deodato Boccone, servila, di Porto Maurizio, uomo altrettanto dotto nelle ecclesiastiche discipline quanto buon diplomatico . andava in nome dei suddetti oratore a papa Nicolò V, sarzanese, per ottenere dalla santa Sede alcune bolle e concessioni che gli vennero graziosamente elargite. In esse, giusta la fattagli dimanda, il comune padre dei fedeli il giorno 4 gennaio 4455 esortava col più vivo del cuore tutti i suoi figli degenti entro i confini della repubblica genovese a concorrere all'' armamento promosso dall’ officio di s. Giorgio contro i turchi e i tartari della Crimea, o arruolandosi sotto le costui bandiere o prestando qualsiasi maniera di soccorso in danaro, provvisioni e simili: al quale uopo indiceva straordinarie predicazioni e collette in molti luoghi dello Stato ligure a favore delle colonie tauriche, e per V incremento e difesa della religione in quelle contrade O. Siccome poi al lodato padre Boccone un tale Pietro Noceti segretario apostolico, forse genovese a giudicarne dal cognome, avea prodigato ogni guisa di consigli e di aiuti appo la romana curia, così i Protettori in data 21 gennaio stesso ne l’ebbero ricolmo di ringraziamenti e di lodi, proferendosi paratissimi a tutti i suoi piaceri e comandi (s). Ma giunte alquanto dopo le tristi novelle contenute nelle surriferite lettere di Scio e di Caffa, e venuto eziandio a morte il vecchio papa Nicolò, tosto rispedirono a Roma il Boccone, acciò dal nuovo eletto pontefice ottenesse la conferma delle prime bolle e 1’ adempimento delle ulteriori promesse fatte, innanzi lo spirare, dal suo antecessore. Calisto III, già Alfonso Borgia, nativo di Valenza in lspagna (’) Vedi il documento LXIV. (*) Vedi il documento LXXXIII. 16 ANNO 1455 ( 226 ) esordiva il suo regno agli 8 aprile 1455 con felicissimi auspi-zii, di nulla più bramoso che di comporre una lega dei potentati d’Europa e rovesciarla sul turco, come ancora prima di essere eletto capo della cristianità ne aveva fatto, dicono le storie, solenne voto a Dio, e rinnovò più formale ed esplicito subito creato papa. Quindi non solo confermò 1’ operalo dal suo predecessore, ma raccoltane la gradita eredità spedì incontanente suoi legati nella Gallia, nell’Ungheria e a più altri re del settentrione e del mezzogiorno, coll’incarico di rinfocolare quei principi e raccoglierli in questa sola rilevantissima impresa di abbattere la oltracotata audacia dell’ ambizioso Maometto e ricacciarlo nell* Asia, cessate le mutue gelosie e rivalità di Stato che aveanli tenuti fino a quel giorno divisi. Al magistrato poi di s. Giorgio, che della sua elevazione al trono pontificale aveva fatto gran festa, sperando, a ragione, di trovare in lui più che un generoso protettore un tenerissimo padre, scrisse ai 22 aprile un’ amantissima lettera, nella quale, a petizione del citato oratore Deodato Boccone, rinnovando ed ampliando i termini della bolla di Nicolò V, invitava ed esortava nelle viscere di Cristo gli abitanti tutti e sudditi del dominio genovese in terra ferma o sparsi nell’ isole non solo, ma e i fedeli delle quattro limitrofe città e diocesi di Luni, Tortona, Acqui ed Asti, di qualunque grado e dignità, professione, età e sesso, a largheggiare in doni, danari e sussidii d’ ogni fatta all’ officio di s. Giorgio, onde valersene alla prossima spedizione che questo andava allestendo. Ed a maggiore e più valido impulso dei cuori, aperto il tesoro di santa Chiesa, largiva nuove ed abbondanti indulgenze a qualunque e in qualsiasi modo avesse porto mano aiutatrice alla sacra, civile e militare impresa (’). Grande fu il giubilo che destò nei Protettori e in ogni classe dei cittadini di Genova l’annunzio di così ampie (') Vedi il documento CXVIII. ( 227 ) storia concessioni, e dell’accesissimo zelo che scaldava l’animo del nuovo pontefice a quell’ambito armamento. Laonde scelti tra il clero alquanti religiosi di specchiala probità li mandarono loslo nelle due riviere, nelle isole e negli altri paesi soggetti alla Repubblica, non che nelle anzidette città e diocesi confinanti alla Liguria, a spargervi la notizia dell’indulto papale e rac-corre il danaro che la pietà dei cristiani, eccitata dalla voce del comune pastore, avrebbe versato nelle casse di s. Giorgio. E ne consta fin d’ora che in alcuni luoghi sottoposti al dominio di Giovanni marchese di Monferrato in breve tempo già erasi adunata una egregia somma, cui il principe con futile pretesto indugiava consegnare agli agenti del Banco. Ondechè i Proiettori dirizzarongli il giorno 29 maggio una lettera, nella quale ringraziatolo anzitutto della benevola accoglienza fatta al loro inviato, padre Girolamo Montenero, domenicano, e del favore usatogli nella promulgazione delle sacre indulgenze entro i suoi Stati, lo assicuravano del ricambio d’altrettale affetto e sentita gratitudine pel ricevuto benefizio. Ma poiché, seguono a dire, « sembra che voi abbiate tardato la consegna delle decime e collette raccolte nelle terre di vostra giurisdizione a motivo dell’assenza dei vostri consiglieri, ai quali dite avere devoluto il giudizio di questo negozio, vi facciamo noto che il pensiero di ammassare in un solo centro l’oro destinato al soccorso delle colonie del Levante non viene da noi, quasi volessimo arricchire colle spoglie dei divoti, ma è il santo Padre che c’inviò pressantissimo ordine di ragunare qui in Genova tutte le somme che verrebbonsi raccogliendo dalle largizioni dei popoli, alfine di impiegarle negli usi che le circostanze e i nascenti bisogni meglio indicheranno. Pertanto, a totale sicurezza vostra e a conferma dei nostri detti, vi mandiamo un secondo oratore nella persona del legista Enrico Stella, il quale recherà seco le bolle apostoliche emanale su tale proposito: dopo la cui lettura vi esortiamo a togliere ogni difficoltà, e cessati i frapposti indugii ANNO 1455 ( 228 ) rimetterci quanto tenete in inano vostra da convertirsi negli apparecchi della crociata che meditiamo contro gli infedeli (*) ». Evidentemente il marchese Giovanni si opponeva al rilascio del danaro per calcolo di politica, non dando intiera fede al-l’annunziato scopo della liberazione delle colonie tauro-liguri dal giogo ottomano. E cosi pur troppo le instanti cure del buon Calisto non ottennero il sollecito ed efficace risultato che n'avea sperato il sommo gerarca, colpa, come già dissi, le esitanze e la codardia dei re. i quali si palleggiavano fra loro il torto che era comune a tutti, mentre il feroce Maometto prevaleva ogni dì più nelle regioni meridionali d’Europa. E le ambascie del suo paterno animo dovettero farsi vieppiù strette e cocenti allorquando ricevè una lamentosa lettera dai signori maonesi di Scio, in cui addi 14 agosto 1455 lagnavansi amaramente della riprovevole tardanza e incredibile apatia dei loro fratelli d’ Occidente, sordi alle grida di dolore che essf mandavano dall’ imo dei cuori trambasciati dalle angustie e dal-l’ultima disperazione, nella quale trovavansi avvolte le persone e le fortune dell’ intiera isola. Udiamone i compassionevoli e giusti risentimenti e le voci di straziante cordoglio che l’orribilità della temuta e indi avveratasi sorte metteva loro sul labbro. « Fino a quest’ora, scrivevano, sebbene ci vedessimo esposti a tutto l’impeto del barbarico furore di Maometto sultano dei turchi, il quale giurò implacabile guerra a quanto nel mondo sa di cristiano, pure, o beatissimo padre, noi ci confortammo a sostenere con ardimentoso coraggio la disuguale lotta, e soffrire con paziente rassegnazione i gravissimi danni da lui recatici, sulla certa speranza che i nostri fratelli di oltremare, udita la memoranda caduta di Bisanzio e il prospero ingigantire del fortunato tiranno nei circostanti paesi d’Ungheria e della Servia, tocchi da vivo amore di religione e di patria , avrebbero im- (’) Vedi il documento CXX. ( m ) STORIA pugnato le armi e con audace e ben concertato assalto finito di schiacciarlo. A tale uopo anche noi demmo opera di apprestare gli aiuti che maggiori potevansi fare dalle limitate nostre forze, per coadiuvare il generale armamento. Ma ahi speranze deluse! oh miseri di noi! Già i principi, re e signori d’ Occidente hanno (leposte le spade, già troppo ritarda il bramato soccorso: e tutta la rabbia del crudele nemico sta per rovesciare, a foggia di nembo sterminatore, sopra di noi, che siamo i più deboli! « Non ci estenderemo, o santissimo padre, a narrarvi a lungo la recente venuta della flotta turchesca a minacciare la nostra città, non le estorsioni di danaro, le violenze e gli altri mali d’ogni sorta inflittici in questa occasione; solo diremo che visto e considerato 1’ aspetto dell’ isola e i mezzi di difesa della città, il sultano formò il disegno di sfogare prossimamente sul nostro capo il suo livore, e già appresta Tarmata e aduna più navi che prima , come ne ricevemmo testé sicuro avviso da fede-degni amici. Non ci cade no l’animo a ribattere eziandio il nuovo minacciato assalto, ma quali sono e quante le nostre forze? Piccola, lo sapete, è la colonia, scarse le milizie, a petto le innumerevoli schiere di che dispone il turco: epperò, a lungo andare, inevitabile la caduta ». Cosi essendo le cose, rivolgersi essi all’ ultima àncora di salvezza che rimaneva, il santo padre Calisto, pregandolo istante-mente a caldeggiare la loro causa e di tutti i fedeli d’ Oriente, non smettere dall’ iniziata crociata, rinfocolare le potenze e i sudditi della cristianità a brandire le armi e gettarsi sul nemico; e alla disperata inviare almeno un sufficiente rinforzo di truppa da mostrare la fronte all’ invasore, in quella che si appresterà con agio un più formidabile esercito, acciò quegli non li prevenga, mandando a vuoto i loro tardi conati : cosa assai facile ad avvenire se, scongiunti i voleri, non si prestavano di buon accordo alla imprésa. « Che se si avrà a perdere. ANNO 1455 ( 230 ) soggiungono tra l’irato e il supplichevole, quest ultimo baluardo della genovese potenza e della religione nella Grecia, chiamano in testimonio lo stesso Cristo, che per l’ignavia dei principi e popoli cattolici ciò avverrà, non per manco di coraggio in loro isolani, i quali sono pronti a combattere fino all1 ultimo sangue e incontrare la più cruda morte, anziché cedere 1 infelice Scio od un palmo della sua terra agl’ irreconciliabili nemici della vera fede. Paventino non pertanto i neghittosi, e tengano fermo che, cadute le isole dell’ Arcipelago sotto i colpi della scimitarra osmana, la procella che ora trascurano di stornare in sul formarsi, si addenserà e scoppierà (ciò che fu una vera profezia) vieppiù orrenda e di sciagure feconda sul loro capo: giacché il vittorioso Maometto era tale uomo da non ristare dalle sue conquiste nè per distanza di luoghi né per avvallarsi di eserciti; cupido insomma e determinato d’ ingoiarsi quant era larga e spaziosa l’Europa H. » Quasi contemporaneamente dirigevano allo stesso papa Calisto una loro lettera i Protettori di s. Giorgio di cui non conosciamo i precisi termini, non avendola rinvenuta neir archivio, ma di cui presi lingua dal Rainaldo nei suoi annali ecclesiastici, che la dice scritta ai 26 agosto 1455, e conservarsi in Vaticano, nella quale lo stimolano con figliale affetto a venire in aiuto delle pericolanti colonie Eusine (*). Non è così di una seconda pur ricordata dallo storico medesimo, e questa io stimo bene di recare nel pieno suo tenore, sia perchè contiene la compendiosa esposizione dello stato delle cose d’ Oriente narrato finqui da me, sia perchè mi porge il destro di rimettermi in cammino e avanzare il racconto dei particolari avvenimenti riguardanti la colonia di Caffa. « Niuno è, beatissimo padre, dicevano, il quale ignori (’) Vedi il documento CXLV11I. (*) Vedi il documento CXLIX. ( 231 ) STO Iti A quanto terrore e costernazione d’ animo abbia invaso i popoli del mare Pontico, lorquando Maometto signore dei turchi dopo vinta ed occupata Costantinopoli, in ambi i lati del Bosforo che divide 1’ Europa dall’ Asia, là ove più angusto è lo stretto nell’imboccatura del mar Nero, dispose una batteria di cannoni d’ enorme calibro alfine di chiudere il passo a tutte le nostre navi. Ondechè non trovandosi più alcuno il quale osasse forzarlo cosi nell’entrata come nell’uscita, tutti quei popoli, perduta la speranza d1 esterno aiuto già macchinavano in cuore d’ abbandonare le proprie case; specialmente in seguilo a che Io stesso re ebbe inviato a Caffa una poderosa flotta di oltre sessanta legni, la quale spogliali ed arsi alcuni luoghi minori, si collegò poscia coll1 imperatore dei tartari, acciò 1’ uno dal mare e l’altro da terra premendo la città, la riducessero in loro dominio. Frattanto giungevanci da quelle parti frequenti messaggi, per via di terra, nunziatori del tristo e quasi disperato stato in cui versavano, affermando l’unica fiducia averla essi ornai riposta in noi, e spedissimo pronti e validi soccorsi. « Inteso ciò, con tutta fretta noleggiammo due grosse navi onerarie, e caricatele di milizia, di anni e altrettali munizioni da guerra, le spedimmo di corto alla volta'di Caffa. Sventuratamente, giunte a Pera, i condottieri delle stesse invitati dal sultano a scendere di bordo, contro la data fede li fece tradurre in carcere, e i legni colti da paura dettero addietro nel porlo di Scio; rendendo così frustranea la regia perfidia Fingente nostra provvisione. Indi non più col mezzo di lettere, ma di appositi oratori, i caffesi ci pregarono colle lacrime sugli occhi non permettessimo lasciare cadere in abbandono, a discrezione del nemico e in pericolo di disertare dalia vera fede, tanto copioso numero di sudditi e di cristiani ; e noi mossi dal loro pianto giurammo tentare ogni possibile modo a schivare cosi grave danno. Conducemmo perciò, subito dopo, al nostro soldo due altre navi a prezzo molto maggiore delle prime, e anxo 1455 » altrettante ne ordinammo l’ armamento in Scio: affinché se non tutte quattro, alcune almeno pervenissero al desiderato poi to di CatTa. E ,n verità, scorte dalla misericordia di Dio che <-e0nost,i proteggerle nel viaggio, giunsero tutte in varii tempi dallpTi TT llna so,a di esse restando alquanto malconcia m aie e nemiche all uscita del Bosforo. Non sarebbe ° .p C0Sa ^ Scrivere quale e quanta allegrezza s’eccitasse .. , . nn0 ne^ animo caffesi, che tosto ripigliarono gli ! .. . /P11*1* e nuo\a vigoria; tantoché gran numero di cil- • • . ^ (*1110re n’erano fuggiti, e altri dimoranti nei j I» Paesi> ve^uta la copia d’armi e armati spedita a difesa . feceio libero ritorno con le famiglie e sostanze '°™. come in |uogo di f„|ura piena collo p n^° P0i 6 cresc'uta popolazione e pel fallito rac-f, j. ’ a 1 s* trovò in seguito minacciata dalla carestia, tre e nel nZI^6^e nav* ^urono inviate in Sicilia a caricarvi frumento, "lier' llf0rn°5 a^ so^to passo, una di quelle oppressa dall’arti- colle d tUrCa C°n tUtt0 ^ rjcco suo carico affondò, e le restanti a spavento, ci vien riferito sdegnino a qualunque costo, ( *lTPCr ^llP‘‘,a(;a mercede, cimentarsi all’ arduo pericolo. iterate01' ° keallss*mo Padre, sebbene a cagione delle forti e di t>G ^°Se S0*tenute Per 'l ridetti soccorsi in si breve spazio unpo, ci troviamo pressoché esausti di danaro, pure non quei Iam° ^ lncontrarne altre vie maggiori per la salvezza di qUw popoli, ma s,am° cerli che | medesimi ripiomberanno i n | tine an=>°'sC‘e e disperazione, massime adesso a motivo ueJIa famp plm 1: j:,, • ' Pieme, se con la possibile celerità, non spe- dine]' • °r0 a^JOn(*ante provvista di grano. Per la quale cosa ri voi < n > ró^Z 1 am ° suPP,ichevoIi alla vostra Santità, acciò degnisi Provvediment Path6rn° Sgaardo e sovvenire con quelli solleciti nostri coloni * V ^ parranno acconci al bisogno , i tribolati * E affi nel" ’ 6 SOtl° a[tres* Sll0‘ %ii in Cristo. •e lussurio per avventura si creda che per una vile ( 233 ) STORIA plebe noi imploriamo l’intervento di vostra Beatitudine, avvertiamo che la regione del mar Nero, oltre le non poche nè spregevoli città soggette all’imperatore di Trebisonda, e altri molti piccioli borghi, compresa la Gozia, abitali da cristiani, hannovi le maggiori città di Soldaia, Cembalo, Samastro, e lilialmente il centro di tutte, Calla: la quale se non per ampiezza di mura, certo per moltitudine di abitanti non la cede a Costantinopoli. « Del resto, siccome questi popoli sollevati che siano dalle angustie della fame mercé la carità vostra, potranno coadiuvare assaissimo alla crociata dei principi occidentali contro il turco che sotto i vostri auspizii si va con tanta solerzia apprestando, cosi ove mai dovessero cadere vittima del medesimo avanti quel tempo, gran danno ne verrebbe alla cristianità, pei numerosi castelli e luoghi presidiati e forti i quali cadrebbero in balia dell’ ottomano invasore. Sopra di che non potendo più a lungo ragionare, stretti dai confini d’ una lettera, il venerabile padre Deodato, già innanzi speditovi in qualità di oratore, è da noi incaricato di spiegarvi le cose e il desiderio nostro al minuto, cui all’uopo vi preghiamo vi degniate ascoltare ed esaudire, in quella che facendo fine, noi e ogni cosa nostra con figliale rispetto vi raccomandiamo (’) ». Soscrissero il presente foglio i Protettori e i sedici deputati componenti la commissione instituita dal papa ad amministrare le rendite ricavate dalle collette, predicazioni e indulgenze elargite in sollievo di Caffa. Ma Calisto non avea atteso d’essere scosso da questa patetica narrativa di miserie e di dolori, onde aprire ai genovesi in prò dei cristiani della Tauride i granai del suo Stato. Da una lettera dei 22 novembre rilevo che ancora avanti il 6 stesso mese il pontefice offrì al magistrato di s. Giorgio tutto il (’) Vedi il documento CLXVII. anno 1455 ( 234 ) li umento che teneva raccolto nei magazzini lunghesso la sponda del Te\eie, e la somma riscossa dalla compra di quello aveva ordinato fosse convertita in altrettanto pane da distribuirsi gratuitamente ai poverelli di Calfa. Sorgeva qui la difficoltà del come recar&i le grosse navi onerarie lango la bassa fiumana a pigliai\i il carico, e i Protettori s’industriarono ina senza effetto d ottenerne dai mercanti l'eguale partita in qualche scalo della Sicilia. Chiedevano eziandio che il pontefice deputasse un suo fido accomPagnarne la spedizione, il quale coi proprii occhi verificasse 1 importanza delle colonie da lui soccorse, e il grande vantaggio cui le medesime sariano in grado di recare alla lotta cristiana nei prossimi eventi della crociata C). Precipuamente poi instavano in questa, e ancor più nell’alba corrispondenza dei 22 dicembre, che il Deodato Boccone impetrasse dal santo Padre in esclusivo favore del Banco 1 assegno delle decime ecclesiastiche, che si verrebbono in se- o ito, per mi tu delle sue bolle apostoliche, raccogliendo in tutto lominio della Repubblica, cui essi dicono esser molto scarse, ohe i pienti in danaro e largizioni, frutto della promulgazione della crociata suddetta; giacche la tratta del grano Te\ere loro concessa diveniva d’impossibile riuscita (*). A questo punto sembra che i Proiettori colto il destro della somma ende\olezza mostrata da papa Calisto alle riferite dimande, j. *ano ^uto frammischiare alla questione religiosa e sociale 1 affa anche la politica e interna, sul conto della controversa Alitura della Corsica, sopra la quale la santa Sede armava P^ tese. Ma il Boccone con buoni argomenti dissuase 1’ officio tativ G̰r°!° Prudere nelle pacifiche e umanitarie trat- tetlori !Ue11 in°pporlunn e anche pericoloso negozio, e i Prò-ri, fecero persuasi, rimettendosi in tutto al savio di lui f’J ^edi i] d°cumenlo CLXVIII. > .««li il documento CLXXI1I. ('235 ) STORIA consiglio (1). Cosi pure ad istanza del medesimo oratore indirizzarono particolari lettere ai cardinali di Fermo, di Aquileia, di Rouan, di Nicea e a più altri, nelle quali li vollero ringraziali delle amorevoli cure e valide protezioni sostenute da quegli eminentissimi a Roma in ordine alla prosperità e vantaggi del loro Banco e delle colonie genovesi nella Crimea ('). XIII. In una cosa non pertanto dovettero aneli’essi compiacere il buon papa Calisto, e fu nel restituire la nave tolta nelle acque della Grecia al veneziano Angelo Morosini. Il nostro registro contiene alquante lettere riguardanti la cattura di questo legno, le circostanze che I’ accompagnarono, e le contese cui diede motivo, le quali è debito di storico fedele non passare sotto silenzio, -giacché non trovansi narrate prima d’ora da alcun precedente scrittore. Era la state del 1455, quando il mentovato capitano con una trireme di sua proprietà drizzò le vele a Cipro in cerca di avventure; dove fermatosi e negli adiacenti mari balloccatosi alcun poco, finalmente gettava le àncore nel porto di Famagosta per rifornirsi di viveri, dando ad intendere al governatore della città che, avute le necessarie munizioni, voleva azzuffarsi col turco. Non fu difficile ottenerle; che anzi il prefetto e i cittadini tutti gli si mostrarono grandemente solleciti e larghi di soccorso, col provvederlo d’ abbondanti vettovaglie e anche di copiosi mezzi di offesa contro il temuto avversario. Uscito appena dall’isola, non indugiò il perfido a chiarire i veri suoi disegni eh’ erano non già di combattere gli infedeli, ma di volgere le armi fratricide a danno dei cristiani. Imperocché die- (!) Vedi il documento CLXVIII. (’) Vedi i documenti CLXIX, CLXX c CLXXI. ANNO 1455 ( 236 ) du>i a pii aleggiare lunghesso quei mari, ed ogni nave che incontrasse, fosse pur di amici e nazionali, tulle le assaliva, e i prigioni addiceva al remo; e tra le altre fece simile go-\eino d un legno genovese e del suo equipaggio che veleggiava a quella >olla, munito di salvocondotto da lui poco prima concessogli. Moltiplicando così gli assalti e i cattivi al suo bordo, n avvenne che questi, indettatisi fra loro e colto il destro, si awentarono contro il capitano e i suoi scherani, e strettili in catene \ol:>ero la prua a Famagosta, dove giunti narrarono le ribalderie del corsaro, che venne consegnato al comandante, dal quale fu dannato alle carceri e sottoposto a regolare processo, die finì colla pena di morte eseguita il dì 12 luglio 1455. È questa la succinta narrazione del fatto, come 1’ esposero i Protettori alla romana curia (*) : or vediamone il litigio insorto e il conJlitto diplomatico che ne seguì per opera di maligni detrattori, che mai scompagnano i troni. Nulla di più tacile del travisare avvenimenti successi in lontani paesi, tanto più se assenti gli incolpali e prevenuti da anteriori offese. Tutto ciò militava nell’attuale occorrenza in scapito dei nostri ; e sembra che daddovero papa Calisto ne rimanesse profondamente accorato, e mal disposto verso dei genovesi. Due ne erano le cause: la prima, ch’egli avea già fisH) in suo pensiero di eleggere il Morosi ni a comandante in capo della armala contro il turco, tenendolo per valentissimo iu fazioni navali, e l’altra, che eraglisi fatto credere averlo i liguri catturato in quella che limitava in prò’ della fede, sotto *° stendardo della santa romana Chiesa. Non è quindi a stupire che il pontefice, udita tal novella, non già una lettera, ma un apposito messo inviasse questa volta in Genova a farne ^everi richiami all ufficio di s. Giorgio, imponendo ai Protettori rilascio del carcerato capilano. Giungeva quà il corriere ( ) Vedi il documento CLXXIV. ( 237 ) STORIA Angelo Maltei, latore del pontificio comando, circa la metà del luglio \ 455, e sen/.a dimora i ridetti ai 18 stesso mese scrivevano in risposta al santo Padre la seguente: « Ricevemmo dalle mani del prestante uomo Angelo Mattel le vostre lettere, colle quali ci invitate a tosto mandare libero il veneziano Angelo Morosini, trattenuto dai nostri ufficiali in Famagosta, avendo la Santità vostra in animo di preporlo ammiraglio della flotta cristiana raccolta a guerreggiare il turco: e anche dolendosi con noi dello fregio recato alla papale bandiera coll’imprigionamento di quel capitano in attuale servizio della santa Sede. Noi, o beatissimo padre, che in fatto di riverenza e venerazione al potere delle somme chiavi, e nell’amore e figliale gratitudine alla vostra persona in speciale, non vogliamo restare a nissuno secondi, penammo assai nel vederci calunniati dinanzi al pontificio trono , quando invece nulla più ardentemente bramiamo che compiacervi nei giusti desiderii del paterno cuore vostro, diretti tutti alla prosperità dei fedeli e all’ oppressione dei comuni nemici. Ci consentite adunque di appurare la verità dei fatti, a noi meglio che ai nostri detrattori e alla romana corte, noti e conosciuti per fidi messaggi. « L’Angelo Morosini anziché onesto cavaliere, zelante delPonor di Dio e l’incremento della fede, in quest’ultimi mesi si diede all’infame mestiere del pirata, corseggiando il mare e i seni tutti dell’Arcipelago, a danno non già degli uomini e legni tur-cheschi, ma dei cristiani e suoi fratelli in religione: tantoché depredò buon numero di navi mercantili avviate a quelle isole, e le persone condannò al remo nella sua galera, divenendo così il terrore della Grecia e l’abbominio della patria, disonorala da tanto indegno e ribaldo suo figlio. Oggidì, è vero, catturato dagli stessi prigioni che teneva a bordo e condotto in Famagosta, vi subisce il meritato castigo, e in fondo d’una torre aspetta la finale sentenza. Ma la carità vostra di padre, ora anno 1455 ( 238 ) ci scrive di donarlo a libertà: e noi., sebbene gravemente offesi nell’ onore e nelle robe da quegli che non chiameremo più iniquo ladrone, perchè protetto dal vostro manto pontificale, noi dico, bastanza, contenti che siano conosciute le azioni di lui e il giusto operare nostro e degli ufficiali di questo Banco, ve lo rimettiamo con tutta prontezza in segno di perfetto ossequio alla dignità che rivestite: epperò qui inchiusa troverete la copia dell’ordine che oggi stesso si spedisce al governatore di Famagosta di scarcerare il Morosini, ogni qualvolta dalla Santità vostra, ben ponderate le dette cose, ne ricevesse l’invito. Non vi dissimuliamo tuttavia il dubbio, che il giudizio che ne avete a fare e il comando del costui rilascio, giungano troppo tardi in quell’isola; imperocché é a temere assai che il capitano della stessa esaurito il processo, e constatata la evidente reità del veneto l’abbia punito del capo (') ». Né s’ingannarono: il Morosino avea subito l’estremo supplizio sei precisi giorni innanzi la data di questa lettera. Di qui maggiori ire e più gravi calunnie: le quali dovettero essere con si fina arte orpellate di probabilità e verosimiglianza da indurre a crederle di bel nuovo il papa Calisto, che una seconda fiata mandò ai Protettori in Genova un suo corriere, chiamato Diego Speic, a lagnarsi presso il magnifico Banco non tanto della morte inflitta al Morosini , quanto sulle circostanze concomitanti la cattura di lui. Ma i Proiettori seppero ribattere anche questa volta le bugiarde insinuazioni, e mettere in isbaraglio le accatastate falsità sul conio di quel dispiacevole evento. Negano adunque essere stalo colto il Morosino e carcerato con inganno e contro la pubblica fede: negano che il medesimo siasi di suo proprio libito rivolto a Famagosta : negano che i prigioni condannali al remo al suo bordo e V equipaggio della (’) Vedi il documento CXLIIJ. STOMA trireme da lui comandala, gli si ribellassero in quella eh’ egli combatteva per la ^difesa della cattolica religione. Bene all’opposto in tale uopo i Protettori fanno la genuina storia delle ribalderie commesse dal capitano nei mari della Grecia, in onta della vera fede e a detrimento del genovese commercio; e terminano col dire le precitate accuse essere talmente futili e le ragioni loro cosi palpabili e manifeste, che l’egregio Speic, di lui nunzio, rimase al tutto persuaso come della insussistenza delle prime, così della validità delle seconde. Pregano da ultimo suà, Santità a chiudere quindi innanzi le orecchie ai maligni suggerimenti dei loro sfidati nemici, e rendersi persuasa non avere in tutta cristianità figli e cultori più di essi devoti ed ossequenti. D4el quale rispettoso amore e cordiale deferenza volevano darle un nuovo pegno col cedere molto volontieri, giusta la dimanda che n’avea loro inoltrala, il legno del Morosini " D con tutto il sartiame e gli attrezzi navali: e altro più ancora si proferivano disposti a fare in aiuto del buon pontefice e dell’armamento della flotta che apparecchiava, per testimoniargli i sinceri e profondi sensi del cuore, ricambiandolo dei segnalati beneficii da esso ricevuti in sì breve spazio di regno, e per coadiuvarlo con le loro forze alla progettata crociata (*). Contemporaneamente scrissero ai due cirdinali amici Giorgio Fieschi e di Fermo, raccomandandosi alla protezione di quei prelati, a che la loro .innocenza fosse resa palese al trono pontificio ed alla corte romana, e non più si desse ascolto ai seminatori di zizanie tra la santa Sede e il magistrato di s. Giorgio (2). In pari tempo, cioè addi 27 dicembre 1455, ordinarono al capitano di Famagosta, Bartolomeo di Levanto, di consegnare all’ arcivescovo di Tarragona, supremo duce della fiotta cristiana e legato apostolico, la nave del Morosini gia- (1) Vedi il documento CLXXlV. (!) Vedi i documenti CLXXV c CLXXVI. ANNO 1455 ( 240 ) cente in quel porlo, acciò se ne valesse a suo talento e giusta i voleri del papa nella prossima guerra (1). Tra gli invidiosi della soave armonia e delle benevoli relazioni che passavano fra il pontefice e il banco di Genova, mi corre il sospetto che abbia ad annoverarsi l’Antonio Moltedo, di cui é cenno in altra lettera dei Protettori medesimi al testé mentovato cardinale Giorgio Fieschi, sino dal giorno 10 giugno di quest’anno. Da essa si rileva come il detto andava empiendo di lagni la nostra città, e con irriverente sprezzo parlava delle bolle papali d’indulgenza, alienando così il popolo dall1 affetto alle cose sacre e dal soccorso alle colonie liguri: e lutto ciò pel solo motivo di non essere stato eletto dall’Officio tra gli ecclesiastici mandati a predicare la crociata nel dommio genovese e raccorne le elemosine a quello scopo elargite dai fedeli. Invitano adunque T eminentissimo a far uso della sua autorità e alta posizione in Roma contro le bugiarde suggestioni di quel sussurrone, il quale non pago di denigrarli in patria, mil-lantavasi di volere imprendere altrettanto e peggio in Roma (2). Turpe vendetta riprovevole nell’uomo, empia nell’ecclesiàstico, snaturata e vile nel cittadino, che a sfogo di privato corruccio ritarda, e, quanto a se, impedisce l’aiuto ai soccombenti fratelli e nazionali ! Non m’inoltro davvantaggio nella storia degli apparecchi militari contro il turco sul finir del 1455, poiché invaderei il campo che ampio e fecondo di avvenimenti ci schiude il prossimo anno 1456., e vengo a trattare di alcuni punti d economia politica e giurisprudenza civile del tutto proprii alla nostra città di Caffa. Vedi il documento CLXXVII. (’) Vedi il documento CXX1V. ( 241 ) STOHIA XIV. Lo statuto organico di questa nobile colonia provvedeva al disbrigo degli affari giudiziali e forensi col mezzo di un vicario consolare incaricato di sentire le parli litiganti, discutere e ventilarne le ragioni e in fine emanare le sentenze, a dirlo nel linguaggio moderno, in prima instanza. Vi avevano altresi in permanenza i sindicatori generali, ai quali a mo’ d’appello era fatto libilo di ricorrere chi si tenesse mal pago del primitivo giudizio. Terminalo poi il biennio della carica il vicario veniva sottoposto, al pari di tutti gli altri officiali, allo scrutinio di quattro nuovi sindicatori parziali, eletti ciascuna volta ad esaminare la buona o cattiva gestione del suo impiego durante quel tempo : e ad essi potea far capo, muovere lagni e querele chiunque in qualsiasi maniera si sentisse aggravato dalle profferite sentenze. La regola in se medesima commendevole fu però dagli uomini viziata e torta a favorire l’utile proprio, meglio che a tutelare il benessere dei cittadini e la santità delle leggi. Alcuni vicarii avanti la cessione del dominio delle colonie fatta dalla Repubblica al banco di s. Giorgio aveano, pare, abusato della loro autorità, prostituite le bilancie della giustizia alla matta cupidine dell’ oro, e reso contennendo il tribunale e i suoi ministri, senza che dai loro giudici, da essi guadagnati a prezzo di favori, o intimoriti con violenti minaccie, ne ricevessero castigo secondo i meriti: ciò che contribuì assai allo scadimento materiale e morale della colonia. Importava adunque moltissimo ai nuovi signori di questa il rialzare tosto nell’opinione pubblica, tanto in Genova quanto a CafTa, la carica del vicario ; e i Protettori vi si accinsero coll’eleggere, addi 24 gennaio 1455 (’), al detto officio il giu- (') Vedi il documento XG. 17 ANNO 1455 ( 2i2 ) reconsulto di chiara faina e di specchiata virtù Lanzarotto Beccaria, il quale si dovè recare a quel posto in compagnia del console Tommaso Domoculta. Ma quando un’ istituzione è da tempo maculata di difetti introdottivi dalla corruttela sostenuta dalla turpe passione dell’interesse, non basla più l’integrità dell’onest’uomo a purgamela e rimetterla al pristino stato: anzi soventi fiate ne rimane egli medesimo vittima innocente e pagatrice dei trascorsi altrui. Talvolta eziandio, quando il male è cresciuto di soverchio, il popolo in forza di gagliarda reazione trasmoda da sé nell’ opposto vizio ed applica alla sanguinosa piaga indiscreto farmaco che, a vece di sanarla, genera nuovi e molesti dolori. Sembra che ciò si avverasse nei mutui rapporti degli esacerbati CafTesi coi vicarii di questa seconda epoca, destinati a far le spese ai loro predecessori. Il Domoculta infatti in una sua lettera degli 8 agosto, e poi in altra degli 11 ottobre 1455, scritte al magistrato di s. Giorgio, riprova gli abusi invalsi tra i cittadini di CafTa a sfregio della giustizia e a scapito del vicario, e ne invoca dal Banco stesso utili riforme. Sentasi quello che dice nella prima. « Vi avvisiamo (traduco dal dialetto genovese); come in questa città da poco tempo in qua, a quello che possiamo intendere, si usa cosa, la quale secondo il parere nostro non è giusta né onesta : e metto il caso in me. Darò per esempio una sentenza secondo che giudicherà l’anima mia; dalla quale quegli che 1’ avrà contraria se ne può appellare, ma non vuol farlo. II motivo di essere cosi viziati é che vogliono intimorire lui e tutti gli uf-ciali che sono in questa terra, dicendo: ti protesteremo quando tu sarai fuori d’ offizio. Questo cagiona due mali : primo, fa si che per timore il vicario opera contro sua coscienza e secondo i! piacere di una parte; l’altro, che ritarda le liti si a lungo che mai hanno fine. A non incorrere in danno, chi verrà qua vicario collo stipendio di pochi soldi e col risico di dovere pagare dieci mila sommi per le sentenze che dà, d’ora innanzi o non n’avremo ( 243 ) STORIA più nissuno o di coloro che s’industrieranno di rubare, onde pagare, ancora con loro vantaggio, le multe cui saranno condannati. A noi sembra questa una cosa che abbisogni di rimedio, il quale a nostro avviso sarebbe il seguente. Chi riceve la sentenza contraria, possa appellare giusta il prescritto nella regola, ma non appellando, non possa avere più ascolto salvo che dalle vostre magnificenze. D’ogni altra colpa di mangerie, concussione e simili, debba si il vicario e qualunque officiale stare a scrutinio dei sindicatori e subirne le pene e condanne, ma nel resto no. Dove' vi preghiamo di ben intendere il concetto che qui esprimiamo, che non è di imporvi presontuosamente il nostro volere, ma solo come testimonii di veduta del lamentato disordine, mettervi sotT occhio quello che giudichiamo meglio conducente al vantaggio dei sudditi e all’ onore del Banco. Poiché quanto a noi ci basta I’ animo d’ operare in guisa, da non temere i futuri nostri sindicatori, come se fossimo certi in quel giorno d'essere già morti. Del rimanente, lasciamo di questa riforma e della sua opportunità il giudizio all’ oculata sapienza delle vostre signorie (*J ». Nella lettera degli 11 ottobre il console è anche più esplicito, e dice che « la piena e illimitata balia concessa ai sindicatori di biasimare, condannare, multare, punire od assolvere gli ofli-ciali uscenti di carica, sarebbe giusta e morale se i ridetti fossero ognora persone discrete, intelligenti in materia di diritto, e, ciò che più monta, scevre di ree passioni: ma questo non sempre accade, anzi quasi mai, toccando di solito a quattro mercadanti usi solo al traffico e in nulla esercitati negli studii legali, il giudicare sopra di sentenze emanate dal vicario, que in juris subtilitatibus consistunt. Quindi n’ é venuto già spesse fiate nel passato che taluni vicarii puniti in Calla come colpevoli, furono assolti nel tribunale di Genova, e viceversa con- (*) Vedi la seconda poscritta del documento CXXXVI. ANNO 1455 ( 244 ) dannato da questo chi era stalo dichiarato scevro d’ogni macchia e non soggetto ad alcuna punizione in Calla ». Avvalora finalmente il suo asserto coll’esempio recentissimo accaduto di quei giorni medesimi al legista Bartolomeo Di-Gia-como, vicario del suo predecessore nel consolato, Demetrio Vivaldi. « Costui, dice, fu dai sindicatori con eccessiva severità condannato a gravissime multe, sebbene, a testimonio di tulli, egli abbia adempiuto ai doveri della sua carica molto lodevolmente, a segno che da buona pezza non hanno avuto l’eguale, così giusto ed incorrotto, e l’officio stesso della masseria di Caffa non ebbe ad appuntarlo in veruna guisa. Tale cosa aggiugne avere fatto assai cattiva impressione sul suo vicario Lanzarotto Beccaria, persona ammodo, ornata d’ eccellenti qualità e degna d’ assai maggiore carica, il quale visto come fu trattato il Di-Giacomo, che pur era cittadino del luogo, con molti aderenti e consanguinei in patria, si duole amaramente e pentesi d’essere venuto in Crimea ad esercitare quel malaugurato officio. Invita pertanto il Domoculta di bel nuovo i Protettori a dare i provvedimenti cui stimassero meglio acconci per far cessare quel turpe monopolio » (1); ed essi ben accollo F avviso del console emanarono, come vedremo in seguito, disposizioni e regole in aggiunta allo statuto fondamentale, su cui governavasi tanto nei rapporti politici colle vicine potenze, quanto negli interni e sociali, la colonia di Caffa. E giacché mi accadde pocanzi di ricordare il nome di Demetrio Vivaldi, il quale resse il consolato di questa città negli anni 1453 e 1454, dirò che il nostro registro tace affatto di lui dopo l’arrivo colà dei commissari Simone Grillo e Marco Cassina, e molto più del nuovo console Tommaso Domoculta: argomento a credere ch’egli appena giunti colà i suddetti officiali, se ne parti alla volta di Scio e quindi di Genova, ovvero anche (’) Vedi il documento CLXV. ( 245 ) STORIA. moriva a CafTa in sul finire del suo consolalo. Fatto é che nel mese di dicembre 1455 die fondo nel porlo di Savona la nave che recava gli oggetti, merci, robe e masserizie di lui in patria, fra le quali erano alcune schiave. Ma dovendo il Demetrio, che già appellasi defunto, liquidare tuttavia alcune partite col banco di s. Giorgio, questo pose il sequestro sul barco fino all’intero saldo dei conli. Gregorio Lercari, parente forse del Vivaldi, ai 23 stesso mese faceva noto ai Protettori che essendovi a bordo sclave que consumuntur et possunt decedere, si offrì sicurtà ai medesimi, acciò ne permettessero la libera scesa in terra, che gli venne tosto concessa, e spedito l’ordine al capitano, nobile Giorgio Camilla, di resignarne il carico al Lercari suddetto (1). XV. Innanzi di chiudere la rassegna dei fatti occorsi nel presente anno 1455, io sento il bisogno di volgere addietro lo sguardo sui narrali casi, e, a foggia di mietitore che raccoglie le cadute spighe, toccare d’ alcune minute cose non potute intrecciare nell’ordito racconto: e, in prima, di liberare la data parola, col tenere breve ragionamento in favore di un impiegato cafTese, il quale con esempio piuttosto raro riscosse la generale approvazione nell’ esercizio della sua carica. Nomavasi costui Nicoloso cioè Nicolò Bonaventura, e da pochi giorni fungeva l’ufficio di capitano dei borghi, quando i Protettori ai 29 gennaio emanarono T ordine al console di conferire quel grado a Tommaso Colombano in benemerenza dei prestati servigi, durante il tempo che in Caffa attenderebbe il suo turno del consolato di Copa già dianzi concessogli (’). Il cambio non andò a’ versi i1) Vedi il documento CLXX1I. (5) Vedi i documenti XXIV e XCVIII. ANNO 1455 ( 240 ) «Iella più parte dei cittadini : non per manco di stima al surrogante, cui forse neppure conoscevano, ma perchè il Bonaventura avea dato così buon saggio di se nella corta sua gestione, che sapeva duro la dovesse abbandonare tanto presto. E non era già solo il popolino a mostrarne increscimento, che anzi unanime fu il voto e calorose le istanze dei maggiorenti e dei rettori stessi di CafTa ad implorarne dal banco di s. Giorgio la conferma e prosecuzione nell' officio. Dove é giuocoforza il credere che il Bonaventura fosse un vero tipo d’impiegato integerrimo, se a capo dei benevoli avvocati della rielezione di lui vi si trova 1’ austero vescovo di Caffa, Giacomo Campora. Egli adunque in testa ad una lista di quindici onorevoli borghesi, addì 16 giugno 1455, prese a scrivere al superiore magistrato in Genova, e ripetendo anzitutto I’ ognora fìssa sua idea che il rifiorire o decadere della colonia, pendeva dalla moralità e altitudine degli officiali, viene a dire che la carica di capitano dei borghi era, se non in diritto, certo nel fatto di tale rilievo, da influire assaissimo sulla quiete pubblica e l’ordine interno; sicché importava molto 1’ ottenesse tale uomo il quale a giudizio di tutti fosse capace a reggerla. Quindi avendo il Bonaventura acquistato il suffràgio universale nel tempo del breve suo esercizio, ne chiedeva assieme ai sotto-scritti il prolungamento per un discreto numero di anni (')• Ai latini e connazionali fecero eco alquanto dopo gli ebrei e armeni residenii in Caffa: che sotto i giorni 29 giugno e 8 agosto i primi, e in giugno pure e ai 6 agosto i secondi richiesero i Protettori della medesima grazia. E qui mi piace riferire le diverse ragioni addotte dai due popoli , corrispondenti alla disparata loro condizione sociale, e solo uniformi nei materiali interessi. * Facciamo noto, dicevano gl’israeliti, alle signorie vostre, che dai precedenti capitani noi ricevemmo mai C) Vedi il documento CXXV. ( 247 ) STOMA sempre di molti torti e villane ingiurie, e fummo per sistema in ogni incontro i più disprezzati e odiali fra tutte le raz'.e abitatrici di questo suolo. Ma laddiomercè il Nicoloso Bonaventura, per cui interpelliamo, si diportò ben diversamente dai suoi antecessori. Olir’ essere assiduo di e notte al suo posto di guardiano delle porte, intelligente delle lingue e costumi del paese, egli si attirò con verità il nostro amore, rendendo a tutti egualmente, sia grande sia piccolo, di qualunque nazione 0 culto esso fosse, inalterata giustizia. Di modo che nel tempo ahi ! troppo breve del suo capitanato non ci usò mai la menoma soperchieria. Laonde se le signorie vostre, mosse dalle nostre suppliche, ce lo ridonassero, certo è che s’ affezionerebbero di molto tutti i buoni, e noi ebrei più di tutti (O». Cotale avversione insita nei popoli del mondo intero verso i giudei non sminuì punto negli orientali d’oggigiorno, a tal che 1 turchi medesimi si associano mai volentieri ad essi, e li fug-gono e perseguono più accanitamente dei cristiani, come è manifesto a chi al paro di me trasse lunga dimora in quelle deliziose e abbandonate contrade. Ma di altra natura furono i motivi che recarono gli armeni in appoggio della loro dimanda. Questi, dati por innata inclinazione, neppure smentita al presente, dopo tanti secoli, alla operosità di un moltiforme commercio e all’ industria d’ un feracissimo traffico, abbonivano più che tutto il furto e il ladroneccio. Quindi nella loro missiva ai Proiettori dicevano; « Vogliamo credere che voi non ignorerete i gravi e frequenti latrocinii commessi gli anni andati nel bazar e nei borghi della nostra città, da cui lanto danno ne provenne ai mercanti e bottegai; e ciò per difetto delle cattive e pigre guardie fatte dai capitani. La cosa procede ora ben diversamente, in virtù d’ altrettanto sollecita vigilanza mostratane da Nicoloso Bona- (’) Vedi i documenti CXXX11 e CXLVll. anno 1455 ( 248 ) ventura, il quale non risparmia stento o fatica , onda tutelare i magazzini dalle mani rapaci dei notturni avvoltoi. Di che gli sappiamo buon grado; come pure della egregia difesa sostenuta dallo stesso l’ anno passato , quando a capo di cinquanta circa uomini, spesati col proprio, di pane e vino, tenne lontani i turchi e i tartari, che studiavansi assalire e predare le nostre merci; e fu per così bel merito, che in forza delle comuni istanze dei suoi proietti egli venne creato capitano, e ne adempì con lode il carico dal gennaio all’agosto con ente, nel quale intervallo non più fummo costretti, come pei 1 addietro, di recarci ogni sera e ciascun mattino dalla bottega a casa e da casa alla bottega gli oggetti di mercanzia, per tema dei ladri. Impertanto essendo così forti e palesi i molivi di rimunerare del bene operato il Bonaventura, noi aggiugniamo alle altrui anche le nostre istanze, che vi piaccia riconfeiire al Nicoloso l’officio di capitano del bazar e dei borghi, con l’aumento eziandio del troppo scarso stipendio (*) »• Era chiaro tuttavia che a muovere gli animi dei Protettori a in\alidare un precedente decreto, non bastavano le preghiere e racco mandazioni per quantunque iterate e spontanee dei borghesi e degli stranieri abitatori di Caffa. Quindi fatta ressa al console e massari, che probabilmente si ricusarono al servizio^ per non incorrere nella disgrazia dei superiori col mancare all ob bedienza dei loro comandi, i benevoli al nostro officiale si voi sero ai commissari Simone Grillo e Marco Cassina, i quali come scaduti di carica potevano interporsi al suo favore, e come pratici del luogo e testimonii oculari della verità delle narrale cose, la loro autorevole voce sarebbe tenuta in kTan credito. E l’ottennero : perchè gli anzidetti in due lettere dei 5 luglio e 6 agosto ai Protettori, confermarono sommariamente 1’esposto dai suaccennati; instando sull* opportunità di (') Vedi il documento CXLVl. ( 24-9 ) STORIA collocare in grado di capitano un uomo abile e virtuoso, accetto ai buoni e temuto dai tristi: qualità che si ammiravano unite nell’ universalmente desiderato Nicoloso Bonaventura (’). Esso poi a tanto egregie doti congiungendo eziandio una squisita modestia, noi lo vediamo nel foglio che scrisse il di 5 luglio ai Protettori esprimersi cosi: « Come rileverete dalle lettere che di questi giorni vi indirizzano molti mercanti e borghesi di Calla, io sono giunto al termine del mio officio , al quale mi studiai di soddisfare con tutte le forze di cui era capace, e per amore del mio suolo natio e per onore e decoro del vostro Banco: sebbene, lo confesso, avrei potuto anche fare meglio. Ma se in nissuna cosa io mancai, fatemi grazia di credere essere ciò avvenuto non per difetto di buon volere, sì dalla inesperienza mia, non avendo prima d’ora coperto alcuna pubblica dignità. Mi è noto che molti dei nostri di qui vi stimolano a confermarmi nel posto di capitano, ma io nel ringraziarli del gentile attestato, debbo pensare che il troppo amore faccia velo alla loro mente e ne infermi il giudizio: ep-però vi prego a darmi tosto un successore da riuscire anche migliore di me, il quale rientrando nell’oscurità della 'ita privata non cesserò nò di promuovere nella ristretta mia cerchia il vantaggio della patria e il lustro delle vostre magnificenze (2) ». Ignorava adunque il Bonaventura, o fingeva di non sapere, che i Protettori molto tempo innanzi gli avevano sui-rogato nella carica Tommaso Colombano: nè questi era disposto a cedere il suo diritto. Che anzi Io slesso giorno, 5 luglio, scrivea egli pure rendendo grazie del conferitogli incarico, cui diceva sperare di esercitare altrettanto bene del Nicoloso, e a costui, tocco alcun poco d'invidia, rimprovera avere mo:?so (') Vedi i documenti CXXX1X e CXLY. (*) Vedi il documento CXL. ANNO 1455 ( 250 ) mari e monti, alfine ili ottenere la sua rielezione, che non giunse per allora a conseguire (*). Il simile affatto si ripetè di quei giorni nella persona di Antonio Assereto, deputato a sovrintendente alle acque e fortificazioni murali in Caffa. Imperocché egli pure dopo avere per quattro anni atteso indefessamente ai lavori di difesa esterna contro i nemici in qualità di capo del genio militare, a parlare col linguaggio odierno, e di ingegnere idraulico nel riattare o costrurre i serbatoi d’acqua potabile nei casi d’assedio o pei cotidiani usi cittadini, venuto al termine del suo officio, gli fu dato in successore l’orgusio Gregorio Sorba. Non però se n’ adontò, conscio che cosi voleva lo statuto della città e la consuetudine di mutare ad ogni anno gl’ impiegati. Loda invece il Sorba di molto affetto alla patria, e lo dichiara meritevole d’altro anche più onorifico impiego, nello stesso mentre che espone al banco di Genova le molle opere pubbliche, come sono chiese, torri, merli, fontane, porle e loggie da lui o erette di pianta o ridotte a nuovo, durante il quadriennale suo servizio (2). La quale minuta descrizione che I’ officiale fece qui del suo operato allo scopo di ingraziarsi i Protettori, riesce alla nostra storia di un grande vantaggio per la chiara ed ampia conoscenza che se ne ritrae della condizione civile e strategica di essa città, e di cui ce ne varremo a luogo opportuno. Siamo lieti finalmente che un’ ultima carta staccandoci da quelle lontane contrade, che furono sin qui il grato oggetto delle nostre ricerche, ci richiami a più domestiche memorie. È.questa la stipulazione della tregua firmata nel giugno '1455 tra Alfonso di Aragona re delle due Sicilie e la repubblica di Genova dopo lì aspre guerre e infinite rivolture suscitate al nostro (’j Vedi il documento CXLl. (’j Vedi il documento CXXXII. ( 251 ) STORIA paese da quel turbolento ed ambizioso monarca. In virtù di essa il magistrato di s. Giorgio addi 25 giugno scrivea al console, massari e consiglio degli anziani in Caffa, non che al capitano di Famagosta annunziando la sospensione di armi convenuta dai rispettivi governi, e ingiungeva la si promulgasse colà a voce di pubblico banditore, acciò conosciuta dai popoli e suoi sudditi della Grecia e della Tauride, si tenessero dal recare danno o molestia qualsiasi agli uomini ed alle navi di quella bandiera (l). Obbedirono i nostri coloni al superiore comando, come anche i genovesi alla giurala fede; né per loro slette che fosse violata la tregua. Ma il versipelle Alfonso il quale agognava tribolare la Repubblica già lacerata da inle-stine discordie, affine di pescare nel torbido e vendicare la subitavi cattività, egli pel primo la ruppe, mandando nei mari deir Africa il capitano Gilio a combattere in apparenza le navi turchesche. ma per vessare in effetto le caracche genovesi reduci in patria onuste di merci. Donde messaggi reali pieni di insulti, e richiami dogali spiranti vendetta e livore, che a breve andare sarebbono scoppiati in nuova e formidabile guerra, se la morte di Alfonso non \eniva in acconcio a troncare indi a un biennio 1’accanito dissidio. In tali angustie d’animo e increscevole sospensione di cose mi trovo costretto in forza del metodo adottato nel presente lavoro, di por fine al transunto storico del terz’anno dèlia signoria di s. Giorgio sulle colonie Eusine. Nel quale ernmi avviso che il lettore avrà notalo la cura con cui mi studiai di tenermi il più possibile al soggetto che ho preso a svolgere, discostandomi mai dalla materia fornitami dai documenti che mi sono guida ed argine a non fuorviare dallo stretto cammino intrapreso. E nello stesso mentre avrà ammirato altresì l’operosa sollecitudine, saggia prudenza e il commendevole zelo (’) Vedi il documento CXXVI1I. ANNO 1455 ( 252 ) tl,e 11 ,na&n,fico Officio spiegò in persona degli otto Protettori, affine di rimettere in definitivo assetto le città della Tauride, imanicnte Calfa sua capitale; ciò che sarebbe avvenuto per mediante il concorso dei tre egregii uomini assumi a |utl angolato, se I avversa loro sorte non avesse dato di cozzo < aminino nella fame la quale afflisse le regioni del Ponto °ta (l,,e^!o 6 del seguente anno. È innegabile non per-eie malgrado tale scoglio la nave del governo sciolta da j j n,e°n* ^cedeva già più franca e sicura di sé nella via PI00ie»o e di una bene ordinata amministrazione, colla peianza dì afferrare di corto il porto promettitore di , ^ t*ll,ev"le pace. Vedremo in seguito a traverso di quali 1 >co la \ i giungessero e riescissero a stabilirvisi le risorte colonie. DOCUMENTI DOCUMENTO LXI1I. Contrailo dei Protettori del banco di s. Giorgio con Branca Oliva padrone della nave di Jacopo Leone, da essi noleggiata per Caffa. fi5o 2 gennaio (Filza di CafTa, n. 14) In nomine domini amen. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij auni presentis et anni MCCCCLquarli proxime precedentis. in plenis Dumeris congregati, quorum hec sunt nomina, videlicet. Ex dominis protectoribus anni preseniis : D. Martinus de grimaldis prior Jacobus spinala q. bartholomei Antonius gentilis q. guirardi Antonius de casana l’aulus judex Marcus de marinis Antonius catTarotus et Franciscus scalia. Douiinorum vero protectorum anui Lquarli proxime precedentis nomina suni hec: ANNO I455 ( 254 ) Antonius de auria prior Anlonius de ponte Meliadux saluaisrus Simon de nigrono Peregrus de monelia Jacobus de axereto Antonius justinianus et Egidius lomellinus. Agentes nomine el vice dictarum comperarum sancii georgij et participum e.uum una parte: et vir egregius branca de oliua patronus unius nauis jacobi dt leom.. stipendio dictorum dominorum protectorum nunc capham profecture, parte altera. Sponte etc. peruenerunt et peruenisse sibi inuicem et vicissim confessi fuerunt ad infiascriptas obligationes elc. (') Renuntiantes etc. videlicet quia virtute et ex causa dictarum obligationum compositionum eie. prenominatus branca patronus ut supra promisit et solen-mter conuenit dictis dominis protectoribus presentibus stipulantibus etc. quod m dicta sua naui accipiet et receptabit stipendiatos ducentos et quinquaginta ijs qui per eosdem dominos protectores capham mittendi sunt vel plures aut pauciores, ipsorum dominorum protectorum arbitrio, eosque omnes et eorum quemlibet alet usquequo etc. sub modis et formis inferius declaratis Primum videlicet idem branca obligatus sit omnibus et singulis diebus domi- • . • O s nius,. lune, marlis et jouis dictis stipendiatis in prandio tantum dari facere etc. Item omnibus diebus mercurij. veneris et sabbati obligatus sit singulo prandio ,llis ^an fecere legumina cum caseo vel piscibus salsis. In omnibus vero cenis etc. Declarato etiam quod aliquando secundum consuetudinem etc. Item obligatus sit et esse intelligatur omnibus et singulis diebus, tam iu pi audio quam in cena, dari facere ipsis stipendiatis biscoctum et vinum elc. Item teneatur et obligatus sit dictus branca dare dictis stipendiatis biscoctum. \inum. carnes, caseum, pisces etc. condecentis bonitatis. Item teneatur et obligatus sit habere statim in dicta sua naui aquam, ligna, 'asellainina. et prelerea tantam quantitatem biscocii etc. que sulfeclura sit alimentis plusme sue etc. judicio et cognitione virorum prestaluni jeronimi jusliuiani et neapoleouis lomellini. • ( J A scanso di inutili ripetizioni sopprimo in questo documento tutto ciò clic contiene di già riferito nel precedente consimile atto dei 29 dicembre *454 sotto 1 numero LX1. Così Tarò anche in seguito per studio di brevità, annotando il "o0o ove trovasi tutto intiero j| documento, a vantaggio dello studioso. ( 255 ) DOCUMENTI Et quoniam superius declarata non fuit quantitas casei, piscium etc. rieque norma sub qua etc. prenominatus branca obligatus sit et ita promisit, ut supra etc. stare judicio et parere mandatis illius ex consulibus caphe qui nauem suam conscendet. Ilem promisit et solenniter conuenit idem branca, ut supra, quod si contingat dictam uauem suam ante terminum mensium trium a die discessus etc. Item promisit et solenniter conuenit ut supra, reponi el carrigari permittere in dicta sua naui sine ulla obligatione solutionis vel nauli omnes etc. Item promisit et solenniter conuenit. ul supra, quod si contingat de contentis in presenti instrumento aliquam litem seu controuersiam oriri, stabit etc. Et parie altera pronominali domini protectores nomine quo supra acceptantes omnes et singulas promissiones el obligationes superius declaratas, promiserunt elc. eidem brance de oliua presenti etc. sibi soluere ante discessum suum meroedem alimentorum omnium stipendiatorum, quos in dicta sua naui reponere voluerint, per menses tres ad computum soldorum septuaginta duorum singulo mense in singulum virum ex moneta argentea vel ex aureis, ad rationem soldorum quadraginlaseptem in singulum aureum. Et si forte contigerit diclum brancam stipendiatos ipsos alere ullra ipsos menses tres, eo casu eidem satisfacient ad eundem computum el rationem, pro tolo eo tempoie i|UO ultra ipsos meuses tres idem branca eis alimenta prestitei it. Que omnia etc. Sub pena dupli etc. Et sub ipotheca etc. Acia sunt hec iu ciuitale janue. videlicet in camera magna palatij sancti georgij que respicit occidentem, anno dominice incarnationis MCCCCLquinto indictione secunda juxta morem janue. die jouis secunda januarij hora fere decima nona, presentibus viris egregijs paulo mainerio et pelro de frenante 'notarijs. ciuibus janue. testibus ad hec vocatis et rogatis. 'DOCUMENTO LXIY. bolla di papa Nicolò V con cui esorta tulli i sudditi del dominio genovese a concorrere o con largizioni o in persona alla difesa di Caffa e delle altre colonie del mar Nero, contro i tartari e i turchi. 1455 4 gennaio (Annales Ecclesiastici etc. auctore Odorico Raynaldo, ad ann. 1455, n. VI.) Nicolaus episcopus seruus seruorurn dei. dilectis filijs nobilibus viris protectoribus comperarum sancti georgij. ciuitatis janue. saluiem et apostolicam benedictionem. ANNO 1455 ( 25G ) Cum a fide dignis facti fuerimus certiores impios christiani nominis hostes tartaros et tureos constituisse preclaram potentissimamque urbem capham. et alia loca dominio januensi ad mure ponticum subdita vere proximo inuadere: audito quod vos ad dicte ciuitatis pro populi in christo redemptore confidentis defensione multas terra marique impensas facere incepistis, quas tamen videmini majores dietim pro rerum necessitate facturos : decens atque necessarium duximus populos omnes januensi dominio subditos ad ipsa impensarum onera pro viribus adjuuanda ita excitare atque animare, ut tam bono tamque necessario operi contribueutes eterne bealitudinis premia consequantur. Omnes igitur utriusque sexus, etiam in religione et sacerdotio constitutos, ciuitatum. castrorum, terrarum el locorum quorumcumque domiuio januensi subjectorum habitatores per viscera misericordie dei nostri hoitamur monemus atque requirimus, ut ad hanc ciuitatis. terrarum et locorum defensionem qui commode possunt personaliter se conferre, alij vero quibus personalem operam exhibere minus est commodum, pro modo facultatum suarum et diui-tiarum sibi a deo datarum, auxilium larga manu et libenti animo exhibere, recepturi a pijssirno deo nostro bouorum omnium remuneratore et in presemi seculo inter mundi et hujus vile fluctuationes abundantiam gratiarum, ac post finitum humane conditionis cursum, eterne felicitatis gloriam habituri____ Datum rome apud sanctum petrum anno incarnationis dominice mccccliv (') pridie nonas jauuarij pontificatus nostri anno vin. DOCUMENTO LXV. Patente di sottoscrivano della curia di Caffa data a Manuele Calvi. 1455 4 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1435-1457) (fol. 28) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris, consuli, massarijs et proui-soribus. ac scribis curie ciuitatis caffè, carissimis nostris, salutem. Secondo l’uso della cui ia romana di cominciare l’anno dal giorno della incarnazione del Signore, 25 marzo, correva ancora il 1454, ma giusta il computo comune era il 4 gennaio del nuovo anno 1455. — L’avverto una volta per sempre, e il lettore si formi il criterio cronologico che le bolle pontificie datate coll’o/ino incarnationis dominice, nell’intermezzo che corre dal 1. gennaio al 24 marzo inclusivamente sono sempre in ritardo di un anno. ( 257 ) DOCUMENTI Cam elegerimus ia subscribam et pro subscriba diete curie pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum manuelem caluum johannis. cum salario emolumentis et obuentionibus debile consuetis, non contraueniendo reg.ulis caphe: Mandamus vobis quatenus visis presentibus eundpm manuelem in subscribam dicte curie humaniter recipiatis et recipi et admitti faciatis, sibique debilis temporibus de debitis sibi salario emolumentis et obueniionibus. non contrauenieudo regulis caffè, respondeatis et responderi faciatis. Data janue jicccclv die mi januarij. DOCUMENTO LXVI. Patente di console, massaro e ministrale di Cembalo data dai Protettori a Urbano Casana. 1455 4 gennaio (Diuersor negot. off. s. Georg, ann. 14o3-1457) (fol. 28 v.) Protectores elc. Spectabili et prestantibus. egregijs et prudentibus viris consuli massario ministro, castellanis, scribe et burgensibus cimbaii. ac januen-sibus et beneficio januensium gaudentibus, frequentantibus et frequentaturis in caffa et cimbalo. dilectis nostris, salutem. Gum elegerimus et constituerimus egregium virum dilectum nostrum urbanum de casana. ciuem janue. in consulem massarium et ministrum illius loci cimbaii. et cum jure eligendi quem voluerit, idoneum tamen, scribam curie dicti loci cimbaii. pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum, cum salario obuentionibus emolumentis honoribus et prerogatiuis debitis et debite consuetis, non contraueniendo regulis caffè, excepto, attentis impensis et periculis insolitis, eo. quod permittimus de facto taberne (sic), prout in deliberatione nostra continetur ('). et cum potestate balia et arbitrio meroque et mixto imperio et gladij polestate solitis et consuetis: Mandamus vobis omnibus suprascriptis quatenus statim visis presentibus eundem urbanum honorifice et humaniter sicut decet habeatis et recipiatis et haberi et recipi faciatis in consulem massarium et ministrum dicte (*) Questa deliberazione vedila nel documento susseguente LXVII, datato lo stesso giorno 4 gennaio, la quale nel registro a vece di precederlo, lo seguita. All’Urbano Casana si riferiscono anche i sovrastati documenti L e LUI. ìs ANNO 1455 ( 258 ) ciuitatis pro dicto tempore, sibi officium seu officia ipsa resignantes et resignari facientes visis presentibus. et congruis temporibus respondeatis et responderi sibi debeatis et faciatis de dictis debitis salario et obuentionibus. non contraueniendo dictis regulis, ipsique vos burgenses cimbaii in omnibus pertinentibus ad officia predicta. aspicientibus honorem nostrum, prompte et fideliter pareatis tamquam nobis: Approbantibus ex nunc prout ex tunc ot ex tunc prout ex nunc quascumque sententias banna condemnationes multas forestationes et acta quelibet que ipse urbanus in dictis ofTicijs recte et rite gesserit, veluti a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium has nostras patentes litteras fieri et registrati jussimus, nostrorumque sigillorum magni et parui impressione muniri. Data janue mcccclv die mi januarij. DOCUMENTO LXVII. I Protettori permettono ad Urbano Casana, nuovo console eletto di Cembalo, e al nobile Carlo Cicala, pure console di Soldaia, di tenere osteria • nei sopradetti luoghi. '1455 4 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. •1453-1457) (fol. 29) * MCCCCLV die IIII januarij. Magnifica officia dominorum protectorum sancti georgij excelsi comunis janue annorum presentis et proxime precedentis in legitimis numeris congregata. quibus pro ista vice collatum est arbitrium electionis officialium caffè et aliorum locorum maris majoris subditorum magnificis dominis protectoribus dictarum comperarum: decreuerunt et concesserunt pro ista vice tantum, absoluentes se ad calculos albos et nigros, receptis tredecim albis assensum significantibus. quod nulla coactione adhibita contra quempiam egregius urbanus de casana consul suus cimbaii possit fieri facere tabernam in cimbalo et con-ueniri facere suos debitores dicta occasione, non obstante aliqua, prohibitione regularum. Similiter et pari modo decreuerunt et deliberauerunt et concesserunt nobili carolo cigalle consuli soldaie. cui ejus nomine copia in simili forma tradita fuit. ( 259 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LXVIII. Patente di console, massaro ccc. di Soldaia data al nobile Carlo Cicala. 1455 4 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-1457. (fol. 31 v.) È affatto simile alla 'precedente di Urbano Casana, sotto il documento LXYI, mutalo il nome della città. DOCUMENTO LXIX. Antonio Lercari, creato console di Caffa, promette di bene esercitare l’officio, e presta cauzione di lire 7500. 1455 7 gennaio (Filza di CafTa, n. 15) * MCCCCLV die septima januarij. Antonius lercarius q. luce ciuis janue electus consul massarius et prouisor ciuitatis caphe prò magnifico officio sancti georgij constitutus (’) in presentia niei notarij scribe dicti officij. jurauit et promisit michi notario predicto tan-quam publice persone officio publico stipulanti et recipienti nomine et vice prefati magnifici officij et participum comperarum sancti georgij et omnium et singulorum quorum interest intererit vel in futurum poterit interesse : bene et fideliter exercere dicta officia pro prefato magnifico officio sancti georgij : seruare ordines regulas et statuta condita pro dicta ciuitate. omnesque regulas et statuta prefati magnifici officij conditas et condendas per ipsum officium : obedire mandatis dicti officij sancti georgij tantum: ministrare et ministrari facere jus et justitiam tempore sui consulatus equa lance unicuique petenti: reddere bonam et veram rationem de omni eo quod spectabit administrationi officij et officiorum que continget ipsum antonium exercere in dicta ciuitate caffè: parere et obedire mandatis prefati magnifici officij sancti georgij tantum: (') Anche qui all’ oggetto di schivare inutili ripetizioni, il presente documento dato per intiero serve ad indicare il modulo adoperato dalla cancelleria di s. Giorgio in tutti i seguenti consimili atti. ANNO 1455 ( 260 ) staro sindicamento soluercque omnem condemnationem contra ipsum fiendam siue per ipsuni magnificum olfieium sancti georgij. siue per sindicatores officialium dicte ciuitatis caphe: et demum oa omnia agere que incumbent ipsi damiano (leggi antonio) siue tanquam consuli sine tanquam massario et pro-uisori dicte ciuitatis: et ea omnia exequi ob.edire et agere que debet et ad que tenetur fidelis et rectus oflicialis versus dominum et superiorem suum. Et hec sub pena librarum septem milium quiugentarum januinorum. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo et ejus partibus intercesserunt et fidejus-serunt infrascripti pro infrascriptis quantitatibus pecuniarum, videlicet: Seguono, come a pag. -142, i nomi e cognomi di 51 individui, sottoscritti tutti per la medesima somma di duecento fiorini ciascuno: in totale 6200. Sub etc. Renunciantes etc. Petrus de majolo notarius. DOCUMENTO LXX. Gaspare Ottoneggi Falinanti creato capitano della porta degli avanborghi ili Gafla, promette di bene esercitare l’officio, e presta cauzione di 250 fiorini. 1455 9 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 29) * MCCCCLV die VIIIl januarij. Gaspar de otonegio fatinanti electus capitaneus porte antiburgorum etc. constitutus etc. jurauit et promisit etc. bene et fideliter exercere officium suum : parere mandatis etc. et soluere omnem condemnationem contra eum fiendam per sindicatores etc. