ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLV GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXIII-X1V ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLV GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXY Proprietà Letteraria della Società Ligure di Storia Patria in Genova I Genova - Tipografia Nazionale, 1915 COMMEMORAZIONE DEL Marchese Senatore GIACOMO DORIA FATTA DALLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA NELL’ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL XV FEBBRAIO MCMXIV PAROLE DEL VICEPRESIDENTE ARTURO ISSEL ,τ; ,.ν.: ■ ^ * · - . ι fv-r., • - · * < w · * · - * * . * Marchese Senatore GIACOMO DORI A (CLICHÉ gentilmente prestato dalla Reale Società Geografica Italiana), Signori, a__ l 19 Settembre scorso si spegneva nella sua villa di Borzoli, dopo lunghe sofferenze, un uomo che ebbe parte cospicua nei recenti progressi della zoologia in Italia e fu anche insigne viaggiatore ed efficace promotore di ardite imprese geografiche. Genova lo piange come suo figlio d’adozione (nacque alla Spezia il l.o Novembre 1840) e come colui che occupò degnamente il seggio di capo del Comune. La Società Ligure di Storia Patria deplora nella perdita del marchese Giacomo Doria quella di un preclaro Socio Onorario, e ricorda con gratitudine come abbia da lui ottenuto il dono della preziosa raccolta Colombiana. Non potrei tesser qui l’elogio del nostro lagri-mato Collega senza ripetere cose note, perciocché X tanto il Comune di Genova, quanto la Società Reale geografica Italiana, di cui fu presidente, e la Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche, la quale lo elesse presidente onorario, già offrirono il dovuto omaggio alla sua venerata memoria (1). Ricorderò tuttavolta alcuni dei suoi viaggi scientifici e come egli sia stato il fondatore del Museo Civico di Storia naturale, al quale fece dono di ricche collezioni e dedicò gran parte del suo tempo e delle sue sostanze. Molti anni addietro il nostro concittadino, dopo aver preso parte ad una missione diplomatica in Persia, si inoltrò arditamente fino all’estremità meridionale dell’altipiano iranico, attraversando una regione quasi ignota ai geografi, e superando gravi ostacoli e pericoli che il fanatismo religioso suscitava allora a danno degli Europei. Durante questo suo viaggio egli incontrò e conobbe ad Ispahan un altro celebre viaggiatore, Arminio Vambery da poco mancato ai vivi, il quale riuscì a sottrarsi agli stessi pericoli in Persia e nel Turchestan, fìngendosi fervente Dervish e adempiendo a tutte le pratiche del culto mussulmano. Affine di raggiungere più agevolmente l’intento, Doria si era resi famigliar! i costumi e l’idioma del paese. (i) Giacomo Doria, commemorazione tenuta nella riunione del Consiglio Direttivo della Reale Società Geografica il 30 Novembre 1913 dal Consigliere Prof. Decio Vinciguerra - Roma 1914. Commemorazione del Marchese Senatore Giacomo Doria tenuta al Consiglio Comunale di Genova la sera del 25 Novembre 1913 dal Sindaco Prof. Avv. Giacomo Grasso e dal Consigliere Comunale Prof. Arturo Issel — Genova 1914. XI Dirò pure come, durante la presidenza del nostro Collega e per suo impulso la Società geografica atti aversò una fase luminosa di rinnovamento e di feconda attività, che ebbe per risultato il compimento di memorabili spedizioni affricane, profìcue pei la scienza e per il prestigio nazionale. Ma, pur troppo, allo scorcio di quel periodo la guerra improvvidamente bandita dall’Italia al Regno di Scioa ebbe tristo esito e sopravvenne una amara delusione in coloro che si ripromettevano a vantaggio del paese facili e gloriose conquiste. Si affermò che la Società Geografica fosse uno dei precipui fattori delle nostre sventure affricane; le si mosse il rimprovero di aver sospinto l’Italia nella via dei sanguinosi e sterili conflitti, rimprovero che feriva profondamente il nostro collega, il quale riteneva fosse opera altamente civile e patriottica il dirigere le imprese scientifiche e commerciali dei suoi connazionali verso regioni ancora barbare, che in un avvenire più o meno lontano avrebbero potuto accogliere i lavoratori Italiani tanto numerosi e cui sono necessari nuovi campi di attività. « Parve allora, disse testé il marchese Cappelli, commemorando Giacomo Doria, che la Società geografica avesse perduto la sua popolarità, e il governo stesso sembrò dividere questi sentimenti d’avversione, quando venne diminuendo a diverse riprese gli aiuti di che qualche anno prima era stato assai largo. Ma l’animo del Doria, animo di gentiluomo che non trema nelle tempeste e di scienziato che sa vedere al di là del momento attuale, non si smarrì..... ». XII (( Egli ebbe la chiara visione dei destini d’Italia e non dubitò mai che questa sarebbe tornata a quegli ideali più vasti dai quali in quell istante sembrava aborrire. Tutti ora vedono quanta ragione egli avesse; pochi lo avrebbero creduto allora ». Del suo viaggio di Malesia e del lungo soggiorno da lui fatto nel ragiato di Sarawak col dott. 0. Beccari, noterò solo che fu una spedizione scientifica felicissima per i risultati zoologici e botanici, alla quale, per ragioni di salute, egli non potè consacrare tempo sufficiente, come avrebbe desideia-to; ma Beccari ebbe agio di continuare il proficuo lavoro cominciato in comune, e le sue ricerche fruttarono materiali di grandissimo pregio che, per la parte botanica, arricchirono l’Erbario Centi ale di Firenze e, per quanto concerne la zoologia, furono da lui generosamente donati al nascente Museo Civico di Genova, con altre raccolte fatte posterioi -mente nell’Arcipelago Malese e nella Papuasia. Anche le due gite compiute da Doria in Tunisia non furono senza recar utili risultati alla scienza. Ricordo con vivo compiacimento in ordine alla prima, nella quale gli fui compagno, con D Al-bertis e Gestro, il tragitto compiuto tra la Sardegna e Tunisi a bordo del piccolo cutter Violante, comandato da Enrico D’Albertis, alternando la navigazione colla pesca e colla caccia degli uccelli marini, l’esplorazione della Galita e del Galitone, ove si raccolsero parecchie specie di vertebrati, la cattura di grossi scorpioni presso Bir el Buita, e la visita dell’anfiteatro d’El-Gem, a levante di Susa, di quel meraviglioso colosseo, unico superstite in XIII mezzo al deserto di una città scomparsa. Il secondo viaggio in Tunisia del nostro amico si protrasse in un lungo soggiorno per l’adempimento di una missione politica. Egli ebbe allora il cocente dolore di veder frustrate d’un tratto le speranze che l’Italia riponeva sulla colonizzazione della Tunisia colla invasione francese e col trattato del Bardo. E’ pur doveroso, evocando l’uomo politico, non dimenticare l’opera sua a favore di Assab. Egli coadiuvò il comandante De-Amezaga e il professor Sapeto nel gettar le basi del primo possedimento coloniale italiano. Non sarà mai abbastanza lodata l’abnegazione del nostro collega nell’adempiere con zelo impareggiabile ai doveri di Sindaco, di Presidente della Società geografica e di Direttore del Museo Civico, da lui fondato ed arricchito col dono delle proprie raccolte e con dispendiosi acquisti. Le cospicue serie zoologiche adunate nel nuovo istituto divennero ben presto oggetto di dotte illustrazioni in italiano, francese, tedesco, latino, per parte dei naturalisti più competenti, e costituirono gli Annali del Museo Civico di Genova, da principio pubblicati per cura e a spese del direttore, poi continuati dal Prof. Gestro per conto del Comune. Da giovanetto Doria ebbe vaghezza di comporre un erbario e si diede con fervore a raccogliere e studiare le piante, e così si iniziò nella storia naturale; divenne poi entomologo, dedicandosi alla ricerca e alla determinazione di quelli esseri minuscoli, i coleotteri, ben degni per la varietà infinita delle forme e la bizzarria dei costumi, di suscitare la meraviglia degli osservatori; a lui si deve la sco- XIV perta della prima specie, segnalata in Italia, di coleottero cieco cavernicolo; alludo all’Anophthal-mus Doriae. Al ritorno dalla Persia e da Borneo si occupò di preferenza dei vertebrati, di che fanno fede alcuni suoi cataloghi, come pure una pregiata monografìa dei pipistrelli della Liguria, alla quale consacrò parecchi anni di ricerche e di studi. Di poi fu attirato dai molluschi marini, e, per rintracciarli, trasse molte volte la draga nei fondi del Golfo della Spezia, ove le sue indagini ebbero esito assai felice, ciò senza trascurare lo studio specifico degli esemplari raccolti. Negli ultimi anni della sua vita si compiacque, come da principio, di erborizzare. Così la sua dottrina scientifica attinta, da una parte, alle fonti vive della natura e, dall’altra, dall’uso di una ricca biblioteca, era estesa e variata non meno che profonda, tanto nel campo biologico quanto nel geografico. Dal punto di vista delle discipline cui dedicò particolarmente la propria energia, Doria fu un naturalista dell’antica scuola, un sistematico. Egli riteneva che fondamento della biologia fosse lo studio intensivo delle serie di tipi desunto da collezioni, ma da collezioni assai ricche di specie e di esemplari, scrupolosamente ordinate. Le indagini anatomiche, istologiche, fisiologiche, filogenetiche e tante altre comprese nella biologia generale, debbono aver necessariamente per base la cognizione delle specie, pur ammettendo l’innegabile variabilità loro e le transizioni graduate che intercedono fra una forma e l’altra. Deplorava perciò l’abbandono nel quale sono cadute ai tempi nostri le rac- XV colte speciali e la sistematica zoologica, in ciò scorgendo un segno di decadenza. Ma, a differenza degli antichi naturalisti, egli attribuiva la massima importanza nelle sue illazioni alla distribuzione geografica; perciò egli si studiava di promuovere la compilazione e la pubblicazione di cataloghi locali o regionali di animali e di piante pertinenti a singoli gruppi. Nelle sue memorie, fra le quali citerò, a titolo d’onore, la monografia dei chirotteri della Liguria, come pure negli Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, da lui fondati, trasparisce il concetto dominante di porre costante-mente in relazione la fauna col paese in cui alligna. Oratore sobrio ed esatto, la precisione e la brevità furono anche le doti precipue dei suoi scritti. La coltura estesissima che egli aveva acquistato leggendo quanto di migliore si pubblicava in fatto di opere scientifiche e di relazioni di viaggi, acquistava un carattere particolare impartito da un ingegno sagace e da una felice intuizione. Questa coltura era avvalorata da memoria tenacissima, che conservò tale finché visse. Negli ultimi anni era fisicamente deperito e aveva la parola leggermente inceppata; ma le sue facoltà intellettuali si mantenevano integre; senonchè si era fatto misantropo e irritabile. Cordialmente legato ad alcuni amici, i quali lo ricambiavano di pari affetto, quando ci fu rapito, ebbe il sincero rimpianto di quanti pregiano le glorie e i progressi scientifici conseguiti recentemente dal nostro paese. In Doria Genova e l’Italia ebbero un esempio luminoso di feconda attività a prò della scienza e della patria, di patrizio che professava sensi schiet- XVI tamente democratici, di cittadino eletto per nascita, ingegno, coltura e per gli uffici da lui coperti, il quale rimaneva tuttavolta semplice e modesto. In lui abbiamo perduto, oltre al naturalista eminente, al geografo, al senatore, all italiano benemerito, qualche cosa di più: un carattere! Lettere di Carlo Ottone PROCONSOLE GENOVESE IN LONDRA al Governo della Repubblica di Genova NEGO ANNI Ì670 E Ì67I PUBBLICATE ED ILLUSTRATE CON ΝΟΤΕ E DOCUMENTI DAL SOCIO Francesco Poggi Al Marchese Cesare Imperiale Presidente della Società Ligure di Storia Patria Ill.mo Signor Presidente, uè sta pubblicazione comparisce qui per iniziativa e desiderio di V. S.; è pertanto mio dovere di metterla sotto gli auspicj del suo nome, e di raccomandarla alla sua benevolenza. Discorrendo meco di storia genovese, Ella ebbe giustamente ad osservare che, mentre le relazioni degli ambasciatori, ministri ed altri inviati della Repubblica di Venezia presso i Governi esteri erano note, e meritamente note, in tutto il mondo, sicché esse recavano un notevole contributo alla storia d’Europa e delVOriente, non accadeva altrettanto di quelle degli uguali rappresentanti della Repubblica di Genova. Eppure, soggiungevo io a rincalzo del suo dire, non c’è penuria di consimili relazioni nel R. Archivio di Stato in Genova, ove giacciono troppo neglette dai nostri f XX ■ s studiosi di storia; e se non fosse per le ricerche di alcuni eruditi forestieri, per cui opera vien fuori di quando in quando qualche brano di esse, rimarrebbero presso che sconosciute nella letteratura storica europea. Nell’affermar ciò io mi riferivo specialmente ad un gruppo di lettere dall Inghilterra, che avevo avuto occasione di esaminare in detto Archivio per certo mio lavoro, e di cui esaltavo la copia, la varietà e V importanza delle notizie. Il che porse argomento a V. S. Ill.ma d invitarmi a dare in luce negli Atti della nostra Società un saggio di esse lettere. Nell’accogliere il lusinghiero invito, io mi trovai la via già tracciata dal lavoro di Carlo Prayer comparso fin dal 1882 nel volume XVI degli Atti della Soc. Lig. di Stor. Patria, il qual lavoro comprende, in modo però incompleto, la corrispondenza dal 1651 al 1658 di Francesco Bernardi, agente genovese a Londra ,intramezzata da quella dell ambasciatore straordinario Ugo Fiesco presso Oliviero Cromwell nel 1655. Se non che, invece di continuare la pubblicazione delle lettere del Bernardi dal 1658 in avanti, io divisai di render note fin dal principio, tanto per mettere un addentellato per un prossimo proseguimento, quelle del proconsole Carlo Ottone, succeduto al Bernardi, dopo alcuni anni d interruzione, nella rappresentanza ordinaria del Governo genovese a Londra. Una delle ragioni del mio di-visamento fu dovuta a che, da un certo punto in XXI poi, la corrispondenza del Bernardi procede in modo saltuario, essendo stato dal 1661 al 1662 l’ufficio di lui assorbito e quasi soppresso dall’ambasceria straordinaria di Gio. Luca Durazzo al re Carlo II. Le principali categorie di documenti, che nel- l Archivio di Stato in Genova comprendono le scritture inviate al Governo della Repubblica dai rappresentanti genovesi all’estero, sono quelle registrale sotto i titoli di Lettere Consoli, Lettere Ministri, Relazioni di Ministri presso le Corti estere; e riguardano, oltre gli Stati italiani di Roma, Venezia, Firenze, Napoli, Milano, Torino, Parma-Pia-cenza, gli Stati stranieri di Francia, Spagna, Olanda, Inghilterra, Impero {Vienna), Turchia (Costantinopoli) ecc. Le Relazioni propriamente dette espongono con grande larghezza l’opera intiera di un’ambasceria, il più delle volte straordinaria, e sono delle vere monografìe, manoscritte e rilegate sovente in volumi di alcune centinaia di pagine, intorno alle condizioni civili, religiose, militari, economiche, ed alle Corti ed ai personaggi dei singoli Stati. Eccellono fra esse, per l’Inghilterra, quelle di Ugo Fie-sco del 1655, di Gio. Luca Durazzo del 1662, di Gio. Antonio Giustiniano del 1698. Inenorme quantità di notizie contenuta dalle suddette categorie di documenti, che vanno dalla metà del secolo XVI all’inizio del secolo XIX, ha una cospicua importanza, non per la storia di Genova, che presenta in quell’epoca un interesse me- f XXII ramente locale e non dimostra se non che la continua decadenza della Repubblica, ma per la storia dello sviluppo politico delle nazioni europee e delle loro grandiose lotte di egemonia. Cosi mediante questa specie di documenti la storia genovese si ricongiunge, sia pure con un tenue filo, colla storia d’Europa, alla quale una volta era ben altrimenti intrecciata mediante la ferrea manifestazione dei fatti, ed acquista così un importanza internazionale. Gli Atti della nostra Società, ricchi di molto e svariato materiale storico, riguardano piin-cipalmente Genova, e non recano che un contributo scarso, e talora anche per via indiretta, alla storia d’Europa; non offrono pertanto ai forestieri un interesse immediato e permanente. Se essi potessero accogliere in più larga misura di quanto finora si è fatto le relazioni e le lettere degli inviati genovesi presso i Governi stranieri, acquisterebbero, per così dire, un titolo legittimo alla cittadinanza europea; e mentre concorrerebbero tuttavia ad accrescere il patrimonio storico genovese, recherebbero elementi non trascurabili alla storia delle nazioni, che ora marciano alla testa della civiltà ed hanno il predominio nel mondo. V. S. 111.ma, che ha presentata e tenta da vario tempo di rendere effettiva l’idea di pubblicare in essi Alti un Codice diplomatico delle Colonie genovesi nel Levante, specchio di oltre sei secoli di mirabile attività ligure nei mari e nelle terre del XXIII Mediterraneo orientale, per cui la storia di Genova trascende i limiti dell’interesse locale e si compenetra con quella di tante altre nazioni, è senza alcun dubbio compreso dell’utilità ed importanza di siffatte pubblicazioni. E’ da augurare soltanto che i mezzi della Società consentano di porvi mano e di continuarle con larghezza d’intenti e assiduità di applicazione. Col quale augurio mi reco ad onore di dichiararmi, Con profondo ossequio, Di V. S. lll.ma devotissimo Francesco Poggi. Genova, Γ11 marzo del 1915. INTRODUZIONE SOMMARIO ornspondenza da Londra del proconsole genovese Carlo Ottone negli anni 1670 e 1677. Esposizione delle notizie in essa contenute, riguardanti la Corte, // Parlamento, le relazioni della Gran Bretagna colle potenze estere, le questioni politiche de! giorno, le questioni religiose, le questioni vertenti fra Γ Inghilterra e Genova. Notizia dì alcuni fatti speciali. Cenno delta politica di Carlo 11 verso la Francia e Γ Olanda dal 1660 al 1670. Prima guerra di Carlo fi contro l’Olanda, finita col trattato di Breda del 31 luglio 1667. Guerra di devoluzione di Luigi XIV contro la Spagna. La Triplice alleanza fra l’Inghilterra, l’OIanda e la Svezia ; e la pace fra la Francia e la Spagna stipulata in Aquisgrana il 2 maggio 1668. Maneggi di Luigi XIV per distogliere il re d’Inghilterra dalla Triplice e farsene un alleato contro I’ Olanda ; ed aspirazioni di Carlo //. Negoziati fra i due re conclusi a Dover nel giugno 1670. II progressivo manifestarsi dell’ atteggiamento antio/andese di Carlo II negli anni 1670-71, seguito attraverso le lettere dellOftone. Primi sospetti degli Olandesi, ed invio del duca di Buckingam a Parigi nell'agosto del 1670- Carlo 11 e l’invasione della Lorena da parte dei Francesi. Egli respinge la richiesta di accessione alla Triplice dell imperatore Leopoldo. Ingànno di Carlo 11 per ottenere dai Parlamento denari per la flotta. Disposizioni del Parlamento inglese contrarie alla Francia. Un incidente circa i saluti dell armata olandese ad un yacht reale inglese, porge occasione a Carlo 11 di romperla coll’Olanda. Invio all' Aja dello ambasciatore inglese Giorgio Down ing. Opera di lui per rendere inevitabile la guerra contro l’Olanda. Le lettere qui pubblicate sono una piccolissima e per varj rispetti la meno importante parte della copiosissima corrispondenza inviata al Governo genovese dal proconsole Carlo Ottone, durante la sua lunga dimora in Londra come rappresentante dello stesso Governo presso la Corte inglese; corrispondenza la quale abbraccia 28 anni, dal 1670 al 1698, secondo rilevasi dalle pandette del R. Archivio di Stato in Genova, dove essa conservasi. Queste lettere sono le prime scritte dall’Ottone in adempimento del suo ufficio, e rispecchiano, cosi per la incompleta e qualche volta vaga cognizione delle notizie come per la rozzezza dell’esposizione, l’incertezza e l’inesperienza dei primi passi di lui sul terreno diplomatico di Londra; e qui compariscono quale gruppo iniziale di una serie d’informazioni, che divengono sempre più interessanti a misura ehe progrediscono nel tempo, e che io mi lusingo debbano, quando che sia, trovar posto integralmente negli Atti detta Soc. Lig. di Storia Patria. Es- XXVII se abbracciano il periodo di tempo compreso fra il maggio del 1670 e la fine del 1671, e riguardano in grandissima parte la storia generale delPInghil-terra ed in minor parte quella delle relazioni fra l’Inghilterra e Genova. Alla storia inglese di quel periodo potranno recare alcune nuove notizie, e rettificare o confermare le già note; serviranno ad ogni modo a riguardare gli avvenimenti dell’epoca attraverso le impressioni e i giudizi di un diplomatico dallo spirito sagace e dall’opera alacre e zelante, come si rivela FOttone. Alla storia genovese poi recheranno quel contributo di notizie, non importa se scarso di valore sotto il rispetto politico, di cui esse sono documento principale per le relazioni tra Genova e Londra; relazioni prevalentemente commerciali, e talora semplicemente formali. La materia trattata dall’Ottone nelle sue lettere è assai varia, poiché, scrivendo egli esclusivamente per informazione del Governo genovese, prendeva argomento dagli eventi del giorno. Accanto a notizie politiche più o meno importanti, se ne trovano spesso altre relative a fatti molto particolari, che diremmo ora di cronaca, come, per esempio, l’incendio di alcune case, il crollo di un palco di teatro, il naufragio di navi, uno svenimento dell’am- ' basciatore di Francia, una partita alle boccie- giuo-cata da esso ambasciatore col re d’Inghilterra, ecc. In linea generale le notizie dell’Ottone si possono dividere in sei gruppi, a seconda che si riferiscono: alla Corte; al Parlamento; alle relazioni estere della Gran Bretagna, specialmente con la Francia, l’Olanda e la Spagna; alle questioni poli- —-- v; XXVIII fiche del giorno; alle questioni religiose; ed infine alle questioni vertenti fra l’Inghilterra e la repubblica di Genova. Le notizie di Corte riguardano anzitutto il re, la regina, il duca e la duchessa di York, ed altri principi reali, le occupazioni, i viaggi, gli svaghi, le malattie loro; e poi le morti di congiunti del ìe, come la sorella Enrichetta d’Orléans e la cognata duchessa di York. Della prima di queste due principesse lOttone trova tosto occasione di parlare al principio della sua corrispondenza per dire del viaggio in Inghilterra e dell’incontro di essa col fratello a Dover, dove si conchiuse, mercè 1 abile opera di lei, il famoso patto che rese Carlo II ligio alla politica di Luigi XIV. Della seconda egli scrive più volte per accennare ai malori ed agli accidenti che ne affrettarono la morte, ai suoi figli» alla sua secreta conversione al cattolicismo. Discorre anche del principe Guglielmo d’Orange, nipote del re, e del suo viaggio dall’Olanda in Inghilterra per far visita allo zio; di cui poi doveva essere, per fortunosa vicenda di casi, uno dei successori sul trono della Gran Bretagna. Menziona altresì il principe Ruperto di Baviera, cugino del re, narrando di un gran convito dato dal Lord Mavor di Londra in occasione della sua entrata in ufficio; convito a cui detto principe intervenne insieme collo stesso re, colla regina e col duca di York. Non manca inoltre di accennare alle favorite ed ai figli naturali del re, e principalmente al duca di Monmouth. Il proconsole genovese tratta poi frequentemente del Parlamento inglese, ora scrivendo dell’opera di questo per rispetto al re ed ai modi per ottem- perare alle costui richieste di danaro, alle gabelle, alla naturalizzazione dei forestieri, ai cattolici ecc.; ora indugiandosi a descrivere la sua costituzione e le sue funzioni; ora narrando dei tentativi per l’unione di esso col Parlamento scozzese; ora dicendo dei contrasti fra la Camera dei Lords e la Camera dei Comuni; ora additando i privilegi di cui godevano i membri di quest’ultima. Di taluni parlamentar j riferisce qualche fatto particolare, come il tentato assassinio del duca d’Ormonde appartenente ai Lords, ed il taglio del naso perpetrato sul Coventry, deputato dei Comuni. Le relazioni dell’Inghilterra colle altre potenze d’Europa offrono spesso alL’Ottone la tela ed il soggetto per un quadro ricco di contrasti fra gli Stati che si contendevano il favore di Carlo II. La Francia e l’Olanda per mezzo di ambasciatori ordinari e straordinari lottavano con l’azione e gli espedienti diplomatici per tenere ognuna avvinto a sè l’animo pieghevole del re: l’una forte del segreto trattato di Dover, l’altra fiduciosa nel vincolo della Triplice alleanza. Ma a misura che si va innanzi si delinea, nonostante la fine dissimulazione del re, il sopravvento della Francia, messo in rilievo dallo scambievole invio di cospicui personaggi fra le due Corti e dall’ognora crescente confidenza accordata da Carlo all’ambasciatore francese Colbert, marchese di Croissy, fratello del gran ministro. Sterile aiutatrice dell’azione olandese si rivela la diplomazia spagnola, intesa a sottrarre le Fiandre ai bramosi appetiti di Luigi XIV. A lato di queste si muovono le nazioni minori, come il Portogallo, che