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo etc. Johannes de recho notarius pro florenis ducentis et quinquaginta siue fl. ccl. Sub etc. Renuncians etc. ( 261 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LXXI. Emmanucle Calvi dello sottoscrivano della curia di Caffa promette come sopra, e presta cauzione di 400 fiorini. 1455 9 gennaio (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 49 v.) * MGCCCLV die VIIII januarij. Manuel caluus eleclus subscriba curie caphe constitutus etc. (lutto come sopra). Et prò eo etc. (Seguono due securtà, ciascuna per fiorini 200). DOCUMENTO LXX1I. Patente di capitano della porta degli avanborglii di CafTa data dai Protettori a Gaspare Ottoneggi Fatinanti. 1455 10 gennaio (Diuers. negot. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 29 v.) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris, consuli, massarijs et proui-soribus. officio monete et capitaneo antiburgorum caffè etc. Cum elegerimus et constituerimus in capitaneum et prò capitaneo diete porte antiburgorum illius ciuitatis caffè prò anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum etc. dilectum virum gasparem fatinanti olim de otonegio cum salario stipendio seu prouisione et obuentionibus honoribus et utilitatibus debitis el debite consuetis, non contraueniendo regulis ipsius ciuitatis caffè: Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem gasparem in capitaneum et prò capitaneo diete porte habeaiis et recipiatis humaniter, recipique faciatis ac sibi resignari dictum officium cum omnibus munitionibus ad illud pertinentibus, de quibus conficiatur inuentarium regi-strandum in massaria. et congruis temporibus de sibi debilis salario stipendio siue prouisione ac obuentionibus debite consuetis, non contraueniendo dictis regulis, responderi faciatis prout suo precessori factum fuit. In quorum omnium etc. Data janue mcccclv die x januarij. ANNO 1455 ( 262 ) DOCUMENTO LXXI1I. Jacopo Onesti eletto scrivano della curia di Caffa promette di bene esercitare l’ufficio, e presta cauzione di 400 fiorini. 1455 10 gennaio (Filza di Caffa, n. 16) 4* MCCCCLV die decima januarij. Jacobus onestus notarius electus in unum ex scribis scribanie curie capile per magnificum officium sancti georgij constitutus elc. jurauil et promisit etc. bene el fideliter ac legaliter exercere dictum officium scribanie: et demum omnia agere que incumbunt officio suo et facere debet quilibet fidelis notarius : stare sindicamento et soluere omnem condemnationem contra eum fien-dam per sindicatores suos siue per magnificum officium sancii georgij. sub pena florenorum quadringentorum januinorum. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo etc. Neapolionus de viualdis pro florenis centum januinorum siue flor. c. Carolus cigonia q. caroli pro florenis centum januinorum siue flor. c. Paulas merlasinus pro florenis centum januinorum siue flor. c. Die XI januarij. Andreas de domoculta q. peregri pro florenis centum januinorum siue • flor. c. Sub etc. Renunciantes etc. Petrus de majolo notarius. DOCUMENTO LXXIV. Baldassare De-Marini eletto castellano della torre di s. Costantino di Caffa promette come sopra, e presta cauzione di 800 fiorini. 1455 15 gennaio (Filza di Caffa, n. 17) * MCCCCLV die XV januarij. Badasar de marinis augustini electus per magnificum officium sancti georgij castellanus castelli sancti Constantini caphe constitutus etc. jurauit et promisit michi dicto notario tanquam etc. bene et fideliter nomine et vice dictorum do- ( %‘ò ) DOCUMENTI minorum protectorum custodire diligenter et saluare dictum castellum et tenere socios et stipendiatos ordinatos per regulas, et ipsum castellum bene munitum armis et victualibus necessarijs: et parere mandatis ipsius magnifici ollicij et sui consulis caphe: nulli resignare dictum castellum nisi cum litteris et contrasignis prefati magnifici officij: stare sindicamento et soluere omnem condemnationem contra ipsum fiendam per suos sindicatores: et demum facere ea omnia que debet omnis fidelis castellanus versus suum dominum et superiorem. Et hec sub pena llorenorum octingentorum januinorum. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo etc. Filippus de marinis q. Filippi pro florenis ducentis januinorum siue flor. cc. Julianus de mariuis q. leonardi pro florenis ducentis januinorum siue flor. cc. Benedictus de marinis johannis pro florenis ducentis januinorum siue flor. cc. Franciscus de sauignonis q. barth. pro florenis ducentis januinorum siue dor. cc. Sub etc. Renunciantes etc. Petrus de majolo notarius. DOCUMENTO LXXV. I Protettori ringraziano il dottore Batista Goano, ambasciatore della repubblica di Genova a Venezia, delle notizie sulle cose d’Orientc loro comunicate. 1455 17 gennaio (Litter. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 65 v.) Spedato et preclaro juris utriusque doctori. domino baptiste de goano. legato januensis reipublice apud venetias. Gratissime nobis fuerunt, spedate et preclare juris utriusque doctor. ple-reque littore vestre nobis reddite, ex quibus facile deprehendi potest summa diligentia vestra in scribendo, quantamque libenter curam sumpseritis nobis significandi ea omnia que cognitione nostra digna videantur. Agimus itaque pro hac humanitate vestra in nos gratias ingentes, orantes diligentiam vestram ne sibi labor sit quemadmodum hactenus fecit, ita de cetero nos certiores omni tempore reddere omnium rerum quarum cognitionem utilem ac necessariam nobis esse prudentia vestra intelliget. (Qui entrano a parlare di Corsica sui conto del ribelle Raffaele da Lecca, sino al fine). Data die xvu januarij MCCCCLV. Prolectorcs. ANNO 1455 ( 264 ) DOCUMENTO LXXVI. Maurizio Boccanegra eletto capitano degli orgusii in Caffa promette ecc. e presta cauzione di 400 fiorini. 1455 18 gennaio (Filza di Gaffa, n. 18) * MCCCCLV die XVIII januarij. Mauritius buchanigra electus capitaneus orgusiorum caphe per magnificum officium sancti georgij constitutus elc. jurauit et promisit etc. bene et fideliter exercere dictum officium : parere mandatis prefati officij et sui consulis caphe: et fideliter et diligenter exercere dictum officium: et agere ea omnia que incumbunt sibi et facere debet quilibet fidelis officialis versus etc. : stare sin-dicameuto et soluere etc. sub pena florenorum quadringentorum. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo etc. Seguono i nomi di quattro securth: le duc prime di cento e le due ultime di cinquanta fiorini ciascuna; ciò che fa solo 500 fiorini. DOCUMENTO LXXVII. Patente di castellano della torre di s. Costantino in Caffa data al nobile Ual-dassare De-Marini. 1455 21 gennaio (Diuers. neg. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 30) Protectores etc. Spectabili, prestantibus. egregijs et prudentibus viris consuli massarijs et prouisoribus. antianis et officio monete ac castellano turris sancti conslantini caffè, carissimis nostris, salutem. Cum elegerimus et constituerimus in castellanum et pro castellano illius turris virum nobilem dilectum nostrum badasarem de marinis cum stipendio et comitiua honoribus et obuentionibus debitis, non contraueniendo regulis caffè, pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum: Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem ( 265 ) DOCUMENTI badasarem in castellanum dicte turris habeatis ct recipiatis benigne et humaniter sicut decet, sibi statim visis presentibus resignari facientes dicte turris custodiam et possessionem cum omnibus armis et munitionibus suis per inuen-tarium registrandum in cartulario massarie. et congruis temporibus eidem badasari castellano de stipendio et obuentionibus debitis, non contraueniendo regulis predictis. respondeatis et responderi faciatis, ipsumque badasarem recte et rite exercentem officium suum benigne et humaniter tractetis et tractare debeatis. In quorum omnium testimonium has nostras patentes litteras fieri et registrari jussimus, nostrorumque magni et parui sigillorum impressione muniri. Data janue mcccclv die xxi januarij. DOCUMENTO LXXVIII. Patente di capitano degli orgusii in Caffa data a Maurizio Boccanegra. 'i 4oo 21 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 30) Protectores etc. Spectabili, prestantibus. egregijs. et prudentibus viris consuli massarijs et prouisoribus. antianis et officio monete ciuitatis caffè, ac januen-sibus et beneficio januensium in ea ciuitate gaudentibus, ac armigeris siue orgusijs dicto ciuitatis. carissimis nostris, salutem. Habentes gratam probitatem viri strenui mauritij bucanigre. eundem elegimus in capitaneum et pro capitaneo orgusiorum dicte ciuitatis cum stipendio honoribus obuentionibus balia et prerogatiuis debilis et debite consuetis, ser-uatis regulis caffè, pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum. Mandamus vobis quatenus stalim visis presentibus eundem mauritium in capitaneum et pro capitaneo dictorum armigerorum siue orgusiorum habealis et recipiatis benigne et humaniter sicut decet, el ipsum bene et fideliter exercentem officium suum tractetis humaniter sicui merita sua postulabunt, facientes sibi statim resignari dictum officium et congruis temporibus de debitis sibi stipendio et obuentionibus responderi, et vos orgusij eidem mauritio capitaneo vestro in pertinentibus ad officium suum prompte et reuerenter pareatis. Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc queeumque recte et rile idem inauritius iu dicto capi taneatus ollicio ad dictum officium perlinentia gesserit el fecerit. Iu quorum testimonium etc. Data ut supra. ANNO '1455 ( 266 ) DOCUMENTO LXXIX. ' Patente di console di Savastopoli dala ad Ambrogio Dei-Pozzo. U53 21 gennaio (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 1453-1-457) (fol. 30 v0 Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris. consali, massarijs et officio monete ciuitatis calìe, nec non consali januensium in sauastopoli. ac januen-sibas et beneficio januensiam ibidem gaudentibus, frequentantibus et frequentaturis. dilectis nostris, salutem. Cum elegerimus et constituerimus in consulem et pro consule januensium et beneficio januensium in sauastopoli gaudentibus, et ibidem frequentantibus et negotiantibus et frequentaturis et negotiaturis, virum prudentem dilectum nostrum ambrosium de puteo, ciuem janue. cum potestate balia auctoritate salario honoribus et obuentionibus debitis et debite consuetis, pro anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum: Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem ambrosium in consulem et pro consule januensium in sauastopoli habeatis et recipiatis, tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet, sibique pareatis in pertinentibus ad officium suum consulatus prompte et fideliter tanquam nobis: Approbantibus quascumque sententias condemnationes et acta quelibet ad officium suum pertinentia, que idem ambrosius consul recte et rite in dicto officio fecerit perinde ac si a nobis legitime processissent. Mandantes insuper vobis quatenus eidem ambrosio consuli congruis temporibus de debitis sibi salario et obuentionibus respondeatis et responderi faciatis ut decet. In quorum etc. Data ut supra. Segue la poscritto,. Ceterum non obstante illa clausula de visis presentibus volumus has litteras locum habere statim finito anno guirardi pinelli. si fortasse dei pietate ante attingerent naues nostre capham. Data ut supra. ( 2G7 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LXXX. Patenti della iagataria delle erbe, legname e carbone, e del peso della seta in Caffa date a Gaspare da Sestri. 1435 21 gennaio e 3 febbraio (Diuersor negot. off. s. Georg, ann. 1453 - 1457) (fol. 30 v.) Protectores etc. Spectabili, prestantibus et egregijs viris, consuli, massarijs et prouisoribus et officio monete ciuitatis caffè, et januensibus et beneficio januensium ibidem gaudentibus, carissimis nostris, salutem. Cum elegerimus in officialem officij ihagatarie herbarum lignaminis et carboni illius ciuitatis dilectum nostrum gasparem de sigestro cum salario obuentionibus et balia debitis et debite consuetis, non derogando regulis caffè, pro anno uno et pluri etc. Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus eundem gasparem in officialem dicti officij habeatis recipiatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet, eidem resignari facientes dictum officium visis presentibus. et congruis temporibus sibi responderi de debitis sibi salario et, obuentionibus pro ut habuerunt precessores sui. non contraueniendo regulis. In quorum etc. Data janue mcccclv die xxi januarij. Segue d’altra mano. Ceterum quia francus caualortus cui contulimus officium ponderis sete (’) nequit eo accedere, contulimus dictum officium dicto gaspaii de sigestro attentis meritis suis, in omnibus et per omnia juxta continentiam suprascriptarum litterarum. Mandamus itaque vobis quatenus visis presentibus eundem gasparem habeatis et recipiatis in officialem dicti ponderis pro anno uno et pluri etc. facientes sibi responderi congruis temporibus de salario et obuentionibul debitis, seruatis regulis caffè. Data janue die m februarij mcccclv. (') Si allude al documento L soprariferito a pag. 138. ANNO 14DO ( 268 ) DOCUMENTO LXXXI. Patente di ministrale di CalTa data a Paolo Raggio. •1455 21 gennaio (Diuer. negot. oli s. Georg, ann. 1455-1457) (fol. 31) (e Filza di Gaffa, n. 19) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris, consuli, massarijs et proui-soribus. antianis et officio monete ciuitatis caffè, nec non januensibus ibidem morantibus et diuersantibus. moraturis et diuersaturis in ipsa ciuitate. et bur-gensibus et beneficio januensium gaudentibus in dieta ciuitate. salutem. Cum elegerimus ministrum siue ministralem illius ciuitatis prò anno uno et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum prudentem virum paulum ragium q. nicolai cum salario balia et obuentionibus debitis et debite consuetis, non contraueniendo regulis caffè : Mandamus vobis quatenus visis presentibus eundem paulum ministrum siue ministralem dicte ciuitatis habeatis recipiatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet, et sibi dictum officium ministrarie resignari statim visis presentibus faciatis, sibique congruis temporibus.de debitis sibi salario et obuentionibus. seruatis regulis predictis. responderi faciatis. Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc omnes sententias condemnationes et acta quelibet rite et recte ferendas et ferenda per ipsum paulum ministrum in dicto officio ad ejus officium pertinentia sicut a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium etc. Data janue die xxi januarij 1455 (sic). I DOCUMENTO LXXXII. Patente di scrivano della curia di Caffa data al notaio Jacopo Onesti. 1455 21 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1455-1457) (fol. 31) (e Filza di Caffa, n. 20) • i La forinola della patente è all' incirca dello stesso tenore del documento L1X, con questo di più che 1’ Onesti è detto notaio de collegio et matriculà notariorum janue. DOCUMENTI DOCUMENTO LXXXIII. 1 Piotettoii ìingraziano Pietro Noceti secretario apostolico della benevola assistenza prestata nella curia romana al padre Deodato Boccone* da essi inviato oratore al Papa. Mo5 21 gennaio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 60 v.) Magnifico et preclaro militi ('). domino petro de nuceto, apostolico secretario etc. Multiplicantur in dies, magnifice et preclare miles. tot tantaque in nos magnificenlie vestre beneficia, ut agéndis gratijs paria verba non inueniamus. referendis quoque nos longe impares esse intelligamus. Redijt nuper ad nos venerabilis dominus magister deodatus boconus ob pericula caphe et aliarum terrarum maris pomici ad conspectum sanctissimi domini nostri transmissus. Is cum secum attulisset bullas et alias litteras a benignitate sanctissimi domini nostri impetratas, posteaquam de summa cari-tate sanctitatis sue in nos. deque recto affectu beatitudinis sue et reuendis-simorum dominorum cardinalium erga conseruationem et defensionem dictarum ciuitatum et terrarum pleraque disseruit, non reticuit se omnia que attulit, ope potissimum ac drligentia magnificentie vestre. eliam sine ulla solutione, impetrasse. Adiecitque cum tot tamque multiplicibus curis et occupationibus magnificentia vestra implicita esset, reliqua omnia negotia seposuit ut expeditionem suam acceleraret. Et postremo litteras magnificentie vestre summam humanitatem et beniuolentiam benignitatis vestre in nos redolentes et ea que retulerat comprobantes, nobis reddidit. , Ob hoc igitur et alia ingentia benignitatis vestre in nos merita, habemus habebimusque omni tempore magnificentie vestre ingentes gratias : orantes ut si quid est aut erit in quo possimus commodis suis inseruire. curet ut id intelligamus. Nos enim beneficiorum vestrorum non immemores. sola ea ma- T) gnificentie vestre negaturi sumus, que a nobis prestari non possent. Data die xxi januarij. Protectores etc. (*) In quanti sensi s’adoprasse nel medio evo la voce Miles lo dicono il Ducange nel suo Glossario e il Ricotti nella Storia delle compagnie di ventura in Italia, voi. 1.° p. 39 c seg. ANNO 1455 ( 270 ) DOCUMENTO LXXXIV. I Proteltori di s. Giorgio ordinano ad Antonie Lercari secondo console, a Branca Oliva e a Martino Voltaggio padroni delle due navi, e agli ollìciali e soldati che sovr’esse devono essere trasportati in CalTa, di prestare obbedienza a Tommaso Domoculta, designato primo console di questa colonia. 1Ì55 21 gennaio (Filza di Caffa, n. 21) Protectores comperarum sancti georgij excelsi comunis janue. egregijs et prestantibus viris antonio Iercario. futuro consuli massario et prouisori caffè, omnibusque officialibus nostris in caffam et alia loca nostra maris pontici petituris, nauigaturis cum nauibus infrascriplis. branche de oliua et martino de vultabio patronis nauium duarum conductarum ad stipendia nostra caffè, nauclerijs. scribis, ingrezatoribus. (sic) oflìcialibus et turmis dictarum nauium. necnon conestabilibus et stipendiatis nostris caffam deo propitio petituris, salutem. Cum preheminentia et obedientia vestrum omnium debeatur, et ita decre-uerimus. spectato viro thome de domoculta nostro designato consuli calle, cui tenore presentium damus amplam baliam faciendi summarie processus quibuscumque quos delinquenturos (sic) .... postulabit arbitrio suo. et merum et mixtum imperium ac gladij potestatem in vos et vestrum quemlibet: Mandamus vobis omnibus quatenus prefato thome consuli nostro et mandatis suis tanquam nobis prompte et fideliter pareatis: Approbantibus ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc omnes et singulos processus sententias mullas banna condemnationes ac acta quelibet que idem thomas noster consul recte et rite etiam summarie fecerit, perinde ac si a nobis legitime processissent. In quorum omnium testimonium etc. Data janue mcccclv die xxi januarij. DOCUMENTO LXXXV. Paolo Baggio eletto ministrale di CafTa promette di bene esercitare 1’ officio, e presta cauzione di 800 fiorini. '1435 22 gennaio (Filza di Caffa, n. 22) La formola è dello stesso tenore delle precedenti; e seguono sette securtà per la somma complessiva di 800 fiorini, pari a lire 1000 di genovini. ( 271 ) DOCUMENTI DOCUMENTO LXXXVI. Giuseppe di Rapallo eletto castellano di Soldaia promette di bene esercilare 1’officio, e presta cauzione di 2000 fiorini. 1453 23 gennaio (Filza di Gaffa, n. 23) Joseph de rapallo q. augustini electus per magnifica officia sancti georgij castellanus cum subcastellanijs soldaie constitutus in presentia elc. jurauit et promisil etc. bene et fideliter etc. custodire diligenter et saluare dictum castellum et tenere socios et stipendiatos ordinatos per regulas et ipsum castellum bene munitum armis et victualibus necessarijs: parere mandatis magnifici officij sancti georgij et sui consulis caphe: nulli resignare dictum castellum nisi cum litteris et contrasignis prefali magnifici officij : stare sindi-camento et soluere omnem condemnationem contra ipsum fiendam per suos sindicatores : et demum facere ea omnia que debent omnes fideles castellani et subcastellani versus dominum et superiorem suum. Et hoc sub pena flore-norum duorum milium januinorum. Sub etc. Renuncians etc. Et pro eo etc. Seguono i nomi di sedici sedurla, ciascuna per 200, o per 100, o per 50 fiorini: in iotale 2000. DOCUMENTO LXXXVII. 1 Protettori ordinano l’invio da CafTa a Genova dei registri della cessata casa bancaria Gentile-Dinegro-Prortiontorio, per la liquidazione dei conti della medesima. 4455 23 gennaio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1-457) (fol. 75) Protectores etc. Spedato et prestami viro thome de domoculta consuli designato ciuitatis caphe. dilectissimo nostro. Narratum nobis est. spedate vir dilectissime noster, nomine virorum pre-stantium antonij et pauli gentilium, urbani de nigro. edoardi ac dominici de prementorio. quod cum superioribus annis in ciuitate illa caphe tenuerint banchum. solidatis demum rationibus cartularij banchi sui.'integre creditoribus anno I455 ( 272 ) ejus satisfecerunt, et tamen in ipso cartulario multi eorum debitores supersunt. a quibus nullam satisfactionem hactenus consequi potuerunt. Et ob id rogali fuimus ut velimus eis licentiam concedere, ex qua possint cartularium dicti sui banchi ex ciuitate illa huc afferri facere, cum presertim confidant a plerisque debitorum ipsius cartularij hic exigere posse non exiguam partem ejus quod sibi debetur. N°s igitur intelligentes equum esse hujusmodi eorum rèquisitioni assentire, dummodo ita prouideatur quod res ipsa alicujus jura ledere non possit, volumus ac jubemus ut per urbem illam tribus diebus continuis publice proclamari faciatis ut si quis voluerit copiam aliquarum partitarum ipsius cartularij transcribi facere, id omnino faciat intra menses tres tunc proxime secuturos. et post triduum copiam ipsius proclamationis affigi facite in aliquo loco publico ubi ab omnibus conspici possit, et interim curate ut quisquis 'olueiit copiam aliquarum partitarum ipsius cartularij. partite ab eo requisite sibi transcribantur, et etiamsi vel burgenses vel alij habitatores illius urbis \ ellent intra ipsum terminum lotius dicti cartularij. exemplum sumere, id sibi permittite. Transacto vero termino ipsorum mensium trium equum nobis videtur, et ita vobis committimus, ut agentibus pro dicto antonio et socijs liberam licentiam concedatis ex urbe illa extrahendi et januam mittendi dictum cartularium banchi, alicujus contradictione non obstante. Data die xxiii januarij MCCCCLV. Segue la coscritta. Et quoniam superius non diximus nisi de uno cartulario ipsius banchi, volumus libere permittatis omnia cartularia ejusdem banchi extrahi et huc afferri, precedentibus tamen solemnitatibus superius declaratis. DOCUMENTO LXXXVIII. Tommaso di Domoculta è deputato primo console di Calfa 1455 24 gennaio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1455-1457). (fol. 17) Protectores etc. Spectabilibus et prestantibus ac egregijs et Pruc^e ^ viris domino demetrio de viualdis legumdoctori consuli caffè, simoni ar ^ ^ marco de cassina capitaneis et commissarijs. massarijs antianis. officijs mone ( 273 ) DOCUMENTI balie, ceterisquc magistratibus, ciuibus. mercatoribus, burgensibus et januensibus et beneficio januensium gaudentibus, morantibus et frequentantibus in ciuitate caffè, et moraturis et lrequentaturis in dicta ciuitate. ac alijs magistralibus quorumcumque locorum maris majoris et pomici, ac ubilibet in imperio gazarie constitutis, salutem. Intendentes (sic) omni studio omnique diligentia omnibus prouisionibus quibus illa nobilissima ciuitas caffa bene regatur et amplificetur, ut efficiatur solita caplia. Itaque vehementer confisi de virtutibus et diligentia ac integritate viri prestantis carissimi nostri thome de domoculta. eundem thomam elegimus ac constituimus in consulem et pro consule dicte ciuitatis et omnium pertinen-tiarum suarum, cum potestate balia arbitrio meroque et mixto imperio el gladij potestate et cum salarijs utilitatibus honoribus prerogatiuis et prehemi-nentijs debitis et debite consuetis et prout predecessores sui habuerunt, non derogando regulis et ordinamentis dicle ciuitatis. exceptis his concessis sibi de forti officio, ut continetur in litteris nostris particularibus, ad compescendos excessus temerariorum et male compositorum, et hoc pro anno uno incepturo visis presentibus et pluri pauciorique tempore ad nostrum beneplacitum et maudatum (’). Mandamus igitur vobis omnibus et singulis suprascriptis ac quibuscumque alijs ad quos pertinere quomodolibet possit, quatenus statim visis presentibus prefatum spectabilem thomam in consulem el pro consule ut supra habeatis recipiatis tractetis et reputetis reuerenter et honorifice sicut decet, sibique el mandatis suis pertinentibus ad officium suum, honorem nostrum ‘aspicientibus, prompte et fideliter ac reuerenter pareatis tanquam nobis: Approbantibus ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc omnes et singulos processus sententias banna forestationes multas condemnationes et precepla quelibet ad officium suum pertinentia, que gesserit et fecerit idem thomas consul recte et rite in dicto suo officio, perinde ac si a nobis legitime processissent. Ceterum prefato spectato thome consuli congruis temporibus de debilis sibi salario obuentionibus et prerogatiuis respondeatis et integre responderi faciatis. In quorum omnium testimonium has noslras patentes litteras fieri et registrali jussimus, nostrorumque sigillorum magni et parui impressione muniri. Data janue mcccclv die xxuu januarij. (’) Le particolari lettere o istruzioni secrete qui citate de forti officio ad compescendos excessus temerariorum etc. non le abbiamo rinvenute in nissun codice dell’ archivio. la ANNO I455 ( 274 ) DOCUMENTO LXXXIX. Decreto dei Protettori che costituisce Antonio Lercari console di CalTa dopo Tommaso Domoculta. 1455 24 gennaio (Filza di Calfa, n. 24) Protectores etc. Spectabili et prestantibus et egregijs viris thome de domoculta consuli, massarijs. prouisoribus. antianis. officio monete, omnibusque magistralibus ciuitatis caffè, et januensibus et beneficio januensium ibidem et in toto mari pontico et imperio gazarie morantibus et frequentantibus et moraturis et frequentaturis, salutem. Cum occurrentibus temporum conditionibus decreuerimus eligere tres consules. videlicet quorum quilibet anno uno exerceat diclum consulatus officium et duobus annis sit massarius et prouisor ipsius ciuitatis. elegimusque vos thomam primum consulem pro primo anno, spectatum virum antonium ler-carium consulem pro secundo anno, et eundem antonium visis presentibus pro primo anno consulatus vestri thome massarum et prouisorem. et spectatum damianum de leone pro tertio anno, et pro dicto tertio anno consulatus prefati damiani eundem antonium in massarium et prouisorem. cum salarijs utilitatibus honoribus preheminentijs potestate et balia meroque et mixto imperio et gladij potestate pro olBcio consulatus juxta tenorem litterarum vestri thome et dicti damiani. et pro officijs massarie et prouisorie cum salario annuo summorum argenti octoginta, et reliquis prout in vestris litteris et dicti damiani pro dictis officijs massarie et prouisorie continetur. Mandamus igitur vobis quatenus visis presentibus prefatum spectatum antonium lercarium pro primo anno in massarium et prouisorem habeatis et recipiatis benigne humaniter et honorifice sicut decet, et pro secundo anno in consulem et pro tertio in massarium et prouisorem ut supra et pluri et pauciori tempore ad nostrum beneplacitum et mandatum: in omnibus et per omnia ut supra fit mentio, singula singulis referendo, sibique responderi faciatis congruis temporibus, seruatis regulis caffè, excepto ubi disponitur de salario massarie et prouisorie quod superius taxauimus. Approbantes ex nunc etc. In quorum etc. Data janue die xxim januarij mcccclv. ( 275. ) DOCUMENTI * DOCUMENTO XC. Altro decreto con cui il giurista Lanzarotlo Beccaria viene eletto m'cario consolare di.Caffa per due anni. M55 24 gennaio ( Filza di Calla, n. 25 ) Protectores etc. Spectabili el circumspectis viris, thome de domoculta consuli presenti et futuro, massarijs et prouisoribus. antianis et alijs magistratibus ac januensibus et burgensibus caffè, carissimis nostris, salutem. Disposili ex omni parie illi nobilissime ciuitati prouidere de officialibus tante virtutis et integritatis quod refulgenle fama boni regiminis ipsius ciuitatis. merito predicari possit ciuitatem ipsam esse templum justitie et honestatis (’). Itaque informati de virtutibus moribus scienlia et honestate clari viri domini lanzaroti de becaria juris ciuilis periti, eundem elegimus in vicarium consularem calle pro annis duobus et pluri et pauciori tempore ad noslrum beneplacitum et mandatum, cum salario obueniionibus utilitatibus honoribus emolumentis et prerogatiuis debitis et debite consuetis, non contraueniendo regulis calfe. et prout precessores sui habuerunt, non contraueniendo eis regulis. Mandamus igitur vobis consuli tam presenti quam futuro, et omnibus ad quos spedare videatur, quatenus statim visis presentibus recipiatis habeatis teneatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet eundem dominum lanzarolum in vicarium et pro vicario dicte ciuitatis. eidem respondentes et responderi facientes congruis temporibus de debitis salario et obuentionibus. Approbantes ex nunc prout ex tunc et ex tunc prout ex nunc omnes et singulas sententias banna forestationes precepta condemnationes et acta quelibet que idem dominus lanzialotus (sic) in diclo vicariatus ollicio recte et rite gesserit et fecerit, perinde ac si a nobis legittime processisset. In quorum omnium testimonium presentes noslras litteras fieri et regislrari jussimus, nostrorum-que magui et parui sigillorum impressione muniri. Data janue mcccclv die xxim januarij. C1) Questo documento, il susseguente ed altri ancora mancano di senso nel preambolo, c credo di doverlo attribuire a ciò che nella filza fuwi inserito solo 1’ abbozzo di essi atti, i quali effettivamente sono pieni di mende e cancellature. ANNO I455 ( 27(> ) DOCUMENTO XCI. Patente di massaro e provvisore di Caffa data a Tommaso , di Domoculta, da avere luogo dopo il suo consolato. Iioo 24 gennaio ( Filza di Calla, n. 26 ) Protectores etc. Spectabili et circumspectis viris, antonio lercario futuro consuli caffè, massarijs et prouisoribus ciuitatis caffè, antianis. ollicio monete et alijs magistralibus dicte ciuitatis. ac januensibus et beneficio januensium gaudentibus in dieta ciuitate. ac omnibus ad quos spedare videatur, dilectis nostris. salutem. Cum. ut ipsi ciuitati prouisum esset de officialibus preheminenlibus. quorum virtutibus exultare merito ciuitas illa possit, elegerimus tres consules sub vicissitudine consulari et massarie. electusque sit pro primo anno spectatus vir carissimus noster thomas de domoculta cousui, et pro duobus annis sequentibus et pluri etc. alter massarius et prouisor. cum salario summorum octoginta pro dictis officijs massarie et prouisorie singulo anno tantum, et cum balia honoribus etc. non contraueniendo etc. Mandamus vobis omnibus etc. quatenus statim finito tempore consulatus, ipsum thomam in alterum massarium et prouisorem dicte ciuitatis pro dicto tempore habeatis elc. Approbantes etc. Data janue mcccclv die xxim januarij. DOCUMENTO XCII. Patente di scrivano della curia di Caffa data al notaio Antonio Torriglia. 1455 24 gennaio (Filza di Caffa, n. 27) Protectores etc. Spectabili, prestantibus. egregijs et prudentibus viris, consuli, massarijs et prouisoribus. vicario, anlianis. officio monete et alijs magistralibus caffè, ac januensibus et burgensibus caffè gaudentibus beneficio januensium in dicta ciuitate. carissimis nostris, salutem. Cum elegerimus et consti luerimus in unum mi scribarum curie illius ciuitatis et illarum scribaniarum mercanlie. sindicatorum et sancii antonij. quas aggregauimus dictis scribanijs curie caffè, dilectum nostrum antonium de tu- ( 277 ) DOCUMEN 11 rilia notarium pro anno uno et ullra ad ndstrum beneplacitum et mandatum. ita quod absque expressis litteris nostris reuocanlibns ipsum.....amoueri nequeatis, idem dicentes de omni salario utilitatibus etc. Mandamus vobis et expresse committimus quatenus statim visis presentibus eundem antonium in unum quatuor scribarum dicte curie et scribaniarum habeatis recipiatis etc. Approbantes etc. In quorum etc. Data janue mcccclv die xxim januarij. DOCUMENTO XCIII. Patente di scrivano della masseria di CafTa data al notaio Gerolamo Cerro. 1455 24 gennaio (Filza di Calla, n. 28) Protectores etc. Spectabili et prestantibus et egregijs viris, consuli, massarijs et prouisoribus et ollicio monete ciuitatis cafle. carissimis nostris, salulem. Cum elegerimus et constituerimus in scribam et prò scriba massarie illius ciuitatis dilectum nostrum hieronimum de cerro notarium pro anno uno et pluri etc. cum salario obueniionibus prerogatiuis etc. seruatis regulis caffè: Mandamus vobis quatenus visis presentibus eundem hieronimum in scribam et prò scriba diete massarie habeatis recipiatis etc. facientes sibi resignari dicium scribanie ollicium et omnia ad ipsum pertinentia et congruis temporibus de debitis sibi salario etc. responderi. Approbantes ex nunc etc. quocumque scribenda el testanda per ipsum hieronimum in dicto scribanie officio rccte et rite sicut a nobis processisset. In quorum omnium etc. Data janue mcccclv die xxim januarij. DOCUMENTO XCIV. Patente di castellano di Soldaia e della torre di s. Elia data a Giuseppe di Rapallo. 1455 24 gennaio (Filza di Caffa, n. 29) Protectores etc. Spectabili, prestantibus et egregijs vii is. consuli, massarijs et prouisoribus. autianis. ollicio monete, ac consuli soldaie et castellanis et subcastcllanis castellorum soldaie et sancii elie. necnon janueusibus et beneficio januensium gaudentibus in calla et soldaia. dileelis noslris. salutem. anno 1455 ( 278 ) Cum elegerimus in castellanum* illius castelli soldaie et castelli seu turris sancti elie probum virum ioseph de rapallo prò anno uno et pluri et pauciori lenipire ad nostrum beneplacitum et maudatum. cum auctoritate eligendi sibi subcastellanos probos et fìdeles et accipiendi bonam cpmitiuam. et non aliter, pio custodia ipsorum fortilitiorum et cum pagis debilis juxia regulas caffè, ei cum stipendio utilitatibus prerogatiuis et obueniionibus debitis et debite consueti» et seiuatis regulis prcdictis: Mandamus omnibus vobis ad quos perlina e noscatui quatenus statim visis presentibus eundem iosepli in castellanum it prò castellano dictorum duorum fortilitiorum habeatis recfpiatis tractetis et reputetis benigne et humaniter sicut decet, et dictorum fortilitiorum possessionem »ibi tiadi et assignari cum omnibus munitionibus faciatis, de quibus conficiatur inuentarium registraudum in libro massarie. et debilis temporibus de stipendio et obuentionibus sibi debitis eidem respondeatis et responderi faciatis. In quoium etc. Data janue die xxim januarij mcccclv. DOCUMENTO XCV. (.ailo Cicala eletto console di Soldaia promette di bene esercitare l’ufficio, e presta cauzione di 2,000 fiorini. 24 gennaio (Filza di Caffa, n. 50) * MCCCCLV die XXIIII januarij. Carolus cigala q. edoardi electus consul massarius el minislralis cum scri-bani.i et caualaria sodanie (sic) per magnificum officium sancti georgij. constitutus etc. jurauit et promisit etc. Il resto è tutto eguale all’atto II dicem-l>r i cioè al documento LUI} mutali solo i nomi del console e della colonia. Et hoc sub pena florenoruin duorum milium januinorum. Sub etc. Renuncians etc. Et prò eo etc. Seguono h sicurtà che sono dieci, ciascuna per fiorini ducento. ( 279 ) DOCUMENTI DOCUMENTO XCVI. Girolamo Cerro eletto scrivano della masseria di Caffa promette di esercitare bene l’ufficio, e presta cauzione di 1,000 fiorini. U55 25 gennaio (Filza di CafTa, n. 31) ❖ MCCCCLV die XXV januarij. Jeronimus do cerro notarius ciuis janue electus scriba massarie caffè per magnificum etc. sponte etc. promisit etc. de bene et Iegaliter exercendo dictam ejus scribaniam et parere mandatis etc. ac seruare constitutiones et or-dinamenta ipsius oflìeij. et demum omnia bona fide et obedienter facere que ad eum ratione dicte scribanie pertinebunt. Insuper infrascripti et qurlibet ipsorum pro infrascripta quantitate pecunie pro dicto jeronimo et ejus partibus et mandatis pro prediclis omnibus et singulis attendendis complendis et effcctualiter obseruandis intercesserunt etc. Sub etc. Renuuciantes etc. Seguono i nomi di cinque sicurtà, ciascuna per 200 fiorini. DOCUMENTO XCVII. Patente di castellano dei forti di s. Giorgio e di s. Nicolò in Cembalo data al nobile Bartolomeo D’Oria. 1455 28 gennaio (Filza di Caffa, n. 52) Protectores etc. Spectabili el prestantibus ac egregijs viris, consuli, massarijs et prouisoribus. antianis et officio monete caphe. et consuli cimbaii ac custodibus arcium et fortilitiorum sanctorum georgij et nicolai cimbaii. carissimis nostris, salutfsm. Cum elegerimus et consiiluerimus in castellanum dictarum arcium et fortilitiorum cum jure et balia eligendi subcastellanos. dummodo sint idonei et fideles, arbitrio vestrum consulis et massariorum. nobilem bartbolomeum de auria q scipionis pro anno uno cl pluri etc. cum slipendijs comitiuis et honoribus utilitatibus et prerogatiuis debitis el debite consuetis, non derogando ANNO 1455 ( 280 ) regulis caffo, excepto quod licite et houeste ut ipsa fortilitia munita tenere debeat, pro prediclis suis socijs tautum et. non aliter, tabernam fieri facere possit: Mandamus vobis quatenus statim visis presentibus dictarum arcium et fortilitiorum possessionem eidem bartholomeo resignari faciatis cum omnibus munitionibus, de -quibus conficiatur inuentarium registrandoli in cartulario massarie. et debitis temporibus de stipendijs et utilitatibus sibi debitis eidem respondeatis et responderi faciatis seruatis regulis, facientes sepe fieri monstras et reuidere quod dicta fortilitia bene custodiantur, quemadmodum importat onus custodum arcium et fortilitiorum. et ita mandamus vobis consuli massarijs et oJlicio monete fieri faciatis sub pena sindicamenti. In quorum etc. Data jauue mcccclv die xxvm januarij. DOCUMENTO XCVI1I. Disposizioni relative al consolato di Copa in favore di Batista Tanzio. Moo 29 gennaio (Filza di Calla, n. 35) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris, thome de domoculta consuli, massarijs et prouisoribus caffè, carissimis nostris, salutem. Dilectissimi nostri. Collatum fuit officium coparij per illustrem et excelsum dominum ducem ante translationem dominij caffè et partium illarum in nos pro annis duobus baptiste lancio, quam collationem approba uimus et debebat exercere ipse baptista vel ille cui pro ipso baptista fuerint facte litlerc toto anno de mcccclv. et pro anno sequenti videlicet anni mcccclvi contulimus officium ipsum thome columbano in retributionem laborum suorum et expensarum quas fecit terrestri itinere a janua usque caffam. Verum quia conquestus est baptista ipse gabrielem de prementorio. cui facte fuerunt ad instantiam ipsius baptiste liltere pro duobus annis, non potuisse exercere ipsum officium anno preterito de mccccliv ex deliberatione facta in caffa per spectabilem consulem, massarios et illos qui interfuerunt dicte deliberationi, et propterea petiit sibi prouideri de remedio opportuno: mirati sumus tales deliberationes ibi fieri, venientes in suspicionem indecentia commissa fuisse, que eo magis credimus, quo intelligimus cauealium magnam quantitatem eo anno extractam esse. ( 281 ) DOCUMENTI Ilaque committimus vobis el expresse mandairiùs ad pcnam indignationis nostre quatenus inlelligatis omnino qualiler processerit dicla deliberatio, et si inueneritis ulilitateni peruenisse in aliqnern. illum omnino compellatis vomere et assignare massarie quicquid utilitalis anno preterito ex illo consulatu habuerit. Veruni si inueneritis dictum gabrielem aut alium pro eo exegisse introitum dicti consulatus in tolurn vel in parte, eo casu remaneat ipsi gabrieli. et nos aduisate. quia dictus baptista non habebit causarli querele. sed intelliget ipsum consulatum spedare dicto gabrieli pro ipso baptista pro anno mcccclv tantum, et prò anno mccccvi locus erit litteris dicti thome. Si autem inueneritis dictum gabrielem per se vel alium prò eo non exercuisse dictum olliciuin dicto anno de Lini, neque prò eo percepisse aliquam utililatem. eo casu volumus differantur linere dicti thome usqne ad anrium mccccvii. et dictus gabriel prò dicto baptista ipsum consulatum habeat pro anno mcccclvi. Et nichilominus omnino prouideatis quod exigatur si exactum non fuisset per ipsum consulem, et quicquid exigetis perueuiat in massaria. deductis prius libris centum tredecim soldis duobus cum dimidio soldi januinorum pro stalijs dicti anni, quas nobis per cambium mittatis. Verum dicti thome indemnitati volentes prouidere. quia jeronimus de furnarijs cui contulimus officium capitanealus burgorum caffè, ex caffa ut sumus aduisati recessit, volumus eundem thomam deputetis ad dictum capitanealus officium, cum additione facta dicto ollicio summorum vigintiquinque. usque ad tempus exercendi dictum consulatum eoparij. exigentes ab ipso thoma mensualim stalias dicti capitaueatus. que sunt libre quingente et soldi duodecim cum dimidio januinorum m anno, quas nobis mittere curetis per cambium. Si vero dictus thomas non remaneret contentus de dicto capitaneatu. nos aduisate prouisuros ut juslitie et honestati conueniet. et interim si vacaret aliquod oflicium .. ale illud sibi in retributionem laborum suorum et expensarum. Data janue die xxv... (') januarij mcccclv. (’) Dopo la v è corrosa la carta; ma dallo spazio argomento che sia il dì 29. A questo documento si rannodano molli altri già sovrastati sotto i numeri XVI, XXIV, XXV, XL1X, LV, e più altri che seguono nel corso del presente anno UoS; specialmente poi il CXL1. ANNO I455 ( 282 ) DOCUMENTO XCIX. Disposizioni sul consolato di Tana concesso a Benedetto Bogliolo. 1455 . . . gennaio (Filza di Caffa, n. 54) Protectores etc. Spectabili et prestantibus viris, consuli, massarijs et prouisoribus calle, dilectissimis nostris, salutem. Dilecti nostri. Contulimus officium consulatus lane benedicto bojolo. qui diffisus non posse eo ire et exercere dictum consulatum, a nobis requisiuil stipendium pro se. uno famulo et filio suo mi mensium, quod habuit et'est librarum quadraginta pro singulo et ultra clxxx usque cafTam. Postea requi-siuit velimus vobis committere ut si quando pcrucnerit caffam et eligeret ire ad dictum locum exerciturus dictum consulatum, restituente ipso stipendium perceptum vel saltem pariem ejus que restaret soluere, si vobis de hoc fecerit notitiam velimus esse locum sue electioni. Itaque annuentes requisitioni sue committimus vobis quatenus si elegerit ipse benedictus ire ad locum exerciturus dictum consulatum et restituat vobis dictum stipendium vel partem illam quam restaret soluere, dummodo notificet vobis id intra duos menses, eo casu facite sibi fieri litteras pro anno uno. Data janue mcccclv die (è in bianco) ('). DOCUMENTO C. Contratto e condizioni d’arruolamento di Jacopo di Capua, capitano di 80 uomini, spedito dai Protettori alla difesa di Caffa e delle colonie del mar Nero. 1455 3 febbraio (Filza di Calla, n. 55) * MCCCCLV die III februarij Cum die ultima januarij superioris viri prestantes jeronimus justinianus cl neapoleo lomellinus magnifico officio sancii georgij affirmassent virum strenuum (*) Mancando affatto l’indicazione del giorno, noi collochiamo quest’alto in calce al mese di gennaio, cui probabilmente appartiene. ( 283 ) DOCUMENTI jaeobum de capua. conestabilem pagarum octoginta stipendio ipsius magnifici ollieij capham profecturum. contentam fuisse ut ipsi jeronimus el neapoleo declarent formam leges pacta et conditiones, sub quibus idem jacobus cum dicto magnifico ollicio conductus esse intelligatur: diclumque magnificum olfieium. post mulla ab eisdem jeronimo et collega super ipsa re memorata, decreuisset ut ipsi jeronimus et socius super ipsa maleria amplam habeant potestatem paciscendi cum ipso jacobo et declarandi prout eorum prudentijs equum videbitur, tandem hodie prenominati jeronimus et neapoleo statuerunt ac declarauerunt quod prenominata jacobus de capua conductus esse intelligatur stipendio magnifici ollicij sancti georgij sub modis formis et obligationibus infrascriptis. Primum sia obligato Io dicto jacobo ad ogni comandamento de lo magnifico ollicio ascendere cum tuto lo supradieto numero de paghe lxxx in una de le doe naue le quale se mandano in capha. et in quella o in altra a comandamento de lo dicto magnifico ollicio passare fin a la citate de capha. et deinde seruire cum tuta la soa compagnia meixi sexe. per li quali corno se dira de soto se ghe de pagare soldo, bene fideliter et obedienter. come debe fare ogni fidel persona. Item sia obligato lo dicto jacobo de fare le mostre et in naue et in capha semper ad beneplacitum de lo dicto magnifico officio et soi officiali, et haueire tuta la soa compagnia de homini apti el bene armati secundo ogni laudabile uzansa. et essere iu tuto questo viagio et etiam possia che sera in capha fidele et obediente a lo dicto magnifico officio et li soi officiali, et demum fare ogni cosa a la quale per debito et buona ‘uzansa sia obligato per caxone de questo soldo. Et versa vice sia obbligato lo dicto magnifico officio de far conducere lo dicto jacobo et tuta la soa compagnia a le proprie speze de victu et de nolo fin in capha. Item de pagare a lo dicto jacobo auanti la sua partensa Io soldo de quattro meixi per la soa personna (sic) a la raxone de lire lxii. soldi x. lo meixe de moneta de zenoa. et per la soa compagnia a raxone de lire vili soldi x per paga, lo quale soldo li dicti jacobo et la soa compagnia inco-menseno percepire statim possia che cum lo adjutorio de àio serano in capha. Item sia obligato Io dicto magnifico officio de far pagare a lo dicto jacobo staiini possia che sera in capha lo soldo de uuo meixe a la raxone supra-dicta. et deinde finito uno meixe lo soldo de uno altro meize a la dieta raxone cosi per la soa persona corno per la soa compagnia. ANNO I455 ( 284 ) Item sia obbligato lo dicto ollicio et li soi officiali alianti lo fine de li sei (') meixi possia che sera lo diclo jacobo in capha. per li quali ha ferma de soldo come se dice di sopra, de fare notitia a lo diclo jacobo se per pia tempo lo Yoleno releneire vel non. Et in caxo che lo voleseno reteneire. sia obligato de restare el lo dicto officio de farlo pagare de meize in meize a la raxone et computo supradieto. fallandoli sempre notitia de uno meize auanti lo fme de lo soldo che non intendeno più de releiv rio. Jtem sia obbligato lo dicto officio et li soi officiali post finem de Io soldo de lo dicto jacobo. dare, a le speize de lo officio, passagio a lo dicto jacobo de uaue o uauilio. iu lo quale possia passare saltem fin a sio cum tuta la soa compagnia, et iu quello passagio finche sia in Io dicto loco de sio ghe debia essere facle le speize de victu a lui et a la soa compagnia, et de nolo. Et se li officiali de lo dicto officio non poteseno dare passagio a lo dicto jacobo et soa compagnia statim finito lo tempo de lo lor soldo, siano obligati de pagare a lo dicto jacobo el soi mezo soldo, fin a tanto che a Io diclo jacobo et soi hauerano dato passagio secundo la forma supradicta. videlicet per quello tempo per lo quaJe reienirano lo dicto jacobo et soi per defedo de passagio. DOCUMENTO CI. 1 Protettori avvertono il nuovo console e i massarii di CalTa di tenersi pronti a fare guerra al Turco pel ricupero della perduta colonia di Pera. 1455 3 febbraio (Filza di Caffa, u. 56) Proleclores elc. Spedato et prestantibus viris thome de domoculta consuli, autonio lercario et damiano de leone massarijs et prouisoribus nostris caffè, salutem. Ex his que sonant de apparatibus illustrissimi domini ducis brigundie (sic) venimus in spem paret et ordinet potentem exercitum ad deo bene juuante C) Vi si legge chiaro mesi sci a vece di sexe ossia sedici, come poco sopra; ma lo credo errore d’amanuense, tanto più che il presento documento sembra un abbozzo meglio che una convenzione definitiva, essendo piena di mende. ( 285 ) DOCUMENTI exterminandum turclmm. quo fit ut nobis visum fucrit mandata‘vobis dare quibus intelligatis nos daturos commissiones iu chio quod si res prò chrislianis bene succederent et aduersarentur turchis. volumus cum peditibus uosti'is et nauibus et apparatis quos habetis, unus vestrum militet ad offensiones ipsius turchi et recuperationem terre pere, nostre reipublice. et in expugnationem illorum fortilitiorum. juxia mandata que vobis imponemus vel illi de chio scribent ex impositione nostra, secundum quod ipsis scribemus et committemus. semper remanentibus debitis prouisionibus munitionum in caffa. et ita ordinatis rebus illis quod intelligamus prudenter a vobis omnia acta esse, sed intelligatis de residuo temporis qui restarent vobis seruire stipendiati. Itaque estote semper vigiles et parati omnia intelligere et esse in ordine, ut si omnipotens deus aperiet oculos sue solite pietatis et misericordie in Christianos, ex latere vestro ita viriliter a vobis actum sit quod gratiam nostram vobis multiplicetis et merito commendari possitis. Data janue mcccclv die ili februarij. Segue la poscritto,. Ceterum quia carolus cigalla consul soldaje non potuit nobis satisfacere de libris ccccxxxxiu solidis xv pro stalijs dicti consulatus, item de libris xxx. solidis xv pro stalieta consulatus, massarie et scribanie. volumus quod de sti-pendijs et salarijs suis mensuatim illas exigatis et nobis mittatis per cambium. sicut commisimus de alijs. DOCUMENTO CII. Richiamo da Caffa dei due commissarii Simone Grillo e Marco Cassina. 1435 3 febbraio (Filza di Caffa, n. 37) Protectores etc. Spectatis viris simoui grillo et marco de cassina. commis-sarijs nostris in caffa. dilectis, salutem. Ex his que nobis scripsistis ex chio (') venimus in spem caffam peruene-ritis. Fecimus ut videbitis diuino fauente piesidio alias super alias prouisiones. ex quo peruentis spectato thoma de domoculta consule nostro in caffam. vel (’) Di qui si raccoglie che i Commissarii hanno scriito durante il viaggio al banco di s. Giorgio; ma le loro lettere non trovansi nella filza di Caffa, e forse sono perdute come tant’altre. anxo 1455 ( 28l> ) islis nauibus et prouisionibus quas eo mittimus, non erit vestra residentia ibi necessaria. Ideo aplicatis ipsis ibi. vobis licentiam damus illinc recedendi: inierim q . . . . ibi residentiam facietis, omnibus auxilijs fauoribus et prouisionibus necessarijs consuli et illi ciuitati assistatis. Data janue mcccclv die ui februarij. DOCUMENTO CIII. I Protettori esortano il massaro Damiano Leone ad osservare la giustizia nell’esame della causa del suo fratello Giuliano Leone, accusato di complicità nella sollevazione avvenuta in Calla contro Acellino Leicari. fiaa 3 febbraio (Litierar. oflic. s. Georg, ann. 1484-1457) ( fol. 76 v.) Protectores elc. Spedato viro damiano de leone designato consule caphe. dilectissimo nostro. ' v Etsi spedate vir. dilectissime noster, ipso experimento intelligimus eos esse usque ab ipsa adolescentia mores vestros, ut his que reipublice nostre utilitatem aspiciant soleatis propria commoda propriosque alfcdus postponere, statuimus tamen ejus rei de qua dicturi sumus ideo certiorem reddere, ut cognita deliberatione nostra, exeeutionem ejus que viris speciatis thome de domoculta antonio lercario et vobis commissa est. adiuuetis. Ex litteris quatuor burgensium illius urbis nuper cognouimus quod cum superioribus mensibus controuersie quedam orte essent inter acelinum lerca-rium et quosdam alios, nonnulli, inter quos julianus frater vester numeratur, totam illam ciuitatem ad arma concitauerunt. clamantes viuat populus et nobiles trucidentur, et nisi opera quorundam paucorum furor ille repressus fuisset, horum seditiosorum audacia illi ciuituti. si non excidium, at saltem magnam cladem attulisset. Hujus tanli sceleris atrocitati quamquam intelligamus omnem quantumuis grauem penam ac supliciuin deberi, humanitatis tamen et clemeutie potius quam seueritatis iu hoc initio regiminis nostri viam secuti, commisimus pronominalis thome et antonio ac vobis ut hi omnes qui hujus seditionis principes fuere ex ciuitate pellantur, ne viri sediliosi et tantum facinus ausi quietem publicam de cetero perturbent. Et quoniam acellinus prenominatus et quidam alij qui inde discesserunt dicuntur etiam iu ea re culpabiles fuisse, curabimus profecto ut impuniti non euadant. ( 287 ) DOCUMENTI Que ideo vobis ut diximus significare statuimus ut prudentia vestra, re cognita, non modo moleste non ferat ut si frater vester errauit ea pena afficiatur. qua reliqui parem gradum habentes, sed etiam in tota ipsa executione ita so babeat. ut palam intelligatur vos decus et utilitatem publicam fraterne caritati proposuisse. Data die m februarij. DOCUMENTO CIV. Verificazióne del carico a bordo delle due navi Voltaggia e Leona pronte alla vela per Gaffa. U55 3 febbraio ' ( Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1-457 ) (fol. 77) Protectores co:nperararum sancti georgij comunis janue elc. Cum die crastina nostro nomine accessuri sint ad nauem martini de vul-labio viri prestantes antonius de casana unus ex officio nostro, ac neapoleo lomellinus et johannes franciscus palmarius ut in ea naui monstras fieri faeiant tam stipendiatorum nostrorum, quam etiam aliorum virorum quos idem martinus in ea naui habere obligatas est. et alia exequantur que a nobis illis imposita sunt, harum litterarum auctoritate jubemus spectato viro thome de domoculta designato consuli caphe ac reliquis omnibus officialibus in ea naui ad ipsam ciuitatem et terras alias maris pontici profecturis, ac eidem martino patrono, naculeroque et scribe ac reliquis officialibus et toti turme ipsius nauis. et demum omnibus stipendiatis nostris in ea naui capham profecturis. ut prenominato antonio college nostro prestent fidelitatis debite juramentum : et quecumque idem antonium simul cum dictis neapoleone et johanne francisco jusserit prompte exequantur. et demum omnia precepta et admonitiones eiusdem antonij non aliter obseruent quam si a nobis legitime processissent. sub qualibet grauissima pena corporali et pecuniaria inobedientibus per dictum antonium infligenda arbitrio suo. Nos enim in omnibus execulionibus faciendis antonio prenominato dedimus amplissimum arbitrium et potestatem. Data die in februarij. Segue: Similes littere facte sunt pro naui brance de oliua. ad quam profecturi (intendi sunt) viri prestantes franciscus scalia unus ex officio, et jeronimus justinianus ac johannes lercarius. ANNO I455 ( 288 ) DOCUMENTO CV. Avviso doto dai Protettori ad Antonio Lercari di munizioni di vino aggiunte al carico della nave Leona. 1455 12 febbraio ( Litterar. oli. s. Georg, ann. 1454-1457 ) ( fol. so v. ) I’rotectores etc. Spedato viro antonio lercario designato consali caphe. dilectissimo nostro. Dilectissime noster. Possiache vi fo mandato lo inuentario de le munitione carrigate in quella naue de leone, in ipsa naue sono state carrigate bole vini, in le quale sono metrete xxx de vino, le quale habiamo facto carrigare per munitione. Haueti aduneha a far zunzere in lo dicto inuentario questo vino, et de ipso teneire raxone ordinatameli. Data die xn februarij. DOCUMENTO CVI. Insubordinazione di Cosimo Lavaggi punita dai Protettori. 4455 12 febbraio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fot. 80 v.) Protectores etc. Spedato et prestanti viro thome de domoculta designato consuli caphe et capitaneo nauium. dilectissimo nostro. Dilectissime noster. E venuto chi cosma lauagio. la venuta de lo quale benche disa da voi haueire auuto licentia, a noi e stata molestissima. Per la quale cosa corno ve hauemo scripto, non vogliamo daghiati licentia de descendere a persona alchuna. Lo dicto cosmo per lo suo dezordenato parlare haueimo deliberato non ritornase. et tamen a requesta de molti citadini prestanti ghe hauemo dato licentia de ritornare: et ipso ha jurato che più non descendera in loco alchuno sine licentia et a voi sera fidele et obediente. Se voi dubitasi che Io suo dezordenato parlare douese generare scandalo, vogliamo lo metiati in terra et nullo modo lo menali cum voi. Se vi parese utile et bene apto. corno crediamo sera, se metera qualche freno a lo suo prosumptuoso e dezordenato parlare, retenetilo. Demum lasciamo gouernare questa cosa a la discretione vostra, la quale siamo certi fara circa questa cosa lo bene et la utilità de quella impreiza. Data die xn februarij. ( 280 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CVII. Nuova aggiunta di provvigioni per la nave Voltaggia. 1455 14 febbraio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 81 v.) Protectores etc. Spedato et prestanti viro thome de domoculta consuli nostro caphe et capitaneo nauium. dilectissimo nostro. Dilectissime noster. Confortati da cosmo lauagio. liabiamo facto carrigare iu la barella de manfredo de saucto saluatore de clauaro pecij xvm de scoere. le quale vi mandiamo in ipsa barella, el a lo dicto manfredo hauemo satisfacio per li noli. Haueti aduncha a farle zunzere in lo inuentario de le munitione a voi dato. Data die xim februarij. DOCUMENTO CVII1. I Protettori notificano ai consoli clic le due navi coi commissarii Grillo o Cassina hanno passato lo stretto, e li confortano a sperare altrettanto bene per se stessi. 1455 14 febbraio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 81 v.) Protectores etc. Spectatis viris thome de domoculta consuli nostro caphe capitaneo nauium. et antonio lercario etiam designato consuli ipsius ciuitatis. dilectissimis nostris. Dileetissimi nostri. In questo puncto sono stale riccuute da nostri citadini lettere scripte in Costantinopoli die m de zenaro passato, in le quale hauemo certa nouella corno le doe naue armate a sio cum li nostri commissarij erano passate, cum lo adjutorio do dio. a saluamento in lo 'mare majore. sensa alchuna lesione de bombarda. La quale nouella a noi el a tuia la citate, e stata gratissima, et per conforto vostro et de tuti li altri sono iu quelle doe naue. sensa dilatione ve labiamo volsuta notificare. Confortatiue aduncha et similiter dati conforto a tuti li altri, che presto cum lo adjutorio de dio et de Io glorioso marliro santogeorgio pasereti a saluamento in capha. et hauereti honoro et perpetua gloria de la saluatione de quella nobilissima citate. Non lassimi corno por altre ve hauemo scripto descendere alchuuo. et quamprimum venti patientur facti far vela, et cum ogni celerità possibile exeguite ANNO I455 ( 290 ) le commissione ordinatamenti a voi date. Lo strenuo jacobo da capua confortati per parte nostra che perseuere in bene operare, perciocho lui et li figlioli et tute le soe cose a noi sono care. Data die xim februarij bora xxim: DOCUMENTO CIX. V I medesimi dichiarano il cominciamento della decorrenza dei tre mesi per lo scotto degli stipendiati a bordo delle navi. 1455 15 febbraio (Litterar. olf. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 82) Protectores etc. Spectatis viris thome de domoculta consuli caphe et capitaneo nauium. ac antonio lercario etiam designato consuli ipsius ciuitatis. dilectissimis nostris, salutem. Dilectissimi nostri. A ciò che intendati lo iorno in lo quale incomensano li patroni de la naue a pascere li nostri soldati, per li quali hauemo pagato Io scoto de trei meixi. vi faciamo a sapeire che noi hauemo deliberato de satisfare a li procuratori de li dicli patroni per tuto quello tempo hano pasuto li dicti nostri soldati o parte de loro, usque ad diem quartam del meze presente exclusiue. Poteti aduncha intendere che ipsa die quarta de questo meze e incomensato lo tempo de li trei meixi. per li quali corno hauemo dicto di sopra, se e pagato li scoti a li patroni de luti li nostri soldati. Et per ciò che li dicti patroni non sono obligati pascere alchuni pochi, a li quali noi hauemo pagati li scoti per trei meixi. vi mandiamo in queste lettere inclusi li nomi de tuti quelloro a li quali per li dicti scoti habiamo satisfacto ut supra. acio che inteizo ogni cosa meglio possiati solidare tute le raxone. Data die xv februarij. DOCUMENTO CX. Permettono ad Angravallo di Napoli, capitano di cavalleria del duca di Milano, signore di Genova, di fare ricerca sulle due navi Voltaggia e Leona, ferme in porlo, di un suo servo che lo avea derubato. 1455 15 febbraio (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 82 v.) Protectores etc. Spedato et prestanti viro thome de domoculta consuli caphe et capitaneo nauium. dilectissimo nostro. ( 291 ) DOCUMENTI Dolata nobis est quercia, dilectissime noster, nomine strenui viri anDraual i cl neapoli unius ex ductoribus equiluin illustrissimi domini ducis mediolani. quod cum quidam famulus ejusdem angraualli superioribus diebus cum non exigua pecuniarum summa aufugerit, creditur in altera illarum nauium se recepisse, cumque nomen ipsius fugitiui perquireremus, responsum nobis est hujusmodi homines facile posse nomina permutare, sed ipsuin angrauallum statuisse: impetrata prius a nobis licentia, proprijs oculis perlustrare, si idem famulus suus fugitiuus in utrauis ipsarum nauium inueniri possit. Nos igitur cupientes semper ut juslitie locus sit. volumus ac vobis jubemus ut libere permittatis eundem angrauallum cum uno socio, siue alium pro eo. naues conscendere et inquirere au ipse fugitiuus in ipsis nauibus inueniri possit, et si ipse fugi-liuus inuentus fuerit, dicto angrauullo justitiam contra eum ministretis, prout cognoueritis houori nostro et perfidie hominis conucuirc. Data die xv februarij. DOCUMENTO CXI. * Commendatìzia ai Principi in favore del corriere Antonio Roggero alla volta di Caffa datu dai Protettori. fioo 27 febbraio ( Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457 ) (fol. 82 ?.) Protectores comperarum sancti georgij comunis janue etc. Cum inipresentiarum ad ciuitatem nostram caphe remittamus virum pro-uidum antonium rogerium caphensem. dileclum nostrum, qui superioribus mensibus inde ad nos transmissus fuerat, harum litterarum auctoritate rogamus serenissimos reges, illustrissimos duces, excelsos et magnificos principes, mar-chioues. ductores equitum ac peditum, polestales. vicarios, castellanos et quoscumque alios rectores urbium ac terrarum sub quouis dignitatis titulo magi-straiuin gerentes, quibus he littere nostre fuerint exhibite, ut prenominatum antonium rogerium accipiant nostri contemplatione peculiarius comendatum. ipsique antonio aut comitibus seu famulis suis duobus aut pluribus, equisque et suppelectilibus. pecunijs ac bonis eorum patiantur ullam inferri molestiam vel impedimentum, quin potius si petierint, preberi eis benigne jubeant duces itinerum, fidos comiles. aliaque omnia humanitatis officia que veris amicis negari non solent. Quod profecto accipiemus loco singularis beneficij. parati vices reddere eliam accumulatiore mensura. Valituris presentibus litteris menses sex proximos. Data janue mcccclv dic xxvu februarij. ANNO 1455 ( 292 ) DOCUMENTO CXII. Patente di console di Trebisonda data ad Antonio Roggero predetto. 1455 1. marzo (Diuersor. negot. olT. s. Georg, onn. 1Ì53-1457) (fol. 33) Protectores etc. Spectato et prestantibus viris thome de domoculta consali, massarijs et prouisoribus. antianis et officio monete ciuitatis caffè, et januen- sibus ac beneficio januensium gaudentibus in trapezundis. dilectis nostris, salutem. Quoniam, sicut est consuetudinis nostre beneficos esse ct gratos erga bene-meritos et laborantes pro nobis et nostra republica. ut sentiant benemerita et labores suos eis proficere, ardeantque feruontius se exercere in negotijs nostris et omnibus laboribus et periculis se exponere, elegimus iu consulem et pro consule januensi in trapezuudis. et cum jure eligendi scribam prudentem et fidelem nostrum januensem. antonium de rogerio in retributionem laborum suorum quos pertulit terrestri itinere a calla huc. et patietur redeundo similiter terrestri itinere caffam. et hoc pro anno uno incepturo visis presentibus. in casu quo per vos consulem massarios et prouisores non fuerit alicui collatum officium ipsum, et casu quo fuisset collatum, pro anno sequenti incepturo statim finito uno anno collationis per vos consulem el massarios facte, et pluri et pauciori tempore etc. cum salario . . . balia potestate et arbitrio honoribus utilitatibus et obuentionibus solitis et debite consuetis, et prout pre-cessores sui in dicto consulatus officio habuerunt et perceperunt: Mandamus omnibus vobis suprascriptis quatenus si collatum non fuit dictum consulatus officium per vos consulem et massarios. statim visis presentibus. et casu quo fuisset collatum, inde immediate statim finito anno illius cui fuisset collatum, eundem antonium in consulem et pro consule ut supra et cum jure electionis scribe sui. habeatis recipiatis etc. respondentes et responderi sibi, congruis temporibus, de debitis sibi salario et obuentionibus facientes. Approbantes ex nunc etc. Iniungentes insuper vobis consuli et massarijs quatenus ab eodem antonio exigatis pro stalijs omnibus dictorum officiorum libras quadraginta quinque, solidos duodecim et denarios sex januinorum iu anno, quas nobis mittere debeatis, ut de alijs aliorum officialium vobis commissum est Registrata etc. Data janue dic prima marlij mcccclv. DOCUMENTI DOCUMENTO CXIII. Battista Castcllazzo ciotto castellano della torro di s. Costantino di CalTa , promette di beno csercilare l’officio, e presta cauzione di 800 fiorini. 4455 3 marzo (Filza di Gaffa, n. 58) Eguale affatto al consimile atto dei 15 gennaio 1455, sotto il documento LXX1V. DOCUMENTO CXIV. Nota di pagamenti fatti a più officiali militari e governativi, mandati sullo due navi a Cada. 1455 12 e 13 marzo (Litterar. off. s. Georg, aun. 1454-1457) (fol. 8i v.) Protectores etc. Spedato et prestanti viro thome de domoculta consuli caphe. dilectissimo nostro, salutem. Dilectissime noster. Quemadmodum alijs litteris nostris vobis significauimus. satisfecimus patronis illarum duarum nauium. siue procuratoribus eorum pro alimentis mensium trium omnium stipendiatorum nostrorum, qui menses tres initium habuerunt die mi februarij superioris, et pari modo integram illis satisfactionem fecimus pro omnibus alimentis ipsis nobis stipendiatis prestitis usque in ipsam diem quartam februarij. Et ut omnem rem istam planius intelligatis. ex monstris in ipsis nauibus factis, exque aduisationibus per vos et antonium lercarium nobis datis, intelleximus conscendisse nauem jacobi de leone ducentos quadraginta duos ex stipendialis nostris, et preter eos multos ex hijs quibus alimenta persoluimus et quorum nomina vobis ante discessum vestrum transmisimus. Nauem autem marlini de vultabio conscendisse ex ipsis stipendialis ducentos quadraginta ct quatuor. et ultra aliquot pauculos ex illis quibus pro alimentis satisfactum est. Nos itaque creditores fecimus brancham de oliua pro alimentis stipendiatorum ducentorum quadraginta et duorum, et martinum de vultabio pro alimentis stipendiatorum ducentorum quadraginta cl quatuor. quot cognouimus ANNO I455 ( 294 ) naues eorum ut supra conscendisse. Erit igitur diligentia vestre intelligere si patroni ipsi tot ex ipsis stipendiatis aluerint, pro quot illis satisfactum est. ut possitis cum deo bene juuante capham perueneritis. eorum rationes solidare secundum formam instrumentorum inter nos et ipsos confectorum, quorum exempla vobis ante discessum vestrum tradita sunt. 11 eterea ut pu inueutaria et alias nostras vobis significauimus. reponi fecimus in naui d iii m,i!tini pro munitione in summa biscoti cantaria lxxxxvi. ro-xxxiii. \eguts \ini quatuordecim siue metretas lxx. et metretas vigintiquinque aceti. Item in naui jacobi de leone biscoti cantaria cxxxxi. ro-lxx. ac ugetts uouem vini siue metretas xxxxv. Que omnia vobis inte0ii. iLbtituenda eiunt si naues fauente deo peruenerint capham ante finem menJum (riunì. Si u>io in itinere consumerent ultra ipsos menses tres, et iiece..Jtas coegisset ut he munitiones in alimentis stipendiatorum consumpte uissent. eo casu de eis patroni faciendi essent creditores, et vos illis nostro nomine satisfacere deberitis pro toto eo tempore quo ultra menses tres stipendialis nostris alimenta presti t issent. \ciuiii quoniam in inuentario munitionum repositarum in naui vultabia inueninius annotatam luisse partitam unam cantariorum lx. rotolorum vim biscoti. qiio in naui jacobi de Jeone onerata fuerunt, et in inuentario nauis ejusdem jacobi perscripta sunt, inlelligimus partitam ipsam errore in inuentario ipsius nauis vuliabie positam fuisse. Lutei um quemadmodum arbitramur vobis notum esse, persoluimus magistro artholomeo de reliliario pro domino lansaroto de becharia vicario vestro juieus centum latos, quos nisi idem dominus lansarotus nobis inlra kalendas nouembris proximi restitui curauerit. contentus fuit retineantur in capha nomine noalio ex salario suo summi quadraginta et quatuor caphe. Propter quod oneramus vos ut salaria ejusdem domini lansaroti nostro nomine suspensa letineii faciatis, donec nobis fuerit satisfactum. Que satisfactio nostra nisi ante kalendas nouembris proximi nobis facta fuerit, tunc ex salarijs ejusdem domini lansaroti vobis persolui facietis nostro nomine summos quadraginta et quatuor. quot ex pactis inter nos et dictum dominum lansarotum initis, eo casu nobis solui debebunt. Spectato damiano de leone solute fuerunt ante discessum suum libro qua-dringente quadraginta quatuor. ex qua summa sibi dati sunt aurei centum pro omnibus expensis suis et duorum famulorum usquequo in capham per-ueneiit. relique pro expensis johannis picinini. jacobi orgusij et unius famuli, et de his rationem reddere debebit. Giegoiio de sorba mutuari fecimus libras quinquaginta el unam ac soldos ( 295 ) DOCUMENTI quatuordccim. compuiaiis aureis duobus sibi muluatis in roma per magistrum dcodatum boconum. Antonio rogerio mutuauimus aureos quinquaginta latos, ut haberet unde supleret expensis suis redeundi. Has pecunias mutuatas dictis gregorio de sorba et antonio rogerio vobis nostro nomine restitui curate vel ab ipsis gregorio ct antonio vel ex pecunijs massarie: si intellexeritis massariam illam obligatam esse pro hijs impensis prenominatis gregorio et antonio. Valentino bondenario mutuauimus. ultra stipendium mensium quatuor. libras vigintiquinque. et gregorio sophie libras viginti duas. Propter quod ipsas summas ab eis retinere debebitis ex stipendijs duorum mensium que in capha per-soluenda sunt. Angelino galleto. qui nominatur johannes picininus. mutuauimus libras centum octogiuta duas et soldos octo, computatis pecunijs sibi mutuatis ante discessum, et etiam pecunijs solutis georgio de scalia socio suo. qui naues conscendit, et jacobo celexolle furnario pro ipso angelino. Eidem promisse fuerunt libre quadraginta singulo mense pro se et duobus famulis. Propter quod animaduerlendum vobis erit, ut omnes dicte pecunie retineantur ex stipendijs ipsius angelini. tanloque tempore seruiat. pro quanto sibi ac suis ut supra satisfactum est. Data die xu martij. Segue la coscritta: Si deo fauente naues capham peruenerint ante finem mensium trium a die mi februarij superioris proxime computandorum, patroni ipsarum nauium obligati sunt. ut per instrumentum cum eis confectum latius intelligetis. pro loto eo tempore quod deesset complemento mensium trium, alimenta stipendiatorum eis soluta restituere, vel saltem tantam quantitatem victualium vobis tradere, quantam judicio vestro stipendiati nostri consumpsissent, si in nauibus eorum usque in finem mensium trium enutriti fuissent. Propter quod et iu hoc et iu alijs rebus summam diligentiam haberi curate, et deinde super hoc et iu alijs negotijs nobis ordine rescribite. Segue di nuovo: Die XIII martij. Prenominato antonio rogerio ultra aureos quinquaginta superius declaratos, mutuauimus postea aureos decem. Propter quod, ut diximus, vel ah eo vel a massaria si intellexeritis massariam obligatam esse, restitui vobis curate aureos sexaginta. et pari modo restitutionem vobis nostro nomine fieri facite de libris quinquaginta una et soldis duobus per nos solutis jacobo marruffo orgusio superioribus mensibus ad vos transmisso. Et etiam restitui vobis facite omnem quantitatem pecunie quam spectatus damianus de leone vel ipsi jacobo mu- ANNO 1455 ( 290 ) tuauerit. vel pro eo expenderit in itinere, quia equum est ut dicte summo vel ab ipsis quibus mutuate suut. vel a massaria. si illis obligata fuerit, integre nobis restituantur. documento cxv. I Pi otettori di s. Giorgio nntifì/>or*^ armeni residenti in Caffa n VCSC0V1 cd aIIe comunità dei grcci cd guisa la condizione di quellHoLiia™ Ìntendiment0 di miffliorare in °«ni 1455 43 marzo ( Filza di CafTa, n. 59 ) mino episcono ^ ^tuerendo in christo patri, et dilectissimis nostris, do-mmo episcopo, et uniuersitati ermenorum caphe. potente nntP /3alCr' Ct. ^'*ect‘ss'mi. Como speremo in la gratia de dio omni-et mn i ' 3 reCeptlone de ,e presente hauereti veduto le prouisione nostre, de miplla ’f1110 aniDlal‘ Per ^ salute et defensione vostra et amplificatione lo che te' Perche non se faticheremo più a daruelo ad intendere. Per cnsp Ho h mntl 3 d'U*fla §rat*a- continue vedereti adrisare et crescere le diante 1 H' ^ me°'!0' ^ot‘^caildoui che tuti li nostri pensamenti sono, me-Per -1 T aUX^°‘ de ^are c^e sia quella nobilissima cita solita calfa. • e stati e bono animo et non vi incresca da la parte vostra fare conio a T!°Vl 3 ^ non *ncresce m lo spendere ni la faticha per la 3 ..6 mct0- ^ Quale e per soprauenire. deo gratias. Data janue die xiii martij 1435 (sic). Segue la nota inserita dal cancelliere: ter domino episcopo et uniuersitati grecorum capile. — E di nuovo: es un prestantibus burgensihus caffè. DOCUMENTO CXVÌ. Fanno lo stesso al console e abitanti di Samastio. U55 14 marzo ( Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457 ) (fol. 90) Protectores etc. Egregio et prudentibus viris, consuli, consilio ct uniu samastri. dilectis nostris. . ^ Dilecti nostri. Speriamo cum lo adjutorio de dio molto tempo auai t ( m ) DOCUMENTI riceuiati queste lettere, hauereti veduto ultra le doe naue mandate da sio. quanti homini arme ct munitione hauemo mandato in le altre doe naue per conseruatione de capha et vostra et de tate le altre terre nostre de lo mare majoro. In le quale prouisione non habiamo uzato scarsità, per ciò che noi et tuti li citadini hauemo tale dispositione circa la salute et conseruatione de capha et vostra, che nunquam recuseremo de fare ogni speza et prouisione possibile. A lo capitanio delle doe naue da noi mandate hauemo commisso che de li soldati et arme lassie in quello loco quella parte ghe parira sufficiente. et se non potesc in camino accostasse a voi. ve le mande statim possia che sera in capha. Resta aduncha che possia che vedeti che cum lo adjutorio de dio se pro-uede sufficienter a la salute vostra, voi primum ringratiati la diuina proui-denza. et deiude da parte vostra animosamenti vi defendiati. percioche presto se confidiamo che lo omnipotente dio ve libererà di questi alTani e periculi. Presertim che habiamo certe nouelle che lo illustrissimo ducha de burgundia et molti altri segnori de lo ponente fano grandissimi apparegij per confundere li inimici de la cruce de lo redemptore nostro. Confortateui aduncha che infra podio tempo sentireti quanta utilità et cresciinento hauera preizo quello loco et tati li altri de lo rezimento nostro, soto lo quale ogni cita et terra nostra ha justitia et pace. Data die xim martij. DOCUMENTO CXVII. I quattro Signori di Scio informano i Protettori dell’arrivo a Caffa delle navi coi due Commissarii, dell’esito dell’ambasciata caffese al Turco, e delle costui imprese nell’Arcipelago e nell’isola stessa di Scio. U55 18 marzo, 18 luglio c 13 agosto (Filza di Calfa, n. 40 (*)) (Extra) Maguificis et prestantibus viris, dominis protectoribus comperarum sancti georgij. excelsi comunis janue. nobis honorandissimis. (’) Nella filza di Caffa questo documento ò duplicato : uno originale col suo sigillo in cera rossa, e 1’ altro che in testa ha scrìtto : copia. Amendue sono firmati di mano propria dei quattro cittadini e di Giovanni Antonio loro scrivano o cancelliere. I/originale varia dalla copia in più luoghi, non mai però nel senso. Ha ciononostante un periodo su Caffa di più, quello cioè dell’arrivo colà delle navi Voltaggia e Leona. Ma sbaglia ia ciò che avanti la prima po- anno 1455 ( m ) Magnifici et prestantes domini, nobis honorandissimi. Litteris vestris datis ex janua die vicesima quarta superioris octobris (') nobis directis, intel eximus dominationes vestras curam nobis tribuisse circa prouisionem locorum no sirorum orientis, et potissime ciuitatis nostre caffè, ceterumque locoium pon tici maris, quam zelo reipublice nostre non inuite suscepimus, referentes domina tionibus vestris gratias quas valemus quod prerogatiuam talem nobis tiibuerint. cui et si minus idonei nobis ipsis videamur, voluimus tamen dominationum vestrarum libito satisfacere. Admonuistis quoque nos per easdem ut i emitte remus nobilem lucanum spinolam ad magestatem domini regis turchorum. cui etiam lucano litteras direxistis cum patentibus vestris, iu quibus continctui potestas et balia ipsi lucano per illustrem dominationem vestram attiibula possendi fedus et pacem inire cum prefata regia magestate. loco cujus justa interueniente occasione, committitis alium quempiam idoneum supponamus, qui similiter eam ipsam potestatem habeat et baliam possendi cum ipso reDe fedus inire. Qui lucanus languidus ad ipsum regem accedere recusa uit. ejusque excusationem faciliter admisimus, cernentes ipsum totaliter tmP° tentem. Intelleximus preterea ex caffa ad ipsum regem legatos accessisse antonium de pinu et baptistam de aiegro, ut cum eodem compositionem suscipiant. Ex quo accidit ut incerti redderemur utile ne foret ad re0cm oratorem transmittere juxta commissionem vestram vel ne. Dubitabamu namijue ne per oratores caffè conclusio aliqua et compositio facte fuisse per quas legatio nostra superuaeua videretur. Ea propter visis et lectis p fatis litteris vestris, ad ipsos oratores in andrianopoli nuncium tiansmis " eosque enixe et quoad potuimus litteris nostris fuimus adhortati ut omni cum rege pacem conficiant, et eum cito prestolamur per quem eertific^'^^ quicquid cum ipso rege confecerint. Qui cum ad nos appulerit, utili et )0i reipublice pro posse consulemus, habemusque virum idoneum quem, si optabit, ad ipsum regem transmittemus. . / Ktj CllC sciitta: Suscepimus litteras etc. ommette la data di Scio 18 marzo * > erroneamente trasporta avanti la seconda: Post missam vobis. Lo stesso poi manca della terza poscritta sotto il dì 1 3 agosto, da Originale suprascriptai u^ sino alla fine del documento. Risulta chiaro adunque clic i quattri nobili SC1°^ mandarono primamente a Genova l’originale, e poi in seguito la copia aggiunta del 13 agosto susseguente. (’) Vedi sopra il documento XXXVIII. Esso poi nel nostro codice ha realmente la data dei 23 ottobre, e non dei 24, come asseriscono qui i maonesi di Scio. ( 299 ) DOCUMENTI Ceterum circa negotium nauium nil nobis contigit innouari. cum ante receptionem litterarum vestrarum hinc recessissent, non tamen bis cum hominibus (juibus pro tutela locorum pontici maris sibi opus fuisset, sed solum cum viris centum incirca ultra turmas, quod minimum est presidium. et potissime hac tempestate. Ipse enim turchorum rex talis est ut nullatenus ei fidem valeamus adbibere, jusjurandum et federa non obseruans. Ex quo accidit res nostras magna moderatione et vigilantia debere gubernari. Admoniti namque ex andrianopoli et gai i pol i fuimus ipsum regem classem parari j ussisse, varie diuerseque sunt opiniones quo cursum deflectat. Sunt qui existimant eam ad locum hunc accedere, nonnulli rliodum appetere, complures etiam in ponticum mare nauigare. Salubre igitur nobis consilium videtur omni via secum pacem habere et cum ipso pacifice viuere. et id ultra peruigiles continue permanere, nec audacie et temeritati ipsius fidem ullam adhibere. Superioribus diebus per litteras habitas versus venelias certiorati fuimus dominationes vestras naues duas armare cum hominibus quingentis pro tutela et defensione locorum nostrorum pontici maris, quod immense nobis complacuit. potissime nescientes quo turchorum classis sit nauigatura. Opinamur enim si naues ipse caffam accesserint his cum hominibus, opinionem ab eo. si quam haberet, remouet possendi deinceps quicquam aduersus ipsam ciuitatem moliri. Idcirco hortamur ad ipsas armandas nullatenus desistatis, ut Si quid interea contingeret, cernerent nostri vestro ab latere non derelinqui. Quicquid autem nostra ex parte possibile fuerit non pretermittemus. quin summa diligentia ac studio adimpleatur. Ue rebus aulem famaguste si quid in dies opus fuerit, vigilantes prouide-bimus. Committitis eliam ut omnes pecuniarum quantitates, quas pro locis predictis nobis expendere contigerit, vobis soluere transmittamus, et sic faciemus, incombemus continue utili vestro, nec superuacue quicquam expendemus. Ex chio die xvm martij mcccclv. Segue la prima poscritta. Suscepimus postea litteras ab oratoribus caffè quibus certiorati fuimus cum prefato rege pacem inijsse. dando eidem tributi nomine annuatim ducatos tria milia venetos, cum conditionibus quas nouimus dominationes vestras non ignorare, grauemque habuimus tam fede pacis conditionem, ut ab ipsa sama-strum excluserint, quod et dominationibus vestris giaue fore non dubitamus. Et quia ad nos scripserunt cam pacem inijsse habitis litteris nostris, salua eorum pace, nostre nunquam luit opinionis ut samastrum nec locum quempiam pontici maris a pace excluderent. Conclusio exhortationis nostre fuerat ANNO 1455 C 300 ) ut pacem omnino cum rege conficerent, non tamen intelligcrc debebant illud omnimodo samastrum aut quemuis alium locum a pace remoucre. Scribimus hec libenter ne dominationes vestre cogitarent occasione nostra samastrum a pace exclusum fuisse. Parati ad omnia decus vestrum concernentia. Segue la seconda poscritta. Post missam vobis diuersimode suprascriplarum copiam admoniti fuimus naues nostras calfam saluas applicuisse, ex quibus solamen non paruum quidem loca nosti a susceperunt, prouideruntque loco samastri ut minime impresen-tiarum valeat formidare. Postea aduersum nos deflexit cursum turchorum classis, biremes videlicet centum octoginta, in quibus erant triremes decem, que in canali nostro moram tiaxere a vicesima nona die maij usque ad primam junij superioris, villasque et templa complura igne cremauerunt. captis eliam quiricho et paulo justi-nianis sub spe colloqui], fide etiam classis prefecto prius prestita. Hinc postea soluentes. ad insulam lango nauigarunt. quam non amplius lango sed lan-Buidam possumus appellare. Ipsam enim funditus euerserunt. etsi fortilitia mediteiranea capere non potuerint. Mox ad nos redientes. cum his conue-nimus pio ducatorum viginti millibus aut circa, quos e vestigio potius quam pejora perpeti persoluimus. minimeque dubitamus prefatum regem annuam classem pi eparare, nisi forte ex occidenti aut italis distufbetur. et tandem omnia obtenturum fore. Difficillimum enim esset ciuitalibus nostris, auxilij spe destitutis, ipsius violentie diutius posse resistere. Hec libenter ad vos scripsimus, ne sub spe ficte pacis dominationes vestre ■ dormitarentur. Ea enim pax tantum duratura est quantum infido regi libuerit, ex libito enim voluntatis sue legem facit, nec veretur jusjur andum infringere. Totam enim, aut fere, seruiam ejus imperio subjugauit. resque mediterranee sibi prosperiores in dies succedunt, quod erit causa elationis ipsius. Domitis namque mediterraneis regionibus, metuque ipsarum totaliter abiecto. descendet ad maria, pontumque et egeopelagum faciliter obtinebit, licet mediocris potestas aut classis non maxima, ipsum facilime debellaret. Piudes enim maritimarum rerum ac parum docti, fauore potius quodam populis metu perculsis quam vera virtute, victoriam adipiscuntur. Ex famagusta nil noui habuimug. solum admoniti fuimus nauem saluaigam eo cum capitaneo saluam applicuisse. Superioribus diebus copiam vestrarum quas supra memorauimus. per jjiannem eixnum (sic) accepimus, antiquas quidem, octo enim aut plus eo nenscb consumpsit in itinere. Parati denuo. Ex chio die xvm julij mcccclv. Segue la poscritta terza. DOCUMENTI Originale suprascriplarum ultimato via vcnetiarum ad vos transmisimus, nullas postea ex vestris redditum fuit. Fuerunt postea hic littore ex caffa. nec ab officialibus ullam accepimus. Admoniti tamen fuimus per litteras mercatorum nostrorum, res maris pontici in statu satis competenti gubernari, naues etiam inde soluturas infra kalendas augusti presentis. easque dietim attendimus. Litteras habuit jacobus justinianus a magnifico capitaneo famaguste. per quas admonitus fuit balisterium loci ejusdem mortem nuper obijsse. rogauit-que ut aliquem ejusdem artis peritum illuc transmitteremus, quem difficiliter hic inueuiemus. Eapropter cum p . . . . dominationes veslre sibi prouideant. cum maxime sibi sit opus: Possumus dietim reddi certiores, estate seculura turchorum rectem classem de nouo preparare, quam triremes quadr aginta ex nostris totam conquassarent, eosque ex italia extrahi posse faciliter opinamur. Animaduertant igitur dominationes vestre casus et pericula in quibus versamur, a quibus absque suffragio impossibile est nos posse reuelli. Nec dubitamus si dominationes veslre voluerint manus nobis adjutrices porrigere, uti spgramus. omnem conatum maritimum turchorum in irritum cadere. Non patiamini igitur ob paruam occasionem in manibus inimicorum res nostras prelabi, que si aduerso casu periclitarent. quod absit, non ignorant dominationes vestre quantis in erumnis et difficultatibus respublica nostra versaretur. Habemus pontificem summum cujus bonam voluntatem ad subsidium orientis, per litteras et... . intelleximus. Sunt et plures iu italia principes ct ciuitates que ad tam pium opus et laudabile ac uuiuerse christianitati necessarium, fauorem porrigerent libentissime. habebunt . . . dominationes vestre prefalum pontificem precibus amplecti et exorare velit ad hoc se fauorabilem prebere. Data ut supra, dic xiii augusti MCCCCLV. tj Quiricus justinianus (') Halfael cataneus Petrus lomellinus et Jacobus justinianus q. jac. Johannes antonius. (]) II Quirico Giustiniani che sottoscrive qui eoi tre altri consignori di Scio, non dovrebbe essere l’omonimo citato nella seconda poscritta del documento presente, perchè lo vedo segnare di suo pugno la postilla del 13 agosto nella copia. Ma forse nel frattempo dal giugno all’agosto, e dopo il tributo pagalo dai Sciolti a Maometto, egli fu liberato dalla schiavitù in cui cadde col Paolo. ( m ) DOCUMENTO CXVIII. AU» bolla di „0pa Nicoli v con cui invoca soccorso .lai sudditi della repub-« TTaBaril0” * “ ’!** l0''° C”nllna,U1- ,n “iut0 dl Cll(Iil ««Ir. i Turchi -l iSo 22 aprile (Annales cccclesiastici . . . auctorc Odorico Raynaldo ad ann. 1455, n. XXXII) episcopus seiuus seruorum dei. dilectis filiis protectoribus comperarum sancti georgij. ciuitatis januensis. salutem etc. um in desiderijs cordis nostri illa precipue versetur cogitatio, ut quantum ... D0 c°ns‘^° ^Itr‘ potest nefandissimis conatibus infidelium resistatur, ea ter or inamus et querimus que ad defensionem christifidelium et repres-ictorum infidelium spectare videntur. Cum fidedignorum relatu intel-ius inhumanissimos christiani nominis hostes -tureos et tartaros unanimi on„ensu deliberasse et statuisse preclaram urbem capham. aliaque loca orien-.... . oram'° januensi subdita de proximo inuadere et occupare ut fideles ex s partibus eradicent, vosque ad ciuitatum et locorum eorundem defen-^ onera terra marique prouisionem possibilem facere incepisse, in qua maximis 16QSIS °PUS est‘ ^os quantum possumus de thesauro christi jesu domini et a uatoris nostri vobis prouidere volentes, uniuersos et singulos nationis januensis -ub eodem dominio et protectione degentes utriusque sexus, etiam clericos ' jU are.> et regulares, tam in dicta ciuitate quam alibi ubicumque terrarum a itantes vel negotiantes, ac omnium et singularum ripariarum ciuitatum usu arum et locorum prefato dominio subditorum incolas et habitatores cujus-jue dignitatis status gradus ordinis conditionis et preheminentie existant. lai particularia obtineant dominia, eorumque subditos vasallos et feuda-nobiles ■siros marchiones comites dominos, ac omnes-et singulos ut I itur utiiusque sexus commendationi et protectioni januensium recommissos. non quoscumque lunensis terdonensis aquensis et astensis ciuitatum rumque diecesuum utriusque sexus ut prefertur: obsecramus in domino et P viscera misericordie dei nostri exhortamur atque requirimus, ut pro tum insularum et locorum supraJictorum defensione auxilio et fauoro P[ luuis \elint personaliter siue de bonis et facultatibus sibi a deo collatis arga mauu et libenti aoimo prouidere. recepturi a pijssimo deo nostro bo- ANNO 1455 anno 1455 ( 303 ) noram omnium remuneratore in presemi seculo abundantiam gratiarum et post finitum humane conditionis cursam gloriam felicitatis eterne (’).... Datum rome apud sanctam petram anuo incarnationis dominice mcccclv decimo kalendas maij pontificatus nostri anno primo. DOCUMENTO CXIX. Carlo Cicala console di Soldaia riferisce ai Protettori sullo slato della colonia stessa. 14o5 14 maggio (Filza di CafTa, n. 41) (Extra) Magnificis ac prestantibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. excelsi comunis janue. (Intus) Magnifici ac prestantes'domini. Versus caffam liuc accessi die vi presentis. et accepto regimine hortatus fui istos burgeuses parte vestrarum magnificentiarum. et persuadendo vobis fore maximam curam et de ciuitate ista ac de alijs vestris locis existentibus in hoc mare. Quod quidem bene intelligere monstrarunt visis prouisionibus per vos factis, pro quibus expeudidistis maximas pecuniarum summas, primo in naue de auria et lomellina. sccundo iu in illis paridis de mari et baptiste de auria. et postremo in istis nostris duabus vultabij et de leone, cum quibas conduxistis tantain notabilem comitiuam. tantasque muuitiones bellicas, ita quod omnes iste potentie a tam longinquis partibus transmississe pernotabiles fuissent romanorum tempore, quarum aduentu ab imminenti periculo domini theucrorum liberati sunt. Preterea ipsis sum persuasus vobis valde cure esse quod rectores vestri aliter regant quam factum sit retroactis temporibus, fnsuper cos hortando ut sicut sub nouo ct bono gubernio deuenerunl. sic et ipsi studeant esse meliores ut gratiam vestram iu dies magis adipiscantur etc. Et sub hijs conclusionibus eos adeo hortatus sum. ut judicio meo nil minus quam debeatis consolati remaneatis. (1) Neppure questa seconda bolla pontificia il Rainaldi la dà per intiero, ma solo accenna il rimanente colle parole: Proposuit amplissima indulgentiannn premia ijs qui stìpem in belli sacri sumptus conferrent. ( 304 ) documenti Deinde iutelligere volui statum loci, et primo reuidere feci hec duo castra que valde male munita reperui. sicut ex eorum inuentario quod cum ista alligabo iutelligere poteritis. Postea vidi .... existentia iu una turri murorum ciuitatis que in parte deuaslata sunt, alia vero existentia in turri muri siuistri melius couditionata extant. tamen mundari aliqualiter egent. Etiam vidi turrim ox illis murorum ciuitatis cum parte muri quasi parmos xxx ad ruinam properantes. De quibus omnibus magnificum dominum consulem et prestantes dominos prouisores aduisaui. requirendo ut data paga stipen-diarijs conductis iu nostris duabus nauibus. xx ex eis huc mittant ad faciendum nocturnas excubias, quia sic et consuetum et necessarium est. Veniet credo de proximo spectatus damianus de leone ad visitandum locum istum: et una secum ad alia predicta prouidemus. De nauigatione nostra nil dicam, quia forte ante ista litteris aliorum erunt vestre magnificentie aduisate. aut non saltem defficiet quod per litteras magnifici domini consulis et spectabilis domini antonij lercarij. qui tunc ipsis nauibus preerant. distincte vobis notificabitur. Qui dominus antonius adeo peruigil luit ad obseruandas comissiones et mandata vestra, ut postpositis multis periculis circa possibilia minime defuerit. Preterea quantum reuerenter ac amorose se habuerit erga prefatum magnificum dominum consulem tunc capitaneum. ego qui die noctuque cum eo fui vestris magnificentijs certificare possum et debeo. De statu caffè et qualiter se habeant isti (domini imperatores? ) trapezundarum et tartarorum a prefato magnifico domino consule ac prouisoribus. necnon a spectatis dominis simone grillo et marco de cassina. non dubito % obis scribatur quantum opus sit. quare necesse non est per me aliud dicere... Habent ipsi domini et potentiam et multam discretionem ad bene dirigendum omnia. Ego vero hijs proximis diebus aliquas litteras scripsi duobus ex fdijs q. alexij nobis vicinis pro aliquibus eorum subditis non se bene habentibus cum hominibus istius loci, eos hortando ut illos corrigant et quod de cetero velint pacifice viuere. ad quod me semper bene dispositum inuenient. cum sic a magnificentijs vestris habeam in mandatis, si vero secus facient necesse esset de remedio cogitare, que littere ut sensi fructum feccrunt. Et sic dietim deo dante conabor suplere multis male gestis per tempora retroacta, ut intelligatur rectores vestri siudere et operam dare quod juslitie locus sit. Restat ut me fidelem seruitorem vestrum commendatum suscipiatis, deprecando ut considerare placeat pericula et impensas pro longo nostro viagio perpessa, atque taliter prouidere velitis ne cum ammissione temporis et absque DOCUMENTI beneficio aduentus meus ad tam longinquas partes existat. et altissimus eas prolibalas magnificentias vestras fclicitor conseruare. Ex soldaja die xim madij MCCCCLV. Vester carolus cigala soldaje consul cum humili recommendatione. Segue la poscritto,: Sigillata die ultima maij. Impediens aliud inouatum non est. Credo quod recesso nuncio isto veniet huc unus ex dominis prouisoribus. cum quo pro-uidebitur sicut predixi. Etiam teneo secum conducet viginti de quibus continuo eos solicito. cum hijs huc opus sit pro nocturnis excubijs. De nouitatibus occursis apud hunc imperatorem tartarorum qui nuper legatum suum calTam misit, erunt magnificentie vestre ordinate aduisate a magnifico domino consule, et gubernando bene rem. sicut sum certus facient, poterunt forte ipsum dominum conducere quo non credit. Utinam sic nos deus vellet consolari de pluuia in hac tanta siccitate, pro quo dubitatur ne semina hujus anni in contratibus istis pro majori parte non amittantur, de quo isti populi sunt in magno inuagimento. el jam aliqui pauci et pauperes laboratores pro non reperire exercixium iuerunt ad viam mo-castri. ut melius eorum vitam per aliquos menses ducere possint Sed durante hac siccitate dubium foret ne alij eos imitentur, de quo sum cum magna melanconia. Ego iu jure reddendo pauperes comportare facio, hortor omnes quam melius scio, prouideat dominus. DOCUMENTO CXX. Lettera dei Protettori al marchese Giovanni di Monferrato sulle decime e largizioni raccolte nei suoi Stati per soccorrere Caffa , in virtù della bolla di papa Calisto III. I i5o 29 maggio (’) (Litterar. off. s. Georg, ann. 1-454-14:57) (fol. "293 v.) (Extra) Illustri et excelso principi et domino, domino johanni marchioni montisfer-rati etc. (Intus) Retulit nobis, illustris et excelse princeps et domine, reuerendus sacre (*) Tardi mi sono avvisto che la presente data è sbagliata, a vece del 29 maggio 1456. Il nostro precedente racconto non ne sofTre però alcun danno, fuor quello dell’ anticipazione di un anno del fatto ivi narrato a pag. 227. ANNO 1455 tlieologie professor, dominus frater liieronymus de niontcnigro. superioribus diebus a conspectu celsitudinis vestre ad nos regressus, multa de singulari beniuolentia sublimitatis vestre erga uos et lume renipublicam. quamque se recte affectam ostendat excellentia vestra in his que conseruationem terrarum nostrarum orientalium respiciunt. Propter quod etsi jam dudum perspectam habebamus antiquam amicitiam et sincerum affectum celsitudinis vestre erga nos. juuit tamen hec ipsa ex relatibus prenominati domini magistri hieronymi eliam cognouisse. Agimus itaquo habemusque benignitati vestre ingentes gratias. rogantes excellentiam vestram ut sibi persuadeat nos et omnes hujus urbis primarios ciues pari modo erga sublimitatem vestram affectos esse, quemadmodum etiam sempercumque occasio se offerat parati sumus ipsis operibus demonstrare. Verum quoniam excellentia vestra retardasse videtur liberationem decimarum et oblationum in jurisdictione sua collectarum et colligendarum, que nobis assignate sunt in defensionem caphe et aliarum terrarum orientalium conuertende. propter absentiam quorundam ex magnificis consiliarijs suis ad quorum jud:cium rem ipsam rejecisse dicilur. impresentiarum sanctissimus dominus noster nos hortatur et majorem in modum onerat omues ejusmodi pecunias colligere curemus, ut parate sint sempercumque necessitas suadebit, statuimus breue ejusdem sanctissimi domini nostri his annexum (’) celsitudini vestre miltere per spectatum legum doctorem dominum enricum stellam reipublice nostre legatum, orantes benignitatem vestram ut amotis dilationibus dictas omnes decimas et oblationes nobis ut supra assignatas ac in tam sanctum ac pium opus conuertendas liberari jubeat. Quod quamquam honorem domini nostri jhesu christi el innumerabilis multitudinis Christianorum salutem directe respicit, nos tamen id etiam accipiemus loco muneris et beneficij singularis. Super qua materia quoniam etiam instruximus, prenominatum dominum enricum. precamur excellentiam vestram habeat in re ipsa relatibus ejus indubitalem fidem ceu nobis ipsis, paratis semper cupidissime in omnia concernentia decus et amplitudinem celsitudinis vestre. Data die xxvim maij. Protectores. (’) II breve pontificio di cui parlano in questo luogo i Protettori da inviarsi al marchese Giovanni è evidentemente la bolla di papa Calisto III, surriferita sotto il documento CXVIII. Il marchesato di Monferrato, a quei tempi principato indipendente dai duchi di Savoia, comprendeva gran parte e forse tutta la diocesi d’Acqui e la stessa città; una delle quattro confinanti alla Liguria , nominate nel rescritto papale. ( 307 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CXXI. Relazione di Ambrogio Senarega circa la occupazione del castello di Lerici seguita per opera dei Mocastresi, e domanda di rappresaglia contro li stessi. ......maggio (’) ( Filza di CalTa, n. 42 ) Magnificentijs vestris supplicatur ac exponitur per ambrosium de senarega ciuem et cancellarium comunis janue. tanquam fratrem et conjunctam personam thome. hieronymi. gregorij et johannis de senarega fratrum suorum, quod cum prenominati fratres ipsius ambrosij in partibus ponti, quod mare majus vulgo dicitur, pacifice tenerent castrum quod illicis nuncupatur, acquisitum per eos a tartaris summis laboribus el maxima impensa reedificalum. iu quo quasi refugium omnium qui Christianam religionem in ea regione confitentur ipsi fratres constituerant, ut vexatis aul captis a tarlaris. qui eas partes incolunt, in eo loco et redemptionis et subsidiorum remedia plurima prestarentur. Euenit his superioribus annis (!) silicei de mense maij. cum nonnulli homines et incole mocastri parlium velachie a tartaris capti fuissent, et opera fratrum predictorum ipsius ambrosij. et de ipsorum pecunia pro tribus milibus quadringentis ducatis in mocastro currentibus redempti, atque ab eis humanissime in castro predicto recepti, donec dicla pecunia restituerelur. Nonnulli homines mocaslri. imo. ut vulgo creditur, comissione rectorum loci illius, quos jupanos vocant, ac seniorum, sub simulatione piscandi ad castrum predictum accesserunt. et machinatione habita dolisque compositis cum his velachis qui obsides intra castrum, donec pretium redemptionis sue rederetur morabanlur. cum ipsi qui sub pretextu piscatorio venerant illuc essent sexaginta. redempti vero .(’) Questo documento non lia data alcuna di mese o di anno, ed anzi fu scritto certamente alcun tempo dopo. Ma noi lo collochiamo nel maggio 1455, perchè in detto mese ed anno accadde il fatto che vi si narra del castello rubato ai Senarega. La unica copia poi inserita nella filza di Caffa, da cui Io desumiano, è molto errala e manca quasi sempre di senso : come puro tale è il tenore della lapide esistente nella chiesa di s. Giacomo di Carignano, che scolpita su larghissimo lastrone di marmo vi si legge ancora oggidì. (2) Anche la succitata lapide di s. Giacomo ha superioribus annis col si-licet de mense maij; panni un contrasenso che non oso attribuire ad Ambio-gio Senarega , versato abbastanza nelle lettere latine. anno '1455 ( 308 ) -------;--- intra castrum qualuordecim existentibus. gregorio et. . petro de senarega in easlro nil tale timentibus, ad illis potissime cum quibus sub optima pace excelsum comune janue et omnis januensium natio, seposita omni suspiciono viuebat. minusque ab illis quibus continuo ipsi fratres predicti beneficia comoda et reliqua quecumque suul humanitatis ollicia conferebant, et qui a tartaris pridie ipsorum fratrum pecunia redempti pie clementerque fuerant, a quibus nedum dolus timeri aut ea crudelitas que narrabitur non debuit, que omnem que inter homines unquam barbaros acta sit ferocitatem vincit, sed potius dignam pij officij remunerationem sperari ac reddi omnis ratio bene viuendi suadebat. Euenit ut post posita omni crestiani nominis religionisue memoria, omnibus beneficijs hospitalitate humanitatibusque supradictis obliuioni datis, dicli homines redempti ordine composito cum piscatoribus falsis ut ipsi intra castrum existentes custodias castri captato tempore interficerent, cum ipsum castrum si interior hostis abfuisset paucis custodibus indigeret, idque fecerunt, et necato custode turris signo dato, falsi piscatores ad portam castri cum auxilio eorum qui turrim occupauerant. armis collatis. paucis defensoribus, et intra castrum hostibus et alijs ab extra oppugnantibus non valentibus resistere, castrum ipsum cum pluribus mercibus in eo existentibus et omni supellectile sub hac proditoria fraude rapuerunt, et gregorium predictum resistentem quatuor-decim vulneribus confossum comprehenderunt, ac petrum predictum et quidquid ipsi fratres in eo castro habuerunt in predam dederunt. At ne cellaretur hanc rem omnem a jupanis et rectoribus mocastri senioribusque ejusdem loci cogitata, in eorum vim potestatemque castrum datum est. et gregorius ipse predictus mocastrum deductus est semiuiuus. ubi tamquam graue aliquod scelus comisisset in ludibrium ductus ac verberibus affectus, tandem turris fundo carceratus inclusus est. ubi triduo tentus fuil sine medicamine vulnerum, ita ut ab illo die in fetorem intolerabilem ea vulnera conuerterentur, inhumanissime jacuit, reliquo petro semper in carcere dicti castri et filia ejus una naturali in .... te posita, ea preda ipsos ambrosium et fratres ejus antedictos. .. nihil mentiatur decem milium ducatorum venetorum damno afficit, ita ut omnem ipsorum substantiam amiserint. Preterea et injurias et vulnera ac ludibria dolorum incrementa maxima, que eo grauiora videntur quo ab his illata sunt a quibus potius comoda expectanda erant. Hec cum ita sint, et eo tempore thomas alter ex fratribus apud mocastrum foret, a jupanis captus et carcere conclusus fuit, ut nil inhumanitatis obmit-teretur. quo paucula quedam pecunia ex pretio redemptorum predictorum ( 309 ) DOCUMENTI recepta ab eo extorqueretur. Qui tandem vix eorum manus euasit. nec petentibus restitutionem castri ac pecunie liactcnus aures jupanorum mocastri aperto luerunt, ita ut quodammodo se nil deliquisse mocastrenses existimare videantur. Exponitur etiam quod dictus gregorius per mocastrenses vinctus et vulne-ratus.ad illustrem dominum petrum vaiuodam ductus fuit, qui dominus petrus facta prius per ipsum gregorium fide de damnis suis, pietate et zelo justitie ipsum gregorium liberari fecit, et preter hoc patentes litteras ei concessit quibus consequi posset solutionem contra mocastrenses pro pretio et valore tantum bonorum suorum amissorum in dicto castro de ducalis quatuordecim milibus turchis. el quod ob id non intolligeretur comunitas janue habere bellum cum eo. prout lalyis in ipsis litteris coram magnificentijs vestris exhibitis continetur. Nam etiam ex ipsis litteris ipse illustris dominus petrus pollicitus fuit dictis fratribus castrum suum reslilui facere. Itaque cum ex inhumanitatibus que in ea re preler omnem hominum opinionem sine ullo dei timore, omni postposita humanitate, facte sunt, obmit-tantur plurima, ne longior fiat oratio, supplicatur antedicte dominationi ut tum justitie intuitu quam magnificentie vestre pro suis fidelissimis ciuibus ministrare consueuit et jure meritoque tenetur, tum ne tanta perfidia et si quid deterius crudelissima proditione dici potest, debita pena et prouisione careat. eidem ambrosio, nominibus quibus supra, reprehensalias concedere contra homines et bona mocastri ac subditos ipsorum pro ea summa pecunie de qua ab ipsis damnificati ac predali fuerunt, ac etiam impensis et interesse, vel dictis fratribus licentiam concedere, ut ipsi sumptibus suis bellum facere possint dictis hominibus de mocastro. Segue d’altra mano, cioè del cancelliere di s. Giorgio. * MCCCC ...(') die XIIII martij. Scriptum est expedienter. ut in manuali litterarum continetur, et cum litteris missa copia hujus supplicationis illustri domino petro vayuode domino velachie inferioris, et magnifico ac spectabilibus dominis jupano et senioribus albicastri. (*) La lapide marmorea di s. Giacomo in Carignano sopra mentovata mette chiaro qui il millesimo MCCCCLVIII. Lo tengo probabile, ma non certo, essendo come già dissi, molto errata aneli’essa. 11 manuale poi o registro delle lettere del 1458 qui accennalo, finora non venne scoperto, e lo credo perduto. ANNO 1455 ( 310 ) DOCUMENTO CXXII. Giovanni Piccinino, capitano di ventura, notifica ai Protettori di s. Giorgio di avere dato opera alle fortificazioni di Caffa, cd insta perché ossi adempiano allo fattegli promesse. ì 455 8 giugno (Filza di Calìa, n. 45) (Extra) Spectabilibus et magnificis dominis protectoribus sancti januensis (s*c) georgij martiris. 4 (Intus) Magnifici et excellenti signori. Notifico a le segnorie vostre corno per la gratia de dio io sono arriuato in caffa a saluamento cum lo magnifico Riesser damiano de leone, et veduto la conditione de la terra oe dato opera a fortificare quelle parte le qualli me sono parute più necessarie, in modo che corno voi sentireti per altri le opere mie sono accette a li huomini di questo luogo non solamente a latini, ma etiamdio a greci el a armeni. Ma io vi facio sapere che le signorie vostre secundo ebe inuerso di me aueano ordinato. non me lo osseruano questi nouellamenti venuti. Io sono sempre stato fidele a san giorgio e sotto quella fidelitate voglio morire. peroch’ io mi tengo genoueze. Pertanto io prego ale segnorie vostre che ale mie fatiche et buone opere sia proueduto secondo la ordinatione vostra, ala qualle sempre sono alio a seruire. Io sono qui in paesi strani, ne intendo la lingua et più me graua che se io fossi in luogo domestico. Le vostre magnificentie priego die me abiano raccomandato corno suo fidele servitore, peroche io sono disposto di fare lo honore di san giorgio et de Ja magnifica signoria et natione de genouezi. La signoria vostra mi aueua promisso de mandarme octo famigli et non la fato. Ancora de douere armare una galea et una fusta. et de Ja fusta ne douessi auere lo gouerno. et niente si fae. Ancora che io douesse essere capo de la compagnia mandata da la signoria vostra, et non me vedo capo ne mezo. Questo non e quello che io speraua. pero che io oe lasciato buono partito che auea. sperando de auerlo migliore da la signoria vostra, el io vegio che aueti fato meglio ali strangieri che a quelli che voi cognoscieuate. Voi sapete bene la prouisione che io aueua cum messer lo duxe. la qualle per seruire ala signoria vostra io Ioe lasciata. ( 3M ) DOCUMENTI Et portanto notifico ala signoria vostra che so voi non prouedereti altra -menti iuuerso de nio. che io me partirò de qua et ritornerò in lo paese, pero che a slare a questo modo io loc mallo a graue. Et tanto più che io vedo che niuno pare ohe facia mentione de le fatiche mie. Idio conserue la signoria vostra in buona prosperila. Data caffè die vili junij 1453. liumile seruitore di sangeorgio genoueze johanni picenino. DOCUMENTO CXXIII. Il vescovo ili CafTa si lagna coi Protettori di s. Giorgio delle calunnie contro di esso inventate dai suoi nemici, cd alloga essersi dalle stesse difeso nauti quel console c massari. •U55 8 giugno (Filza di Calfa, n. 4-4) (Extra) Spectabilibus atque magnificis dominis protectoribus sancti georgij inclite ciuitatis janue a deo prolecte elc. (Intus) Spectabiles et magnifici domini. Elapso anno meas litteras vestre dominationi dedi, quarum responsionem minime merui, et ut persensi emulorum dicta pestifera atque mendacia preualuerunt contra litteras prelatorum. Nec mirum, quoniam littere mercatorum apud januenses magne auctoritatis extant. Gaudeo plane quoniam hi qui vestre dominationis parte venerunt et commis-siones de persona mea tradilas accuratius perscrutantes, veritatem sub liuoris femo latentem produxerunt iu lucem. Doleo tamen quod homines hujus misere ciuitatis deslruclores. et qui semper ad ejus exitium vigilarunt, tanti feceritis. ul sua maledicta fuerint apud vestras magnificentias tantum accepta. Propter verecundiam abscondendam nalioni nostre dissimulaui plura, plura in nostri excusationem ininus vera conscripsi, quoniam eliam ex roma scripta recepi ut redderem veritalem de infamia multiplici nomini januensi attributa, quam contra conscientiam defensaui. Hic rerum ordo hac tempestate viget. Intendo patrias oras accersiri. et que inhoneste contra me acia sunt repellere. Quod si cedent in dedecus nationis, ipsi bibant doloris calicem quem optarunt. Semper tamen obsecro dominationes vestras ul caripendalis honorem ecclesie et prelatorum. quoniam magnum scandalum datum esi herelicis atque scis- ANNO I455 ( 312 ) maticis qui liic nobiscuni degunl. Non licet omnia scripto darò, cum autem ore ad os referam ipse vestro magnificentie accomodatiores prebebunt cogitatus. Ceterum venerunt primum ad nos nobiles et egregij dominus simon grillus et dominus marcus de cassina. qui sua presentia hanc patriam plurimum illararunt. Venerunt domum sui successores cum nauibus ot amplioribus copijs que prioribus gaudia accumularunt. Speramus res nostras ad molioia transire. Adsunt hic et quidam forensium conductores, silicet jacobus do capua. johannes piceninus et nicolaus de tridento qui huc usque se humilitet gerunt, non. tamen fit erga eos ut ipsi sperabant. Do his ipsi conscribent. Valeant dominationes vestre et optineant peroptata. Ex caffa die vni jumj 1 *5o. Poscritta : Semper vestra magnifica dominatio consueuit benemeritos vestros et fideles fauoribus prosequi. Quapropter latorem presentium georgium cigalam ejusdem dominationis fidelissimum habetote recommissum. Non emni integre uli potuit beneficio ei a vestra magnificentia exhibito, ut oretenus ipse referet. De is que gesta sunt atque geruntur, nil curaui scribere duplici causa, primum quidem, quoniam ea que anno elapso conscripsi, parum accepta fuerunt, demum per alios integre puto vobis ad plenum rescribi. Ipse etiam geoigius ore narrabit, nec enim securum est omnia scripto dare. Ejusdem magnifice dominationis quantus esi jacobus caffensis episcopus. DOCUMENTO CXXIV. I Protettori pregano il cardinale Giorgio Fieschi di difenderli presso il Papa c la curia romana contro le maligne insinuazioni di Antonio Moltedo. Idoo 4 0 giugno (Litterar. off. s. Georgij ann. 1454-1457) <(fo). 104) Heuerendissimo ac prestantissimo in christo patri et domino, domino georgio cardinali ostiensi de flisco. dignissimo. _ o Lum cogitamus, reuerendissime ac prestantissime pater et domine, quam libenter soleat reuerendissima paternitas vestra in omnibus negotijs ad nos perlinentibus laborare, confidenter audemus humanitatem vestram rerum nosti arum curis onerare. Quoniam circa execulionem bullarum a sanctissimo domino nostro pro subsidio caphe nobis concessarum, usi non sumus opera ( 313 ) DOCUMENTI domini antonij do multedo. sed potius in ea rc alios religiosos exercuimus ijui morum et vite puritate prestantiores esse credantur, idem dominus antonius multa verba jactauit in contemptum ipsarum bullarum, ac deuolionem et allectum populi erga ipsas bullas minuero conatus est. Nec his contentus, dicitur statuisse in curia romana multa loqui, mulla moliri contra decus con-traque commoda nostra. Nos quamquam in administratione rerum omnium ad magistratum nostrum pertinentium ita nos habeamus, ut ejusmodi maliuolorum hominum inania verba lacile contemnamus, non inutile tamen arbitrati sumus de his aliquid ad reuerendissimam paternitatem vestram scribere, quam oramus ut si idem dominus antonius aliquid contra nos loqueretur, sibi laboriosum non sit vel sanctissimum dominum nostrum vel aliquos reu^rendissimorum dominorum cardinalium admonere impudentie ac malignitatis hujus hominis, quamque pronus sit in male loquendo et falsas calumnias disseminando. De qua materia quoniam longiores litteras scribi fecimus egregio viro antonio de persio. is cum reuerendissima paternitate vestra sermonem habebit, in cujus amplitudinem et commoda inueniemur semper'cupidissime parati. Data die x junij. Reuerendissime paternitatis vestre filij protectores comperarum sancti georgij janue. DOCUMENTO CXXV. 1) vescovo e parecchi cittadini di Caffa domandano ai Protettori che vogliano riconferire a Nicoloso Bonaventura l’officio di capitano del bazar e dei borghi. 1455 1G giugno (Filza di Calfa, n. 45) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. dominis calfe toliusque maris majoris. et januensium in imperio gazarie etc. (lnlus) Spectabilcs et magnifici domini. Cum experientia sit rerum magistra, certiores facti sumus dominationem vestram plurimum intentam ad proficuum hujus nostre ciuitatis ampliandum, et ut vestra intentio suum efficacius sortiatur effectum, judicauimus opportunum ea vestre dominationi nota facere que bonum hujus ciuitatis acumulare valeant, inter que nil magis necessarium esse videmus quam habere prouidos rectores et irreprehensibiles officiales. Nullum aulem officium hujus ciuitatis utilius aut perniciosius reperitur quam capi lanea tus burgorum calfe. Is enim capitaneus. si vir fuerit integer, populum ANNO 1455 ( 314) istam plurimum consolatur, si autem improbus, lacessitus injuria populus contristatur, ex quo actum est ut improbitate malo gestorum a pluribus capitaneis hec ciuitas depopulata pene se comperit. Cum autem nicolaus bonauentura q. domini georgij in hoc officio per plures menses se laudabiliter gesserit, ita ut omnes multiplicium nationum in ciuitate degentium sub maxima quiete dormirent, jam sunt quodammodo resoluti eo quod eum viderint a capitaneatu remotum. Quare cum experti simus ejusdem nicolai in hoc olficio optimam aptitudinem. rogamus dominationem vestram ut eidem nicolao reddatis officium non ad tempus exiguum, sed si fas sit petere, ad tempora longiora, quoniam gratiam non exiguam huic uniuerso populo facietis, verum et augmentum ejus indubie conspicietis, dietimque ■\estra dominatio audiet quanta bona excrescent exercitio jain prefati. Vestram dominationem a deo poscimus uberius ampliari. Ex calfa die xvi junij mcccclv. Ejusdem magnificentie deuoti cives subscripti Jacobus episcopus calfensis I Janotus de fiisco Baptista de gentili Sorleonus cataneus Fredericus spinula Jeronimus de allegro Crestianus cataneus Julianus squarsaficus Lodixius de petrarubea Gregorius de pinu Andreas fatinanti Johannes squarsaficus Lodixius justinianus q. cenlur. Jacobus de remaldo Baptista de gagano. DOCUMENTO CXXVI. Gli abitanti di Soldaia greci e latini si congratulano coi Protettori pel dominio delle colonie del mar Nero venuto in loro mani, c si lodano grandemente del primo console mandato a governare Soldaia. 1455 20 giugno (Filza di Calfa, n. 46) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij-excelsi comunis janue. dominis suis prestantissimis. (Intus) Magnifici et potentes domiai. Deus nouit maximam consolationem quam nos omnes habuimus quando audiuimus quod magnificentie vestre habuerunt gubernum caffè et ciuitatis istius necnon aliorum locorum comunis existentium m isto mare, quia jam dudum audiuimus vos omnia gubernare cum summa justitia et semper prouidere ad omnia necessaria, quod totum vidimus cum ( 315 ) DOCUMENTI magna celeritate et Intissime faisse fnctum ad ... pericula omnia que predicta loca vestra minabantur. De quo. quanium ad nos attinet. -eas gralias quas possumus in primis omnipotenti deo referimus, et postea prelibatis magnifi-cenlijS vestris. Nam videtur nobis de morte ad vitam recerase (sic), et quia jam 'ludum sine justitia imo cum maximis oppressionibus gubernati fuimus, recuperauimus rectum judicium et humanissimam gubernum, quod experti jam sumus in primo rectore nobis ad ipsis dominationibus vestris misso. Qui talem gubernum dat quale isti loco recte conuenit. ita quod melius desiderare nesciremus. Faciunt omnia predicta nos obliuiscere oppressiones omnes et dampna maxima que populas iste subportauit. sicut vobis notum fuit. Sed restat nobis unas solas timor, cogitando modicum emolumentum, quod officiales per vos in faturum mittendi non debeant esse talis qualitatis qualis est hic primus quem misitis. Quare supplicamus instantissime et deprecamur ipsas vestras magnificentias qaatenus velint hec aduertere et curare mittendi ad gubernum istius vestre ciuitatis tales ciues qui deum timeant et avaritiam odio habeant, et sic faciendo iste pauperrimas populus consolabitur et augetur, de quo vos summam gratiam el laudem apud deum et homines con-sequemini. Et quia inteUigimus qualem consulem habemus et nescimus qualem subsequenter habere debeamus, videretur nobis a magnificentijs vestris summam gratiam obtinuisse si cum beneplacito vestro et ipsius quem habemus, ipsum consulem pro pluri tempore nobis confirmaretis. Quia totaliter exlinquerentur et obliuioni traderentur omnes male consuetudines, quas officiales preteriti in loco isto facere consueuerunt. Ex soldaja mcccclv die xx junij. Humilissimi subditi ejusdem dominationis soldayenses latini et greci cum deuota obedientia. Frater augustinus episcopus soldaje Jacobus de castiliono. Teodoreha (sic) de tclica Lanfrancus de lorto Johannes de gentili Baptista de castiliono Michael s;oascus Johannes de nigro Antonius de goascho Johannes de castelalio Manuel pansanus. Baaxotg p rapz Kpaysoig ìiiuirpi ToÀax<$ ò yspog rov piayio HGaoxas y.As/j.svTog IIstyfiis renana. Etopsig Gapixa. S«6a xctzovri Satarowc»$ tovxSavn SoXravog ììi/ierpiov tov ANNO 1455 ( 310 ) DOCUMENTO CXXVII. Clemente Valdetaro, già scrivano della curia di CalTa, si difende appo i Protettori dell’ accusa mossagli d’aver preso parte e usato le armi noi tumulto successo in Cada contro Acellino Lercari. 1455 21 ghigno (Filza di CalTa, n. 47) (Extra) Spectabilibus ac magnificis dominis protectoribus sancti georgij comunis januo. (Intus) Spectabiles et magnifici domini. Lacessita objecti criminis innocentia mc compellit vestris magnificentijs dare prescntes. Persensi enim me apud magnificam dominationem vestram falsis relatibus acerrime fuisse percussum. Ex quo actum est ut scribania quam exercebam jussu vestro priuatus extiterim. et quam vestra dominatio mihi gratiose donauerat. Verum quia veritas etsi vulneretur, mortis tamen compendia non formidat, fateor quidem quodam rumore in ciuitate hac exorto, me causam ignorante, arma tulisse, non quidem ad offensionem alicujus. sed potius ut sic dicam ad defensionem. Nec a me unquam turpia verba prolata sunt, nec excitatus rumor illicitus. Conquestus sum coram illis qui tales litteras conscripserunt, quorum quidam de ignorantia se excusant, quidam se ab alijs audisse fatentur. Ideoque ne taciturnitas mea assensum male dictis prebere videatur, has excusatorias vestre magnificentie dare curaui. quas obsecro vestra magnifica dominatio habere velit acceptas, nec opinetur in futurum me excogitare seu attentare velle quod cedat in dispendium nationis nostre aut in contemptum vestre magnifice dominationis, cujus fidelis exto clientulus, et quam opto seruari per tempora longiora. Ex caffa mcccclv die xxi junij. Ejusdem dominationis deuotissimus clemens de valletario cum recommendatione. Seguono /e firme dei testimonii: Bartholomeus de jacopo Antonius de pinu Jacobus de grimaldis q. oberti Jeronimus de senarega Antonius ususmaris Nicolaus marchonus Johannes gonella Franciscus de flisco Nicolaus marinus Tadeus adimarus Lodisius de petrarubea Constantinus de vecina notarius ♦ Gabriel botinus notarius Johannes gentilis Bartholomeus de toddis Andreas de allegro Jacobus cantellus Marcus de franchis Benedicius cepoliinus. ( 317 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CXXVflI. Decreto di promulgazione nelle colonie del mar Nero della tregua stipulala dalla Repubblica col re di Aragona. 1455 2ò giugno (Litterar. off. s. Georgij ann. 1454-1457) (fol. 110 v.) Protcctores etc. Spedato, prestantibus et egregijs viris consuli, prouisoribus et consilio ciuitatis capile, dilectissimis nostris. Mittimus vobis. dilectissimi nostri, his inclusura exemplum earum litterarum in quibus ut videbitis illustris dominus dux. consilium et officium balie maritime. potestati et rectoribus chij notitiam faciunt de inducijs et cessationibus damnorum contractis inter serenissimum dominum regem aragonum una parte et agentes pro comuni nostro parte altera, illisque committunt quod celebriter voce preconis in ciuitate chij inducias ipsas proclamari faciant. Quam ob rem volumus ac vobis jubemus ut sub eadem forma statim acceptis his litteris, vos etiam in urbe illa ac reliquis terris ditionis nostre ipsas inducias proclamari faciatis, eaque omnia exequamini que circa ipsam materiam ex dicto exemplo litterarum intelligelis potestati el rectoribus chij commissam fuisse. Data die xxv junij. Segue una consimile lettera diretta a Bartolommeo di Levanto, capitano della citta di Famagosta. DOCUMENTO CXXIX. Gherardo Tinelli console di Savastopoli notifica ai Protetlori il sacco dato alla colonia dagli Abasii, e loro si raccomanda. 1455 28 giugno (Filza di Gaffa, n. 48) (Extra) Spectabilibus ac magnificis protectoribus sancti georgij incliti (sic), ciuitatis janue. (Intus) ❖ Jhesus. MCCCCLV die XXVIII junij. Spectabiles et magnifici domini. Ut alias nolum vestris magnificentijs feci, cum caffam appuli expediui commissa que mihi fuerant a vestra dominatione eia.....a qua in recognitionem laborum susceperam consulatum ANNO 1455 ( 318 ) sauastopolis. ia quo loco dum me reposuis .... lata ilio fan .... paucissimo spatio ibidem commorando inuaserunt inopinate locam auogasij. cun-ctisque fugientibns ut saltem saluas facerent personas, ego ceteros sum secutus. Quo actum est ul perdiderimus oppidum et plures duxerint in captiuilatem. sic quod expoliatus omni facultate caffam redi], quo in loco prestolor si quidquam mihi rependi poteritis. Veram quoniam experimento probatum est vestras magnificas dominationes suos fideles seruitores dignis recompensare muneribus et subsidijs oportunis. spes animum subleuat. Ea propter de vestrum humanitate confisus me vestris magnificentijs facio recomissum. ut vestra benignitas suo fidelissimo seruitor i de aliqua opportunitate prouideat. quam valeam jacturam meam aliqualiter reparare. Quoniam etsi semper ejusdem dominationis existam fidelis clientulus, conspecta ampliori in me liberalitate vestra, nedum ad majora vestrum accendam seruitia. sed exemplo meo et mei consimiles accendentur. Etiam notum facere curo quoniam ante accessum meum ad locum illum theucri cumsimilem predain fecerunt, nilhominus consilio nostrorum qui locum derelinquere noluerunt secutus sum iter, nunc autem prohibitio facta est a vestris officialibus ne ad locum illum amplius sit accessio. Ex quo hic vacuus perseuero. eo quod hic ordo datus est propter commodum reipublice. Ejusdem dominationis fidelis seruitor guiraldus pinellus. DOCUMENTO CXXX. Giovanni Viviani dimanda ai Protettori qualche officio in Caffa in compenso di quello che fece e anche perde in Pera per servizio della Repubblica. fio5 28 giugno (Filza di Caffa, n. 49) (Extra) Magnificis et prestantissimis dominis, honorandissimis dominis protectoribus comperarum sancti georgij. excelsi comunis janue. (lntus) Jhesus. Magnifici et prestantissimi domini honorandissimi. Como le magnificentie vostre debitamente debono essere auisate da il nobile et egregio meser simone grillo i meser marcho da la cassina. capitanij de le magniGcentie vostre, de toto quello che io abio adempito nel loco de peira. non sensa grandissimi DOCUMENTI pericoli i danno, lo quale a lo presente mi seguita per Io dicto seruitio. Massimamente clic con la mia naue avia abilita di andare i de venire toto seguro i sensa alcuna lesione in tutti i lochi del serenissimo segnor turcho. el quale e sui sudili per fortuna o sia bene mio hanno inteiso de quello che io abio adempito per le signorie vostre, pur aueria ad . . . to i de nouo adempirla semper che a mi fosse possibile contro simile. E pertanto conio le segnorie vostre poi intendere per la presente. e sono intercluso cum la mia naue a queste parte senza alcuno auiamento. unde prima auia e podia andare e a dito aueire siccome uno altro da mio pare in li dicti lochi soi. sicché per temansa di lui e de li soi sono stato constrecto a far fine de la dieta mia naue e transferire la mia persona soto bona custodia. Per la qual cosa i suplico a le magnificentie vostre, le quale in parte me parrò satisfare de lo grande danno che a mi e seguitato da la dieta caxon. che ne piaxe de prouederme de alcun beneficio di qua. segondo lo grado mio. Per la qual cosa le segnorie vostre se degneranno adempire corno credo, sara exemplo che ogni altra persona per le magnificentie vostre prendano ogni pericolo. Data cade mcccclv die xxvm junij. Vester johannes de viuianis cum recommendatione humili. DOCUMENTO CXXXI. Gli ebrei dimoranti in Caffa supplicano i Protettori di volere riconferire a Nicoloso Bonaventura il capitaneato del bazar e dei borghi di quella città. 1455 29 giugno ( Filza di CafTa, n. 50 ) (Extra) A li magnifici e possenti signori protectori de le compere del victorioso sacratissimo sreorstio molto da fi.. habendi in honore e reuerentia. o O (lntus) Magnifici e possenti segnoi. Noi auemo inteizo corno per li erminnij de questa vostro citae de caffa voi sei staeti ortae e pregae che ve piaxe de vorei donar a meser nicheroso bounauentura lo capilanego del bazar e de li burghi per quello pu tempo chi a voi piaxera. Unde affirmando noi infra-scripti ebrei tuto quello che gli erminnij possan scriuere de ben e honor per lo diclo meser nicheroso. per questa breuementi facemo asauei ala magnifica anno 1455 ( 320 ) signoria vostra como da Io meize de zenar fin a lo iorao de aneoi amo visio e recevuo tanto bon rezimento raxoni honor bontae e prexio da lo dicio meser nicheroso. quanto se possa receiuer da ogni bon olficiaro virtuoso. Auisando la grande vostra segnoria che per Ii passae capitanai li nostri guai e le injurie e forse per noi riceuue sun staeti tanti e tante che tropo sereia a scriuer. e soura le atre generatioin de questa vostra beneita citae noi eremo semper li pu desprexiae e poco odij (intendi uditi). Inde e per la quoa caxon ve ortemo e si pregemo humilementi la vostra grande segnoria chi vogia e se degne de vorei donar a lo dicto meser nicheroso. como ben degno, lo capitanego de lo bazar e burghi. persoche a quello e 1'.' molto pratico de lengoa e de personna. e nocte e di solicito a le bisognose goardie. elio iu corteise liberal uniuersal (sic) e amoroso de tuti li poni (intendi buoni), a lo grande fa bonna raxone e a lo picono. Ad archum per lo so tempo no a comisso unua minima forsa. e per . . noi auemo asai a ren-giatbrlo. E se ly vostra sublime segnoria se degnerà de conceder lo dicto capitanego a Io dicto meser nicheroso. certamenii ella consolerà tuto Io pono d*. questa terra e speciarmenti noi chi semo semper li pu disprexiae da li capitanij. pregandoui che a elio vogiae attribuì si faeto sarario mediante lo quoa elio debia aceptar e non recuzar lo dicto officio. Ex calfa die xxvnu junij de mcccclv. Ejusdern magnificentie deuoti serui hebrei de premissis oratores nominibu» ipsorum subscriptorum et ceterorum ejusdem magnificentie hebreorum in calla astantium cum supplici de premissis commendatione. Seguono in undici linee le sottoscrizioni degli ebrei in caratteri ebiaici, poi il documento continua di questa guisa. Nomina vero virorum ut supra ebraice descriptorum sunt infra latine descripta. Auedia filius moise Coia filias adolcarem Xatanel filius abram Passa filius sagedi Anurpotam (?) filius abram lacob filius rabani. lanibei filius passa Ihachael filius jacob et Ila passa filius jacob. ( 321 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CXXXII. Antonio Assereto espone ai Protettori le opere pubbliche fatte in Caffa durante il suo ufficio di sovrintendente alle acque e fortificazioni della città. 1455 1 luglio. ( Filza di Caffa, n. 51 ) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. multipliciter honorandis. (In lus) Spectabiles ac magnifici et potentes domini. Per ... . comunilatis janue electus fui sabarbarius et superstans aquarum caffè, cui officio seruiui annis quatuor in plus, bene tamquam fidelis seruitor comunis. et intra dictum tempus aptari feci murum ruptum et destructum prope portam gorgi. ac et turrim dicte porte gorgi. Item aptari feci turrim porte sanctorum apostolorum. Item aptari feci omnia merla murorum ciuitatis circumcirca, que deficiebant in certis et pluribus locis. Item aptari feci majorem partem barbaca- nam porte caihadoris. Item fieri feci.....circumcirca omnibus merlis et turribus ciuitatis. Item aptari feci scallas et coperiri feci solaria turrorum ciuitatis caffè quibus omnia deficiebant, ita et taliter quod non potebamus offendere nec deffendere ciuitatem nostram. Item emi quandam vin . . . vocato driano. et illam . . . cuidam ermeno cum magno interesse meo. ut hedi-ficaret et construeret fontem unum aque in caffa. pro ut fieri fecit super interesse meo sunt anni tres incirca. Item aptari siue construi feci intra dictum tempus officij mei ecclexiam incliti sancti georgij de caffa. Item eliam dicto tempore officij volebant dare asperos n millia pro construi et edificare facere loihetam palati] caffè, quia minabatur ruinam, et ego aptari feci cum asperis mille, et multas allias similias expensas excusaui comuni, prout notorium et manifestum est omnibus habitantibus in caffa et dictis temporibus existentibus in caffa. Nunc vero dum per dominationes vestras fuit mihi leuatum dictum officium sabarbarie et superslantie aquarum (’). et illud tribuistis et dedistis gregorio de sorba pro eius faticha et mercede laboris et sudoris sui. quod iuit pro (') L’Assereto in questo luogo della sgrammaticata sua lettera allude al documento precedente LVIII. 22 ANNO 1455 ( 322 ) comunitate nostra dominationibus vestris. quod bene meruit plus etiam me ruisset. Unde grates ago deum quod omnia michi data per inuentarium de rebus comunitatis. nostris consignaui cum vultu aperto ad plenum, lt.ique feci debitum meum prout tenebar facere et quod resto contentus a dominationibus et a populo calte. Domini prestantissimi, iterum et de nouo me offero dominationibus vestris, tanquam fidelis seruitor incliti officij sancti georgij. construi facere expensis meis proprijs in alma ciuitate vestra caffè fontem unum aque aut puteum unum magnum in bazalle p... alem. si et iu quantum magnificentie domi nationis vestrarum (sic) velitis et dignemini mihi per primam iuter. . officij jhegatarie herbarum et leguminum pro annis quinque proxime ventui orum a die qua incipero exercere. Ac etiam si dictum officium michi date ve itis in vita mea. promitto me obligare inclito officio sancti geoigij custodir^ aptari facere solatas siue tectos et schallas omnium turroium ciuitatis caffè expensis meis proprijs in vita mea. Et hoc quia si de tempore in tempore non construuntur inter fraudo lignamina et tabulas per incolles \eniatui a nichillum. ita quod tempore congruo non possimus nos offendere nec de ab inimicis. Notificando nunc pro aptari el reparari faciendo expendidit p^ quam sommos nc. comunitas nostra, a quibus expensis de cetero erit a eui Nec allia nixi hanc magnificam et potentem ciuitatem vestiam vo liter recomendo. licet non oporteat, quia vidimus ab esperto quoc 0 ^ tiones vestras illam diligetis sicut fillius vestris carissimis, piout deus mundus cognouit. Ex caffa die prima iullij mcccclv. Ejusdem magnificentie deuolus seruitor antonius de axareto cum humili recommendationc. DOCUMENTO CXXX1II. Batista Garbarino notaio ringrazia i Protettori del confei togli uffici della curia di Caffa. 