insedia, per incitamento e coll’aiuto della regina, un XXX suo ambasciatore alla Corte inglese; e parimente la Svezia, la Danimarca, la repubblica di Venezia, ecc. L’Ottone non omette di additare al suo Governo le ambascerie e le missioni inviate da potentati stranieri, grandi e piccoli, al re d’Inghilterra in contingenze speciali, così di lutto come di esultanza; e, secondo la consuetudine d’allora, si cura di dar risalto alle forme, alle precedenze ed a tutte le cerimonie dei ricevimenti. Le relazioni dell’Inghilterra coll’estero erano intimamente connesse con le questioni politiche del giorno, fra le quali soverchiavano i disegni bellicosi della Francia contro l’Olanda, e l’atteggiamento di Carlo II per rispetto ad essi, che la diplomazia europea cercava d’indovinare e di sorprendere nelle varie e pur minime azioni di lui. Da esso atteggiamento dipendeva l’osservanza oppure la rottura della Triplice lega costituita dall’Inghilterra, dall’Olanda e dalla Svezia nel 1668 contro le esorbitanze della potenza francese. Ripetutamente il proconsole genovese trova occasione di scrivere della Triplice, sia per dirne gli intenti quali risultavano da talune dichiarazioni del re della Gran Bretagna, capo di essa, e le previsioni del suo procedere negli affari del momento; sia per narrare gli approcci fatti dall’imperatore Leopoldo presso Carlo II per esservi incluso; sia per additare i tentativi dell’Olanda allo scopo di provocarne l’intervento presso Luigi XIV, in seguito all’invasione della Lorena compiuta dalle armi francesi. La lotta religiosa imperversava ancora in Inghilterra, ove il Parlamento escogitava sempre nuove persecuzioni contro i cattolici; ed il nostro XXXI proconsole, mentre informava con diligenza il proprio Governo sulle vicissitudini di essa, special-mente attraverso le discussioni e le deliberazioni della Camera dei Comuni, non mancava di mettere in evidenza, da una parte lo spirito settario dei parlamentarj, e dall’altra lo spirito di tolleranza del re. Questi era forse già fin d’allora segretamente cattolico, poiché, non pure, secondo le notizie del- 1 Ottone, si studiava di contenere con fermezza le escandescenze anticattoliche della Camera bassa, ma significava con atti più che con parole il proprio sentimento favorevole al cattolicismo. Non tralascia 1’Ottone nessuna diligenza per indicare al Governo della Repubblica tutti gli atti e indizj acconci a dimostrare cotesto sentimento. Così, parlando della contessa di Castlemaine, poi duchessa di Cleveland, favorita di Carlo II, osserva che essa, nata protestante, erasi dichiarata cattolica dopo che aveva incominciato ad aver commercio con S. M.; e faceva allevare nella religione cattolica i figli a-vuti dal re. Più oltre avverte che il re dimostravasi così zelante della Corte romana da non permettere che nelle gazzette, ed in particolare negli avvisi d’Amsterdam, che si ristampavano in Londra due volte la settimana ed erano soliti a sparlare di essa Corte, si pubblicassero nuove che potessero offenderla. Altra volta reca che il re e la regina avevano ricevuto in udienza ed accolto con molta cortesia il padre Mattioli della Compagnia di Gesù, capitato a Londra sui primi di ottobre del 1670. Avvisa inoltre che S. M. era inclinata a che Roma eleggesse il Milord Filippo Oorte a vescovo de’ cattolici d’Inghilterra, i quali così avrebbero avuto il loro capo ΧΧΧΊΙ ecclesiastico; poiché ciò « lo stimava beneficio suo proprio » (a). Nell’occasione della festa del Natale del 1670 scrive che il re aveva assistito nella cappella della regina, cattolica, alla messa di mezz*' notte. Uno dei motivi della recrudescenza delle persecuzioni della Camera bassa contro i catto ici era, secondo egli nota, la voce che la duchessa 1 York si fosse convertita al cattolicismo, ìeligione del marito: cosa che appariva per varj segni, c°rne quello di aver pigliato in casa servitori catto ici, mentre prima non li tollerava neppure per 1 u Ca; quello di aver affidato i figli a nutrici ca ο 1 che; quello di aver tralasciato le preghiere c e ne la forma protestante si facevano ogni sera a a sua presenza. La sera medesima della morte della u chessa, avvenuta nell’aprile del 1671, 1 Ottone sen tì dire che essa aveva ricevuto l’estrema unzione, ciò che indicava che fosse cattolica; ma quei re ι giosi, che si supponeva l’avessero assistita, non ar dirono parlare. E se bene, egli soggiunge, « ques e azioni dovrebbero esser palesi, ad ogni mo o in questo tempo del Parlamento ed in principessa co sì grande devono tenersi occulte; poi che se i so (a) Vedasi oltre a pag. 53. _ . La Civiltà Cattolica ha pubblicato parecchi anni fa nei volumi e VII della sua serie V una lunga « Storia della conversione alla chie cattolica di Carlo II re d’Inghilterra, cavata da scritture autentich ed originali »; nella quale si afferma che fin dal 1668 esso re « potè essere istruito negli articoli della fede cattolica e rientrare in seno alla Chiesa j>, mercè principalmente l’opera d’un suo figlio illegittimo, dive nuto gesuita, di cui per la prima volta dà notizia la suddetta Rivista sotto i finti nomi di De la Cloche du Bourg, e di Enrico di Rohan. , XXXIII spetto solo ha commosso tanto costoro contro de’ cattolici, che farebbero quando ne fossero cer- ? }' attenzjone del rappresentante genovese si rivolge anche alle confessioni e sette protestanti, ea in particolare ai calvinisti e presbiteriani ed ai tremolanti o quacqueri. I presbiteriani erano, come i cattolici, latti segno alle persecuzioni del clero ufficiale; anzi, a detta dell’Ottone, i vescovi anglicani si dimostravano « assai più inimici de’ presbiteriani che de cattolici » (c). Persecuzione più viva e battagliera subivano da parte dell’Autorità i quacqueri, pei le ripercussioni politiche e sociali che avevano o potevano avere le loro dottrine. L’Ottone ben vede anche il Iato economico di queste lotte di religione quando, notando l’opera fomentatrice esercitata nella Carnei a bassa a danno dei cattolici dal duca dOrmonde, osserva che costui era a ciò mosso dal iimoie di pei dere un giorno, se mai i cattolici avessero potuto risollevarsi, l’ingente quantità di beni che aveva loro usurpati nel tempo in cui trovavasi viceré in Irlanda. Presentavano poi speciale interesse per lOito- (ò) Pag. 89. La conversione al cattolicismo del duca di York datava, secondo la succitata Civiltà Cattolica, dal 1662, ma venne tenuta nascosta per varj anni; poiché il padre gesuita Pier Giuseppe D’Orléans, autore contemporaneo, scrive che la morte da cattolica della prima moglie dello stesso duca « fu riguardata come un’autentica confessione della religione del marito » (Histoire 'des revolutions d’Angl'eterre, par le Pére D’Or-léans, de la Compagnie de Jesus; nouvelle édition, à Paris MDCCXXIV-tome IV, p. 191). (c) Pag. 87. XXXIV ne le questioni fra Genova e 1 Inghilterra, la cura delle quali da parte sua costituiva la Principale ragione del suo ufficio. Nel tempo a cui si riferiscono le lettere qui pubblicate due furono principalmente le controversie che s’agitarono tra 1 due Governi. L’una, di ragione privata, riguardava gii interessi di alcuni commercianti ed armatori genovesi, danneggiati per la presa di una nave, 1 a orificio d’Àbramo, fatta dagli Inglesi nella loro guerra contro l’Olanda nel 1667. La ques ione si trascinò per parecchi anni, nonostante le pi emin e del Governo genovese, essendo essa caduta sotto a giurisdizione della giustizia inglese, le cui gini e parzialità, a detrimento dei forestieri, ne rileva più volte. L’altra questione eia c 1 ragion pubblica e rifletteva i saluti delle na\ i t a 0uc inglesi verso la città di Genova: semplice Ques io ^ di forma, che tuttavia in quel tempo, in cui il cerimoniale teneva nella considerazione de a ca.. dirigente un posto altissimo, aveva assunto impor tanza assai notevole. Alcuni vascelli da gueria n tannici s’erano rifiutati, alla loro entrata ne poi di salutare la città di Genova, se prima non a λ ess avuto assicurazione di essere corrisposti con pa numero di tiri; mentre le consuetudini porta\ar , che i legni militari stranieri dovessero salutare a città con maggior numero di tiri di quello con cu veniva loro contraccambiato. Ne sarebbe an a o mezzo il prestigio della Repubblica, se il Governo i questa avesse ceduto alle pretese inglesi; le qua 1, fondate sul supposto che il comandante francese Martel avesse avanzate eguali pretese per le sue na vi, miravano ad ottenere che i vascelli d Inghilter XXXV ra lessero trattati come quelli di Francia, e che la nazione inglese non fosse stimata da meno della francese. L’Ottone adoperò tutta la possibile attività e tutta la sua arte diplomatica perchè il Governo inglese rinunciasse alle suddette pretese, ed ottenne a tale scopo udienze dal re e dal duca di York; e dopo molti passi presso il segretario di Stato Arlington, potè finalmente strappare un ordine, che faceva obbligo ai comandanti inglesi di attenersi, per i saluti a Genova ed alle fortezze della Repubblica, al costume seguito per il passato, con assicurarsi però che i loro vascelli ricevessero lo stesso trattamento di quelli francesi e spagnoli. Alle sei categorie di notizie sopra esposte ne va aggiunta un’altra riguardante fatti speciali, che pure non essendo di natura strettamente politica, trascendono l’ambito dei successi comuni: come la caratteristica cerimonia con cui il re d’Inghilterra tocca gli ammalati, specialmente di gola, per ridar loro la sanità; ed il drammatico tentativo di furto della corona reale, conservata nella Torre di Londra. Di tutta questa svariata materia, su cui tesse FOttoile le sue lettere, la parte forse più interessante è quella che riguarda la politica di Carlo II verso la Francia e l’Olanda negli anni 1670 e 71, ed il suo lento rivolgersi in favore della prima e contro la seconda di queste potenze, il conseguente dissolvimento della Triplice alleanza ed il mutamento radicale dell’azione inglese nella politica europea. Nel breve giro degli anni suddetti, ch’è appunto quello abbracciato dalle lettere qui pubblicate, si svolse e maturò cotesto rivolgimento, ch’ebbe gran- de importanza nella storia così dell’Inghilterra come dell’Europa : e non è senza interesse seguire le fasi di esso attraverso le informazioni inviate dal proconsole genovese al Governo della Repubblica. Carlo II, richiamato dall’esilio e risalito sul trono dei suoi maggiori nel 1660 per opera principalmente del generale Giorgio Monk, di Edoardo Mon-tagu e di Sir Edoardo Hyde poi conte di Clarendon, segui nella politica estera, fin dal principio del suo regno e sotto l’inspirazione di quest’ultimo, un atteggiamento favorevole alla Francia e piuttosto ostile all’Olanda. Alla prima di queste nazioni era unito, oltre che da vincoli di parentela colla famiglia regnante, anche da sentimenti di gratitudine per l’ospitalità che ne aveva ricevuto nei lunghi anni del suo esilio malgrado le umiliazioni procurategli dalla sua condizione di profugo; mentre della seconda ricordava l’amaro trattamento ch’eragli stato inflitto durante detto esilio dagli Stati Generali, che lo avevano espulso dal territorio olandese, e la loro avversione e persecuzione contro la casa d’Orange in cui era maritata sua sorella Maria. E mentre l’abile politica di Luigi XIV usava ogni arte per farsene un sicuro alleato nei suoi disegni di supremazia; per contro gli Stati Generali, e principalmente il gran pensionano De Witt, adescati dalla stessa bifronte politica francese, e forviati dal timore che Carlo II potesse porgere aiuto a suo nepote Guglielmo d’Orange per rimetterlo in possesso dei poteri già esercitati in Olanda dai costui antenati, non operavano nulla di efficace per assicurarsene una benevola disposizione. D’altra parte la potenza e la superiorità marittima, che gli Olandesi XXXVII avevano saputo acquistare in poco tempo, costituivano un costante incentivo di gelosia presso gli Inglesi; e se costoro erano ostili ai Francesi per secolari tradizioni e per causa di religione, poco meno ostili erano agli Olandesi per rivalità d’interessi commerciali (d). Vero è che nel 1662 la Francia, al- (d) « A quel tempo » — scrive il Philippson — « le sette provincie unite dei Paesi Bassi formavano una delle grandi potenze d’Europa. Lottando per ottant’anni con la marina spagnuola, la loro flotta era divenuta la prima del mondo: e respinta da per tutto la bandiera di Spagna, avea messa in primo luogo quella d’Olanda da per tutto, così in Europa come nel commercio transatlantico. Le più importanti colonie spagnuole e portoghesi dell’Asia meridionale e del Capo di Buona Speranza erano state conquistate dagli Olandesi, e veniano sfruttate dalla Compagnia per azioni delle Indie orientali ; mentre quella delle occidentali faceva una grave concorrenza alle colonie spagnuole dell’America per via del contrabbando. Fino al 1670 su 20 mila navi commerciali nell’occidente di Europa, se ne contavano da 3 a 4 mila inglesi, da 5 a 6 cento francesi e da 15 a 16 mila olandesi. I capitali tendevano verso l’Olanda in così grande misura, che la rendita normale era al saggio del 3 per cento ». (Il secolo di Luigi Decimoquarto del Dott. Martino Philippson; versione italiana di Antonio Labriola; Dott. Leonardo Vallardi editore, Napoli 1884; p. 96). In quanto all’Inghilterra, ecco ciò che scriveva Gio. Luca Durazzo, ambasciatore straordinario della Rep. di Genova presso Carlo II nel 1662: « Hor ne’ tempi presenti si è ben diminuito nel Regno il numero dei vascelli mercantili, ma sono per lo contrario molto cresciuti quelli da guerra, e dove i primi (che quasi giongeano altre volte al migliaro) sono ridotti a poco più di 650, compresi 500 occupati al traffico giornal de’ carboni, e molti altri nelle Compagnie dell’Indie, sono dalle ultime guerre in qua cresciuti i secondi dall’ordinario numero de i 60, a quello di 150..... Si può dunque concludere, che fuori del commercio, in cui cedono horamai gl’inglesi di gran longa all’Olanda, non vi sia hoggidì al mondo natione così habile, o Re come quello della Gran Bertagna così potente nelle forze marittime » (Relazioni de’ Ministri all’estero, mazzo J, n. g. 2717; nel R. Archivio di Stato in Genova). XXXVIII leatasi coll’Olanda per dare l’ultimo colpo alla Spagna, riuscì a far concludere Ira 1 Inghilterra e landa, ambedue legate alla sua scaltra po 1 ica, un trattato di amicizia e navigazione; ma ciò non os ante, dopo due anni i sentimenti di Carlo II e e riva 1 ià commerciali del popolo inglese con^r^ an a finirono coll’avere il sopravvento. Nel scop piarono tra le due nazioni, per il possesso e a co sta di Guinea, le prime ostilità, che dilagarono in piena guerra l’anno appresso: guerra che uro a cuni anni, partecipandovi anche la Francia coinè alleata dell’Olanda ed ebbe varia fortuna per 1 Inghilterra, che vittoriosa dapprima, subì in ultimo un’umiliante sconfìtta per parte dell’armata olandese, la quale, forzata l’entrata del Tamigi, ari ivo minacciosa fino a Londra e bruciò una porzione della flotta inglese. Per interposizione del re i Svezia i belligeranti conclusero la pace a ìe a 1 31 luglio 1667. Frattanto alcuni mesi prima Luigi XIV aveva ι vaso i Paesi Bassi spagnoli e procedeva vittoriosamente innanzi con crescente timore dei vicini (guei ra di devoluzione). Fu allora che gl Inglesi e gì Olandesi cominciarono ad aprire gli occhi sui pe ricoli loro sovrastanti per effetto dell espansion francese. Dimenticando le recenti reciproche o -fese, sotto la spinta del medesimo interesse, ra forzato dal sentimento della comunanza di re ι gione, l’Inghilterra e l’Olanda strinsero nisie me, massimamente per opera di Guglielmo Tem pie da una parte e di Giovanni De Witt dall altra, un patto di alleanza, al quale accedette subito anche la Svezia, il cui intento principale era quello i XXXIX arrestare le armi di Luigi XIV e di costringere questo a far pace colla Spagna. Sotto la pressione della nuova lega la Francia e la Spagna infatti si pacificarono, questa riacquistando la Franca Contea, quella conservando i luoghi occupati dal suo esercito nelle provincie spagnole delle Fiandre. E le condizioni della pace, firmata ad Aquisgrana il 2 maggio 1668, furono stipulate di concerto coll’ambasciatore olandese in Francia, Van Beuningen. La lega stretta fra l’Inghilterra, l’Olanda e la Svezia fu chiamata la Triplice alleanza, ed esercitò per qualche tempo un’effettiva influenza per la conservazione dell’equilibrio europeo, e fu un’efficace diga contro le straripanti ambizioni di Luigi XIV (e). Ond è che costui, non osando assalirla colle armi e ritenendo certo più facile, anziché colla forza, disfarla o neutralizzarla colle arti diplomatiche, in cui egli e i suoi ministri erano maestri, si adoperò subito per staccare da essa l’alleato più temibile, l’Inghilterra, e voltarlo possibilmente da avversario in amico. D’altronde Carlo II era spinto verso la Francia, oltre che da tradizioni di famiglia e da incancellabili simpatie, da alcune ragioni d’interesse personale e dinastico, che finirono col prevalere nel suo animo sugli interessi generali della nazione; i quali, del resto, potevano efficacemente tutelarsi an- ( pp. 121-127). lui le pretese britanniche circa i saluti; ma in realtà doveva condursi in modo da rendere, non solo impossibile ogni accordo, ma da dare alla questione un carattere nazionale suscettibile di commuovere il popolo inglese e di fargli accetta e giusta la guerra contro l’Olanda. L’opera del nuovo ambasciatole raggiunse pienamente il suo scopo, poiché i procedimenti di lui furono così comminatorj, e così poco adatti a stabilire tra le parti un’intesa ragionevole, che, nonostante le più concilianti e remissive disposizioni degli Stati Generali, il re della Gran Bretagna, d’accordo con la Francia, sul principio d’aprile del 1672, dichiarava loro la guerra. E così le armate inglesi procedettero insieme con gli eserciti e le armate francesi per schiacciare una nazione, l’Olanda, rea di aver saputo in meno di un secolo, non solo sottrarsi al giogo spagnolo, ma diventare la prima potenza marittima e commerciale dell’Europa, acquistare un vasto impero coloniale, e, vivificata dal suo indomito spirito di libertà congiunto ad un mirabile senso di tolleranza, segnare attraverso i campi della coltura, della filosofìa, delle scienze e delle arti una traccia imperitura nella civiltà del mondo. Francesco Poggi. Genova, nel dicembre del 1914. \ LV FONTI» Gli originali delle lettere di Carlo Ottone edite in questi Atti fanno parte di una busta di documenti dell'Archivio di Stato in Genova segnata coll’indicazione: Londra, Lettere Consoli, mazzo i, n. g., (numero generale) 2628. Ogni lettera reca due date, la prima relativa al calendario gregoriano, la seconda conforme al calendario giuliano ancora usato allora in Inghilterra, colla differenza di dieci giorni fra l’una e l’altra. Ho conservato generalmente nella stampa l’ortografia degli originali, comune in parte alle scritture del tempo ed in parte opera personale del proconsole genovese; ma per la più chiara intelligenza di essi ho tolto in molti casi gli accenti di cui egli usa ed abusa, ho variato talora la punteggiatura, ho messo le iniziali maiuscole ad alcuni nomi proprj, e fatte poche altre lievi modificazioni formali che non alterano menomamente la genuinità del testo. I documenti, che ho pubblicati nelle note ad illustrazione delle lettere dell’Ottone, appartengono anch’esci al suddetto Archivio, e si riferiscono alle seguenti categorie: Lettere Ministri, Francia, mazzo 17, n. g. 2193, Registri Litterarum, n. g. 1921, 1922, 1927, Filza Secretorum, n. g. 1585, Filza Marittimarum, n. g. 1670. Cerimoniali, libro 4, n. g. 477, Lettere Principi, mazzo 6, n. g. 2782, Relazioni de’ Ministri all’estero, n. g. 2717. Non è necessario ch’io additi qui specificatamente le opere a stampa, colla scorta delle quali ho compilato le note ed illustrata nella introduzione la storia d’Inghilterra durante il breve periodo di tempo abbracciato dalle lettere dellOttone ; perchè esse sono nella maggior parte citate in calce ai luoghi opportuni. F. Poggi. LETTERE DI CARLO OTTONE + Sereniss.mi Sig.ri Doppo il dovuto ossecquio fatto a VV. SS. Serenissime servirà .questa mia prima letera scritta di Londra per darle parte, come alli 24 del corrente, arrivai in questa Cità, nella quale per trovarmi tottalmente forastiere non posso anchora discorrere nè de’ costumi del Paese nè delle novità della Corte. Dirò solamenti come sabato notte Sua M.a si inviò a Dovre per incontrare Madama sua sorella, quale da Doncherchem si era imbarcata per incaminarsi nel istesso luogho. E’ in dubio se Sua Altessa sia per trasportarsi qui ove verebbe tanto volentieri, et i fratelli tanto ne la desiderano; ma il Duca suo marito ni ha poca inclinatione. Però in Corte stimano, che la presenza del Rè glinè debba ottenere l’intento (1). Hier matina giorno di Dominica, e secondo la Chiesa Romana li 25 maggio, ma secondo questo Paese li 15 (2), si messe ad essecuctione il bando fatto dal Parlamento contro d’una setta d’huomini adimandati tremolanti, quale ordina, che in l’avenire non possino costoro radunarsi più di sei in numero, tanto in publico come im privato sotto pena pecuniaria per la prima e seconda volta à trasgresori. E perchè questi loro congressi sogliono farli alla Dominica, per oviarli vi mandorno alcune Compagnie della guardia del Rè quali però fumo da coloro pervenute, che in numero di quasi tre mila due hore prima del solito si erano radunati, ma al comparire delli soldati la magior parte presero la fuga, e pochi di essi ne fumo carcerati. Tutta la giornata andorno per la Cità alcune piciole truppe di Cavaleria, e nella Borsa (luogo ove si radunano li mercadanti) vi si fermò sempre la soldatesca per esser pronta ad accorrere ove havessero sentito farsi da costoro qualche radunanza. Si è dichiarato il Rè di voler in ogni modo che l’ordine del Parlamento sia osservato conosendo benissimo Sua Maesta, che questa gente quale hoggidì è in numero considerabile vano a fine di susitar tumulti nella Cità. Ho inteso questa matina esser di partenza un convoio di due nave da Guerra per Italia, ma non mi hanno saputo dire chi sia il Commandante, però prima del venturo ne haverò la cer-tessa. Questo è quanto. Intanto mentre io vò cercando il mio stabilimento, pregho VV. SS. S.me à prepararmi l’onor de’ suoi comandi, e con augurarle ogni prosperità e grandessa farò fine con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 26, e 16 Maggio 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Set eniss.mi Signori Non havendo anchora havuto fortuna di riverire la Maestà del Rè per la sua absensa, e per non havere sin hora alcun ne-goctio da tractare sarà causa, che io solamenti dij a VV. SS. Sme parte di quelle poche nuove, che vanno alla giornata seguendo. Madama Reale non havendo potuto ottenere l’intento dal Rè suo Cugnato nè dal Ducca d’Orlians suo marito di trasferirsi a Londra ha causato che martedì matina la Regina d In-gilterra con la Duchessa d’Iorch sua cugnata si siano partite verso Dovre per vederla, e le due navi da guerra, che per convolare alcune navi mercanti sono destinate per Italia scorte-rano prima Sua A. Reale verso Cales, e poi si indriserano a suo camino. Non devo tralasiare di scrivere un atto fatto da questo Parlamento prima del suo scioglimento, et anchor che questo possa essere venuto a notictia di VV. SS. S.me per esser seguito già due mesi sono, ad ogni modo tractandosi di actione che porta seco molta conseguenza ho stimato accertato il replicarlo. Il Milor Ross doppo esser stato molti anni con sua moglie et havendone havuto da questa prole, le diede nel Parlamento querella d’adulterio; non già perchè fusse per il pecato comesso castigata, ma per adimandare licenza di repudiarla, e poter passare alle seconde nozze. Due furno le oppinioni nel Parlamento, alcuni per il divorctio tra quali inclinava il Re (3), e li altri diversamente sentivano seguitando il parere del Duca di York (4), che accerrimamenti si oponeva come novità molto pregiudictiale al Regno. Dalla parte del Duca (5) vi erano alcuni di questi vescovi quali corroboravano le loro ragioni con li cannoni ecclesiastici e le bolle Pontificie de’ quali in altre occasioni non ne fanno alcuna estimactione, ma per essere a loro favore in questo loco se ne servivano. Si venne finalmente alla conclusione prevalendo la parte del Re (6), e fu dichiarato, che in l’avenire qualonque persona potrà provare non esserle stata fedele la moglie sia lecito mandarla a sua casa con i figli, e sposarsi con altra. Questa di-chiaractione di repudio dicono che habbia travagliato molto la Regina come quella che non ha mai avuto prole (7) possa esser un giorno mandata a casa e per questo il Duca di York (8) sosteneva per la validità del matrimonio come quello, che ha prole non vorebbe innovatione. Sabato al tardi entrò nella Cità il Regimento del Conte Dol-ford composto di 12 compagnie di cavalli quali per dubio di qualche tumulto, si sono divisi per le contrade; l’istesso giorno ari-vorno alcune compagnie che Sua Maestà haveva seco a Dovre, e questa gente stete tutta la Dominica con l’arme alla mano per oviare l’unione de’ tremolanti o sia settarij de’ quali ne furno carcerati molti, che insieme erano radunati. Questa gente è in tanto numero, che si dubita che un giorno possa susitare qualche grandissimo tumulto. Hanno mandato fuora un manifesto stampato la sostanza del quale si è, che il Parlamento non puoi far ordine contro di loro per essere veri Christiani e non settarij, e che loro danno a Cesare quel che è di Cesare, et a Dio quel che è di Dio (9). Si aspettava da Dovre Sua Maestà, quando si è poi inteso che vi si tracterà anchora per dieci giorni havendo havuto li- — (·) - cenza Madama Sua Sorella dal Re Christian.mo di fermarsi anchora per l'istesso tempo. Vi sono alcuni che stimano, e questo abbocamento non sia senza qualche gran causa, ma sin non si puoi penetrare cosa alcuna. . . Il Sig. Giovani Dodington segretario del’Ambasiate e^ Sig. Ambasiatore Straordinario è stato richiamato, e 010 e guito perchè ritrovandosi questo Signore in Turino, e par a col segretario di Sua Altessa Reale disse male del Rè c 1 et havendolo saputo Sua Maestà ne ha fatto far °& ia in questa Corte per il suo Ambasiatore, e lunedi parti un gentilhuomo che in quella carrica deve servire Ecca (lo)· . w SS. S.me, Questo è di quanto per hora posso dar parte a ■ ren(j0 essendo poche le novità per l’absensa della Corte, et occo . · ι· Λτττ cc c mp ne saranno qualche cosa degna della notictia di V V. bb. o.n pontualmenti avisati. Intanto farò fine con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra a 5 Giugno, e 26 Maggio 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig-i110 Sei \ Carlo Ottone. Sercniss.mi Sig.ri La Gasetta stampata in Londra, come anche tutti li a\ che di fora sono pervenuti qui, portano distintamenti la orn del ricevimento fatto costi al Milor Falcombridge Ambasia Straordinario di S.a M.a. Certo che se in tempo alcuno hò desiderato la Corte in J dra è in questo perchè volentieri ne haverei sentito discorieie. Non mancha però, che molti havendomi incontrato non me ne habbiano parlato, e con tanto lor gusto narrano i favori da SS. S.me statale fatti, che quasi pare, che si sia ecceduto. Fra breve si aspetta la Corte, et à suo tempo presenterò la letera a S.a M.a, e di quanto seguirà VV. SS. S.me ne {laveranno distinta relactione. ■ ' ■ ·’■ ’ Chi- ; * - ' ' ■ ·■ '··. -' ' . ‘ · * * · . ' ' ·· '''. Λ V· · " ' < *■ , ·.