1455 2 luglio (Filza di Caffa, n. 52) Data caffè die secunda julij mcccclv. Non contiene alcuna pai ti che meliti essere ricordata. ■v- ( m ) DOCUMENTI DOCUMENTO CXXXIV. Martino di Voltaggio si lagna del mal governo del console di Gaffa, e notifica ,ii Protettori d’avere catturata una nave turchesca, di cui richiede il bottino. Uo5 3 luglio (Filza di CafTa, n. 55) (Ex Ira) Magnificis dominis protectoribus comperarum sancti georgij anni de mccccliiii et lv in janua. (Intus) * In xpi nomine MCCCCLV die III julij in caffa. Magnifici domini. Cum mente reuoluo eum animum quem induxi usque a principio dum pro presenti viagio de naui nostra cum magnificentijs vestris conueni. non possum me tenere quin ea que libentius oretenus expromerem, post quam modo esse non potest, litteris saitem nota faciam. Primo enim nec puto m. v. latere, nec volo me ea magnanimitate et liberalitate qua usus sum in conlratando cum in. v. usus non esse beneficij aut utilitatis tam causa quia nulla erat nec fuit, quam uno libero animo et postpositis omnibus deliberato rem gratam et utilem m. v. faciendi, quod ia adimpleudo vires totas adopera tus sum. Nec puto illud magna in parte m. v. latere (’). Nam ipsis m. v. primo notum est quo animo in contratando me habuerim, deinde in hac nauigalione tota, deus testis et qui presentes aderant, nunquam ad ullum commodum vel rem aliquam aliam animum diuerti. nisi cum cernere visus fuerit utilitatem et honorem vestri incliti ollieij et perfectionem presentis viagij. adeo ut ex conscientia dicere possim nunquam tantopere studuisse iu obtemperando diuinis mandatis, proprijque parentis, quam magnifico consuli per m. vestras naui nostre et nobis proposito. Sperabam enim ex ejusmodi operibus apud m. vestras premia michi nou defectura, ul ille qui animo preparaueram apud tam sincerum et ciuile gubernum ut vestrum est. nullum bonum esse posse munere muneratum. Qua oppiuione ductus feci quantum vires valuerunt mee. testimonium dant opera, que volo potius ab allijs quam a me predicari, ne forte de me ipso predicando (intendi iu) procacitatis vitium videar incidisse. (’) Per le iniziali m. v. si abbia presente la nota a pag. 19 sotto il documento I. ANNO 1455 ( 324 ) Verum et quod mirili satis grauat memorare opp . . . longe fui. nani in loco benefici] et premìj. satis enim non fuit satisfactione caruisse. injurie miclii illate, jus denegatum et violentia facta est. et quod pejus. ab eo a quo vice vestrum premia cumdigna operibus expectabam. hoc est ab consule vestro, a quo taliter tractatus fui et sum. quod utinam virtus in me tantam habere vim posset ut patientia quietarer. Sed tanta ingratitudo me exanimat precipi-temque duci quod patientem esse nequeo. Et quia aliud ad presens facere nequeo, iu hoc salteni querimonie genere delector, sperans semper apud deum justitie rectorem primo, deinde apud m. vestras jus michi non defecturum, apud qms m. vestras aduc reclamandum aliquando michi esse considerans consolor et quiesco. Et quia verba dicere nec partem aliquam demonstrare ex hijs que per predictum consulem vestrum mihi injuriose facta sunt inconueniens esset, aliqua memorabo. Nec ordine omnia refferam. tanta enim sunt quod ea narrare volendo, subdubitarem ne longa imo longissima epistola m. vestras fastidirer. Attingam ideo aliqua pauca ut breuior sim. reliqua vero cum altissimus se-cundante fortuna ad presentiam m. v. me contulerit, oretenus narrabuntur. Primo enim non occultum est quanto animo et quam virili robore proui-denlia et audacia data fuerit per me opera ut juxta intenctum voluntatem et ordinem m. v. transierint naues nostre sine timoris demonstratione tian situm illud periculosum illius constricti maris quod asiam ab euiopa diuidit. quod transitum tam animose tanque viriliter inuasimus ut theucri ipsi pi opter crebras victorias exultantes et fere nationes omnes vilipendentes. ne dum sine metu nos inspexere sed tremebondi restitere. Et merilo. quia nichil dubium est si prectorem magnanimum vel saltem virum nostris in nauibus habuisse mus. quia ad id proutissimi erant animi omnium in nauibus ipsis nosti is existentium. facilime castrum illud, quia pene derelictum erat, obtinuissemus. Sed socordia et iguauia ipsius consulis effectum est ut ne dum tam inclitum facinus lentare sed cogitare proibitum nobis luerit. Iu ipso enim transitu i :tibus bombardarum septem naues ipse nostre percusse fuere, cum magno ipsarum detrimento et lexione. ut putandum sane est. Quo periculo transacto, ut pulo volente deo pro premio tam justi laboris, obuiam nobis venit cimba quedam siue griparra theucrorum de sinopi. quam ex mandato ipsius consulis cum barca nostra cepimus. Reperiuimus inter celera in ea esse cantaria quadringenta eris siue ramorum incirca domini theucri magni, que misserat ad emendum in sinopi per unum ex si-laui us suis, ut ex ipsis fabricari faceret bombardas exercendas ad oppugnationem Christianorum et specialiter nauium nostrarum. ( 325 ) DOCUMENTI Venimus huc ne dum securi de. preda ipsa nostra tam justa, sed majora et largiora premia ab ipso consule expeclantes. que res qualiter secuta sit intelligite queso. Primo enim voluit ipse consul ut griparram cum tota rauba illorum de sinopi restitueremus, quod utrum cum justitia factum sit con-scentijs m. v. dimittimus judicandum, sed ea leuis jactura est. Deinde con-strinsit nos ut ramos ipsos discarigareinus deponeremusque apud tadeum adurnum istius ciuitatis burgerisem. quod fecimus, quia precepta ipsius consulis respectu dominationum vestrarum supra caput nostrum.....quod recedendum nobis est. Requisiuimus ipsi consuli ut ramos ipsos nobis . . . ........de bona guerra capii sint, comittat vicario suo ut causam de jure cognoscat.....aliter vult, diximus -isse contentos ramos ipsos carigel consignandos m. vestris, que justitiam nobis ministrent. Ex quibus oblationibus nichil facere vult, imo dicit de re ipsa velle se suo gubernare modo, quod nichil aliud est. quam velle nostra re tam juste aquisita contra justitiam nos priuare. Protestabimur ipsi quando aliter facere nequibimus, quia certus sum apud m. vestras justitiam contra ipsum nobis non defuturam. Hec enim est prima insignis injuria quam in premium tanti beneficij habuimus. Secunda enim est quia ul notum est m. vestris, venimus iu isto viagio quanlum respectu utilitatis non tantum pro libris quatuor milibus quantum pro partito (juod non solum nobis promissum fuit per m. vestras, sed ultra multotiens michi dictum quod comiltebatur per vos ipsi consuli, quin contragendo posse alicui ex nauibus nostris armamentum dare, noslramque postpositis alijs reco-missam habeat, que res in opositum secuta est. Nam primo partito ipso nobis debito el promisso per magnificentias vestras, nos priuauit. de quo sequitur nobis dampnuin ad minus de ducatis duobus milibus. Item evenit ut propter subleuationem et fugam aliquorum ex sociorum cum nauibus nostris missorum cum quadam naueta illarij marini, quod bene secutum est pro malo guberno ipsius consulis, fuerit deliberatum nauem unam mittere ad inquirendum ipsos rebeles cum debito premio, qua etiam iu re spreta instructione vestra illud armamentam licet paucum dedit naui jeronimi de leone. Quibus omnibus de causis clare constat de bono opere qualem habuerim premium de priuatione predicti partiti. Protestabimur jeronimus de leone (sic) et nos. quando aliter facere non possumus. Magnificentie vestre suo loco et tempore judicabunt. Fui et sum ad ipso consule multis modis injurijs lacessitus, sed hec sulliciant modo ad memoriam. Hec et multa allia quamquam ita indebite michi facta sint, non erit tamen quin me cum meis omnibus prontum et obedienlem semper habeatis et paratum ad quocumque que ulile comodum et honorem vestri m. officij con- ANNO I455 ( 326 ) cernant. Curandum tamen est. magniGci domini, ut ciuitalibus et locis vestris tales prepouanlur rectores qui premia ea que apud m. vestras Lene fideliter facientibus non deesent. apud ipsos rectores similiter non desint. Unum nollo m. vestras latere, quod in isto viagio. earculatis omnibus, consumpsi ex propria pecunia ultra omne stipendium et emolumentum floreuos quingentos ad minus, nec propterea me penitet cum considero illos consumpsisse in obsequium vestri m. officij. cum gralitudo aliqua in re aduersus me exercebitis, et abundantius si deus dabit nobis patronis el socijs. Gratia., que adimpleantur ea que ordinau. . . que tallia sunt que spero altissimo perinittente et fauente fortuna magnalia ex nobis audietis. Nec plura quum m. vestris ine coinendatum facio, ad quarum magnificentiarum mandata et obsequia sum semper paratissimus vester. Augumenti vestri incliti ofiicij valde cupidus martinus de vultabio cum recomendatione. DOCUMENTO CXNXY. Antonio Lercari, massaro di Calla, notifica ai Protettori l’arrivo in quella cinà delle navi Voltaggia e Leona. 1455 4 luglio (Filza di Cada, n 3-4) (Extra) Magnificis et prestantissimis dominis protectoribus comperarum sanati georgij. excelsi comunis janue etc. (Intus) Magnifici et prestantissimi domini honorandissimi etc. Per le presente sia notorio et manifesto a le magnificentie vestre corno a li xxprimo aprilis applicamo in calla ad salutem, et a li xxm de lo dicto desceisemo in presemi ciuitate. in la quale e celebrata la festa de sancto georgio grecorum. cum tuli li nostri soldati armati et etiam cum tute le pi usine de le nave, de la quale instrata li incoli et habitatori de tuto lo presente loco suscepeno maxima consolatione et conforto. Et in questo non replicheremo quelo che jha per lettere habiemo scripto ad complementum, excepto per non mancare che de le nostre non habiati corno le magnificentie vestre ne confortano. u Circha lo transito nostro non diremo molto, per che credemo che de luto ad plenum le m. v. cossi per lettere de lo magnifico consolo, corno etiam ( 327 ) DOCUMENTI de molti altri liauorano auisatione. Voglpmo lamen che le m. v. intenderlo non per jattatione nostra, semper diuino auxilio mediante, che se la nostra industria et persuassione fosse inanellata, iufalanter seria interuenuto de lo nostro passare quelo chi est interuenuto a le naue de jeronimo de auria et loinelina. corno da omni lato intendereti essere manifesto. Non abiemo omnino possuto adempire et obedire le commissione de le in. v. respectu temporum li quali a noi non hanno sernito. de che a noi est stato mollo molesto, et etiam per la tramenta de le bombarde sostenute per la naue nostra che fue la prima in el transito più pericoloso de lo castello. Le m. v. intenderano più ad complementum applicata naue januam, in la quale piacendo a lo segnor lo patrone poterà apresentare de le frate a le m. v. et non obstante lo orribile timore, a noi inter li altri non essere manchato lo animo circha lo periculoso transito. Lo quale facto cani auxilio diuino. et dubitando de non podeire fare conueniente reparatione a la bocha. vigente vento pròspero et tranquillo per caxione de li corpi et ruote lapidum bombardarum quasi in acqua et habiando qualche temansa de trauersare. debiando andare a samastro conio haueimo in commissione da le m. v. deliberamo de venire a camino nostro, consigliata prima la casione cum la plusma. maxime sequi-tandone manchamento de cosse necessarie. Iu apresso le ni. v. molto ne hano iucarrigato circa lo bene viuere nostro cum li compagni, unde da questo le m. v. poleno possare cum le mente iu quiete, maxime che fme a chui seme corno fradeli, e così speremo de chui inanti. Quanto a le cose occurse de qua. non altro salvo che le m. v. sono adui-sate ad complementum. Per li boni contegni circha lo honore de le m. v. etiamdio nostro vi arricomandemo antonio de turrilia. lo quale in omnibus bene se habuit, et similimenti antonio facori. baptista de garbarino et lau-rentio de auria molto calido in li facti de lo magnifico officio. Mandemo a le m. v. georgio cigala lo quale vi aricomandemo et ut citius fieri possit habeat cellere expedimentum, a ciò che anli la inuernata se posse transferire de qua. Non altro excepto che le m. v. ne habieuo per arricomau-dato. Ex calfa die mi julij mcccclv. Vester authonius lercarius massarius el prouisor cani recomniendalione. ANNO 1455 ( 328 ) DOCUMENTO CXXXVI. Narrazione del viaggio delle due navi Voltaggia e Leona da Genova a Caffa, falla ai Protettori dal console Tommaso Domoculta ('). Lo stesso invoca dai Protettori alcune riforme giuridico-amministrative, e pronta spedizione di grano. 1455 5 luglio, 8 agosto e 6 settembre (Filza di CafTa , n. 5o ) (Extra) Magnificis et prestantissimis protectoribus comperarum saucti georgij. excelsi comunis janue. (lntus) * Jhesus Magnifici et prestantissimi domini protectores comperarum sancti georgij. excelsi comunis janue. Cum de omnibus nobis post recessum nostrum occur-untibus usque nunc magnificentie vestre notum Tecerimus. niohilominus nuper decreuimus omnia preterita dominationi vestre reiterare. Idest quod quando ab insula que vocatur lexba recessimus, que fuit die xxv mensis februarij elapsi. et nauigantes recto tramile cum vento nostro, conceso appetitu a deo. &ulfum venetiarum appulimus et in tribus cum dimidio diebus transiuimus. Ita et taliter quod die xvn mensis martij hora serotina appulimus moddo-num. et prope insulam sapientie ancoram deposuimus. Die vero sequenti summo mane misimus nuntium in terra moddoni fidelem et expeditiuuin. qui comissionem juxta vestram contentam iti instructionem (sic), absque mora perciperet pilotos duos idoneos pro utraque nauibus. cui comissimus quod dictam captionem pilotorum faciat cauto modo. Et sic in terra descendit et per dictam terram pilotos perquisiuit et reperit pilotum unicum, quem cum magna difficultate sub blandijs sermonibus in naue nostra conduxit. asserendo ei quod eramus naues ponentis, una quarum erat patronus jeronimus de cerro et altera damianus figonus. et quod nollebamus stare in 'eibis respectu nauium catalanorum et quod vollebamus chium accedere. ( ) Di questo documento oltre 1’originale esiste nella filza di CafTa una copia 'iuasi interamente uguale, ma che contiene i poscritti dei giorni 8 agosto c settembre stesso anno 4455. Noi l’abbiamo seguita e adottata siccome più Piecisa, scostandocene solo in pochi incontri, nei quali l’originale ci spiega^' meglio il senso della narrazione , o giornale di bordo che si voglia chiamare. ( 320 ) DOCUMENTI Habitoque piloto in naui cani nuntio nostro misso in terra, nos cum dicto piloto couuemionem fecimus ipsi dare ducatos triginta duos pro utraque usque caffam. quam concordationem fecimus secretam in camera nostra. Facta concluxioue sequenti vero die xvmi martij surmno mane capitaneus moddoui cum uno lembo naui nostre se aproximauit. asserendo quod vollebat videre naues. et ultra emere panni anglie et londonis. Cui diximus quod locus moddoni erat infectus morbi et quod patientiam haberet et sic sub istis verbis a nobis recessit. Et vellificauimus recto tramite cum vento affecto a miliaria xn in xv per horam et ultra usque ad sanctum angelum, et cum ibidem luerimus calmam nos conpulsit et paulo post borrea egressa est. ita quod nobis fuit necesse aut retrocedere aut ire candiam. Habito et participato colloquio cum non nullis ex nostris, specialiter cum marinarijs nobis stipendiatis, cui diximus verba nobis illata per nauclerium et patronum in nostra camera, consuluerunt ire ad insulam candie. videlicet locum ubi dicitur sudda. que est insula inhabitata prope caneam per septem vel octo miliaria, in qua iusula habitat quendam unicum pappa grecum. Nos sic videntes disposuimus totam nostram turmam silicei stipendiatos descendi permittere, viso prius quod in nauibus noslris jam mortui erant duo pro singula naue et quod in eis nauibus erant multi jam infirmi usque numero barbitonsoris relatione triginta vel circa. Nos itaque sic videntes disposuimus cum consilio ut omnes nostri stipendiati iu terra descenderent causa eis prestandi illaritatem et gaudium, quia dubitabamus in febre pessima occuparentur, et sic nostri parte facium fuit in ac re quic-quid opportunum fuit juxta instructionem nostram a vobis nobis datam, ut nemini euo de ac re notitiam foret. Ut per alias dominationi vestre jam notum fuit quod patroni nauclerij ac stipendiati nobis erant obedientes. verum est. usque modonum illud fuit. In modono inter eos erga nos fuerunt aliqua verba in naui noslra vultabia. pro quibus in nos remansit intrinsecum dolorem, de quibus verbis ad plenum per aliam viam dominationem vestram decreuimus exponere. Quibus verbis cum dei adjutorio dedimus bonam et optimam repulsam, ita quod a diclo loco mo-doni recepsimus bonis verbis retro nostro viario. Quapropter nobis visum fuit pro presenti tacere, quam eis facere illud quod fuerat necessarium proui-dendi bono respectu, ut per nostras dominatio vestra erit auisata per aliam formam, nicliilominus inlentio nostra est illis facere ea que sunl necessaria. Quapropter notifioamus magnificentie vestre quod nullum aliud studium habemus nisi in dei nomine iter nostrum sequi et transire transilum sancti demetrij et castriuoui ad saluamentum cum nauibus stipendiatis ac omnibus anno 1455 ( 330 ) nostris socijs et officialibus el ire caffam. ut nobis impositum fuit per dominationem vestram. \ erbis alijs dictis in moddouo nil curamus, donec perfiniium fuerit viagium nostrum usque caffam. Nos itaque sumus in loco isto sudde parati ad vellificandum quando tempus erit congruum se parandi, credimus quod erit iu breui. Multa molestia nobis iu loco isto illata fuit a mercatoribus nostris existentibus in pre-sentibus nauibus. qui volebant raubam eorum iu terra canee exonerari facere, quod minime facere disposuimus visa instructione dominationis veslre. et sic usque nune sequestrati fuimus. Verumlamen auffugierunl duo ex nauibus nostris iu terra canee, qui a uobis stipendium uon habebant, videlicet quidam juuenis de frogono de sigeslro et alius filius uicolaj de camulio commorantis iu candia. quare sio videntes nobis multum ingratum fuit. Dominus autbonius lercarius sic videns miehi retulit quod ipsi videbatur omnibus licentiam concedi descendendi cum rauba sua. Nos his auditis nolli-mus. visa instructione vestra, ipsi domino antlionio consentire, tamen fuimus distinte unaa cum ipso domino anthonio. qui fuit intentionis nostre, et sic deliberatum fuit et est. nec pari modo descendi literas (?). In omnibus nobis per dominationem vestram comissis semper studuimus et in obseruatione illarum, ita quod omnibus stipendiatis et alijs dedimus juramentum orribilem. quod uon descenderent de naui nostra neque ibunt ad insulam magnam et omnia in ecclesia (?) per nos ipsis factum fuit. De naue jeronimi de leone nil dicimus quia per dominum anthonium dominatio vestra erit auisata. Cum usque nunc preteritas nobis post ibidem discessum occur.. magnifi-ceutie vestre notum fecerimus, perinde gestas post hec dominationi \eslie insequentibus paucis traddere sermonibus decreuimus. Quapropter et vento cl equoris vella dedimus prospera ostendentes nostris affectibus, et prima mensis aprilis a diclo loco sudde discessimus in mane orto jam sole, et paulo post borrea egressa est. Nam celebrato consilio cum fidelibus nostris potissime cum piloto amplius nos in eo portu includere nec non quouis modo nauigare decreuimus. ut valeamus implere id quod propter a longe discessimus. Et nauigantes continue illezos a vento contrario, octaua die declinante ad insulam quendam prenominatam lango appetitu a deo atinsimus. in loco quo calmam non compulsit. nec ibi ancoram pro^cere elesimus imo nostro retro viagio totaliter prosequere. Die vero sequenti borrea fortunata agressit. que continue per dies tres illexit, qua de causa, nouit deus, eramus cum summo errore, sed insequenti duodecimo die valde consolali reslauimus prosperum a deo in vespertina hora nobis concessum a miliaria quatuor vel circa per horam. 1 ridecirna die exbucauimus dimisso Io samo a parie dextera, paul" ( 331 ) DOCUMENTI post orto jam sole cum vemo affecto a miliaria x in xn per horam. Ita na-uigantes leto animo, qui statim tunc retrocedit inoposito. ad visum insule chij peruenimus et nauclerius opinio (sic) multorum volente adimplere, de quibus laptius dominatio vestra erit aduisatu. me absente in coperta nec non expertus de simili arte sub dolo ad c;inalem chij nauigare cepit. Que res stante in camera nostra statim auriculis nostris peruenit que nobis nota ami extra me fui et in coperta ascendi, quibus omnibus parti magnificentie vestre sequestratus fui et multa alia palam clamaui que tunc visa fuere oporluna. In quarum responsione multa nephanda in nostra verecundia, que minime erant tolieranda. nobis fuere illata, de quibus intrinsecum remansit dolorem. Quapropter absque verborum multiplicatione nobis visum fuit pro presenti tacere et cum blanditijs rem mitigare, ne forte esset error pejor prioris, quam ex eis facere illud quod fuerat opportunum prouidendi bono respectu, quamuis erant intolleranda. NTichilominus cum dei adjutorio omnia in patientiam tolleraui donec peruenerimus ad affectum locum, ut laptius dominatio vestra ad plenum erit aduisata. Itaque cum nonnullis artibus et blanditijs ad bonum redussimus. et extra insulam pertransiuimus. Die postero in mane ad insulam meteleni cum vento optimo costris affectibus peruenimus. propterea ipsarnet die ad horas duas noctis valens optimeque inbucauimus. Sequenti vero die quinto et decimo in tertijs vel circa in galipoli cum vento affecto a miliaria xu in xm per horam, et ibi juxta consuetudinem male consuetam fieri jussimus. Itaque mandatum factum fui: scilicet vellum dechinauimus. suleuauimusque insignis venetiarum juxta precepta et instructionem vestram. Sexto cum decimo die prope miserabilem et lugubrem et compatiendam urbem cujus commemoratione cor gessit, a miliaria xvm diei hujus principio peruenimus. ibique amplectere et obseulare alter alterum jussimus, quod omnes juxta mandatum obseruauere. una voce clamantes unanimiter inuilu inimicorum velle nostrorum pertransire. nec possem exprimere viua voce cujus-Iibet ipsorum animositatem et possent viro forti herculi comparari, quibus nationis nostre quilibet obbligati sunt et in aliquibus a dominatio vestra digni remunerandi sunt. Inde fecimus traddere unicuique comunam vegetem vini, que cum magna letitia illaritateque ab ipsis omnibus consumpta fuit. Preterea ordina uimus homines liguros ellectos in centesimo numero oportunis in coperta prouidere. Ulterius homines in quinio cum vigesimo numero pro utraque parte pari forma sub coperta slaluimus. ceteros ita vere non expertes sujter lulibus misimus, demum cetera omnia que ad nostram salutem opportuna viderentur fecimus et oidinuuimus. anno 1455 ( 332 ) •L- % Ut nau,aan,es ad locum miserabilem peruenimus a miliaria sex. et • 1Utr D0:?tre re*]a*sìuimus velie ei iter obstendere et honorem de iure peruenientem nobis mnllara n . ere non ve,,e rogauimus. quo facto ad predesti- loc ' saue i J U °- C°°'tat0 Per*CQ'° cepimus nauigare. Demum in quodam PIeu°minato atinsimus. et nos ibi calmam conpulsit. de mn . , LP‘‘cere f^stauìmus cogitate. Ecce statim in loco cum perueni- Ha bebamus UU°Ua 3 comPauea uos ab utraque parte percussit, lesione i-uil^1^'^15 veneliarum. causa si ab ipsorum manibus absque deorsum demslim^T'remaS' qUod miaime Profuit- lIU0 asumPt0 ita,?Qe ea in*;,™;. i, U' et CUH1 sammo clamore audaeiaque nostre comunitatis mMgms subleuauimus • . aj ultimuni " qQe V,S0 'P801"11111 calamitates et velle ustjue h-mt;* , -uppfÌLiuQi nos consumere, visitauimus pari modo eos ex bom- Udru!s et nostris a'ÌR nir - - v quod opinio i usm|s armis, et ex eo Joco omnes aufugierunt. ita msi in mandati*1 t0ram anle ‘P508 Oddere cepissemus est quod fuisset (sic). ueufracrjo fuj-- ~t 3 ma=u,^cent*a vestra habuissemus transitum nostrum absque iu <;eteris «olu^' '>lauern et munitiones in conpanea stantes valde danificauit. uu tntiin ^ ^amPnQm habuimus, quod mirum videtur cogitata hominum ^uauniaietn que in nan r v- cum dimidi erat' forameQ ipsius bombarde in latitudine parmi visum e-^t ' ° t0tl^enillue altitudine fuit. prodigium magnum eo tunc eramus ^U!a can enlH non solitum seruauit. et nisi ea fuisset, in malo a ter>jQ re nauis Nentia m.irinarij nec non nobis stipendiati barcham ar i iu i.j mera nostra a sumpno el letitia occupatam ipsam ( 333 ) DOCUMENTI ceperant que nobis nota valde desolali restauimus. Predicta fuere in hora serotina jam occupata luce a tenehris. qua decausa non fuit in nostri potestate ulterias prouidere. Ascendi in coperta ut cum officialibus nostris eam certis paucis nobis stipendiatis sinerent ipsam, qui omnes in una voce clamantes non velle, asserentes ex bona guerra lucrasse, pari forma dicebant et si bombarde nos in mare summersissenl quis nos juuasset. et multa alia in suo arguebant fauore. de quibus longum foret omnia per ordinem enarrare. Eral in ipsa griparea relationi unius theucri mercatoris sinoppi asperos viginti septem milia theucri. qui ipsius erant, etiam certa pauca multasangius el piomba que ex marinariorum portatis erant cum certis fructibus, cantaria quingentas ramoram que dominus sinoppi caragio magni theucri ex sao tributo dederat. Erant in ea quoque certa diuersa pauci valoris. Dederunt mortem ani ex ipsis iheucris. reliquos ad noctem mediam in nauem redusse-runt. Fecimus qaid in re ista nobis fuit possibile ut hos cum mercibus sinerent. quod minime facere voluerant... peraaimas istic ad tertiam custodiam cam magno labore, quia ad raubam potius quam ad vellifieandum attendebant, nam intellecto eoram voluntates cum blanditijs mitigauimus. Nauigantes itaque quando cum prospero quando cum auerso. ad caffè urbem optatam vigesima prima mensis aprilis a miliaria centumquinquaginta vel circa nos peruenimus. et ibi ipsam^t die omnes stipendiali nostri temptati ab aliquibus ex principalibus consilium celebrauere. in quo terminatum fuit velle raubas ipsius griparee comuniter comunicare, quas raubas diebus elapsis cum omni diligentia que nobis possibile fuit perquisiuimus. Ex quibus raubis solum decem milia hinc inde et paulatim reperiuimus asperos cum magna difficultate, cetera omnia saiuauimus preter fructibus, cum aliquibus raubis pauci valoris. Principales omnes denotata deliberatione consilij in camera nostra accesserunt, volentes quid supra ex raubis partimentum facere. Quibus omnibus bis auditis parte dominationis vestre omnibus sequestratus fai. quoque eis usus fui blandijs ob metum ne arma contra nos susciperent et dominium nauis acciperent ut eorum intentio erat. Rogaaimus eis velle sententie nostre aquiescere. que talis est. quod conducamus raubas et gripaream quousque caffam. et peruenienles eis de jure libentissime concedemus, ad quam sententiam obtinendam valde laborauimus. In samastro accedere at a dominatione vestra habebamus in mandatis (non) valuimus, sit ob tempore contrario sil ob victualia que nobis defficiebant. arbitrabamur quoque a nauibus antecessis prouisum fuisse, quibas sanum consilium rationibus prealegatis cogita uimus fore recte ad viagium nostrum quam in eo loco nauigare. t ANNO I455 ( 334 ) Nam secunda et vigesima die mensis opri lis cafl'am opta lini in occasu solis apelitu a deo atinsimus. Postero vero die tertia et vigesima ejusdem mensis omnes nobis stipendiati el nauium homines armati nobiscum in terra descenderunt. ibique cum soiemnitatibus oportunis septrum ac dominationem, juxta litterarum dominationis vestre tenorem, a domino de leone qui jamdiu huc erat, ut a eo distinta dominatio vestra erit auisata. accepimus, et cum immenso ìonore. ita quod legi sufficeret, acceptati fuimus. Omnes isli populi nostro ob a uentu maximam ilaritatem summamque letitiam sumpserunt et qui a mortuis vidmtur suscitasse. Ciuitas ipsa reperiuimus desolata et inhabitata, tamen retifficare se debeat putamus. Ptocessimus inter cetera sequentibus diebus contra certos ex primioribus ad captionem giipaiee. quos in calcere (sic) ponere fecimus, occasione si asperos e icientes inueniie posseremus. quod minime profuit. Et stimulatus valde a no is stipendiatis ex judicanda rauba ipsius griparee consilium congregare mus quo cdtbiato decreuit omnes raubas quibus sunt consignari, qua-propt.i consignauimus ea que reperuimus ordinate per inuentarium dicto theu-cro mercatori, nichilominus ut asserit defficeret asperos xvn milia, quod nul-actenus credimus. \ oluimus pari forma ramos ei consignare, quos recipere no luit, quo viso consilium decreuit nominè depositi in tadeo adurno petitioni cujus suut. stent. Consignabimus eos requirentes, preter si dominatio vestra mterea aliter precipiet. Insuper diebus his preteritis quedam controuersia inter dominos simonem *11 gri um et marcum de cassina erga paridem de mari in partiti causa orta M. quia ipse paris asserit habuisse ab ipsis dominis partitum janue. ut per processos, quos inferius includam, dominatio vestra erit aduisata. Qui paris nunquam vicarij sententie voluit acquiescere, imo per nos lata fore, quo viso et importunitatem suam cognita, sic fecimus, et deus nouit juxta conscientiam sententiauimus. Ipse paris nam se jaclauit ejusdem velle sententie appellare, ine ipsius judicio iniqua fuit. Igitur non nota eorum judicia, quia gens maligna sunt, oramus vestra dominatio de ista causa ab istis possem siudicari sindicatoribus istinc comittat (luogo turbato), imo per dominationem vestram fore ibi cognita velle, judicio cujus me subcombor. His autem dominationem ^stram instamus ne quod arbitremus sententia indigna lata fuisse, sed pro honore nosti o. quia puto in ceteris me taliter habere quod a nemine acusabor. t nil aliud habemus studium quam honorem et famam vestre atrahere do-inationi. perpete cura valde me cogit, ita quod sepissime me istic opto. -■etei um comparuit coram nobis dominus magister quiricus sacus conquestus giauiter quod preterito tempore officiales quidam mutationem fecerunt ( 335 ) DOCUMENTI in suo salario de sommis lxii in anno in sommis xxv prò anno uno tantum, postea non intendunt ei amplius aliquid dare, asserendo quod omnia officia vacabant anno de MCCCCLquarto. vigore compositionis capte cum. i. d. duce per magnificum officium sancti georgij. Dictus dominus magister quiricus dicebat suum non esse officium, sed prouisionem et compositionem quamdam captam cum comunitate janue de voluntate illorum de caffa. qui scripserunt officio romanie ut huc mitteret medicum, et dicium officium compositionem cepit cum dicto domino magistro quirico ul huc venire deberet ad manendum septem annis cum familia sua. et pro dictis omnibus atendendis fidejussionem prestitil coram diclo officio de ducalis tricentis. pro qua re obligauerunt sibi masariam caffè et ordinauerunt quod dicta solutio fieret inter burgenses ciues et masariam pro tertio, facto partimento. et hoc fuit sibi obseruatum per annos tres cum dimidio. Asserebat etiam dictos officiales non habuisse bailiam talia faciendi, quin imo dicebat nec magnificum officium sancti georgij. volendo justiliam ministrare. posset id facere. Nam dicebat onera et beneficia ciuilatis hujus tran-siuisse ad magnificum olfieium sancti georgij cum obligationibus suis. Itaque putamus eum utilem et necessarium huic ciuitati. ut qui volunt secundum regulas medicine curari habeant medicum ad quem recurrere possint, et hic fecit ut audiuimus curas et experientias bonas. Quapropter si magnificentie vestre videtur, litteram sue prouisionis confirmare velitis. Dictus magister quiricus magnificentie vestre scribit et dat certam auisationem in qua cogitare poteritis, et de intentione vestra nos auisare. Nam omnino dispositus erat i:luc accedere ad petendum justitiam, nisi quia diximus ei ut expectaret hujus littere responsionem. In ceteris occurrentibus ad istas dominationem vestram per alias auisabimus generales et comunes dominorum anlhonij lercarij el damiani de leone con-socij nostri. Verum quoniam jam priuate comisistis. et per vestram nuper per anthonium de rogeriu hic apricato nuper decursi, quam gratissimam accepimus. habuimus ut solidemus rationem compatronis nauium qui nos conduxerunt. id accurate agam cum ceteris de quibus in dicta vestre magnificentie comixistis. Sed si non ita plene ac complete actura fuerit non imputetur ne-gligentie sed poli usversutie patronorum. Callide enim se gerunt et quibusdam cautelis quibus non intendo me inuoluant. ideo si qua impleta restauerint vestre dominationi implenda relinquo, el sic palam predixi ut videre poterint veslre magnificentie ex processibus cum presenti eidem magnificentie missuris. Jnueni enim ciuitatem hanc multum depressam tam fauoribus quairr etiam facultatibus, et concepi hic esse habitatores non ordinatorum morum, cujus ANNO 1455 ( 336 ) rei causa et ratione vigentis temporis et hominum conditionis non ellegi plura executioni mandare, sed potius preslolari tempus idoneum magis, quoniam ut ait salamon omnia tempus habent. Itaque que vellem puto non posse adimplere. nichilominus per comuna iu auisationibus satisfaciemus oportunis. Denique a vestra magnifica dominatione unum instantissime exposco, ut completo mei consulatus officio, in electione mea sit patrias oras redeundi, hoc tamen promittens si completo officio senserim meam hic moram esse necessariam persistendi, manebo. Paratus enim semper sum et ubique vestre spectabili dominationi placere, a qua honorem tantum et gratitudinem sumpsi. Nam nulla michi carior res esse potest quam vestris dominationibus complacere. Transiui enim per ignem et aquam et varias tempestates, quas iu obsequium vestre dominationis cotidie susciperem vicibus iteratis, nec cessabo quamdiu vixero pro vestra dominatione subire labores, quos cum grauiores cognouero tuncjetiori animo suscipiam. Vestram dominationem conseruet altis-simus in tempora longiora. Insuper ut de omnibus dominatio vestra sit auisata. dominis anthonio ler-cario et damiano de leone consocijs meis valde familiarissime fluimur, absque quorum notitia nil per nos deliberatum est. et sumus anime in corpore trium, et nisi fuissent isti domini capitanai qui iu palatio stant, recepsuri cum presentibus nauibus paridis de mari, martini de vultabio et jeronimi de leone, jam simul vitam nostram tam in manducando quam in ceteris traheremus, que naues ad tardius per totum presentem sunt pro chio recepsure. Officiales quorum hec sunt nomina, urbanus de cassana. iosep de rapa Ilo. paulus ragius et jacobus honestus magnificentie vestre deuotissime se reco-miliunt. qui in presenti viagio optime se habuerunt. Menti habeatis eos in futuro. quia sunt fideles vestre dominationis, quam diu altissimus eam conseruet in tìmpora longiora sicut opto. Ex cafla MCCCCLquinto die quinta julij. In presenti includitur mensuram nobis commissam in apodisijs viginti una. de qua copiam non retinuimus bono respectu, auisate nos de receptione si et bene statis. Ex caffa eidem mens, et diei. Earundem magnificentiarum deuotus thomas de domoculta consul. Segue immediatamente la prima poscritta. Simile hujus magnificentie vestre per georgium cigalam terrestri via nuntium proprium, quem putamus ad m. v. cito se transtulisse, tradidimus. Abrade citra paucum innouatum. etiam quia per comunam ad plenum de ( 337 ) DOCUMENTI occursis dominalio vestra erit auisata. Nara postea tam respectu infestationum habitantium quam respectu necessitatis, deliberauimus duas naues pro anno uno retinere, que sunt jeronimi de leone et marini cigaile. quibus stipendia-uimus ut infra, videlicet illa jeronimi de leone obbligata est cum hominibus lxxx. quo mittere eam voluerimus tam causa naulizandi quam guerre, aut alio respectu, per menses sex ad libras xvu pro singulo mense, restum quidem complementi anni, qui sunt alij menses sex. debet huc stare absque ullo stipendio, solum cum dimidio (?) partiti raube prime veris. Illa marini cum hominibus sexaginta modo et forma suprascriptis. Galeam armauimus sub patronatu gregorij de aiegro per menses tres, que usque xii preteriti discessit duabus de causis, primo pro recuperatione castri illicis, quod sub dolo captum fuit a quibusdam piscatoribus mocastri. ut laptius dominatio vestra erit auisata. secundo pro prouidere de victualibus de quibus in maxima sumus penuria et pro ... . nisi ad . . . preuidetur. Ob quam causam se conuenimus certis modis et terminibus cum paride de mari et martino de vultabio quod debeant ad istas reuerti cum nauibus onustis suis granorum. ut per instrumenta que mittimus distinte ac ordinate videbitis, cum ipsis et ipsorum voluntatibus testatis. In ceteris occursis ulterius me (intendi non) extendam, quia per comunam ad plenum m. v. erit auisata. quam altissimus ampliare, sicut peropto. dignetur. Persoluimus. ut per comunam distinte m. vestra erit auisata. piloto capto in moddono et pro ancoragio consulis ducatos xxxv ex ducatis ccl michi per magnificentiam vestram datis, quos per.....rationem habetis ponere, de reliquis massariam habetis facere debitricem pro me. quia ipsos ei consigna-uimus. Nam insuper ad nos comparuit anthonius de quarto ibi accessurus, ipsum magnificentijs vestris recomittimus. tamquam rogatus rogamus. Segue altro poscritto in volgare. E ve auisemo corno in questa citae da poco tempo in qua. a quello possiamo judica, se usa cosa la qua secundo lo judicio nostro non pa honesta, soe. e melo lo caso in noi. e darò una sententia secundo che zuigera lanima mea. de la qual quello chi lauera contra, se ne po apella e no lo vorre far. La caxon pero che sun si auitie e che vorre atimori tuti gli officiari chi sun in questa terra, digando e te protesteremo quando tu sare fora de oflìlio. E questo fa far doi mali, le primo fa si che per timensa di questo, o fa contra la soa conscientia secundo lo favo, la secunda e da tanta longae che mai nisun non ha fin. Per non incorre in simile caso, chi de vegni qui officiare 23 » ANNO 1455 ( 338 ) solo sarario de sodi e sta arexeigo de douei paga dexe milia sommi de le sentencie che da. de auanti o no ge ne aueremo nisun. saluo quelli chi sercherae de far quello chi non se de. et de lo deroba o paga quello che o sera condanao. cum euantaglio. Perche a noi par questa cosa abisognar do remedio. e lo remedio che ve diremo per aregordo. 6 de tuto quello che voi delibererei noi resteremo contenti, chi e questo, che chi a sententia contro se possa apella cossi come se conteu in la regula. 6 non appellandosse non possa auer remedio saluo da le magnificentie vostre. De ogni altra cossa come mangiane sea de forse comodocumque et qualitercumque interuegna. ne pa monto debito stage a sindicamento e sea exeguio secundo che sara dito per li soi sindicatoi. Non vogliamo miga e etiamdee pregamo le m. vestre che o prende queste nostre parole a presuntione. ma anzi venire da grande affetione che anno in lo magnifico offitio vostro, asoche se possa far raxone cum pura mente, che la raxone et lo debito habia logo sensa hauei timor de alcunna cosa. Vogliamo sciali auisati che non digemo questo per noi. peroehe ne basta 1 animo a segui quello che ne pa essere honore de le m. v. dunde e fussemo certissimi de lantora essere morto. Le m. vostre auranno a prouei secundo a quello para e quello se seguirà. Non altro per la presente, messer domenendio sea con voi et voi non abandone. Per comunam vobis scripsimus piene de omnibus occurentibus que affirmamus. Mandatis vestris semper et ubique paratissimus vester etc. Ex caffa die vm augusti MCCccLquinlo. Segue il terzo poscritto di mano del console : ❖ MCCCCLV die VI septembris. Extractum istius missimus vobis quarto modo ut saltem unum habeatis, ut refletis de omnibus aduizati. solum ista pro auizare m. vestris quod . • • • mittatis victualium in quibus sumus et per plus erimus . . saluo si dominus prouidebit. in quo est tota spes nostra. Rogamus igitur m. prelibate velitis in hoc prouidere. nos in hoc vigilamus et facimus que possibilia sunt. In hoc non plus me extendo neque in alijs occurrentibus, quia de omnibus m. vestram per litteram comunam piene de omnibus vos aduizauimus. ^ e pregamo ne vogie compiaxei de quello ve auemo scripto de soura de la sentenlia dacta per noi contra paris da mari. Anchora più presto che se po exclarate quello douemo auei per la preiza de marin cigara. etiam dio quello volen le m. vostre faciamo di li rami preixi chi sum lo caraiho che mandaua lo segnor de sinopi a lo turcho grande. Etiamdio pregiamo le pre- ( 339 ) DOCUMENTI libate m. vostre che per lo bene de questa cita vogia prouei a le pr. . tione le qualle ognomodo de che conditione se sia minacia a lo fine de lo suo of-fitio protesterà corno de soura. e ve auemo a za dicto. E se le magnificentie vostre non ge prouederan. sine dubio serano daete più sententie false e non juste. cha altramenti. e digo per lo tempo chi e a venire. Non vogio che le magnificentie vostre intendan questo e digo per me. aui-sandoue che non sum ni mai foi figio de la poira. questo per auiso a le m. vostre. Ricordo ben con grande melanconia vegando essere vegnuo chie a tempo che non posso ni e possibille fa quello ben e honor vostro che auereiua vosuo e con quello bon annimo e aueiua acceplao. e credo che questo proceda più tosto da li miei peccati che datro. messer jeso xpo chi e somo ben sea quello ge prouega. Mie da lo canto me me darò loco de far si fattamenti che.....mi castigari, porra a voi piaxei in quello che poro e sauro con ogni arte per lo ben. mediante semper la justitia, e questo tegna la m. vostra a certo, e non seguiando quello auro dito reputo esser piuttosto interuegnuo per ignorantia cha per maritia. Messer domeneudio chi sa ogni cossa me sea testimonio de la me bona disposision. lo quar sea semper cum le m. vostre e mai non ve abandonne. amen. Vester totus in omnibus thomas de domoculta cum umili recommendatione. DOCUMENTO CXXXVII. Lettera confidenziale di Damiano Leone, secondo massaro di CafTa, a Paolo Maineri cancelliere del banco di s. Giorgio. Udo 5 luglio. (Filza di Caffa, n. 56) (Extra) Egregio ac circumspecto viro, paulo mainerio. in janua. (lntus) Jhesus. Egregie frater honorande. Quante letitie sint semper mihi liltere vestre nouorit deus, cum in ipsis nunquam inspiciam quam exhortationem bene recteque viuendi. gloriam et famam aquirendi. Satis quidem atque satis incitant me littere ipse circa regimen consulatus et massarie. exortantes omne adhibeam studium, etiam ultra vires, ad reducendam ciuitatem istam pristine fame et glorie, et potissimum tempore regiminis consulatus mei. cum intel- anno 1455 ^ ^ T-“a pars ^ meamm' jun' >■ nam semper a di imum mihi erit circa ea litteris vestris excitari, semper quantum^^00 emaDate aParent- Ex quo oro fraternitatem vestram vehemens- m M ^3S est' P*aceat litteris ipsis damianum visitare, qui Que ^ 1PS'S C0noratalatur. a nobis&tribus SUDt ex adventu nostro per litteras comuniter scriptas extendam. quumT ^ °ffiC,° P,e°e insPicietar- Ex 4ao circa ea non me quam filia- c H111161^ tenea,>s animum illum habere erga rem publicam Qualiter • GSt habere erga patrem, ctans. deo predi11 ^ PlC1DlDUS m Umere ^ habuerit narrare non curo (’). expe-prouiderit Dis li .temP0re vot)is °retenus queque narrare quod male sibi dilligebatis 1S^1Cet sit respectu ipsius, sit respectu vestri qui eum et habuit 1100 61 P051*^111 hic est- bene et satis diligenter se habet cum illos^eo 1 m'C^' Comiriendare aliquos quos inteligem apud vos caros esse, dubitetis 'acolT Car°S haJ)eam ut inleligo vos habere. Ex quo non littere vestrp ° ^f01' vestro ta*em tractamentum faciemus quod inteliget que verbo sibiT^UnraUm Prodesse- cui me obtuli et effectu aspiciet ea pationum mav' ^aerQnt' ^*cet a°tenus id demonstrari non valui occu-spositus «um ^arUm re*Pecta- Fiet de cetero effectualiter ut teneor et di-digna refferre ^ au*sa*)imus semper. Allia non video fraternitati vestre animo nostri ^Uam qUod Petrum (?) et franciscum consocios vestros equo quesiui commlsa'6 Sa!'ftate' ^aibas D0Q scr'bo temporis defectu. Pro petro amentum reddam M U5.^aclenus recapitum dare non vallui. fiet et aui-anueli tarigo pro francisco relationem feci, qui facto C) Si i»i|0 v'a?giù a Cafra ner11! ^ ' alcun dubbio che il capitano Giovanni Piccinino con Damiano Leone, terzo console desig nato. ( 341 ) DOCUMENTI sereno indilate patriam accedet, et teneo bonam habeat conditionem. Ipsum quidem manuelem hituilu ipsius francisci ortaui causa repatriandi, quod minime facere velle asseruit, hec ut inteligat idem franciscus sua menti habere. Nec allia quam opto quid vos optare valeam feliciter. Es caffa die V jullij MCCCCLV. Damianus de leone prouisor et massarius caffè salutem. DOCUMENTO CXXXVUI. Lettera dello stesso ai Protettori sugli affari di Caffa. 1455 5 luglio e 3 settembre (Filza di Caffa, n. 57) (Extra) Magnificis dominis protectoribus comperarum sancti georgij. excelsi co-munis janue. (Intus) * Jhesus. Magnifici domini. His diebus elapsis via pere scripsi vobis ordinate circa meum huc aduentum. et sic quantam adhibuerim operam circa celeralionem ejus accepsus. postpositis omnibus que ad hujus effectum ostare deberent, nullo habito respectu preter commissiones vestras execuiioni mandare. Ex quo circa ea nil alliud dicam, sufficiendo scripta per alias (’). Cum nauibus nostris huc apulsis vigesima secunda die mensis aprilis. in quibus affuerunt spectabiles domini thomas et antonius consoci] mei. accepi vestram per quam ortatus sum circa justitiam faciendam el bonum publicum diligendum, quantum perlinet potissime circa executionem cujusdam scandali perpetrati tempore quo hic erat acelinus lercarius cum sua naui. per aliquos arma leuantes et clamantes, inter quo sensistis fuisse julianum fratrem meum, ortantes nullum habeam ad fraternam dilectionem respectum, ymo cum socijs quibus executionem committitur, si julianus ipse inteligerem in scandalum incidisse, viriliter procedere debeam, cum id facere habeam, dicitur ex hu- (1) Queste lettere che ci avrebbeio chiaritole avventure del suo viaggio terrestre, non sono pervenute sino a noi. ANNO I455 ( 342 ) manime maxima magnificentiarum vestrarum, juxta antiquam consuetudinem meam et morum meorum, qui solitus sum nichil bono publico praeponi (’). Nam magnifici domini in hoc pauca dicere volo, ne potius jactantie quam virtuti attributum esset, sollum inteligatis ab adolescentia mea nil alliud optati-uisse quam decus et famam, in quo perseuerare omnino, obmissis omnibus, dispositio est. intelligens impossibile fore id prosequi posse nisi bonum publicum omnibus preponatur. Etiam id necessarium est ad beate eterneque gaudendum juxta cieeronis sententiam in libro de somnio scipionis iuquiens: sed quo sic affricane alacrior ad tutandam rem publicam sic habeto, omnibus qui patriam conseruauerint adjuuerint auxerint certum esse in celo definitum locum, ubi beati sempiterno euo fruuntur. Ego quidem his consideratis vestrisque lectis, ac ortationes et commissiones vestras considerando, que nou parum semper mihi menti sunt, disponenda effectu demonstrarem que verbis assero, et dato impossibile sit respectu fragilitatis nostre fratri non compatietur, hoc in gaudium et exultationem accidisse reputabam, de quo congratulabar. Indilate quidem socios infestaui circa negotij veritatem inquirendam, postea ad executionem prosequendam, asserens unde inteligalur fratrem ipsum meum in peccatum incidisse ad executionem ipsius ego solus procedere velle nudo alio mediante, quod prosequissem nullo habito respectu, teste domino. Sed ut per litteram comunem nostrum trium consulis et massariorum magnificentie vestre auisate erunt, a nemine inteleximus julianum ipsum similia perpetrasse, ymo certo respectu moto absque rauba in ponte visus fuit. His omnibus enim consideratis el examinatis, socijs meis visum non fuit circa ipsum procedere secundum magnificentia ipsa commitit. quod et facere dispositi sumus erga aliquos quos inteligimus auctores ipsius sceleris et scandali fuisse. De quo suo tempore magnificentias vestras auisatas reddemus, que pro semper vollo habeant me semper optare commissiones suas adimplere et status ipsius concernentia ac augumentum. De casu ipso feci vobis longam cantilenam, casus importando et salis honòri tangenti. Habeo rationem reddere magnificentijs vestris ducatorum lx mihi datorum in recepsu meo de ibi pro expensis fiendis in itinere johanni picenino et famulo capto juxta commissionem vestram. Etiam de procepsu equorum duorum nomine dictorum johannis ei famuli per magnificentias ipsas soluptorum. quod faciam cum primo ordinate, cum tenuerim in itinere dierum rationem expensarum partitasque ipsas ordinate anotaui. per quas inteligetis quid expendiderim. non fario in presenti propter maximas occupationes in quibus sum. Idem dico (*) Allude qui il massaro Damiano al precedente documento CHI. ( 343 ) DOCUMENTI nuisatas faciam de moneta mutuata gregorio de sorba et jacobo orguxio. a quibus in toto nondum exacta est. sed uon falibit. Id factum erit. de quo ul supra magnificentias vestras auisatas reddam. Allia pro presenti non video pro magnificentijs vestris digna relatu, cum per litteram comunem de omnibus m. ipsas auisalas reddamus. Unum non obmittam. quod ad alliud non tendimus tres, qui unum sumus, quam tum ad bonum publicum tendit, quam circa gubernum et concernentia augumentum status vestri et rei publice, de quo ne dubitent. Magnificentiarum vestrarum mandatis me paratissimum offero semper. quem commissum habere placeat. In domino valleant. Ex caffa v jullij mcccclv. Segue Ia poscritta. * Die III septembris. Hujus exemplum misi magnificentijs vestris cum nuntio terrestre misso ac cum nauibus paridis de mari et martini de vultabio. Postea multa occursa sunt tam retentionis nauium duarum jeronimi de leone et marini cigale. quam de partito cum predictis paride et martino capto redeundi cum eorum nauibus onustis victualibus, hoc timore penuria victualium, in qua laboramus, et io preuisionem carest... cum tempore per mullum plus laborare. Quibus modis et formis cum predictis se conuenimus non scribam, cum per litteram comunem ordinate auisale erunt magnificentie vestre. Unum non obmittam. quod meo judicio non minus timendam est penuria viciualium. quam potentie domini teucri aut tartari. Ex quo magnifici domini ut per comunem scribimus utilissimum et fructuosum esset versus ibi de una vel duabus nauibus granorum onustis prouideretis hic mittendis. De quibus attenta pace catalano-rum teneo amitti non se possent. Nam induceretur magna securitas et solamen habitantibus, sil auisum. Gallea nostra a mocastro et ilice redijt et nil facere potuit, nam locus ilicis munitus est nomine petri vayuode domini velachie inferioris et mocastri. qui restituere non vult, quod mihi displicuit, timens cum tempore ne locum illum ad allias manus non perueniat. quod posset esse semi destructio cabellarum nostrarum. Isti juuenes de senarega cujus castrum ipsum erat, iu eo ut sentio maximum habuerunt dampnum. cum in eo multa habebant bona et pecunias, at a thoma de senarega presentis latore intelligetis. quem cum fratribus magnificentijs vestris comendatos facio, qui thomas ex captione ista in toto destructus restat. Orator theucrorum qui ad tartarum fuit, hic est recepsurus infra biduum, cum quo tartaro intelleximus multa tractasse pro veris tempore. Fuit a nobis veneratus non amore sed potius timore, et obstendit verbis esse contentus. ANNO 1455 ( 344 ) promisitijue domino suo mirabilia refferre. cum quo secundum sentimus conjunctissimus et paratissimus est. Nec allia quam magnificentiarum ipsarum mandatis iterum me paratum offero, que valeant iterum. Magnificentiarum vestrarum deuotus damianus de leone cum recommendatione. DOCUMENTO CXXXIX. I duc commissarii Simone Grillo e Marco Cassina esortano i Protettori a rimettere nell’officio di capitano dei borghi in Caffa Nicolò Bonaventura. 4 453 5 luglio (Filza di Caffa, n. 58) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. (Intus) Spectabiles et magnifici domini. Per alias nostras litteras vestre dominationi notum facere curauimus de omnibus contingentibus in itinere nostro, atque de actis per nos in itinere nostro, atque de actis per nos in ciuitate caffensi. De applicuitu etiam successorum nostrorum tam a nobis quam etiam ab alijs credimus eandem dominationem ad plenum esse informatam. Verum tamquam auidi boni status et augumenti hujus ciuitatis caffè, que magnum honorem prestat toti januensi nationi, per has presentes curamus vestris magnificentijs notificare, quod in hac ciuitate prima cura habenda est ut etsi omnes officiales oporteat esse viros integros et tendentes ad bonum, potissime cura habenda est ut capitaneus burgorum talis extet. de quo omnes merito conternentur. Id enim officium multa connectit et sue cure multa succumbunt. Est enim magne utilitatis populo si virtuti intendat, magne etiam perniciei si longe se traxerit a virtute. Cum autem experimento cognouerimus nicolaum bonauentura quondam domini georgij in dicto officio laudabiliter se gerere, et illi exercitio aptissimum. attenta qualitate persone, attentis bene sepius actis ab eo. attento quod gratissimum uniuerso huic populo se exhibuit, attenta querella uniuersali totius populi de sua ab illo officio remotione, attentis etiam pro eo precibus populi nobis factis ut vestris dominationibus de illo scribere curaremus, ut in illo ollicio reponatur, predictis omnibus consideratis, vestras magnificen- ( 345 ) DOCUMENTI tias exhortamur ut quam celerius facultas dederit eundem nicolaum juuenem aptissimum et bene meritum et ciuitatis hujus excelentissimum amatorem ad capitaneatus officium promoueatis non ad annum sed ad annos. Hoc veslre dominationi testificantes quod nisi ex certa experientia ejus probitatem et bene acta non intellexissemus, hec scripta tante dominationi vestre magnifice non daremus. Valeat veslra spectabilis dominatio per secula longiora. Ex caffa die v jullij de mcccclv. Simon grillus et marchus de cassina. DOCUMENTO CXL. Nicolò Bonaventura dichiara ai Protettori la fine del suo officio di capitano dei borghi di CafTa e li esorta a dargli un successore. 4 455 5 luglio (Filza di Gaffa, n. 39) (Extra) Spectabilibus et magnificis dominis protectoribus sancti georgij. comunis janue. (Intus) Spectabiles et magnifici domini. Ut per multorum litteras vestre dominationi directas notificatur. functus sum capitaneatus burgorum officio, in quo quantum valui me solicitum prebui ea agere que in requiem hujus populi caffensis cederent. Quod agere debui et ratione natalis soli, precipue tamen ob honorem vestre dominationis, ut iste populus inteligeret vestram dominationem ad melioras hanc ciuitatem ducere velle conditiones et sopire malos quorumdam mores, de quibus hactenus querelle non fiant. Fateor tamen me non eam diligentiam adhibuisse que fuisset necessaria, non quidem mala in-: tentione sed potius ignorantia vel inexperientia. quoniam id officium aut similem nondum exeeutus fueram. Gratias tamen ago deo quod meam famam incolumem seruaui. ita ut senserim hujus ciuitatis nationes diuersas vestris scripsisse magnificentijs ut me in officio reconfirment. Et quamquam semper sim paratus pro magnificentia dominationis vestre omnes subire labores, obsecro tamen ut de alio magis idoneo ad id officium prouideatis. Neque enim me tanti facio quantum beniuolentie apud vestram dominationem fecerunt, non enim me ipsum ignoro, ipsi autem amore constricti illa scripserunt, qui ANNO 1455 ( 340 ) ut publica scola fatear, nescit quandoque seruare modum. Unum tamen suppliciter a vestra dominatione deposco, ut grata habeatis mea seruitia et reue-rentiam quam erga eandem gero. Paratus enim sum quecumque v. d. ad honorem cedunt, exequi cum effectu, nec michi ulla res carior esse poterit quam precepta michi ad vestri complacentiam data, executioni mandare, quam rem diuturna experientia comprobabit que rerum magistra est. Vestre magnifice dominationi me facio recomissum. Ex caffa die v julij de mcccclv. Ejusdem dominationis fidelissimus nicolauS’ bonauentura. DOCUMENTO CXLI. Tommaso Colombano ringrazia i suddetti del conferitogli capitancato dei borghi in Caffa, e li supplica a non rimuoversi dal primitivo disegno, per le richieste fatte dai Caffesi in favore del Bonaventura. 1455 5 luglio (Filza di Gaffa, n. 60) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. incliti comunis janue. suis dominis singularissimis. (Intus) Magnifici et potentes domini Ex litteris per magnificentias vestras huic domino consuli et massarijs transmissis, benignitatem vestram quam maximam et in me dilectionem fide occulata intellexi, qua cogor quam plurimum ipsis magnificentijs vestris fore obligatum. Presertim cum nulla per me data opera ex vestro gratiarum fonte, officium capitanealus hujus loci mihi fueiit concessum. Quod profecto in magnum remunerationis pretium existimaui. non tantum beneficio quod consequi possim, quantum amore et dilectione, quem erga me ostendistis habere. Quamobrem. domini mei. gratias quam plui imas vestris magnificentijs ago. meque in cunctis beneplacitis vestris non quemadmodum conciuem vestrum sed tamquam seruum paratum exibeo. Dilatastis enim michi officium consulatus copparij usque ad annum de mcccclvii. pro cujus interesse dictum capitaneatus officium mihi contulistis, quod diligenti cura, ut honor sit dominij vestri, exercere studeo. Et quia audiui per nicolaum bonauenturam plurima opera facta fuisse ut dictum capitaneatus officium per vos sibi conferatur, exinde litteras subscriptas nonnullorum ma- ( 347 ) DOCUMENTI nibus ad magnificentias vestras transmittere ordinauit suam probitatem apro-bantes. ut ipsarum litterarum vigore magnificentie vestre in concessione dicti officij magis se declinent. Ego enim famam suam aprobo. nec tamen in hoc officio me minus quam ipse aptum esse existimo. Ex quo magnificentias vestras deprecor ut dictum officium ex ipsis vestris litteris mihi collatum refirmare velitis juxta tenorem ipsarum litterarum, ne aliorum scriptis injuste damnum patiar. Data caffè mcccclv die v julij. Ejusdem magnificentie deuotissimus seruitor thomas collumbanus cum recommendatione humilima. DOCUMENTO CXLII. Carlo Cicala, console di Soldaia, annunzia la morte del vescovo di quella colonia, e l’elezione del successore. ■1455 7 luglio (Filza di Caffa, n. 61) (Ex Ir a) Magnificis ac prestantibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. comunis janue. (lntus) Magnifici ac prestantes domini. Hijs diebus scripsi magnificentijs ; vestris quantum vissum fuit esse opus, heri vero deus ad se vocauit reuerendum dominum episcopum istius ciuitatis. de quo omnes isti burgenses latini greci alijque generis homines huc habitantes satis contristati sunt, et merito, quia bonus pastor fuit. Est judicio meo valde necessarium ut ad hunc episcopatum subcedat religiossus aliquis bone conscientie. tam respectu istius indeuoti populi, quam respectu sclauorum et sclauarum qui huc dietim aufugiunt. Cumque consuetudo sit quod subito reducantur in posse episcopi, qui si timeat deum ad fidem nostram et in libertate ponet, sicut fieri debet, et sic faciendo sal-uare multas animas potest, si vero eligeretur episcopum (sic) minus idoneum sequeretur oppoxitum. Ideo ortatus fui satis prefactos nostros latinos quod cogitare velent de aliquo bono religiosso. apto ad regendum istum episcopatum, tandem concordati sunt unanimiter in fratre dominico de mariana caffense ordinis sancti francisci commorante in caffa. et sic inferius manu sua adfir-mabunt. Quare quamprimum prelibatis magnificentijs vestris habile sit. rogo etiam ANNO 1455 ( 348 ) et eorum parte quod suplicare placeat apud sanctitatem domini nostri pape, qu \elit eligere prefactum fratrem dominicum in episcopum istius ciuitatis meris apostolicis eidem mandare quod predictum episcopatum acceptet, m si ' kum sit. habere placeat alias litteras a reuerendo domino gene-e or injs sancti fraucisci. per quas prefacto fratri dominico simili modo deuot Ur' ^U'a D*X* la^’as mandal>s stringatur, minime aceptabit. cum ditn • ferSOna el non T^rat dignitates ac sit episcopatus iste paucissimi re- potui c Vh °^US est omnibus litteris sit compulsus. Curaui ut melius qu ec deliberatio secreta teneatur, quia si ipse frater dominicus de ea notitiam haberet ri,-,. • v _ ' aaret operam m contrario. Nec circa hoc aliud dicendum rei et c’00 ^ magrdficentie vestre intelligent importantiam hujus _ °ient me^Us prouidere quam recordare nescirem. Mandatis quarum mper paratus. Data in soldaya die vii julij mcccclv. ^ ester carolus cigala consul soldaye cum humili recommendatione. guono in altrettante linee le sottoscrizioni di quattordici tra borghesi e lahm’ Stanti in Soldaia. Lanfranthus de lorto. De ejus commissione quia caret visa Antonius arditus (?) Johannes de gentilli Batista de castilliono Vesconte de goascho Micael guaschus Jacobus de castilliono manu mei thome fillii sui Johannes de nigro Johannes de castelatio Antonius de guascho manu mea johanis fratris sui quia ipse est absens Jacobus ratonus Goarcus de palodio T colaus de simiìso manu mei jacobi ratoni de ejus mandato, quia •gnarus est litterarum Manuel pansanus. ( 349 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CXLIII. Prima risposta dei Protettori a papa Calisto III sulla cattura della nave e del capitano Angelo Morosini. 1455 18 luglio (Litterar. off. s. Georg, ann. U5-M457) (fol. 119) Sanctissimo domino nostro pape. Reddidit nobis, sanctissime ac beatissime pater et domine colendissime, litteras sanctitatis vestre vir egregius angelus mathei. que nos hortantur ut dominum angelum moresinum in urbe famagustana detentum sine ulla redemptione liberari faciamus, cum presertim beatitudo vestra statuerit hunc virum rerum maritimarum peritia insignem exercere contra hostes nominis christiani. idemque dominus angelus caplus fuisse dicatur eo tempore quo stipendio sancte romane ecclesie contra infideles militabat. Nos. beatissime pater, qui pro summo affecta, singularique veneratione et deuotione nostra erga sanctitatem vestram jam dudum statuimus et in hac et in quibuscumque alijs rebus beatitudini vestre pro virili nostra morem gerere, utile arbitrati sumus ante omnia de ipsius domini angeli moribus et vita, et quomodo in potestatem capitanei nostri famaguste peruenerit. pauca beatitudini vestre memorare, et post hec liberationem ejus ad judicium et arbitrium supreme sapientie vestre reijcere. Cum vir iste longo tempore non infideles sed nostros potius reliquosque christianos more piratico capiens et diripiens et nemini parcens, maria infestaret. non contentus predis ac direptionibus, omnes christianos. quicumque in potestatem suam perueniebant. remo adigebat. Adeoque hujusmodi viris triremem unam impleuit. ut ipsorum non exigua multitudo conspiratione inter se facta, contra ipsum dominum angelum insurrexisse dicatur, eumque et triremem in portum famagustanum deductam capitaneo famaguste tradidisse. sub tamen quibusdam pactis et conditionibus que in hunc usque diem nobis ignote sunt. Hec ita breuiter sanctitati vestre significare statuimus, ut beatitudo vestra, re cognita, possit de ipsius domini angeli vel retentione vel liberatione decernere prout utiiius fore judicauerit. Nos enim ut sine mora omnis super re ipsa sanctitatis vestre deliberatio executioni mandari possit, mittimus beatitudini vestre his annexas litteras jubentes capitaneo famaguste ut si sanctitas vestra litteris suis eidem capitaneo ita jusserit. sine ulla redemptione liberet eundem dominum angelum. Quamquam subdubitamus consyderatis tot predis totque damnis per ipsum dominum angelum nostris ANNO 1455 ( 350 ) et omnibus christianis. ut supra, omni tempore more piratico illatis, ne dictus capitaneus famaguste de eo. ita jubente justitia, supplicium sumi jusserit antequam liitere nostre ad eum perueniant. quod nobis molestissimum esset, qui et in hac et in omnibus alijs rebus super omnia desyderamus voluntati beati-tudinis vestre satisfacere. Quod reliquum est. nos semper ac nostra omnia sanctitati vestre deferimus et suppliciter commendamus. Data die xvm julij 1455. Beatitudinis vestre filij jc seruitores deuotissimi protectores comperarum sancti georgij comunis janue etc. DOCUMENTO CXLIV. Comando dei Protettori a Bartolomeo Levanto, capitano di Famagosta, di liberare il suddetto capitano Angelo Morosini, se dal Papa ne avrà l’ordine. 1455 18 luglio (Litter. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 122) Acceptis litteris sanctissimi ac beatissimi patris et domini, domini calisti. dignissimi summi pontificis, nobis commendantibus liberationem domini angeli morisini qui in ciuitate famagustana vinctus asseruari dicitur, cupientes in re ipsa sanctissimi domini nostri voluntati obtemperare, harum litterarum auctoritate jubemus viro spectato bartholomeo de leuanto capitaneo famaguste. ut si idem sanctissimus dominus noster litteris suis ipsum capitaneum monuerit quod dominum angelum liberet sine solutioue alicujus redemptionis, mox pareat ejusmodi monitioni ipsius sanctissimi domini nostri, eundemque dominum angelum libertati restituat, non accepta nec postulata ab eo ulla pecunia nomine redemptionis. In cujus voluntatis nostre testimonium has litteras fieri et sigilli nostri impressione muniri jussimus. Data janue die xvm julij MCCCCLV. DOCUMENTO CXLV. Altra dimanda dei Commissarii in favore di Nicolò Bonaventura. 1455 6 agosto (Filza di Caffa, n. 62) Ex caffa mcccclv die vi augusti. Essendo quasi per intiero del tenore del precedente documento CXXX1X, omettiamo di riferirla di bel nuovo. DOCUMENTI DOCUMENTO CXLVl. Gli Armeni stabiliti in Cafla chiedono ai Protettori che vogliano confermare Nicoloso Bonaventura nell’ ufficio di capitano del bazar e dei borghi di quella città. 4 455 6 agosto (Filza di Cada, n. 63) (Extra) Magnificis et potentibus dominis protectoribus comperarum sancti georgij. dominis caffè totiusque maris majoris. et januensium in imperio gazarie etc. (Intus) Magnifici e possenti segnor. E vogiamo crede che a la segnoria vostra non sea manifesto de monti (sic) laironici, li quae per lo passao sun staeti comissi in lo bazar e li burghi de questa vostra citae per deffeto de le cattiue e peigre goardie de li capitanei passai in forma che grandi dani a portao li poueri butegae. Or pu da lo meise de zenar fin anco dij. lo bazar e li burghi sun staeti segurissimi e sensa dano per le solicite e grande goardie le quae sun staete faete di e nocte per messer nicheroso bonauenlura. chi per questo tanto tempo e staelo capitaneo per via de acato e cum grande nostre ortatioin e pregere. Persoche de lo anno passao questa nostra citae si fo circunda da turchi e tartari, e elio cum cinquanta e alcunna. sia sessanta, homi, a le speize soe de pan e vin. a faeto per tuti li bizognozi loghi de la terra marauegiose goardie cosi de jorno come de nocte. Occorre a lo presente che la magnifica segnoria vostra a electo e mandao nouo capitaneo a lo borgo e bazar, lo quoa. ni etiamdee altri, aueran cosi bonna pratica de lo parlar gregesco e tartaresco conio lo diclo messer nicheroso. ni le bonne usanze le quae sun necessarie a lo capitanego. ni ancora aueran la lor personna cossi habile e vigilatiua corno a elio, lo quoa la nocte semper vegia e sta cum li ogi aperti a la goardia tamis iguui noslris et aliorum Christianorum periculis ad vestram san-t tatem sapieniissiniam confugimus, quam non dubitamus diuina prouidentiu p tissimum tempoie ad apostolicam sedem assumptam, ut suo impulsu et uniuersalis fides et Christianorum decus instauretur. Apud eandem, nnct ^resens necess'tas exprimit, preces fundimus, obsecrantes ut causam tentur .:n ° lr‘slian°rum foueat. ceptum opus ne deserat, christiani conci-'II H SUIJlaDtUr aima- qae si non ita statim inferri terra marique possunt, vim f Sa |emmar|timi auxi li j non denegetur, quo tantisper hanc paratam maximM 10^'S C°Dt'neat el nos sa*u' esse possimus. Hec ita fieri non uantur ^ ^ ^ ^Utamus et aP0St°lice auctoritati non difficile. Conser-s[janj . non §rec* non schismatici sed italici generis antiquissimi chri-. ^U1 s^mPor sacrosante romane ecclesie pio affectu et dediti et obse-quentissimi fnprnm . • . . . m Quorum tutela aliorum pericula propulsantur. Quod si ea infelicitas esspi m • . christum d ' JUSt6 Preces aPulJ christianos deperirent, jesum nos ini ‘ 0minUm Dostrum judicem inuocamus. vestram sanctitatem testantes periculi U C^ll*st'anis destitutos, pro fide tamen usque ad extrema cui ' PU=naturos- Paratissimi semper omnibus obsequijs beatitudinis vestre A pe e* humiliter exosculamur. Ex chio die xiv augusti mcccclv. DOCUMENTO CXLIX. 1 Protettori di s. Ginr • P°tente armamento di'10’in'°Can° 8nClie eSS1 ^ p3pa ^a,ist0 un nuovo e Maometto. eserciti e la coalizione di Principi alla crociata contro 1455 2G agosto (A.nnal. Ecclesiast. Odorici Raynaldi ad ann. 1455, n. XXXIII) nuenses, ad Callist ^ or*entaMus coloniis imminentibus certiores facti Ge-dederunt; quibus ^ ^BrClS> Educto in discrimen orienti opitularetur, stri et -paulo am /' S°r*?ia. est dies XXVI eiusdem mensis: evolutoque bime-surn fuisse adeo \ t ^ S^n^Caruni B°sph°rum Thracium a tureis obses-cumque naves duae ' nails ln Fontum Eusinum penetrare posset: rendam Caffemih lTlStructae omni bellico apparatu essent missae ad fe- Gosi 'I RainaId7 n™’ tUrcarurn dol° fuisse interceptas etc. 1,1 seconda lettera dhettaTs“ccila,0_ U mese a cui accenna è l’agosto, e CLXVII. 31 rotetlori a papa Calisto vedila sotto il documento ( 355 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CL. I tre Consoli espongono ai Protettori un quadro generale dello stato economico, politico ecc. di Caffa, e narrano le cose da loro già fatte a bene della città. 4455 . . agosto (’) (Filza di CafTa, n. 65) (Extra) Magnificis et prestantissimis dominis protectoribus comperarum sancti georgij. excelsi comunis janue. (Intus) Jhesus Magnifici domini. Non dubitamus ante islam magnificentie vestre patefactum fuerit quanto animo quanta virilitate et audacia, nullo habito respectu ad bom-bardarurn impelum ac leucrorum potentiam, elespontem preteriuimus inuitis teucris. obmissis quidem mortis timore ac pusilanimitate. ad aliud non ten^ dentes quam ad exaltationem magnificentiarum vestrarum, saluationem quoque loci istius, quem atlingimus (sic) vigesima secunda (die) mensis aprilis. nec fuit possibile alicui ex nauibus samastrum accedere, quia a vento id nobis obuiatum fuit, quamuis ire fatigauerimus. Sequenti quidem die que fuit beati velixiferi (sic) nostri georgij. cum omnibus stipendiatis et comitiua nostra ordinate descendimus, et inuenimus dominam «Jamianum de leone consotium nostrum. Qui terrestri via primo mocastrum deinde maritime huc secunda die ejusdem mensis appulerat, qui et se circa iter et que facienda erant ad celerationem ejus aduentus ad istas mirabile se continuit, eumque in consolatus officium reperiuimus. A quo quidem quau-lum decet humane gratiose et honorifice recepti fuimus, qui insimul portam vonitiche vel filalorum (?) burgi primitus ingredimus. ambulantibus antea omnibus stipendiatis et nauium hominibus suisque armis fulciti cum ordine debito. retro magnam summam ciuium et burgentium. ad ecclesiam beate virginis in boizale positam venimus. Deinde ad logiam consuetum locum sceptri, accipiendi peruenimus. in quo per predictum damianum michi thome consignatum fuit consulatus sceptrum, prius per ipsum expositis verbis op- (’; Questo documento non avendo data di sorta noi lo collochiamo in agosto 1455, nel quale stimiamo per molti indizi essere stato scritto. anno 1455 ( 356 ) portunis et tali actui condecentibus. et sic successive per me. Qui damiunus inuenimus bonum dedisse principium erga regimen et justitie administratio-nem. quod et de preuio acteDus nos sumus sussequenter quoque dispositi facere omnino, nulla babita consideratione neque respectu nisi concernentia bonum et augmentum status vestri et istarum partium, in quo dominus sui gratiam michi vim ac firmitatem prestare dignetur. Quanta occursa sint ex captione cujusdam teucrorum griparee per nauem martini de vultabio. invicto (sic) me consule qui in ea eram, auisati eritis per litteram propriam mei thome consulis, qui is plene informatus sum. qui vere circa gesta in eam bene dilligenter ac honeste se habuit, affirmantes nos que per ipsum in littera propria scripta sunt. Satis cito cum hic fuimus exeeutioni mandauimus que possibilia fuere mandari, secundum per instructionem comissistis. videlicet tam circa juramentum prestituni omnibus locum incolantibus pro omagio et fidelitate facundis. quam circa eos ortando ad bene recteque viueudi. in quo factum fuit ordinate quid expediens eràt. Reperuimus enim locum siue castrum batiarii doloze aruptum fuisse per johannem bozium. qui in eo loco presidius erat per illarium marinum ipsius loci dominum. Pro recuperatione cujus loci simon et marcus inuenimus misi fuerant homines aliqui causa habendi dictum locum, quod fecere minime. ex quo coram nobis fuerunt pro dicto iliario agentes, requisiuerunt quod vellemus dicte fraudi prouidere. asserentes multa per que iutelligere poteramus quantum locus ille bene cedit huic ciuitati tam victualium respectu quam diuersis alijs de causis. Quibus auditis disposuimus consilium conuo-catorum adunare, in quo narrata fuere que necessaria erant, et fmaliter deliberatum fuit omnino bonum fore prouisionem dare, ne locus ipse in manus pirratorum et seditiosorum remaneret. Videlicet quod per nos prouisum foret de stipendiatis cl incirca, quibus ipse illarius siue agentes pro eo victum prestare obbligali essent, cui iliario per massariam facta est fides asperorum xvi mil. quos restituere obligatus esset, unde locum ipsum recuperaretur sub fidejubsione gabriellis de prementorio. et si non recuperaretur dictus illarius bonaque sua obligata comuni restabant. Qua deliberatione parata ad exeeutionem processimus et ipsi iliario dedimus stipendiatos da . l. incirca, in quibus erant jacobus de capua cum sua comitiua. presidens omnium nicolaus de boemia sarbalerius cum sua (?)• et anthonius gentillis de corsica cum sua. nec non certi alij. qui in quadam naue ipsius illarij et quadam griparea accessere et se direxierunt ad viam loci ipsius. Et cum fuere ad partes vosperi. illi de societate jacobi de capua ( 357 ) DOCUMENTI qui in nauo una cum ipso jacobo erant, seditionem fecerunt et dominum nauis ceperunt, spoliato ipso jacobo omnibus armis et johanne sclauo omnibus bonis armis et pecunijs in terram projecerunt, et sic illarum predictum. \o-luerunt deinde capi gripaream in qua erant predicti nicola et anthonius ac certi alij cum comitiuis eorum. quod minime facere potuerunt, ymo viriliter restiterunt, et honeste ijdem nicolaus et anthonius se habuerunt. De quo quam citius facere potuerunt, nos auisatos fecere. Quo audito, subito dubitantes ne ipsa nauis cum hominibus scandala in hoc mare comitteret ut faciliter facere potuisset, subito habito nouo. quadam dominica die nauem jeronimi de leone et galleam expediuimus cum quadam nauicula que ad viam vosperi se contulit, et dictam nauem cum malefactoribus minime inuenerunt. ymo recesserat. Existimantes ad viam mocastri se dirrexierat. nauis ipsius jeronimi iter illud accepit, quam inuenire non potuit. ymo huc redisse. Stetit a recepsu ipsius usque in aduentum dies xn. gallea quindecim, in qua speciatus dominus anthonius lercarius consolius noster ut res ipsa ordinale et fideliter conduceretur. Satis fecerunt ipsum locum batiar attingere, quod facere non valuit respectu borrearum rabie, sed litteris terrestre via coparii scripsit et finaliter compositionem certam cepit quod (spazio in bianco) fraudes perpetrati in dicto loco batiarij de eo loco recederet locumque consignaret cui comitteret idem dominus anthonius nomine et vice magnifici officij sancti georgij. quod actum est. el jam dederunt et miserunt cauealia schenal . . et alia in loco existentia. que missa fuerunt huc gabrielli de prementorio. a quo intendimus habere omnes expensas, tam primo quam postea factas pro dicto loco ul dignum et equum est. Nauis quidem ipsa cum proditoribus stipendiatis nostris in trapezundis se reduxit secundum oretenus in liltera una auisati ex trapezundis fuimus, quibus datum fuit per imperatorem saluum... Ab eo tamen nondum fuimus auisati nec ei scribere valuimus delTectu pasagij. quod faciemus quamcitius poterimus... et magnificentias vestras auisatas reddemus de quid sequetur. Juxta comissionem vestram temptauimus modum reperiendi stipendium mensium duorum stipendiatorum, in quo arte et n.....fecimus quid faciendum erat, pro quo stipendio intellesimus egeni esse sommorum 11 milium, quos inuenimus via impositionis unius pro cento venditi pro annis duobus et mensibus nouem pretio sommorum mccc. et salse mi mil. pro cento super omnibus, cabella que vendita fuit pro annis tribus et die uno pretio sommorum dcxii. Et quia antea impositionem et inuentionem ipsius monete, ex importunitate stipendiatorum opportunum fuit eis dare stipendium mensis unius, eam monetam muttuo accepimus tam a ciuibus quam burgensibus absque ANNO I455 ( 358 ) ullo interesse, in quo etiam opportunum fuit exbursare ducatos restantes in nobis thoma et antonio nobis datis iu janua, que erant numero ccccl. Nunc enim temptauimus exigere primam pagam predictorum drictuum et cabelle. Nam vendite fuere ut pro minori tempore colligerentur, soluende secundum alie soluuntur cabelle. quod est. inde ad quindecim dies quartam partem, reliquum de tribus in tribus mensibus. Id fecimus quia generaliter nobis fuit visum per ipsam viam dictam monetam inuenire quam via page locorum et alterius generis ad quod omnes quiescunt, nec persensimus nlicui apparet gravari. Intelligatis. domini magnifici, semper quantum in nobis fas est ea facere que bonum publicum el augmentum vestrum concernere.. teste domino. Dominis simone et marco capitaneis. quos hic inuenimus. se habuimus secundum comisio vestra. Ab eis tractati et recepii fuimus ut decet, qui optime in omnibus dispositi reperuiinus circa bonum et augmentum status vestii, cum quibus intelligatis semper onmia communicasse et consilio eorum fecisse, quia nobis id visum fuit utille ac honeste. Viso quantum ab omnibus natio nostra sit (manca Ia parola) et cotidie spoliata. nec non quod a nemine obseruatum est secundum obligati sunt- 'iso etiam manchamentum victualium quod habemus, et quod nisi per viam con ducendi huc naues victualium male se fulcire ciuitas potest, delibeiauimus de consilio predictorum dominorum simonis et marci, nec non certorum con uocatorum quos intelesimus inter ceteros bonum publicum optare, armare galleam. quod fecimus sub patronatu gregorij de alegro secundum per litte ram comisistis. que in triduum expeditam erit, qui gfegorius fidejubsiones congluas et honestas dabit, cui et instructionem dabimus. Nam iter primi tu-mocastri accipiet, versus quem locum nobis de victualibus aliquid piouideie poterit, videlicet mittendo huc omnia nauilia vitualium onusta, preter teucio rum. quibus omnibus debitum facium erit. Habebit etiam requirere a dominatione mocastri quod castrum illici» re^ stituatur. qui doloze caplus fuil per aliquos piscatores dominationi mocastri subditos. Hoc ex inaduerlentia et pauca sagacitate gregorij et.. • de senaiena fratrum, qui in eo loco dominium habebant, spoliatis quidem omnium bono rum eorum et ipsos per capliuos habent et tenent, quorum unus vide icet gregorius in mocastro conduxerunt, eumque in compedibus carceri tenoni quod contra honestatem est. Nos quidem intendentes locum illum pessime cederet huic comunitati. unde in manibus quidem januensium peruemre • etiam pro indempnilati nostrorum prouidere ac pro non pati injuriam et ignominiam, lotum faciemus circa ipsius recuperationem, preter ad discordiam ( 359 ) DOCUMENTI cani illis de mocastro euenire quia ad illud non veniremus, sit propter def-fectum victualium, do quo ut plurimum manchamentum et deffectum habemus. el sic dubitamus in tempore accidere debere, quia ex carnpanea affirmo teneamus pauca recolligi debeantur, sit etiam quia expeclare volumus mandatum vestrum, et secundum comiltetis faciemus, ut tenemur. Vultis quod burgenses soluantur tributam tartari anno elapso impositum, quod impossibile facere judicamus nisi cum maxima dificultate et aliquo scandalo, attenta maxima pauperitate in eis vigente. Armenos et grecos non est tempus grauandi. Sic se suprastabimus bono respectu donec a vobis aui-sum habebimus. Burgenses isti satis nos infestant vobis scribere debeamus quod, attenta inopia massarie et sumptus inordinarios et inestimabiles. bonum eis videretur per aliquod tempus ad beneplacitum vestrum vendere omnia officia hujus maris, preter consulatam et masariam. personis ydoneis plus offerentibus, in quo male judicium dare possumus. Nam ex una parte inlelligemus respectu inopie ma-sarie utille esset, ab alia inutile, quia officiorum ipsorum respectu omni anno huc conducentur aliquam hominum summam qualitatis bone, de quibus partes iste et terra iota asociata (sic) est. Estis sapientes, consulite negotium secundum vobis videbitur, nos quidem rogati scribimus. Sicut prediximus habemus maximum mancamentum vitualium. dubitamus valde ne sic loto anno hoc accidere debeat, quod dominus aduertat. Ex quo laudamus et ortamur quantum fieri possumus, operam possibilem date quod ad inuernum vel saltem tempore veris habeamus nauem aliquam grosam onustam granorum, quia magnificentie vestre de ipsis granis pauchum possunt habere dampnum. et posset esse causa saluationis ciuitatis et populi, ab alia pro consolatione populi hujus et habitantium, qui intelligerent vos in omnibus prouidere et de eis curam habere. Nam vere multisque modis si hoc accideret. mullum prodesse potest et paucum dampni inferre. Intelligatis nos. oportet in hoc omne studium adhibere. Imperator trapezundarum inuenimus a multo tempore citra erga nos et nostra se pessime habuisse, ex quo ei scripsimus eum aduisando de quid opportunum fuit, et sic de quid magnifico officio vestro debet, a quo nondum responsum habuimus, quod dietim expectamus. et consulemus secundum in-telligemus bonum et utille ciuitatis hujus. De quo semper auisatas reddemus magnificentias vestras, ut decet. Illi de samastro requirunt habere franchixias et immunitates, secundum habent illi de soldaja et cimballo. asserentes aliter in loco viuere non posse, quibus responsum non dedimus nisi verba bona, expectantes a vobis responsum ANNO 1455 ( 360 ) habere. xVb alia intelligitis quanti oneris est locus ille samastri tam ex ordinario quam extra ordinario, et qualiter via masarie se prouideri potest, etiam quantum bene cedet reipublice nostre et ciuitati isti ac partibus. Ex quo animaduertite et consideratis omnibus prouisionem et responsionem piebete. Reperuimus huc quemdam oratorem domini teucri destinatum pro imperatore tartaroruin. cum quo sentimus nil aliud tratasse quam de negotijs nostris, cui bonam fecimus societatem quantum in nobis fas fuit et honestas requirebatur. Tamen respectu cujusdam sclaue sue que christiana elTecta est et vendita secundum consuetudinem, bine ut dixit recepsit pro zulcato . in quo loco et fuit cum imperatore et unde antea dixerat omnino velle accedere in una ex nauibus nostris, nunc enim scripsit aliud iter accipere velle, videlicet terrestre. Nobis per suum scribere demonstrat euin male contentus («c). quod nobis grauat. Sed non est nostri culpa, ex quo patienter substulimus. Ex platica quam vidimus habuisse ut supra cum imperatore tartarorum dubitandum est et a firmo tenendum ne anno elapso (sic) preparent contra nos potentiam ipsi domini, et potissime si intelligent stipendiatos quos habemus capsos fore. iNam scitis de domino teucro et minus de tartaro nullam capere se P° • ■ • • T110 omnes unanimes generaliter concurrunt nullos capsandos esse stipendiatos, cum si ipsos huc non haberemus, omni studio fatigandum esset cum primo tempore de ipsis habere, quos babere non poseremus nisi cum multo majori suntu et incomodo vestro. Icitur et nos intellisfimus esse neces-sarium. cum errare non se potest, usquequo dominus prouideat. quod speramus cito, locum istum tute conseruare. qUem tanti sanguinis tantiue sudoris et pecunie acquisiuimus. Considerandum quidem est et prouisionem dare stipendio ipsorum, quos ccc in plus extimamus retinere et a masaria ut supra cogitandum non est. quia pro ordinario non sufficit. Operate igitur quam citius esse possibile potest nuncium presentem expedire et nos auisare de intentione vestra, ac quam prouisionem monete pro ipsis stipendiatis dabitis, ut valeamus negotia ad sal - uationem consulere. Intelligatis neccessarissimum fore cito dictum expedire nuntium. ISam dies tres possent ei obuiare aduentum suum in siuerno (sic)-hoc ad auisum. Habemus huc maguum mancamentum aque. et diuersis aspectibus utilissimum esset facere huc prope logiam cisternam unum vel duas magnas, que faciliter tempore hiberno implerentur ex aequa conductus, et sic teneantur plenas pro omni casu et euentu. Nam aqua est illa plus egeamus, illa quidem conducti faciliter a potentia leuaretur. Auisate igitur nos de intentione vestia. nam judicio nostrorum esset utilissimum et necessarium adimplere. ( 361 ) DOCUMENTI Alexius cum omnibus fratribus male se habet, cum quibus simulamus donec tempus cougluum nobis videbitur, faciunt portam in callamitta. pro quo etiam laudatum fuit armare galeam quam obluamus pro .... omnino. Predictis non obstantibus simulationibus eis semper scripsimus eos ortando in bene viuendo secundam conuentiones et pacta inter ipsum et nos vigentes, et paucum valuit, et sepe rescripserunt et potissimum unus ex ipsis scripsit aliqua verecundamur scribere, tamen expectamus tempus'et uil dubitamus penas debitas patientur. Nam ingratissimi et ilati sunt, quod dominus judicio nostro sufferre non debet, iactant se multum non limere posse aliquem viuente eorum patre et domino imperatore tarlarorum. ex quo inlelligere potestis eorum intentionem. Verum negotia secundum tempus consulenda sunt, de quo aui-sabimus semper. In appalta salis nondum cogitauimus. quia congruum tempus actenus non videtur, fiet secundum tempora postulabunt et transcient (sic), de quo vos reddamus auisatos. Circa cecbam cogitauimus. et super eo negotio ex deliberatione conuoca-torum magistratum fecimus, cnm quo nos oflitiare habemus, cum expedicti erimus a presenti nuntio, et gallea executioni mandabimus secundum intelli-gemus esse utile ciuilati. Scripsimus raffaeli lomellini pere ut mittat libras cccxxxx quas debet, et cui missimus litteram vestram. Calleam armare tentauimus secundum per instructionem proposuistis, videlicet modo cbij. quod possibile non fuit in presenti, tamen per quid con-prehendere possumus cum gallea redietur non falibit hoc effectum sortietur, in quo totum faciemus, apparendo nobis utille et necessarium. Fuerunt ad nos heri multi ciues et burgenses asserentes et laudantes omnino retinendam esse unam vel duas ex nauibus istis tribus, videlicet paridis de mari, jeronimi de leone et martini de vultabio. attenta penuria vitualium. etiam da-bium quod habere possumus isto tempore primo, quam aut quas retineri se poterunt cum pauco sumptu, promittendo ei aut eis partitum raube prime veris in quo cogitauimus et intelligimus UDam earum omnino retinendam esse cum plus euantalio quod fieri se poterit, tamen nondum conclusionem cepimus. quid sequetur intelligetis cum tempore. Que comisistis dominis simoni et marco dixerunt executioni mandasse, ex quo in eis non procesimus. ab ipsis auisati eritis de toto. Continue occurrunt multa et maxime temporibus presentibus. que deliberanda essent et consulenda absque magno numero conuocatorum. in quorum numero rare utilia consulentur et terminantur, sed aliter juxta regularum ANNO 1455 ( 3(52 ) ---------• mem facere non se potest, quas regulas omnino seruimus et seruari fa-Ui> .eX ^a° *audamus m hoc cogitetis et auisate quid in hoc faciendum a itis. Nam judicio nostro inultum utile esset, sepissime multa ternii-r m nobis tribus. habito prius coloquio cum quibus nobis visum foret. upra iu conuocatorum numero, quod sit magnificentie vestre auisum nestant m nobis di . . antana ccccl ramorum incirca captis in griparea de qua supradiximus teucrnmm i, , . f , • rami caiio-ati f ^U3 3 mG ma distinte auisum habetis, qui mini teuc° ' ^ ^ ^l!,SU domini sinoppi in dicta griparea pro caraihio do- uerimus ^ GU*m depositauimus penex tadeum adurnum. et dato audi- captura^in^ Derapi» IIVenie,lllblls de Pera q^od pro ipsius griparee et ramorum jn : am lecei'uut erga nostros nouitatem. asserentes ut dicunt teiiom ^ lU traUsC'1' n°b>scum guerram habere, quod nil mirum si nostri itucros eo casu Dredaninr t > • • , vendere > J ameu de ipsis nolumus facere nouitatem neque propri ^P001,1016* cotidie ex pera litteris a nostris, causa melius intelligendi • j'301 '°'eilt^0 a magnificentia vestra auisatos fore quid de eis fa- Cum’Xr <|UOd Ct PlaCe;,t “0S aUiSaIOS reddere-quos s r • T-110 et jeronimo de leone toto solidare non potuimus. . V: 'llllUs Post recessum presentis nuntij. et cum nauibus de proprio vos auisabimus. sint iu^iJ1^ U°^'S mun't’oues ponantur in loco in quo comode reuideri posili duobus ^lCere Se Potest- quia locum non habemus congluum. ymo 1’ena ^ ^ ^ ^eDe C0Doru's eas ponere cohacti fuimus, temptamus au aceie locum consuetum pro ipsis munitionibus, quod fiet nisi moneta id nobis vetet. . ctum 'Uei5'5 rau^uni laudatum requisitumque fuit, velemus saluum condu- roncedeie paulo de auria olim bancherio rupto, ex qua ruptura terra e.olata semique destructa restauit. Nam dicunt quod ex absentia sua pauperes cruciantur a multis qui monstrant creditores esse, et quod si pauus huc esset contrarium accideret, quod nisi ipse hic sit male exclarare P t ex quo et nobis utile visum est. sed id facere non voluimus . . . *ecun um consuetudinem absque mandato vestro, de quo responsum ple-bere placeat. obseruatione comissionis veslre voluimus informationem habere, qui fue-principales et auctores scandali perpetrati tempore quo huc erat acceln ercariu.s cum ejus naue etc. quod dilligenter perquisiuimus et ex ipsis uenimus aliquos paucos esse in loco, in quibus procedetur, ut comittetis. quia jullianus de leone in eo numero nominatus est. casum suum inter eteios dilbgentius intelligere voluimus respectu domini damiani consotij no- ( 303 ) DOCUMENTI siri. qui ia hoc virtuosissime se habuit el accriter nullo habito respectu ad fraternam dilectionem. Et conclusiue inuenimus verum fore quod jullianus jpse timore motus ne accelinus lercarius caperet nauem andree senestrarij. iu qua raubam habebat pro bona summa secundum ipsius facultatem, super ponte visum absque rauba luit Interrogatus unde hoc procedebat et quo respectu id faciebat, nil aliud respondit quam respectu eundi ad nauem ipsius andree. causa saluandi raubam suam, sed nunquam cramauit nec verbum malum dixit, ex quo in eo non procedemus, cum casus id non importet. Respectu inopie massarie non adimpleuimus nec adimpleri posumus comisa circa orgusios adjungendos usque in numero L licet utilissimus esset intelli-garnus. sed ut videbitis per cartularium massarie. reditus ipsius comprehensis reditibus cabellarum. qui solebantur ibi mittere, non sufficiunt bene ordinario. Hoc quia a multo tempore citra cabelle multo mirius venduniur quam solite sint. Cogitate ergo qualiter habemus facere, continue esse judicamus accadendo tanta inordinaria ut continue contingunt, in quo aduertentiam habere necessarium esse judicamus. Nam opportunum est ut supra diximus postpositis omnibus circa loci saluationem cogitare, qui de preuio cum teucro pacifice viuendo aut absque metu ipsius, mediante spe dominationis vestre et gubernio bono, in bonum statum perueniet. Domijus ... ad melius semper nostra diriget. Et quia vicarius noster circa vicariatus officium honeste et diligenter se habet, de quo omnes unanimes conternantur, duximus eum dominationi vestre comissum facere, ac requirere ipsius contemplatione, velit dominatio ipsa contenta esse quid debet aut dare restat ex ducatis centuin ei janue mutuatis. huc soluanlur. videlicet tantum numerum asperorum quantum huc valent ducali. Ex quo licet inlelligamus dominationi vestre aliquid incomodum sequi debere, quamuis paucum, rogamus ei complacere velit, quia id et magis multum meretur, attenta ut supra ipsius qualitate. Baptiste de garbarino contulimus officium scribanie curie loco crementi de valeiarij secundum comissidnem vestram, quod judicio nostro bene collalum fuit, cum ipse baptista iu dicto officio semper se bene gesserit, et est juuenis bone qualitatis, ipsum vobis recomillimus. Accelinus lercarius inuenimus debitorem pro cabella asperi dimidij vini, que eo tempore colligebatur nomine massarie. de asperis ccccLXXXXvmi. et blasium de pascano de asperis cvim. qui absque soluere recesserunt. Ex quo operate soluanlur debitum. Gregorius de sorba in ollicio suo bene se habuit et sic in omnibus . . . . ipsum vobis recomendamus. anno I455 ( 364 ) Appiicuit xxv preteriti anthonium de rogerio. cum quo habuimus vestras. ]u.is ruiidimus. ad implere iu ea contenta, et cum nauibus ac alio nuntio Ua nun>L septembri auisabimini. Respectu cujus anthonij quem aura appulisse brilagum. plus tardauimus mittere presentem nuntium in a multo ipse anthonius citius huc esse deberet quam non fuit, r uuntlUs ebt georgius cigalla qui multi dies sunt elligimus. et cui . . a'PLr0:> milie. asserendo velle esse coram mangnificentijs vestris anjpnna ° ,am ^aC01e cujusdam ollicieti sibi colati per ollicium romanie. quod i- .. tenif)as tius finitum fuit, ut sciueruut de permutatione dominij in s j * Ul | Cu*atuin (uit. et ipse a mercede quam habuerat ab ipso ollicio. p- ' LL eUt^‘ LJiinatus luit, ipsum si expedit vobis comissum facimus. >. US 0[imeru babemus studium et dillegentiam. et in eis fieii facie-garia tamen r,*)ai'a^Ue Ul'^SS*ma suut- ‘n quibus cotidie laboratur, ex an-totum facimu^aUUll'ni ^ tiansc*et l°ngum tempus antequam finita sint, iu quo tur qu mUS Gt- lac*L,nus' ^am ex inopia et defectu pecunie multa obmittun-l eccessai issima essent, tamen non fieri se potest nisi quod possibile est. Laurentius de anrio i • • c„ .. d n,c est promptus quidem circa bonum publicum. lfS“”aV0b,s «wendatim facimus. on Vl imus pio presenti magnificentie vestre memoratu digna quam ipstus paratissimi semper iu domino etc. Vestri thomas de domoculta consul anthonius lercarius et damianus de leoue prouisores et massarij cafTe. DOCUMENTO CLI. monsignore Giaco ^ ^ C,liec*ono Ia rimossione del vescovo latino, di Lerici dei S> ^ainpora, dalla s"a sede: aiuto pel ricupero del castello • cnaiega; e narrano le cose accadute coi Turchi. Hiio 6 settembre (Filza di Caffo, n. 06) fidei pertineri J ^ ^eslrut*°nis hujus ciuitatis dato in aliquo apareant quo uil dubitamus. In curia sanctissimi domini nostri pape (’] Il n siigli affari dotta mil ^ fram,ncnl0 di lunga lettera scritta dal console colonia, la ,Ualc manca del suo principio. ( 365 ) DOCUMENTI perquiret aliqua aquirere. aserendo ea que faciebat j>ro fide amplianda, quod contrarium est. Scitis enim terra ista populata esse in majori parte ermenis. qui sunt nobis fidelissimi et boni mercatores, dantes ciuitati magnum benefi-tium. quos cotidie perturbare volebat et eis inouare que non solita erant, quod nulo modo permisimus. Similiter et alijs nationibus. Nam semper or-tauimus eum in recte et bene viuendo. eumque venerando quantum possumus. et quantum melius agebamus tunc pejus afficiebatur. Etiam alia occursa sunt per ipsum comissa que pro presenti scribere non curamus, sed hoc non obmittemus quod deprecamur magnificentias vestras, zelo pietatis moti, taliter adoperari velint quod ad istas amplius non accedat, ymo de alio honesto prouideri. et ipsi de alio benefilio satisfactum sit. Etiam auisare sanctissimum dominum nostrum de ejus qualitate, et ut paucam fidem verbis suis dare habet, etiam de qualitate loci et habitantium (spazio in bianco) ‘inter tartaras nationes quibus aliqualiter suportandum est. potissimum tempore harum aduersitatum. Cum dominus victoriam christianis prestiterit contra aduersarium suum, tunc se melius poterit ordinari quod omnia recto cale procedapt. Nam judicamus a multo melius esse quod ciuitas ista rectore animarum careat quam quod a simili gubernetur. Et circa hoc finem imponemus, sientes multi esse in numero consociorum vestrorum qui melius partes iste intelligunt quam nos facimus. Ex quo omnia tamquam inteligentes in magnificentijs vestris remittimus, et quod in eo et omnibus alijs deliberabunt, nos adimplere semper conabimur. Nam bona de causa voluimus distinte narrare multa tempore ipsius occursa, cum inteligamus sufi-ciat de alio prouideatis si possibille est. aut saltem quod huc non accedat. Tomas de senarega qui spoliatus fuit castro illice, ad illas accedit causa se presentandi coram magnificentijs vestris auxilium implorando pro recuperatione ipsius. Nam. ut per alias diximus, satis molestum nobis fuit, quod juuenes ipsi de senarega spoliati fuerint, cum inteligamus castrum ipsum posse per-uenire in manibus ;talium a quibus procedere posset semi destructio hujus ciuitatis respectu cabellarum. Ex quo litteris et operibus votum facimus eum recuperare et peruenire facere in dicto tema et fratribus. Nam scripsimus domino velachie. etiam ad ipsum locum galeam misimus, causa tentandi si abiliter eum recuperare posset. quod minime facere potuit, imo cum difi-curtate ab iilis de mocastro. qui de eo loco dominium habent, patronus noster qui in flumine ipso cum galea fuit, audientiam habere potuit nullumque refrescamentum. Ex quo ortamur in hoc magnificentie ipse mature considerent et talem ordinem dent quod . . . posse castrum ipsum in predictis fratribus perueniat aut in comuni, cum aliter judicio meo non bene staret ANNO I455 ( 360 ) diuersis respectibus. Quem tomam vobis recomittimus. quia tempore regiminis nostrum bene se habuit et ostensit semper velie de eo castro facere secundum magnificentie vestre disponerent. Sit auisum. Ut prediximus. dedimus partitum raube primo veris nauibus jeronimi de leone et marini cigale pro dimidia. Quare nullo modo alie naui partitum detis, cum id interueniendo incurreremus in penam summorum mille prò naue. Ad auisum. Auisauimus magnificentias vestras per alias nostras, ut ad tartarum istum per dominum teucrum misum fuerat orator, qui quidem hinc recessit ante heri pro pera cum quadam naueta johannis baptiste de mari, cui fecimus bonam societatem et palam ostensit a nobis contentus recedere mirabiliaque promisit facere et dicere, tamen pectus suum ignoramus. Nam judicamus eum discretissimum et sagacem, ex quo qualitatem ipsius non potest sic se mteligere. sed ex tractamento ei per nos facto, contentus esse debet, omnia fecimus quia inteleximus esse cum domino suo priuatissimum et strictissimum. Sentimus quidem a firmo ad istas non accessisse in causa capiendi acordium cum dicto tartaro pro loco isto, ac non ostensit conientus recedere nec qualitatem ipsius sibi placere, licet mullum aperte dixerit ipsum tartarum esse discretissimum et sagacissimum ... inteligentes isti duo domini satis pietendere ad destructionem loci istius ac de eo dominium habendi. Eliam non obstantibus demonstrationibus ostensis per oratorem ipsum a firmo tenemur cum dicto tartaro conuenium cepisse. Ex quo tolis viribus anelari opor-tunum est circa saluationem et cautionem loci, quod facimus, nec ad aiiud tendimus, cum inteligamus si se saluari poterimus per breue tempus, videlicet anni unius vel duorum, falire non debent aliunde quam a nobis prouixionem dari lalem se debeat, quod de ipsis dominis amplias timere oportunum non erit. Igitur mature considerato ac cum consilio illorum ciuium et burgensium quos inteleximus plus bonum publicum diligere, licet pauci sint qui id optent. decreuimus pro saluatione loci non posse retineri minorem summam stipendiatorum quam sit numerus tricentorum. quibus qualiter dare stipendium habemus, ignoramus, cum reditus massarie et etiam cabellarum spectantium magnificentijs vestris non suficient ordinario, suntque et multi alij sumptus extraordinarij ut.... teucri et tartari ac nauium duarum stipendio retentarum que cunstant summi ii milia ccc incirca, etiam stipendium galee. Considerate qualiter se valere possumus de redictibus massarie. Ab ollicio sancii antonij nil estraitur cum nuli saraceni quaxi amplius hic capitani. respectu porti quem actenus habuerunt in calamita, quod tenemus amplius non facient, cum perterriti sint ex captione nauis domini sinopi intercepte ( 3(57 ) DOCUMENTI per marinum cigalam cum capitibus circa centum, quamque nauem huc conduxit. Cum quo marino conuenium cepimus quod pretium dimidie prede spectantis massarie siue comuni, in depositum stet donec per magnificentias vestras indicatum erit quid volunt in dicto comune perueniat. Ex quo laudamus quantum celerius fieri se potest pcrtuleot sententiam, et nosauisentut de ea moneta que potest esse da sommis ccc incirca, deductis expensis, valere se posimus. Et etiam galea nostra cepit galeatias duas theucrorum vacuas, quas in eo loco reperiuit et unam huc conduxit, aliam in cimbalo. quas patronis ex deliberatione antianorum el nostra, intuitu predicti oratoris, restituimus, etiam quia non inteleximus eas amisas fore, licet ipsi oratori ostendimus contrarium inteligere. et quod solum intuitu suo id egimus et non alio. Quare, magnifici domini, oportunum est pro stipendio stipendiatorum prediclo-runi nobis prouidealis. aut via cambij aut via granorum missorum vel alio modo cum aliter ignoramus unde monetam extraere se posit. Nam ut magnificenteas vestras auisauimus pro solutione ipsorum pro mensibus duobus ultimis imposuimus drictus. Nunc enim ignoramus unde extraere se posit. nixi ex prouentibus locorum, de quo judicio nostro maximum in-quomodum sequeretur ciuitati diuersis respectibus. A burgensibus non est cogitandum extraere denarium cum pauci sint, et sint quasi sine facultate, vere non sunt numero quinque qui facultatem habeant. Ab armenis. grecis et alijs nationibus non videtur tempus congruum via impositionis partimenti aliquid extraere. et etiam si accideret urgente necessitate monela egere si ih .... ere eam veleremus. aut ad soluendum vobis mittere, ignoramus unde inuenire poteremus datores, cum terra vacua sil mercatorum et omnium maneriarum hominum monetam habentium. Ex quo inteligere potestis cum quo animo esse debemus, licet leoninum (intendi animum) omnibus demonstremus. semper aserentes quod magnificentie vestre nullo modo ciuitatem hanc reliquent, imo omnibus modis et vijs. unde fideliter et bene se habeant, omne dabitis adjutorium et solamen, et circa hoc finem imponemus. Ut per litteram propriam mei lome consulis vos auisaui huc conduximus certos ramos interceptos . . naue martini de vultabio à saracenis et eslima-mus sint domini teucri magni, tamen de ipsis per eum hactenus nulla facta fuit mentio, quos estimamus vendere oportunum erit pro istis stipendiatis, donec per vos prouisum sit. tamen quantum poterimus expectabimus. ut auisum a vobis habere possimus quid de eis vultis faciamus, quod sequetur scietis. Infra biduum expediemus nauis jerouimi de leone quam actenus non ex-pediuimus defectu monete pro partibus leone (sio) prope simiso. que nauis anno 1455 ( 308 ; me in t accedet nemini injuriam inferendo, soluin pro conducendo omnia una }ue victualium onusta reperiet. et sic galea expedicta hodie erit que m iter lecedet pio \itualibus conducendis. Nam in alio vere nou cogitamus Quid ex e-' ^ ^'Camus' a*enta penuria in qua ut supra laboramus. cent" - eiS- Se^UetUr cum nuntio misuro bine ad dies quindecim magnifì- vestraru6Strib ^U'fa^mus si P°ssibille erit. Nec alia quam magnificentiarum die vi 1.nia? at's Parat omnibus et strarum resen 'iT ^ °^C'a^US lu^umcumque urbium ac terrarum no-seruent US et fuluris- ut hunc nostrum saluumconductum inconcusse stre In ' C*ant ^ inu'°^a^'l'ler obseruari. sub pena indignationis no-aDnpn ■' CU^US V°luDtatis nostre testimonium has litteras fieri et sigilli nostri munii i jussimus. Data janue mcccclv die xvmi septembris. documento clv. Vosporo n g°0nn Francesco Fieschi, borghese di Caffa, a console di vosporo por un anno. <455 24 settembre (Diuersor. neg. olfic. s. Georg, ann. 1453-1457) * MCCCCLV die XXI11I septembris. (fol. 35 v.) generosi jacobTdTfl^^0'0?8 COmp(3rarurn sancti georgij. ad requisitionem gros. reDpni« 'sco q. lectoris, absoluentes se ad calculos albos et ni-ca culis albis. ut fuii numerus dominorum protectorum. ( 373 ) DOCUMENTI contulerunt olliciurn consulatus vospori fraucisco de flisco burgensi calle q. benedicti pro anno uno cum salario et obuentionibus debitis, non contraueniendo regulis, et ipsuin Iranciscum elegerunt in consulem dicti officij con-atusl. P re terna jusserunt fieri litteras ad spectabilem consulem massarios el prouisores. quatenus dicto fraucisco ministrent et ministrari faciant justitiam celerem et expeditam in causa quam habet cum (manca il seguito). DOCUMENTO CLVI. Gli stessi comandano al console e ai massari di Caffa di verificare se lo scrivano Clemente Valdeltaro sia reo o no di complicità nella sollevazione avvenuta in quella colonia, e provatone nel caso la innocenza, subito venga reintegrato nel suo primitivo officio. 1455 25 settembre (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) ( fol. 146 v.) Protectores etc. Spedato et prestantibus viris thome de domoculta consuli, el antonio lercario ac damiano de leone massarijs ac prouisoribus ciuitatis caphe. dilectissimis nostris. Cum superioribus mensibus, spedate et prestantes viri dilectissimi nostri, contulissemus clementi de valletari unam ex scribanijs curie illius urbis, su-peruenerunt poslea. ut scitis, ex capha littere nunciantes clementem ipsum unum ex ijs fuisse qui ciuitatem illam ad arma concitaueruni. et ob id cum nobis indignissimum videretur quod eorum aliquis, quibus tantum facinus ausis grauis pena debebatur ullo illius urbis beneficio gauderet, in cujus perniciem ausus esset arma sumere: commisimus vobis ut non obstantibus litteris ipsi clementi concessis, illum nequaquam exercere permitteretis dictam scribaniam a nobis ut supra sibi collatam. immo loco ejus scribaniam ipsam conferretis baptiste de garbarino viro, ut scribitis, de nobis benemerito. Nuper vero comparuit coram nobis vir egregius johannes de valletari ipsius clementis pater, et non sine graui querela nobis exposuit iniquum esse quod quandoquidem clemens ipse filius suus nihil eorum commisit que per quosdam maliuolos nobis scripta fuerunt, criminis sibi falso objecti penam luat. Exhibuitque litteras quasdam subscriptas manibus mullorum mercatorum et burgensium. qui testantur ipsum clementem nequaquam arma tunc sumpsisse ut aliquem offunderet, sed potius ut tueretur jaeobum de grimal- ANNO 1455 ( 374 ) dis ei quosdam alios qui nisi ex ilio furore opera ipsius cleraenlis subtracii fuissent, vel trucidali vel saliem eorum bona direpta fuissent. Et ob id suppliciter orauit ut quandoquidem et Ilio et ibi facile probare potest ea que ila narrata sunt vera esse, ipsumque clementem neque verbo neque opere aliquid mali commisisse, prouidere velimus ne innocentia sua indigne puniatur. I\obis quemadmodum volumus quod omnes delinquentes debita pena semper alliciantur. ita profecto iniquum videretur quod clemens ipse aut quispiam alins alicujus criminis penas lueret quod falso sibi objectum fuisse constaret. 11optei quod committimus vobis ut diligentes instructiones sumaiis. an pre-nominatus clemens eo tempore quo ciuitas illa ad arma concitata est. aliquid dixeiii aut fecerit ex quo merito puniendus esset. Et si inueneritis eum nihil tunc verbo aul opere commisisse ex quo penam mereatur, immo clementem ipsum innocentem esse quemadmodum dicte littere nobis exhibite testantur et nobis eliam orelenus affirmatum fuit, eo casu volumus ac vobis jubemus ipsum clementem statim admittatis ad unam ex scribanijs curie caphe per annum unum, in obseruatione litterarum sibi per nos jam dudum ut diximus concessarum, loco marci de vertio qui vila defunclus esse dicitur. El quoniam euenire posset quod loco dicti q. marci de vertio jam conlu-litselis scribaniam dicto q. marco collatam alicui qui illam exerceret, decla-ìamus ac volumus quod non obstante collatione alicui per vos facta de ipsa scribania. prenominatum clementem statim ad eam admittatis, si cognoueritis 1 um innocentem fuisse eorum que illi objecta fuerunt, ut latius superius de-claiauimus. Data die xxv septembris. documento clvii. Disposizione PlPr**! |a ,. Calvj sottosenvania della curia di CafTa in favore di Alanuele MSo 6 ottobre (Diuersor. neg. off. s. Georg, ann. 1453-14o7) * MCCCCLV die VI octobris. (fol. 35 v.) conffmràf0* d0m'D‘ Protectores comperarum sancti georgij in vii numero spem iol 3 SGI|te taaturnmoc*° nobili marco de marinis." memores dedisse collata n' 03 110 n°tar'° Pro maDtlele filio suo de subscribania caffè sibi uno. pro alio sequenti, et scientes illam contulisse pro anno ( 375 ) DOCUMENTI secundo jacobo honesto notario, absoluentes se aJ calculos albos et nigros, repertis omnibus septem calculis albis alfirmatiuis. decreuerunt quod manuel ipse non remoueatur ab ollicio dicte subscribanie usi|uequo dictus jacobus luerit pii un tus a suo successore hinc mittendo, et quod inde pro anno secundo habeat dictam subscribaniam finito tempore dicti jacobi. DOCUMENTO CLV1IJ. Altra sul capilancato dei sobborghi di CalTa in favore di Giorgio Cicala. 1455 G ottvbre (Diucrs. neg. olT. s. Georg, ann. 1455-1457) MCCCCLV die VI octobris. (fol. 35 v.) Profati magnifici domini protectores aux'runt. repertis omnibus septem calculis albis alfirmatiuis. georgio cigalle in retributionem laborum suorum a calla huc et hinc usque caffam quo remittitur, tempus capitanealus subur-gorum callo, pro anno uiio. ita quod tempus quod sibi deficiebat, sibi rein-legratum sit t ultra auctum pro anno uno calege. qui si male se haberet in dicto ollicio priualus esse inlelligaturas es. DOCUMENTO CLIX. Patente ili (“lezione a sottoscrivano della curia di Caffa data a Jacopo Onesti per un anno , finito il tempo di Manuele Calvi. 1455 6 ottobre (Diuers. neg. off. s. Georg, ann. 1453-1457) (fol. 35 v.) Protectores etc. Spcctabili et prestantibus viris thome de domoculta consuli, antonio lercario et dannano de leone massarijs et prouisoribus calle, ac scribis curie ejusdem ciuitatis. dilectissimis nostris, salutem. Elegimus in subscribam illius curie pro anno uno jacobum honestum no- i uapua c Giovanni Piccinino. USS IO ottobre (Filza di Calla, n. Gl)) Grate fuerunt^ XP° Pat“ d°mÌD0 jaCOlj° ePisC0P° *affens>-gnificastis nobis omne'' >7U°rencJc ,u christ0 P^r. littere vestre. quibus sistris. et eo mari’ " C'' arnuias purgatas esse coram consule et massarijs noteris coo-uoscati^ 110L? sratas (/u09° turbato) fuisse velimus his nostris lit-ctìriam.°honor et^cT ° ' °rat0lljS et referendario nostris apud romanam nisi illi obuiassent Vestra defensala fuit- ubi calumnie ipse valuissent, ualere dixistis 1 1 °C delractores illi, quorum judicia apud nos pre-egerint ipsi ' 3PU ^ *0CUm uu1uam habuerunt nec habent. Si male tamen nrUfr i0llut hujusmodi enim homines alieni a nobis sunt. Hoc wmen predicere volii* i- quantum exhibent V , 0806856 ^ iDani,'e V6rba' pa!pan e/reClUS erit in ciu' ‘li °S S' saP*enl'a vestra uti in bonum volueritis, nihil mptnr a* ° tam ^10rr'c*ui;n tam incultum quod non in melius refor- Z ro 1""Si“ alUer Lj:, 0pepjL^ler ^aler reuere°de. ila agere curate ijuod sentiamus vestris lio-vestro plurimu™11'3 ^ me*IUS re^ormala esse- que certe cedent laudi et honori suscipiem ^ ^ ^ ^ro'nde Curam honoris et dignitatis veslre ut par est de illis e ’ ^ Uleiito conternabimini. Sed volumus intelligatis quod P- UPIS ^lecis et arnienis et alijs. qui de vobis conquesti sunt, non q17Ts' SiDile-eos-omnia tempori aptari decyt- oostro sti » scribitis aliquos ductores gentium nostrarum et aliquos tur Nullus *° C°nduClos cluer- • • ipsis promissa non seruari. male loquun-p0ssjt . St /la' Juste a,l‘quid defectu ohseruantie promissorum allegare fuerit ad nc °^Uldein ln tr'P*uin ^dem seruemus. Quod probalur. cum nemo instet nobisc st‘Pendla conductus qui continue cum scribimus pedites non castra sei °Um 'tCIUrn Se conducere et conducitur. Sed . . . illorum qui cujus fili1 uj tUr 6St CUPidlDIS el ’ugluuiei plena. Jacobus autem de capua tantur ■ ^ r n°Stra st'Pendia corsice suo amore conducti sunt et bene tracies habere s I ^ ^a^UISSet comiliuam vel socios sibi caros ul .... lorum (mj (j i 1 n°n l,rcua*u,ssent aduersus ipsum perfidie et versulie il- 1 unt occasionem scandalis et praue reputationis habite poten- ( 379 ) DOCUMENTI tic co misse. Johannes vero piciuinus liic tetigit pecuniam quarn debebat dimittere cuidam pro eo agenti pro arra aliquorum sociorum, quos requirebat. conducendorum suo nomine, et nullus fuit qui aliquid pro eo egerit vel facere voluerit, sed oportuit nos exigi facere et luere arma sua. Ex quo quales 'ordines dedit, tales sequuti sunt effectus. Libentissime enim non octo sed plures contenti fuissemus suo nomine aliquis suscepisset curam conducere el fidejussiones prestare, sed quis curam hujusmodi suscipere voluit? nemo. Plura alia sunt que iu onus suum el aliorum scribi possent. que omittimus, quia de his alias. Desinant ergo ipsi conqueri, quia male et cum suo magno obliquo conqueruntur. Reliquum est quod paternitatem vestram oneramus ea agatis que optamus pro bono illius urbis. Quod cedet saluti anime et corporis vestri et amplitudini fame vestre. quam in dedecus male compositorum bene faciendo rea-quiret vestra paternitas, ad cujus decus inueniemur cupide parati. Dala janue die x octobris. Protectores. DOCUMENTO CLXIV. 11 console c i massari di Caffa implorano istantemente provvisione di grano ai signori di Scio. 1455 11 ottobre (Filza di Caffa, n. 70) (Extra) Spectabilibus quilicho justiniano. raffacli cataneo. petro lomellino et jacobo justiniano q. jacobi. Chyurn. (lntus) Jhesus. Spectabiles fratres. Intelligenles teste experientia vos semper fuisse patrie zelatores, nec non in loco illo curam habere pro magnifico officio sancti georgij et negolijs eisdem spectantibus, ducti sumus hanc vobis scribere ut aduisati fiatis de statu hujus infelicis urbis, que a multo tempore citra multis quasata (sic) aduersitalibus. Nam presenti tempore, ul alias scripsimus, magna penuria- vidualium laboralur. timore cujus ac ea perterriti conuenium ceperamus cum nauibus martini de vultabio et paridis de mari, que se obligaue-runt huc redire cum onere granorum ad minus modiorum trium millium, pro quibus comiseramus vobis eisdem martino et paridi solueretis ducalos n anno 1455 ( 330 ^ ia eiij pio quolibet patrono, modis et formis in instrumento cum eis ' n ecto ei -\obis misso contentis. Nunc enim aduisati de infelici casu nauis ' 1 ni e vuIiabio submerse, ex quo sic affliti restamus diuersis respectibus. q ix muos se facere possumus, licet palam leoninum animum demon-strauerimus. ortanrps , . lauitantes ac commorantes circa timorem postponendum. . U1K' teneant a magnifico officio vel aliis pro eo curam habentibus de alio vaso prouisum. o ralres si tempore conuenij cum ipsis nauibus .... perterriti era-beamu **a 'Psa ''ctualium. nunc . . . in duplum, cum a mullo non ha- ues eroniir' d ^ Speramus v'ctualia ut extimabamus. licet miserimus na- J . '* e 'lone et niai'lini cigale cum azalea nostra hinc inde pro mare noe accessuri? nn™ • • reDeri . 1 ’ m commissione omnia nauilia que onusta victualium non n ^ transm'ltant- Tamen dubitamus valde, his non obstantibus, ea penuria SU®‘*enl'ain habere pro iberno tempore. Considerate igitur si stram et ' 0PPreSi>' sumus conueniamus ad id quod plus contra mentem nocere aut condtlODem ma°n'PlCI °^C*J esse non posset. videlicet coacte condu-0D UC1 ^aCere ea (lue costre jurisdictionis non sunt. licet omnibus maturo exami CQm ^ ^tam vendant. sed ad ea fienda peruenimus r issemus ^ ^a^t0, causa euitandi periculum et discrimen in quo incur-pncafA r niS' Prou's'onem Pubuissemus. Ex necessitate visum nobis est exutos fore ab omni calumpnia que nobis inferri posset. diuersis1113/™ V8riS tempore va,libus et egregijs viris, consuli, massarijs. Miskiic 1CI° monete Ca^e- dilectissimis nostris, salutem. -«isistis vos condii I que fuerunt i h' massarij ad nos georgium cigallam cum litteris vestris ducis m-iffnifi0 ^ ^ V6r° ante ca^am mi'ssus fuit parte illustris domini manie a ° 'I C°DSJ^ dominorum antianorum et olim spectabilis officij ro- suburTorum 'l|US .^k°re 61 mercede sua obtinuerat officium capitaneatus ciò cL 1US C*u'latls- Pro tempore in litteris sibi concessis de dicto officio contento, a min fmt , • . Ditande pnuatus propter collationem de ipso factam per ca- cuneos nostros pir* ho™ • labores suo' h ' indentes benefacientibus benefacere ut sentiant ritate reint o ^ ^ °P6ia JpS'S Pro^lcere- barum litterarum tenore et aucto-bat ih'i °ramUS eunc^em georgium de tempore et pro tempore quo resta -ultra tem d'CtUm °^icium ]n suam retributionem sibi collatum. Et rum itili ^ S * U<^ aU°emus el auximus sibi in retributionem laborum suo-cum litteri- 8 Ca^a ^UC CUm btter's vestr's et regressus sui usque caffam non contrau °StnS 3nU0 Un°' CUm sa^ai'° et obuentionibus debitis etc. babente i ^ 6t G° ^lde^ter exercente dictum officium et bene se sit dur tn e.X81C't'0 d’ctl °®cij. ita quod nulla justa querela de eo fieri pos-Ue ins/ fr ‘ICt° temP°re reiDtegrationis et prorogationis et auctionis sibi facte quatenus sia ° Ca^l|anea^us' Mandamus vobis atque expresse committimus rum eundem01 temPore gasPans fatinanti capitanei dictorum suburgo-pro dictr Se°rgium in capitaneum et pro capitaneo dictorum suburgorum moueatur >mP°r6 ba^eat's recipiatis etc. et ipso beuefaciente nullatenus re- quam nm °^‘G'° durante ternP°re tam ejus quod restabat officiali anno sibi (|f. nouo auc(n et 00||a(0 per nog u|(ra reS(j(U[jonem ( 385 ) DOCUMENTI sibi factam do dicto ollicio in retributionem prodictam, el debitis temporibus de salario et obuentionibus sibi debilis integre respondeatis ct responderi faciatis. tractantes ipsum humaniter sicut merita sua postulabunt. In quorum eie Data janue mcccclv die xvm octobris. DOCUMENTO CLXVII. Lettera dei Protettori e dei sedici Deputati pontificii a papa Calisto III sull’infelice stato di Caffa e delle altre colonie Tauriche. 1455 7 novembre (’) (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. lGOj Sanctissimo ac beatissimo patri el domino colendissimo, domino calisto diuina prouidentia sacrosante romane ac uuiuersalis ecclesie dignissimo summo pontifici. Nemo prope est. sanctissime ac beatissime pater et domine nobis colendissime. qui ignoret quantus terror et animorum consternatio populos inuaserit maris pontici tunc cum machometus turchorum rex expugnata constantinopoli. dispositisque immanibus tormentis iu utroque littore ejus angusti freti quod asiam ab europa dirimit, aditum dicli maris obstruere conatus est. Cum enim eo (Annal. Eccles. Odorici Haynaldi ad ann. 1455, n. xxxm) 'Janucnses pape Callisto. Nemo prope est. beatissime paler et domine colendissime, qui nesciat quantus terror et animi consternatio populos inuaserit pontici maris tunc cum capta constantinopoli machometus turearum rex thracium bospho-rum clausisse visus est. ut pontum inaccessibilem fecisse videretur. Nam cum illic europam ab asia angustum dirimat fretum, rexque in utroque littore immania tormenta disposuisset. (’) Dopo molte riflessioni fatte sul presente importante documento mi sono indotto a darne la doppia lezione, tratta dal codice dell’archivio e dall’annalista Rainaldi. Questa seconda oltre anticipare di due giorni la data della prima, si mostra anche assai mancante dal testo del nostro originale. 2G ANNO 1455 ( 380 ) tempore nerno inueniretur qui auderet ia pomluni penetrare aut inde regredi, omnes ipsi populi abjecta sp; externi auxilij deserendarum urbium consilia agitabant. Presertim cum rex ipse tuae capham usque transmisisset biremes ac triremes supra sexaginta. que depopulatis prihs aliquot ignobilibus vicis, iuitoque cum imperatore scitharum federe, ut hic terra, ille mari caphenses premerent, eain urbeir oppugnare Ceperunt. Interim afferebantur nobis frequentes terrestri itinere ex capha littere. nun-eiantes illorum populorum calamitatem ac pene desperationem, atie-stantesque nullam jam sibi spem salutis superesse. nisi valida presidia ad eo* ocius transmitterentur. Raptim itaque his nuncijs acceptis tunc parauimus onerarias duas, eas-que nun siue graui snmptu cum viris armis telis et ejusmodi muci tionibus ad ferendam opem populis illis pro [«rare jussimus. Que cum peram peruenissent. earumque patroni ab rege acciti in terram descendissent. statim rex contempta fide paulo ante ab se illis data, eos in vincula conijci jussit, qua re cognita naues chvum regresse sunt, atque ita omnem hunc conatum nostrum perfidia regis irritum fecit. Verum post hec cum predicti caphenses non ultra litteris agendum rati, plerosque legatos ad nos transmisissent. non sine lacrimis opem implorantes, orantesque ne tot populos christianos ab immanissimis claustra injecisse rnari non sine ratione dietus est- lanltt*que pauor in omnes qui roari negotiantur effusus esL ut per annum nemo introrsum penetrare ausus sit. Parauimus autem nos ingenti quidem mercede naues duas in quibus arma viri tela et reliqua necessaria capham mittebantur, sed nauium magistri cum peruenirent peram, falsis pollicitationibus decepti descendentes in urbem, capti et in vincula conjecti sunt, atque ita conatum nostrum perfidia regis irritum fecit. Interim terrestri via frequentes ad nos afferebantur littere. quibus miserabiles illi populi opem orabant. Horum cum nos pericula lacryme-que flexissent, alias iterum naues majore stipendio conductas, omnia ( 387 ) DOCUMENTI infidelibus excruciandos fide perire pateremur, statuimus nihil intentatum relinquere, ne ullo unquam tempore videri possemus in tot fidelium animarum salute segniores fuisse. Qua-mobrem conduximus statim multo majore mercede quam priores, alias item onerarias duas, lotidemque apud chyum stipendio nostro etiam conduci curauimus. easque omnes viris telis armis ct alijs ejusmodi munitionibus egregie instructas, ad opem capliensibus ferendam accedere jussimus. ut si non omnes quatuor. at saltem alique earum omnino in pontum penetrarent. Sed diuina proui-dentia bis prouisionibus nostris ita fauit. quod non modo ille due chyi. sed etiam alie due liic conducte contempto bombardarum metu, ex quarum ictibus alique tamen earum concusse sunt, hoc anno diuersis quidem temporibus incolumes capila m peruenerunt. Uiilicile profecto esset ullis verbis ullisue litteris equare quantam quamque ingentem letitiam caphensibus el reliquis accolis attulerit ipsarum nauium aduentus. Quippe pristinum vigorem prislinosque animos resumere visi sunt, sed et uon exigua multitudo caphensium qui metu patriam deseruerant, et item alij plerique in vicinis oppidis habitare soliti, confidentes jam capham illarum regionum caput impetum ac minas hostium contemnere posse, illuc se ac familias suas transtulerunt. Verum cum post hec caphenses portantes que desiderabantur, capham penetrare jussimus, que aprili superiore salue eo peruenerunt. lan-tumque spei trepidis populis injecerunt. ut qui de deserenda patria consilia sepius agitauerant. non modo in fiduciam erecti sunt, sed alij quoque inualida oppida relinquentes capham migrauerint. arbitrantes ejusmodi auxilia sibi nunquam defutura esse. Verum cum redeuntibus nauibus ANNO 1455 ( 388 ) nnn solani caritate sed eliam inopia tritici laborarent, tres ex dictis one-rarijs illinc abire j asserunt, ut due vel saltem uua earum ex sicilia triticum capham conueheret. He dum per angustum fretum redeuntes transeunt. ita bmnbardarum ictibus quas-sate sunt, ut earum una et quidem perdiues statim mari obruta sit. Relique due concusse chyum perue-nere. nunciatumque nobis est ductores earum nequaquam statuisse in pontum cum tritico redire aut tam manifesto periculo se obijcere. etiam si duplicata merces illis solueretur. Nos. clementissime pater, quamquam propter tot tamque ingentes expensas tam breui tempore factas exhausti pene sumus, nequaquam tamen recusamus pro illorum populorum salute eliam supra vires eniti, sed certum nobis videlur populos ipsos in priorem desperationem collapsuros esse, et nunc presertim ob inopiam tritici in summo periculo versari, nisi celeriter el naues et viri et triticum ad illas transmittantur. 1’ropter que sanctitatem vestram suppliciter orare statuimus ut ad ipsorum populorum calamitatem et pericula oculos animumque conuertat. proque illorum salute sibi laboriosum non sit ea omnia prouidere ac facere, que ad defensionem eorum pertinere inlelliganlur. Et ne quis forsitan existimet nos pro salute vilis plebecule opem veslre bealiludinis implorare, habet angulus ille maris pontici preler nec ipsis earum altera tormentis secla mox obruta mari sit. certum videtur ciuitates illas in majorem desperationem collapsuras esse, nec facili inueniri posse nauem que audeal geminata mercede tam certo discrimini sese obijcere. Hec dum cogitamus, sanctissime pater, facile preuidemus populos illos desperata salute animum abjecturos esse, nisi vel nouis ouxili,S vel spe ceria foucantur. El no (jui forsitan putet pro vili plebecula verba facere, habet pon-licus ille angulus imperium trapczun-tinum claris urbibus frequens, habet ( m ) DOCUMENTI paucas nec contemnendas urbes im-perij trapezuutini. pretcrque olia pleraque minora Christianorum oppida, soldajam sijibolum samastrain haud ignobiles ciuitates. IJabet et ipsam capham. si non ambitu murorum at saltem multitudine incolarum constan-tinopoli nequaquam postponendam. Qui populi cum. deo duce, exercitus christiani. quos sanctitas vestra tanto labore, tanta ddigentia ubique mari lerraque preparari jubet et undique accersit. ad impugnandos hostes nominis christiani se transtulerint. quemadmodum si conseruenlur poterunt nec exiguum fauorem nec contemnendum auxilium contra ipsos infideles christianis prebere, ita si in manus infidelium deuenirent. ex eis infideles ipsi valida presidia maritima ac terrestria, contra christianos contrahere possent. Super qua materia quoniam in epistolaribus angustijs omnia concludi nequeunt, venerabilis sacre theologie professor frater deodotus a nobis jam dudum isthuc transmissus, omnia (jue expediunt latius sanctitati vestre enarrabit. Quem ut benignitas vestra audire et exaudire dignetur, beatitudine»! vestram iterum iterumque precamur, cui nos et nostra omnia supplices commendamus. Data janue mcccclv die vii nouembris. Sanctitatis vestre filij ac serailores deuolissimi protectores comperarum sancti georgij comunis janue. et magistratus sexdecim a beatitudine vestra deputatorum. capham non ambilu quidem menium. sed populorum multitudine constanti nopoli facile preferendam. habet soldajam. habet simbolum haud contemnenda oppida, habet denique ama-stram urbem quondam celebrem sed sanctorum episcoporum fama celebriorem. 1’reter quos insuper populos extenditur late ora maritima, quam hostiam (leggi gotiam) vulgo nominamus. quam soli incolunt christiani. Cum igitur, ut perspicuum est. nobilissimarum urbium ac maximorum populorum salus aperto in discrimine versetur, qui siue ope sanctitatis vestre salui esse nequeunt, orandam duximus benignitatem vestram velit ad eorum calamitatem animum ocu-losque conuertere. eamque illis opem ferre que pro rerum ac temporum conditione preberi potest. Super quibus omnibus venerabilis sacrarum litterarum professor deo-datus a nobis pridem missus ad bea-titudinem vestram, si quid opus fuerit, particularius verba faciet. Quem ut audire el exaudire dignetur. eam iterum atque iterum precamur, cui nos et nostra omnia supplices commendamus. Data janue mcdlv (sic) die v nouembris. anno I455 ( 390 ) ' / DOCUMENTO clxvjii. i Protettori raccomandano al. padre Deodoto Boccone, loro oratore i„ J{0,na l.. ial 1 aPa ,a Percezione delle decime ecc. negli siati della Repub- unca per Lalla. <455 22 novembre (Litterar. oli', s. Georg, ann. 145-4-1457) (fol. 168) mi rabili sai re tlieologie professori domino fratri deodalo bocono. ccipmius. venerabilis in cbristo pater, litteras vestras die xxvim octobris | 'tioiis .ciiptas. ex illisque et ilem ex alijs vestris die vi mensis hujus - <-t Oeneioso \iio martino de grimaldis college nostro directis, piane in- 1 eximus quecumque ealenus a vobis gesta fuerant. Et ut ad ipsarum Iterai um ìesponsionem veniamus, aule omnia intelligentès neduni difficile jum mimo impossibile esse quod nauis ulla mediocris magnitudinis accedere [Mi. nis pieseniin mensibus hjèmalibus. ad accipiendum triticum vobis tum in locis il.is circumuieinis liberi, statuimus diligenter inquirere an uenne possemus qui summam iilam tritici vobis oblatam, iu eis locis acci- P t et parem quantitatem in aliquo loco maritimo Sicilie nobis assignaret. KlC Peiinutali°ue facta, naues nostre capham profecture possenl ibi fru- u“ acc'peie et ad destinatum iter recto tramite nauigare. Propter quod esi ut rem ipsam frumentariam tractetis, et tamen suspensam teneatis. nus cognito an dicta permutatio fieri possit, super ea materia quid muenerimus vobis significemus. t quoniam scripsisti sanctissimum dominum nostrum statuisse pecunias m es exacte granorum nobis oblate iu trilicum conuertere ad caphenses lian„miitendum. et inter egenos illius urbis dispensandum, gratissimum profeto eo casu nobis esset, ut sanctitas sua hominem cum ipso tritico ad eam uitatem uansmiiterel. ut is oculis inspiceret non modo manifesta pericula et miserabiles illorum populorum calamitates, sed etiam quam numerosa sit 1 a '•bnslianorum maris pontici multitudo, quol quantaque subsidia maritima terrestria poterunt, si conseruentur. conira infideles chrislianis prebere. nt' r'm oneramus prudentiam vestram ne desistal sanctissimo domino no-et reuerendissimis dominis cardinalibus memorare quanti momenti sit ,. ,Cl couseiuat*u uibium ac terrarum ponti, tamque innumerabilis multi-tu ^ cbl'st'auomm 1U -gulo illo pene obsessorum, quos si immanissimus w um rex in ditionem suam redigeret, non modo orientalibus ciuitati- ( 391 ) DOCUMENTI lias ac regnis, sed quod toti fere clìristiano orbi formidabilis efficeretur. Propter quod orate sanctitatem domini nostri ac paternitates reuerendissimorum dominorum cardinalium, ut si propter sumptus et onera camere apostolico impresentiarum comode nequeunt alia subsidia tot fidelium animarum saluti piebero. ut saltem nobis assignent deciinas ditionis januensis. que ut scitis peiexigue sunt, in sustentationem ac defensionem illorum populorum conucr-lendas. Et si quis forsitan vobis obijceret omnes decimas conuerti debere in sumptus mcruciale jam decrete, volumus audacter affirmetis ex omnibus apparatibus dicte incruciate, qui ad excidium machometi et aliorum infidelium comparantur, nullum sumptum magis utilem magisue necessarium esse quam euin qui tot fidelium populorum conseruationem respiciat. a quibus postea, ut diximus, exercitus christiani juuari et infideles mari terraque impugnari poterunt. Super qua materia breuiores sumus, quoniam inlelligimus supreme sapientie sanctissimi domini nostri ac reuerendissimorum dominorum cardinalium hec non aliter nota esse quam nobis ipsis. Ceterum laudamus ut quemadmodum scripsistis annitamini declarationem fieri, ex qua liqueat bullas nobis concessas nullum detrimentum accepisse, et si quid aliud a vobis circa executionem comissionum nostrarum fieri potest. solitam vestram diligentiam adhibeatis. i a Et tamen super negotio inuestilure corsice sententie vestre acquiescimus, (juod videlicet hoc tempore utile sit nullum de re ipsa sermonem fieri propter rationes in litteris vestris memoratas. Insuper quoniam nuper nobis innotuit quosdam ex fratribus minoribus predicare bullas incruciate in aliquot locis in bullis nobis concessis declaratis, necessarium est annitamini impetrare a sanctissimo domino nostro litteras que prohibeant illas fieri predicationes bullarum iucruciate in eis urbibus aut locis, que in litteris nobis concessis comprehendantur. Et quia magister generalis ordinis minorum nunc in urbe esse dicitur, utile erit curetis etiam ut fratres ordinis sui moneat ne intra terminos locorum in bullis nostris declaratorum audeant predicare de bullis ip'is incruciate. Nam si uno et eodem tempore in eisdem locis predicationes fierent de utraque materia, ita res altera alteram interturbaret, quod neutra suos effectus consequi posset. De quibus omnibus volumus cum reuerendissimo domino cardinali de flisco sermonem habeatis eique has litteras legendas tradatis, ut reuerendissima paternitas sua. rebus cognitis, facilius possit opem el consilium suum vobis prebere. Data die xxn nouembris. Protectores elc. anno 14.55 ( 392 ) Poscritta. ad*'”!, Card"lib“s ®« tc ‘lias s: et quantum utile judicabitis. documento clxix. J medesimi l'ing'pQziQDo il C favore prestato lmJ Caidina,c 1,1 Fei’mo, Domenico Capranicàj dell’aiuto “egli affari di Caffa. 'l iìio 22 novembre (Litterar. off. s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 169) minico cardinali fìrman^51301*85™0 C^rist0 Patri et domino. doni|no do- admirabiles virtutes ,reUerendlss'me ac prestantissime pater et domine, proptèr tis vestre iu nos mulipr°plerclue Slnnularem illam caritatem benignita-dissime paternitati • ^ ^Uldem exPenineniis perspectam, plurimum reueren-vestre iu nos benef 63116 de*J6remus‘ accesserunt uuper bis noua humanitatis quod sempercum C ^ IÌU8riS eDlm veuerabiiis fratris deodati cognouimus stra. postpositis ceteri-6 *^US Capliensibus sermonem habuit, benignitas ve-que ad subuentionern5 l01^ ^ pi0mPtam ac fóueniem prebuit in ijs omnibus linere videbantur * ^ U'^S 81 re^uorum pupulorum maris pontici persissime paternitati^ ° ^'S ^ ^ D°S mer*l*s benignitatis vestre. reueren-potius ab omni V6k'tle 1DSentes gratias, orantes eam ut non a nobis. sed cui scimus nibll 1 ^ ^° 8Xp:Ctet ^ejusmodi laborum suorum retributionem. ut celeriter ad c lemPore gi'atius acceptiusue prestari posse, quam eniti uentio transmittatu nnSerablleS p°pul°s in an=ul° Ponli obsessos aliqua sub-comniendanm< ' ^ ■ °S reuereD(^lss'me paternitati vestre iterum ilerumque parati hai., • CU^U5 (^cus et ampliludinem inueniemur semper cupidissime ‘ DatJ jaDUe mcc^lv die xxu nouembris. Rcuerondissime paternitatis vostre lilij protectores etc. ( m ) DOCUMENTI DOCUMENTO CLXX. I medesimi ringraziano per lo stesso oggetto il cardinale d’Aquileia. Uo5 22 novembre (Litterar. olF. s. Georg, ann. 1454-1457) (fo). 169 v.) Reuerendissimo ac prestantissimo in christo patri et domino, domino lu-douico cardinali aquiligiensi (sic) etc. dignissimo. Significauit nobis. reuerendissime ac prestantissime pater et domine, venerabilis frater deodatus ad conspectam sanctissimi domini nostri transmissas quam promptam quamque fauentem se prebuit reuerendissima paternitas ve-slra in omnibus que conseruationem et subuentionem urbis capliensis et aliarum terrarum maris pontici respiciunt sempercumque de rebus illis sermo habitus est. Quamobrem cum propter famam admirabilium virtutum vestrarum plurimam reuerendissime paternitati vestre jam dudum alliceremur, accedentibus insuper beneficijs. statuimus his litteris reuerendissime paternitati vestre non modo ingentes gratias agere, sed insuper illam orare sibi persuadeat eam esse deuotionem et affectum nostrum erga se. ut nihil magis cupiamus quam occasionem nobis preberi qua possimus animum nostrum ipsis operibus declarare. Quod autem ad ponticos populos attinet benignitatem vestram oramus sibi laboriosum non sit eniti ut aliqua subuentio ad illos transmittatur, expectelque ab omnipotenti deo condignam hujus laboris retributionem, cujus maiestati non dubitamus nihil gratius nihilue acceplius hoc tempore preberi posse, quam eniti ul innumerabilis illius Christianorum multitudinis calamitati ac periculo subueniatur. Quod reliquum est inueoiet nos semper reuerendissima paternitas vestra in omne decus suum cupidissime paratos. Data die xxu nouembris. Reuerendissime paternitatis vestre filij protectores etc. Segue dopo: Similes facte sunt reuerendissimo domino prospero cardinali de columna. Item similes facte sunt reuerendissimo domino n. (sic) cardinali de ursinis. ‘26* ANNO 1455 DOCUMENTO CLXXI. Fanno lo stesso col Bessarione cardinale di Nicca. 1153 22 novembre (Litterar. off. s. Georg, ann. 115-4-1157) ( fol. 170) Reuerendissimo ac prestantissimo in christo patri et domino, domino bessa-rioni cardinali niceno etc. dignissimo. Cum jamdudum. reuerendissime ac prestantissime pater et domine, propter famam admirabilium virtutum vestrarum, reuerendissimo paternitati vestre singulariter affecti essemus, accesserunt nuper his iu nos humanitatis vestre beneficia. \ enerabilis enim frater deodatus ad conspectum sauctissimi domini nostri a nobis transmissus, litteris suis nobis signifieauit quantum reuerendissima paternitas vestra sempercumque de rebus caphensibus et aliarum urbium maris pontici sermonem habuit, se promptam ac fauentem prebuit in hijs que illorum populorum salutem ac subuentionem respicere videbantur. Agimus itaque benignitati vestre ingentes gratias, quibus referendis quia nos impares esse intelligimus. reuerendissima paternitas vestra condignam retributionem hujusmodi laborum suorum expectabit ab omnipotente deo. cujus majestati certi sumus nihil gratius niluiue acceptius hoc tempore prestari posse quam eniti ut tot christiani populi intra angulum ponti obsessi, ah immanissimo illo machometo tureorum rege (manca non) opprimantur. Propter quod reuerendissima m paternitatem vestiam iterum iterumque oramus, ne sibi laboriosum sit salutem tot fidelium populorum adjuuare. sibique persuadeat nos ac nostra omnia semper et quidem cupidissime parata fore in omnia concernentia decus et amplitudinem suam. Data die xxn nouembris. Reuerendissime paternitatis veslre filij proleciores etc. Segue : Similes facie suni reuerendissimo domino petro cardinali s. marci. Item similes facte sunt reuerendissimo domino p. (sic) cardinali rolomagcnsi. ( 395 ) DOCUMENTI DOCUMENTO CLXXII. Decreti dei Protettori spettanti gli averi e le schiave del fu Demetrio Vivaldi, già console di Calta. U55 15 c 23 dicembre (Diuersor. negotior, olì', s. Georg, ann. 1453-1480) (fol. 73) Protectores comperarum sancti georgij excelsi comunis janue. Mandamus vobis nobili georgio de camilla patrono unius nauis ex partibus orientalibus venientis existentis in portu vadensi. quatenus res bona merces et argentum q. domini demetrij de viualdis existentes in dieta naui non resignentur alicui persone nisi habeat cautionem quam presenlabunt nobis debentibus recipere a diclo q. domino demetrio certam quantitatem pecunie. Et hoc sub pena soluendi de vestro proprio et ultra. Data jauue xv decembris. Segue subito: * Die XXIII decembris. Gregorius lercarius constilutus in presenlia domini Filippi catanei et sociorum exposuit quod in naui sancii georgij sunt sclaue que consumuulur et possent decedere, item res que male sic staut. et propterea se obtulit ipsas sclauas res et bona vel processum ipsarum semper representare ad mandatum dicti ollicij sic et in quanluin sibi relaxentur, et ita suo proprio nomine pro-misit. Sub elc. Respondens etc. Quod officium visa dicta oblatione et promissione mandauit fieri relaxum et litteras infrascriptas. Protectores comperarum sancti georgij etc. excelsi comunis janue. Nobili viro georgio de camilla patrono unius sue et sociorum nauis existentis in portu saone committimus quatenus sclauas res bona et nwrces ac argentum q. domini demetrij de viualdis penes se in nauigio nostro sequestratas relaxet, attento quod gregorius lercarius promisit eas seu earum proccssum represeu-tare coram nobis arbitrio nostro. Data jauue die xxiii decembris mcccclv. ANNO I455 ( 396 ) DOCUMENTO CLXXIII. I medesimi instano presso il loro oratore che ripeta la domanda della riscossione delle decime e del provento della predicazione della Crociata nello Stalo genovese. 