· V · ■.' · ■ - ·; - ’ '· . ·: . · ‘ ; .v·· '■ f ‘ . · ' : '· v; ·,. " .. .·' ... V- u:'·'·'· ;■ »-;v . « ’■ ' \ V — 7 — Intanto mentre io dalla benignità di VV. SS. S.me sto attendendo l’honor de’ suoi comandi mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 9 Giurino, e 30 Maggio 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Screniss.mi Sig.ri Desiderosa Sua Maestà Britanica che Madama sua sorella si trasferisse sino a Londra spedì da Dovre il Conte d’Albano al Christia.mo a ciò gliene concedesse la licenza, ma la risposta mandatale per il Conte di Presis fu, che non havendola proveduto d’ecquipaggio se non per Dovre il lasiarla andare più avanti non sarebbe stata di sua reputazione, e che pertanto l'havesse per iscusato. Mercordi questo Sig. Presis con carossa di Sua Maestà si trasferì in questa Cità per vedere le cose più cospicue, e sodisfatta la sua curiosità venerdì matina fece partenza. Anchorchè il Rè si trovi lontano ad ogni modo Dominica giorno* della sua natività sono state sparate molte bombarde in segno di allegressa, et hoggi giorno di lunedì cadono gli anni aponto quando del suo Regno prese il posseso. L’ostinactione de’ settarij da me altre volte nominati si fa via più insolente. Accorendo la solita soldatesca il giorno di Dominica per oviarle l’unione, questi radunatisi in strada comin-ciorno a predicare, e non tantosto era carcerato il Predicatore, che salendo un altro sopra una botegha faceva l’istesso ufficio onde in quella matina ne furno carcerati più di sesanta. Londra li 9 Giugno 1670 (11). Sercniss.mi Signori Per esser ritornata la Corte alla Cità, venerdì matina, io fui sabato dal maestro delle cerimonie, al quale diedi parte del — 8 — mio arrivo, e come a nome di VV. SS. S.me dovevo presentare una letera al Rè : doppo molti complimenti mi disse, che ne ha-verebbe dato parte a Sua Maestà et al Milor Arlintom primo segretario di Stato; al quale mi bisognerà portare la copia della letera, che a Sua Maestà devo presentare. ( Giovedì doppo disnare Madama Reale da Dovi e si ini ai co per ritornarsene in Francia, et il giorno seguente sul 1T^ZZ° arrivò in questa Cità il Rè col Duca di Iorche. E cornj.CTe dama non passava buona corispondenza col Duca i ®rc ’ in questo tempo si è repatumata seco, e listesso ha a ° Duca di Buchincam, Milor d’Ormuon e Milor Arlentom. ^ ^ della sua partenza domandò in gractia al Rè et a a anQ ciò volessero restabilire nella sua carrica di Grani iarn:je ^ della Regina il Milor Corbene figlio del Gram ^j1Cejyraes^à cugnato del Duca di Iorche, alla qual dimanda que e gliene fecero la gractia. Peeal Sua Maestà, che tracta sempre ogni sua actione con ^ splendidessa ha voluto mostrarlo magiormente in ques a sione della sorella, essendo che alle camerate di Ma amau^jm0 posti in tavola ogni giorno centotrenta piatti Reali, et in ^ donò alla sorella di regallo Xmila lire steriini, e la egma cugnata le donò tante gioie per sette mila lire simili. ^ _ Fra otto giorni partirano da questa Corte per ’rel ^ SS.ri Ameltom e Savil Gentilhomini mandati, uno da ‘a e l’altro dal Duca di Iorche per condolersi col nuovo Duca della morte di suo Padre (12). Non essendovi per hora altre nuove in Corte, che ques e che e di Marina solo una nave venuta dalla Virginia fa^nCajio tabacco per Londra, pertanto tralasierò di esser più on£ e solo mi ricorderò Di VV. SS. S.me Londra li 16 Ghigno, e 6 d.o 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Séreniss.mi Signori Mercordì al tardi mi fu dalla Posta mandato il piegho di VV. SS. S.me nel quale vi era accluso la forma del ricevimento fatto al Milor Falcombridge Ambasiatore straordinario di Sua Maestà, che per la distinta relactione, che VV. SS. S.me si sono compiaciute di farmene havere mi è stata carissima. Fui venerdì matina dal Milor Arlentom primo Segretario di Stato, e Le narai i motivi della mia venuta, e quanto VV. SS. S.me erano desiderosi di corrispondere al genio di Sua Maestà circa l'augumento del traffico, e lo preghai della sua protectione non solo in questo, ma in tutto quello si potesse all’occasione ra-presentare. Mi rispose essere obligato a farlo non tanto per corispondere al’inclinactione di Sua Maestà verso la Republica, ma anchora per li honori fatti al Milor Falcombridge, e che della sua persona ne facessi sempre cappitale. Nel incluso piegho trovai una di VV. SS. S.me in data di 28 Majo con la quale mi avisano l’instanza fatta al Sig. Ambasiatore per la Nave Sacrificio d’Àbramo, e se devo dire il mio sentimento stimo, che alla Nave vi si agiongerano le spese, non perchè li interesati non habbiano giustictia, ma perchè in questo Paese poco si ritrova, tanto più tractandosi di forastieri. Quando io andavo dal Milor, mi incontrai il Cavalier Guasconi di Patria Fiorentino, e mio amico, che in Corte ha grandissima familiarità, e dal Rè assai ben veduto. Mi disse che il giorno avanti haveva parlato di me con l’Arlentom; e lui le adimandò se io ero venuto per il Sacrificio d'Àbramo; rispose il Signor Guascone, che non lo sapeva ma, che quando ciò fusse era il dovere, che ogniuno havesse il fatto suo. Disse al’hora il Milor, che le liti avanti il Giudice del’Amiralità sono assai lon-ghe, e che lui fu necesitato abbandonarne una che vi haveva, doppo haver speso di molto. Si che da questo parlare VV. SS. S.me possono comprendere quanta poca disposictione vi sia per finire questa causa; tanto più che il sudetto Milor, come grandissimo amico del Duca d’Ormon, che in Irlanda vendè la nave, si è sempre attraversato alla Giustictia dichiarandosi di voler proteger l’amico (13). 10 — Onesto è quanto mi occorre con la presente alla quale darò fine per non esser più longho ricordandomi Di VV. SS. S.me Londra li 23 Giugno, c 13 (1670) Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sere ni ss. mi S ig.'ri Fu martedì da me il Mastro delle Cerimonie avisandomi, che la matina del seguente giorno haverei havuto udienza, e che manderebbe il suo substituto a pigliarmi come seguì. Era il detto Serimoniere a Palasso, e doppo 1 udienza d un inviato di Svectia (che quella matina haveva introdotto) mi presentò a Sua Maestà in tempo, che usciva da una stanza circondato da quantità di Sig.ri; et al mio incontro havendo nelle mani il capello si fermò. E perchè il presentarle una letera senza un poco di complimento rilaverebbero attribuito a stupì dessa, per tanto presi ardire d’accompagniarla con queste poche parole. Sire La Republica di Genova, che per instituto antico ha sempre nudrito verso questa Reai Corona i più vivi sensi di rispetto e sinchiera corispondenza, trova viè più accresciuti i stimuli de a sua reverentissima osservanza in questo tempo felice, che a a Sacra Reai Persona della Maestà Vostra il più alto auge 1 Gloria e venerazione deve la Gram Bertagna e la Republica su detta mille pegni di cordialissima Benignità. Onde havendomi essa fatto l’onore d’inviarmi in questa Reai Corte in qualita di Proconsole della Nactione Genovese per contribuire per quan to sia possibile al accresimento del traffico stringendo via più 1 legami d’una indesolubile corispondenza tra le due nactioni (per questo mezo che giova tanto alla commune felicità de’ loro Sfati) pertanto mi dò l’honore di appresentare a Vostra Maestà que- — li- sta credenctiale, qual servirà di riprova alla sincierità delle mie i everentissime espressioni. Suplico humilmente la sua Regia bontà a degnarsi di restar presuasa, che attribuendomi a sommo honore, et a singular fortuna quella ch’io godo d’esser a’ piedi di Vostra Maestà, e che compirò a tutte le parti della profonda venei actione dovuta al glorioso suo nome, et al zelo del suo Keal servigio ; come strettamenti mi imponghono i precisi commandi de’ Miei Signori, desideroso di meritare l’honor del suo Regio gradimento : poi che questo solo puoi partorirmi la sodi-sfactione de miei SS.ri che mi hanno mandato (14). Stete Sua Maestà molto atento, come quello, che bene intende 1 italiano, e 1 istesso fecero tutti quelli Signori quali tenevano talmente il Re soffocato, che chi di Sua Maestà non havesse conosenza non lo saprebbe distinguere: compij il mio discorso (non senza qualche poco rossore) doppo il quale Sua Maestà in francese mi rispose, ma con voce tanto piana, che se non vi fussi stato a faccia a faccia non 1’haverei sentito. La risposta in sostanza fu questa. Monsieur, vi vedo volentieri, e la letera della Republica mi è molto cara e dove potrò incontrare occasione di far conoscere 1 estimactione che io ne fò non la tralasierò : l’interessi suoi sono i miei proprij et in ogni occasione sempre li proteggerò, et in qualsivoglia occasione, che si rapresenti vengha liberamenti da me, che mi troverà prontissimo in sentirlo. Onde io al hora per non più tediarlo, in poche parole le resi le dovute gractie, e pigliai licensa; e l’istesso farò con VV. SS. S.me per fugire la prolisità. dovendo compire con altra nel istesso piegho ; ,e mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 30 Giugno c 20 d.o, 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Sig.ri Nel antecedente a questa ho dato parte a VV. SS. -me c prima udienza havuta da Sua Maestà. Ho detto, che pareva atto di dover uscire dalla sua stanza pei incaminai si s Hora sogiongo, che l’immaginactione fu vera, pere e pp la mia partenza entrò nella sua Capella pei fare oractio lendo quella matina tochar coloro, che hano male a a ao a, bene questa fonsione è solito farla d inverno una vo ta a timana (nel qual tempo concorrono gram quantità e ama ad ogni modo questa volta l’ha fatta ; ma privatameli i, e j ^ vi fui presente, ho stimato approposito dare a V tictia della forma, che tiene. . , Stà il Rè sedendo sopra una ordinaria sedia l°ntal^.c ro più di tré passi quasi tutta fuora del baldachino. i ^ a Sua Maestà vi sono in piedi due suoi capellani, uno ^ tiene il mesale in lingua Inglese, e doppo havei lecita 0 noster legge un Evangelio del autorità, che Christo ^ Apostoli di sanar coloro, che toccavano; al hora li ama ghono avanti il Rè (e li putti vi sono portati) quale coni mani le tocca un poco la faccia, et ogni volta, che sten e ^ per toccar uno, il capellano dice ad alta voce, que i c rete sarano sanati ; finiti li amalati il Prete finisce 1 -vanae , comincia quello di S. Giovanni, e quando ha detto . ipsum facta sunt si ferma, e di nuovo venghono i toc i a ^ di Sua Maestà che al collo le pone una medaglia d oro (c nastro celeste) di valuta di due pesse da otto reali, con 11T^Pr di S. Michele da una parte e da l’altra una nave, e finito c i ve costoro, il Prete finisce l’Evangelio con alcune oractioni, e p ultimo a Sua Maestà si dà a lavar le mani. Questa volta li infermi erano 60 solamenti, pere e per Regno non si è saputo, e tutti coloro, che hano humori re in qualsivoglia parte del corpo, hanno fede di guarire quan dal Rè sono tochati in faccia. Questa fonctione si fa con bonissimo ordine, perchè co oro, prima di andare dal Rè sono visitati da Chirurghi, pigliano in nota i loro nomi, et Sua Maestà non li tocca, che non diano un piombo improntato ad uno asistente, che li è vicino, e quando pigliano la medaglia rendono un altro contrasegno. Questo è quanto io vidi, e di quanto a VV. SS. S.me in simile fonctione posso darle notictia. Per fine mi ricordo sempre Di VV. SS. S.me Londra li 30 Giugno, c 20, 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sercniss.mi Sig.ri Visitato che io hebbi mercordì matina Sua Maestà andai al doppo disnare dal Milor Filippo Oorte Grande elimosiniere della Regina. Questo Signore è frate Dominicano, et è fratello del Conte d’Avendel e Duca di Norfoche, che hora si ritrova Ambasiatore al Taffiletto (15). Sono Cattolichi e de’ primi Sig.ri d’Inghilterra, e come che questo Milor Filippo nella Chiesa della Regina veste d’Abbate si puoi quasi chiamare Capo de’ Cattolici. E’ stato sei anni in Italia e delli Italiani molto amico. Mi volse condure dalla Regina dal Duca di Ihorch e dalla Duchessa onde io hebbi per bene di andarvi, perchè essendo pochi li Italiani, che si trovano in questa Corte, sono veduti volentieri, e questi Principi hanno a caro la lor conosenza. Non si puoi credere quanto sia grande la cortesia che usano generalmente con tutti, che non si distinghono da privati, et una di queste sere vidi le due Maestà al barcheggio per il fiume (però in barchetta diversa) circondati da quantità di dame d’ogni condictione, e cavaglieri, che non si distingueva quali fussero, perchè tanto il Rè come la Regina quando vogliono andare per acqua, la prima barchetta, che si para avanti sopra quella si imbarcano, non ostante che habbiano le loro con li suoi homini, ma per godere la libertà non le vogliono. Fui il giorno doppo dal Ambasiatore di Venectia, che con molta cortesia mi accolse. Lodò la resoluctione di VV. SS. S.me in mandar persona, che asista in questa Corte, perchè, come mi disse, quà si tractano tutti li affari di qualsivoglia Prencipe, e — 14 - molte volte, chi non vi ha persona ne puoi ricevere notabile pre-giudictio. Sua Eccellenza parlò molto bene della Republica et ogni volta che la nominava, era col tittolo di Serenissima, e quando nominava la sua non le dava tittolo; e se bene questo a me non è nuovo, ad ogni modo osservai, che sempre continuò il suo discorso nel istessa forma. I ministri di questa Corte sono molto galanti, e di gram valore, et atti a qualsivoglia gram maneggio, e quel, che più importa sono talmente sodisfatti di VV. SS. S.me, che quando mai si rapresentasse occasione di tractare Publici affari vog io credere, che non si dovessero incontrare molte dificultà. Stimo per accertato di visitare questi Signori del Consiglio e que 1 particularmente de’ quali il Rè più si serve, a ciò, che venenco l’occasione di negoctiar con loro per augumento del tra co o altro, non le sia nuovo, et havendo di già dato principio, cono sco quanto sia grande la stima, che tutti i Principi fanno di que sta Corona poiché doppo la lega tripli ogniuno ha acaio, c e quà sì tractino i suoi interessi (16). . Li Olandesi, che hoggidì hanno il magior traffico di Qua sivoglia nactione, non solo tenghono quà un Residente, ma i presente vi hanno inviato un altro, perchè vorebbero ampliare x comercio, ma si dice, che non otterano cosa alcuna stante a gelosia, che per causa di traffico è tra le due nactioni. Per la morte del Duca di Nortomberland seguita in Turino resta estinta la Casa che per richessa et antichità era una de e magiori del Regno. Una sol figliola è rimasta di quatro anni quale si tien per cosa certa che Sua Maestà la voglia maritare nel magiore dei figli naturali, che ha della Contessa di Caste -mene, quale ha nove anni (17). L’ordine del Rè di far battere a terra tutti i luoghi ove si radunano questi tremolanti per fare le loro prediche è stato revocato, havendole, in luogo di demolirli, assig.ti alli protestanti quali di già ne hano preso il posseso. Ma il bando d’alontanarsi venti miglia dalla Cità tutti coloro, che portorno l’armi a favore del Parlamento contro il Rè se li dà essecuctione, et in ogni canto di strada è stato affisso. Venerdì fu data la mostra alla nuova levata delli ducento cavalli quali con li trecento altri insieme che haveva Sua Maestà — 15 - andorno pei la Cità, e questa girata non hebbe altro fine che mettere terrore a’ settarij e tenerli a freno. Il Duca di Norfoche, che andò Ambasiatore al Tafiletto ìitorna indietro senza haverlo veduto per haver havuto notictia, che voleva tenerlo prigione sino a tanto che Tanger le fusse dato nelle mani. E perchè altro non ho che sogiongere farò fine con ricordarmi al solito Di VV. SS. S.me Londra li 30 Giugno, e 20, 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Mercordì matina arrivò un Corriero di Francia spedito dal Ambasiatore Inglese al Milor Arlentom Primo Segretario di Stato con l’aviso del improvisa morte di Madama Reale. Questa nuova cosi inaspetata non solo ha conturbato molto Sua Maestà et il fratello, ma ha resa funesta tutta questa Corte, tanto più che si parla pubicamente di veleno. Venerdì matina ne comparve un altro spedito da Monsù de Lionè al Ambasiatore di Francia, col quale, le dava parte come Sua Maestà haveva fatto aprire il cadavere di Madama alla presenza del Ambasiatore inglese, e con asistenza di medici, cirugichi et alcuni Cavaglieri del istessa nactione per levare tutti li sospetti, immaginabili, di morte così al improvisa, e dicesi che vi habbiano trovato corotte tutte le viscere. Di giorno in giorno si sta attendendo di Francia il Maresial di Bel fon spedito da quelle MM.a per venire a far condoglienza con queste, e intanto dovendo repigliare il luto, pochi giorni prima lasiato, hanno proibito le Comedie. La facilità grande con la quale il Rè ametteva alla sua u-dienza ogni ministro de Principe, si era talmente avansata, che quasi haveva degenerato in dispresso, onde ne seguiva che per qualsivoglia causa legera sempre comparivano in camera del Rè senza sua saputa; e volendo a questa libertà abbusata porvi t — 16 — qualche rimedio, fece intendere alli Ambasiatori, che quando per negoctio o complimento publico vogliono andare a trovarlo, che glielo facessero sapere il giorno avanti. Questo non ostante il Signor Ambasiatore di Francia (per il quale fu fatto Questo ordine) venerdì doppo disnare al’improviso comparve a e per condolersi della perdita di sua sorella ; in tempo, c e a Pariggi non ha anchora havuto letere di Sua Maestà, e a u gnato non glienè è anchora stato scritto. Fu dal Rè con poca sua sodisfactione ricevuto non solo per esservi andato cosi a la sprovista, come anche per la poca sodisfactione che a e a morte di questa Signora. ; ς Si raconta che quando da Dower si lasiorno 1 Altessa ua dicesse alli Fratelli, che non si sarebbero mai più vedutile c e stimava di campar più poco perchè il suo marito non so o più non l’amava ma l’odiava a morte (ma questo io non 1 a ermo per vero); certo è che subito bevuta che hebbe un vaso di cicorea si conobbe per morta, e mandato a chiamare ni siatore d’Ingilterra, col quale doppo haver parlato qua eie po co perdè la parola : quà così in Corte si discore, ma ■ S.me ne haverano havuto da Pariggi più certo aviso (i )· Il sudetto Ambasiatore visitato che ebbe il Rè fu a a gina, che nel medemmo modo lo racolse, onde veden osi fredamenti da ambiduo ricevuto, si trovò tanto confuso, c e q si non sapeva che si dire. & Il giorno avanti che di quella Principessa si havesse n ^ della morte, sentij discorrere da un de’ primi Signori e a ^ come Sua Maestà haveva havuto aviso dalla sore a, 1 strapasso grande ricevuto dal Ducca d’Olieans suo con qualche ragione hanno occasione di temere, e per ne res Di VV. SS. S.me Londra li η Luglio e 27 Giugno 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. 1 ni venerdì dal Conte D’Anglisè uno de' Sig.ri del Consiglio, e che in questa Corte ha grandissima autorità e credito. Questo Signore parla bene Italiano, e si puoi quasi chiamare 1 rotectore del Italia poi che a tutti fa piacere. Professa di parlar libero, e fuora d ogni passione, e d’essere indi ferente ami-nistiatoie della Giustictia, et in questo buom concetto se ne vive (19). Io che del valore di questo Signore ho havuto notictia fui a visitai lo e doppo varij discorsi, mi nominò il Capitanio Basso, e la sua lite che ha\'eva. Hebbi a caro, che ussise sopra questa piatica.per sentirne il suo senzo. Lo pregai del suo patrocinio, et a ciò conosesse 1 estimactione che io della sua persona facevo mi offersi di metter tutto questo negoctio nelle sue mani, e lo pre-ghai del suo consiglio. Mi rispose d’haver agiutato il Basso, et in ultimo d haver veduto il processo nel quale per deposictione de’ marinari consta la roba essere la magior parte delli Olandesi, e come quelli hanno rimesso più volte denari per tirare avanti questa lite, e che stante queste prove era certo, che la sentenza si sarebbe havuta contro, e mi consigliava a non vi agionger spesa d’avantaggio. Quando hebbe finito di parlare molto lo regrac-tiai del suo consiglio, non manchai però di sogiongerle, che i marinari non possono fare queste fedi per essere costoro gente idiota quali non hanno cognitione di chi sia la merchanzia, perchè in quel luogo ove si carrica stimano sempre, che spetti a negoc-tianti di quel paese. Onde per il contrario li interesati Italiani non venghono con si fatti essami, ma con prove autentiche di polisse di carrico e scriture veridiche. Che poi il Capitanio Basso habbia havuto rimesse d’Olanda per tirare avanti la lite, era a tutti noto ; ma coloro per li quali li haveva havuti, erano Italiani perchè in quel paese vi sono delli Genovesi si come delle altre nactioni. Questa fu la sostanza del discorso. Ma perchè cotesti Signori interessati prima della mia partenza mi fecero procura per tirarla avanti, io al parlare di questo Signore, anchor che vi habbia gran fede, non mi sono acquietato, e andai dal Milor Dolis huomo giusto e di grave età, e che in questo affare si è sempre mostrato a favore del Basso; le narai 18 il discorso seguito col Conte, e lo preghai del suo consiglio. Mi disse che il Giudice della Causa è suo amico, e che e Intorno do· nore, e che haverebbe parlato seco per intendere in qual termine si ritrova, e che le mandassi anchora l’Avocato per ren ersene a pieno informato perchè poi mi saprebbe dire se questa causa era bene proseguirla. Certo è che le liti in tutte le Cità sono male, ira in questa so o pessime, tutte si fondano sopra testimonij de quali se ne rova tanta copia che è cosa incredibile tanto più tratandosi c 1 es narsi contro forastieri. . · „ ,· Ma perchè il Signor Gio Steffano Centurione mi se nuovo sopra questo affare, e ricevo la letera in tempo c già havevo scritto la presente, stando per partire o pregho la Benignità di VV. SS. S.me a fargliela ve e sappia in che termini stà questo negoctio. Con c e m Di VV. SS. S.me Londra li 7 Luglio e 27 Giugno 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Ser.mi Sig.ri Per la morte di Madama Reale tutti li Ministri de Pren cipi vano dalle due MM.a a far complimenti di |on g ^ e perchè a me in essecuctione delli ordini di VV. · ■ ^ ^ tocca far figura di sorte alcuna, per tanto quando · ^ stimassero a proposito di scrivergliene due rig e so rj_ rebbero molto agradite, e questo sia detto sol per rie metendomi alla Prudenza di VV. SS.me. . , re di Fui un di questi giorni a far riverenza al m asi -Francia, e doppo qualche discorso, mi adimandò e "1^,. „a polito Centurione, e se VV. SS.me le haverebbero c a 0 di lasiar stare in Genova le Galere del suo Rè nella con 0 che vi sono quelle di Spagnia (20). Le risposi che erano di tre mesi, che da Genova m’ero partito, e che di Francia av aviso come quel Signore si ritrovava colà dal Rè bene acca - 19 - sato, e così mutai ragionamento. Questo Ambasiatore è fratello di Monsù Colberti. E per non haver che più sogiongere, finirò ricordandomi sempre Di VV. SS. S.me Londra li 7 Luglio e 27 Giugno 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Sig.ri Non mi trovando letere d’Italia, e non ricevendo anchora i commandi di \^V. SS. S.me da me tanto desiderati, sarà causa di brevità, havendo scritto a parte quelle poche nuove che hog-gidì sono nella Corte, quale ad altro non sta aplicata che a fare il Gran Duolo. Si discore, che la morte di quella Gram Signora sarà di molta perdita alla Francia, e che thraerà seco di molte conseguenze, perchè era tanto grande l’affetto, che li fratelli le portavano, che da questa Corona molto la Francia ne poteva sperare essa vivente. Per seguitare il stile della Corte mi è bisogniate vestire me anchora di Duolo; perchè se bene io non ho da far figura, ad ogni modo dovendo per causa della messa praticare nella Capella della Regina e delli Ambasiatori, mi è convenuto far questo; tanto più, che tutte le persone civili in queste occasioni si mettono il bruno. Sono due settimane, e più, che in questa Cità piove quasi ogni giorno, nè si è anchora sentito caldo, e se il tempo anderà poco più avanti in questa forma non haveremo estate. Et a VV. SS. S.me augurando ogni magior Grandessa fo humilissima riverenza con ricordarme Di VV. SS. S-.me Londra li 14, e 4 Luglio 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. — 20 Scrcniss.