1155 22 dicembre (Litterar. olF. s. Georg, ann. 1454-14o7) (fol. 189) Venerabili in cliristo patri sacrarum litterarum professori, domino fratri deodato bochono apud romam. Scripsimus vobis die xxu nouembris superioris ut oblationi tritici nullum certum responsum preberetis. donec nos inquireremus utrum inueniri posset aliquis qui frumentum in locis illis vobis oblatis acciperet et parem quantitatem in aliquo loco maritimo Sicilie nobis assignaret, quoniam alioquin. nisi via tantummodo hujusmodi permutationis, ex oblatione vobis facta subueuiri non potest inopie caphensium. Presertim cum nedum difficile, quin immo impossibile sit ullam nauem mediocris maguitudinis hoc tempore transmittere ad ea loca, in quibus scripsistis frumenta vobis oblata fuisse. Nos postea summa diligentia tentauimus an hujusmodi frumentariam permutationem facere possemus. neminemque inuenimus qui huic rei auditum preberet. Propter quod nulla jam nobis spes superest de celero inueniri posse quod hactenus frustra teniatum sit. Utile ioriiur nobis videtur ut sanctissimo domino nostro et reuerendissimis O cardinalibus perspicue respondeatis ex tritico in illis locis vobis oblato, inopie populorum pontici maris subueniri non posse propter rationes et in his et in alijs litteris nostris memoratas, et ob id oretis sanctitatem suam et reueren-dissimas eorum paternitates, ut quandoquidem oblatio illa frumentorum sub-uentioni caphensium inseruire non potest, ad alias prouisiones oculos ani-mumque conuertant. Cum presertim illorum populorum salus tanti momenti sit. ut nisi hi populi conseruentur hic tantus apparatus incruciate exiguos fructus allalurus sit. El quopiam scripsistis maxima nunc esse onera camere apostolice. potest sanctitas sua si pecuniaria subuentio sibi difficilis est. decimas tolius jurisdictionis januensis. que ut scitis perexigue sunt, pecuniasquc ex predicationibus incruciate in tota ipsa jurisdictione nostra colligendas nobis assignare, iit in defensionem ac sustentationem illorum populorum conuertantur. Orate igitur ( 397 ) DOCUMENTI sanctitatem suam ct reuerendissimorum dominorum cardinalium paternitates, ut saltem has subuentioncs liberaliter prebeant calamitati et manifestis periculis illius innumerabilis multitudinis Christianorum. Et si quis forsitan vobis obijceretur hujusmodi pecunias in sumptus incruciate et non in alios usus conuerti debere, audacter respondete nullum alium sumptum impugnationem infidelium rectius respicere, quam eum qui tot fidelium populorum salutem concernat. Qui si conseruentur. poterunt nec leuia nec contemnenda auxilia contra ipsos infideles Christianis prebere. Super qua materia breuiores sumus, quoniam intelligimus supreme sapientie sanctissimi domini nostri et reuerendissimorum dominorum cardinalium hec non aliter nota esse quam nobis ipsis. Quibus nos semper et illos miserabiles populos commendate, et pro impetrandis dictis subuentionibus illorum salutem respicientibus solitam diligentiam vestram adhibete. Data die xxu decembris. Protectores. DOCUMENTO CLXXIV. I Protettori difendono presso la santa Si de il loro operalo, e narrano a papa Calisto le piraterie esercitate nell’Arcipelago dal veneto Angelo Morosino, giustiziato dal capitano di Famagosta. 14oo 27 dicembre (Litterar. off s. Georg, ann. 1454-1457) (fol. 193) Sanctissimo ac beatissimo patri et domino colendissimo, domino calisto diurna prouidenlia sacrosancte, romane ac uniuersalis ecclesie diguissimo sumnio pontifici. Difficile nobis esset, sanctissime ac beatissime pater el domine colendissime, ullis verbis ullisue litteris equare quam molesta nobis fuerint ea que ex litteris beatitudiuis vestre daùs die vii nouembris superioris, et hodie per egregium virum didacum de speio nobis reddilis. falso narrata fuisse sanctitati veslre deprehendimus ad rem domini angeli morosini pertinentia. Cum enim non modo multifaciamus, ut par est. graliam et beniuolentiam sedis apostolico. sed etiam super omnia cupiamus singularem alTectum ct deuolionem nostram erga beatiludinem vestram ipsis operibus testali. 11011 immèrito pio-fcclo ’ uiìrum in modum nos excruciat si quud videmus lalsum crimen apud sanctitatem vestram nobis obijei. quod possit solitam illam caritatem benigni- r anno 1455 ( 398 ) talis vestre in nos modo aliquo labefactare. Propter quod statuimus pauca pro luenda innocentia nostra sanclilati vestre rescribere, et rem domini angeli prout gesta esi breuiter enarrare. Cuin superiore tempore idem dominus angelus instructa triremi una ad insulam cypri se transtulisset, in vicinisque regionibus aliquandiu moram fecisset. tandem propter inopiam commeatuum coactus fuit a prefecto urbis nostre famaguste opem petere. Cui quamprimum alfirmauit statuisse si* cum ipsa triremi contra infideles bellum gerere, statim ab ipso prefecto libere impetrauit non modo saluumconductum et commeatus necessarios, sed etiam in illa urbe omnia humanitatis ollicia eidem domino angelo et suis liberaliter prestila fueruui quecumque a veris amicis amico preberi solent. Ipse autem dominus angelus ex famagustano porlu discedens, acceptis commeatibus et alijs munitionibus opporlunis. aliquot nostros primum contra saluumconduclum illis abs se dalum. et post hec non nostros modo sed etiam omnes alios Christianos quoscumque potuit, cepit diripuit et 'remo addixit, adeoque hujusmodi viris triremem impleuit. ut eorum non exigua multitudo, conspiratione iuter se facia. ipsum dominum angelum in vincula conjecerit. Et post hec eum et triremem iu portum famagustanum deduclam. capitaneo illius urbis tradiderit, hac tamen lege quod ipsis liceret omnia arma omnesque res el muniliones in ipsa triremi cxistentes sibi ipsis retinere et intra se diuidere. Post que capitaneus ipse euudem dominum angelum, contra quem multiplices stalim accusationes facte mullaque crimina objecta fuerunt, coegit causam suam dicere et se tueri, ct demum perfectis contra eum processibus, quos ipsa justitia postulabat, tandem ipsum jure conuictum die duodecima julij superioris securi perculi jussit. Potesl igilur nunc suprema sapientia vestra probe inlelligere quantum a veritale aliena sint ea omnia que de ipso domino angelo sibi narrata fuere. Xam neque sub fide publica caplus est. neque ipse sua sponte tunc fama-guslam accessit, neque eo tempore quo sui contra eum insurrexerunt pro fide catholica militabat, sed polius contra omnes christianos indifferenter ut diximus seuiebat. Nec minus preterea falsum est id quod beatitudini vestre affirmatum fuisse videtur, quid \idelicet ulle littere sacrosancti collegij reuerendissi-morum cardinalium de ipso domino angelo loquentes unquam nobis reddite fuerint, sed tantummodo litteras sanctitatis vestre julio superiore de ipsa materia scriptas accepimus. Quibus statim rescripsimus statuisse nos et in ea 1 re et in omnibus alijs rebus pro virili nostra obsequi voluntati sanctitatis veslre. tumque litleras beatitudini vestre transmisimus jubentes capitaneo famagusle ul circa vel retentionem vel liberationem domini angeli litteris ( 399 ) DOCUMENTI sanctitatis vestre obtemperaret. Et tamen in lilteris nostris tunc adiecimus nos consyderantes quot predas quotque rapinas idem dominus angelus contra omnes christianos commiserat, maxime vereri ne idem capitaneus famaguste do eodem domino angelo, ila jubente justitia, supplicium sumi jussisset antequam littere nostre ad cum perucnirent. quod quidem non aliter euenit quam existimabamus. Nam priusquam littere nostre nodum reddite fuissent capitaneo. sed eliam scripte, jam dominus angelus condemnatus fuerat, jamque contra eum exeeulio facta, quam ipsa justitia deposcebat. Hec. clementissime paler, pro defensione innocenlie nostre sufficere arbitrali sumus, cum presertim prenominatus didacus se perspicue iutelligere coram nobis affirmauerit ea omnia falsa esse que de eodem domino angelo sanctitati vestre contra nos narrata fueruut. Oramus itaque bealiludinem vestram ul quandoquidem et facile possumus et parati sumus, si expediat, sufficienter probare ea omnia que diximus vera esse, hujusmodi falsis accusationibus, si quas de cetero conira nos fieri continuai. aures occludat, sibique persuadeat nos semper fuisse esse el omni tempore fore deuotissimos fiiios et obseruan-tissiinos cultores sanctitatis sue. Quod aulem beatitudo vestra postulat ut triremem de qua superius fit menlio iu famagusta existentem cum suis apparatibus consignari faciamus reuerendissimo domino petro archiepiscopo tarraconensi legato apostolico, cupientes semper ut diximus sanctitatis vestre voluntati obtemperare, jussimus nostris litteris capitaneo famaguste ut triremem ipsam omnesque ejus apparatus. quicumque sibi traditi luerunt, statini libere dari jubeat eidem reue-rendissiino domino legato siue legitime persone pro eo. et si quid aliud in manu nostra nunc positum esset quod posset sanctum illud propositum bea-liludinis vestre contra infideles adjuuare . . . hoc exiguo munere non conienti ipsis profecto opi'iibus ostenderemus quantum cupiamus affeclum ac venerationem nostram erga sanctitatem vestram ipso experimento inlolligi. cui nos semper ac nostra omnia suppliciter commendamus. Data die xxvn decembris mcccclvi (')■ Sanctitatis veslre filij ac seruitores deuotissimi prole tores comperarum sancti georgij. comunis janue elc. ('j Per la data dell’anno 1456 che leggesi attribuita al presente e ai susseguenti documenti dei 27 dicembre 1453, vedasi la 1a nota posta sopra a pag. 453. ANNO I455 ( 4-00 ) DOCUMENTO CLXXV. Si raccomandano per lo stesso fine alla protezione del cardinale di Fermo. ■1453 27 dicembre (Litterar. off. s. Georg, ann. 1) (fol. 102 v. ) Reuerendissimo ae prestantissimo patri et domino, domino dominico titulo sancte crucis cardinali firmano dignissimo. Reddidit nobis. reuerendissime ac prestantissime pater el domine, vir egregius didacus de speio litteras sanctissimi domiui nostri et item reuerendissime paternitatis vestre. de negotio domini angeli morosini mentionem facientes. Quare petitioni quantum in nobis est satisfecimus, scripsimusque capitaneo nostro famaguste ut triremem illam que fuit prenominati quondam domini angeli cum suis apparatibus libere tradi jubeat reuerendissimo domino legato apostolico, quemadmodum littere sanctissimi domini nostri postulant et eliam reuerendissima vestra paternitas nos hortatur. Verum quoniam ex ipsis sanctissimi domini nostri litteris deprehendimus, mulla beatilndini sue contra nos falso narrata fuisse, pro defensione innocentie nostro ea sanctitati sue rescripsimus que ex litterarum exemplo quod his includi jussimus reuerendissima vestra paternitas intelliget. Oramus igitur benignitatem vestram ne sibi laboriosum sit id exemplum perlegere et apud sanctitatem domini nostri veritatem el innocentiam nostram tueri, nobisque post hec respondere an ea que eidem sanctissimo domino nostro rescripsimus satis sint. i\os enim si expediat facile possumus probare et quidem sufficienter ea omnia que iu ipsis litteris nostris sanctissimo domino nostro signifìcauimus vera esse. Propter quod reuerendissimam paternitatem veslram iterum iterumque precamur ut quemadmodum in omnibus alijs rebus solet, ita in hoc negotio patrocinium innocentie nostre suscipiat, sibique persuadeat nos semper paratos lore et quidem in omnia concernenlia decus et amplitudinem suam. Data die xxvn decembris J 450. Pieuei endissime paternitatis veslre filij protectores elc. DOCUMENTI DOCUMENTO CLXXVI. Impegnano «niello a sostenere la loro causa il cardinale Giorgio Fiesclii. 14o5 27 dicembre (Litterar. oli', s. Georg, ann. M54-U37) (fot. 191) Reuerendissimo ac prestantissimo in chrisio patri ot domino, domino geor-gio cardinali de fiisco dignissimo. Quemadmodum, reuerendissime pater et domine, ex copia litterarum sanctissimi domini nostri nobis scriptarum super re domini morosini. exque responsionibus litteris illis per nos factis, quarum etiam exemplum bis includi jussimus. sapientia vestra latius intelliget. multa eidem sanctissimo domino nostro narrata fuisse videntur contra decus nostrum, que prorsus a veritate aliena sunt. Propter quod reuerendissimam paternitatem vestram ex animo rogamus ne sibi laboriosum sit ipsarum litterarum exempla perlegere et post hec rebus cognitis sanctitatem domini nostri certiorem efficere affectus et deuotionis nostre erga bealiludinem suam, el quam falsa sunt ea omnia que de prenominato domino angelo sanctitati sue narrata fuere. Qund profecto inter inulta benignitatis vestre obsequia nobis prestita annumerabimus, parati semper in omnia concernentia decus et amplitudinem reuerendissime paternitatis vestre. Data die xxvu decembris mcccclvi. Reuerendissime paternitatis vestre filij protectores elc. DOCUMENTO CLXXVII. Comandano al capitano di famagosta di restituire la nave di Angelo Morosino all’arcivescovo di Tarragona, legato del Papa. 1455 27 dicembre ( Lillerar. off. s. Geerg. ann. 4454-1457 ( fol. 194 ) Protectores eie. Spedato el prestanti viro bartholomeo de leuanio capiianeo famaimste. dilectissimo nostro. o Significauit nuper nobis. speciale vir dilectissime noster, sanctissimum do- anno 1455 ( m ) miuum nostrum statuissi so contra infideles parare omnes triremes quotcumque poterit uudique contrahere, et oli id hortatus est nos ut triremem illam quam turma domini quondam angeli morosini ab eo abstulit et predecessori vestro dono dedit, consignari jubeamus reuerendissimo domino petro archiepiscopo terraconensi legato el classis apostolice capitaneo generali. .Vos igitur qui super omnia optamus non solum ejusdem sanctissimi domini nostri voluntati obtemperare, sed etiam apparatum contra infideles pro virili nostra adjuuare. volumus et vobis jubemus ut visis presentibus litteris statini libere et sine ulla contradictione tradi et consignari faciatis prenominato reuerendissimo domino legato apostolico siue legitime persone pro eo. dictam triremem et omnes ejus apparatus, quicumque vobis seu predecessori vestro traditi et consignati fuerunt. De cujus triremis et apparatuum suorum consignatione instrumentum confessionis cum inuentario sub nomine ejus cui triremem ipsam et ejus apparatus consignauerilis. manu notarij fieri facite, cujus postea exemplum ad uos transmittitote. Et si forsitan triremis ipsa jam in terram subducta esset et ulla reparatione indigeret, eo casu volumus ut tam circa reparationem quam etiam circa expeditionem ejus, presertim quando in mare deducenda erit, prebeatis dicto reuerendissimo domino legato et suis omne genus auxilij ac fauons. et demum in hoc et in reliquis negotijs ea omnia humanitatis officia illis iibera-liter prestetis. que veris amicis negari non solent Data die xxvn decembns mcccclv i. \ ) DELI.!' MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Codice Diplomatico delle Colonie Tauro-Liguri, durante l<> si,?11011 dell’ Ufficio di s Giorgio (mccccliii-mcccclxxv), ordinato ed illustrat . rag. v dal socio P. Amedeo Vigna..... » VII Ragione dell’Opera....... Anno mcccclih. Esposizione storica degli avvenimenti Documenti....... Anno mccccliv. • * 61 » 85 • • • • * Anno mcccclv. . 157 . 253 AVVERTENZA A norma di quanto si è accennalo nell’ Avvertenza impressa sulla copertina del volume v, fascicolo i, questo tomo vi si apre Codice Diplomatico delle Colonie Tauro-Liguri. Il numero dei do cumenli che devono avervi parie essendosi però venuto nel fi attempo aumentando al di là d’ogni speranza, converrà che il medesimo a bracci, oltre il presente, anche il vii tomo. 1 fascicoli poi destinali a comporre S'flalli due volumi uscii anno in luce a non lunghi intervalli; ma la loro comparsa si alternerà con quella degli altri lavori onde venne del pari deliberata la stampa. Cosi i risultamenti de’ varii sludi ai quali dalla Società si attende , saranno rappresentali in eguale misura nel corso delle sue pubbli cazioni. Esposizione storica Documenti. Esposizione storica . Documenti. ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME VI. — FASCICOLO 11. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCCIA1X APPENDICE AI DOCUMENTI DELL’ ANNO 1455 (») DOCUMENTO CLXXVIII. Bolla di papa Calisto 111 in cui accorda amplissime indulgenze e grazie spirituali ai sudditi della repubblica di Genova, e ai fedeli delle città e diocesi di Luni, Tortona, Acqui, Alba ed Asii, i quali o personalmente o con largizioni concorressero all’armamento promosso dai Protettori di s. Giorgio, in aiuto di CalTa c le altre loro colonie del mar Nero (2j. 1455, 22 aprili1 (Diuersor. negol. off. s. Georg, ann U55-U65) ( fui. J2 e 3G v. ) Calistus episcopus, seruus seraorum dei dilectis filijs protectoribus compe-rarum sancti georgij. communis janue. salutem et apostolicam benedictionem. (’) Pubblicato già da buona pezza il primo fascicolo del presente Codice Diplomatico, e alla vigilia di porre mano alla stampa del secondo, ci venne presentato questo nuovo registro Diuersorum negotiorum, ann. 1455-14S5, dello stesso archivio di s. Giorgio; nel quale oltre molti atti e bolle papali che spargono bella luce sugli avvenimenti dell’anno 1456, trovansi inseriti parecchi documenti spettanti al 1455, cui perciò collochiamo qui in appendice. {■) Questa bolla è la stessa dianzi riferita a pag. 302 sotto il documento CXVI1I; ma mutila in gran parte, come la riportò il Rainaldi negli Amai. Ecclrs. al ANNO 1155 ( 404 ) Cum in desiderijs cordis nostri illa precipue versetur cogitatio, ut quantum iiumano consilio fieri potest nephandissimis conatibus infidelium resistatur, ea libenter ordinamus et querinius que ad defensionem chrislifidelium et repres-sionem dictorum infidelium spectare videntur. Cum igitur fidedignorum relatu intellexerimus inhumanissimos christiani nominis hostes tureos et tartaros unanimi consensu deliberasse et statuisse preclaram urbem capham. aliaque loca orientalia dominio januensi subdita de proximo inuadere et occupare ut fideles ex illis partibus eradicent, vosque ad ciuitatum et locorum eorundem defensionem terra marique prouisionem possibilem facere incepisse, in qua maximis expensis opus est: Nos quantum possumus de thesauro jhesu chrisli domini et saluatoris nostri vobis prouidere volentes, uniuersos et singulos nationis januensis et sub eodem dominio et protectione degentes utriusque sexus, etiam clericos seculares et regulares, tam in dicta ciuitate quam alibi ubicumque terrarum habitantes vel negotiantes, ac omnium et singularum ripariarum ciuitatum insularum et locorum prefato dominio subditorum incolas et habitatores cujuscumque dignitatis status gradus ordinis conditionis et preheminentie existant. etiamsi particularia obtineiut dominia, eorumque subditos vasalos et feudalarios. ac nobiles viros marchiones comites dominos, ac omnes et singulos ut prefertur utriusque sexus commendationi et protectioni januensium recommissos. nec non quoscumque lunensis terdonensis aquensis albensis et astensis ciuitatum earumque diocesuum pariter utriusque sexus ut prefertur. obsecramus in domino et per viscera misericordie dei nostri exhortamur atque requirimus, ut pro ciuitatum insularum et locorum supradictorum defensione auxilio et fauore oporlunis velint personaliter siue de bonis et facultatibus sibi a deo collatis larga manu et libenti animo prouidere. recepturi a pijssimo deo nostro bonorum omnium remuneratore in presenti seculo abundantiam gratiarum et post finitum humane conditionis cursum gloriam felicitatis eterne. Nos enim de omnipotentis dei misericordia ac beatorum petri et pauli apostolorum ejus auctoritate confisi, omnibus illis qui aut personaliter accedent, mensibus quatuor in predieta defensione mansuri, etiamsi eundo ipsos in itinere mori forte contingeret, aut vobis seu ministris ecclesiasticis per vos deputandi vigiliti florenos auri de camera, singu i videlicet eorum pro uno bellatore seu pugnatore propterea mittendo persoluerint. vel centesimam bonorum que possidenl. luogo ivi citato: e qui invece è riportata nell’ intiero suo tenore. Dove si avverta che nel titolo di quel documento per inavvertenza si scrisse papa Nicolò V, a vece di Calisto 111, come ora emendiamo. ( 405 ) APPENDICE AI DOCUMENTI et si clerici decenter beneficiali erunt vicesimam annuoram reddituum suorum : si vero artifices aut mercatores rnediocrilcr opulenti ac etiam diuites fuerint vicesimam annui introitus siue lucri, etiam per industriam acquisiti: si autem clerici exigue beneficiati et artifices ac mercatores paucorum lucrorum personaliter accedere nequeuntes de facultatibus suis juxta prudentiam dictorum ecclesiasticorum per vos deputandorum pia manu errogauerint. auctoritate apostolica tenore presentium eam indulgentiam et remissionem plenariam suorum peceaminum concedimus alquc impartimur que in anno jubileo proxime elapso ijs qui venerunt romam. siue euntibus tempore cruciate in subsidium terresancte. tam per felicis recordationis nicolaum papam v. predeces-sorem nostrum quam per alios romanos pontifices concessa fuit, et quam ipsi ex concessionibus hujusmodi consequuii quomodolibet extiterunt. Predictis vero nec non celeris qui nec personaliter ire nec subsidia hujusmodi persoluere commode poterunt, sed pro facultatum suarum modulo juxta eorum conscientias, prouidi confessoris consilio formatas, huic pijssimo operi pecunias arma vel alia bona contribuent, ut confessor idoneus secularis vel cujuslibet ordinis regularis, quem quilibet ipsorum duxerit eligendum, confessionibus suis diligenter auditis pro eatenus commisis excessibus atque delictis, etiam in casibus sedi apostolice reseruatis. semel tantum debitam absolutionem impendere et injungere penitenliam salutarem: nec non si id humiliter petierim a quibuscumque excomunicationum suspensionum irregularilatum et interdicti alijsque sententijs censuris et penis ecclesiasticis a jure vel ab homine promulgatis quibus forsitan irretiti existani. injunctis sibi pro modo culpe pe-nitentia salutari et alijs que de jure fuerint injungenda alque satisfactione per eosdem ecclesiasticos discrete imponenda, maxime his qui vetita infidelibus saracenis et tureis detulerunt, absoluere el super irregularitatibus hujusmodi dispensare, ac omnibus supradiciis personis vere penitentibus et confessis in mortis articulo plenariam omnium peccatorum suorum, de quibus corde con-tricti (sic) et ore confessi fuerint, indulgentiam et remissionem, eis in sinceritate fidei, unitate sancte romane ecclesie ac obedientia et deuolione nostra vel successorum nostrorum romanorum pontificum canonice intrantium persistentibus. concedere prefata auctoritate valeat, facultatem ac licentiam plenas et liberas elargimur: sic tamen ut idem confessor de his de quibus fuerit alteri satisfactio impendenda, eam sibi per se ipsos si superuixerint vel per heredes suos si tunc forte transierint faciendam injungat quam ipsi facere teneantur. Volumus quoque quod patres el matres familias qui hujusmodi subsidium ut prefertur impenderint, easdem indulgentias et remissiones eliam pro uxoribus et liberis, si pro eisdem mediam dati a se muneiis persoluerint. conse- ANNO 1455 ( 406 ) quautur : quodque ctiain ipsi per vos deputandi clerici seculares ve) regulares de quibusuis male ablatis incertis, etiam usuram sapientibus, cum supranomi-natis et eorum quolibet debite componere et hujusmodi composita 111 idem pium opus conuerlere. eosdemque eadem auctoritate absoluere possint et valeant prout fuerit oportunum. Omnes quoque qui vota, etiam peregrinationis cujuscumque et quecumque alia vota, preterquam religionis ingressum emis-sissent. ut confessor suus ipsos tantum in pecunia soluentes. si potentes erunt, quantum in votis peregrinationis expendidissent. aut si erunt pauperes et impotentes ex arbitrio confessoris pro voti qualitate et conditione pecuniam contribuentes. absoluere similiter valeat, eodem tenore damus potestatem et etiam * facultatem. Ceterum ut hanc rem ad optatum necessariumque effectum per idoneos ministros perducere possitis, deuotioni veslre ut viros religiosos doctos et idoneos, sacerdolesque el ecclesiasticos prudentes et fideles qui has litteras secum deferentes verbum dominicum predicare et populos ad auxiliorum contributionem exhortari possint : et insuper habito consilio atque mandato a venerabili fratre nostro georgio episcopo hostiensi. cardinali de flisco. ministros ex viris ecclesiasticis siue secularibus aut laicis siue religiosis ordinum quorumcumque, quos idem cardinalis ad hoc idoneos declarare et per litteras suas vobis designare deereuerit. qui percipiendas supradiclis omnibus modis pecunias et res per se ipsos aut a se ipsis substituendis percipere ac vobis dare delerre ac mittere debeant, deputare valeatis, concedimus per presentes. Quibusquidem religiosis et ecclesiasticis, predicatoribus. seu laicis ministris in hoc exercitio per quatuor menses laborantibus, ut confessor quoque suus, quem quilibet eoruin duxerit elidendum. semel in vita et in mortis articulo remissionem eis o ut prefertur concedere valeat simili modo duximus concedendum. Et msuper deputandis per vos ac substituendis predictis ecclesiasticis et ipsorum cuilibet ut supra confessionibus predictis testimoniales litteras que manu ipsorum subscripte vel etiam vestro aut ipsorum deputandorum sigillo signate ubilibet plenariam et integram fidem faciant, libere et licite tradere possint et valeant liarum serie concedimus. Volentes ac mandantes has nostras litteras duobus aunis et ad sedis apostolica beneplacitum inuiolabililer obseruari. ac supradiclis tenore ac aucton-tate decernentes omnes el singulos ex supradictis aut alijs quibuscumque qm pecunias ct res alias vigore litterarum harum nostrarum quomodolibet pei-ceptas in alios usus quam hujus subsidij contra infideles conuerterint- ministrorum et nunciorum vestrorum expensis ac salarijs dumtaxat exceptis, excommunicationis penam incurrere, a qua nisi a sede apostolica absolutionis ( 407 ) APPENDICE AI DOCUMENTI beneficium nequeant reportari. Nulli ergo ctc. Si <|uis etc. Datum rome apud sanctum petram anno incarnationis dominice millesimo quadringentesimo quinquagesimo quinto, decimo kalendas maij. pontificatus nostri anno primo. Julius blondu>. DOCUMENTO CLXXIX. Nota dei personaggi designati a collettori delle limosino da raccogliersi nello Stato genovese per sussidiare Caffa, spedita da Roma dal cardinale Giorgio Fieschi ai Protettori. 14o5, 25 aprile ( Diuersor. neg. off. s. Georg, ann. 1455-1465) (fol. 13 v.) Georgius miseratione diuina episcopus hostiensis. sacrosancte romane ecclesie cardinalis, de disco vulgariter nuncupatus, nobilibus et spectabilibus viris protectoribus comperarum sancti georgij ciuitatis janue salutem et sinceram in Jomino caritatem. Cum enim in ciuitate januensi ac alijs ciuitatibus. insulis et locis dominio januensi subjectis, ceterisque ciuitatibus et locis in litteris apostolicis nominatis juxta tenorem litterarum aposlolicarum per sanctissimum dominum nostrum ealistum papam tertium concessarum ('). pecunie necessarie pro expensis fiendis et oneribus subendis ad resistendum nephandissimis conatibus tureorum ac tartarorum infidelium colligende sint, alque ut pecunie hujusmodi eo conue-nientius et melius colligi possint, vos protectores predicti una nobiscum per eundem sanctissimum dominum nostrum papam, juxta tenorem et seriem dictarum litterarum apostolicarum deputati et ordinati estis, quatenus vos una cum consilio nostro atque mandato aliquos ministros ex viris ecclesiasticis se-cularibus aut laicis siue religiosis ordinum quorumcumque. quos nos ad hoc idoneos declarare et per litteras nostras vobis designare decreuerimus. qui percipiendas pecunias et res modis in litteris apostolicis designatis per se ipsos aut alios a se ipsis substituendos percipere ac vobis dare deferre ac mittere debeant deputare valeatis: (') È Ia bolla dei -22 aprile I45S, immediatamente precedente. ANNO 1455 ( 408 ) Hinc est quod nos viros et dominos episcopos saononsem. moranensem. ac venerabiles viros ecclesiasticos benedictum de auria prepositum. ludouicum de flisco archidiacónum. dominicum folietam et lucam de oliua canonicos ecclesie januensis. priorem sancti teodori ordinis canonicorum sancti augustini extra muros janue. prepositum sancti nazarij. egregios sacre teologie professores fratrem philippum de monelia priorem sancti dominici, fratrem jero-nimum de panizzarijs. fratrem jeronimum de montenigro ordinis predicatorum. fratrem christoforum de ceua. fratrem leonardum grillum ordinis minorum, fratrem paulum de biella ordinis heremitarum priorem conuentus sancte tecle. ac fratrem deodatum boclionum ordinis seruorum. et priorem conuenius fratrum carmelitarum. omnes ciuitatis janue: etiam nobiles et circumspectos viros laicos ciues prefate ciuitatis lucianum ac babilanum de grimaldis. gui-rardum et paulum de auria. jacobum et danielem de flisco. carocium spinulam de luculo et baptistam q. domini georgij etiam spinulam, babilanum de nigro, baptistam lomellinum. meliaducem saluaigum. darium de viualdis. valaranum cataneum. johannem pichamilium. johannem pesagnum de marinis, antoniotum grillum, simonem justinianum. lodisium de francis de burgaro. edoardum de prementorio. andalonem maruffum. nioolaum de furnarijs. ra-phaelem de marco, luchinum fatinanti. christoferum (’) campanarum. johannem de recho. antonium de fatio notarios, manuelem de rapallo pelizarium. petrum de sancto stephano spetiarium. antonium mastrutium. michaelem capellinum. lodisium de oliua seaterium et antonium nauonum. Ac consulimus et de mente nostra fore et esse declaramus quatenus vos. duos tres quatuor vel plures de predictis. aliquos quos aptos ad premissa faciendum videritis, deputetis et nominetis qui hanc rem juxta tenorem dictarum litterarum exequantur et ad debitum deducant effectum. Datum rome apud ecclesiam sancti spiritus in domibus habitationum nostrarum, nostro sub sigillo, anno domini mcccclv. die xxv aprilis. (') Nei documenti di s. Giorgio questo nome è molto svariatamente scritto nelle due parti di cui consta. Per la prima noi adottammo quasi sempre il christo, con la h; polla seconda accettiamo indifferentemente la desinenza in faro, fero e foro, come sta nel codice. E la stessa regola osserviamo riguardo a più altri nomi, che nel corpo degli atti variano assai nell’ortografia. ( 409 ) APPENDICE A) DOCUMENTI DOCUMENTO CLXXX. I Protettori dalla predella nota del cardinale J-'iescili scelgono un buon numero di collettori e deputati, ecclesiastici e laici, di loro maggiore confidenza. 1455, 14 maggio e 16 giugno (Diuersor. negot. oli' s. Georg ann. I ìo.V1 ìli.'i) (fol. H) * MCCCCLV die Xlill maij. Magnifici domini protectores etc. elegerunt infrascriptos ex nominalis in litteris infrascriplis (') reuereudissimi domini cardinalis, in omnibus et per omnia ut in bullis apostolicis et litleris prefati domini cardinalis continetur, videlicet: reuerendum dominum episcopum maranensem. dominum prepositum sancti laurentij. dominum archidiaconum. dominum fratrem paulum de biellis. dominum fratrem jeronimum de montenigro. dominum fratrem jeronimum panisarium. dominum dominicum folietam. dominum priorerr sancti theodori. dominum fratrem leonardum grillum, dominum magistrum deodatuin boconum. lucianum de grimaldis. darium de viualdis. johannem de marinis pesagnum. johannem picamilium. michaelem capelinum. edoardum de premenlorio. ni-colaum de furnarijs. antonium nauonum. Segue su/jìlo : * Die XVI juuij. Ilein elecli sunt per prefatos dominos protectores reuerendus dominus episcopus saonensis. dominus prepositus sancii nazarij. antonius masirulius. chrislofarus campanarus. guirardus de auria. (‘j La lettera del cardinale Fieschi nel registro è scritta sotto il presente alto. ANNO 1455 ( 410 ) DOCUMENTO CLXXXI. Discarico di un Protettore, Antonio Ponte, per strumenti c spese di provvisioni in soccorso di Caffa, fatto dagli altri colleglli, dai quali n avea ricevuto il mandato. . 1435, 9 luglio (Diuersor. negot. off. s. Georg, ann. 1455-i i6;>) (fot. 15) * MCCCCLV die Villi julij Magnifica ollieia dominorum protectorum etc. anni presentis et proxime precedentis in legitimo numero congregata et quorum etc. (ominctliano i nomi). Cum prò prouisionibus caffè et corsice fuerint ex ordinatione et mandato ipsorum expendite pecunie in cartularijs primo et secundo de mccccliiii sub nomine anlonij de ponte, ut facilius pecunie necessarie adinuenirentur cum ini nori interesse, ne diuulgireiur ofiicia pagas vendere et subjecta esse ihiuimentis. et loca sub diuersis nominibus ut res comperarum in fauorem conseruaren tur: et propterea volentes illas res scribi facere ratione officiorum de quorum mandato expendite sunt et facti sunt debitores, prout ipsis data fuit balia expendendi pro dictis prouisionibus. sicut in actis scriptis manu franoisci de borlasca notarij continetur: absoluentes se ad calculos albos et nigros repertis tredecim calculis omnibus albis decreuerunt et mandauerunt il*as rationes tam pagarum de Lim. quam locorum de quibus sunt debitores dictus antomus de ponte et quiuis alius priuatus pro dictis prouisionibus. trahi et trans r debere in ratione ipsorum officiorum annorum mcccclv et mccccliiii. et a niente tempore solutionum flendarum de numerato de dictis pagis, eo^ utrumque officium conjunctim et diuisim prout elegerit utrumuis olliciun possit vendere pagas de lvi el ihiuimenta facere ad interesse comperarum et officium de Lini possit suis creditoribus satisfacere pro ea parti' qu° uenda erit de numerato. (411 ) APPENDICE AI DOCUMENTI DOCUMENTO CLXXXII. Dono di duc luoghi delle Compere di s. Giorgio fatto dai Protettori al padre maestro Deodato Boccone in benemerenza dei servigi loro prestati in Roma. 1435 , 12 settembre (Diuersor. negotior, off. s. Georg, ann. 145o-14Go) (fol. 21) Magnifici domini protectores etc. in septimo numero congregali absentc nobili marco de marinis: animaduerlentes quantum insudauit quantosque labores pertulerit venerabilis magister deodatus boconus ordiuis seruorum pro causis pertinentibus ad comperas. videlicet in acquisitione bullarum apostoli-carum a quondam felicis memorie papa nicolao et a sanctissimo domino calisto impetratarum: attento quod habuit secum rome et in ilinere duos fratres sui ordinis quibus premia rependere habet. (’) prouidere de aliqua digna retributione ut labores sui sibi proficiant, omni modo etc.: altento quod ex dispositione bullarum permissum est ministris et nuncijs suis de salarijs et expensis prouidere : absoluentes se ad calculos albos et nigros, omnibus septem albis affirmaliuis repertis, decreuerunt eidem domino magistro deodato dari debere de pecunijs que collecte sunt virtute dictarum bullarum loca duo comperarum sanctj georgij cum paga maij anni presentis: mandantes illa dari eidem magistro deodato arbitrio suo. (]) 11 periodo non corre e difetta di senso: manca dunque qualche parola nel codice. ANNO 1455 ( 412 ) DOCUMENTO CLXXXIII Calisto III dichiara che la prima sua bolla dei 22 aprile -1455 , emanata in favore di Gaffa, non devesi considerare sospesa in forza doli’altra susseguente dei 15 maggio, con cui indisse la crociata generale. 1455, 2 novembre (Diuersor. negot. olT. s. Georg, anu. 1455-14-65) (fol. 28) Calistus episcopus etc. protectoribus comperarum etc. salutem etc. Cum pro defensione vestre ciuitatis caphensis. aliorumque locorum orientalium dominio januensi subditoru'n a perditissimis christiani nominis hostibus turchis et tartaris per litteras apostolicas sub data decimo kalendas maij pontificatus nostri anno primo (’). uniuersos et singulos natiouis januensis et sub eodem dominio et protectione degentes utriusque sexus, etiam clericos secu-Iares et regulares, tam in dicta ciuitate quam alibi ubicumque terrarum habitantes vel negotiautes. ac omnium singularum insularum et locorum prefato dominio subditorum incolas et habitatores cujuscumque dignitatis status gradus ordinis conditionis et preheminentie existant. etiam si particularia dominia obtineant, eorumque subditos vasalos et ftudatarios. ac nobiles viros marchiones comites dominos ac omnes et singulos ut prefertur utriusque sexus commendationi et protectioni januensium commissos, nec non quoscumque lunensis. terdonensis. aquensis. albensis et astensis ciuitatum eorumque diocesuum utriusque sexus obsecrauerimus iu domino ac per viscera misericordie dei nostri fuerimus exhortati, atque requisiuerimus ut pro ciuitatis insularum et locoium predictorum defensione auxilio et fauore opportunis vellent personaliter. siue de bonis ac facultatibus sibi a deo collatis larga manu prouidere. recepturi a domino deo nostro bonorum omnium remuneratore in presenti seculo abundantiam gratiarum et post finitum humaDe conditionis cursum gloriam felicitatis eterne : (') E la surriferita dei 22 aprile di questo medesimo anno, a pag. 403. ( 413') APPENDICE AI DOCUMENTI Omnibusque illis qui aut personaliter accederent, mensibus quatuor pro dicta defensione mansuri, aut vobis siue ministris ecclesiasticis per vos deputandis viginti florenos auri de camera, singuli videlicet eorum pro uno bellatore seu pugnatore propterea mittendo persoluerent. vel centesimam bonorum que possiderent, et ecclesiastici si decenter beneficiati essent vicesimam annuorum fructuum suorum : bi vero artifices vel mercatores mediocriter opulenti. ac etiam diuites fuerint vicesimam annui introitus siue lucri luaioi per industriam acquisiti, si autem clerici exigue beneficiati et artifices ac mercatores paucorum lucrorum personaliter accedere nequeuntes, de facultatibus suis juxta prudentiam dictorum ecclesiasticorum pia manu erogauerinf auctoritate apostolica indulgentiam et remissionem plenariam suorum pecca-minum concesserimus atque fuerimus impartiti, que in anno jubileo proxime elapso ijs qui venerunt romani siue euntibus tempore cruciate in subsidium terresancte tam per felicis recordationis nicolaum papam v. predecessorem nostrum quam per alios romanos pontifices concessa fuit, ac alia concesserimus atque voluerimus prout in eisdem litteris quas presentibus ac si de verbo ad verbum insererentur haberi volumus pro expressis, latius continetur: Et postmodum de eodem anno littere alie apostolice a nobis emanauerint sub data idibus.maij. generalis cruciate appellate, similes supradiclis ac alias indulgentias continentes illis concessas qui personaliter aut cum bonis a deo sibi collatis aduersus turchos in defensionem Christianorum opem fauores et auxilia prestabunt. In quibus quidem litteris quascumque indulgentias plenarias per nos et apostolicam sedem a tempore generalis concilij constantiensis. exceptis illis que in fauorem fidei contra infideles emanarunt, usque ad perfectionem indicte in dictis litteris expeditionis suspendimus et pro suspensis haberi decreuimus atque statuimus prout in dictis litteris latius continetur : Nos ne ab aliquibus imposterum hesiiari possit au littere vobis concesse predicte que in fauorem fidei et defensionem ciuitatis caphensis ac aliorum locorum predictorum emanarunt, usque ad tempus supradictum suspense sint, seu sub premissa generali litterarum cruciate hujusmodi exceptione comprehendantur et comprehendi debeant : ad hujusmodi ambiguitatis tollendum dubium auctoritate apostolica tenore presentium declaramus nostre intentionis fuisse et esse prefatas litteras vobis pro eadem defensione sub data decimo kalendas maij concessas, per litteras cruciate hujusmodi minime fuisse et esse suspeusas. illasque sub predicta exceptione comprehendi, et in suo pleno et efficaci robore omnino permanere per inde ac si in ipsis litteris in-cruciate de premissis litteris vobis concessis plena et expressa mentio extitisset. ideoquo easdem litteras vobis ut prefertur concessas predicta auctoritate tenore ANNO 1455 ( 414 ) presentium in omnibus et per omnia approbantes, illas obseruari volumus preeipimus atque mandamus. Nulli ergo eto. Si quis eie. Datum rome apud sanctum petram anno incarnationis dominice MCCCCLquinto. quarto nonas no-uembris. pontificatus nostri anno primo. Hlondus lì. de piscia. DOCUMENTO CLXXXIV. 1 Protettori notificano al pubblico la summentovata dichiarazione del pontefice. USD, 23 dicembre (Diuersor negot. oli-, s. Georg, ann. 1455-1405) ( fol. 28 V. ) Protectores etc. uniuersis comprehensis in litteris suprascriptis apostolicis ad quos preseutes peruenerint. salutem. Cum summus pontifex sanctissimus.dominus noster, dominus calislus papa tertius pro sua summa sapientia judicauerit tollendam esse de cordibus fidelium omnem hesitationem litterarum suarum apostolicarum de quibus superius fit mentio propter litteras incruciate, declarauerit. ut superius expressit, quemadmodum constat litteris suis apostolicis cum bulla plomblea quas nuper accepimus, dignum est non celare id quod sua summa sapientia voluil declarare. Itaque eas litteras apud nos existentes registrari et transcribi fecimus de verbo ad verbum quarum transumptum hoc est quod dimittimus ubique locorum ubi dicte liitere se extendunt, reddentes testimonium veritati de earum transumpto quod ad litteram superius transcriptum est. ita quidem quod ter-giuersari neque defraudari polest: et hoc sub fide nostra publica et sigillo nostro ac subscriptione nostri cancellarij. Data janue mcccclv die xxm decembris. ( 415 ) APPENDICE AI DOCUMENTI DOCUMENTO CLXXXV. ■Calisto III destina Lodisio Fiesclii, arcidiacono della metropolitano di Genova, o Giovanni Gatti, priore di s. Teodoro, suoi commissari per la riscossione della decima ecclesiastica, da lui imposta al clero dello Stato genovese, in favore di Caffo. 14’jS........ Che avanti la fine di quest'anno Calisto abbia delegato i prelati suddetti a nunzii e commissarii pontificii per l’oggetto della decima nei dominii della Repubblica, è reso evidente (sebbene ne manchi la bolla) dalla lettera papale dei 12 gennaio 1486; nella quale Calisto attribuisce loro quel titolo e si riferisce chiaramente ad un precedente suo scritto. E lo provano eziandio molte altre bolle elei mesi successivi dello stesso anno 14à6. Anche un altra lettera ebbero i Protettori dal papa, avente la data dei 16 dicembre 1433, riguardante la crociata; cui risposero il 22 gennaio 1436, come vedremo. Lo stesso devesi dire d’una terza, spedita dall’imperatore Federico sotto il dì 10 novembre, cui riscontrarono ai 25 gennaio i Protettori e ai 22 il doge della Repubblica.’ * ' ■ . . • 1 ANNO MCCCCLYI STORIA E DOCUMENTI ESPOSIZIONE STORICA DEGLI AVVENIMENTI (') I. Era scorso appena un triennio, o, a dire più vero, due anni e altrettanti mesi, dalla cessione delle colonie lauriche alla signoria di s. Giorgio, che già queste infelici contrade avevano sperimentato il benefico influsso del nuovo governo, e gli abitanti loro aperto il cuore a fondate speranze di un prossimo migliore avvenire. Gemevano sì, tuttavia, sotto l’incubo d’un sempre minacciato e temuto assalto da parte dei tartari e dei turchi, i quali con frequenti messaggi ivano annodando le rotte fila del mutuo accordo; ma più assai che lo spavento dei collegati nemici angustiavali la dura e crudele fame da cui senti-vansi oppressi (non ostante i saggi provvedimenti adottati dai massari e dal console Tommaso Domoculta per l’equa parii- (!) Letta , come sopra, in più tornate dal 7 gennaio al 10 marzo 1SC9. 2S ANNO I450 ( 420 ) zione dei viveri), e le scarse provviste di grano d'ogni intorno raccolte, o fors’ anche giunte in porto colla nave di Paride Mari, spintavi da Scio. Fidavano adunque i caffesi, e non senza ragione, che la madre-patria e massime i Protettori di s. Giorgio loro padroni, udita la miseranda fine del grosso legno di Martino Voltaggio, andato a picco, onusto di biade, nell’imboccatura del Bosforo, avrebbero spedilo altri maggiori e freschi rinforzi di vettovaglie e di armi, onde collocare iri tale condizione la città da rendersela al tutto benevola, e disposta a sostenere col suo braccio la propria indipendenza. Ma buon per loro che, col senno di vecchio e la vigoria di un giovine battagliere, occupava il trono di Roma a quei dì un papa, il quale portando in cima dei suoi pensieri il disegno di abbassare la gigantesca fortuna, e francare la cristianità dagli insulti di Maometto II, mediante una coalizione di principi e re d’Occidente, dì e notte s’agitava in rompere gli indugii da questi frapposti, nel riamicarli e congiungerli in santa amistà, acciò coi riuniti eserciti piombassero sul tiranno. Non è del mio compito narrare le ambascierie da Calisto III spedite a quasi tutle le corti d’Europa, le assemblee per tale oggetto adunate dai cardinali suoi nunzii, le bolle pontificie da lui scritte, quando a rampognare la codarda indifferenza di un re, come a Carlo VII di Francia, quando a rinfocolare la buona volontà di un porporato, come all’ arcivescovo di Avignone; bastandomi il dire che da lui non istette se il feroce sultano non provò allora, al pari di Seiimo II alla battaglia di Lepanto un secolo dopo, quanto avrebbe potuto un’armata di crocesegnati condotti da sperti capitani sulla millantata bravura delle sue truppe, e farle retrocedere nei deserti dell’Asia, donde erano primamente sbucate ('). ( ) Mirum fuit in viro affectae aetalis et ad munera corporis senecta invalido, tantam vim animi, lantumque ardorem vigere potuisse in provehendis de conli-ciendae sacrae expeditionis consiliis, solieitandisque principibus et populis, ut ( 421 ) STOItlA Nell’ inviare ai principi sue lettere esortatorie alla generale crociata, Calisto non dimenticò, come vedemmo, il doge e l’ufficio di s. Giorgio di Genova; ai quali scriveva di nuovo addì 4 6 dicembre 1455, invitandoli pel vantaggio loro proprio, il buon esempio alle altre repubbliche, l’onore di Dio e la salute delle anime, a raccogliersi intorno a lui, prendere viva parte alla sacra spedizione, adunare gente, armi ed aiuti d’ogni guisa per la comune difesa. Questa di Calisto conteneva altra epistola dell’ imperatore Federico III diretta ai medesimi doge e Protettori, avente la data dei IO novembre stesso anno 4455; e di amendue ignoriamo il preciso tenore, non avendole più trovate nei registri del Banco (4). Le recò da Roma in Genova un corriere a nome Matteo, il quale, per ritardo occorsogli in viaggio, non volle fermarsi ad aspettare amendue le risposte, ma giunto qua ai 20 gennaio 4456, ne ripartì il 22 (2). Quel medesimo giorno il doge Pietro di Campofregoso, adunato in palazzo il consiglio degli anziani, dettava a Cesare la seguente. « Ricevemmo ieri, gloriosissimo ed eccellentissimo signore, la vostra lettera del IO scaduto novembre, in cui ci confortate ad apparecchiare e tenere in pronto gli armamenti guerreschi che dalla repubblica nostra si promettono i collegati sovrani alla impresa di Oriente per la tutela della vera religione. E in ciò la maestà vostra fa opera degna di se e del titolo che porta di imperatore dei cristiani. Non pertanto arma adversus communem hostem caperent, in concilianda inter eos pace, mittendis ad varia regna legatis, concionatoribus sacris ad universas oras designandis, imperandis et colligendis decumis, instruenda classe, decernendis solemnibus supplicationibus ad divinum placandum numen, ejusque opem implorandam : adeo ut in pristinam amplitudinem Christianum imperium omnino restituendum fuisset, exscindendaque mahometica superstitio ex oriente, si pontificiis studiis reges ac principes obsecundassent: sed ii, mutatis animis, promissis defuerunt. Rainald. Anncil. Ecclcs. ad ann. 1450. n. 1. (<) Vedi il documento CLXXXV. (’) Vedi il documento CXCII. ANNO I45G ( 422 ) giudichiamo utile al caso sottoporre alla vostra considerazione alcuni fatti per avventura non abbastanza noti in codesti lontani paesi. Innanzi ancora che il re dei turchi s’impadronisse di Costantinopoli, avvertiti noi per fedeli relazioni del malevolo animo di lui verso le terre da noi possedute in Le\ante, e previsto dal canto suo un immanchevole attacco contro le colonie di Calla, di Pera e di Scio, queste e le altre minori città al nostro dominio soggette munimmo con forti presidii di armi e di armati; sicché è pura verità il dire che prima ancora di essere in guerra, avemmo a sostenere della guerra il peso. Occupata poi Bisanzio da Maometto, e chiuso il Bosforo tracio sì e per modo da non passarlo alcuna nave se non con esliema malagevolezza e per sola violenza, ci trovammo nella duia alternativa di abbandonare alla barbarie e ferocia del musulmano quelle contrade, e in ispecie le tauriche, ovvero di impoverirci noi stessi, mandando colà ingenti provvisioni di soldati, di viveri e d’ogni sorta materiali da piazza, affine di porle in istato di resistere all’impeto dell’invasore. Cosi a\-venne : e la Dio mercè con buon successo ; perchè assalita Scio l’anno passato dalla flotta nemica, mediante i validi soccorsi d’uomini e munizioni a quella in tempo diretti, egregiamente si difese e salvò. » Inoltre fra quattro giorni faranno vela alla stessa isola alti e due grosse navi, cariche di settecento fanti, nuove armi e copia grande di frumento, con molto dispendio da noi condotte e noleggiate. Donde la sublimità vostra è in grado d’inferire come per la profusione di tante spese, che durano da tre anni, noi siamo quasi sfiniti di forze ed esausti di danaro. Le quali cose vogliamo dette alla maestà vostra, acciò si persuada che sebbene non siasi ottenuta alcuna brillante vittoria, pur sostenemmo da soli con ardore la impari lotta; e quantunque debilitati assai, non ci cade in pensiero di ritrarci dalla progettata lega, cui anzi facciamo voli consegua un pronto e intiero ( 423 ) STORIA compimento. Ciò è tanto vero, che innanzi di ricevere le vostre lettere noi avevamo destinato al romano pontefice un’ ambasciata a questo fine; la quale affretteremo anche più do[)o le medesime (*) ». Inchiudeva la presente risposta il doge entro l’altra scritta lo stesso giorno 22 gennaio 1456 al papa. In essa gli dice che a intendere meglio da vicino la sua volontà, e agire di concerto nella scelta dei mezzi all’ambita impresa, mandavagli due oratori nelle persone del dottore Batista Goano e Dorino Grimaldi, che fra dieci giorni si porrebbono in viaggio a quella volta (2). Le lettere dell’ imperatore e del pontefice èssendo indirizzate all’ufficio di s. Giorgio non meno che al comune di Genova, anche i Protettori il dimani, 23 gennaio, si affrettarono a riscontrare i due fogli con altrettante missive, nelle quali in diversi termini ripetono le cose già dette: eoa questo di più all’ imperatore, che gli annunziano l’invio a Calìa di due nuove navi per conto loro, da far seguire a breve intervallo a quelle che il doge spediva in Scio (3); e al papa, che lo pregano di accettare i messi summentovati in ambasciadori dell' Ufficio insieme e deila Repubblica (,f). In altra dei 22 scritta a Calisto medesimo aveangli già dianzi notificata la legazione stessa (5), e contemporaneamente raccomandato ai cardinali Giorgio Fieschi e Lodovico Scarampi di avvalorarla con la protezione loro presso la romana curia (6). Ai legati davano quindi i Protettori le convenienti istruzioni, che si possono dividere in due classi; l’una di affari ecclesiali Vedi il documento f.XC. (2) Vedi il documento CXCl. (3) Vedi il documento CXCIV. (4) Vedi il documento CXClll. (s) Vedi il documento CLXXXVIII. (6) Vedi il documento GLXXXIX. anno '1456 ( 424 ) stici, e di politici l’altra. Vogliono anzitutto che nel pi esentare le credenziali che li accreditavano ministri dell Ufficio al trono papale, esprimano a Calisto i sinceri e fervidi sensi di gratitudine, ond’essi Protettori sentonsi compresi per i molli e insigni benefizii, in così breve tempo di pontificato, già loio compartiti, di cui serbano ognor fresca ricordanza, e si augurano mezzi e congiunture a mostrare coi fatti la schiettezza e veracità dell’ affetto che nutrono verso cosi buon padre e generoso benefattore. Al quale essendo stati a più riprese calunniati, e ultimamente per cagione del famigerato Angelo Moro-sini, instano con forza che, mercè la eloquenza dei due oratoli, venga purgata l’accusa e messa in chiaro la innocenza del Banco e dei suoi ufficiali. Ciò premesso, commettono ai suddetti di ottenere dalla santa sede 1’ assoluzione dalla scomu nica incorsa da Bartolomeo Levanto, capitano di Famagosta, per avere di suo arbitrio giustiziato un sacerdote omicida, non \o-luto far perire di fame in carcere dall’ ordinario dalla diocesi, in secondo luogo, di cacciare dalla cattedra il vescovo di Sagone in Corsica, uomo turbolento, sedizioso, fedifrago e loio dichia rato' nemico; come pure di riavere da Calisto la parola, data innanzi di morire dal suo antecessore Nicolò V, di nominare alle sedi vescovili di quell’ isola solo ecclesiastici genovesi e benevisi al governo; e più altre cose non pertinenti alla no stra storia. Sugli affari d’ Oriente si estendono anche più, e comandano ai legati di riferire come lettere giunte di fresco da Caffa annunziavano avere il turco rinnovato l’accordo col tartaro impe ratore di assediare la seconda volta, nella vegnente primavera, esso per mare e questi per terra, la derelitta colonia , tanto stremata di forze e di abitanti, a motivo della carestia che angosciosamente la premeva. Sicché, era di suprema neces sita lo spedire colà nuovi e più copiosi rinforzi d uomini o munizioni di bocca e di armi: e che nel fallo andavano apparto ( 425 ) STOMA chiando due grandi navi, onuste di grano e di stipendiali. Cosa la quale importava loro una incredibile spesa, sia per la scarsità e carezza del frumento nel mercato di Genova, sia per la triplicata mercede del noleggio dei barchi e dei soldati, motivata dal grave e manifesto pericolo del passo del Bosforo. Laonde stretti da tante angustie i Protettori ricorrere confidenti alla sperimentata bontà di Calisto, senza il cui intervento si dichiarano impotenti a rimarginare le troppe ferite, e provvedere agli instanti bisogni delle agonizzanti colonie. Chiedevano adunque al santo padre che interponesse i suoi validi uffizii, e con lettera sollecitasse l’illustrissimo signor Bianco (Giovanni Uniade gran capitano d’Ungheria); e tutti i principi cristiani, padroni delle terre limitrofe alla Crimea, di permettere T esportazione-dai loro dominii alla Tauride delle biade e viveri d’ ogni natura a sfamarne gli abitanti, ed eziandio la promulgazione in quei regni delle bolle d’indulgenza in favore di CafTa. Ancora, che nelle diocesi della Liguria e luoghi adiacenti, ove queste stesse bolle erano state di suo volere proclamate, non vi si dovessero pubblicare le altre della generale crociata, acciò il dualismo non riuscisse a scapito comune: giacché era a temere che la simultanea riscossione di danaro stancasse i popoli, e li rattenesse dal largheggiare in aiuti. Tanto più, che fino a quel giorno la cassa di s. Giorgio avea introitato appena due mila cinquecento ducati, scarsa e quasi impercettibile somma a fronte degli immensi bisogni. Finalmente addimandavano che, se non altro, il prodotto almeno ricavato dalla predicazione della crociata negli stati della Repubblica, anziché commesso alla fede di privati amministratori, non sempre probi, venisse depositato presso l’ufficio di s. Giorgio, come luogo di maggiore sicurezza e di piena universale confidenza, da valersene a beneplacito e giusta i comandi di Boma('). (') Vedi il documento CXCV. ANNO 1456 ( 426 ) Non si può a meno di rilevare in queste istruzioni un profondo senno politico nei nostri Protettori. Sebbene mostrassero di sperare molto nell’ alleanza dei sovrani vigorosamente caldeggiata dal buon Calisto, è a credere che in cuore loro vi riponessero assai poca fiducia, visti i dissensi e le mutue rivalila che li tenevano a bello studio divisi : e sovratullo diffidassero dell’appoggio di Alfonso d’Arasmna re delle due Sicilie, del quale avevano forse penetrato l’occulto disegno di piombare addosso a Genova, nel mentre gli animi stavano rivolti e impegnata la zuffa nei mari d’Oriente. Laonde, senza ritrarsi dal generale armamento, badavano non immiserirsi di soverchio nel sovvenire le colonie, e che il danaro genovese non riescisse a profitto dell astuto nemico ; e, ancora, che se la crociata toc-^a^e un buon termine, essi i primi ne risentissero i salutari efietti, come n’ erano stati, dopo i greci, i più danneggiati colle maomettane conquiste. 11. Le navi che il doge Campofregoso scrisse all’ imperatore sarebbono pronte alla vela fra quattro giorni, partirono effettivamente sullo scorcio di gennaio per Scio, e sopra di esse presero imbarco, forse in qualità di comandanti, i due nobili cittadini Edoardo Grillo e Raffaele De-Franchi-Bolgaro. Seguendo l'esempio dei loro predecessori nella carica, i Protettori del corrente anno stimarono aneli’ essi opportuno il delegare speciali e straordinarie facoltà a quattro prestanti genovesi residenti in quell’isola, che per essere situata un dipresso nel cuore dell’Arcipelago, non lungi dal continente asiatico, e frequentata a preferenza d’ogn’altra dai viaggiatori e mercanti pel suo moltiforme commercio, veniva a sapere le mosse dei turchi e le notizie della Tauride più presto assai ( 427 ) STORIA di Genova, lontana troppo dal teatro della guerra. Era stato bensi desiderio in essi di conferire a bell’agio col Grillo e col Bolgaro , e communicare loro oralmente gli ordini e le istruzioni che seguire dovessero nella trattazione degli affari della Crimea, ma a motivo dell’ accelerata partenza del naviglio non avendolo fatto (*), addi 3 febbraio indirizzano una lettera ai predetti, unitamente che a Paolo Giustiniani-Banca e Lazzaro D’ Oria, scelti a formare ciò che diremmo oggidi la Giunta di Scio, in cui li esortano dapprima a sobbarcarsi di buon volere al nuovo peso per amore e servizio della patria ; e quindi gli incaricano di vigilare attenti sugli avvenimenti di Caffa, e, occorrendo il bisogno di sollecite misure, apparecchi e spedizioni a quella volta, avuto consiglio tra loro e all’uopo anche con altre assennate persone dell’isola, dispongano con celerità e provvedano a seconda delle circostanze, fidenti nella promessa che davano loro di rimborsarli del quanto spendessero per tale oggetto (2). Nel febbraio medesimo si adunarono i Protettori dei tre anni 1454, 1455 e 4 456, e previa lettura della regola e le formole di uso nel banco di s. Giorgio, procedevasi alla elezione degli ufficiali delle colonie, cioè dei consoli delle città soggette al capoluogo di Caffa, e degli impiegati subalterni di questa; non occorrendo la nomina del console generale, perchè devoluta la carica ad Antonio Lercari, già innanzi trascelto in successore a Tommaso Domoculta, come ho detto più sopra (3). Non riusciti a coprire tutti i seggi nella prima assemblea del giorno 6, perciocché molti di essi ricusassero l’incarico (4), altri richie-desserlo per un biennio o almeno diminuzione d’imposta (5), (*) Vedi il documento CXC1X. (s) Vedi il documento CXCV11I. (3) Vedi il documento LXXXIX, e a pag. 78, e alibi passim. (‘) Vedi il documento GCI. (s) Vedi il documento CCII. ANNO 1456 ( 428 ) addì 23 stesso mese completavano gli ufììcii vacanti con seconda votazione: e risultavano eletti a reggere i consolali di Soldaia, Tana, Savastopoli, Cembalo, Trebisonda, Samastro i genovesi Gherardo Cavalorto, Ambrogio Giambone, Gaspare Delle-Colonne, Oliviero Calvi, Gherardo Lercari, Lorenzo Imperiale. Furono altresì assunti al capitaneato degli orgusii e a quello dei borghi, alla ministreria e alla castellania del forte, detto di s. Costantino, in Catfa, Maurizio Boccanegra, Cipriano Vallebella, Giovanni Antonio Calvi e Batista Castellazzo; senza tenere conto degli altri più umili gradi (*). I nomi degli otto Protettori che moderarono cosi bene le sorti delle colonie nell’anno antecedente, da me non per anco ricordati, erano i qui descritti: Martino Grimaldi priore, Giacomo Spinola, Antonio Gentile, Antonio Casana, Paolo Giudice, Marco De-Marini, Antonio CafTaroto e Francesco Scaglia (2). Quelli poi che funzionarono nel 1456 chiamavansi : Giacomo Fieschi priore, Silvestro Brignale, Andronico De-Franchi, Antonio Lomellini, Tobia Pallavicini, Gaspare Da-Passano, Paolo D’Oria e Batista Cassina (3). Recitati i nomi dei nuovi amministratori, vediamone le opere che s attengono in modo diretto al governo di Caffa. Al corriere Giorgio Cicala spedito a Genova dal console e massari di quella città nella state dell’ anno decorso, e non ancor tornato in Crimea coi recenti ordini, Tommaso Domocuita fece seguire un secondo procaccio nelf ottobre 4 455, col quale interrogava il Banco su di molte cose riguardanti il reggimento politico e finanziario della colonia, e chiedeva minute e circo-stanziale istruzioni. La sua lettera non trovandosi nella filza, dobbiamo ricavarne il sunto dalla risposta fattagli dai Protettori addi 3 marzo 4456. (’; Vedi il documento CCIV. (*) Vedi il documento LXIII. (5J Vedi il documento CCXXV. ( 429 ) Storia « Ricevuto, dicono, il vostro foglio dei 4 ottobre, che ci recò l’orgusio Nicola Lamberto, giunto in Genova il 17 gennaio, ove ne informate che la città di Catta continua a penuriare di grano e i suoi abitanti soffrire cruda fame, tocchi nel più profondo del cuore adunammo l’assemblea dei partecipi alle Compere e lette al loro cospetto le vostre pagine di dolore, s’alzó da ogni bocca unanime il grido di accorrere indicamente al soccorso dei sudditi e fratelli nostri, caricando issofatto due navi di quanto frumento si potesse raggranellare in città e spedirvelo a tutta carriera. Come fu deliberato, cosi abbiamo eseguito: e noleggiale le navi, una di Leonardo Giustiniani ed ora di Carlo Cattaneo, V altra di Egidio Carmadino e adesso condotta da Oliviero Calvi, in esse riponemmo già dieci mila mine di grano, e fra otto giorni salperanno in rotta per Caffa senza toccare terra. Dal che, voi e gli abitanti tutti di costà ben potete scorgere il grande studio che poniamo in sollevarvi dalle vostre angustie, anche con enorme sacrificio di danaro e pericolo della vita, essendo qui stesso in Genova oggidì difetto massimo di munizioni e di viveri. « Meraviglia estrema e dolorosa sorpresa ci cagionò il sapere da voi i redditi della masseria e delle nostre Compere di Caffa non bastare alle spese ordinarie dell’erario pubblico, mentre le sole rendite della masseria bastarono in addietro ai soliti e anche agli straordinari pagamenti, e quelle delle Compere ci è noto ascendere ad uno egregio valsente. Conviene dire adunque che non solo depressi, ma e annientati siano i fondi, o da una pessima amministrazione a quasi totale rovina condotti. Ordiniamo pertanto che d’ora innanzi venga compilalo un gran libro, nel quale si notino distintamente e con tutta chiarezza le singole partite d’incasso e di esito, e una fedele copia del medesimo a noi si trasmetta ogni anno. In tale guisa vedremo coi proprii occhi in quali opere sia erogalo il comune danaro. ANNO I456 ( 430 ) « i suivernino più volle di mandarci la noia degli stipendiali e e e munizioni caricate a bordo delle navi su cui veleggiaste a a a, ma (indarno: sebbene anche senza ordine di sorta e ^ Qià dovuto eseguire. Un tale ritardo appalesa in voi co pevole negligenza. Ne dite invece vi permettiamo di tenere o.lI0 arm* Accento soldati e provvediamo al loro soldo. Di 0 nulla per oia, e con altre nostre che vi perverranno asti alle seconde navi, ornai pronte alla vela, sarete avvertili. « Delle contese insorte fra voi e Martino Voltaggio a cagione e lame tolto «il grippo di Sinope, e con Marino Cicala per arca turca da lui sostenuta e predata, daremo altra volta conveniente i imposta : desiderosi d’intendere da essi le loro ragioni o da ptocuraiori che li rappresentino. Valetevi frattanto, -e necessita vi stringe, del prezzo, nelle bisogne dello Stato, senza alcun pregiudizio degli eventuali diritti che potessero ai queielanti conipetere. Circa il ricupero del castello d’ Ilice ben si vede nulla pel momento doversi tentare con speranza di felice successo. La cosa vuol essere maneggiata con molta cautela e prudenza, e non ci farebbe bel giuoco il trascorrere a violenze. contro i signori e gli abitami di Mocastro nelle attuali circostanze di carestia e di temuto assalto dai. tartari e turchi, ma bensì dissimulare e dal corso degli avvenimenti aspettare consiglio. Grata oltremodo ci giunse la notizia della buona condotta e specchiata virtù, di cui fa mostra nella sua carica l’egregio dottore Lanzarotto Beccaria. Ringraziatelo da parte nostra e Io assicurate dell’ affetto e stima grande che col suo retto operare si acquista qui in Genova appo lutti gli onesti cittadini, e -peri nella nostra benemerenza. Non possiamo dire altrettanto • voi, console e massari, sui quali mala voce ne pervenne a|l orecchio, che vi mischiate negli appalti delle gabelle e in tri affari di asta pubblica, mentre sapete che vi è per'legge 1 ilo I ingerirvi in cosifatli negozii. Co ne duole assai pel ( 431 ) STOMA cattivo esempio somministrato ai minori ufficiali ; e più di tutlo, che essendo i primi rappresentanti da noi spediti a governare in vece nostra codeste colonie, la vostra infamia riverbera troppo grande disonore e vergogna sul banco di s. Giorgio. Siamo adunque decisi, se la cosa sta in fatto, di punire con ogni severità di pene tutti e qualsisia di voi che fosse incorso in questa trasgressione, o saputala d’un suo collega, non ce l’abbia denunziata, com’era dovere ». Belli e lodevolissimi sentimenti, che soli bastano a caratterizzare e imporre il suggello di probità al nostro magistrato : e Dio volesse fosse imitato dai viventi ! Venendo poscia ad interessi più generali, i Protettori li informano avere di corto ricevuto lettere da Giovanni Uniade gran capitano d’ Ungheria, nelle quali il pio e valoroso condottiero si offre spontaneo ad accorrere in aiuto dei possessi genovesi nella Tauride, coll’inviarvi provvisioni .di viveri, o un buon nerbo di soldati. Ringraziarlo essi di cosi eccellente presidio colf attuale corriere, e a viemeglio infervorarlo alla caritatevole opera, spedire a lui e al cardinale di s. Angelo, legalo della santa sede in quel regno, le bolle da Calisto III ai medesimi indirizzate a tale scopo, di cui ne communicano al console e ai massari il tenore col mezzo di copie. Da ultimo con esuberante gioia del loro cuore li rendono consapevoli che il ridetto pontefice mostra vasi verso i genovesi e l’ufficio di s. Giorgio in particolare, talmente benigno e propenso, e nell’accordare tutte le chiestegli grazie così facile e arrendevole, da parere esso, più che i Protettori medesimi, avere a cuore la prosperità e i vantaggi delle liguri colonie (*). Mancano nei registri del Banco queste lettere pontificie, che sarebbero pur tanto utili alla storia, e onorifiche ai personaggi cui erano dirette; ma abbiamo in compenso le due altre scritte (') Vedi il documento CCVIII. ANNO 1450 ( 432 ) dai Protettori al voivoda Uniade e al porporato romano, sotto i dì 3 e 5 marzo 4 456. Colla seconda volgono preghiera al-P eminentissimo di ottenere dai principi confinanti alla Tauride la libera esportazione a Caffa di viveri a cibarne quei popoli, e il permesso di farvi cerna di militi, se per avventura venisse impresa nei loro dominii dai caffesi, a sostegno e guarnigione della città (1). Nella prima invece si diffondono in azioni di grazie e proteste di caldo e sentito affetto per la promessa da Uniade, conte di Bistritz, fatta, di recarsi all’uopo egli stesso in aiuto di Caffa in un col bravo suo esercito ; e nel frattempo lo esortano istantemente di sovvenirla di grano, in attesa delle risoluzioni che stavano concertandosi in Roma dagli ambasciatori delle potenze cattoliche sul conto della crociata contro il turco. Ma, perchè Uniade li ebbe richiesti di due triremi, delle quali abbisognava per qualche meditata impresa sul Danubio o sulla Sava, i Protettori si professano dolenti di non poterlo servire, a motivo che nella rada di Caffa non trovavasi allora più d’una nave, e questa stessa indispensabile alla custodia del porto, a dare la caccia alle saetlìe dei corsari ottomani, e a foraggiarla di grano (2). ÌNella occasione medesima i Proiettori ognor vigilanti come a rendere giustizia, così a richiederla dagli altri, posero mano alla soluzione d’ una vertenza insorta fra i Pallavicini, la masseria di Caffa e P imperatore di Trebisonda. Diede origine alla contesa la cattura fatta da Matteo Pallavicini, tempo addietro, nelle acque dell'Eusino, di un legno turchesco, in cui era certa quantità di seta, sulla quale il greco imperatore armò dei diritti di gabella in suo favore. Non potendoli esigere da Matteo . che colla ricca preda riparato aveva in Caffa, egli sforzò il di lui fratello Meliaduce, dimorante in Trebisonda, a sborsargli 0) Vedi il documento CCXIV. (’) Vedi il documento CCVII. ( 433 ) STORIA (lucento ducati : in quella che anche il Matteo giunto a CalTa fu dal console spoglialo della mercanzia, e versatone il prezzo nell’ erario pubblico. Di che il nobile Andrea Pallavicini, padre a Matteo e Meliaduce, sporla querela all’ ufficio di s. Giorgio, ottenne si scrivesse ai governi delle due città in appoggio del suo richiamo. Al console dicono i Protettori di verificare se il prezzo della seta staggita al Matleo venne effettivamente devoluto alla cassa della masseria, e trovato così essere in realtà, sentenziano che se ad alcuno spetta il debito di pagamento, ciò è alla finanza della colonia, non al Matteo il quale punto non ne fruì (*). All’imperatore poi mostrano quanta sia stata la commessa ingiustizia nel costringere Meliaduce a pagare in sostituzione del fratello, con cui non ha comunanza d’interessi più che con qualsiasi altro nazionale. Instano perciò calorosamente a che restituisca il mal tolto, e liberi il loro suddito da quella angheria: non senza lasciare intravedere, in caso di rifiuto, giuste rappresaglie e maggiori minaccie (2). Parimente non aspettata la partenza delle navi, siccome avevano detto due giorni innanzi, vollero dare seguito alla causa dei capitani marittimi Martino Voltaggio e Giacomo Leone, i quali già restituitisi, come si vede chiaro, in Genova, li molestavano con frequenti ricorsi, richiedendo non più solo il rame sequestrato, ma e il rimborso della esazione loro estorta in Caffa contro il promesso diritto di partito. Su che i Protettori ne scrivono al console di accertarsi se alle navi di Paride Mari e Marino Cicala, venute da Scio a Caffa lo scorso anno, fosse stata data la fede del partito in questione. Se non. trovare essi ragionevole la domanda dei richiedenti, e doversi costringere 1’ esattore delle gabelle a restituire la indebita riscossione di un tributo che non gli spettava secondo le leggi (3). (’) Vedi il documento CCXI. (2) Vedi il documento CCX1I. (5) Vedi il documento CCXV. anno 4456 ( 434 ) Circa il rame poi, ove lo slesso sia lullavia in mano del fisco, dispongono venga caricato sur una delle quattro navi, cioè la Cananea e Doria, prossime ad approdare colà, la Leona o Cicala dianzi arrivate, e sotto sicura cauzione lo si rechi in Genova, ove sarebbesi con regolare giudizio discussa la lite e pronunziata conveniente sentenza. Ma se nel mezzo tempo il console avesse disposto della merce, vogliono ne li renda tosto consapevoli, con addurre le ragioni e l’impiego fattone. È curioso quello che segue nel poscritto.