ìììi Sig.ri Sono molti ordinarij che d'Italia i;on ho letere, il che mi fa dubitare che quelle, che ho scritto a λ V. SS. S.me possino es sere ite a male, se bene non vi era interesse di consideractione, a ogni modo non vorei, che si fussero smarite. In questa Cità sono cinque giorni, che il caldo ha dato prin cipio a farsi sentire, e non mancha di essere noioso tanto più questo tempo, che ogniuno per il duolo di Madama Reale, \ a \ e stito di Drappo. . . . Venerdì circa le venti hore. ad una fenestra della ia eria e Re vi furno tirate otto palle di piombo picole come carnea pistolla, e queste con poco intervallo di tempo venero una oppo l'altra. La novità del fatto ha dato occasione di gran issmio discorso al Popolo ; non essendosi trovato da chi o da qua p siano venute; però in Corte non se ne è fatto conto a cu che per non essersi sentito streppito si stima, che ha\ en o qv che duno provato una balestra habbia casualmenti tira quella volta. Questa Galeria è un andito luongho, ove pa. ogni persona, e Sua Maestà vi passa due volte il giorno qv va alla sua Capella, e ciò sia"detto per aviso, poi che 1 clue fatto chi non sà il seguito vi forma sopra grandissimi *®c°r Il Duca di Iorch, che per causa d’indisposictione è anca o cambiar aria si ritrova assai migliorato. Questo è quanto posso scrivere 111 questo ordinario, c e p non haver che sogiongere finirò con preghare a λ' V. ogni Prosperità e sempre ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 21 Luglio, c 11 d.o 1670 Humiliss.mo Dev.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - 21 — Sercniss.mi Sig.ri Servirà la presente per darle parte, come mercordì ricevei una di VV. SS. S.me in data de 18 Giugno, nella quale mi avisavano il discorso seguito col Milor Farcombridge circa li Vaselli da Guerra, che se ne venghono in cotesto Porto com pretensione d’esser salutati del paro. Di questa pratica in esse-cuctione de’ commandi di VV. SS.me non ne farò motivo se non quando me ne sarà dato l’ordine. Intanto desideroso di godere l’honor de’ commandi di VV. SS.me farò fine con pregharle dal Celo ogni Prosperità e Grandessa, e mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 28, ^ 18 Luglio 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Sig.ri Se il Re della Gram Bretagnia non havesse da far altro, che di sentire le supliche de’ suoi suditi, che pretendono sodisfac-tioni da forestieri, certo che non sarebbe senza grande occupazione ; poiché, hor con un pretesto, hora con un altro sempre adimandano, che sia fatto a loro quello, che ad altri in questo Paese perde la speranza di ottenere. Ciò mi fa dire una scritura stata presentata al Milor Arlintom primo Segretario di Stato per doverla dare in mano di Sua Maestà, dalla quale VV. SS. S.me conoscerano quanto costoro siano arditi, et in che forma vogliono fare parlare dal Re. Monsù di Viglenson mio amico, e Segretario del Milor sudetto, che apresso di suo Patrone è in grandissima stima, prima di lasiarla presentare a Sua Maestà ha usato meco questa civiltà di mandarmela a Casa, a ciò la vedessi : onde io havendone cavata una copia, la trasmetto a VV. SS. S.me (21). .11 seguente giorno fui dal Viglensom e le portai la scritura mandatami; le dissi come io non intendeva il senso di questo - 22 — discorso, poiché se il Signor Grimaldo deve dare alli Inglesi non ha occasione di secquestrarle li loro effetti, e secquestrandoli mostra d’essere creditore. Che quando in Genova vi fu il Milord Falchombridge a sua instanza VV. SS. S.me hanno ordinato, che siano sodisfatti coloro, che dovevano havere, il che segui, et hora non sò capire da che vengha questa dogliansa. Se poi l’interesse del qual parlano fusse litigioso come mostra di essere, al’hora non si possono abreviare quei termini, che le eggi prescrivono. Della risposta il Viglensone restò assai appaghato, e mi ìs se, che quando sarebbero andati da lui coloro che portorno a suplica, si sarebbe fatto dare più distinta relactione poiché an chor lui conoseva che questa era molto imblogiata. Io e issi questo non solo perchè cosi a me pareva, ma anchora per pi gliar tempo a ciò VV. SS.me ne restino avisate doven orm or dinare come in apresso haverò da contenermi in questo a are. Intanto augurando a VV. SS.me ogni felicità e Prosperità aro fine con ricordarmi sempre Di VV. SS. S.me Londra li 28, e 18 Luglio 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Si ritrova in questa Corte il Langravio d’Asia, che da Sua Maestà viene tratenuto in diversi passatempi, e Giovedì si tro vò ad una caccia di cervi, che per la gram copia di questi anima 1 riuscì bellissima. ^ .. La Contessa Castelmene favorita di Sua Maestà, e a a quale il Rè si ritrova havere molti figliuoli, è stata dichiarata Duchessa, et il suo primogenito in ettà di nove anni è stato fatto Marchese. Questa Signora è nata di nobil sangue, ma di Religione Protestante, e doppo, che con Sua Maestà comincio haver comercio, si dichiarò Cattolica, e così vive tuttavia, facendo allevare i suoi figli nella Cattolica Religione. A Comici (che per causa del Duolo, era proibito far le Comedie) hanno havuto licenza di recitarle, e Sabato diedero principio. Si è sparsa voce, che il Duca di Buchincam sia per andare Ambasiatore Straordinario in Francia; ma sino adesso non ve ne è anchora la certessa. L’Ambasiatore di Francia per honorare magiormenti il Ma-resial di Belfuom suo ospite diede martedì un sontuosissimo convito al Rè, e Sua Maestà desideroso di darle una vista delle sue Guardie, haveva ordinato, che tanto la cavaleria come la fanteria si dovessero trovare Sabato in un gram Prato; ma l’acqua che cominciò Venerdì, e durato tutta la Dominica, non l’ha premesso (22). Si ha aviso che il Duca d’Iorch gode assai buona salute, e che si trova assai salutiffera l’aria di Rocimon ove è andato a tratenersi. La mostra delle Guardie, che per causa della pioggia non fu data Sabato, è stata fatta questa matina giorno di Lunedì. Li cavalli erano cinquecento, e li fanti duamila. Vi era il Rè a cavallo col Maresial sudetto accompagniato da molti Signori. Londra li 28, poi che il Rè Britanico come Signore del ma^e oceano tende, che li suoi Vaselli non habbatino mai Stendardo. _ De Londra non si ha che poche novità; quali la Bemgn di VV. SS. S.me si compiacerano, che siano poste a pie di ques per allegerirle il tedio, che le possono apportare il multip ico lettere. . ^ t Vi Dal primo giorno impoi il Parlamento non si è radunato c Giovedì a causa che molti Milor, et altri deputati non erano anchora arrivati. Hanno risoluto di socorrere Sua Maesta 1 danari, ma non si è anchora tractato nè della quantità e or ma di darglieli; poi che questa pratica ha bisognio di luong o - 45 — discorso, e secondo le leggi del Regno tre volte devono essere, li ordini del Parlamento, da l’una e l’altra Camera approvati. Si vociffera però, che la somma del danaro assenderà a due milioni e ducento mila lire steriini. Il modo di cavar queste somme così relevanti ; per altri tempi hanno tenuto diversi modi ; alle volte hanno fatto paghare tanto per testa; altre volte si è posto una imposizione sopra li campi; et altre volte qualche Gabella sopra le robe forastiere; e questa ultima sarà quella della quale si servirano nel presente bisognio; havendo inteso dire, che pensano d’accresere li dactij sopra la telaria, che viene di Francia, come anche sopra le Drogherie. Ma si come questi discorsi possono cambiarsi da un hora al’altra, così intendo di dar parte a VV. SS. S.me quel, che di presente hora si tracta., Dominica sera circa le 22 hore e con molto gusto di Sua Maestà gionse il Principe d’Oranges, quale subito visitato il Rè e la Regina suoi zii e tutta la Casa Reale si ritirò al suo appartamento (42). Queste sono quelle notictie, che in questa settimana mi sono pervenute, et augurando a VV. SS. S.me ogni Prosperità farò fine con sempre ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 10 Novembre, e 31 Ottobre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Le occupazioni grandi ne’ quali si ritrova il Milor Arlentom primo Segretario di Stato per causa del Parlamento, non le hanno anchora premesso di darmi udienza per un hora ; haven-domi fatto dire, che domatina (giorno in questo paese di tutti li Santi) vada a trovarlo, poi che a causa della festività le Camere non sedono. Ho stimato che questa poca dilactione datami da — 46 — questo Signore, non sia ad altra fine, che di volerne parlare prima con Sua Maestà ; poi che li affari del Parlamento anchorchè siano molti non lo tenghono talmente occupato, che non le lassino un hora di tempo per sentirmi ; tanto più, che sin hora il Parlamento non si è radunato che due volte, e questa matina sarà la tersa. Di quanto anderà seguendo darò pontual notictia a VV. SS. S.me à quali augurandole ogni magior grandessa farò fine con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li io Novembre, e 31 Ottobre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sercniss.mi Signori Martedì non fui da S.a Maestà; poiché era andata à caccia, e visitai il Milor Falcombrig, qual subito mi adimandò in c e termini erano li affari di VV. SS. S.me in materia di saluti, e risposi, che da pochi giorni in quà haveva havuto ordine 1 solecitarli, e che non credevo di dover incontrare alcuna 1 cultà ; poiché la domanda, di non fare innovazione, per se stes sa è tanto giusta, e domandata ad un Re del favoi del qua e VV. SS. S.me ne fano tanto cappitale. Sogionsi, che volentieri ne sentirei il suo parere, e mi terrei al suo consiglio, poic e so quanto ha opperato à beneficio della Republica Ser.ma. ora mi disse, che alla sua udienza del Rè, si discorse di questa pra tica ; e che due dificultà ha trovato nella Maestà Sua. La prima, che non si puoi provare, che per avanti i Vascelli da Guerra a biano salutato con più tiri di quello li è stato risposto. La se^ conda, che havendo i Francesi questa pretensione, Sua Maesta non puole a meno di non continuarla, sino a tanto, che quelli non desistano. Si offerse di parlarne al Milor Arlentom, et al hora voleva, che io vi andassi seco, ma un cavagliere, che sopragionse l’impedì. — 47 — Mi disse de favori costì ricevuti, anchor che le havessero fatto contrastare un pesso il luogho della dricta mano appresso il Serenissimo, e che quanto alla sua persona non si puoi che lodare; ma che i negozianti inglesi, che si trovano costì, molto si dolgono delle loro liti, e che adesso, che è arrivato alla Corte aspetta quantità di letere piene di querele, a ciò ne parli con Sua Maestà. Al hora le risposi, che è proprio de’ litiganti sempre lamentarsi, poi che ogniuno stima d’haver ragione, e che coloro, che devono sborsar danari, tentano tutte le strade per fugire il paghamento ; ma che questo male è commune in tutte le persone, e in tutti li Paesi. Restamo di vedersi doppo qualche giorno, essendo adesso impiegato ad’assetare una nuova habbitactio-ne che ha cambiato con un’altra, che lui haveva, e quando non haverà tanta occupazione sarò di nuovo a trovarlo. E per fine mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 24, e 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Mercordì matina hebtji udiensa da Sua Maestà alla quale doppo haver fatto l’instanza sopra l’ordine da darsi a cappitanij delle sue navi da Guerra ; con molta cortesia mi fece la seguente risposta : Monsieur, a me poco importa, che i miei Vaselli siano salutati con più o meno tiri ; poi che io di questo non ne fò conto ; ma fui forsato a dar questo ordine a’ miei Cappitanij, perchè intesi, che il Commandante Francese (voleva dire del Martelli del quale non le sovenne il nome anchor che molto vi pensasse) in Livorno ottene pari saluto, et in Genova tentò l’istesso; onde io volendo, che i miei Vaselli siano tractati come quelli di Francia, le ordinai, che non salutassero se del pari non erano resalutati, e ciò lo feci non per voler apportare pregiudizio alla Republica, ma per non essere stimato inferiore alli altri; poi che a me poco — 48 — importerebbe di cercare queste cose quando da altri non fus-sero richieste; tanto più con la Republica di Genova, con la quale passiamo si buona corispondenza. Al’hora preghai S. M. a darmi licenza di poter risponderle, e dissi: Che il porto di Livorno non ha da esser paragonato a a quel di Genova ; poiché Livorno è una piassa di negoctio diretta da un governatore mandatole dal Gran Duca, ma Genova esser Capo della Liguria, e Cità dominante ove risiede il Principe. Che poi vi siano stati Vascelli francesi, che habbiano preteso in Genova quei saluti, che la Maestà Sua mi dice (so-gionsi) io non sono per contradire alle sue Reali parole, ma hu-milmenti la suplico ad’havermi tanto di credito di poter testificarle, che di questa pretensione de francesi non ne ho mai sentito parlare, e pure quando ciò fusse seguito, ne haverei havuto qualche notictia, e se la Cità volesse pratichare i saluti da desiderati, pari traciamente cercherebbero le altre Corone, con pregiudictio notabile della Republica, qual vive in certa tee e, che (se mai Principe alcuno volesse turbare la sua giuris ìctio ne) Sua Maestà ne intraprenderebbe la difesa come ςΗ stato suo proprio; e questo lo misurano dalla molta riverenza, c e por tano al suo Glorioso nome, et alla Reai sua Persona per man tenimento della quale la Republica SS.ma incontrerebbe volentieri ogni occasione, che se le rapresentasse. Mi rispose al’hora il Re, che della pretensione avuta in Genova dal Comandante francese lo sapeva di ceito, e c e cono sceva molto bene la diferenza, che è dalla Cità di enova porto di Livorno, e che lui non cercherà questo ogni vo ta i francesi non lo cerchino; che non è suo pensiero di disgustare la Republica con la quale passa sì buona corispondenza, e che di questa pratica ne discorrerà, e che farà il possibile per man tenimento della buona amicictia ; et al’hora io le presentai 1 me moriale. ·« Nel discorso di S. M„ come VV. SS. S.me osserverai, U Rè non tochò il ponto detomi dal Milor Falchombrig ciò è c e navi da Guerra fussero sempre state tractate com pari sa uto, ansi S. M. si dichiarò con dire havendo inteso, che i Francesi hanno questa pretensione anchor io ordinai a miei Cappitanij, che anchor loro la cerchassero. - 49 — Questo è quanto hebbi in risposta da S. M. circa l’affare sudetto, et in appresso le parlai del Console di Tanger; come in altra a parte dò notictia a VV. SS. S.me : alle quali preghando dal Celo ogni contentessa finirò per non esser più luongho con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 24, e 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Doppo haver parlato a S. M. circa; i saluti pretesi dalle navi ; le rapresentai le dificultà fatte dal commandante di Tanger al Console della Nactione, non volendo riconoscerlo per tale senza l’ordiric· di S. M. Le sogionsi come VV. SS. S.me volonterosi d’incontrare i desiderij della M. S. in accrescere il commercio, si come dal Milor Falcombrig le fu rapresentato, havevano eletto questo sogetto habile a ciò fare; come anche per asistere a’ Vascelli della Republica, che in quel Porto haverano occasione di pratichare ; per tanto mi assicurano che la benignità sua have-rebbe fatto dar li ordini opportuni, a ciò in l’avenire a’ Consoli non fossero state fatte queste dificultà. Sua Maestà mi rispose di farlo, poi che conosce, che per mantenere il traffico, i Consoli son necessarij ; ma che non puoi pensare di dove sia venuta questa dificultà. Le presentai al’hora il memoriale, e ringractiandolo della grata udienza, pigliai scusa del incommodo apportatoli, e mi licensiai. Nel uscir dalla Camera incontrai il Milor Arlentom, che mi adimandò se havevo parlato al Rè; le risposi che sì, e con molta premura le racomandai questi interessi; de quali mi rispose, che ne haverebbe havuto pensiero, e che haverebbe servito con tutto 4 — 50 - il suo potere VV. SS. S.me; a’ quali augurando ogni Prosperità farò fine con sempre ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 24, c 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Havuta che io hebbi l’udiensa da S. IVI. andai il ^ guente dal Duca di Iorche. poi che pensai, che havendo tatto ricorso al Rè e non dandone parte a Sua Altessa Rea e (c e e Grande Armiraglio) forse se ne sarebbe offeso, et al negoctio si sarebbe attraversato. Le rapresentai quanto havevo e o S. M. in questa pratica de’ saluti, e l’istessa risposta aitami a Rè l’hebbi da S. A. Reale; con dirme, che al’aviso_havuto del a pretensione del Martelli commandante di Francia, havevano dato ordine a’ suoi cappitanij di tentare 1 istesso. A 10ra sogionsi. che di questa pretensione non ne havevo mai sen parlarne, e che quando il Martelli l’havesse cercata, il che non credo, non per questo li era stata concessa, essendo ’ di qualsivoglia persona il far nuove domande, ma non già tenerle. . , Mi rispose al’hora Sua Altessa, che erano certi della repu -sa. che il Martelli hebbe dalla Republica, e che fecero bene, sogiongendo queste formali parole: anchor noi conosiamo c ser la nostra una richiesta fuor di ogni ragione, poi che a a Cità di Genova ad una nave, vi deve esser qualche diferenza, ma per haver fatto questa domanda i francesi, anchor noi la ac ciamo, non già per ottenerla nè per voler far torto alla Repu blica, a favor della quale ne parlerò con S. M. desiderosi di conservar seco la buona corispondenza, che habbiamo insieme, e per ultimo essendosi offerto tutto per VV. SS. S.me lo lasciai. - 51 — E 1 istesso farò alla presente per non haver occasione di farla più luongha racordandomi Di VV. SS. S.me Londra li 24 e 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Sono stato questa matina dal Segretario Arlentom per intendere, che espediente si era pigliato sopra l’instanze fatte a S. M. Mi ha detto che hieri si dovevano legere li memoriali, ma per li grandi affari del Parlamento non si è potuto, e che questo si farà quanto prima. Da questa risposta vengho in cognitione, che S. M. ne voi parlare nel suo Consiglio (che si gionta tutte le Dominiche al doppo disnare), e secondo il parere de’ Consiglieri governarsi. Se poi con premisione di VV. SS. S.me devo dirne il mio sentimento, credo che si haverà l’intento ( poi che S. M. e S. Altessa Reale si mostrano bene inclinati verso la Republica SS.ma) ma non senza qualche dificultà. Poi che in questa Corte sono tanto inipresionati di quest# domanda che dicono haver fatto il Commandante francese Martelli ; e di non voler cedere nelle loro pretensioni alla Francia, che questo dificulterà molto il negoctio. Non mancherò intanto d’andar ad uno de’ Consiglieri mio amico, a ciò sentendo sopra questo discorrere possa pigliar la protectione del affare. E a VV. SS. S.me facendo humiliss.ma riverenza farò fine a questa, con dedicarmi Di VV. SS. S.me Londra li 24, e 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori ! Servirà la presente per accusare una di VV. SS. S.me m data de’ 31 Ottobre, e ricevuta in questo ponto, che mandavo le letere alici Posta Vedo l’ordine di VV. SS. S.me per la diligenza della Persona nominatami, e con ogni segretessa farò tutto il possibile a-verne notictia, e quando non vi sia procurerò intendere che ne sia seguito, e del tutto a VV. SS. S.me ne darò quella distinta relactione, che ricercano (43). Con che farò fine ricordandomi Di VV. SS. S.me Londra li 24, e 14 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Fui venerdì da! Segretario di Stato per Iiberactione si era pigliato sopra li due memonah * 1 a Sm Maestà; e mi rispose, che per 1. aitar, del Parlamento si erano anchora letti, ma che seguirà quanto Pnl f,avendo Onesta matina di nuovo sono stato a trovarlo havend inteso che io lo stavo attendendo; mi ha mandato a d re «la uno della Segretaria, che li memoriali hien sono stati , scritto mi haverebbe mandato quel tanto s. era dete. minato ^ Da questa risposta mi dò a credere, che il tutte. calerà secondo il desiderio di VV. SS. S.me, poi c le quan . contrato qualche dificultà, me ne haverebbe detto qualche · Fò pensiero di tratenermi sino a Giovedì per veder q che ne siegue; e quando dalla Segretaria non ha Dia in se la risposta promessami, anderò di nuovo dal Milor per solecitarla. - 53 - Intanto augurando a VV. SS. S.me un colmo di gloria farò fine a questa con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra il p.o Dicembre, e 21 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Si portò alcuni giorni sono qui incognito l’Internonctio del Papa residente in Collonia per pigliare informactione de’ Religiosi, che habusandosi della facultà concessale da Roma (di poter in caso di necessità celebrare due messe il giorno) questi per causa di guadagnio ne celebrano tre e quatro, onde per levar via quest inconveniente stimasi, che a Roma ellegerano Vescovo il Milor Filippo Oorte ellimosiniere della Regina sotto l’ube-dienza del quale doverano vivere. Quando si vengha mai a questa ellectione si leverebbe via un altro scandalo ; et è, che molti religiosi venghono d’Italia, dicendo esser mandati quà da loro superiori, e celebrano senza admisorie (poiché non vi è chi le cerchi) e doppo qualche tempo per pigliar moglie si fanno protestanti. Ma quando vi sarà il Capo procurerano di vivere cattoli-camenti, poi che facendo altrimenti il Vescovo haverà modo di farli andar via dal Regnio. A questa electione del Vescovo intendo che S.a M.a vi inclina, et ha per bene, che li Cattolichi habbiano il suo Capo ecclesiastico ; poi che lo stima beneficio suo proprio. Nella Camera alta vi sono alcuni Signori, che vogliono proporre di naturalisare li forastieri, che verrano ad habitare nel Regnio; ma perchè questa porterebbe in conseguenza la libertà a’ Cattolici non sò se sarà proposta, et essendo proposta se passerà. Si sente che il Duca di Lorena sia per inviare due Genti-lhuomini in questa Corte; se non per tractare i suoi interessi, almeno per ingelosire li Francesi. Le Dughane del Regno, che finiscono a S. Giovanni, e che sono in affitto per trecentocinquanta mila lire sterlini anno si sono nuovamenti affliate per lire seicentomila senza 1 accresi-mento della nuova gabella, che il Parlamento pone sopra le merci per dare denari a Sua Maestà poi che per questi si nscote- rano a parte. vv ςς Oueste sono quelle notizie che posso trasmettere a v v. ^ S.me in questa settimana, e per fine mi dò 1 honore i ricor armi Di VV. SS. S.me Londra il pr.o Dicembre, e 21 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Non è anchora stato possibile di trovar Ymgegmere (8), che VV. SS. S.me desiderano, per notizia del quale, tra d ue gì ne deve venire uno dalla Villa, che per esser del utessa proff -sione è facil cosa, che me ne sappia dar notizia e dl tutt0 ^ constructo, che potrò cavarne ne darò a VV. S . m · Ho inteso esserne uno in Carte (8) di nactione francese (8 salariato dal Re (8) che parla Italiano, e questo Pan trova alla Campagnia, et al suo arrivo, che deve essei procurerò d’intender qualche cosa (e di costui non mi hano saputo dire il nome), e se io havessi havuto notictia di che tione sia; sarebbe stato facilità magiore per trovarlo; pero non mancho, nè mancherò di diligenza per sodisfare le mie o g. a VV. SS. S.me, a’ quali facendo humiliss.ma riverenza cordo anche Di VV. SS. S.me Londra il p.o Dicembre, e 21 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - 55 - Sereniss.mi Signori Per molte diligenze, che io habbia fatto sino a quest’hora, non ho potuto haver notictia del ingegniere (8) che VV. SS. Sme desiderano ; ma non per questo tralascerò di continuarle, poi che, se in questa Babilonia di Londra sarà un tal huomo, io ne ha-verò notictia, havendo di già a questo fine fatto amicictia con un di tal profesione, à ciò mi dia notictia di tutti coloro, che qui si ritrovano, e della loro condictione, e già di molti mi ha parlato, ma di pochi sà il nome, et ha promesso di portarmelo di tutti in scritto; e quando W. SS. S.me havessero potuto darmi qualche notictia della Patria sarebbe stata gran facilità per trovarlo; ma non mancherò intanto di proseguire tuttavia le diligense cominciate. Questa settimana la Corte è priva di nuove. Nel Parlamento si tracta di naturalisare li forastieri, ma non si trova la forma ; poi che i Cattolichi, se non fanno molti spregiuri, e non riconoscono il Rè per capo della Chiesa non possono esser amessi; et a moderare questa formalità sarà cosa dificile, che passi nelli Parlamenti. L’Inviato di Lorena fa vive instanze a ciò Sua M. voglia intraprendere la Protectione del suo Signore, e li Olandesi l’agiutano gagliardamenti desiderosi, che il Re si dichiari per quella Altessa, con includerla nella allianza Tripli. Et a VV. SS. S.me preghandole dal Celo ogni contentessa farò fine con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 8 Dicembre, e 28 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Venerdì li 5 corrente hebbi l’honor di ricevere una di VV. SS. S.me in data delli 19 caduto, con la relactione del seguito col Vassello di Rotredam à causa de’ saluti; e la prudente risoluc-tione da VV. SS. S.me intrapresa. , • S r . 56 — Mi portai la sera del’istesso giorno alla Corte; poiché secondo il solito haverei trovato collà il Sig. Vanbeninghem come a ponto seguì; questo Sig.re mi adimandò se havevo nuove d’Italia, onde io tiratolo da parte le racontai il malo portamento fatto dal Capitanio della Nave à presuasione del suo Console e come VV. SS. S.me furno necessitati a farne un poco di risentimento; non già per scostarsi dalla buona amicisia e ib.ri Stati, ma per non lasiar introdure un si pernicioso essernp o, che haverebbe portato seco malissime conseguenze, e issi, quel che seguì alle due squadre delle Galere nella Riviera, e 1 ordine dato dal Rè della Gram Bretagnia à suoi Capp.m a ciò si astenghino da simile pretensione. E per ultimo conc u§, gli havevo voluto dar notictia del seguito, come a que o, c ie n governo della sua Rep.ca ha tanta parte, et à ciò usse in o to, che qualità di huomo era il Console, che havevano in nova (44). · rr„„ Nel mio discorso questo Sig.re repettè cento vo cese, che cotesto Console bisognia, che sia un gran 0 ’ posso rapresentare a VV. SS. S.me quanto yivamen ^ detestato la sua actione, come anchora quella e ap. sersene andato senza far la consegnia del Contan e, es & . che la fede publica di chi li ha fidato il suo ^ te de’ vata. Ha detto di volerne scrivere a SS.n btatx, quali sà esser di conservare una perpetua amicicti , corispondenza con VV. SS. S.me. m1aip mi Hiersera vidi alla Corte l’Ambasiatore d Olanda> £ disse haver inteso da Monsù Vambenmg e a Qje pretensione del Cappnio, et il malo diportamento havendoli nominati con tittolo di Cochim (coqian . curare a VV. SS. S.me. che sua Ecc.a ha mostrato pm se* mento, che questi due habbiano dato a · nave. occasione di disturbo, che di quello si è fatto verso Mi ha sogionto, che se il Cap.io haveva qua c e sione, piima doveva salutare; e quando poi non e to corrisposto al modo, che pretendeva, al ora ove lersi, ma non cercar di voler prima cappitolar con a 1 a nova per haver pari saluto ; poiché questa è una oman a di ragione. — 57 - Questo è quanto è passato con i ministri d’Olanda, e farò fine alla presente con ricordarmi D. VV. SS. S.me Londra li 8 Dicembre, e 28 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Fui Giovedì dal Segretario di Stato per haver la risposta in scritto delli due memoriali, che diedi a Sua Maestà, sicome mi haveva promesso, e quando mi vide, si scusò di non haverla potuta fare per le grandi occupactioni ne’ quali si ritrova, ma che in ristretto era questa la sostanza: Che Sua Maestà, sopra l’attestactione, che io le havevo fatto, che i suoi Vaselli da Guerra non sono nè sarano tractati diversamenti da quelli delle altre Corone, ordinerà a’ suoi Cappitanij, che arrivando nelli Porti di Genova facciano li soliti saluti, che facevano per avanti, e dalla Cità ricevino quelli, che parimenti hanno sempre ricevuto; poiché vole continuare la buona corrispondenza, che ha con la Republica. Quello che la scritura sia per contenere oltre il narato di sopra io non lo so, sino a tanto, che non la veda: ma credo, non vi debba esser altro; poi che me ne haverebbe dato parte; ma quando vi trovassi qualche cosa pregiudictiale a VV. SS. S.me o, che io la conosca per tale procurerò di farla corregere. Mi disse del Console di Tanger, che il Rè darà ordine, che sia reconosciuto, e che dal Governatore sia assistito in tutte le occasioni, che a beneficio della nostra nactione possano rappie-sentarsi. Questa matina sono andato per haver la scritura, ma il Milor mi ha detto di non haverla anchor fatta per li molti affari ne’ quali si ritrova, havendomi adimandato scura. Un giorno di questa settimana saro di nuovo a solecitarla, e quando stia bene l’inviarò a VV. SS. S.me; et intanto sarò da Sua Altezza Reale — 58 - à ciò, come Grande Armiraglio, faccia dare aviso à Capp.ni delli ordini già nel Consiglio stabiliti ; si che a questo modo sarano levate da mezo tutte le pretensioni. Nella Corte non si sa anchora il seguito col Vasello di Ro-tredam ; et io ho stimato bene di non publicarlo a ciò non paia à questi ministri d’Olanda (che tanto si mostrano parctiali di VV. SS. S.me e desiderosi, che sia castigato il Console et il Cap.io per il malo termine da loro usato) che io voglia palesare l’affronto fatto meritamenti alla sua nave; tanto più che il Sig. Van Beninghem deve partire fra quindeci giorni per Olanda, e mi si è offerto di far la parte sua à favore di VV. SS. S.me e contro il Console et il Cappitanio. Se poi in appresso da altri ministri, come anchora da questi di Olanda, intenderò qualche cosa, ne trasmetterò le notictie a VV. SS. S.me, a’ quali augurando ogni Prosperità farò fine, con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 8 Dicembre, e 28 Novembre 1670 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Doppo scritto, ho veduto la Gazetta di Londra nella quale racontano il fatto seguito alla nave di Rotredam come per a-ponto è seguito. Sereniss.mi Signori Per quante diligenze habbia fatto non ho anchora potuto haver in scritto la risposta, che mi deve dare il Milor Segretario di Stato, et hora manderò alla Posta le letere che per essere assai tardi Idio sà se sarano più in tempo. E’ sì grandemente occupato il detto Segretario a causa del Parlamento, che non mi meraviglio se tarda alla spedictione di qualche negcctio; poi che oltre il dover esser ogni matina nel Parlamento, sopra di esso si appogiano tutti li negoctij de’ i Regni; alcuni de’ quali molte volte si scorda; non tralasserò - 59 - la diligenza, e del seguito VV. SS. S.me ne haverano intiera relactione. Da Sua Altessa Reale (a ciò faccia dar ordine alli Cappitanij che seguitino li per avanti accostumati saluti) non sono an-choia stato, poi che ho pensato di portarle in scritto la risposta; a ciò veda la deliberatione fatta da S. M., e se bene mi dò ad intendere, che ne habbia havuto notictia, ad ogni modo stimo più accertato di governarmi nella forma che tengho. Nel accluso piegho vi è una suplica per VV. SS. S.me dalle Benig.tà delle quali spero ottenere quanto domando (45), e non mancherò intanto di preghare a VV. SS. S.me ogni conten-tessa e ricordarmi sempre Di VV. SS. S.me Londra li 15, an aspeterà. che se ne faccia il giudictio anchora un altro Anno, si sono un poco solevati ; ma non tralasiano per tanto di continuare i loro preparativi per la difesa. Mi vien detto che l’Ambasiator d’Olanda in virtù della Tripli Allianza habbia adimandato à questa Maesta seim,la ti, e cinquanta Vaselli armati in guerra; e se bene ques ° non ho potuto rincoiìtrarlo (poi che sono molte sere, c basiator sudetto non l’ho veduto alla Corte) a ogni assai credibile. Anchorchè i SS.mi Stati in occasn* <1 « £ ra con la Francia non dubitino ponto dell Assis enza Corona, ad ogni modo non manchano di viverne con qualche g losia poi che sin’hora non hanno potuto indurre di mandare al’Haia un Ambasiatore, e tanto più, c ® q glier Tempie, che ultimamenti di colà si parti, non motivo, che d’accompagniare il Principe d Oranges cju sò in Ingilterra (49). _u_ Il Sig. Ambasiator di Francia darà questa sera ® su perba cena al Rè, et alla Regina, et a molti SS.n e e doppo quella si farà un festino di ballo. Non si è anchora sentito fredo in questo egmo, ... stagione non fusse accompagniata da una gran issima tà si rasomiglierebbe ad una prima vera. . Finirò per non haver più, che sogiongere ricordandomi pre D. VV. SS. S.me Londra li 2 Febraro e 23 Genaro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Ho avuto l’honore di ricevere una di VV. SS. S.me in data de 2 Genaro, e vedo quanto mi avisano circa l’accordo col Duca di Savoia (8). Di questa pratica me ne discorse i giorni passati il Residente di Venectia e mi disse esser avisato del pregiudictio stato fatto a (8) VV. SS. S.me: al’hora le risposi d’haver inteso lo giustamento (8), ma non la forma, e del ricordo trasmessomi me ne valerò (50). Ho inteso che se i Francesi moverano l’armi contro l’Olan-da, che il Re britannico non sia per assisterli, poiché dal Re di Francia li vien offerto un grosso peculio, e che facilmente sarà accettato; l’aviso l’ho da un gioanc della Segretaria di palaszo (8) che mi ha sempre dato buone notictie. E li Olandesi vedendo che Sua Maestà non manda ambasiatore al Haia ne vivono con qualche sospetto (8), et anchor che l’aviso habbia del probabile, ad ogni modo non lo dò per certo. E con pregharle dal Celo ogni felicità, farò fine ricordandomi al solito D. VV. SS. S.me Londra li 16, e 6 Febraro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Per il naso tagliato al Coventri, la Camera bassa ha fatto molti ordini; fra quali proibisse a S. M. di poter agractiare li attori in caso d’esser condennati. Queste si fatte deliberactioni parendo alla Camera Alta, che siano troppo pregiudictiali al decoro Regio, non hanno voluto sottoscriverle, et hoggi si devono unire i Commisarij del l’una e l’altra Camera per veder d’agiustare le diferenze; tanto più, che si dichiarano quelli della Camera Bassa di non voler passare i danari a S. M., che prima non sia agiustata questa diferenza (51). In questa settimana si è sparsa una voce, che li Francesi nella - 78 — Guinea fussero stati batuti dalli Olandesi, con perdita di 40 Vaselli, e molte migliara di persone, e la voce continuava tutta via ; ma il Duca di Iorche disse hiersera di non haverne la con-fermactione, onde si stima per cosa vana. Sua Maestà ha scritto una letera al l’imperatore circa 1 inclusione della tripli Allianza, nella quale Fessorta a voler continuare nel suo buono proponimento per servictio della Rep.ca Christiana. Si scusa però di non poter accetarlo, con la condictione di socorrelo contra il Turco; poi che per esser quel paese così lontano, i suoi soldati sarebbero di poco profitto, e con molto incommodo del suo Regnio. Se Sua Cesarea Maestà si contenterà di moderare questa pretensione si tiene per ceito, che dà collegati sarà amesso neH’allianza (52)· Et a VV. SS. S.me auguro ogni Prosperità; con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 16, e 6 Febraro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Non solo non si è verificata la nuova sparsasi, che tra li Francesi et Olandesi fusse seguito combatimento nella Guinea. ma se ne è sentita un’altra che fra li detti Potentati sia seguito agiustamento, il che non si crede poiché tra quella Corona, e li SS.mi Stati non vi è seguito anchora rottura di Guerra. Mercordì due hore prima della meza notte si attacò il fuoco ad una casa poco da me lontana habbitata da uno che fà candele di sevo, e non fu possibile estinguerlo se non con la rovina di due altre a quella collaterale, che con barili di polvere, furno fatte cadere, et à questo modo si hebbe facilità d’estinguere l’incendio. Non si puoi credere quanto sia grande il terrore nel poppolo quando siegono si fatti accidenti ; poiché ricordandosi del incendio della Cità, restano tutti pauriti; e quel che più d’ogni altra cosa genera confusione è, che tutti li habbi- - 79 - tanti di quel quartiere sgombrano le loro case de mobili per timore, che l’incendio non si avansi (53). Al aviso, che il Rè di Francia fa levar tutte le Artelerie dalla Lorena credesi in questa Corte, che voglia restituirla, e far nella maniera a ponto, che fece della Borgognia. Martedì sera sopragionsero alla Duchessa d’Iorche li suoi soliti accidenti, che per qualche tempo la tenero in pericolo della vita, e Giovedì poi con felice evento ha partorito una figlia femena; che fu Venerdì tenuta al fonte nella Capella di Sua Altessa Reale a nome della Regina, e compare il Principe d’O-ranges. Sua Maestà anchorchè l’habbia fatta chiamare col suo proprio nome di Catterina non vi si è trovata presente, per esser quella Capella de’ protestanti, havendovi fato assistere in sua vece la Duchessa di Buchincam di pari Religione, e la fon-ctione fu fatta dal Vescovo di Rocister. La partoriente si ritrova adesso in stato di buona salute (toltone li soliti accidenti del parto) e stimano per certo li medici, che hora sia cessata la causa delle convolsioni, che S.a Altessa Reale pativa. Il Conte de Molina, che deve passare a Pariggi in qualità d’Ambasiatore per la Corona di Spagnia, ha ordine di tratenersi anchora in questa Corte, sino à tanto che si senta verso qual parte li francesi faranno la mossa delle loro armi. Si ritrova in questa Corte D. N. d’Melos ritornato dalla sua Ambasieria d’Olanda per la Corona di Portogallo. Questa Regina desidera, che si tratengha quà con simil carattere, e ne ha dato l’aviso al Principe Regnante suo fratello; ma sin hora non se ne sente anchora la determinactione ; poiché quel Principe non passa buona corispondensa con sua sorella come mi ricordo haver già scritto altre volte. Di tutti li affari tractati dalle due Camere sin hora non si è venuto anchora alla total deliberactione poi che ogniuna di esse deve parlarne tre volte; e per le diferenze, che vertono tra l’una e l’altra dicesi che siano in termine d’agiustamento. Sono partite da questo Regno cinque navi di forsa considerevole carricate di merci diverse per l’Indie Orientali. Il Principe d’Oranges doppo essersi più volte accinto alla partenza, e sotto varij pretesti non mai seguita, finalmente è partito hoggi chiamato da SS.mi Stati, che a tutto potere l’af- — 80 - fretano a trasferirsi in Olanda; e per l’interesse di danaro, che ha con questa Maestà lassia un suo Gentilhuomo con procura. Et a VV. SS. S.me facendo humiliss.ma riverenza darò fine a questa con ricordarmi anchora D. VV. SS. S.me Londra li 23, e 13 Febraro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitole Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori L'affare per dare li danari a Sua Maestà è stato finalmenti resoluto nel Parlamento, et hora se ne stende la forma. In questo d’hora darano al Re ottocentomila lire steriini per 1 arma mento delli Vaselli, et altre spese, e due milioni di lire simili fra il termine di cinque anni per paghare i suoi debiti, e quando questi non siano abbastanza vi agiongerano quatrocento altre mila lire nel sesto anno. Tutta questa gram somma di danaro si caverà dalle nuove Gabelle sopra le merci forastiere, e la magior parte dal’imposictione di cinque per cento sopra li beni stabili per una sol volta tanto; si come più distintamenti con altra mia scrissi. Non si raduna mai il Parlamento, che nella Camera bassa non si discora di perseguitare i Cattolichi, e Venerdì sopra di questo molto si parlò; poi che vedono, che la Religione si va augumentando assai. Tractano di far mettere ad essecuctione le leggi contro di essi e chi si faccia inquisitone de’ Religiosi ; e che sopra il tutto si chiami il Vescovo di Dublin (Cità metropoli del Irlanda) come quello, che essercita la giurusdictione ecclesiastica. Ma perchè di tutto questo più volte se ne deve par lare, et alla Sua Maestà spetta metterne ad essecutione li ordini, per tanto si crede che l’odio di coloro si adormenterà, con la longhessa del tempo; tanto più che il Rè non vole perseguitare niuno. In questa settimana non si è atteso ad altro che provare il baletto della Regina, e questa sera si farà. Balerà la Maestà Sua et altre dame e molti Cavaglieri accompagniati da quantità di sinfonie. Vi sarà musica Italiana e francese, e tutti vestiti con abbiti belissimi. Questo è di quanto posso dare a VV. SS. S.me notictia, con che farò fine ricordandomi D. VV. SS. S.me Londra li 2 Marzo e 20 Febraro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori \ Più per continuare l’uso delle mie obligactioni, che per causa d alcuna novità scrivo la presente; poi che in questa settimana non si è atteso ad altro, che a dansare il baletto della Regina, et hoggi si replicherà per la quarta volta. La Camera bassa ha mandato alla Camera de’ Sig.ri alcuni cappitoli per l’approvactione contro li Cattolichi, vedendo esser questi molto augumentati. Ma perchè come ho già per altre volte scritto, quando fussero approvati a Sua Maestà tocca darle l’essecuctione ; per tanto detti Cattolichi non se ne pigliam fastidio. Si parla della morte del figlio del Duca di Iorch in ettà di tre anni, e che ciò si tenghi celato per lasiar godere alla Corte questi quatro giorni di Cannale in allegressa, e quando pure non sia morto, per la sua mala constructione è giudicato da’ medici, che pochi giorni possa più vivere. Delli cinquanta Vaselli da Guerra, che devono a prima vera esser pronti, già molti sono allestiti montati di settanta e più pessi di cannone. E facendo fine auguro a VV. SS. S.me ogni Grandessa e consol actione ricordandomi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 9 Marzo, e 27 Febraro 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. — 82 — Sereniss.mi Signori * Non fu vera la voce sparsasi della morte del figlio del Duca di Iorch se bene il poverino è tanto mal ridotto, che a giudictio de’ medici poco puoi più campare. Il Baletto della Regina, che lunedì doveva dansarsi si tralasciò in tempo, che la sala era già piena di Poppolo e ne u causa la morte d’un sergente uciso l’antecedente notte dal Duca d’ A.bremal et altri SS.ri che nel baletto ballano ; e per esser questo un grave delitto, poi che questi sergenti sono la Giustic-tia, non stimò bene S. M. di far vedere dansare nel suo Palasso quelli SS.ri, che della Corte sono contumaci. Martedì nella Camera Alta di discorse sopra una scntura presentata dalla Camera Bassa contro li Cattolichi (questa conteneva molte mensognie) e preghava la Camera Alta a unirsi seco, per esser dal Rè, e rapresentarle che la Religione Cattolica augu-menta tuttavia, e che il vescovo di Dulbin essercita at i i gì -rusdictione, e che sarebbe bene di far inquisitone contro li Religiosi; poi che questi in habbito di seculare subvertono li Protestanti Molti di quei SS.ri e de’ più principali, anchor che siano di Religione diversa pigliorno la parte delli Cattolic , dissero che non havevano mai inteso tali cose, e che le cred rebbero quando fussero provate; e poi che tutto que o c ^ presentavano era seguito nel Irlanda, et havendo qud.Regno leggi particulari, che haverebbero preghato S. M. a scriverne a quel Vice Rè per informactione. La detta Camera havendo veduto il pocho profitto segu o della prima scritura, ne hà presentata un’altra assai 1 que a pegiore. Nella quale pregha la Camera Alta ad unirsi seco procurare apresso di Sua Maestà, che siano poste ad essecut.one le leggi contro de’ Cattolichi; ma si come a Cattolichi poch^ ha nociuto la prima domanda, l’istesso fine si spera, che seguirà della seconda. Questi Sig.ri della Camera Bassa sono grandemente fomentati dal Duca d’Ormon inimico de Cattolichi, come quello, che in Irlanda hà usurpato una quantità delle loro entrate dubita un giorno di perderle. Tutti li avisi comparsi in questa Corte portano certa nuova, che la gente levata dal Vescovo di Monster è a conto del Re — 83 — Christianiss.mo, onde questo Ambasiator d’Olanda è stato dal Rè per disporlo à far levata di qualche pocha gente; ma sin hora Sua Maestà non si risolve di far altro apparechio, che quello delli Vaselli. Hiersera vidi il sudetto Ambassiatore e nel discorso, che fece meco, non mette indubio la guerra contro li SS.mi Stati, et ad un conto, che fece, disse che detti Stati si trovavano haver ottantaquatro mila fanti inclusovi però le milizie e li presidij. Con una mia scritta poche settimane sono avanti di questa, diedi a VV. SS. S.me aviso come si meteva in dubio se Sua M.a Britanica era obligata a socorrer l’Ollanda quando da’ Francesi vengha assalita, poi che la Tripli allianza fu conclusa per difesa della Fiandra, che appartiene al Rè Cattolico, e non per altre Provincie. Mà, o sia il naturai odio che questa nactione porta alla Francia, o per sugestione di qualche ministro forestiero; un di questi giorni si tractò nel Parlamento d’obligare S. M. come capo della Tripli allianza a dichiararsi contro il Rè Christianiss.mo ogni volta, che faccia mover le sue armi, non solo contro la Fiandra, ma anchora contro l’Ollanda. Havutone aviso S. M. si è dichiarata, che si come il far la Guerra, e la Pace dipende dalla sua sola volontà, e non da altra legge, per tanto, che non pensino di tirare avanti questa pratica poi che nella sua sola Persona vole conservare l’autorità, e a quel parlare si pose fine. Questa matina dovendo il Rè sottoscrivere due atti del Parlamento, uno delle ottocento mila lire steriini, che in breve riceverà; l’altro del bando per l’offesa fatta al Coventrì, è comparso nel Parlamento con Corona, e manto Reale. Altro non ho che sogiongere, che darmi l’honore d’haver ricevuto una di VV. SS. S.me in data de 25 febraro con la quale accusano la ricevuta di molte mie, e mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 16, e 6 Marzo 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - 84 — Sereniss.mi Signori Fui un giorno delia passata settimana dal Segretario del Duca di Iorch, per intendere se alli commandanti de’ Vaselli di Guerra era mai stato mandato l’ordine di Sua Altessa Reale; mi rispose haverlo già inviato, e che fra due settimane partirano verso il Mediteraneo alcuni Vaselli simili, per via de quali sarà dinuovo reiterato. Lo preghai ad haverne memoria, et a suo tempo mi lasierò vedere per ricordarglielo. Et a VV. SS. S.me augurando ogni Prosperità faro fine con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 16, e, 6 Marzo 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servi lo Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Con una mia antecedente, diedi parte a VV. SS. S.me come la Camera de’ Signori, alla domanda, che fece la Camera assa contro Cattolichi, disse, che non era provato quel, che contro di essi adducevano; comossi da siffatta risposta man orno v nerdi più di venti testimonij (ò veri ò falsi, che fussero) a a Camera Alta, quali deposero, che in una campagnia r an a havevano sentito sonare il campanello per convocare il opo- lo alla Messa, e che dando sepoltura a’ morti portavano pub 1-camente la Croce; per la qual prova, la Camera de’ Sig.ri unita con la Camera Bassa questa matina sono comparse da Sua Maestà a far instanza, che le leggi contro Cattolichi sijno osserva e Detta Camera bassa ha fatto anchora un altro ordine, che sia lecito ad ogni contestabile 0 sergente d’arrestare qualsivoglia Religioso, e convenirlo in giudictio, e se bene questo non e an chora stato portato nella Camera Alta, ad ogni modo stimassi, che sarà da essa approvato; non perchè quei Signori habbiano volontà di perseguitare i Cattolichi, ma per non dare occasione alla Camera bassa di dificultare il danaro da darsi a S. M. per - 85 - sodisfare i suoi debiti, che assendono a due milioni di lire steriini da pagharsi in cinque anni, oltre le ottocento mila lire, che per spendere ne’ presenti bisogni le sono state assignate. Di queste deliberactioni fatte dal Parlamento i Cattolichi pocho fastidio se ne pigliano ; poi che sanno la mente del Rè, al quale non mancherà maniera di far riuscir vano a’ disegni de’ Parlamentari j. Hiersera essendo in Corte l’Ambasiatore di Francia, le venne un poco di svenimento, che lo necessitò andarsene a casa, ma hoggi si porta assai bene. La Duchessa d’Iorch non si trova anchora libera delli suoi soliti fastidij di convulsione et in quando in quando ve ne sopra-giongono di quelli che la riducono a mal termine. Questo è di quanto posso dar notictia a