- « II Voltaggio, inteso che nelle surriferite istruzioni gli era stato parificato nei diritti Jacopo Leone altro capitano, torse indietro e nanti al Banco protestò contro 1’associamento, col dire che avendo egli solo sorpreso e assalito il legno nemico, a lui solo n’ era dovuto il premio (*) ». Non sarebbe, crediamo noi, che con molto profitto per la storia della legislazione commerciale del nostro paese, l’investigare a questo proposito i motivi che inducevano il governo delle colonie (consenziente il banco di s. Giorgio) a ritenere per se tutta o la buona metà delle prede fatte in mare sui turchi, e in generale sui suoi nemici. Ma di ciò, e altre consimili qui-stioni riguardanti la navigazione del Ponto, e delle regole allora vigenti in fatto di gius marittimo nel Levante, ho in animo di trattarne a migliore agio, quando dalla completa serie dei documenti raccolti se ne potranno dedurre conclusioni più solide e meglio accertate sulle carte e i costumi del 1’ epoca. Approssimavasi il tempo utile alla partenza del corriere, e i Protettori nel desiderio che giungesse il più presto a Caffa, nunzio del vicino arrivo delle due navi col carico di frumento e nuovi ausiliarii, lo munivano della solita commendatizia ai principi e magistrati dei paesi pei quali dovea transitare (') > 0) Vedi il documento CCXVI. (*) Vedi il documento CCXIX. ( 435 ) STOMA non che d’un gentil foglio al prestante signore Antonio Sati, in Coloswar nella TransiIvania, con cui pregavanlo voler assistere co’ suoi consigli il messo nella presentazione che avea a fare di loro lettere e del papa al conte Uniade e al cardinale legato in Ungheria (*). Lo stesso recava una quarta e ultima epistola dai medesimi diretta al console e agli abitanti lutti di Gaffa , dove rinnovate le proteste di vivo zelo del Ranco e dei cittadini compartecipi nell’ allestire, sebbene con gran disagio, la presente spedizione di vittovaglie, li esortano e incoraggiano a sperare nell1 esito della consulta che lenevasi in Roma dagli ambasciadori delle primarie corti d’Europa sotto la presidenza del pontefice, di cui non ritmano di celebrare le lodi (2). III. Partito da Genova il corriere Lamberto ai 6 o 7 marzo 1456, i Protettori fnrono tutta sollecitudine nell’apparecchiare le promesse navi col forte carico di munizioni. Noleggiarono dapprima i barchi di Oliviero Calvi e Carlo Cattaneo, ma avvedutisi in seguito che il primo riesci va per la sua picciolezza insufficiente a ricevere il numero d’ uomini e di cereali che destinavano a Caffa, e anche men sicuro al lungo e disastroso tragitto (3), mutato consiglio si convennero con Stefano D'Oria proprietario e patrone di un grosso legno, e ai 9 marzo firmarono il contratto, mediante il quale Stefano obbligavasi ai (') Vedi il documento CCXX. (2) Vedi il documento CCXVIII. — Due mesi dopo (in occasione d’altro corriere, Giovanni Antonio Calvi, inviato a Caffa), nella postilla del documento CCLXX1II dicono che papa Calisto scrisse all’ imperatore , all’Uniade e ai rettori tutti delle città, lettere di raccomandazione a favore degli inviati genovesi spediti, anche quella volta, alla Tauride per via di terra. (z) Vedi il documento CCL111. — La nave era passata al Calvi da Egidio Carmadino, cui si riferisce il documento CXCV1, dei 23 gennaio. ANNO 1450 ( 430 ) Protettori di condurre nella Tauride tutte le provvisioni suddette, ai patti che gradirebbe loro d’imporre, per la mercede stabilita di tredici mila lire genovine. Le condizioni non differenziavano dalle solite ad apporsi in cosifalli instrumenti, e sono le stesse già descritte l’anno 1455 per le navi Vollaggia e Leona: fuori la circostanza che dove allora lasciarono alla prudenza del condoltiere 1’ accedere a Samastro, in oggi lo vogliono onninamente obbligato a toccare quel porto, e sbarcarvi il convenuto numero d’armi e di viveri C1). Agli stessi accordi dovette scendere eziandio il capitano della na\e Cattanea, sebbene il suo contratto manchi nella nostra filza. Era essa di capacità alquanto minore della D’Oria, perchè ove in questa si caricarono quattro mila diciannove mine di gì ano, nell altra ne posero solo tre mila settecento sessanta tre; e cosi un totale di mine settemila settecento ottanta due (2), composto di tre qualità, cioè, di Spagna, Provenza, Africa o Tunisi: la cui spesa ascese a lire novantatre mila seicento cinquanta, in ragione di lire settantacinque la mina, e il noleggio dei due bastimenti a ventidue mila. Ondeché tutto compreso costò la egregia somma di cento circa sedici mila lire geno-Mne, in moneta del tempo; senza contare i dispendii accessorii che in simili spedizioni marittime montano sempre a un bel valsente (3). A capo della moderna venne quindi preposto Tommaso Se-narega, col titolo e 1’ autorità di commissario. II lettore ricorderà avere noi già fatto parola di costui in occasione dell'assalto dato dai Mocastresi al castello di Ilice , appo i quali lunga (’) Vedi il documento CCXXV. ( ) loco sopra a pag. 429, e documento CCVili, avevano detto essersene già caricate 10 mila mine, e qui ne assegnano solo più 7782. Noto di passaggio che par mina vuoisi, secondo l’uso mercantile, intendere un sacco da 112 circa litri, ragguagliato alle misure odierne. (!) Vedi il documento CCLIII. ( 437 ) STOMA pezza insistè per ottenere il risarcimento dei danni sofferti, la pecunia e il fortilizio derubato. Riuscita vana ogni istanza riparò in Calla, e dal console ebbe modo di fare armare una galera, la quale recossi bensì in quelle acque, ma per ragioni politiche non proruppe ad ostilità (1). Gli convenne adunque piegare il capo all’avversa fortuna, e in attesa di migliore sorte rendersi in Genova a patrocinare a viva voce, e sostenere presso 1’ ufficio di s. Giorgio la supplica tempo innanzi presentata dal suo fratello Ambrogio, cancelliere della Repubblica. Non conseguì, è vero, dal Banco una dichiarazione di guerra al signore e abitanti di Mocastro; essendoché i Protettori impigliati nei negozii della crociata e nei provvedimenti d’urgenza delle colonie, giudicarono inopportuno scemare le forze e crearsi nuovi nemici; ma abbonitolo con la promessa che svaniti gli instanti pericoli gli avrebbero dato man forte a riguadagnare il castello, ristoraronlo alquanto del patito disastro, nominandolo ufficiale della iagataria del grano in Caffa per un anno (2), ed eleggendolo comandante della flottiglia avviata a quella città, con i pieni poteri di sentenziare e punire, anche del capo, i delinquenti (3), e più altro ancora promettendogli in retribuzione dei suoi amorevoli servizi (4). Della grande confidenza che i Protettori aveano riposto nel Senarega sono bell’ indizio le istruzioni dategli avanti il suo imbarco per Caffa. Nel prologo si protestano di collocare in lui tutta la speranza del felice successo dell’attuale armamento : giacché conoscono appieno la sua fedeltà, prudenza e somma affezione che lo vincola alla madre patria. Onde s’ astengono dal raccomandargliene la buona riuscita, intendendo pur egli » come dall’ arrivo colà delle navi, col rispettivo carico, dipenda (’) Vedi sopra a pagg. 188 e 218. (*) Vedi il documento CCLV. (3) Vedi i documenti CCXIII e CCXLVI. (4) Vedi il documento CGXXllI. ANNO 1450 ( 438 ) la vita o Ja morte di quei popoli, la conservazione o la perdila delle colonie eusine. Scendendo quindi ai particolari, vogliono che esso salga la nave Cananea, il padrone della quale temono dehba riescire men riverito dell’ altro che comandava la D Oria, acciò colla sua presenza imponesse rispetto alle ciurme ('). Comandano vada direttamente a Caffa, senza toccare alcun porlo intermedio, e sforzi ad ogni costo il varco del Bosforo, come i capitani ne aveano prestato cauzione di grossa somma, e sopratutto non isbarchi in Scio. Ove occorresse per fortuna di mare pigliare terra, il Senarega invigili che non si riceva a bordo mercanzia né roba di sorta, eccetto pane, \mo od altri alimenti che bisognassero. Giunti al periglioso transito, gitti le sorti sulla nave che dovea precedere, e, armati tutti, anche i famigli del commissario (2), con intrepidità e coraggio si mettano alla prova; data licenza di offendere i bombardieri turchi che osteggiassero il passo, se con ciò credesse unirne a lui minore danno. E perchè era a temere che in quel frangente, alcuno timido o insubordinato, spargesse zizzania 0 indiscreto timore fra i compagni suoi, esigono dal Senarega in tale caso proceda ad atti di severità per esempio agli altii, fossero anche i capitani stessi delle navi. Questo suggerimento addiveniva necessario dopo quanto era avvenuto 1 anno innanzi tra il console Tommaso Domoculta e Martino Voltaggio (3). Quando coll’aiuto di Dio sarete entrato nel mare Nero, continua I istruzione, é nostra volontà che con amendue le navi vi accostiate a Samastro, e sceso in terra ne confortiate 1 ) Il Cattaneo comandò in persona la propria nave, ma Stefano D’Oria vi pose a capitani il suo parente Imperiale D’Oria e Batista Tanzio. Vedi il documento CCXL11I. ( ) Doveano essere quattro almeno, giusta il documento CCXIII, a sue spese mantenuti, stipendiati c forniti di armi. (3) Si vegga sopra a pagg. -181 e 199. ( 439 ) STO II l.\ gli abitanti con le parole le quali vi parranno meno acconcie alla circostanza, affermando quanto a noi e ai cittadini della Repubblica sono essi cari ed amati. In segno di che, ove trovaste il luogo in penuria di viveri, scaricherete la quantità ili grano sia bastevole alla sua salvezza, non eccedendo, che in caso estremo, le inine quattrocento, da consegnare al console e a quattro discreti uomini del paese, i quali avrete cura di far eleggere, col debito di venderlo a basso prezzo in sovvenzione del popolo, guardarne le chiavi e tenere i conti del danaro ricavalo. Ma se a motivo dei venti giudicherete meglio secondare la corrente e giungere presto al soccorso di Caffa, spedile pure colà la nave D’Oria, e voi sulla Cananea piegate a Sa-mastro ad eseguire l’anzidetta commissione; sicché ad ogni modo si eviti che questa nostra colonia non diventi, per fame, facile preda al nemico ». Come segno della civiltà del tempo aggiungerò il seguente articolo. « Navigando a quella volta, se vi accadrà scontrare alcun naviglio carico di biade, vogliamo che lo prendiate, anche per forza, sino a otto mila mine, e conduciate a Caffa: dando ai padroni di quello, se genovesi o di nazione amica, lettere di cambio sopra di noi, che tosto pagheremo ciò che sarà creduto giusto e conveniente ». Ne eccettuano i soli legni che fossero in rotta dalla maremma romana a Genova, i quali do-veano essere risparmiati : evidentemente pel servizio e 1’ approvvigionamento dei magazzini della città, secondo quel che siamo per narrare fra breve. Non ostante il rigoroso comando di filare dritto alla Crimea, prevista la possibilità che !e navi più non potessero o i padroni di esse si rifiutassero di continuare il viaggio, impongono al Senarega d’obbligare i capitani a ridursi in Scio; e quando gli fosse fallita ogni speranza di giungere a Caffa, di presentare talune lettere clic gli consegnavano, dirette ai quattro signori deir isola che sopra dicemmo formare la Giunta di Scio, ANNO '1450 ( 440 ) con una certa scatola suggellata, il cui contenuto eragli stato rivelato a bocca (*). L’ingiunzione ai padroni di ricovrare in quel porto amico, e non altrove, fu assoluta e minatoria sotto le più gravi pene, e accompagnata dall’altra di rimettere ogni cosa ai rappresentanti del Banco là residenti, i sunnominati -Edoardo Grillo, Paolo Giustiniani, Rafaele De Franchi-Bolgaro e Lazzaro D’Oria (2). Ai quali scriveano altresì lo stesso giorno. 4 8 marzo 4456, commettendo loro che al postutto andata in dileguo la speranza di entrare nel Ponto, si facessero consegnare il grano riposto nelle navi o in quella fra le due che avesse preso terra in Scio, e a nome di s. Giorgio vendesserlo al miglior partito coll’ inviarne all’ufficio il ritrattone prezzo (3). Gli ultimi giorni in antecedenza alla mossa deU’armatetta genovese speserli i degni Protettori in emanare ordini relativi al suo equipaggio, come di esenzione da ogni dazio d entrata e di uscita della nave D’Oria (4), di permesso al capitano Girolamo Leone di recare esso da CalTa a Genova, sotto ferma cauzione, il rame sequestrato a Martino Voltaggio (5), nel dare secrete istruzioni a Francesco Lomellini, destinato console di Cembalo, sulle eventualità della traversata della nave D’Oria, che in gran parte s’identificano colle prime a Tommaso Senarega per la Cattanea (6), e in altre pratiche, ed incumbenze facili ad immaginarsi (7). Da sezzo con lettere dei 22 marzo, 1’ una diretta al console e abitanti di Samastro, la seconda al console e massari di (') Vedi il documento CCLVII. C) Vedi i documenti CCXLIIl e CCXLIV. (3) Vedi il documento CCXL1I. (4j Vedi il documento CCXLV. (-) Vedi il documento CCLIX. C) Vedi il documento CCLVIII. (7) Vedi il documento CCLVI. ( 441 ) STOMA Caffa, avvertono i primi a fare buon governo delle provviste di bocca che loro spediscono, a sperare bene nella generale crociata che nei consigli di Roma stavasi maturando (*); e ai cafTesi comandano che il grano mandato con quelle navi sia venduto, in sollievo del pubblico , al prezzo non maggiore di trenta-cinque aspri il capizio, contenti di perdere sulla derrata purché ne resti alleggerito il popolo (2). Non saprei con quali meglio adatte parole encomiare la bontà e la sollecitudine veramente paterna mostrata in questa e tant’ altre congiunture dai nostri amorosi Protettori , a vantaggio delle sbattute, eppure si belle colonie tauriche, fuorché ricordando il solilo loro vezzo di chiamarle la pupilla dei loro occhi, e care a segno, da far pendere dalla conservazione o perdita delle medesime il lustro e la vita stessa della Repubblica. IV. Sino qui nel carteggio dei Protettori coi cafTesi non trovammo mai fatta esplicita menzione d’invìo di truppa a quella volta, ma nella vigilia della diffinitiva partenza da Genova, cioè il 27 marzo, evvi un ordine al commissario Senarega di passare in rassegna le compagnie dei soldati, subito che si fosse scostato dal porto e messo alquanto in mare; giacché temevano non tutti avessero preso imbarco nel numero prefisso di cento cinquanta uomini sulla nave D’Oria, e cento sulla Cattanea (3). In altro foglio dello stesso dì confessano essere loro questa fiata riuscito malagevole assai il reclutamento del suddetto picciolo esercito : del quale non conoscendo nemmeno 1’ effettivo salito a bordo, impongono al console di Cafì’a di farne all’ar- (’) Vedi il documento CCLIV. (5) Vedi il documento CCLIII. (3) Vedi il documento CCLXI. ANNO 1456 ( 442 ) rivo colà un’ esatta rivista e spedirne subito il ruolo al Ranco col prossimo corriere (*). Si olTre a tai detti spontanea la domanda del perchè di un cosi affrettato e anche precipitoso imbarcò: e la risposta non tardo a scoprirla in altra missiva dei Protettori al nobile Matteo Fieschi, fratello al cardinale Giorgio, pur egli dimorante in Roma: ed eccola. Quand’essi nello scrivere ai cafTesi protcsta-ronsi di avere fatto con generoso slancio del cuore la maggiore possibile incetta di grano in patria, e tolto quasi il pane di bocca ai figli per mandarlo colà a saziare le avide loro viscere, parlavano in persona propria, dicendo ciò che dire suole in simili occasioni un discreto e provvido amministratore , il quale dispensa a preferenza il suo avere al più necessitoso di soccorso. Ma il popolo, men liberale e benefico di un capo di governo, perché di viste corte e interessate, allora specialmente che vedesi minacciato da penuria, di vitto , com’ era a quei di il genovese, non tollera che per sovvenire altrui, foss anche suo fratello, lo si esponga al pericolo della fame. Avvertila adunque la plebe di Genova che l’ufficio di s. Giorgio aveva accumulato sulle due navi grande quantità di frumento per inviarlo a Caffa, sobillata altresi da alcuni male\oli che di celato anda vano sussurrandogli l’imminenza di un immanchevole carestia, si ammutinò e pretese che il grano fosse scaricato e ricondotto ai magazzini. Conviene dire che la sommossa pigliasse aspetto ben serio e minaccioso, se i Protettori vidersi costretti di scen dere a patti coi sediziosi, e obbligarsi, coinè fecero, al do0e della Repubblica con regolare contralto ai 20 marzo, di pro\ vigionare di fresco grano la città lino alla somma di ben otto mila mine pel di I. maggio venturo, sotto gravissima ammen in caso di fallita promessa (2). Questo inatteso e spiacevole tu f1) Vedi il documento CCLXII. (2) Vedi il documento CCXLVII. ( 443 ) STORIA multo, oltre il ritardo della partenza già fissala ai 22 marzo, dovè cagionare non poco disordine e confusione nell’ armamento della truppa; onde a cessare nuovi moti e popolane rivolte, fatte ascendere le navi dai milili pronti al viaggio, diedero comando al Senarega di sciogliere le vele al vento e allontanarsi dal porlo. Ma non per questo rimasero senza cruccio i Protettori, cui angustiava assai la difficoltà di rinvenire e far portare in Genova tanta copia di biade per quanta aveano sottoscritto. In tale distretta ricorsero, come sempre, alla sperimentata carità del pontefice, e il giorno stesso del surriferito strumento, 20 marzo, spediscono un veloce corriere a Matteo Fieschi poc’ anzi nominalo, col quale instantemente preganlo a fare conta a tutti la sollevazione accaduta in città, la parola da essi data di foraggiarla d’altrettanta misura di cereali con l’enorme cauzione che dicemmo, dopo le immense spese subite per sottrarre Caffa dalle fauci di morte. Cliepperò dimandasse al santo padre il divieto di esportazione della merce dai suoi dominii a nave qualsiasi, la quale non fosse per tragittarla in Genova. Avuto il papale assenso noleggiasse quante più barche trovava nei paraggi del Tevere, e caricatele tosto, le avviasse qua colla maggiore possibile lestezza. Calisto aveva già l’anno innanzi conceduto ai genovesi la tratta del grano nello stato della Chiesa (1), ma forse con poco o niuno loro profitto, attesa la difficoltà di spingere le grosse navi onerarie su per la bassa fiumana; e i Protettori fidenti di ottenere di bel nuovo dal pontefice il desiato favore, eccitano il Fieschi a chiederne la esportazione sino ad otto mila mine ; e si tenevano così sicuri della benigna annuenza di lui da annunziare farebbono partire immantinente altri più adatti legni a riceverle, nel dubbio che gli ancorali non bastassero all1 uopo (2). Anche al Deo- (•) Vedi sopra a pag. 233, e i documenti CLXV11I e CLXX111. (’) Vedi il documento CCXLIX. ANNO i 456 ( 444 ) dato Boccone, loro rappresentante in Roma, scrissero invitandolo a prestare mano in quel negozio al Fieschi, di cui si scusano valersi principalmente in siffatta bisogna, a motivo che essendo laico e mercadante, a lui meglio che ad un ecclesiastico si addiceva l’avvilupparsi in consimili trattazioni (‘)- Non riuscì difficile ai due legati l’impetrare da Calisto quanto volevano. Imperocché, chiesta dopo il 20 marzo la tratta suddetta, ai 25 circa dello stesso mese già era stala loro accordata, con altrettanta prontezza che liberalità, dal geneioso pontefice, sino alla somma di tre mila rubbi, da estrarsi da qualsiasi città, luogo o borgo del papale dominio, meno la capitale di Roma (2). E sventuratamente, anche questa volta con nis suno o molto scarso profitto: perchè in data 4 5 maggio sue cessivo trovo una seconda lettera al Boccone medesimo, in cui lamentano i Protettori la disgrazia occorsa per via navi di Corrado Manara, Lazzaro Sauli, Teramo Montano e a parecchie altrei, che veleggiando onuste di grano per Genova, furono da alcune biremi e triremi del capitano Jacopo Piccini sorprese e sequestrate. Pel quale evento fra i gravi danni ne^ quali incorrerebbono in causa della rapina, o anche solo ritardo, notano come precipuo quello d’essere costretti a sborsare la multa stabilita nel caso di deficienza al provvigionamen o della pubblica annona. Vogliono adunque che dal ponte ice e dai cardinali si faccia dare epistola comminatoria al caPll^o suddetto, che lo obblighi a rimandare libere le navi al corso (3). Donde si ricava come il magistrato ottenne dal doge, o ^ nistri del governo ducale, una onesta proroga a introitare magazzini la pattuita quantità di frumento , che dapprima stata fissata all. di maggio, e poi di quindici in quindici giorr (’) Vedi il documento CCL. (!) Vedi i documenti CCLX e CCLXV11I. (5) Vedi il documento CCLXXX111. ( 445 ) STORIA fino alle calende di giugno 1456, come insegna un ultimo documento ('). E il Campofregoso la dovette con tanto maggiore facilità concedere, in quanto che é probabile assai che gli accordi presi coi Protettori fossero più al fine di acchetare i clamori dei tumultuanti, di quello che ad attraversarne le giuste provvidenze pegli affamati di Gaffa. iMeno agevole invece riesce l’intendere il verso con cui il Banco lusingavasi di trarre dagli artigli del Piccinino le staggile caravelle, non militando allora il capitano sotto gli ordini del papa, piuttosto suo avversario che benevolo, a cagione delle infami ribalderie commesse dagli scherani di lui negli stati d’Italia. Ma forse i Protettori speravano sulla forza morale che un comando del pontefice esercitava pur sempre in quel secolo, rozzo in civiltà, ma robusto ancora di fede, sull’ animo d’ un avventuriere cristiano, tuttoché suo nemico politico (2). V. Il rispetto filiale e la illimitata fiducia che in tutta la corrispondenza dei Protettori spiccano mirabilmente verso il degno papa Calisto III avevano loro ragione d’essere nell’esimia bontà del cuore, e nel fermo proposito di lui di fiaccare la rigogliosa prosperità del turco. A conseguire così lodevole e umanitario intento abbisognava il pontefice del concorso dei re (’) Vedi il documento CCV. (2j L’anonimo scrittore d’ una cronaca bolognese, ricordato dal Mansi in nota al Rainaldi (ad ann. U56 n. vii) dice, clic sancita la pace d’ Orbetello, di cui parleremo tra breve, fra i Sanasi e re Alfonso d’Aragona, nel luglio di quest’anno, Piccininum ad stipendia pontificis per annum transisse. Posto anche vero il fatto, che viene negato da molti, nel maggio precedente il Piccinino militava tuttavia al soldo di Alfonso, e per costui impulso e sua propria scellerataggine aveva poco innanzi tentato d’incendiare le navi papali destinate alta guerra d’Oriente , come narra il Rainaldi suddetto al n.° vi. ANNO I456 ( 446 ) e sovrani d’Europa, e questi insensibili a Ile grida di spavento e che mandavano dalle invase o minacciate terre i cristiani Panto non scoisi dalla sonora e pressante voce del sommo P i' ’ Colavano di mano sotto futili prelesti. Laonde bliri p p'GSJ a laI°lle^iare jn concessioni e grazie colla Repub- corti il’iir C1° S' Giorg,° cli Genova, che soli quasi fra le . a.,a e ^ Occidente mostravano d’apprendere il sovra- Vern ' ^<|MC0*° 6 '0,(?rvj fon energia e valore opporre ostacolo, fin 6’ C|i6 Pnncipa,e movente nel nostro Banco di conservale in il donn'nio6 C°^0n'e’ era P0r avventura il desio di mantenersene pontefice 6 ^ ^Cr° ^ stra^ran<^e gliene derivava, mentre nel rattni;* /j1'1 Un ^ll1 a*t0 e n°k]Je sentimento, la difesa della. cattolica fede e la i n rp . .. 1 e,a della cristiana civiltà, poste a sommo clip t ’h ° ^ 1Iruente islamismo. Ciò che non toglie il merito sp nnn Utar6 ^6'6S' a* magistrato di s. Giorgio, i cui sforzi nonnj (olllrLse,() a'* ottenere tutto il vantaggio sperato, contribuì , " dnt° a'SNI* a r'tardare la marcia trionfale di Maometto nel cuore dell’Europa. au li ^ar^*z^one■ fatta dal papa al nostro Ufficio era stala y a ella promulgazione delle indulgenze nei dominii della ed^Ac iCa,-e nelle VlCÌn6 diocesi dl A^a’ Asti> Luni> Tortona 10 stT ^ ^aV°re cristiani i quali o coll’arruolarsi sotto siasi ar<^° ^ s‘ Giorgio, o con danaro o in altro modo quaI-. *Sero P°rl° ,nano adiutrice al sostenimento delle colonie paci d' 1' ^ S6nS* ^urono •' invitati tutti i ca- 11 ’ ran(^lre armi a dare il nome alla sacra milizia, e 1 ‘ Per sesso e professione a pagare venti fiorini fr°ro Pei un rimpiazzo, scende a distinguere i va rii gradi di la°c^eZZa ^omestica dei fedeli e la classe ecclesiastica dalla ca, disponendo che i ricchi a lucrare la plenaria remissione peccati e gli efletti della presente indulgenza, erogassero ) Veti, sopra a pag. 226, e il documento CXVIIJ. ( 447 ) STORI A l’un per cenlo dei loro beni di fortuna, mobili cd immobili, il celo medio dei signori e negozianti il venti per cenlo del-1’annuo reddito o guadagno, e i meno agiati, gli artefici e i poveri, a giudizio d’ un prudente confessore. Dell’ordine sacerdotale poi, i provvisti di laute prebende sborsassero anch’essi il venti per cento dell’ annuale loro rendita, e quelli che di minori beneficii forniti, erano equiparati alle basse fortune dei laici. Di grazie spirituali ai contribuenti concesse , molle e amplissime ne novera il papale rescritto, eguali in corlo dire alle solite ad accordarsi negli anni del generale giubileo e ai crociati di Terrasanta. Finisce Calisto coll’ingiunzione all’eminentissimo Fieschi, di designare di buon accordo coi Protettori una eletta di persone ecclesiastiche e secolari, cui attribuire del danaro ricavato da cosifatte collette ed oblazioni il maneggio e a congruo tempo il versamento e la consegna al magistrato di s. Giorgio (*). Al quale il di 25 aprile 1455, cioè tre giorni dopo, il cardinale proponeva i nomi di cinquanta circa tra prelati, religiosi e laici, che a parer suo giudicava degni di sostenere l’incarico con mutua fiducia del pontefice e del .Banco (2). Ed esso, avuto alle mani le lettere di Calisto e del porporato, scelse difatto fra i segnati dal Fieschi ventitré personaggi, di cui due vescovi, dieci graduali nel ceto ieratico e undici cittadini, parte nobili, parte popolani, a vacare al laborioso e dilicato ufficio (3). Ma i Protettori nell’ accogliere con grato animo la bolla, non omisero di far intendere, mesi dopo, alla corte romana, che sarebbe riuscita anche più vantaggiosa al Banco, e loro più accetta, la facoltà di percepire le decime ecclesiastiche entro i confini dello stalo genovese. Epperciò fino dai 22 novembre 1455, come vedemmo, scrivevano al padre Boccone in Roma che in (’) Vedi il documento CLXXVI11. (4) Vedi il documento CLXXIX. (3) Vedi il documento CLXXX. . ANNO 1456 ( 448 ) ogni migliore modo procacciasse di ottenere dal papa cotesla riscossione, l’assegno cioè delle decime solile a pagarsi all’erario pontificio, le quali, dicono, sono assai tenui (*)• In altra lettera allo stesso, dei 22 dicembre seguente, si avvanzano ancora' più, e oltre le decime suddette chiedono che l’intero prodotto ritratto, nella cerchia delle terre liguri , dalla predicazione della generale crociata da Calisto medesimo promulgala, fosse loro concesso. E ne recano il motivo col dire, che, fine della crociata essendo lo scacciamento del turco dai paesi invasi e il soccorso dei cristiani minacciati nella fede e nella vita, niuna limosina raggiungeva meglio e più dritto il santo intento di questa, tutta devoluta alla sovvenzione dei popoli taurici, che erano i più esposti al pericolo (2). Rinnovarono la domanda una terza volta nel gennaio 4 456, quando fra le istruzioni date agli ambasciadori Batista Goano e Dorino Grimaldi v’ebbe pur questa di essere abilitati a riscuotere le decime ecclesiastiche, e custodire entro le casse del Banco il prodotto della crociala nei dominii della Repubblica (3). Quello che con tanta insistenza chiedevano i Protettori, Calisto lo avea di già concesso sul finire dell’anno decorso; e ci reca gran maraviglia, come in gennaio 1456 lieta novella non ne fosse ancor giunta in Genova. Il pontefice, adunque, proclive per natura a favorire chiunque vedesse entrare di buon volere nelle sue viste di esagitare il turco per ogni guisa, e mosso eziandio dalle istanze di molti cardinali ai genovesi devoti, emanò una seconda bolla, nella quale concedè loro ampia facoltà e balia di scuotere le decime ecclesiastiche entro i confini dello stato ducale, cui si solevano pagare alla curia romana: a patto che il valore ricavatone, pieno ed intiero fino all’ultimo quadrante, venisse impiegalo nell’ armamento navale, e in provviste d’ uo- (’) Vedi sopra a pag. 234, e il documento CLXVIII. (!) Vedi ivi stesso, e il documento CLXXIII. (5) Vedi sopra a pag. 425, e il documento CXCV. ( 449 ) STORIA mini e di munizioni per Cada e le minori colonie del mar Nero, e non in qualsiasi altro uso; aggravando su ciò le loro coscienze. Inoltre, a procedere cauto, giudicò savio partito l’affidare il geloso negozio a due suoi rappresenianti, incombensati di riscuotere la tassa anzidetta in nome della sedia apostolica nelle diocesi e terre tutte della Liguria, e nominò Lodisio Fieschi arcidiacono della nostra metropolitana, e Giovanni Gatti, priore di s. Teodoro, allora fuor le mura di Genova, investendoli di ogni più largo potere necessario all’uopo, non escluse le censure e 1’ aiuto del braccio secolare (*). Di forza materiale non sappiamo che sia stato bisogno : ma difficoltà e incertezze ne sorsero ben molte. A tacere di quelle che somministrarono ai due commissarii i beneficiati renitenti delle tre diocesi liguri di Albenga, Savona e Ventimiglia, e i pseudo collettori infiltratisi nel suolo ligure, di cui parleremo più sotto, restava a decidere il come si dovessero contenere i nuovi deputati verso i precedentemente eletti dallo stesso pontefice a raccorre il danaro della sacra imposta nelle vicine provincie; di cui taluni spinti da zelo, o fors’anche avendone il mandato, eransi introdotti nel territorio della Repubblica. Ogni attrito però e intoppo venne tosto appianato e tolto di mezzo dalla ferrea volontà del papa. Il quale riferendosi all’ ultimo suo breve di elezione del Fieschi e del Gatti a nunzii ed esattori della decima nelle terre genovesi in nome della sede apostolica, comandò severamente agli altri già dianzi costituiti nello stesso ufficio per le regioni della Toscana e della Lombardia nostre confinanti, di cessare quind’innanzi la riscossione delle stessa, anzi restituire per intiero la somma che esatta avessero a titolo di decime e di collette entro i limiti della giurisdizione di fresco delegata ai commissarii genovesi. Ciò ai 12 gennaio 1456 (2)- (*) Vedi i documenti GLXXXV e CXGV1I. (2) Vedi il documento CLXXXVI. ANNO I45(> ( 450 ) Calisto avuti quindi a se i ministri di parecchi sovrani- di Europa nei mesi di febbraio e marzo, fece ogni sua possa affine di riconciliarli tra loro e stabilire le basi di comune alleanza. È probabile che meglio ossequenti e disposti a impugnare le armi sianglisi mostrati i genovesi, coi quali ho notizia che venne a stipulazioni e intelligenze più esplicite riguardo alla lega contro il turco. Questo trattato 1’ avrebbe conchiuso col governo di Genova, non coll’ufficio di s. Giorgio, le cui più importanti colonie stavano nel mar Nero, non in Grecia, ove mirava peculiarmente il pontefice (’). Tuttavia perché il nostro Banco era si gran parte della fortuna politica e finanziaria della Repubblica, e perché sollevando dalle angustie le colonie tauriche e rianimandone gli spiriti veniva a indebolire colà la potenza di Maometto II, più che mai coll’ufficio di s. Giorgio si dié a vedere in questa congiuntura facile ed inchinevole a contentarlo di tutte le dimande sportegli dai Protettori col mezzo dei due inviati Goano e Grimaldi, e del Boccone loro ministro residente in Roma. Infatti pochi giorni innanzi al costoro ritorno in Genova, Calisto emanò un nuvolo di bolle, brevi e decreti, tutti in favore di s. Giorgio. In quello dei 12 marzo diceva: « Con-ciossiaché i diletti nostri figli, Proiettori delle compere di s. Giorgio, si fossero da parecchio tempo con indefesso studio applicati nell’adunare uomini, armi ed altri guerreschi presidii in sostegno della città di Caffa e le minori città del Ponto, noi con precedente lettera dei 22 aprile 1455 concedemmo loro talune indulgenze, grazie e facoltà, colle quali si rendesse più agevole il raccogliere dal popolo fedele vie maggiori e abbondanti mezzi alla meditala impresa. Ora poi, sentito come (’) Una nota ms. tra le mie schede reca: * 1456. Trattato col sommo pontefice di pace fra la Repubblica e il re di Aragona, e di lega fra li prencipi e potentati contro il turco •. Sarebbe tra le carte del Governo, nè disperiamo ancora di ritrovarla. ( m ) STOMA i medesimi con zelo sempre più crescente si adoprano a raggiungere il santo fine, e versano nell’ apparecchio di altre navi e provvigioni di grano incredibili somme di danaro, desideriamo pigliarvi parte ancora noi a misura delle nostre forze, e coadiuvarne il nobile e generoso ardire con la suprema autorità del pontificale ministero. Chepperò la succitata bolla che dapprima comprendeva le sole terre soggette al genovese dominio, e pochi altri luoghi a quello finitimi, noi colla presente di buon grado estendiamo ai castelli e paesi, tutti e singoli, delle città e diocesi di Albenga, Savona e Venlimiglia, eziandio non retti dal governo della Repubblica, nei quali é volontà nostra ottenga pieno e indilato vigore (*) ». Non basta. L’ufficio di s. Giorgio avea chiesto al pontefice, e lo scrissi poc’anzi, che se, a motivo delle soverchie spese gravitanti sulla camera apostolica pel suo particolare armamento della flotta papale, non sarebbe in grado di sovvenirlo d’oro, gli permettesse il deposito nelle casse del Banco del danaro ricavato dalla promulgazione della crociata nei confini del ligure dominio. E il papa si lo concesse con le parole che seguono : « Vogliamo inoltre che il ritratto da tali indulgenze, grazie e facoltà si deponga e conservisi presso di voi Lodisio Fieschi e Giovanni Gatti, nostri nunzii e commissarii, a questo speciale incarico, in virtù della lettera a voi diretta, da noi eletti e designati ». E sotto la data di due giorni avanti, il 10 marzo, Calisto aveva realmente scritto loro una prima bolla, nella quale afferma che avendo inteso ii magnifico Banco apprestare nuovi e bisognosi rincalzi di cereali, armi e di truppa, a favore di Calla desolata dalla fame e minacciala di prossima invasione dai turchi e dai tartari, permette che siano convertiti in aiuto di quella colonia tutto il danaro, robe ed oggetti di qualsivoglia f1) Vedi il documento CCXXX. 30 ANNO I450 ( 452 ) natura raccolti nelle città e diocesi di Tortona, Acqui, Alb^ e la parte territoriale di Luni dipendente da Francesco Sforza, duca di Milano: e anche nei borghi e luoghi compresi nelle diocesi di Albenga, Savona e Ventimiglia, tanto delle decime ecclesiastiche usate a pagarsi alla curia romana, quanto delle indulgenze e volontarie oblazioni fatte dai cristiani a quest'uopo. Ondechè esso nomina i due summentovati Fieschi e Gatti, soli e in solido, suoi speciali rappresentanti, deputati a racco’ gliere, ricevere, esigere, conservare e ritenere presso di se tutte le somme elargite, i quali d’accordo coi Protettori se ne valessero al fine prescritto del soccorso di Caffa esclusivamente. Concede bensì ai due eletti di crearsi altri sottodelegati nel numero che loro piacerà meglio, in città e nelle provincie, ma richiede che del ricevuto e speso tengasi esattissimo conto in registro segnato per mano di notaio, acciò all’occorrenza possa ognuno cerziorarsi nulla affatto essersene impiegato in altr’ uso fuor quello da lui stabilito. Termina coll’ ordine ai due prelati che innanzi di assumere il pontificio incarico giyrino nelle mani di Valerio, vescovo di Savona, fedeltà e obbedienza alle ordinazioni della bolla (*). Avvertito poi, giorni prima, da Genova che una parte delle diocesi di Albenga, Savona e Venti-miglia per non essere sottoposta al genovese dominio, molli si tenevano non colpiti dalP editto papale diretto ai nunzii Fieschi e Gatti, esenti perciò dalla decima imposta ai soli sudditi della Repubblica, Calisto con altra sua dello stesso di, -IO marzo, dichiara involti e compresi tutti i beneficiati delle tre diocesi suddette nel disposto della primitiva bolla e obbligati al pari d’ogn'1 altro al pagamento dei loro frutti (2). Del contenuto nelle anteriori sue lettere, e della concessione da se fatta alle dimande sportegli dai liguri ministri , Calisto dà sicura e direi ufficiale notizia in un terzo foglio che scrisse (’) Vedi il documento CCXXIX. (’) Vedi il documento CCXXVIII. (•453 ) STORIA direttamente ai Protettori circa questo tempo, il quale, a mio credere, dovettero recare in Genova gli stessi Goano e Grimaldi intorno alla metà di marzo 1456. Imperocché in quel foglio con pietosa commiserazione dei mali onde sono afflitti essi e le loro colonie, e con soave compiacenza del cuore annunzia ai medesimi di avere largheggiato a benefìzio loro di tutte le grazie spirituali e terrene che era in potere suo di accordare ('). E in verità pare fino incredibile il numero delle lettere pontificie, dirette a molti e svariatissimi personaggi, che i legati suddetti recarono seco da Roma. Nelle une esorta i vescovi di Tortona, Luni, Alba ed Acqui a favorire i suoi messi, Fieschi e Gatti, nella esazione della decima tassata agli ecclesiastici, e nella colletta delle indulgenze, in prò'dei generali interessi della cristianità, e del più urgente bisogno di Caffa (2) ; al vescovo d’Asti rammenta il dovere che incombe ai pastori di dare l’esempio di buone opere alle pecorelle loro affidate, e somma carità assevera il presentaneo aiuto delle colonie eusine (3). Con altre rafferma 1’ autorità conferita ai due commissarii summentovati, e ne ribadisce il potere contro tutti gli illusi o maligni loro oppositori (4), o li incarica di cogliere, processare e punire severamente alcuni ribaldi che, sotto l’orpello di mentita pietà gabbavano le inesperte plebi, smungendole di danaro (5). In terze lettere poi avvertiva con gravi parole e minaccia della sua indignazione Valerio Calderina, vescovo di Savona e amministratore interino di Genova, a non produrre a mezzo tanti dubbi, scrupoli ed incertezze sui negozii e trattazioni presenti, i quali raffreddavano i popoli dal concorrere alla impresa, prestasse mano invece a coadiuvare il buon avviamento (’) Vedi il documento CXCV1I. (5) Vedi il documento CCXXX1I. (s) Vedi il documento CCXXXI. (4) Vedi il documento CCXXXVI. (s) Vedi il documento CCXXXVU. ANNO 1450 ( 454 ) della crociata (*); e da ultimo insinuava all’arcivescovo eletto di Genova, il noto Paolo Campofregoso, di mostrarsi liberale e generoso al cospetto della patria e a vantaggio della religione, erogando, egli che ricco e potente era, una cospicua somma all’attuale armamento per Caffa (2). Altre lettere ancora abbiamo datale lo stesso dì, 14 marzo 1456 , scritte a varii duchi e principi d’Italia, di cui ragioneremo più lardi; ma sin d’ora non possiamo lasciar sotto silenzio quella all’ arcivescovo di Tarragona, dove lo invita a recarsi col naviglio da se comandato e le milizie raccolte nelle provincie soggette al re Alfonso, a coprire l’isola di Scio, cui accennava d’impadronirsene P imperatore dei turchi. Avergli gli abitanti e maonesi di quella fatto conoscere le strettezze nelle quali versavano, e chiestogli precipitasse gli ausilii, se bramava riescire a tempo di salvare le vite dei cittadini e P indipendenza del regno. Accorra adunque colla piccola flotta che trovavasi avere sott’ i suoi ordini, e s’adopri in favore di Scio col medesimo ardore che per Rodi; mentre egli osava sperare gli spingerebbe addietro, a breve intervallo, il grosso dell’armata pontificia (3). Evidentemente a mezzo marzo 1456 il prelato spagnuolo non erasi ancora fatto ribelle alla papale autorità per asservire alle mire ambiziose e sleali di Alfonso d’Aragona. Che i Protettori rimanessero grandemente consolati e quasi stupiti di tanta arrendevolezza e benignità di Calisto, n’é sicuro argomento la lettera che indirizzarongli il di 31 marzo, della quale mi piace riferirne un brano. « Moltiplicansi ciascun giorno più, santissimo e beatissimo padre, i già innumerevoli benefizii la vostra mercè elargiti a questo Uffizio, sicché noi ci sentiamo ornai incapaci a rendervene le dovute grazie, e nel provarcisi ne vengono meno le parole alla foga del nostro af- (1) Vedi il documento CCXXXVIII. (5J Vedi il documento CCXXXIX. (*; Vedi il documento CCXXXIII. ( 455 ) STOMIA letto. Dagli oratori mandali a Roma ricevemmo testé al loro rimpatrio tutte le bolle e lettere dalla santità vostra scritte sul conto delle decime permesse al banco di s. Giorgio a sollievo e sostenimento delle misere terre del Ponto, in nome delle quali e nostro vi esprimiamo qui col più vivo del cuore sentita riconoscenza, ansiosi di mostrarvela vie meglio colle opere (‘) ». Anche ai cardinali Colonna, Barbo, Orsini, di Rouen, di Nicea e di Fermo, degli interessi genovesi studiosi e caldi, addirizzarono i Protettori lettere di ringraziamento (2). I precitati fogli consegnare doveva ai rispettivi indirizzi il ministro Boccone, cui danno nuove istruzioni sul modo di accelerare la tratta del grano e condurlo a Genova (3). Era questa, come dissi pocanzi, una larghezza fatta dal papa, in cui dietro dimanda dei Protettori, Calisto avea conceduto ai genovesi di recarsi liberamente nei suoi stati a fare incetta di frumento da mandare agli affamati cafTesi. Dove se l’anno passalo in consimile occasione ordinò che il danaro a sborsarsi alla camera apostolica per siffatto jndulto fosse impiegato in cibarie per sovvenzione ai poveri della colonia, oggi volle dispensare affatto da tale pagamento l’ufficio di s. Giorgio, a patto che esso medesimo s’incaricasse di commutarne il prezzo in altrettanto pane ai necessitosi suoi sudditi della Crimea. Un’ ultima lettera colla data 31 marzo 1456 spedivano i Protettori al cardinale di Aquileia, da cui pigliamo finalmente le mosse ad uscire alcun poco dalle strettoie di una minuta e circostanziata esposizione. Premesse, come ai cardinali suddetti, le azioni di grazie per le amorevoli cure prodigate agli ambasciatori durante il costoro soggiorno nell’eterna città, e il valido patrocinio di lui in appoggiarne le dimande al trono pontificio, vengono a dire che sebbene al giungere del suo foglio la vela (') Vedi il documento CCLXV. (5) Vedi i documenti CCLXVI e CCLXVII. (5) Vedi il documento CCLXVIU. ANNO 1456 ( 456 ) precedentemente a sua eminenza offerta per la sua nave capitana fosse già in pronto nella figura preindicata, cioè a modo di artimone, tuttavia avuto lingua coi maestri dell’arte, annunziano potersi con facilità adattare alla forma quadra a lui meglio gradita. Non occorrere li ringrazii della corazza e altri piccioli doni inviatigli, sentendosi essi di molto maggiori be-nefizii verso di lui debitori. Riuscire loro di grande soddisfazione che il concittadino Jacopo Marchese abbia di lutto buon gndo accettato subito l’invito da essi fattogli, a nome di sua eminenza, di prendere servizio nell’armata papale che andavasi sotto il di lui comando allestendo contro il turco, e aggiungono essere nel fatto il Marchese perito assai nella marineria, robusto di forze e di provato valore, capace insomma a rendere alla flotta, (come rese daddovero (*)), non mediocre vantaggio. Pregarlo finalmente che a salvezza degli oggetti che gli mandavano, i quali non potrebbonsi tragittare per terra, voglia munire di un salvocondotto da Alfonso la barca destinata a quel trasporto: giacché il mare che lambe le coste tra Genova e Roma era infestato da numerosi corsari come ne correva la fama (2) ; ed essi aveanlo con dolorosa prova sperimentato nella cattura dei navigli provenienti dalla maremma, giusta il detto di sopra. A maggiore intelligenza di questo scambio di gentilezze fra il cardinale e il nostro Banco è d’uopo sapere che, fin dal \1 gennaio antecedente, i Protettori in segno di grato animo allo Scarampi, pei molti e insigni benefizii la di lui mercé ottenuti, aveano stabilito di presentarlo d’una gran vela ad uso della capitana, e di una corazza gentilmente lavorata per la sua persona, olire venticinque altre di men ricco lavoro, colla insegna della croce scolpita in petto, a foggia dei crociati: e di questo bel dono fattogli, il cardinale avea rese loro distinte grazie come di cosa gradevolissima, con preghiera però di (') Vedi ii documento CCCXXIV. (’) Vedi il documento CCLXIX. STORIA mutar forma alla vela cui gradiva meglio quadrata (,). Queste particolarità accennano chiaro al nuovo ufficio di legato apostolico rappresentante di sua santità e condottiero in capo della (lotta papale, cui era stato assunto il cardinale d’Aquileia, e di esso mi bisogna narrare 1’ origine e le circostanze che 1' accompagnarono. VI. Al cominciare del corrente anno papa Calisto 111 avverando il proverbio che, ciò che ardentemente si desidera, sempre si spe.a, nutriva ancora molta fiducia di comporre la tanto bramata lega dei principi; al quale fine raccolse, come ho detto, in Roma gli ambasciadori di varie corti di Europa, acciò sotto la sua presidenza si stipulassero i mutui accordi e stringessersi i nodi di reciproca alleanza. Ma l’infelice esito che sorti il congresso, ebbe a palesargli con straziante cordoglio la vanità dei siioi sforzi e la fallacia delle concepite speranze. In quella assemblea nulla affatto si deliberò, a nissuna pratica conclusione si addivenne : onde dopo alquanti mesi di inutili trattative si sciolse senza lasciare altra traccia di se fuori l’accennata nei nostri documenti. Da questi non appare quali fossero i sovrani che, in ossequio al buon volere del pontefice, inviarono i loro ministri a sentire le condizioni della lega e firmarne i protocolli. È certo che vi mancò quello di Francia, il cui re Carlo VII osteggiava acremente l’impresa, e se dietro le paterne ma severe rampogne di Calisto permise la riscossione delle decime ecclesiastiche, non però mai si adagiò a concedere la promulgazione della generale crociata e 1’ arrotamento dei crocesignati nei suoi dominii (2). Neppure v’ intervenne 1’ oratore d'Inghilterra; il perché alcune settimane (’) Vedi il documento CLXXXVI1. (’) Rainald. Amai. Eccl., ann. 1456, n. v. ANNO 1456 ( 458 ) dopo il ritorno in patria dei messi genovesi, il doge Campo-fregoso e gli anziani della Repubblica di moto proprio o per suggerimento avutone dal papa scrissero ad Arrigo VI, che ne teneva lo scettro, la seguente lettera riferita dal Rainaldi. « Sebbene il nobilissimo regno d’Inghilterra, serenissimo principe, si trovi per cosi grande spazio di terra lontano dal nuovo impero dei turchi, crediamo non essere ignoto alla maestà vostra il gravissimo e imminente pericolo in cui versano le città e i paesi abitati dai cristiani, nei luoghi e nelle provincie a quello finitime. Scio, infatti, Lesbo e le vicine isole dell’arcipelago, Samastro ancora, Soldaia, CalTa e le altre tutte colonie del mar Pontico, all’ udire la prosperità delle armi e la barbarie delle orde di Maometto II, sono state colte da tanto spavento e tremito, che se noi non fossimo accorsi al loro pronto soccorso, con iterate spedizioni di navi, soldati e viveri, di già sarebbono senza fallo perite. E volge il lerz’ anno da che profondiamo in aiuto di quelle i nostri tesori, sicché ne restammo come stanchi e immiseriti per modo da reggersi appena in finanze. A noi non isfugge, eccellentissimo signore, ciò che narrano le storie dei gloriosi vostri antenati , i quali in ogni impresa riguardante l’onore di Dio, da uomini cristianissimi che erano e zelatori del suo culto, si addossarono mai sempre gran parte delle fatiche e dei pericoli in servizio della . vera fede e a ripulsa dei suoi nemici. Considerazione questa che ci dà animo a pregare la maestà vostra di rivolgere anche nel presente gli occhi e i pensieri suoi al miserevole stato dei popoli di Oriente e del Settentrione, e reprimere con nobile ardire la burbanzosa ferocia turchesca, provando al loro imperatore, appo il quale i re tutti della cristianità sono avuti in ischerno, che la eccellenza vostra possiede tai forze da servirgli di terrore e sbaraglio (f) » (’) Vedi il documento CCLXXIV. ( 459 ) STOMIA Non sappiamo se e quale risposta ottenesse la bella lettera del doge e del suo consiglio : questo é noto che Arrigo non si mosse. I due principi rivaleggiavano fieramente tra loro per cupidine di regno. L’inglese per assodare il suo impero sul nuovo acquisto d’ un brandello della Gallia redato dalla madre, e il francese per escluderlo dall"ingiusta signoria e vendicare in libertà 1’ avito reame. A sedare le contese e attutire gli odii affinchè non prorompessero, come avvenne, in micidiale conflitto, avrebbe desiderato il pontefice che amendue i sovrani inviassero i riuniti eserciti in Levante, e sopra i turchi, meglio che a danno dei popoli fratelli, facessero brillare il proprio valore : ma inutilmente, che gli animi erano troppo accesi di vendetta, e la voce del comune padre non trovò adito nei loro cuori. Allora Calisto si volse alP Italia, dalla quale sperando più facile ascolto, diedesi con risoluto impegno, che assai lo onora, a calmare le ire e comporre i litigii insorti fra le nemiche repubbliche e i monarchi. Ardeva da anni feroce ed accanita guerra tra Alfonso di Aragona, re di Napoli e della Sicilia, e i veneziani da una parte, e il duca di Milano, i fiorentini e i sanesi dall'altra. « Con tutti gli uffizii premurosi, narra il Muratori, adoperali dal papa (Niellò V) per intavolare la pace fra le potenze guerreggianti, niun buon successo fin qui avea avuto il suo zelo per colpa di esso Alfonso, il quale guastava tutto e si opponeva ad ogni onesta proposizione. Ma Iddio dispose che un semplice frate divenisse lo strumento di si bella impresa e la conducesse a fine. Fu questi fra Simonetto da Camerino dell’ordine di s. Agostino, religioso dabbene e abitante allora e ben voluto in Venezia, che mosso dal suo buon genio, o piuttosto da secreta insinuazione dei saggi veneziani, andò più di una volta a Milano proponendo la pace al duca e riferendo a Venezia quel che occorreva. Erano stanchi di quella guerra i veneziani , e maggiormente poi per la perdila di tanto paese nel Bresciano e nel Bergamasco. Dal canto suo Francesco Sforza. ANNO 1456 ( 400 ) duca di Milano, si sentiva troppo smunto, penuriando special-mente di pecunia, cioè dell’alimento più necessario a chi vuole mantenere armate. Però trovalo questa buona disposizione in amendue le parti, il religioso predetto con secretezza e prudenza dispose un buon concerto per la concordia. Fu dunque nel dì 9 aprile in Lodi sottoscritta la pace fra i veneziani e il duca di Milano, con lasciare luogo ad entrarvi ai genovesi, al marchese di Mantova e ad altri collegati. Sdegnato il re Alfonso contro dei veneziani perchè senza curare di lui si fossero accordati collo Sforza, ricusò per un pezzo di accettar quella pace (') », ma poi 1’ anno seguente persuaso dal cardinale di Fermo, Domenico Capranica, speditogli legato dal papa, vi assentì , all’ ingiusta condizione che ora diremo. Nel 1450 « restava tuttavia, continua il Muratori, lo stato di Siena involto nella guerra per cagione di Jacopo Piccinino che si era afforzato ad Orbetello. Inviarono bensì i sanesi le loro milizie colle poche dei collegati rimaste in aiuto loro all" assedio di quella terra; ma apparenza non vi era di poterlo cacciare di là. Pertanto i sanesi inviarono Enea Silvio , celebre lor vescovo, a Roma, a pregare il papa che interponesse gli uffizii suoi paterni presso il re Alfonso , ac-ciochè si mettesse fine a questa briga. Accompagnato adunque dai ministri pontificii passò Enea a Napoli, e con tale eloquenza e destrezza si maneggiò, che il re si accordò e comandò al Piccinino di lasciare in pace i sanesi ». Di questo prospero avvenimento dovuto alla facile e insinuante parola del ridetto prelato menò gran festa in Roma Calisto, che nello scrivere al Solerio, suo ambasciadore al sire aragonese , disse reputarlo 1’ esordio e il certo segnale della sconfitta che meditava infliggere al sultano dei turchi (2). (’) Annali d’Italia, all'ann. 1455. (*) Rainald. Annal. Eccl., ad ann. 1456 , n. vii. ( 461 ) STORIA In questo mentre fausta novella giunse in Genova dal Portogallo, la quale annunziava che quel re, anch’egli Alfonso, e quinto di tal nome, erasi proposto venire in aiuto dei fedeli d’Oriente con buon nerbo di truppe e molte triremi ad accrescere le forze della sacra spedizione. Non è a dire il giubilo che ne provarono il governo della Repubblica e il banco di s. Giorgio a così caro e insperato annunzio: il quale s’accrebbe del doppio lorquando una lettera del lusitano signore, loro indirizzata ai 31 aprile, li rese affatto sicuri del benevolo animo del principe, e del suo proposito nel sostenere i minacciati paesi del Levante. Della letizia che inondò i cuori e della speranza che ebbero posta nell’ armamento da lui promesso, è certo indizio la risposta che diedero al re Alfonso il 3 settembre Pietro Campofregoso doge, e il suo consiglio, la quale sulla fede dell’annalista Rainaldi vogliamo qui riferire in compendio. « Ben grande consolazione e conforto ci arrecarono , serenissimo principe, le vostre lettere, da cui abbiamo appreso avere la maestà vostra stabilito di concorrere efficacemente alla sacra lega, e giovarci delle sue armi contro il fiero tiranno che impera sui turchi. E siffatto concetto è tanto più ammirabile e di lode degno nella sublimità vostra, in quanto mollo più di fatica e di spesa sarà per costarvi. Imperocché, coloro i quali dal vostro regno di Portogallo, situato quasi all’estremo lembo d’Europa, hannosi a traghettare insino a Costantinopoli, debbono con lunga navigazione scorrere la massima parte di superficie della terra conosciuta : ciò che rende d’ ogni maggiore encomio meritevole l’ideato progetto. Si aggiugne, come ci dite nel vostro foglio, che vi conviene tenere d’occhio la città di Cesarea in Mauritania, agognata rapirvi dai barbari che d’intorno la cingono, per essere assai acconcia alle insidiose loro piraterie. Ma tutle queste difficoltà ed ostacoli sembra avere sprezzato la generosità dell’animo vostro, rettamente giudicando che la spedizione attuale essendo falla in onore di ANNO 1456 ( 462 ) quel Dio cui tutto dobbiamo, il premio del nostro buon operare, come immenso, così pure sarà eterno ». Il re Alfonso in quella lettera, che ci duole sia perita, mostrava altresì desiderio di intendere a sua norma la copia degli armamenti guerreschi e navali cui apparecchiava, allo stesso line della crociata, il governo di Genova. Laonde il doge continua qui a narrare in succinto gli iterati rincalzi spediti nel-F Oriente dal giorno infausto della caduta di Bisanzio sino allora, e si vale a ciò delle medesime parole che al re d’Inghilterra, protestandosi che quantunque stremati di forze mai non verranno meno i genovesi alla loro dignità, nè patiranno essere tenuti gli ultimi nel procurare la dilatazione del culto divino. « In questo momento, pur troppo, così finisce, ci spiace il dirlo, nè il numero del soccorso che vorremmo spiegare , nè altro che ad orientale impresa si attenga, siamo in grado di potere definire : giacché il re Alfonso d’Aragona, rotta or dianzi iniquamente la tregua con noi segnata (*), ha preso di bel nuovo a tribolarci per terra e per mare. Le forze e gli aiuti vostri invece, o eccellentissimo signore, sono a tenersi in grandissimo pregio, e noi molto li stimiamo: nella fiducia che il lodevole esempio dato dalla maestà vostra, posta quasi nell’altro emisfero, ecciterà ad imitarlo i re e principi più vicini, sì che reputeranno loro vergogna e disdoro mancare all’appello di soccorrere in cosi grave distretta la causa comune del cristianesimo C2) ». Nell’archivio di governo tra le Materie Politiche ecc. Mazzo 13, ann. (453-1477, sotto la data M luglio 1435 trovai inserita la • Ratifica passata da Alfonso re di Aragona dell' armistizio conchiuso in Roma a mediazione del sommo pontelìce Calisto III, tra i suoi plenipotenziarii e quelli della repubblica di Genova 1’11 precedente giugno e quivi inserto , per forma del quale si sospendono le ostilità tra le due parti belligeranti a tempo indeterminato; ed intanto si dichiara tenuta la detta repubblica a presentare annualmente al prelodato re la solita coppa d’oro ■. (*) Vedi il documento CCCII. ( 463 ) ' STOMA Quello che il doge nella surriferita epistola lamenta di Alfonso d" Aragona era pur troppo vero. Costui ossia per lavare l’onta della sconfitta toccala ventun anno prima dal valore di Biagio Assereto da cui fu fatto prigioniero, ossia per ambizione di avere la signoria di Genova e sfogarvi la sua rabbia contro personali nemici, mantenne ognora il broncio al ducale governo, e pur segnando a malincuore, come dicemmo, la pace di Lodi coi fiorentini e il duca di Milano, ne volle ingiustamente esclusa la nostra Repubblica. Prese quindi a sostenere le ragioni dei numerosi fuorusciti sbandeggiati dalla città, e a farlo con maggiore profitto, scrive il Giustiniani, spedi « nei mari di Genova una grossa armata sotto il capi-neato di Villamarino, e mandò ancora un campo per terra, del quale era capitano Palermo napolitano, e queste armate insieme con Raffaello e Barnaba Adorni e Gioanni Filippo di Flisco molestavano assai il duce Pietro. E egli fece un notabile stratagemma, perchè lasciò il Castelletto ben fornito, e giudicando quel che seguì, si assentò dalla città, e i suoi nemici, come egli aveva preveduto, guerreggiarono insieme, e il duce ritornò e restò nel dominio della città più pacifico e più potente che non era prima (*) ». Il sinistro successo accrebbe lo sdegno e il desìo di vendetta nel crudele animo dell’Aragonese. Adunque, narra il Serra, « Alfonso spiccò dalla sua squadra due navi grossissime, e fattone capitano Giovan Gilio esperto navigatore, gli commise di volteggiare nei mari dell’Africa in cerca di navigli maomettani, solili a traghittare da Alessandria a Tunisi. Gilio incontrò una gran caracca genovese che venia da Levante con ricco carico. E avendo richiesto inutilmente chi era, si mise a combatterla; la prese dopo lungo contrasto e menolla a Napoli. Fu valutata tal preda meglio di cencinquanta mila ducati. 