VV. SS. S.me in questa settimana, e farò fine con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 23, e 13 Marzo 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Lunedì le due Camere fumo unitamenti a preghare Sua Maestà à ciò volesse mettere in essecuctione le leggi contro li Cattolichi. Questa domanda non è atto di Parlamento, poiché la Camera de’ Signori non volse condesendere al’ordine della Camera Bassa, solo si contentò di fare congiontamenti al Rè la sudetta domanda. Sua Maestà rispose, che haverebbe trovato forma di sodisfarli; a ciò la Religione Cattolica non augumen-tasse ; ma che il voler usar rigore indeferentemente contro tutti, non poteva farlo; poi che una buona parte di essi per haver servito fedelmente il Rè suo padre, e lui, havevano perduto la roba, e molti la vita, al’che bisognia haver riguardo. Nel consiglio del Rè si discorse questa pratica, e la magior parte de’ consiglieri essortavano Sua Maestà ad aderire al — 86 — Parlamento per facilitare l’interesse de’ suoi danari, e questo non ostante, il Rè et il Duca di Iorch si opposero al parer di coloro. Si tiene per certo, che quanto prima sia per uscir fuora un proclama contro li Preti e Frati à ciò escano dal Regnio, poiché questo servirà d’una apparente sodisfactione alla Camera bassa- , . Alla prima instanza fatta da essa Camera a quella de S .ri il Vescovo di Rocister disse qualche cosa à favore de’ Cattolichi, e li altri Vescovi tacquero : ho poi inteso che S. M. li fece avisare a non parlare contro Cattolichi, poiché facendo altrimenti se ne sarebbe offeso. Uno de’ motivi per li quali questa Camera bassa fa tanto rumore è per la voce sparsasi, che la Duchessa d’Iorch si sia fatta Cattolica, e se bene non se ne ha certessa ad ogni modo hoggidi si vive con questa fama. Quel che di Sua Altessa Reale posso re, è che per altri tempi habboriva assai i Cattolichi, e non vo leva che il Duca suo marito ne tenesse al suo servictio; e da un anno in quà non solo li vede volontieri, e molti ne ha pxg ia o in sua Casa, e le nurice de’ figli le ha elette Cattoliche. Nella sua habbitactione non si sente, che vi pratichino Religiosi nostri, nè tampoco vi vanno ministri protestanti, e sicome ogni si facevano alla sua presenza le preghiere alla forma che e na a, da un anno in quà si sono tralasiate. Questa Principessa si trova tuttavia a letto non tanto per causa del parto, quanto per 1 accidenti, che vi sopragiongono, e sicome per il passato da medici erano stimati di convulsione adesso 1 hanno ic nara o pe mal caduco. I due soldati della guardia del Rè, che si trovavano pregio-ne per il naso tagliato al Coventrì Parlamentario son stati liberati. . . . Qui si sta con grandissimo desiderio di sentire verso qu parte s’incamminano le truppe francesi, et oltre li cinquanta ^ selli non si fa altro apparechio credendosi, che Sua Maesta m quest’anno non sia per haver impegnio di Guerra. A causa de gram venti, che regniano in questi mari si sono perduti molti Vaselli de’ quali non si hanno anchora le parti- cularità. .. Questo è di quanto mi occore avisar VV. SS. S.me alle quali - 87 - pregho dal Celo ogni contentessa, e fò fine con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me, Londra li 30, e 20 Marzo 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Ne i primi giorni del Parlamento quando si tractò di soco-rere il Rè di danari, il Milor Lucar con un suo luongho discorso fu di contrario parere; e perchè il suo sentimento si è veduto inscritto, dal Parlamento è stato interpellato se quella era sua scri-tura, poi che molto offendeva S. M. ; il che havendola neghata non ha havuto altro richiamo, solo che detta scritura è stata condennata ad essere abbrugiata per mano del ministro di Giu-stictia. E’ uscito il bando contro li Religiosi a’ quali hanno assi-gniato tutto il mese d’Aprile per uscire dal Regnio, e quando non essequiscano, e siano accusati, incorrono nel rigore delle leggi. Nella Camera Alta si essamina un ordine contro li Cattolichi presentato dalla Camera Bassa, e di già dalla detta Camera è stato comesso a molti di essi per ventilarlo ; et anchor che ne’ comessi vi siano molti Cattolichi, ad ogni modo non si è anchora inteso cosa alcuna, e domatina devono parlarne. Li Cattolichi tenghono per certo, che la Camera de’ SS.ri non vorà condesendere ne’ sentimenti della Bassa, non solo perchè a molti non piacono questi rigori ; ma anchora perchè nella detta Camera de’ SS.ri vi sono alcuni Presbiteriani quali sono certi, che li atti, che passerano contro de’ Cattolichi, si farrano anchora contro di loro; poi che i Vescovi non vorebbero, che nel Regnio si praticasse altra Religione, che la Protestante, e li detti Vescovi sono assai più inimici de’ Presbiteriani, che de’ Cattolichi. Tutta l’acqua di vita 0 la magior parte di essa, che in queste parti si consumava era portata di Francia; et hora resta proibita per un bando generale, che prohibisse tutte le acquedivite forastiere. L’Ambasiatore di Francia (8) dice che li ministri d O-landa hanno procurato, che si faccia questa proibictione per da-negiare quel Regnio come, che anchor loro l’hanno proibita da suoi Stati ; pensano di farla col grano e che sia per havere 1 istes-sa virtù come quella del vino con molto uttile del Regnio. Sin hora Sua Maestà non si risolve di dichiararsi per li Olandesi; poiché voi prima sentire in qual parte attacherà 1 annata di Francia, e dicono, che al’hora procurerà da’ SS.mi Stati tutti li avantaggi possibili a favore de’ suoi Regni, prima di venire ad una apperta rotura con la Francia. L’Ambasiatore di Spagnia tiene per certo, che la Guerra si debba fare quest anno contro ι Stati del suo Rè in Fiandra, e vorebbe, che Sua Maestà Bnta-nicha come capo della Triplici Allianza si dichiarasse per i esa di quei paesi ; ma sin hora non ottiene niente di più, di que o d’Olanda. „ E farò fine con augurare a VV. SS. S.me ogni prosperi a e ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 6 Aprile, e 27 Marzo 1671 „ . Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Lunedì la Camera de’ SS.ri ha mandato alla Camera del Commune una scritura, a ciò siano poste in essecutione e e&^ gi contro li Presbiteriani per causa de’ quali sin hoia non si resoluto cosa alcuna. Detta Camera del Commune o sia Camera Bassa, desi erosa di far nuove leggi contro Cattolichi, prima di venire a questa resoluctione, i commisionati della Camera Alta hanno ordinato che sabato alla presenza de’ Giudici siano lette tutte le leggi già per altri tempi fatte per non moltiplicarne delle altre à que e simili. Però il principal motivo di quei SS.ri è stato di andare » - 89 - in questo negoctio temporegiando, poi che sono certi, che dette Per loro quantità non possono esser lette in un mese (e non dovendo il Parlamento durare, che qualche settimana anchora) venghono in questa forma opperando senza venire ad alcuna resoluctione; et alla letura, che sabato doveva darsi principio è stata di ferita a martedì. Si ritrova in cjuesta Corte il Principe di Chemberghe alle-tnano, qual pensa di far partenza quanto prima veduto, che ha-verà le cose più notabili del Regnio. Mercordì matina si partì Sua Maestà per Neumarche, che è un Palasso in campagnia, e sabato sera fece ritorno. Madama Reale la Duchessa d’Iorch agravata dal suo male con una continuactione d’accidenti circa le venti hore e meza, Venerdì passò da questa al’altra vita. Il giorno antecedente per haver un poco di sollevo si portò a disnare col suo fratello, et assai subito ritornata a casa, le sopragionse il male, che mai più l’abbandonò. L’istessa sera sentij dire che haveva ricevuto l’estrema onctione; argumento d’esser Cattolica, e se bene di questo non ne ho potuto haver certessa ad ogni modo commune-mente si discore, che sia morta tale. Quei Religiosi quali stimo, che l’habbiano assistita non ardiscono parlare; onde io, che con loro ho discorso, ne argumento, che sia morta Cattolica, e che i sentimenti di questa Principessa l’habbiano havuti in con-fesione; e se bene queste actioni doverebbero esser palesi, ad ogni modo in questo tempo del Parlamento, et in Principessa così grande devono tenersi occulte ; poi che, se il sospetto solo ha commosso tanto costoro contro de Cattolichi, che farebbero quando ne fussero certi ? oltre poi il pregiudictio grande che ne potrebbe ricevere la Casa Reale, vedendosi così appertamente da questi Principi aderire alla Romana Religione. La morte di questa Sig.ra è stata sentita universalmente con gusto per l’odio grande, che tutti portano al gram Canceliere suo Padre ; et era in concetto di superba, victio assai odiato in questo paese. Ha lasciato di sè un-figlio maschio e due femmine, il primo in ettà di tre anni, che per la mala sanità dicono, che non possa vivere, e più volte è stato pianto per morto ; delle femine la maggiore ha nove anni e l’altra è nata poche settimane sono. Fu sparato il suo corpo, nel quale hanno trovato putrefatta la - 90 — milsa, arrido il core, e senza sangue nelle vene per la gran grasessa. E martedì la Corte si metterà in duolo (54)- Et a VV. SS. S.me auguro ogni Prosperità con ricordarmi sempre D. VV. SS. S.me (55) (manca la data) Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Si continua tuttavia nel Parlamento a discorrere delli Cattolichi, contro de’ quali non si viene ad alcuna deliberatone, e perchè si è dato principio a legere le leggi ha riferto il Giudice, che queste sono molto severe ma non da osservarsi in questi tempi. Seguì mercordì matina un gran contrasto fra il Milor Nor-tantom, et il Conte de Sex ambidue Parlamentari; e Protestanti : il primo parlò in difesa de’ Cattolichi, et il secondo contro di essi ; e doppo haver il primo mostrato, che li Cattolichi per la loro fedeltà verso il Rè havevano perduto la vita, e li beni, 1 secondo si messe a ridere; del che accortosi il Nortantom e ìs se: voi vi ridete perchè siamo nel Parlamento, il che non faresti fuora quando io parlassi. , . Si tracta nel Parlamento d’accomodare la forma del giuramento di fedeltà da darsi verso il Rè a ciò li Cattolichi possano anchor loro pigliarlo; poiché quello che hoggidi e m es sere, contiene una dichiaractione di non riconoscere utori a del Papa quando dal detto giuramento volesse absolverli. Per la morte di Madama Reale mercordì la Corte si e messa in duolo, e la notte del istesso giorno fu data sepoltura al suo cadavero con molta pompa; sepolto però alla maniera de Pro testanti anchor che sia morta Cattolica. Un Gentilhuomo di Casa Malaspina, che alcuni anni sono è stato in questa Cità ha scritto in Corte per haver letere di favore dal Rè dirette al Sereniss.mo di Toscana, asserendo essere - 91 - il più prossimo alla sucessione delli morti SS .ri, e per conseguenza doversi a lui la sucessione de’ Stati. Per la fieressa de’ venti seguita in queste parti si sono so- mersi quantità de Vaselli, e dicono esser la magior parte Francesi. Un aviso venuto dalle Barbade, che in quel Isola il conteggio facesse gran strage delli habbitanti ha messo in confusio-* ne questa Piassa, stante il grande interesse, che li negotianti cavano da quel traffico; invigilerò con particulare attenctione sopra questo aviso, e quando mai seguisse qualche accidente, ne darò pontualmente parte a VV. SS. S.me. Si va susurando in questa Corte che Sua Maestà sia per fare una grossa levata di gente ; poi che teme, che il Rè Christianiss.mo non le osservi la parola datale d’aspettare anchora un anno per le pretensioni, che ha contro li Spagnoili sopra alcuni territorij della Fiandra; però questo discorso non è anchora palese, e del’aviso, che si ha, che li Francesi habbiano fatto incaminare le sue genti verso la Fiandra si dubita di qualche sorpresa. E con augurare ogni Prosperità a VV. SS. S.me farò fine con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 20, e 10 Aprile 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Sono in obligo di rendere infinite gractie a VV. SS. S.me del accresimento fatto al mio stipendio; assicurando VV. SS. S.me, che il bisognio era grande; poi che per la morte di Madama Reale mi è convenuto far nuovo abbito à bruno, si come parimente feci quando morì in Francia la sorella del Rè, e questo per seguire il generai costume del Paese. Rendo intanto infinite gractie alla Benignità di VV. SS. S.me, non solo delli ducento pessi del accrescimento ; come anche di farmeli paghare di sei in sei mesi. Et augurandole dal Cielo ogni Prosperità, e consolatone fò fine con ricordarmi anchora Di VV. SS. S.me Londra li 27, e 17 Aprile 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore (manca la firma) Sereniss.mi Signori Venerdì giorno de 24 Aprile, hebbi l’honore di ricevere una di VV. SS. S.me in data de 30 marso con la quale mi commandano, che io debba trasmetterle l’original decreto, fatto da Sua Maestà tocante li saluti. In risposta di essa dirò, di non haver mai scritto di decreto fatto dal Rè, ma bensì di conservare appresso di me l’original risposta, mandatami in scritto per ordine di Sua Maestà dal Milor Segretario e da esso sottoscritta, della quale si come ne mandai la copia tradotta in lingua Itta-liana, adesso innerendo a’ commandi di VV. SS. S.me le trasmetto l’originale. L’altra scritura, che io mi trovo havere è una copia del ordine mandato da Sua Maestà al Duca d’Iorch per far intendere a’ Commandanti de’ Vaselli, che in l’avenire salutino la Cità, e fortesse di cotesto Dominio nella maniera praticata in altri tempi; assicuratosi sopra l’honor di VV. SS. S.me, che paghe-rano l’istesso tratamento a’ suoi Vaselli, che sono soliti paghare alle due Corone; e questa scritura l’invio al’altra anessa. VeJo come VV. SS. S.me desiderano anchora una copia autentica del’Ordine mandato da Sua Altessa Reale a commandanti de’ Vaselli. Non mancherò d’ogni diligenza per haverla se sarà possibile. Ma perchè hoggi siamo entrati nella Settimana Santa, dificultosa per negoctij, lasierò, che passino questi quatro giorni ne’ quali anderò pensando la maniera, a ciò VV. SS. SS.me restino servite. Con che mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 27, e 17 Aprile 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - 93 - Sereniss.mi Signori Con 1 occasione, che li Ministri de’ Principi residenti im Pa- nggi devono seguitare in Fiandra quella Maestà, l’Ambasiator ng ese se ne è venuto in Ingilterra per alcuni affari da tractare col suo Rè, per dover poi fra qualche giorno inviarsi verso D’Cherchem. Il Sig. Ambasiator di Francia deve partir in breve per an- da.e a i’.verire il Rè Suo Signore e con quella occasione con- dunà in questa Cità sua moglie, che mesi sono andò a partorire in Fj ancia, et hora a quest’effetto seguita la Corte verso la Fiandra. La Camera de’ SS.ri con quella del Commune non conven-ghono insieme per la nuova gabella da porsi sopra il zucaro; come anche sopra alcuni assignamenti annui, che vorebbero fare per Sua Maestà; e stimasi, che questa pratica resterà indeterminata poi che Sua Maestà vole licenziare in questa settimana il Parlamento, e come alcuni dicono questa causa sarà motivo di richiamarlo fra qualche anno quando di nuovo il Rè vorà altri danari. Si ha aviso d’Olanda che quelli SS.mi Stati fanno vive instanze alli Spagnoili à ciò rompano con la Francia, offerendole assistenza di gente, e di danaro ; poiché venendo ad una apperta rottura, stimano di cavarne magior profitto, che tratenersi ne’ presenti termini con tanta spesa; onde a luongho andare si redurebbero in debil stato; e quando la Guerra si cominci quest’anno pensano d’impadronirsi di qualcheduna delle Piasse non anchora bene fortificate, che li Francesi pigliorno nel ultima Guerra a’ Spagnolli; il che poi non sarebbe facile di riuscirle quando la Guerra ad altro tempo si diferisse. Non vogliono però esser loro i primi, per tener obligato Sua Maestà Bri-tanica a socorrerli, potendo poi mettersi in dubio quando loro cominciassero l’attacco. Fra due o tre giorni Sua Maestà darà licenza al Parlamento, nel quale sin hora non si è resoluta cosa alcuna contro li Cattolichi. Nelle conferenze, che si fano nella Camera de’ SS.ri vi si trova frecquentemente Sua Maestà, et in quelli giorni, che de’ — 94 — Cattolichi si deve parlare vi asiste sempre Sua Altessa Reale, la presenza del quale ha fatto tacer molti, che contra di essi haverebbero parlato. Questo è di quanto mi ocore dar notictia à VV. SS. S.me nella presente settimana, e farò fine con ricordarmi Di VV. SS. S.me Londra li 27, e 17 Aprile 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. P. S. — In questo ponto mi vien dato aviso che Sua Maestà ha fatto electione di quatro Duci per mandare a D. Cherchem a complimentare il Christianiss.mo. Li Duci sono : di Rucemon, di Buchincam, di Manumont e d’Ablemarle (56)· Sereniss.mi Signori Doppo l’incendio di Londra, si sono fatte tante fabriche nella Cità, e tante altre fuora di essa, che hoggidì si trovano, nella Cità solo, tre mila case spigionate, per la qual cosa Sua Maestà ha fatto un divieto, che non si dia principio a nuove fabriche, ma che si possa proseguire sopra le vestigie di quelle, che dal foco furno consumate. Per la morte di Madama Reale il Rè Christianissimo ha spedito in questa Corte il Conte di San German per pasare ufficio di condoglienza con queste Maestà, e con Sua Altessa, si come seguì mercordì matina. Si aspetta altro inviato, che manda il Duca d’Orleans. La disensione nata tra l’una e l’altra Camera non si è potuta agiustare. Questa è proceduta dalla gabella, che si deve porre sopra il zucaro et alcuna altra sorta di merci, volendo quella del Commune agravarle indiferentemente e quella de SS.ri ne voleva escludere alcune; per tanto sono nati questi dispareri. Sabato matina Sua Maestà chiamò il Parlamento avanti di sè, e la Camera bassa fece fare un longho discorso dal suo avvocato; mostrando, che la Camera de’ SS.ri non ha autorità di — 95 - moderare i loro decreti, ma deve approvarli o rigetarli, e che se alla Maestà Sua non finivano di pagharle tutto il danaro promessoli non era lor colpa, ma de’ SS.ri : e così restò la pratica indeterminata. Il doppo disnare del istesso Sabato il Re fece chiamare il Parlamento e doppo haverlo regractiato delli danari datili li licensiò per doversi di nuovo radunare li 16 de Aprile del anno venturo : così Sabato Santo il Parlamento hebbe fine, e li atti, che contro Cattolichi si tractavano di fare sono andati a monte. Di questo Parlamento il Rè se ne trova assai ben servito, poiché una gram parte di essi sono della sua Corte (parlo della Camera Bassa poi che quella de’ SS.ri sono sempre li medemmi), e dicono, che sia per lasiarli continuare qualche tempo, non ostante, che l’electione di questi fu fatta dieci anni sono quando il Rè si incoronò ; poi che il numero dei Calvinisti è talmente cresiuto, che quando Sua Maestà volesse nuovo Parlamento porterebbe pericolo d’esservi assai di questa gente, che del Principe sono sempre innimici. Sono arrivate in questi Porti due navi venute da l’Indie Orientali carriche di merci diverse. Sua Maestà ha spedito a D. Chercem il Milor Belis per complimentare le Maestà Christianiss.me, che a quest’ora possono essere arrivate collà. Corre voce, che la Gente condotta in Fiandra dal Christia-niss.mo non sia di quel numero che si diceva, il che fa credere che in questa estate non si farà Guerra, e per conseguenza, che questa Maestà avanserà la spesa di mettere in mare la sua flotta. Et a VV. SS. S.me auguro ogni Prosperità e mi ricordo D. VV. SS. S.me Londra li 4 Maggio, e 24 Aprile 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori E’ nata qualche mala sodisfactione fra il Milor Arlentom et il Duca di Buchincam, ambedue della Camera de’ SS.ri, a — 96 - causa, che il primo si duole che à Sua Maestà non sia stata passata dal Parlamento tutta la somma de’ danari promessali a causa, che il secondo ha voluto difendere la reputactione della detta Camera essortandola a non aderire all’instanza fatta da quella del Commune. Quando li SS.ri del Parlamento si licensiorno dal Rè lo preghorno a vestir sè, e la sua Corte, di robe fabricate nel Regnio, per dare essempio alli altri di fare l’istesso, volendo essclu-dere se fia possibile da questo Paese le robe forastiere, e Sua Maestà promise di farlo. Se bene in questo Parlamento contro Cattolichi si è fatto molto streppito, ad ogni modo hanno assai guadagniate; poiché si è sentita la dichiaractione del Rè di non voler perseguitarli e l’attestactione fatta della loro fedeltà. Si è anchora veduto molti Protestanti, tanto nel una come nel altra Camera pigliarne la loro difesa; actione, che in altri tempi era pericolosa. Sua Maestà, che in questi passati giorni si dichiarava di voler andare a godere per qualche giorno la Campagnia, adesso che ha licensiato il Parlamento hà mutato pensiero, e sino al principio del mese venturo non anderà fuora. In questa Corte cominciano a credere che li francesi non siano per far guerra nel presente anno, il che è causa che non si solicita l’armamento de’ Vaselli già ordinati. Per passar complimento di condoglienza con queste MM.a, e la sua Reai Casa, per la morte di Madama, è arrivato in questa Corte D. Bernardo di Salinas, mandato dal Governatore della Fiandra; e per l’istessa causa il Conte d’Albom è stato mandato dal Duca d’Orleans. L’Ill.mo S.r Gio Batta della Rovere è arrivato questa matina in Londra, ove pensa tratenersi qualche giorno per vedere le cose più notabili della Cità (57). Nella Cità d’Osford si è attacato il fuoco in una casa, che prima di poterlo estinguere ne ha consumato quaranta altre. Si ha aviso di Spagnia, che fusse stato eletto Ambasiatore straordinario à presso questa Maestà il Cugino del Armirante di Castiglia, e ristesse letere sogiongono, che il Residente Inglese che colà si ritrovava sia morto Cattolico, e che la Regina l’habbia fatto sepelire con molte cerimonie eccles.che. - 97 - VV%q011 'iaVer ^ c^e soto'ongere farò fine con augurare a ' , S.me ogni Prosperità, e mi ricordo insieme D’ VV. ss. s.me Londra li 11, e pr o Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Per haver una copia del Ordine mandato da Sua Altessa eale a Cappitanij de’ Vaselli ne ho parlato col suo Segretario, quale mi ha detto di rispondermi fra qualche giorno volendone prima intenderne i sentimenti di Sua Altessa Reale. Credo, che non mi sarà negata, poi che quando ciò seguisse ne parlerei io con Sua Altessa, et havendola nella conformità, che VV. SS. S.me desiderano, subito gliela trasmetterò. Del contaggio, che regnia in le Barbades, non ho occasione di scriverne; poi che sin hora non si sente altro, e quando so-pragionghino nuovi avisi VV. SS. S.me ne sarano partecipi, e con far fine mi ricordo D. VV. SS. S.me Londra li 11, e pr.o Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Al’arrivo del Rè Christianiss.mo in D. Cherchem, hà spedito à questa Corte il Marchese di Ragni, per passare complimenti con le due Maestà, et il Duca d’Iorch, e martedì sera hebbe l’introductione. Con l’occasione, che la Corte di Francia si trova vicina a questo Regno, sono passati in questa parte quantità de Principi e Duci, et altre persone tittolate; si come molti di questi sono andati dilà dal mare, per la curiosità di 7 — 98 — vedere il campo francese. Sua Maestà per gratificare questi Principi, che sono venuti a farle riverenza, hien le ha dato un pranso nel Palasse del Duca di Buchincam; alla qual tavola si trovò il Rè col Duca d’Iorch (58)· Anchorchè non si senta tractato di dar moglie a Sua Altessa Reale per la fresca vedoità, ad ogni modo è opinione fra SS.ri Cattolichi, che sia per maritarsi con la figlia del Arciduca d’Ispruc, cugina del Sereniss.mo di Toscana, con speranza che quella Altessa sia per farne apprire la pratica al arrivo e Cavaglier Guasconi, che in breve si aspetta. Questo Cavigliere è di nactione Fiorentino e molto favorito da questo e, dal quale ne ha havuto una buona entrata per haver servito in Guerra il fu Rè Suo Padre; si tratiene in questa Corte, e due mesi sono passò in Italià per dar sesto ad alcuni suoi affari. L’Ill.mo Sig. Residente Rovere, che per vedere la Cita di Londra, e le cose più cospicue di essa arrivo qui lune 1 passato, doppo haver sodisfatto imparte al suo desiderio, sabato matina si è partito per Dovre per di là poi passare a Cales, e seguire il suo viaggio verso la Fiandra (59)· Per commodità de’ Cattolichi come anche per sua propria la Regina ha ordinato di trasportare la sua Capella al Palasse adimandato di Somerset ove l’haveva per altri tempi la Reg Madre, essendo questo nel centro del habbitato et a a riva acqua; poi che pensa Sua Maestà (quando si troverà col Re alla campagnia) di venirsene le Dommiche e feste so ennp via del fiume a sentir messa in questa Capella; non po en fare à quella di S. Giacomo ove hora si ufficia per esser quasi fuora del Comercio, e dalla rivera molto lontana. _ Non si tracta più di Guerra essendo questo Re quasi assieu rato, che in questa Campagnia li francesi non intraprenderan alcuno attaco; ma che applicherai l’animo a fortificare tutti luoghi da loro altre volte acquistati. <· Partirà fra pochi giorni il Conte di Molina Ambasiatore di Spagnia, che deve andarsene a risedere in Francia, e nel suo viaggio passerà in Fiandra ad abbocarsi con quel Governatore, apresso del quale si tracterà sino a tanto, che il Rè Christianiss.mo non ritorni a Pariggi. Con nave venuta dalle Barbades si ha aviso che il contaggio, - 99 — la in quelle parti fusse quasi cessato, e che non ne morivano più che dui la settimana. Questo è di quanto posso dar notictia à VV. SS. S.me nella presente settimana; e per fine mi ricordo D. VV. SS. S.me Londra li 18, et 8 Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Fui dal Segretario del Duca de Iorch per sentire che cosa mi diceva sopra l’instanza fattale d’haver una copia o sia un originale del Ordine mandato a’ Cappitanij. Mi rispose che a quest hora ne devono haver tutti l’aviso poi che è molto tempo che gliel hanno trasmesso, e che il darmene uno sottoscritto da Sua Altessa Reale non è costume; ma quando ne havessi desiderio glienè potevo far l’instanza. Per sodisfare a’ commandi di VV. SS. S.me, che ne deside-ìano una copia ottentica, ho stimato, che non vi sia strada migliore, che quella da me intrapresa; si che io penso (quando i commandi di VV. SS. S.me non mi ostino) farne l’instanza e di tentar tutte le vie per haverne l’intento, e del seguito mi riservo a darne piena notictia a VV. SS. S.me; e per fine con ogni riverenza mi sottoscrivo D. VV. SS. S.me Londra li 25, e 15 Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Martedì matina quatro Inglesi andati alla Torre di Londra si fecero mostrare la Corona reale col mondo solito darsi in mano à Sua Maestà quando si incorona. Il custode di queste — 100 — gioie, huomo di vecchia ettà, per il guadagnio che da’ forastieri ne cava li introdusse nel gabinetto, quando costoro assaltatolo con furia le posero un baglio alla bocca e legateli le mani et i piedi con due colpi di pugnale alla pansa lo posero a terra, e con una masetta di legnio portata per acciacare la corona glie ne diedero due o tre volte sopra il capo. In tanto uno di questi dato di mano alla Corona con la nominata massa ne acciacò qualche parte, et in un sacho, che havevano portato, la posero insieme col mondo, e con ogni sicuressa uscirno di casa. In questo mentre il genero del vecchio, che dimora nel istessa casa, calando a basso per sortire vide la porta del gabinetto apperta, e non vedendovi persone, entrò dentro, e trovato il socero in terra legato e ferito, pensò quello, che poteva essere, et incontinente corse dietro a coloro gridando ladri ladri. Di già questi havevano passato tutte le sentinelle ecceto che una, e sentendo il rumore che le veniva dietro radopiorno i passi, et à dui, che più avanti si trovorno, le riusi di porsi fuora della Torre. Li altri due, uno de’ quali haveva il sacho con le gioie, essendo da quel che gridava arrivati, la sentinella voleva arrestarli, quando uno (dato di mano ad una pistolla gliela sparò contro e la sentinella a lui fece risposta con l’archibugio senza però offesa di parte alcuna. Il Corpo di guardia, che presidia la porta, sentendo il sparo della sentinella, la serorno con prigionia delli due ladri. Fuora della Torre vi era il quinto compagno, che con li cavalli aspettava, che il fatto fusse seguito, et al arrivo delli due primi si posero tutti tre in fuga; quando ad uno di questi, urtato il suo cavallo in un trave che era nella strada, lo fece cadere tutto balordito, et il popolo, che era corso per agiutarlo, havendo havu-to assai subito la nuova del furto l’arrestorno prigione. D’ordine di Sua Maestà furno condotti tuttitre a Palasso, et esaminati alla presenza del Rè; disse quest’ultimo d’esser lui il capo del attentato seguito, e d’esser quello, che li mesi passati, di notte battè il Duca d’Ormon; si dichiarò anchora, che nella ribelione d’Irlanda voleva sorprendere la fortessa di Dublini, et amassare il detto Duca. Parlò al Rè (che d’alcune cose l’interoghò) con molta audacia, e di molte interogactioni non le volse dare risposta; e sono stati condotti alla Torre per formarne il Processo. Le leggi di questo Paese proibiscono di dar - 101 - tormento a rei per scoprire i compagni, etiam per qualsivo-g ìa delitto; si che il palesare li complici è in sola libertà di cooro che sono carcerati. Questo, che parlò si audacemente a Sua aestà, sono otto anni, che per li tumulti d’Irlanda, restò bandito i forcha, e sotto diversi nomi vivea hora in una osteria, et hora in un’altra. Il valoi e della Corona, se si crede alli Inglesi, non vi è danaro" c e la paghi ; ma li più sensati la giudicano cinquanta mila lire sterhni. Per sola curiosità di vedere l’essercito francese è partito à quella volta il Duca di Buchincam; se bene vi è qualcheduno qual Stima, che si sia portato collà per interessi del suo Rè (56). Mercordì doppo disnare una quantità di garsoni di boteghe unitisi insieme andorno in un quartiere habbitato da povere femine per farle delli insulti, e se non vi accoreva una compagnia de soldati seguiva del rumore, e l’istessa unione della sudetta gente si fece anchor hieri per l’istesso attentato; ma subito vi fu spedito una truppa di cavalli con ordine del Rè di sparare contra detta gente quando vogliano far testa, poi che i tumulti di Londra hano sempre havuto principio da questi garsoni. Per le continue lamente, che fanno li Popoli d’Irlanda contro li Vice Rè, Sua Maestà ha fatto chiamare quel che vi è di presente ; volendo in l’avenire che quel Regno sia governato da Commisarij, si come fu della Scoctia, ellegendone il Rè quel numero, che stima approposito; alcuni de’ quali si tratenghono alla Corte per trasmettere li ordini Regii a quelli, che si trovano nel Regno. Poiché a questo modo non havendo questi l’auto-rita de’ i Vice Re, Sua Maestà viene giornalmente avisata di ciò, che và seguendo, et a’ bisogni porge l’opportuno rimedio. Sua Maestà sentendo, che li Corsari di Barbaria giornalmente si impatroniscono di qualche Vasello di questo Regno, ha fatto una espressa prohibictione a qual si voglia cappitanio ò commandante di vascello di non far viaggi in paesi stranieri senza la scorta di convoio, facendo à questo effetto allestire alcune navi da Guerra; minaciando di severo castigho coloro che non ubedirano 0 che per lor causa retarderano li detti con-voij, e sogionge che se qualcheduno trascurando li suoi ordini sarà fatto schiavo di non mai recattarlo. - 102 Si aspetta di ritorno il Sig- Ambasiatore di Francia con sua moglie; e questo di Spagnia si pone al ordine per passarsene in Francia. E per fine con ogni rispetto mi ricordo Di VV. SS. S.me Londra li 25, e 15 Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Il Duca di Manomot figlio naturale del Rè, e cappitanio d’una delle compagnie di cavalli, che per curiosità di vedere l’essercito francese si portò a D. Chercem, è ritornato alla Corte colmo di regalli e favori ricevuti da quella Maestà, che in tutte le forme immaginabili le ha dato diverse mostre del suo campo. E’ ritornato seco il Duca di Buchincam, che alcuni giorni doppo di detto Sig.re si era incaminato a quella volta. Queste dimo-stactioni continue, e che quotidianamenti il Rè Christianissimo fa verso questa Corona mantenghono in una perpetua gelosia li Olandesi, con dubio d’esser un giorno abbandonati dalla Protectione di questo Regno (60). Hora, che la stagione comincia ad esser buona, Sua Maestà pensa di partirsi sabato per Winsor Castello distante venti miglia dalla Cità; et ivi farà quatro Cavaglieri della Jaretiera essendo, che in detto luogho ne fù fatta l’instutuctione. Non ne creerà d’avantaggio ; poi che al compimento delli ventiquatro questi soli vi mancano. Nel istessa occasione darà l’abbito anchora per Procuratori alli due Rè Svectia e Danimarca et a coloro, che di già sono stati promossi e non l’hanno ricevuto, facendosi la serimonia solo in detto luogo di Winsor. Non sò anchora qual mezzo termine si sarà ritrovato per la precedenza delle due nominate Corone, e qual de’ loro procuratore sarà il primo a ricever l’ab-bito, dibatendosi adesso questo affare. - 103 — Delli quatro nuovi Cavaglieri da farsi variamente se ne discorre; sono impredicamento il marchese di Voster, il Milor Sant Albam, et il Milor Arlentom, se bene di quest’ultimo come poco amico del Duca di Buchincam se ne dubita; per essere il sudetto Duca dal Rè molto favorito. Il Cavagliere del Tel, che deve comandare alle due Galere, partirà per Italia la settimana ventura, havendo di già Sua Maestà assignato al Duca di Iorch una provigione per mantenimento di dette Galere, restando solo a provedere di danaro il Commandante di esse. Coloro, che tentorno di rubbare la corona Reale, è opinione comune che per il furto non sarano fatti morire; poi che la legge non condanna se non quando vi sia aprimento di porte, o rottura, o morte di qualcheduno, et il vechio, che fu ferito, va tuttavia migliorando. L’autore di questo fatto è stato di nuovo ricondotto dal Rè, il quale col Duca di Iorch hanno discorso seco più di tre hore senza l’assistenza d’altre persone. E’ gionto l’Ambasiatore di Francia con Madama Sua Moglie, che subito al suo arrivo sono andati a far riverenza a Sua Maestà. Sono arrivati parimenti in questi Porti quantità di navi venute dal Mediterraneo. Non havendo più che sogiongere darò fine alla presente, con sottoscrivermi humilmente Di VV. SS. S.me Londra il p.o Giugno, e 22 Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Il Duca di Guisa essendo venuto per vedere questa Corte, non ha tralasciato il Rè di farle godere tutti li piaceri, che in pochi giorni il tempo le ha premesso. Martedì Sua Maestà le diede una mostra delle sue guardie, consistenti in tre mila fanti, e cinquecento cavalli, et al doppo disnare fù condotto alla Comedia, che per renderla più vaglia alcuni francesi di quelli, che — 104 — erano con Sua Altessa, et havevano dansato al baletto del Rè Christianiss.mo, vi ballorno, e cantorno; ma ò che sia per il gran caldo che tediava l’auditorio per la quantità di popolo concorsovi, o per l’odio, che li Inglesi portano alla nactione francese, il loro canto, et il ballo non hebbe applauso (61). Con nave venuta in sei settimane dalle Barbade si è havuto aviso che in quel Isola il mal contagioso era cessato a fatto, nuova, che ha ralegrato assai i negoctianti di questa piassa. Venerdì matina la Regina partì per Vinsor, et il sabato seguente il Rè si incamminò a quella parte. Il Duca di Iorch, che prima della sua partenza fu à visitare la contessa Nortamberlan (vedova del fu conte, che morì in Torino) ha dato occasione di discorso, che possa maritarsi seco, non ostante che una volta, quando al detto Duca dei istessa Contessa le fu parlato, dicesse, che se haveva fatto un errore in pigliar la prima moglie Inglese non ne farebbe un altio. Questa dama è delle più belle e riche del Regno, e non ha che una pi cola figlia, e di Religione è calvinista. Si va discorendo, che Sua Maestà non creerà nuovi Cava glieri per esser solamenti quatro i luoghi vacanti, e mo ti 1 pretensori, e che darà l’abbito à coloro che son stati installati, e il Procuratore del Rè di Svectia haverà la precedenza da quel- lo di Danimarcha poi che li Rè sono sempre antiposti à tutti li Principi, et il Danese fu dichiarato Cavaliere in tempo, che era Principe, et havendo il suo luogho di già assignato non può e cercare davantaggio, et al Rè di Svectia si darà il luogho esti nato alli Rè. Sua Maestà fermatasi per alcuni giorni a Winsor si tra sferirà al Palasso d’Antoncurt, luogho distante dieci mig ìa dalla Cità, et ivi farà la sua residenza magior parte del estate. Là anderano tutti li suoi consiglieri et ufficiali, riuscendo assai approposito per la commodità del fiume. E’ passato al’altra vita un Gentilhuomo servitore del Re a carrica del quale era di sborsare tutto il danaro, che si spende im Palasso, tanto per il vivere come per altro ; et ha lasciato una sola picola figlia erede di cinquemila steriini d entrata, in tante campagne e cinquanta mila lire simili in oro in una cassa. Il giorno prima di morire concluse il matrimonio di questa sua - 105 — figlia con un figlio naturale del Rè, havuto dalla Duchessa di riveland, con condictione, che quando la figliola sarà in stato nubile, se non vorrà maritarsi in detto Signore, si divida l’eredità in due parti, et a lui se ne dia la metà ; e questo per sgravare la sua consienza, di quello puoi haver rubato al Rè (62). Il Conte di Molina Ambasiatore Cattolico, che deve passare in Francia, ha havuto ordine di non partire da questa Corte, sino a tanto, che il Rè Christianiss.mo, non sia ritornato in Francia. In questo giorno di hoggi cadono gli anni che nacque il Rè ; pei la quale occasione si fa un poco di sparata fra soldati. Questo è di quanto posso raguagliare VV. SS. S.me, e per fine con ogni riverenza mi sottoscrivo Di VV. SS. S.me Londra li 8 Giugno, e 29 Maggio 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Conoscendo il Rè li inconvenienti, che giornalmente seguono per non haver le figlie Nobili, e di poca fortuna, un luogo particulare per menar la lor vita, hà pensato di volerne far fabricare uno in forma di Monastero, et à questo effetto, nè ha fatto dar fuora un piciol libro stampato contenente la forma e la maniera del governo. Vole Sua Maestà, che quelle femine( che là volontariamente si rinchiuderanoj possano fra l’Anno sortire quando non le piaccia il modo del governo, ma finito l’anno glielo proibisse espressamente. Comanda anchora, che ciascheduna sia obligata portar seco un poco d’entrata per il suo vito, e li premette di poter pigliar figlie in educactione. Questa buona volontà del Rè dificilmente conseguirà il suo fine, non perchè non vi siano quantità di donne, e figlie, che vorebbero, che di già l’opera fusse comminciata, e Signori, che apprendono esser per il mantenimento delle famiglie necesaria; ma perchè alla generalità del Popolo non piace, e dicono, che si fatti luoghi sono Mona- —106 — steri, et opere da Cattolichi tanto habboriti dalla Religione riformata. Il Rè continua tuttavia a Winsor, nel qual luogho lunedì passato donò l’abbito della Jaretiera à quei SS.ri che di già erano instalati, riservandosi la creactione de’ nuovi ad altro tempo; non havendoli fatti adesso a causa delli pochi luoghi, e li molti pretendenti. Mercordi venne la Regina per assistere il Giovedì giorno del Assensione alla Messa e Vespro celebrato nella Capella del Palasso di Somerset, già fabricato dalla Regina Madre; nel qual luogho pensa Sua Maestà di continuare buona parte del tempo quando sarà alla Cità ; non solo per la commodità di detta Capella, come anche del Palasso. E’ arrivato quà alla Corte un ministro ecclesiastico Inglese di religione Protestante, pieno di doglianze contro il Sereniss.mo di Toscana, a causa di non haver voluto quella Altessa che (in Casa del Residente, che stava in Fiorenza, et il Console, che dimora in Livorno) si celebrassero i loro spirituali essercictij con l’intervento di quelli della Nactione, stante 1 opposictioni fattele dal Nonctio del Papa; e l’istesso ministro si duole d’haver ricevuto qualche strapasso nella sua persona. E poiché l’absenza della Corte ne priva di curiosità, per tanto farò fine con sottoscrivermi humilmente Di VV. SS. S.me Londra li 15, e 5 Giugno 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Il Duca di Cambrigi unico figlio del Duca di Iorch giovedì passò all’altra vita con sentimento grande di tutta la Corte. Questo Principe a pena nato diede segni di poca sanità, e consumando à poco à poco ha finito i suoi giorni entrando nel anno terso di sua vita. A Sua Altessa Reale restano anchora / — 107 — ite iglie, la magiore di otto in nove anni e l’altra di pochi mesi, e se bene queste in mancamento di linea masculina sono herede del Regno ; ad ogni modo si sente, che il Duca quanto prima si accaserà. Si parlò i giorni passati della Contessa di Notomber- lam, poiché Sua Altessa Reale l’haveva visitata, e quando pure vi fusse stata qualche disposictione adesso per la morte del figlio il Duca ha cambiato condictione, et alle due (delle quali si di- scoreva ciò è la sorella del Imperatore e l’altra d’Ispruch) vi si agionge la tersa, che è la Duchessa di Neuburgh; ma sin hora questi non sono, che semplici discorsi senza alcuna certessa di tractato (63). I musichi Italiani stipendiati dal Rè, e che servono alla Capella la Regina, non sono che tre aspetandosene un altro, che i giorni passati si licenctiò per Italia; a questo Sua Maestà ha fatto scrivere, che conduca seco due altri musichi et una Cantatrice ; un’altra che di poco è gionta quà è stata assalariata, si che sarano in tutto sei huomini e due done. Questo fa credere che il Rè voglia far recitare qualche Opera italiana, e forse nel sposalizio del Duca suo fratello. I Cattolichi vivono in speranza, che Sua Altessa Reale voglia sposare una Cattolica per augumento della Religione quale và tuttavia crescendo, e non riceve danno magiore, che da’ nostri religiosi, che giornalmente si preseguitano. Lunedì fu carcerato il Superiore de’ Reformati per haver presentato una scomunica ad un Padre Irlandese figlio del Convento di Napoli; che non havendo ubedito alla chiamata de’ Suoi Superiori è stato scomunicato, e questo Padre ha accusato il Superiore d’ordine del Papa. Questa causa si dileguerà e risulterà in nulla ; ma non è, che ogni giorno non seguano si fatti accidenti, e questo viene, che si come quà i Religiosi vestono da secolare, e vivono con ogni libertà, quando poi sono chiamati a’ loro conventi mal volontieri ubediscono. Per la solenità della Pentecoste la Regina ha fatto ritorno alla Cità, et hoggi doppo disnare ritornerà alla Campagnia. Sabato sera D. Fran.co d’Melo ha ricevuto dal Principe di Portogallo le letere patenti per essercitare in questa Corte la carrica d’Ambasiatore, e per sua habitactione la Regina le ha assegnato parte del Convento de’ Cappuccini a S. Gemis ; hora, — 108 — che questi habbitano a Sumersett, Palasso della Regina Madre ove di presente si celebrano l’ufficij Divini. E perchè l’absenza della Corte, che si trova in Campagna, ne rende scarsi di nuove, per tanto farò fine con sottoscrivermi riverentemente Di VV. SS. S.me Londra li 22, e 12 Giugno 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Quà si vive con molta quiete, e non si sentono nuove di con-sideractione, solamenti si discorre d’un nuovo tratacto, che fra la Corona di Francia e li Stati d’Olanda si è messo in piedi, e se bene alcuni dicono, che questo sia concernente al solo co-mercio, non è però, che non apporti qualche gelosia alli Spagnoli. TI Rè desideroso di far la magior parte del Estate fuora di Londra, ha determinato per magior suo divertimento far una girata per il Regno, e con questa occasione visitare le fortesse di mare, e riconoscere tutti li suoi Vaselli da Guerra. LAmba-siator di Francia come anche quello di Spagna si trovano tuttavia a Vvinsor apresso del Rè, havendo 1 uno, e 1 altro, pigliato colà habbitactione. Sua Maestà fatta che haverà la sudetta visita, la-sierà il Castello de Vvinsor e verà ad habbitare ad’Antoncurt, Palasso lontano dalla Cità solamenti dodeci miglia. Per la sollenità del Corpus Domini (del quale Giovedì si farà la festa) si aspetta domani la Regina, quale, per quanto si dice, non partirà, che non sia fatta 1 ottava. Questa festa seguitando il vecchio stile del Paese è venuta trentacinque giorni doppo di quella celebrata dalla Romana Chiesa ; e 1 istesso intervallo di tempo è seguito in tutte le feste mobili del presente Anno. Il Residente di Portogallo ha havuto ordine d’andare ad es- ■- 109 - sercitare questa carrica in Roma; hora che D. Fran.co d’Melo deve tratenersi in Londra in qualità d’Ambasiatore. E con ogni rispetto mi sottoscrivo Di VV. SS. S.me Londra li 29, e ig Giugno 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori E stato da me il Cavaglier du Tel, che ha da commandare le Galere di questa Maestà, e mi ha dato aviso che, restando provisto non solo del danaro come d’altre cose, che le fanno di bisogno per armamento delle Galere, deve partire fra pochi giorni. Farà per mare il suo viaggio con un picolo Vasello datole dal Rè; sopra del quale carricherà l’Arteglieria, e sartiame per uso delle dette Galere. Ma perchè sin hora il Parlamento non ha anchora dato licenza, che si condanino persone alla Catena, pertanto pensa in questo mentre di far provisione di tutti li schiavi, e buonavoglia, che sarà possibile di trovare. Questa settimana si è resa affatto priva di novità, e la Regina doppo la festa del Corpus Domini fece ritorno a Vvinsor, nel qual luogho si tratenghono tuttavia li Regij Ambasiatori. Si che io per non haver nuove degne della curiosità di VV. SS. S.me farò fine con darmi l’honore di riverentementi sottoscrivermi Di VV. SS. S.me Londra li 6 Lug.o, e 26 Giug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servite : Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Il Cavaglier du Tel, che deve commandare le due Galere di questa Corona è stato gractiato da Sua Maestà d’una annua pen- 110 sione per li servictij già prestati, e da prestarsi alla sua Persona. Detto Cavagliere ha ressoluto di far per terra il suo viaggio, et invierà con una nave l’Artegliaria e quelle armi, che stimerà più approposito per il servictio delle dette Galere. Di più ha ordinato due collane d’oro per regalare li due Capi mastri di Genova e Pisa, et havendo dato parte al Rè di questo suo pensiero, Sua Maestà ha commandato, che il costo di esse le sia fatto buono. Hanno scritto da Fiorenza, che la Galera fabricata in Pisa era stata posta nel acqua, e quà tenghono per certo, che al’arrivo del Cavaglier sudetto quella, che si è fabricata costì, sarà pronta per vararsi. Sono arrivati in questi Porti otto Vaselli della Compagnia del Indie Orientali carrichi di droghe e di merci diverse. Danno aviso della perdita seguita d’un de’ loro, che ad mal temporale non potè resistere per la vechiaia; e poco danno causerà alla Piassa, poi che era di poca portata, e non haveva gram carrico. Molte navi, che devono partire per il Mediteraneo non aspettano per far vela che due Vaselli da Guerra, che le devono servir di scorta, e quanto prima farano di quà la partenza. Il Residente di Portogallo è stato a licensiarsi da questa Maestà per dover fra pochi giorni ineaminarsi verso Roma, et in questo mentre, che la Corte si tratiene in campagna, 1 Ambasiatore si và preparando per fare la sua sollenne entrata, ritornato che sarà il Rè. La Maestà Sua volendo fare una girata per il Regno e visitar le fortesse, che sono alla Marina, ne ha mandato 1 ordine, et ha inviato anchora quantità d’ufficiali non solo per far le provisioni delle vetovaglie, come anche per preparare gli allogi. Mercordì venne il Rè da Vvinsor e doppo haver tenuto il suo consiglio, fece ritorno alla campagna. Questo è di quanto posso reguagliare VV. SS. S.me nella presente settimana, e per non haver più che sogiongere farò fine con sottoscrivermi riverentementi Di VV. SS. S.me Londra li 13, e 3 Lug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - Ili - Sereniss.mi Signori Non si sentono novità di alcuna parte ritrovandosi tuttavia la Corte in campagnia divertendosi in continui passatempi. Domani partirà la Maestà Sua per girare il Regno, nel qual viaggio dicono, che si tracterà due mesi. Al aviso, che alcuni corsari Inglesi della Jamaicha disubidienti à questa Corona, hanno sachegiato il Porto di Panamà, il Rè ha dato ordine che siano processati come ribelli ; e se bene, per quanto si discorre, colloro fanno pocho conto del indignac-tione di Sua Maestà, ad ogni modo si è fatto questo per sodisfare in qualche parte al desiderio della Corona Cattolicha. Per mancamento di nuove curiose son forsato a finir la lettera, a piè della quale con ogni rispetto mi sottoscrivo Di VV. SS. S.me Londra li 20, e 10 Lug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Non vi è cosa di consideractione doppo la partenza del Rè, andato per visitare alcune fortesse poste alla marina. Haveva pensiero Sua Maestà di tratenersi in questo viaggio qualche mese; ma hora si sente, che non voglia girare tutto il Regno, à causa delle molte spese, e grandi incommodi, che porta seco il seguito di tanti SS.ri. La Regina si è tratenuta al Palasso dAntoncurt dodeci miglia lontano di quà, e sabato sera venne a Londra per sentire hieri la messa nella sua Capella, e questa matina ha fatto ritorno alla Campagna. Sono state carcerate quantità di Persone di una nuova setta adimandate Sabatini; poi che celebrano il Sabato. Questi fra di loro si chiamano sempre con nome di fratello, e tutte le loro prediche non sono altro, che maledicenze contro il Rè, et il Governo. — 112 — Si aspetta di Svectia un Ambasiatore mandato da quel Rè a questa Corona, e dicesi, che sia inviato per tractare l’agiu-stamento fra il Rè Cattolicho et il Christianiss.mo per le pretensioni, che questo ha sopra alcuni territorij di Fiandra; del quale affare altre volte ne diedi a VV. SS. S.me