11 doge Fregoso (') Annali della Repubblica dì Genova, all’anno 1455. ANNO '1456 ( 464 ) mandò subito a richiamarsene, persuaso che un tanto monarca non consentirebbe ai suoi capitani le spoglie d innocenti famiglie, che avevano affidate le.proprie sostanze alla sicurtà di una pace solenne frescamente celebrata. Conchiusero i suoi ambasciadori con dimandare la restituzione della preda, l’ammenda del danno e il castigo del capitano. Alfonso cominciò a scusarlo, rovesciando la colpa sul genovese ostinato a non dar lingua contro il costume dei naviganti che sono più deboli verso i più potenti; poi disse diversi legni dei genovesi aver danneggiato quelli del regno, e potersi questa preda chiamare una giusta rappresaglia. Cosi fu rimandata 1’ ambasceria e rinnovata la guerra. « I genovesi apparecchiano sei navi grosse, due brigantini e più legni da remo. Giovan Filippo Fieschi n’ è fatto ammiraglio (*); combatta, sommerga, incendii le navi del violatore della pace. Giovanni va dritto in Sicilia, corre le sue costiere, poi quelle della Calabria ; e non trovando legni nemici, perché Alfonso avea loro ingiunto di ricoverarsi nei porli, raccozza per via altre galee procedenti da Egitto, e quelle fornite ad uso di guerra, torna addietro risoluto di dare compimento alla sua commissione fin dentro al porto di Napoli. Il re che più d’ogni altro donava alle spie, ha subito avviso di questo: manda Bernardo Villamarino con tre agilissime galeotte per iscoprire e trattenere l’armata genovese. Frattanto comincia a fortificaie e chiudere il porto, facendo gettare dal molo grande al piccolo un argine di sassi ammonticchiati, e dov’è rimasto un passo aperto, fa stendere una doppia catena, e soldati e artiglierie distribuisce in guisa che possano insieme difendere il molo, il porto e le navi. (’) Erasi egli nel frattempo scostato da re Alfonso ed aveva aderito al partito nazionale, come lo dimostra il fatto stesso, e lo prova una carta di convenzione da me veduta nell’ archivio governativo. ( 4(55 ) STOMA « One giorni si lavorò senza inquietudine, ma il terzo, non finiti ancora i ripari, ecco 1’ armata genovese che spunta dal capo Miseno. A tal vista tutta Napoli è sossopra, il timore accresce il pericolo, tanto che lo storico napolitano, ond’è tratto questo racconto (Costanzo), afferma che se Fieschi continuava dritto al porto, avrebbe potuto incendiarlo. E in vero, il re Alfonso ebbe tanta paura che fece tirare a secco nell’ arsenale le navi piccole, e le grandi coprire tutte di cuoio infino agli alberi. Ma l’ammiraglio voltò verso Pro-cida, guadagnato, secondo ne scrive Tristano Caracciolo, dai regii doni, o bisognoso, secondo il Fazio, di nuovi rinforzi. L’ errore suo si rendè manifesto dopo i lavori del porto compiuti: e allora scarso di consigli, odioso alle sue genti', fece ritorno. Nulla di più ingiurioso che la lettera scritta dal re Alfonso ai genovesi, passata che gli fu la paura (*) ». Non ci sovviene infatti esserci imbattuti mai in un messaggio regale tanto cinico e plebeo come questo. E lo storico Giustiniani a dare per avventura maggiore risalto alla insolenza del-l’uno e alla modesta gravità dell’altro foglio, contro suo stile volle inserire nei patrii annali la lettera di Alfonso e la risposta del governo di Genova. Noi ne stralcieremo qui il solo brano che si ragguarda strettamente al nostro uopo. Dopo avere accusato i genovesi di ciò che egli stesso in secreto macchinava a loro danno , tenendoli con iniqua guerra (esterna e col fomite d’ intestina ribellione turbati e divisi in città, affinchè non rivolgessero tutto il nerbo delle loro forze a difesa e sostegno delle orientali colonie, « noi non ci possiamo, dice, se non grandemente maravigliare che non abbiate vergogna di nominare i pericoli dei turchi, perchè sapete bene di che generazione di cristiani sono coloro i quali primamente con le navi loro per singolare avarizia hanno passato i turchi d’Asia in (') Se un a : Storia dell’antica-Liguria, e di Genova, lom. ni, lib. vi, cap. vii. Europa; e dovete ben conoscere chi sono quelli cristiani i quali danno impedimento alle buone operazioni dei re e dei principi, e tuttavia mandano ai maomettani arme, armamenti e ogni cosa pertinente alla guerra contro ogni giustizia e ogni ragione: dovete ancora conoscere chi sian coloro i quali al presente hanno congiurato col turco contro di noi, e quanto è in loro impediscono l’espedizione nostra. Che, per Dio vero, non è altro rompere la guerra fra noi che favorire il turco, che rinnegare Cristo, che desiderare la perdizione di tutti i cristiani. Vedrà il signore nostro Cristo, per riverenza del quale noi ci disponemmo alla guerra, avere noi procurato con ogni diligenza la pace di tutta l’Italia, accioché l’espedizione contro i turchi fosse più facile e si facesse di miglior animo. La qual cosa perchè al presente voi Duce e ufficio della Balia conturbate e mettete sottosopra, è per conseguenza cosa decente che voltiamo le arme nostre contra di voi, quasi come contra turchi. E non mancheremo dal cominciato per insino a tanto che vi abbiamo umiliato. Nè perciò ometteremo di fare F armata contra i turchi di Asia, la quale già abbiamo cominciato, e manderemo quella ad esecuzione contro vostra volontà ». Rispondevano i genovesi con risentita ma pur nobile calma nei seguenti termini. Quanto « ai pericoli dei turchi, la causa dei quali vai dicendo che noi favorimmo, e non li vergogni di nominare turchi italiani il popolo nostro cristianissimo, per beneficio del quale tu regni . . ., quello che la eccellenza tua si sforza di attribuirci, cioè il priiho transito dei turchi di Asia in Europa, appresso coloro che hanno vera cognizione dell’istorie è cosa da ridere e da farsi beffe. Perché è cosa certa che contendendo insieme per cagione della signoria due principi greci, uno che fu scacciato di Costantinopoli ebbe ricorso alla potenza dei turchi e patteggiò con lui, e li diede per pegno la città di Gallipoli con la fortezza, e per tal ( 467 ) STORIA cagione gran numero di turchi furono trasportati di Bitinia in Asia... A noi non è incognito essere già circa tre anni che l’eccellenza tua ha promesso armale ed eserciti per andare contro la ferocità dei turchi, e credevamo facilmente dover seguire tal effetto, come che non sia alcuno re tra i cristiani il quale per la vicinità debba temere tanto i pericoli turche-schi quanto tu. Ne confermava 1' opinione, che vedevamo la Sicilia e la Sardegna essere continuamente gravate di pagar danari, e gli altri popoli ancora vedevamo essere gravati di tributi inconsueti. Vedevamo ancora procedere acerbamente contra sacerdoti e religiosi, intanto che il pagamento delle decime pareva cosa leggiera per comparazione alle altre estorsioni: ed era fama essere stati con estorsione congregati tanti denari, che erano sufficienti ad empire la voragine di Cariddi ... Ma è stata tanto lenta questa tua espedizione, della quale tante volte ti sei vantato , che se i predetti cristiani di Levante non fossero stati aiutati da noi, non solamente con una, ma con più armate, e non avessimo sovvenuto al pericolo loro, certo non avriano scappato che non fossero entrati in bocca del turco. Consideri adunque la prudenza tua e giudichi qual di noi favoreggi i turchi : o noi per virtù dei quali molte isole e molti popoli sono costanti in la fede di Cristo, o veramente colui il quale è signore di tanti floridi regni e ha congregato tanto oro, e lascia i popoli, per salvazione dei quali Foro si è congregato, in mano di crudelissimi nemici ». Rimbeccato cosi il superbo monarca, e colla testimonianza dei fatti, che per essere recenti e a tutti manifesti mal poteansi negare, messe al nudo le calunnie apposte al nome genovese, O ' terminano dicendo : « La guerra e le minaccie tue accettiamo con quell' animo col quale abbiamo guerreggiato teco le altre guerre, ed eziandio con più confidenza della divina giustizia; perchè essa conosce qual di noi abbi più supeibamenie sprezzato la ragione, la giustizia, la religione, il giuramento, il ANNO 1456 ( 468 ) vicario di Cristo e lo stesso Iddio, mandando contro di noi la regia armata (*) ». Era questa composta d’un numero di galere, condotte dal cavaliere Oleina di Montalbano e dal precitato arcivescovo di Tar-ragona, uomo ligio di soverchio al suo re, la quale discorrendo per la marina ligure accostavasi tratto tratto alla riviera e con improvvisi sbarchi assaliva le terre, mettendole a ruba e a sacco: ma non ebbe ardire d’allacciarsi alla metropoli, solo contenta di corseggiare lunghesso le coste a guisa di pirati, nel quale mestiere i catalani riesci vano maestri. Nè avrebbero così di leggieri desistito dal brutto giuoco senza una fiera lettera di papa Calisto, in cui aspramente li rampognò di slealtà, verso di lui e d’ingiustizia nel loro cieco odio ai genovesi: dove chiamando amendue ì capitani suddetti, nemici della fede, pietre di scandalo alle genti, traditori di Dio e del cristianesimo, li minaccia, in un col sovrano, della giusta sua indignazione e del-l’ira celeste, ove non cessassero dal recare sterminio ai sudditi della repubblica, ed impaccio all’opera generale della crociata. Obbedì a malincuore Alfonso, e roso dalla rabbia ritrasse le navi, deciso (empia vendetta che poi rivocò) di non pigliare ulteriore parte alla spedizione d’Oriente (2). Calisto invece non davasi tregua negli apprestamenti militari, e uscita già al largo la prima avanguardia dal porto, di Ostia il di 5 maggio, nominò in quel torno capitano generale e legato apostolico per gli affari concernenti la guerra turca, il cardinale d’Aquileia Ludovico Scarampi-Mezzarota, e munillo d’ogni più ampia facoltà sulle ciurme, i condottieri e la flotta tutta col pontificio danaro equipaggiata e costruita (3). Il costui arrivo nelle acque della Grecia giunse oltremisura opportuno agli (’) Annali della Repubblica di Genova, all’anno H'ó6. (’} Rainald. Annal. Eccl., ad ann. <1456, n. xn. (!) Sulla ripa del Tevere furono costrutte il primo anno 4455-36, una o due galeazze, sedici galere, sei fuste e alcune navi. II Tevere allora era migliore ( 469 ) STORIA interessi spirituali e materiali della religione nel Levante, e a sgomento degli osmani. Maometto loro imperatore travagliavasi di quei giorni presso Belgrado con un esercito di oltre centocinquanta mila uomini, affaccendato nel circuirla di stretto assedio e combattere le schiere ivi raccolte da s. Giovanni di Capistrano e capitanate da Uniade. Non potendo quindi opporsi assieme tempo alla marcia quasi trionfale della squadra romana, ebbe agio questa di scorrere i mari Egeo e Tracio, recare soccorsi alle pericolanti terre e impadronirsi di varii luoghi, fra i quali le tre isole di Metellino, Lemno (Stalimene) e Naxos, non solo, ma «■ e produsse, scrive il eh. Guglielmotti, tutto il migliore effetto che se ne potesse desiderare. Imperocché essendo entrato il cardinale nella Propontide assai prima che i turchi non lo aspettassero , cominciò a tempestare furiosamente in tre o quattro luoghi di quelle marine: poi si fece vedere vicino a Costantinopoli, e spargendo rapidamente un falso allarme di sbarchi e cannonate, di notte e di giorno, in diverse parti al tempo istesso: mostrando a Maometto l’intenzione di suscitare novità nella Grecia e nella stessa capitale, ove il dominio era nuovo e odiato, e la persona sua assente, lo sgomentò, gli confuse il disegno di vincere prima che venissero i soccorsi, e lo costrinse a dividere in più parti il disegno e i pensieri. Allora crebbe anche il coraggio ai guerrieri cristiani, che dopo gli eroici sforzi della più bella difesa riuscirono, il giorno 22 luglio 1456, a dare quella solenne e gloriosissima battaglia campale sotto le mura di Belgrado, ove 1’ esercito nemico fu totalmente disfatto, Maometto ferito nel ventre, il campo, le artiglierie, le tende, i bagagli in mano ai vincitori, e gli ottomani costretti ad una ritirata così lontana ed incalzante che non fini altrimenti se non dentro le mura di Costantinopoli. canale. Appresso, costruite altre otto galere, poi quattro, finalmente due: in tutto, trenta galere della prima divisione. Partirono dalla foce del Tevere alli 24 maggio 1456. ANNO 1456 ( 470 ) « In questa vittoria di Belgrado tanto giovamento apportò alla causa comune del cristianesimo la comparsa dello Scarampi presso Costantinopoli, nella predetta congiuntura di tempo, di luogo e di modo, che gli scrittori della sua vita gliene attribuiscono il merito, come se fosse dal mar Nero penetrato nel Danubio, ed avesse egli stesso con la sua persona e con le navi pontificie combattuto e vinto presso quella città (*) ». VII. Se il re Alfonso di Napoli non si fosse in momenti cosi intempestivi incaponito di voler trarre vendetta dei genovesi suoi irreconciliabili nemici, è luogo a credere che il governo della Repubblica e fors"anche l’ufficio di s. Giorgio, non avrebbero abbandonato papa Calisto alle sole sue forze nella guerra col turco. Le quali tuttavia, se cosi tenui e poche in paragone dell'esercito nemico, col presentarsi in atto minaccioso davanti la metropoli dell’islamismo e le coste d’Asia, incussero pur tanto terrore sugli infedeli, chi non vede il molto maggiore spavento che sarebbesi sparso tra le loro file, ove all’armata papale congiunte si fossero le squadre napolitana, genovese, lusitana e franca, com’era ardente voto del sommo gerarca/ Non é improbabile che la stella di Maometto, sino a quel di fulgentissima, sariasi eclissata o velata almeno di pallida luce, e la sua audacia depressa assai, ove un rovescio di fortuna in mare avesse fatto degno riscontro alla sconfitta toccatagli in Ungheria. Ma Iddio dispose pei suoi giusti giudizii che gli animi dei monarchi d’Italia e dell’Europa, come dopo la memoranda giornata di Lepanto, che segnò l’inizio del decadici Storia della murimi pontifìcia dal, secolo vili al xix. toni, i, lib. *'» cap. ni. Koma, 1856. 1 STORIA mento dell’ impero ottomano, cosi nei giorni di cui narriamo la vituperosa storia, si dividessero in contrarie passioni. La flotta napolitana per dispetto, secondo che dissi, del festereccio suo re non si mosse ; la genovese, impedita da Alfonso, e nel timore di cadere nei costui agguati, non mise alla vela; e la lusitana o mai non parti dal Portogallo, o giunta, come scrivono altri, nel Mediterraneo, con futile emendicato pretesto indietreggiò. V’ebbero non pertanto alcuni dei nostri, i quali o richiesti dai comandanti, come il Jacopo Marchese suinmentovato, ovvero spontaneamente offertisi a prendere servizio in qualità di padroni di navi, trovaronsi a quella fazione. D’uno di questi., a nome Quirico Federici, é parola in due documenti ossiano commendatizie scritte dai Protettori ai cardinali Ludovico Sca-rampi e Prospero Colonna, in cui affermano il merito e la perizia di lui nelle cose marinaresche, di che avea dato buon saggio nel comando d’una galera (*), e del Marchese stesso rinviensi un altro foglio dei 30 luglio 1456, col quale i Protettori chiedono allo Scarampi di concedergli il temporaneo rimpatrio (2). Ne adducono il motivo dell'essersi, a cagione della peste, sua eminenza scostata da Roma, e il presunto susseguente ritardo che subire doveva, a causa del morbo, la dipartita della flotta papale alla volta di Bisanzio. Il che sembra opporsi in alcun modo alla verità della storia, la quale assicura il cardinale Scarampi alla testa del naviglio romano fendere assai prima di quel giorno le acque dell’Arcipelago. Donde , rn’ è avviso, potersi inferire eh’ esso facesse così ratta partenza dal Tirreno, da lasciarne perfino ignorare in Genova l’imbarco: e ciò ad eludere la vigilanza di Alfonso, cui te-raevasi volesse impedirgli il transito per lo stretto di Messina. In data poi del 12 ottobre di questo medesimo anno. 1’ufficio (’) Vedi i documenti CCLXXV111 e CCLXXIX. (’) Vedi il documento CCXC1X. ANNO 1456 di s. Giorgio menate buone le ragioni che aveano indotto il cardinale a negare il chiesto ritorno, e sul dubbio che il Marchese n’avesse un cotal poco perduta la grazia, di bel nuovo gli raccomandava il benemerito suo concittadino (')• Calisto non mai stanco nell’ animare i principi a porre in atto le iterate promesse, aveva sullo scorcio di maggio scritto loro un’altra efficacissima esortazione, in cui adducendo l’esempio da se dato in allestire la propria flotta attraverso di mille difficoltà generosamente superate e vinte, li eccitava a seguirlo e versarsi sul turco. Non mancò, tra gli altri, di far sentire la paterna sua voce ai genovesi, dice il Rainaldi ; e certo una lettera pontifìcia indirizzava al doge e al consiglio degli anziani, il dì 23 maggio 4456 (2). Non avendocela conservata l’archivio del governo, ci è mestieri arguirne il tenore dalla risposta che 1 annalista medesimo ne riferisce. Leggemmo, dicono, o beatissimo padre, la missiva inviataci dalla santità vostra il 23 maggio decorso, e con essa anche quella che v’ inchiudeste del cardinale di s. Angelo, spedita dall Ungheria sotto il giorno 17 aprile, da cui abbiamo scorto la grande fiducia da quel serenissimo re meritamente liposta nel naviglio apparecchiato dalla santità vostra; e quanto affretti il momento che lo stesso giunga a tribolare il feroce Maometto dal lato del mare, affine di dividerne le forze. Qual lode potremmo noi dare o con quali encomii celebrare 1 ardore dalla santità vostra addimostrato in siffatta impresa, se non paga essa di profondere oro, argento e gemme a salvezza dei popoli orientali, si offre sin anco pronta a perdere la libertà e la vita stessa, per liberarli dall’abborrito servaggio e co stituirli in luogo di sicurezza? Ma poiché la santità vostia non cerca sterili lodi dagli uomini, sibbene l’onore di Dio e il testimonio di sua retta coscienza, le passiamo sotto silenzio. . Vedi ‘1 documento CCCIII. Vedi il documento CCLXXXVII. ( 473 ) STORIA » Quanto a noi spelta, sa la santità vostra che fin da bel principio il Comune nostro sopportò la soma maggiore della guerra esordita alla caduta di Bisanzio; sa e conosce le ingenti provvisioni di truppa, armi, viltovaglie e attrezzi militari che da più anni senza riposo dovemmo mandare alle colonie del in:ir Nero. E più frescamente, dopo il rimpatrio degli oratori alla santità vostra diretti, inteso l’imminente pericolo da cui erano minacciate Rodi, Scio, Lesbo, e le altre isole e città dell’Egeo, ci convenne anche a queste fare copia di novelli e abbondanti sussidii: e vi spedimmo nel fatto, cioè a Metellino, una nave con ducento soldati, ed a Scio due altre galere piene di bellici strumenti e cinquecento militi, oltre un cumulo tale di grano da sfamarne, in caso di carestia, le vicine isole tutte quante. A Caffa poi e alle altre- colonie eusine destinammo altre due navi onuste di smisurata quantità di biade, una delle quali, e la maggiore che mai navigasse il Mediterraneo, colpita dal fulmine, colle antenne abbrucciate divenuta inutile, fu giuocoforza mutare in altra che s’introducesse nel Ponto e il carico dell’ incesa galera, non senza nuovo e grave dispendio, colà trasportasse. Se a tali cose vogliasi por mente, ognuno si chiarirà che quantunque né una grande o formidabile flotta sia mai stata da noi a un tempo solo allestita, ciò nulladimeno troverà avere la nostra repubblica in questa lunga e continua lotta tante navi e tanti uomini armato, tanto di pecunia versato , che con molto minore spesa una fortissima spedizione sarebbesi potuto apprestare ». Finiscono dicendo: « Ci rallegriamo assai che quella di vostra santità ora sia per salpare e muovere in Oriente. Cosi avesse voluto Iddio che, come fama suonava, nelle calende di maggio fosse già in Asia pervenuta; imperciocché avrebbe con buoni auspicii riscaldati gli animi dei popoli cristiani, dei quali taluni colti da indiscreto spavento, deposta la lusinga degli occidentali rinforzi, cominciano a mormorare di pace col re dei ANNO 1456 ( 474 ) turchi. Noi, o beatissimo padre, sebbene affranti dalla mole di si diuturna e costosissima guerra, non ristaremo, fino a che le forze lo patiranno, dal porgere soccorso alle terre ed isole qui sopra nominate. E se i monarchi e le cristiane plebi la beatitudine vostra condurrà ad un solo consiglio, noi una nuova e magnifica flotta contra i turchi medesimi ci sforzeremo di apparecchiare; poiché in ogni evento faremo sempre di corrispondere alla speranza di noi concepita dalla santità vostra, nè saremo mai da meno d' alcun altro nella sollecitudine e nell’ ardore di secondare le incessanti cure vostre per la felice riuscita della crociata (l). » Queste lettere, scrive il Canale, appalesano da una parte gli sforzi e i sacrifici che facevansi, rendono fede che soli il pontefice e la repubblica genovese erano di una mente nel-l’impedire che il turco prorompesse in Europa, ma dall’altra mostrano una supina ignoranza, una cieca indolenza, ed eziandio una singolare perfidia in tutti i principi e popoli di allora, i quali le ignave loro querele, le stolte invidie , le basse passioni anteponevano al soprastante pericolo della fede, della libertà, della patria (2) ». Nell’assentire al savio giudizio dal citato scrittore qui espresso sul conto del ducale e romano governo, parrai dovervisi aggiungere che il tenore della surriferita risposta non potè a dire vero riuscire di molto gradimento al paterno cuore di Calisto. Vi si legge chiaro infatti sotto le frasi di cortesi parole l’animo dei genovesi, che era questo: noi da tempo sosteniamo il carico d’una non interrotta e rovinosa guerra, affine di presidiare le nostre minacciate colonie della Grecia e del Ponto, e vi abbiamo profuso immense ricchezze, nel mentre gli altri sovrani e popoli nulla finora operarono e niun danaro vi spesero. Si armino una volta davvero , e mo- (’) Vedi il documento CCXCV1I. (*) Della Crimea e del suo commercio, ecc. v. 2, lib. hi , cap. vili. c 475 ) STORIA strino voler fare da senno ; ché allora pur noi ci studieremo giovarli con un ultimo sforzo. Ma fintantoché ci lasciano soli nella impari lotta col superbo tiranno, non fia che prendiamo 1’ offensiva su di lui in campo aperto, troppo contenti di coprirsi dai suoi assalti entro i fossi delle murate città ! Niun cordato uomo avrebbe a ridire su ciò, e il pensare dei genovesi, tuttoché men generoso forse, era assennato, e sembra neppure abbia offeso o mutato l’animo del pontefice a loro riguardo, come si leggerà in appresso. Da alcun tempo, massime dopo 1' armamento delle due navi Cattanea e D’ Oria e la provvigione di grano che videsi obbligata di somministrare ai magazzini della città entro brevi settimane per l’accaduto tumulto, l’ufficio di s. Giorgio lamentava in tutte le sue lettere ai principi, siccome scorgesi nelle tre preaccennate, la povertà a cui aveanlo ridotto gli enormi sacrifizii sostenuti per la difesa di Caffa e le minori colonie. Non era nò un mentito pretesto ad esimersi dall’incontrarne dei nuovi, ma vera e pur troppo dolorosa realtà. Giunto il mese stabilito della paga annuale degli interessi ai partecipi e creditori del Banco, si constatò mancare nelle casse il numerario occorrente alla soluzione del debito. Necessità adunque li strinse di ridurre il frutto che era di lire sette per ciascun luogo a quello di lire quattro e soldi dieci di Genova : e ciò non bastando, ritardare lo sborso del medesimo. Stante la grande fiducia che godeva la casa di s. Giorgio, molte chiese e corporazioni regolari entro la Repubblica e fuori, non che un numero grandissimo di opere pie, vedove e pupilli, avevano impiegato il loro danaro su quel Banco, e non potevasi perciò in coscienza privarli della giusta e accertata loro rendita, senza ledere i naturali diritti e contravvenire al prescritto dai sacri canoni verso le persone e le comunità religiose. La necessità per altro essendo estrema e superiore ad ogni legge, i Protettori ebbero ricorso di bel nuovo alla santa sede, ed espostole la trista ANNO I456 ( 476 ) situazione delle finanze, supplicarono d’essere licenziati a fare un’ operazione bancaria. E papa Calisto accolta con la solita sua benignità la dimanda e verificatone l’imperioso motivo, addi 12 maggio accordò la grazia, che consisteva nel potere vendere sino d allora, a minore prezzo del vero, al migliore offerente, i Irutti risultanti dal unico fiorino per ogni luogo, dei tre anni avvenire 1464-1466, dal governo della città rilasciato in sussidio al Banco, co’ quali pagare ai luogàtarii e creditori dell anno in corso il dovuto interesse (*). Cosi mercè 1’ amica arrendevolezza del sommo gerarca il Banco potè mantenere il suo credito, non pregiudicarsi nella pubblica opinione, e senza gravar le timorate loro coscienze sopperire agli urgenti bisogni dell Ufficio. La bolla emanata a tal proposito da Calisto III servi quindi di regola negli anni successivi, fin tanto che Sisto IV con altra sua del 1479, ampliatine i termini, ne estese la durazione in perpetuo (2). Vili. Della stolta discordia vigente fra i sovrani cattolici, causa precipua del rapido ingrandire dei turchi, n’é altro indizio la condotta del re di Cipro verso i Proiettori. Questo monarca che, ad operare da saggio, avrebbe dovuto, nell’imminenza del pericolo cui trovavasi esposto per l’avidità di Maometto in rapirgli il suo bel regno , stringere più forte il nodo di ami-1 izia e buona vicinanza cogli ufficiali genovesi del Levante, e C) Vedi il documento CCLXXXI. I ) Trovasi a fol. 62 del codice Index privilegiorum etc. della biblioteca cnica, in altri due dell’archivio di s. Giorgio, Liber contractuum etc. ann. o-lol9 e Bolle Pontificie ecc.: non che edita dal Cuneo a pag. 298 della sua opera : Memorie sopra l'antico debito pubblico ecc. ( 477 ) STOMA specialmente di Famagosta, situata nella medesima isola, fatto cieco dall1 ira e dall1 invidia di vederli occupare quella vantaggiosa posizione, scalo d’ importantissimo commercio fra i continenti d'Asia, d’Europa e d’Africa, s’ adoprava in ogni maniera di vessarli con secrete molestie, pur fingendo benevola corrispondenza d’ affetto e uniformità di voleri col banco di s. Giorgio. Pertanto correndo l’anno 1455 inviò due lettere, colle quali affrettava i soccorsi per la impresa generale contro il comune nemico, e insieme tempo porgeva ai Protettori né poche nè leggiere querele su parecchie angherie che, a torto, asseriva essere state commesse dai capitani di Famagosta. Dessi riscrissero al re il giorno i2 aprile 1456, di buon inchiostro, e come quelli che già chiudevano l'amaro in cuore per antiche offese ricevute, pigliata da più alta origine la narrazione delle cose successe in quei paraggi sotto gli occhi di lui, gli esposero la compendiosa serie delle ingiurie patite dai mercanti e cittadini loro per opera dei suoi sudditi e fors’ anche col mandato o la connivenza almeno della regia autorità, riducendolo a vergognoso silenzio. Non essendo senza grande interesse storico le notizie che vi si contengono, stimo bene recitare qui il senso della risposta dal Banco dirizzata al re Giovanni III. Premesso il racconto dei frequenti rinforzi dianzi spediti in aiuto delle colonie liguri nella Grecia e nel mar Nero, e la fiducia eh’ era luogo di riporre nell’ assemblea raunata in Roma da papa Calisto, per un simultaneo armamento delle cristiane potenze, la quale sopra dicemmo riuscita poi a niun buon termine, i Proiettori vengono al sodo di scolparsi delle inflitte accuse, e produrre invece i gravi motivi dei loro più giusti reclami. Scrivono adunque: « Nel primo foglio del 25 agosto 4455 la maestà vostra si lagna, come di affronto a se recato, dell’ospitalità e benevola assistenza da Lamba D’Oria capitano di Famagosta concessa a Giacomo Fiore, conte di Joppe (Giaffa), espulso dal regno sotto accusa di tradimento e macchinazioni ANNO 1456 ( 478 ) a danno dello Stato ('). Invero, serenissimo principe, non possiamo non fare le maraviglie del suo corruccio, conscii quai siamo che il predetto D'Oria e Bartolomeo Levanlo, successore di lui nella capitaneria della città, diedero albergo in essa al conte ed alla esule sua famiglia in grazia appunto della maestà vostra, affine di causarle i pericoli e i mali che le sovrastavano per quell’impolitico bando. E se le angustie d’una lettera il consentissero, facile sarebbe noverar qui ad una ad una le molte ragioni giustificative della prudente condotta tenuta in quella circostanza dai nostri ufficiali. Ma non potendoci di soverchio allungare, la preghiamo di credere fermo la pace e tranquillità del suo reame esserci cara al pari del nostro ». « La cosa per altro che ne recò maggiore sorpresa e dolore, sdegno anzi e nausea, sia con buona venia di vostra maestà, fu il patrocinio che ella sembra aversi assunto di Giovanni Nava. Uso costui da lunga stagione a vivere di rapina, non sazio degli oltraggi e violenze da tempo esercitate sui liguri, studiasi ogni dì più in molestare e dare la caccia per mare e per terra ai navigli e ai commercianti genovesi ; e vostra-maestà si piace dipingercelo devoto al nostro nome, amico di nostra bandiera? Se non fosse assurdo, saria per lo meno ridicolo il mostruoso amore di siffatto amico di nuovo conio! Eppure la maestà vostra non ignora la querela da noi sportale lo scorso anno intorno le preziose merci da esso Nava staggite sul legno di Giorgio Garibaldi, ascendenti all’egregia somma di dieci e più mila ducati, che scaricate nel porto di Cirene entro i regii dominii, se l’ebbero impunemente fra loro divise i crudeli rapitori ! (‘j Nelle • Historie di Cipri di Floro Bustroni j (Ms. della Bibl. Univ. di Genova) a fol. 287 parlasi di un « conte del Zaffo, il signor Giouan de Fiorin »; e a fol. 282 e alibi di Giouan de Flores. Di Giacomo non vi rinvenni alcuna notizia intorno a quest’ anno e il motivo del suo esilio. Ma basta al proposito mio il sapere che nell’ isola soggiornava quella famiglia. STORIA » Clie dire poi dell’ infame ruberia dalle triremi del Nava perpetrala sul grippo di Antonio Riva, dalle quali essendo riuscito per buona ventura a fuggire uno dei tanti nostri nazionali da lui barbaramente addetti al remo, e messosi in salvo a terra, il capitano di Balfa, suddito di vostra maestà, lo colse e riconsegnò alla galera da cui erane evaso? Tacciamo per brevità molt’ altre prede e rapine commesse da questo ferocissimo assassino e dagli sgherri suoi entro i confini del vostro regno, mantellate e difese dallo straordinario potere dalla maestà vostra attribuitogli, in guisa che niuno più ardisca avvicinarsi a Cipro dal lato di mare o da quello di terra, se munito non venga d’un salvocondotto dall’abborrito corsaro! Che dire ancora del capitano Sivori, famoso in ladronecci nei pressi marittimi (cioè le solite due leghe) della città nostra di Fama-gosta, contro cui vostra maestà non degnossi fare giustizia al ricorso recentemente direttole dai genovesi derubati di due uomini e di gran copia di armenti? Che infine di quel nostro sventurato cittadino a guisa d’innocente agnello ucciso nella pubblica via di Nicosia da un naturale dell’isola, che andò impunito di così rea azione, della quale per quanto cerchi la maestà vostra di attenuare l’orridezza, mai non giungerà a farci dimenticare la nefandità dell’atroce delitto? Laonde, o sire, se la maestà vostra chiudendo il citato foglio ci mette in sull’ avviso di non porgere facile ascolto alle accuse dei malevoli detrattori, noi a nostra volta la vogliamo avvertita di fare in modo che i sudditi suoi mutino vezzo a riguardo degli ufficiali e dipendenti del banco di s. Giorgio, acciò proviamo col fatto e le opere, meglio che in iscritto e a parole, la sincerità del suo affetto e la vantata benevolenza verso di noi ». Nella seconda lettera dei 4 novembre 1455 il re di Cipro muovea altre dogliose lagnanze circa il procedere ingiusto e vessatorio dei ridetti capitani D’Oria e Levanto; sulla differita consegna del castello di Nimosia (Limisso, detto ora Limassol) ANNO 1450 ( 480 ) malgrado la sicurtà da esso re data dello sborso dei tre mila ducati convenuti; e finalmente sui ribelli di Paros accolti ed ospitati in Famagosta a ritroso dei patti. A tutti questi lagni rispondono i Protettori, o invitandolo a formulare più esatte e circostanziate le rimostranze contro i capitani, o insinuandogli l’occupazione del castello essere richiesta dalle maggiori spese occorse per renderlo capace a sostenere un assalto nemico a vantaggio comune, ed altre simili ragioni che mai non mancano al più forte ; discorrere delle quali troppo ci fuorvierebbe dal segnato cammino, e basta all’uopo averle compendiosamente riferite 0. Questo sì diciamo che il non avere il re greco ottemperato ai savii consigli del Banco, e almeno per politica desistito dalla sorda sua reazione, conferì non poco alla disistima in cui cadde il suo governo, alle rivolte sorte sotto il di lui reggimento, alla caduta del regno e della colonia genovese, ingoiati poi entrambi dalla prepotenza osmana. Quattro mesi dopo il precedente messaggio giunse a Genova il nobile uomo Maurizio Cibo, latore a voce e in carta delle vive istanze che inoltrava all’ ufficio di s. Giorgio il principe d’Acaja, Centurione Zaccaria, ond’ essere soccorso a puntellare il rovinoso suo Stato. È noto agli eruditi come la famiglia dei Zaccaria da buona pezza ottenesse il dominio di questa bella provincia di Grecia, e in essa si perpetuasse fino a che il turco col resto del bisantino impero se ne rese padrone. A tenere lungi la temuta catastrofe, il nostro Centurione da Napoli nella Morea (J) vergò la lettera dei 22 luglio, diretta ai (*) Vedi il documento CCLXXVI. (’) Due città di Napoli sono in Morea o Peloponneso : una a mezzogiorno detta Napoli di Malvasia e più comunemente Monembasia ; l’altra ad occidente in fondo del golfo dello stesso nome, chiamata Napoli di Romania e Napoli vecchio, o semplicemente Nauplia. Da quale delle due abbia scritto il nostro Zaccaria è ardua cosa il sentenziare, perchè i Zaccaria stesero il loro principato su tutto il continente della Morea. Ulteriori studii ce Io chiariranno. ( 481 ) STORIA Proiettori. In essa lamenta il silenzio opposto alle anteriori epistole loro inviate, e demanda se ancor lungo tempo intendano lasciarlo in quell’ abbandono, mentre ha mestieri più che mai di conoscere a che punto trovinsi gli armamenti dei sovrani occidentali in difesa del pericolante Oriente. I Protettori nella responsiva dei 20 ottobre asseverano non avere ricevute le succitate sue lettere, ripetono la centesima volta essere pronti a prendere parte alla generale crociata, se gli altri monarchi rauneranno anch’essi i proprii eserciti, e tanto più volontieri mostransi disposti a farlo in servigio di lai, trattandosi di sollevare dalle distrette un amplissimo cittadino, della loro Repubblica grandemente benemerito (*). Fuori di ciò a nuli’ altro s’impegnano i Protettori, già più del bisogno angustiati, e oggimai non valevoli a sostenere le isole dell’Ar-cipelago e le terre dell’Eusino all’immediata loro podestà soggette. Dove osservo che tai cose essi dicono, e con si urbane e cortesi maniere le espongono, da risultarne un efficacissimo antileto col succitato foglio al re Giovanni III. IX. Men male però, se a turbare le buone relazioni d’amicizia fosse stato il solo e lontano monarca di Cipro. II peggio è che irriverenti alla sovrana autorità del pontefice, e in nulla commossi alle supreme angustie dei caffesi posti sull’ orlo del-l’abisso, e agli sforzi dei Protettori per ritrarneli, mostraronsi eziandio verso questo tempo i principi e signorotti, onde smi-nuzzavasi allora 1’ ampia distesa dell’ Italia settentrionale. Calisto addi -14 marzo aveva scritto al duca di Milano e al marchese di Monferrato un’ amantissima lettera, in cui esposta (’) Vedi il documento CCCIV. ANNO I456 ( 482 ) la pessima condizione di Calìa colpita da inesorabile fame, e insidiata dai barbari, desiosi di oppugnarla e raderla al suolo in odio al nome cristiano, gli invitava a non frapporre ostacolo alla raccolta che nei loro dominii egli avea inditta d’ oblazioni, decime e collette di danaro a quel santo intento, colla bolla ai commissari Fieschi e Gatti ; dovendo essi ritenere che il fatto in prò delle 'colonie liguri non era solo un soccorso prestato alla genovese repubblica, ma un vero ed opportunissimo beneficio all’ intiera cristianità. Poiché il sostenere in forze e in vita i possessi eusini agevolerebbe d’ assai il buon andamento della impresa generale ; mentre all’ opposto perdute quelle terre gli osmani sarebbersi chiusi nel bacino del Ponto, sicuri appieno di non esservi unque mai molestati dalle flotte cristiane: dal quale poi ad ogni loro libito sariano sbucati a spargere dappertutto la desolazione e l’esterminio (1). A portatore del breve, e ministro orale di sua volontà, elesse quindi frate Jacopo Bosolini da Mozzanica, nell’agro lombardo, generale dell’ordine minoritico e suddito allo Sforza, già costituito in antecedenza da Calisto nunzio e capo collettore per le provincie soggette al visconteo governo (2). Se non che, tanto egli, quanto i principi e rettori degli . stati limitrofi alla Liguria, non avendo potuto ostare alla promulgazione della crociata e all’imposta della decima sul clero indigeno, colle avare mani ebbero posto il sequestro alle collette fatte nel loro territorio, e rifiutavano consegnarle ai messi del papa e del banco di s. Giorgio. Di questo oltraggio si dolsero i Protettori, e con lettera dei 20 marzo al Boccone sollecitarono a muoverne lagni alla sedia apostolica, e impetrare da essa rigoroso e perentorio comando ai marchesi, duchi, magistrali e vescovi, colpevoli dell’indebito rifiuto, di desistere 0) Vedi il documento CCXXXV. (*) Vedi il documento CCXXXIV. ( 483 ) STOMA dal reo disegno di mettere incagli alla divota pratica, e tolto il sequestro al sin qui raggranellato, consegnarne loro l’intiero prodotto. Ne facesse stendere di tali bolle più copie autentiche ed aperte, da valersene all’uopo presso i recalcitranti (*). Annuì prontamente Calisto, che in data 42 aprile successivo promulgava altro decreto con cui ingiunse ai vescovi d’Acqui, Alba ed Asti, e ai baroni, marchesi e signori tulli delle terre finitime al suolo genovese di torcere indietro dal mal passo, liberare le staggile pecunie, e ciò sotto pena di scomunica ai laici, e in virtù di santa obbedienza e sospensione dall’ ingresso nella chiesa ai prelati ; protestandosi grandemente maravigliato e dolente che principi cattolici così poco curassero gli interessi della fede, e i vescovi prestassersi in tai nogozii facili strumenti alle loro voglie (2). Nè ancor pago, ripigliò la penna, e un mese dopo scrisse una seconda lettera al lombardo e monferrino signore, nella quale rinnova le stesse istanze e amorevoli inviti (3), e ne fe' consegna al mentovato frate , incaricandolo di rendersi tantosto a Milano e piegare 1’ animo dello Sforza al lodevole assenso (4). Questa volta a crescere peso alla raccomandazione del pontefice, sei cardinali dei meglio influenti l’accompagnarono con loro foglio del 4 2 maggio, diretto ai medesimi, duca e marchese, dove significano loro che migliore opera dell’ attuale far non potrebbono ad incremento della religione e a cattivarsi la grazia del papa e del sacro collegio. Smettessero adunque gli appigli dinastici, e largheggiassero in favori a raggiungere l’alto scopo della crociata (5). Ribadivano il chiodo con ultimo messaggio l’8 giugno, in cui vi compresero Borso duca di Mo- (’) Vedi il documento GCL. (5) Vedi il documento CCLXXV. (3) Vedi il documento CCLXXXV1. (4) Vedi il documento CCLXXXV. (s) Vedi il documento CCLXXX. 32 anno 1456 ( 484 ) dena e marchese d’Este ('), e la presentazione aveala a fare il suddetto Bosolini (2). Giunte a Genova le bolle tanto ansiosamente desiderate, i Protettori affrettaronsi di spedirne copia al signore subalpino col mezzo del padre Girolamo Montenegro, domenicano, che trovavasi in Piemonte a fungere la carica di collettore nelle diocesi del suo marchesato; e a dissipare dal cuore di lui ogni resto di dubbio e malevoglienza insorta a tale riguardo fra esso e il Banco, si offrono pronti ad inviargli oratore e paciere il chiaro legista Enrico Stella (3). Non fa bisogno di tanto: che lo stesso giorno 8 giugno, in cui i sei cardinali da Roma incalzavano i principi a far senno, il marchese Giovanni di Monferrato dava ordine ai suoi ministri di svincolare le decime, oblazioni e limosine tutte raccolte nelle diocesi d'Alba e d’Acqui, passandole alle mani dei commissarii genovesi, giusta il prescritto da Calisto e il suggerimento avutone dai porporati ('*) ; ed il costui esempio era seguito quattro giorni dopo dallo Sforza, che emanò un consimile decreto di rilascio del danaro esatto nella città e diocesi di Tortona e la porzione di Luni sottoposta al suo scettro (5). Ondecchè rimase frustranea la terza epistola di Calisto di sollecitazione ai predetti, datata il 13 giugno 4 456 (6); e cosi finiva la lunga briga con vantaggio del nostro Ufficio che introitò le contrastate limosine dei vicini paesi, e con lode al pontefice il quale vide almeno in parte satisfatte le sue brame, e mano mano incarnarsi il gran disegno di far impeto sul colosso di Bisanzio. (’) Vedi il documento CCXC. (*) Vedi il documento CCXCI. (5) Vedi il documento CCLXXXVllt, non che il detto a pag. 227. (*) Vedi il documento CCXC11. (5) Vedi il documento CCXCIV. (c) Vedi il documento CCXCV. ( 485 ) STOFtIA X. Tornando a Caffa, da cui ci siamo allontanali per riferire l’occorso in patria e nelle isole greche del Mediterraneo circa la inetà del corrente anno, ci sa duro il dover amareggiare l’animo del benigno lettore col racconto di nuove sciagure. Cagione di esse non fu questa volta la nequizia dei tartari o dei turchi : i primi dei quali non avrebbono ardito da soli provocarla a tenzone o recarle grave molestia, e i secondi battuti igno-miniosamente a Belgrado pensavano a medicare le ferite e risarcire i danni della patita sconfitta. Cosicché la vittoria di Uniade sul Danubio, oltre i generali vantaggi recati alla causa della civiltà e della religione, apportò eziandio alle nostre colonie il sensibile benefizio di una lunga e non più rotta pace coi tartari, e di un’ opportunissima sospensione d’ armi coi turchi nel mare Pontico. Se essa non era, che sarebbe avvenuto della misera Caffa e delle altre minori terre eusine? La carestia che l’afflisse buona parte dell’anno 1455 fino al susseguente raccolto, vi lasciò dietro di se, come suole, il suo tristo seme, la pestilenza; i particolari della quale ci rimangono ignoti a motivo che ben molte epistole inviate su questa e altre materie dal console e massari ai Protettori di s. Giorgio andarono smarrite. Ne resta però abbastanza da essere in grado di giudicare che la mortalità vi dovè riuscire grandissima, se la relazione scritta il di 28 luglio all’Ufficio potè dire sin d’allora che ingens multitudo illorum habitatorum peste consumpta sit. E sebbene soggiugnessero che di quei giorni cominciava a sminuire d’intensità, pure la notizia della morte accaduta all’ esregio vicario consolare, Lanzarotto Beccaria, li colpì D O d’intenso cordoglio, fino a stimarla più pregiudiciale agli in- ANNO 1456 ( 486 ) teressi della colonia, che non i danni materiali cui presagivano seguirne in larga copia alle già esauste finanze. Il perchè nella risposta data al console ai 27 novembre ne commendano le singolari virtù e piangono la perdita, come di uomo che aveva, e sopravvivendo, avrebbe ancor più rialzato in Calta il prestigio del tribunale e 1’ onore della giustizia, cui strenuamente attendeva il benemerito ufficiale ('). Vedremo infatti nel seguito di questa storia raccomandarsi a tutti i nuovi vicarii spediti a Caffa l’imitazione di lui, proposto a modello di perfetto amministratore di quell’ufficio altrettanto alto che dilicato. Durante la vacanza si esibì a fungerne le veci il dottore Bartolomeo Di-Giacomo, residente e fors’ anche nativo della stessa città, stato già altra volta vicario ; e la sua offerta venne accolta, ma non le due condizioni da lui apposte per sobbarcarsi diffinitivamente all’incarico. Erano l’aumento di salario, e un decreto del banco di s. Giorgio di non essere sottoposto a sindacato, altro che per mangerie, venalità o illecito lucro. Il console ne riferiva al medesimo nella sua lettera dei 28 luglio, ma i Protettori non persuasi di dovere per anco venire a tali estremi lo ringraziarono, promettendogli un successore la vicina primavera. E ad eleggerlo non tardarono che brevi minuti, giacché lo stesso di trovo i.ominato a quel seggio il giureconsulto Giovanni Pietro da Voghera per il consueto biennio (2). Intanto colla disgrazia della peste due gradevoli novità erano accadute nelle contrade limitrofe alla colonia, cioè la morte dell’ imperatore tartaro Agi-Kerai, suo acerrimo nemico, e la buona amicizia che mostrava volere stringere coi nostri Olobey signore di Tedoro : cose amendue le quali mutavano faccia e segnarono nuova avventurosa fase nelle relazioni diplomatiche coi popoli e i sovrani del confine. (') Vedi il documento CCCXIV. (*) Vedi il documento CCCXI. ( 487 ) STORIA Di che morie, naturale o violenta, finisse la vita il re dei tartari, 1’ ignoriamo : non essendo giunta fino a noi la corrispondenza del console ove davane l’annunzio al Banco. Quello che si ritrae dalla citata risposta è, che il nuovo imperatore fin dall' esordio del suo regno diessi a vedere meno ostile del padre verso gli abitanti e padroni di Caffa, e fors’anche inchinato a favorirli. Conciossiacliè avendo il console e i massari deciso di ritenere al loro soldo ducento militi per guarnigione della città, e di ciò informatine i Protettori pel dovuto consenso, essi riscrivono non sembrare necessario tanto numero d’uomini ora che il giovane sultano erasi loro accostalo, e mostrava volere cambiare stile dal suo antecessore. Del resto mal potendo essi giudicare di cose lontane e non appieno conosciute, commettere alla prudente estimativa del console e dei massari la perentoria risoluzione. Molto più che, come da un altro periodo di questa lunga lettera raccogliesi, il giovine re non lenevasi ancora cosi fermo in trono, da poter fare su di lui totale assegnamento. Per la qual cosa approvano chè il console abbiagli offerto di recarsi in Gaffa, e fanno voti si avveri la concepita speranza di tenere l’invito, acciò di presenza si stipuli un mutuo accordo e amichevoli patti di reciproco aiuto. A riuscire nel bramato intento li confortano di promettere al novello sire ogni guisa di morale e materiale soccorso, di consiglio cioè e di armi, acciò pervenga a riportare intiera vittoria sui rivali che gli contendevano lo scettro (*). Questi non erano altri fuori dei suoi fratelli, e il corso dei seguenti annali chiarirà il molto studio messo dai genovesi, affine di assicurare la corona sul capo del loro protetto, che ne li ricambiò con regia munificenza del prestatogli servizio, e perì, si può dire, vittima del suo amore per Caffa. Qui facciamo punto onde non invadere il campo degli anni avvenire. (') Vedi il documento CCCXIV. ANNO 1456 ( 488 ) Anche il signore di Tedoro, di suo libilo o indottovi da ignote considerazioni politiche, invogliossi di legare amicizia coi nostri nel mezzo dell’anno 1456. Di costui ci ricorda avere fatta anteriore menzione, quando riferimmo le querele contro di esso e i fratelli suoi avvanzale ai Protettori dal console Tommaso Domoculta, perchè fidando sul patrocinio dall’ imperatore tartaro, Agi-Kerai, insolentivano a danno e scherno dei colonisti, e con rapide scorrerie nei pressi di Cembalo quasi incitavanli alla pugna. Dicemmo altresì avere lo stesso console negato al capitano Giovanni Piccinino l’assenso di accorrere armata mano a soggiogare la rocca ove annidavansi i regoli, e mulinare egli medesimo il tempo e il modo acconcio a farneli pentire dei loro insulti e spavalderie (*). Ma, ossia che il padre loro Alessio morisse nell'intermezzo, e il suo primogenito di pensare diverso ne raccogliesse la eredità, come è probabile, a non dire affatto certo: ossia che la mutazione successa nel vicino impero dei tartari dopo la morte di Agi-Kerai vel costringesse, Olobey principe di Tedoro si piegò a miti e saggi voleri, e richiese di benevola corrispondenza il console. Lieto dell'evento questi istruinne i Protettori nello spesso mentovato foglio del 28 luglio, e la notizia della peste che infierito e disertato aveva Caffa di gran numero di cittadini giunse ai loro cuori più tollerabile o men cruda, pel simultaneo avviso delle riappiccate relazioni coi contermini re tartaro e di Tedoro, dinanzi infesti nemici. Laonde eziandio con Olobey raccomandano i Protettori al console suddetto di mantenere e crescere la ben avviata alleanza, la quale a giudizio dei periti delle cose cafTesi riesciva in quel momento di sommo vantaggio. Chepperò a radicarla vie meglio nell’animo del principe gli scrissero una graziosa lettera ai 27 novembre 1456, inchiusa entro altra diretta al console coir in- (1) Vedi a pag. 202. Alessio fu padre, non fratello d'Olobey, come dissi ivi. ( 48‘J ) ST Oli IA carico di consegnarla ad Olobey, qualora al suo arrivo non avesse mutato sentenza, e secondoché lo slimerebbe utile e profittevole ('). Eccone il tenore: « Gradite e soprammodo consolanti nuove ci furono annunziate di voi, o magnifico e potente signore, dai nostri ufficiali di Calìa nelle ultime loro epistole, in cui non rifinano di lodare la sincera amicizia che a più riprese e in svariali incontri da parecchio tempo ite prodigando alla città e ai suoi rettori, tantoché,parrebbe, chi ne consideri le opere, essere voi non già straniero, ma di cuore e per nascila genovese. Sensibili a tai contrassegni di cortese affezione, ve ne rendiamo in nome della colonia le più vive e dovute grazie, e ci offriamo pronti a tutti i vostri voleri, come s’addice a buoni vicini, uniti eziandio nel comune vincolo d’una stessa religione (2). E quantunque antica sia la vostra amistà coi sudditi nostri caffesi, teniamo opportunissimo il nodo che accennate voler stringere più forte con essi nella presente congiuntura, dove un feroce e barbaro tiranno agogna sterminare amendue i nostri popoli dalla Crimea, e seppellire nell’oblio lutto che sappia di cristiano. Prosegua adunque di buon animo la magnificenza vostra nel tracciato cammino, chè fra breve sarà per equipaggiarsi nelle nostre contrade occidentali una formidabile armata di terra e di mare, da cui la signoria vostra e la diletta città di Caffa ne ritrarranno, lo speriamo, indicibile frutto di perfetta pace e sicurezza, e l’avversario nuova onta e vergogna (3) ». Vana lusinga e disinganno funesto dei mortali, i quali anche talora sull’orlo del precipizio, confidano ciecamente nella loro propizia stella! Il cielo, non sempre benigno, li confonde lai fiata nel più bello dei rosei e vagheggiati loro sogni, che mutansi (’) Vedi il documento CCCX1V. (2) Gli indigeni della Crimea seguivano forse giù in parte lo scisma greco di Fozio. (5) Vedi il documento, CCCX11. ANNO 1451) ( 490 ) in crudeli e mortali sciagure. N’ebbero un doloroso saggio i Protettori di s. Giorgio nella spedizione delle duo navi Callanea e D’Oria, su cui aveano fondato cosi liete speranze e l’esito riuscì non meno infelice che vano. Partite da Genova ai 28 marzo 1456, come dicemmo innanzi, cariche di grande quantità di vittovaglie e un discreto numero di fanti, cogli ufficiali destinati alle varie categorie amministrative delle colonie per 1’ anno corrente e parte del futuro, navigarono alcuni giorni sulle ali di prospero vento sino fuori il Mediterraneo. Ma venute nel procelloso Arcipelago scatenossi fiera e terribile burrasca, mista a folgori e saette'(che in mare sono così paurose), una delle quali colpì l’albero maestro del grosso legno D’ Oria e suscitovvi a bordo l’incendio. Spento questo, e riconosciuta incapace la percossa nave a continuare il viaggio onerata di tanto peso con l’incese antenne, e in continuo pericolo di sommergersi, poiché faceva acqua dai fori praticati dal fulmine, convenne alleggerirla, e neppur bastando, divergere dal retto cammino e poggiare per le necessarie riparazioni alla fatata isola di Scio X1). È agevole immaginare il disgusto che n’ ebbe a sentire Tommaso Senarega condottiere della piccola armatella, in vedersi costretto a deviare dal corso di Caffa tanto inculcatogli dai Protettori, e pel quale sì enorme danno segui vane agli abitanti dell’affamala sua patria, di cui ne presagiva in cuor suo le tristi conseguenze. Cordoglio che risultò vieppiù cocente, lorquando giunto a Scio e sostate- le navi in porlo, s’ avviddo del mal talento dei padroni Carlo Cattaneo e Imperiale D’Oria nel proseguire la via al mar Nero. Maggiore colpevole ci si offre in detto incontro Carlo Cattaneo, che avendo per ordine del Senarega accolto nel suo barco molta parte del grano dell’altro, accaduta la disgrazia l1) Vedi il documento CCXCVII. ( 491 ) STOMA non si pcrilò di chiedere alla Giunta di s. Giorgio, residente in Scio, il pagamento del sopraccarico operatosi sulla sua nave. Erasi già egli fatto reo di disubbidienza al suddetto commissario ed all’Uffizio, col recarsi a Scio a ritroso della giurala promessa di condur.si a Gaffa checché avvenisse in viaggio al compagno, e volle ancora commettere il terzo fallo incocciandosi a non passare oltre, ma soffermarsi nell’isola. Quali pretesti adducesse, l’ignoriamo: perché ne vien meno su tal riguardo il carteggio del Senarega e dei Sciotti, che andò smarrito nel nostro archivio; quantunque ben sei lettere dal inaggio al settembre scrivessero ai Protettori, accennate tulle nella missiva da questi spedita loro , cioè ai membri componenti la Giunta eli Scio, ai 4 dicembre 1456. In essa lodano la diligenza e P affettuoso zelo col quale eseguilo avevano la commissione ricevuta intorno i capitani, special-mente il Cattaneo : vale a dire d’ averlo citato al tribunale del podestà dell1 isola per fallita promessa, la ritenuta del grano per negata mercede dell’ indebito nolo, e il rifiuto di continuare la rotta di Caffa, con riserva ai più alti diritti del Ufficio in Genova, tra cui il risarcimento dei danni e interessi sulle prodotte sicurtà. Quanto alla nave D’ Oria nutrono speranza che i padroni di essa non imitino l’esempio del collega, e, sebbene disgraziati, si mantengano uomini d’ onore, coll’ entrare nel-l’Eusino dopo rifatti .gli sconcii della nave. Ma se il contrario avvenisse, vogliono che si proceda collo stesso rigore contro di essi. Da ultimo commendano la prontezza usata nel recarsi in loro mani il frumento destinato a Samastro, e se già non era pervenuto al destino, instano vi si trasmetta il più presto per alcuna via secreta e sicura (l). Non ho dubbio che altre lettere ancora inviassero i degni Protettori al commissario Tommaso Senarega, risguardante la C) Vedi il documento CCCXVI1I ANNO I456 ( 492 ) sosta ili Scio e la partenza delle navi coi soldati e le vitto-vaglie su quelle imbarcati, ma esse ci mancano affatto, e noi non amiamo affastellare conghietture, contenti d’esporre senza lenocinio d’ arte, con metodo chiaro e semplice, ciò che l’archivio ne conserva di meglio accertato e positivo. Questo si ci sembra meritevole di rimarco, che il legno D’Oria dovette essere d’una forza o capacità affatto straordinaria per quel tempo, se è vero, come dobbiamo crederlo, l’asserto dei Protettori a papa Calisto, che mai un simile sorretto avevano le acque del Mediterraneo (1). XI. Nella foga degli avvenimenti l’un 1" altro incalzantisi con mirabile celerità, e che talora si complicarono, cagionando dissapori e nimicizie fra sovrani, tumulti popolari in patria, infortunii in mare, lungo l’anno di cui scrivo la storia, a bello studio mi astenni dall’ introdurre discorso sull’ amministrazione interna della città di Caffa, e sugli ordini dall’ufficio di s. Giorgio trasmessi in materia civile, giuridica e finanziaria al governo della colonia; nello scopo di tenerne apposito verbo sul fine della presente rassegna. I ricorsi prodotti dagli individui che credevansi indebitamente gravati sotto varie forme, sono molti, e i Protettori desiderosi di rendere a tutti eguale giustizia emisero parecchi decreti, dei quali toccheremo con rapido cenno. Viene primo in regola di tempo un certo Giovanni De-Loro, di Rapallo, già console di Samastro alcuni anni addietro, che lagnossi non essergli stata pagata porzione di salarii a se ed ai militi suoi dovuti durante la carica sostenuta; c i*predetti in (') Vedi il documento CCXCVII. ( 493 ) STORIA considerazione anche degli speciali meriti acquisiti dal querelante nel disimpegno del suo ufficio con vantaggio del Banco, intimano al console di Caffa ripari incontanente all’ingiusto ritardo dei predecessori, coll’ esigere altrettanto danaro dai creditori della masseria, nel caso che questa non si trovasse avere tutta la pecunia necessaria al saldo dell’ intiero debito (*). Ma poco dopo, il 1.° giugno, mutato consiglio, a compenso dei nove mesi d’insoluto stipendio lo investono, a sua scelta, d’uno dei tre impieghi, consolato di Soldaia o quello di Cembalo, o ministreria di Caffa, il primo insomma che si rendesse vacante, stimandolo abbondevolmente compensato (2). A costui forse , o ad altro console della città stessa di Sama-stro, Lazzarino Moro, cittadino genovese, venduto avea una certa misura di grano e talune merci che valsero al presidio della colonia e ad uso di pubblica utilità, ricevendo in cambio la polizza pagabile dal governatore di Caffa sul salario che ad esso console spettava. Quegli ricusò, e il Moro perde roba e danaro. L’ufficio di s. Giorgio adunque sull’istanza di Pietro, fratello a Lazzarino, riprova il dato rifiuto, e vuole la pronta soluzione, da farsi dalla tesoreria generale di Caffa, ove in verità dovesse ancora la paga al console samastrese, o da questo se il credito sulla detta cassa non risultava sincero (3). Quasi in fin d’ anno Andrea Sinistraro, lo stesso la cui nave diede occasione all’ accusa nella quale trovossi implicato Giuliano Leone ('"), di ritorno in Genova dirizzò una supplica ai Protettori, in cui esponeva com’egli essendo console di Cembalo l’anno '1453 sostenne straordinarie fatiche e anticipò molti stipendii ai soldati della guarnigione, a motivo che il console supremo di Caffa colto da indiscreta paura di Maometto alla (’) Vedi il documento CCLXXXIl. (2) Vedi il documento CCLXXX1X. (3) Vedi il documento CCCVI1. (4) Vedi sopra a pag. 194 e seg. ANNO I45() ( 494 ) caduta di Bisanzio, non più inviava regolarmente di tre in tre mesi la paga, e una mano.di turchi aveva sbarcato nello vicinanze di Cembalo e rapilo trecento persone. Ondecchè, a scanso di nuove sorprese e ruberie, esso dovette postare sentinelle dì e notte al varco; cosa che costogli assai danaro del privato suo peculio, il quale mai gli fu indennizzato o tenuto in conto, perchè fuori del solito militare servizio, quantunque per le speciali circostanze richiesto alla salvezza del luogo dalle scorrerie nemiche. Dimanda perciò siagli prestato aiuto ad esigere il danaro sborsato ai militi suoi creditori in Calla, ove non intendasi rimeritarlo con distinti favori dei patiti disagi pel sostenuto onore del nome genovese (*). I magnifici Protettori ignari dell’occorso in Cembalo all’epoca infausta della presa di Costantinopoli, quando non per anco godevano la signoria delle colonie tauriche, con loro foglio dei 22 novembre mandano per informazioni al console di Calla, acciò trovato vero 1’ esposto dal Sinistraro, gli amministri sommaria e spedita giustizia (2). Sino qui a muovere lagni e chiedere soddisfazione erano stati gli antichi ufficiali o cittadini genovesi, ma dietro il costoro esempio sorse il greco signore Demetrio Paleologo, figlio di Coiase. Giva egli questuando limosine nelle corti e città d’ Europa al pietoso intento di ragunare quanto danaro bastasse per sciogliere dalle catene, in cui gemevano sotto schiavitù dei turchi, la moglie e gli sventurati suoi figli. Un fatale destino perseguitava questa famiglia ! Era già la seconda volta che gli infelici cadevano nell’ ottomana cattività, e dalla prima all’ epoca del sacco di Bisanzio, aveali egli redenti collo sborso d’ enorme prezzo che lo impoveri, quando trista ventura li fò di nuovo incappare nell’ abborrito servaggio. In quella deplo- (’) Vedi il documento CCCIX. (5) Vedi il documento CCCX. ( 495 )* STORIA revolc sciagura ricordò Demetrio che al defunto suo padre rimasero a saldare dai rettori di Calla i conli della pecunia estortagli dal capitano Carlo Lomellino, all’ epoca dell’ infausta spedizione di lui contro Solcati nella Chersoneso Taurica l’anno 1434 (*), e risolvè dimandarne il residuo ai Proiettori, in qualità di eredi nel dominio della Crimea al governo della Repubblica. Non negarono essi il diritlo nel reclamante, ma d’altre lato avendo inteso che le parlile erano da tempo state chiuse, scrissero al console ingiungendogli di esaminare i libri di contabilità; e giusta i riscontri dare o rifiutare ascolto alle pretese di Demetrio (2). E perchè lagnavasi eziandio del fratei suo Andronico residente in Caffa, il quale alla morte del padre s’impossessò dell’intiera eredità a detrimento di lui e del terzo germano Jacopo, con secondo foglio dello stesso di comandarono al ridetto console di prestargli ogni guisa soccorso nell’adire la porzione a se dovuta dei beni paterni, da valersene opportunamente nella grave sciagura che afìliggevalo (3). Dove rifugge 1' animo al vedere un fratello agiato usurpare prepotente i diritti di successione all’altro, in quella di’ei va ramingo in terre straniere in cerca d’un obolo, affin di redimere da dura servitù la sposa e la cara prole. Niuna meraviglia però! La casa dei Paleologi dovea per meritato castigo da Dio cavare a sé stessa la fossa, straziarsi a vicenda, e darsi miserando spettacolo al mondo di ire fraterne, di implacabili lotte consanguinee fino alla totale sua rovina. Resa così giustizia ai privati, 1’ ufficio di s. Giorgio attese con altrettale alacrità ad amministrarla al pubblico, e i rettori di Caffa s’ ebbero a questo riguardo da lui un rimbrotto che non devo tacere. Nella strettezza monetaria in cui trovaronsi (’) Giustiniani: Annali della Repubblica di Genova, agli anni 1433 c 1434. (2) Vedi il documento CCCV. (3) Vedi il documento CCCVI. ANNO 145(3 ( 490 ) duranle la carestia nei primi mesi dell’anno, e la pestilenza nei secondi, il console ed i massari vistisi ridotti a secco di danaro, sospeso avevano il pagamento degli interessi dei luoghi delle compere di Caffa, e in mancanza d’ ogn’ altra risorsa se n’erano valsi nei bisogni dello Stato; imitando in certo modo e senza saperlo, l’esempio dei Protettori nella madrepatria, ma con diverso risultato. Imperciocché scossi questi dai forti reclami dei cittadini partecipi, e pressati dalle vive loro proteste, sorrette dalle ragioni che nell’impianto della Banca veniva deciso che mai in futuro per niun motivo i frutti dei luoghi sareb-bonsi menomati o sospesi, e che simile cosa in altre precedenti gravi distrette non erasi praticala mai, per poco non imposero 1’ obbligo ai suddetti di rifiutare la sanzione al decreto consolare. In data pertanto dei 16 agosto, con tono alquanto risentito proibivano al console Antonio Lercari e ai due massari Tommaso Domoculta e Damiano Leone di non assumersi più tale arbitrio per qualsivoglia titolo di necessità anche instantissima, senza il previo consenso dell’ Ufficio in Genova (*), che é quanto dire, mai in niuna circostanza, giacché in caso d’ urgenza sarebbe mancalo il tempo di poternelo consultare. La posizione dei nostri ufficiali si rendeva in verità ogni giorno più difficile e dura, e la dignità vicereale che circondava il grado di console era ad oltranza bilanciata da spinose cure e da una responsabilità ben lontana dalla tanto vantata nelle odierne istituzioni. I cafTesi minacciati ognora d'incursione nemica, afflitti dalla guerra, poi dalla fame, quindi dalla peste, decimati dalla morte e dal rimpatrio di molli commercianti, sdegnavano di pagare le pubbliche gravezze, e i Protettori da Genova gridare sé essere più stenuati di loro, per loro vantaggio avere fatto mille sacrificii di vittovaglie e d’uomini spediti al soccorso, e dovere al presente essi coloni desistere dall’aggravare (1) Vedi il documento CCG. ( 497 ) STORIA la casa di s. Giorgio di nuove sovvenzioni non richieste da imprescindibile estremità. Il povero console adunque e i massari stavano infra questi due elementi ripulsivi, e come pratici del luogo e inchinati a favorirne i conosciuti bisogni, dai Protettori toccarono nè pochi nè leggieri rimproveri, talvolta da soli, tal1 altra insieme ai loro amministrati. E dapprima ai 27 novembre del corrente anno « abbiamo veduto, dicono i magnifici signori, avere voi pagato al re dei turchi il tributo annuale dei tre mila ducati, pel quale dalle terre e dai sudditi del sultano ritrasse la colonia considerevole profitto; se non che, vie maggiore del gaudio fu la nostra sorpresa nello scorgere come quel peso lo si rovesciò tutto sulla masseria o a meglio dire su di noi; noi, che da tanti anni sopportiamo la gran parte degli oneri della popolosa città. Se i caffesi si facessero un po’ a considerare le immense spese da noi incontrate alla salvezza del natio paese, dovrebbono vergognarsi d1 addossare all1 Ufficio i1 intiero carico del tributo suddetto, il quale riesce in esclusivo o almeno precipuo loro vantaggio. Vi comandiamo adunque, finiscono, di fare in modo che per esso nulla più sborsi la massaria di CafTa, o così poco da quasi non addarsene (!) ». Tra le opere pubbliche che di preferenza urgeva assettare nella capitale dei dominii taurici si noveravano lo scavamento dei fossi intorno le mura della città, la costruzione d1 una capace cisterna; e la solita provvista di miglio. Questa rinnova-vasi ogn1 anno mediante la vendita dell’antico e la compra del nuovo, e la carestia avea di fresco comprovato la somma necessità d1 accudire tale bisogna. Onde i Protettori in altra lettera dei 6 aprile mostransi dolenti di sapere che il prezzo d’una grande quantità di questa derrata gli anni scorsi venduta a mercatanti non era stato per anco riscosso, e altra (’) Vedi il documento CCCXIV. ANNO 1450 ( 498 ) porzione giaceva .infruttifera in inano dei banchieri, colpa la riprovevole ignavia dei precedenti ufficiali. Si esigga pertanto, comandano, il danaro giacente, si costringano a pagare i morosi debitori senza ulteriore ritardo, e colla redenta pecunia si acquisti nuovo miglio e depongasi nei inagazzini pei futuri bisogni (*). Sei mesi dopo lodano la diligenza con che il console e i massari prestaronsi al ricevuto incarico, e stante il vantaggio ritratto dalla vendita del vecchio sulla compera del fresco, s’augurano un notevole guadagno del tesoro e una bella provvigione d’ annona per la città (2). Anche la costruzione della cisterna a raccogliervi un gran deposito d’ acqua potabile in circostanza d’ assedio e pegli usi cotidiani, parve occupare i serii loro studii. Avrianq voluto, è vero, che la spesa occorrente non gravitasse tutta a carico della masseria, poiché in tempi ordinarii e molto più in eccezionali strettezze essa doveva servire a dissettare il popolo e le milizie di Caffa: quindi tutti gli abitanti a misura delle loro forze vi contribuissero. Al quale oggetto commettono al console di saggiare il terreno, ossia le volontà dei maggiorenti, e trovatele favorevoli, vi ponga sollecita mano (3). Lo fecero i tre colleghi, e riferito ai Protettori le disposizioni dei caffesi essere, come sempre, di godere dei benefizi recati alla città, purché senza loro dispendio, i ridetti ne menano lagni in data 27 novembre, e scrivono sperar tuttavia di trasmettere fra breve a quello scopo una parte delle limosine raccolte nella predicazione della crociala; tanta almeno da dare principio alla fabbrica ('). E giacché vana fatica sarebbe stata Pavere buona provvista di cibarie e d’ acqua, se la città non fosse a sufficienza assicurata entro le trinciere e gli spaldi, allo scavamento dei fossi (’) Vedi il documento CCLXXIII. (!) Vedi il documento CCCXIV. (s) Vedi il documento CCLXXIII. (*) Vedi il documento CCCXIV. I ( 499 ) STORIA che intorno la cingevano volsero le terze loro cure, esortando i suoi abitanti a concorrere volonterosi, i nullatenenti col servizio personale, e gli agiati con largizione di danaro, ad un’ opera di comune interesse, qual' era la sicurezza pubblica contro gli assalti dei nemici. Memori assieme tempo dell’equo riparto con cui sifiatti pesi vogliono dividersi fra le ptebi, a scanso di popolari sommosse, insinuano ai rettori di distribuirli in cotale guisa da evitare le querele prodotte dal soverchio aggravio d’una più che dell’ altra casta di persone (f). In seguito edotti dall’ esperienza che la vigilanza sugli ordini interni dello Stato, e la introduzione di opportune riforme meglio assai che i mezzi materiali conferiscono alla felicità d’un regno, il magistrato di s. Giorgio introdusse quest’ anno alcune innovazioni, ed emanò parecchi decreti riguardanti il governo di CalTa, cui è dover nostro di non preterire. Il più rilevante fu di togliere di mezzo l’ufficio dei quattro borghesi, che sopra definimmo una specie di rappresentanza municipale di Calla (2). Instituito da poco, cioè nel 1454, non avea dato buon saggio di sé, spesso anzi inceppalo 1’ azione del console e porto motivo di litigii e serii tumulti in citta, pei quali ne giudicarono utile 1’abolimento (3). Nod così dell’altro ufficio di Provvisione cui lasciarono bensì in carica, ma vollero che il console coi massari n’ esaminassero attentamente le partite vecchie e nuove, perchè voce correva, ed era giunta sino a loro, che nei suoi amministratori fosse venula meno la fedeltà e diligenza nella gestione. Quindi a totale sicurezza del buon impiego del tesoro pubblico, comandano che i libri di quel ramo finanziario vengano aneli’essi, per copia conforme, aggiunti ai cartolarli della masseria, e spediti a Genova alla verifica del Banco (4). (’) Vedi il documento CCLXXlll. (5) Vedi sopra a pag. 82, e il documento LIV. (5) Vedi il documento CCCXIV (4) Vedi il documento stesso. 33 ANNO 1456 ( 500 ) Stanziavano allora in Calla molti interpreti, resi necessarii dalla grande mescolanza delle razze abitatrici del suolo, ognuna di lingua diversa, e faceanvi grassi guadagni col prestare la facile loro opera nei contratti e nel foro. Adescati da soverchia cupidigia d’arricchire lasciaronsi andare ad atti iniqui e prestazioni nefande ,*le quali incagliavano il commercio e la fede pubblica disonestavano. I Protettori, vindici severi d’incorrotta giustizia, ne li garrirono, richiamando alla primitiva osservanza l’articolo edito sull’ ufficio degli interpreti nello statuto della colonia l’anno 1449 (*), e commettendone al console la cura del pieno eseguimento, coll’assoggettarli senza remissione all’annuo sindacato (2). E agli antichi usi vollero del pari che si restituissero le comunaglie, ossiano terre e possessi comuni dell’agro di Soldaia, cui taluni prepotenti signori del luogo eransi appropriale con pregiudicio dei restanti cittadini, che a quell’effetto ne mossero giusti reclami (3). Dicemmo or dianzi che a provocare lo sdegno dell’ufficio di s. Giorgio non furono i soli colonisti, ma talvolta gli stessi console e massari di Caffa : ed eccone il come. Solleciti i Protettori di chiudere i conti e liquidare le partite dell’anno decorso, in altre precedenti lettere ordinarono ai suddetti di mandare il più presto possibile la nota degli stipendiati cogli inventarii delle munizioni d’armi e di viveri colà spedite sulle navi di Giacomo Leone e Martino Voltaggio, e i tre colleglli aveano, second’ essi, fino a quel di negletto il comando. La pretesa trascuranza li disgustò a tal segno, che nella missiva (’) Diceva tra le altre cose lo statuto qui citato: « Item teneantur et debeant dicti interpetres recte et fideliter interpetrare verba litigantium, vel aliquid dicere volentium, sine additione vel diminutione, vel sine alio sensu, et in predictis fraudem non committere, nec suum auxilium alicui partium promittant-, et si in predictis contrafecerint puniantur arbitrio dicti consulis »• (*) Vedi il documento CCLXXIII. (*) Vedi il documento CCCXIV. ( 501 ) STORIA del 6 aprile li minacciano della loro indignazione, ove prontamente non inviassero i richiesti codici, a tardo compenso almeno dell’anteriore negligenza ({). Scusatisi questi presso l’Uffizio d’averli in tempo mandati a Genova, i Protettori nel foglio dei 27 novembre, scorto non doversi ai rettori di Caffa attribuire il ritardo, gli ebbero trattati con minore asprezza è vero, ma per assalirli con più acerbe rampogne sovra d’ un altro tema che stava loro anche meglio a cuore. Fra le istruzioni date ai consoli cui il Banco inviava al governo delle colonie tauriche, precipua e grandemente inculcata fu mai sempre quella di astenersi da ogni intervento personale, o col mezzo di terzi, nell’ appallo delle gabelle (2), e di non esercitare mercatura qualsiasi nel paese: tanto per lustro della dignità vicereale che occupavano, quanto, e ancor più, affine di evitare il pericolo di tiranneggiare i sudditi* con estorsioni indebite, o impoverire l’erario con monopolii legali, coperti dal manto consolare e di difficile scoprimento. Di questo ingerirsi nei mercantili negozii erano la seconda volta stati accusati al Banco alcuni dei colleglli, ed esso, sotto la data già riferita dei 27 novembre, di bel nuovo con risentite parole condanna il costoro operato, e minaccia severo ed esemplare castigo a quello dei tre il quale si fosse reso colpevole del fallo, non solo, ma e il compagno o i compagni, che avendone avuto sentore, non lo avessero denunziato (3). Tanto sfoggio di rigore a nuli’ altro tendeva, per nostro avviso, fuori che a rendere palese ad ognuno come il banco di (’) Vedi il documento GCLXXIII. (*) Ecco il testo dell’ articolo inserito nello statuto di Caffa : • Statuimus et ordinamus quod dictus dominus consul non possit, audeat vel presumat emere vel emi facere per se vel personam interpositam aliquem drictum seu cabellam, ncque colligere vel colligi facere, neque in ea partecipare modo eliquo vel ingenio, directe vel per indirectum, sub pena summorum centum pro qualibet vice: cujus pene quarta pars sit accusatoris ». lì lo stesso era stabilito pei massari. (3) Vedi il documento CGCX1V. ANNO 1456 ( 502 ) s. Giorgio senza accettazione ili persone dispensava merito e biasimo a misura delle opere ; e con tale metodo di equità api iibi il varco ad imporre nuove gravezze sui popoli a lui soggetti, richieste dalla miserabile condizione in cui giacevano le lìnanze della colonia. Visto adunque, dicono in questo medesimo carteggio i Protettori, che « la masseria di Caffa da pa- i occhi anni assorbe tutte le rendite all’Ufficio nostro spettanti, sebbene non abbiamo desistito mai nel frattempo di mandare