distinto ragua-glio restandone il Giudictio alli due Rè, ciò è a questo et a quello di Svectia. E per non haver più che sogiongere farò fine con darmi l’honore di sottoscrivermi con ogni rispetto Londra li 27 e 17 Lug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Servirà la presente per dare aviso come in questa Corte non vi è nuova degna di VV. SS. S.me. Si aspetta Sua Maestà di ritorno dal suo viaggio, fatto in breve tempo per le cause da mè accenate nella precedente di questa, e domani tanto la Regina come il Rè lasiando la campagna verrano ad habbitare nella Cità. D. Fran.co d’Melo Ambasiatore di Portogallo si prepara per far la sua entrata, subito che sarrano arrivate queste Maestà. A questo Sig.e la Regina le soministra de’ buoni agiuti per suo mantenimento : poiché a Sua Maestà importa molto, che il Principe di Portogallo suo fratello tratenghi un Ambasiatore di residenza in questa Corte. Il Residente della sudetta Corona si è incaminato verso l’Italia per trasportarsi ad’essercitare la detta carrica in Roma (64). L’Ambasiatore di Spagnia, che doveva partire per Pariggi ogni volta, che il Rè Christianissimo avesse lasiato la Fiandra, non tracta anchora di mettersi in camino havendo ritardato la sua partenza l’aviso del sacco che li Inglesi hanno dato a Pa-namà. Questa Maestà ha dato diversi ordini perchè siano castigati (se sarà possibile) coloro che hanno comesso si fatto attentato, per far conoscere alli Spagnoli, che il tutto è seguito con molto suo ramarico - 113 — Questo è di quanto posso dar notictia a VV. SS. S.me, e per non haver, che sogiongere, farò fine con ricordarmi humilmente Di VV. SS. S.me Londra li 3 Agosto e 24 Lug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Il Rè e la Regina si trovano alla Cità con pensiero di andare à Hiumarchet luogho di campagna, e tratenersi collà due settimane. In questa Corte non vi sono nuove forastiere nè Citadine, essendo tutti intenti per vedere à che devono servire le nuove levate, che fà fare in fretta il Christianiss.mo. Come la Corte si troverà d’assento alla Cità, non tralasierò della solita diligenza in avisare VV. SS. S.me distintamenti di quanto si sentirà e seguirà in essa. E per fine con ogni rispetto mi sottoscrivo D. VV. SS. S.me Londra li 10 Agosto, e 31 Lug.o 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Queste M. Maestà pensano fra pochi giorni ritornare alla Campagna, e tratenersi due 0 tre settimane à Hiumarchet, e poi continuare il lor sogiorno alla Cità. Per il sacco dato dalli Inglesi della Jamaicha alla terra di Panamà, ha il Rè spedito collà un nuovo Governatore con ordine, che sia mandato prigione in Londra il Vechio, qual dicono haver premesso, che sia stata usata questa ostilità alla nactione _ 114 — Spagnola, con la quale intende Sua Maestà di voler passar buona corrispondenza. Si 'appettano li due Ambasiatori di Spagna e Svectia, per dover quest’ultimo tractare con Sua Maestà della giudicatura da farsi per li territorij pretesi dal Rè Christianiss.mo in Fiandra. Nella Cità di Dublini in Irlanda, è seguito rumore fra la Guardia de’ soldati, et il Popolo, à causa che il magistrato voleva far fabricare un ponte, e perchè dubitò di qualche ostaculo vi mandò assistenza de’ soldati, e li boteghari vi inviorno i loro garsoni armati, che venuti alle mani, ne sono rimasti morti fra l’una e l’altra parte dà quatordeci, e quantità grande de’ feriti. Questa Maestà tiene per cosa certa, che il Rè Christianiss.mo non sia per tentare alcuna sorte d’impresa in questa campagna, e non puole immaginarsi a qual effetto faccia fare questa nuova levata per dover jjoì mantenerla tutto il venturo inverno, con l’incommodo di sì gram spesa. Questo è quanto vi è di curioso in questa Settimana, e con far fine mi dò l’honore di sottoscrivermi con ogni riverenza Di VV. SS. S.me Londra li 17, e 7 Agosto 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori ΑΓaviso, che il Rè di Svectia invia un Ambasiatore straordinario in questa Corte, per tractare l’agiustamento fra le due Corone Spagna e Francia d’alcuni territorij controversi in Fiandra, Sua Maestà Britanica ha eletto il Signor Conventrì com pari carattere di straordinario Ambasiatore verso la Corona di Svectia (65). Il Cavaglier du Tel, che doveva partirsi giorni sono per Italia si ritrova anchora quà per manchamento d’alcuni danari ; però pensa d’inviarsi senza fallo nel presente mese d’Agosto. Detto Sig. ha ordine di armare prima la Galera di Livorno, e - 115 — portandosi colà, paserà per Genova ove si fermerà qualche giorno. Il Rè ha fatto scrivere a’ commandanti de’ suoi Vaselli C |1er^a’ c^e se haverano fatto preda de Turchi debbiano tra-sme ϊγ i alli Consoli di costì e Livorno, et in apresso ordinerà a su etti la maniera di custodirli, e che nel governo siano trac-a 'corae è solito praticarsi con quelli di coteste Galere, ent ^ basiatore di Portogallo, che per far la sua publica en rata solecitava l’apparechio, non potrà farla per qualche tempo, causa, che havendole la Regina dato per sua habitactione il convento de Cappucini da essa fabricato, e volendo questo Signore ingrandire quelle piciole stanze, si è posto in tale impegno c a non uscirne nè con prestessa nè con facilità. R' Ch^ ^ Scoctia, et Irlanda, si fa levata di gente per il e hnst’anissimo; havendole concesso questa Maestà di poter arre> are sino al numero di otto mila fanti, con condictione però, °ie ^ sia data buona licenza ogni volta che il Rè suo Sig.e haves-se occasione di servirsene. Si ritrova in questa Corte il figlio di Monsiur Colberte, che pochi giorni sono è arrivato. Viene da Sua Maestà tractato con ogni sorte di estimactione, e veduto che haverà le cose più nota ili del Regno penza di far partenza. Con che augurando a VV. SS. S.me ogni Prosperità farò ne con s°ttoscrivermi riverentementi -D· W. sg s me Londra li 24, e 14 Agosto 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Ha il Rè della Gram Bretagna una sorte de Vaselli adimandati Iachi, de’ quali è solito favorirne li Ambasiatori, et altri Principi quando passano dal Regno in terra ferma. Uno di questi mentre portava il figlio di Monsù Colbert, incontrò nel — 116 — canale l’Armata Olandese, dalla quale fu salutato con sette pessi di canone, et il Iache doppo haverle fatta la solita risposta tirò un tiro con la palla a ciò ΓArmata calasse le vele, il che non seguì. Il Cappitanio, al suo ritorno, ne diede parte al Rè, qual lo voleva mettere in prigione per non haver combatuto; ma lui sopra la contrarietà de’ venti si scusò, che non gliel avevano permesso. Fece al’hora Sua Maestà tornare il Iach à dietro, che havendo trovato l’Armata, ricevè, e rese il consueto saluto, doppo del quale havendo sparato un tiro con la palla fù dal Commandante Ollandese per mandato d’intendere, che cosa quel tiro voleva significare; il Cappitanio del Iach rispose, che essendo quello Vasello del Rè, dovessero abbatere le vele, a questa domanda si scusò il Commandante d Olanda di non poter farlo, poiché quello era vasello di piacere, e non da Guerra; e senza altra replica dal Iach fu sparato contro 1 Armata molte canonate, verso del quale dalli Olandesi con qualcheduna le fu risposto. Ma perchè del procedere del Cappitanio il Rè non è restato intieramente sodisfatto, l’ha fatto carcerare. Ha di più Sua Maestà mandato un vasello da Guerra per incontrare la sudetta armata, se sarà possibile, con ordine al Commandante di battersi con quella quando doppo i consueti saluti non calino le vele. E’ però commune opinione che ΓArmata si sia di già retirata ne’ suoi Porti, e che incontrando il sudetto vasello debbano calar le vele per non venire ad una rottura. Del seguito il Rè ne è malissimo sodisfatto, e si dichiara che se li Olandesi non le darano una compiuta sodisfactione, di moverli la Guerra. L’Ambasiatore d’Olanda sin hora non si è lasiato vedere in Corte, aspectando li ordini da’ SS.mi Stati per la maniera di contenersi. Dom Francesco de Melo (che è stato dichiarato Ambasiatore per la Corona di Portogallo, e che la Regina le ha dato per sua habbitactione il convento de’ Cappucini) ha ottenuto dal Rè di servirsi della Reai Capella anessa a quel Monastero, favore, che universalmente è molto stimato ; se bene alcuni dubitano, che questa singular cortesia del Rè, possa un giorno apportare pregiudictio alla Cattolica Religione, sdegnandosi il Parlamento, che nella Casa Reale un Ambasiatore si servi della Capella della Regina per far essercitare il Rito Cattolicho. - 117 - I SS.ri Marcello e Gio. Dominico Durassi si ritrovano in questa Cità, e veduto che haverano le cose più notabili di essa si incaminerano verso Pariggi aspettati colà da SS.ri suoi parenti. Con che augurando a VV. SS. S.me ogni contentessa mi diarò 1 honore di sottoscrivermi humilmenti D· VV. SS. S.me Londra li 31, e 2\ Agosto 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Sopra il sparso rumore che l’Armata Olandese alla vista del Iache del Rè, non aveva calato le vele, il Signor Ambasiator d O-landa và giustificando l’actione del Vice Armiraglio asserendo, che a lui non era lecito far l’adimandato saluto senza espressa commissione de’ SS.mi Stati, quali non intendono, che si calino le vele ad un Vasello quando l’Armata si ritrova in corpo, tanto più ad un Iach, che ad altro non serve, che per diporto; poiché questo facendo ne seguirebbe che ogni nave Inglese, tanto di quelle che servono alla pesca, come del altre che traghettano carbone, si farebbero lecito d’entrare a bella posta nel inezo ad una Armata per essere salutate : così dice 1 Ambasiatore d 0 landa. Il Rè sdegnato di questa pretensione, e che non si stia al patuito per avanti, voi spedire al’Haia un Ambasiatoie per farne con quelli Stati doglianza, e l’eletto pare, che debba essere il milor Olis, huomo di grave ettà, e che un’altra volta nel tempo del Cromuelle fu spedito in Francia. Onde io havendo havuto occasione di parlare seco due giorni sono, e discorendo sopra la sua misione mi disse, che quando Sua Maestà l’ellega farà il possibile per non accetare, ma quando poi bisognasse, che u direbbe. Questi ministri di Spagna non vorebbero già, che Sua M.a Britanica pigliasse questo pretesto per abbandonare la trip 1 a -hansa; poi che quando ciò seguisse partorirebbe mali e etti pe la Fiandra con molto pregiudictio della Corona Catto ica. — 118 — Li Olandesi per quanto ho potuto intendere si confidano, che il Rè presentemente non si trovi in commodità de’ danari per far guerra bisognando; e dicono, che se bene il Parlamento le ha passato per armamento de’ Vaselli, et altre spese òttocento-mila lire steriini, ad ogni modo nella riscossone la somma riesce molto poca per l’occultamento, che ogni persona tenta di fare delli suoi effetti, e si come sopra il redito delle pigioni venghono esstimati li stabili, trovano, che pochi dicono la verità, e chi riscote per il Rè si aquieta sopra il semplice detto di colui, che pagha la pigione, il qual talvolta pagherà cento, e dice, che non pagha che cinquanta. Al aviso, che l’Armata Olandese in numero di quaranta e cinque vaselli in circa veleggi per questi circonvicini mari, il Rè ha fatto spedire un Vasello di poca portata a ciò ne siegua continuamenti la traccia, non già per venir seco in competenza di saluti, ma per osservare i suoi andamenti con ordine di avi-sare di tanto in tanto della navigactione di essa. Coloro, che nella Torre di Londra tentorno di rubare la Corona Reale, sono stati liberati, et il capo di essi ha havuto dal Rè quatrocento lire steriini in donativo e trecento annue di pensione. Dal tractamento che costì ha ricevuto fa credere, che possa haver scoperto qualche conspiractione contro i Regni di Sua Maestà, e sebene di questo non si ha certessa, ad ogni modo così ne corre la voce. L’Ambasiator d’Olanda ha fatto doglianza con questo Rè per haver dato permisione a’ Francesi di far levata di Gente nella Scosia, e nel Irlanda; ma Sua Maestà si è scusata con dire, che l’instanza fattale dal Ambasiatore di Francia non è che per recrutare le vechie truppe, e non per far nuovi Regimenti. Il Milor Conventrì (zio di quello al quale di notte fu tagliato il naso) stato eletto Ambasiatore straordinario alla Corona di Svectia farà partenza nella presente settimana. La carrica di Gran Tesoriere del Regno, vacante già sono molti anni, stimasi, che sarà conferita al Milor Arlentom Segretario di Stato. Giovedì partirno di quà verso Pariggi i SS.ri Marcello e Giò Dominico Durazzi per dover di là incaminarsi verso Ttalia. - 119 • VV. ^ me con augurarle Prosperità fò umilissima enza con sottoscrivermi humilim.ti D· W. SS. S.me Londra li y ybre> e 2g AgQstQ ^ Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Tutte le nuove di questa Corte, non sono altro che discorsi sopra il seguito tra il Vasello del Rè, e l’Armata Olandese. abato 1 Ambasiator d’Olanda fu al udiensa di Sua Maestà ; al quale rapresentò, che la sua Armata al rincontro del Iach non si erano bene intesi ; poi che la mente de’ SS.ri Stati è di voler che Sua Maestà habbia tutte le sodisfactioni immaginabili, desiderosi di continuare quella buona allianza che hano già stabilito. Il Rè anchor che sia rimasto in qualche parte sodisfatto, ad ogni modo dicono che voglia spedire un Ambasiatore in Olanda, non solo per farne doglianza con quelli Stati, ma per havere anchora magiori giustificactioni. Non ha mancato intanto la Maestà Sua d inviare uff altro de’ suoi Iach ad incontrar l’Armata per obli-garla a magiore dichiaractione nel suo tractamento; quando poi si e inteso, che quella si era di già ritirata im porto. I Francesi valendosi della occasione presente vorebbero far appartare questo Re dal’allianza contracta con li Olandesi, e 1 Ambasiator di Frància non mancha di tentarne tutte le vie possibili. L’istessa doglianza (che dal Ambasiator Olandese fu fatta con Sua Maestà per haver premesso à Francesi di far levata di Gente ne’ Suoi Regni) con udienza a posta, l’ha fatta l’Amba-siator di Spagna havendoli anchora rapresentato il danno, che-ne potrebbe ricevere l’Ingilterra ogni volta che il Christianiss.mo acquistasse stati magiori nella Fiandra. Al primo capo rispose — 120 — il Rè, che a niuno proibiva di far levata di Gente ne’ suoi Stati, et al secondo sogionse, che se bene i Francesi acevano si bran radunata di Gente in ogni parte, non credeva pero, che dovessero tentare alcuna impresa. . , Discorendo meco, il Residente di Spagma mi ha detto, che se bene il Rè d’Ingilterra à causa de’ saluti mal consposti con li x ·* nA orii rnndo che Sua Maesta non Olandesi, fa tanto strepito, ad ogni modo, cn abbandonerà mai la Tripli Allianza conosendo be" ss”’° pregiudizio che ne riceverebbero i suoi Regni quando dilatassero le loro forse nella Fiandra. _ Il Rè si come ha fatto parte del Estate in campagna, e ne visitare i Stati di marina pensa verso la fine del presente s girare il Regno fra terra, onde molti di questi SS n Molati * ^’oiirko-ìcirln si oartono dalla Cità per che haverano occasione d allogarlo, si pari dar sesto alle loro habbitactiom ; tanto più, che in questo g gio con Sua Maestà vi sarà anchora la In una casa della Cità fabricata di nuovo per raffinarvi il Zucaro, hieri matina vi si attacò il fuoco, che non “ P° smorsarlo, che non fusse tutta incenerita, con non poco d n no di due altre collaterali. La fabnea era stata fatta con molta spesa, e di zucharo ve ne era gran quantità. j„Iieró E con far humiliss.ma riverenza a VV. SS. i>.me pig l’ardire di sottoscrivermi riverentementi D. VV. SS. S.me Londra li I4> e 4 7^re I^7I Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Li Olandesi, che fugono tutte le occasioni che possono apportare disgusto a questa Maestà, non solo in parole per via del Ambasiatore le hanno dato sodisfactione, ma anchora a - 121 - rincontro del ultimo Iach mandato dal Rè, l’Armata tutta ha calato le vele ; onde resta cessata la causa di inviare in Olanda Ambasiatore (66). Questo di Portogallo si affretta a tutto potere per esser al Ordine da giovedì ad otto; desideroso di far la sua entrata prima che il Rè parta per il Regno, dovendo seguire questa partenza circa li 25 del presente; e intanto che Sua Ecc.za va disponendo il suo treno, mi sia lecito dare a VV. SS. S.me una su-cinta relactione del motivo per il quale è stato eletto. Il Principe di Portogallo come quello, che vive in una continua pace, non si cura di mantener ministri appresso i Principi, che le apportino un si gram dispendio come sono li Ambasiatori ; et alle istanze della Regina, che desiderava quà D. Francesco d Melo, se ne è sempre mostrato allieno, non tanto per la spesa come ho già detto, quanto per la poca inteligenza che il Principe Regnante passava con la Regina Inglese sua sorella, e tantoltre si avansorno i disgusti, che la Regina neghò al Principe di tener al sacro fonte la prima figlia, che le nacque, come quella che ha sempre detestato la prigionia del Rè et il divorctio della Regina. Hora che li accidenti di questo Regno si sono in qualche parte mutati, poi che al Duca di Iorch non solo è mancato la moglie (dalla quale continuamente haveva prole) come anche il Duca di Cambrigi suo figlio, e non trovandosi nella casa Reale heredi masculini, la Regina dubita, che un giorno il Parlamento faccia al Rè qualche violenza per darle altra moglie, e Sua Maestà, che conosce di quanta reputactione et agiuto puoi essere ne suoi bisogni un Ambasiator di suo fratello, che qui si ritrovi, per tanto ne ha procurato l’electione; la quale tampoco sarebbe seguita se l’istessa Regina non contribuisse secretamenti à tutte la spese, che si fanno, e si haverano da fare. Con la Regina si trova la sorella del Ambasiatore con tittolo di prima Dama, e da Sua Maestà grandemente amata, e per le sue mani passano tutti li danari. La diversità di Religioni che sono in questa Cita causano che il Poppolo viva male affezionato al Rè, e questo per non aver ne ogniuna di esse libero l’essercictio. Onde i capi e a 1 a ciò è quelli che ne aministrano il governo hanno etermma o a nuovo Parlamento di suplicare la M.a Sua per la 1 erta 1 con — 122 — sienza, e quando questo seguisse senza l’essclusione della Religione Cattolica, la Santa Chiesa guadagnerebbe assai. Con che non havendo più che sogiongere farò fine con sottoscrivermi riverentementi Di VV. SS. S.me Londra li 21, e 11 jbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Non vi è in questa settimana nuova degna di VV. SS. S.me; se non che l’Ambasiator di Portogallo hoggi fà la sua entrata, quale sarà senza corteggio di carosse così ordinato da Sua Maestà, e questo a causa d’un contrasto, che in una simile fon-ctione seguì tra le carosse delli Ambasiatori Francia, e Spagna. Del sucesso delli Olandesi con questa Corona a causa de’ saluti più non se ne parla, poi che quelli in fatti, et in parole,, hanno dato ogni sorte di sodisfactione. Verso la fine del presente mese farano partenza da questi Porti per Italia, e Levante, quantità di vaselli con scorta di convolo parte de’ quali tocherano in Cadeci.. Tra breve Sua Maestà anderà con tutta la Corte in Campagna, ove si tracterà qualche giorni, se la stagione le seguirà buona. E con augurare ogni grandessa a VV. SS. S.me farò fine con darmi l’honore di sottoscrivermi humilmente Di VV. SS. S.me Londra li 28, e 18 jbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. — 123 — Sereniss.mi Signori ■ ^'edi parte à VV. SS. S.me l’ordinario passato come nel g orno c e scrivevo l’Ambasiator di Portogallo doveva fare la sua entrata, il che poi non segui per non essersi trovato il Ma-s ro e e Serimonie, che era andato ad una sua villa in campa-gna. Questo accidente seguito come molti stimorno d’innaverten-za non u senza misterio, essendo, che nel consiglio del Rè te-nu osi a sera antecedente, non parve bene a’ consiglieri, che ua aestà ricevesse un Ambasiatore con tittolo di Regio, mentre le lettere credenctiali che lui presentava non sono che di Un rmcipe. Sogionsero anchora che li Spagnolli non have-vano anchora ricevuto una tale ambaseria, e che sarebbe bene di ve erne 1 essempio in qualche altro Rè, e questa è stata la causa c e ha imbarasato l’affare. Non è però che questo Sig.re non sia per ricevere tutti li tractamenti di Regio Ambasiatore, poi che e solo nella volontà del Rè di farli; ma Sua Maestà come che è assai prudente, ha voluto secondare i SS.ri del suo Consiglio, sapendosi cerio che al suo ritorno dalla campagna quelli stessi consiglierano diversamente di quello hanno fatto sin hora. A causa di fieri temporali seguiti in questi giorni si sono naufragati quantità grande de’ Vaselli, e nelle coste d’Olanda a perdita è stata assai magiore. Il Parlamento, che doveva radunarsi il 16 apprile prossimo avenire, Sua Maestà con suo ordine l’ha diferito sino alli 30 Sbre del 1672. ; ^ Rè, havendo sentito le doglianze fatte da questi ministri de Principi a causa delli rigori che si usano verso le loro robe quando sono portate in dogana, ha levato le patenti alli appaltatori, e vi ha posto ministri a ciò le governino a suo conto (67). Questa matina per tempo il Rè e la Regina hanno fatto partenza per girare il Regno, e pensano questa sera di dormire nella Cità di Norici nel Ducato di Norfoch 80 miglia lontano di qua, et a questo effetto hanno mandato quantità di carosse per mutare ove sarà di bisogno. Nella detta Cità si tracterano alcuni gtomi spesati dal Conte d’Arondel di casa Ohorte, e Duca di detto luogho. - 124 — Questo è di quanto posso dare a VV. SS. S.me notictia, e non havendo più che sogiongere finirò con prendere 1 ardire di sottoscrivermi con ogni riverenza Di VV. SS. S.me Londra li 5 8bre e 25 ybre Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Non si sa anchora per qual motivo Sua Maestà habbia prorogato sei mesi d’avantaggio il Parlamento, tanto più, che la ri-scosione de’ danari passatili, non riesce in sostanza quello che si soponeva nel discorso. Mi ha detto un signore di molta stima, che il Rè da questa prorogha sarà per cavarne magior profitto; poi che se il Parlamento si fusse radunato del mese d Aprile, si come di già era stato intimato, a Sua Maestà non era lecito iar nuova instanza di magior socorso. Ma per il contrario radunandosi nel mese d’Ottobre, in tempo che l’armi francese sarano già impiegate ove quel Rè le haverà destinate, al’hora sarà in mano di Sua Maestà, quando voglia dichiararsi contro la Francia, domandar nuovo susidio; essendo che per simile occasione questi poppoli vi concorrono più che volontieri. Però io mi confermo sopra quello che altre volte mi fu detto et a VV. SS. S.me sdissi, che questo Rè non sia per asistere alli Olandesi (quando non le diano un grosso peculio) essendosi dichiarato che la legha Tripli è per difesa di quelli territorij, che i Spagnoli possegono in Fiandra, e non per altri Stati. Ho sentito una voce quale anchora è assai dubia, che questo Rè voglia fare una levata di 8o.m. fanti oltre d’una grande flotta de Vaselli armati in Guerra. Cosa publica è, che Sua Maestà ha dato ordine, che oltre il preparamento di tutti i suoi vaselli da Guerra, se ne debbano fare otto di cento venti pessi di portata per ciascheduno di essi. Mi ha detto il Residente di Spagna, che l’Ambasiatore e lui tenghono per certo, che questo si grande preparativo da farsi in questo Regno non possa esser att°,®e non con li danari de’ Francesi, e per conseguenza contro landa; e se bene per li incontri de’ saluti seguiti poche settimane fa fra li Vaselli di Sua Maestà e quelli delli Olandesi, il tutto è stato agiustato con ogni sodisfactione di questa Corona, a ogni modo pare a questa nactione d’haver lasiato tanta di reputazione con quelli Stati nel ultima Guerra, che hebbero con loro, che in questa occasione delli preparativi di Francia desiderano vendicarsene. La Corte si ritrova in campagna, e Sua Maestà prima di partire ha eletto due Ambasiatori. et un Residente; il Conte di Son-derlam per Spagna, il Cavaglier Giorgio Daningh per Olanda, et il Signor Ruberto Santuel residente apresso il Governatore della Fiandra (68). Le truppe state levate per il Rè Christianiss.mo in questi Regni di Scosia et Irlanda si sono avicinate alle spiagge per esser traghetate in Francia. Per le piogge che in tanto in tanto cadono dal celo la campagna si ritrova talmente inbarasata d’acqua, che il Rè in questo suo viaggio si è trovato due volte in un gram fangho con la carossa sempre piena d’acqua. Avisano che la Regina pensa di far ritorno alla Cità il giorno di S. Francesco, che sarà li quatro del presente mese. La furia de’ venti è stata si fiera, e si violenta in questo quartiere, che per relactione de’ marinari si ha, che fra le coste della Francia Ingilterra e Fiandra si siano somersi quasi cinquecento vaselli tra grossi e picoli. Per non haver più che sogiongere finirò con pregharle a darmi 1 honore che con ogni rispetto mi possa sottoscriver Di VV. SS. S.me Londra li 12, e 2 Ottobre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. — 126 - Sereniss.mi Signori La lontananza della Corte ci rende à fatto privi di novità, non sentendosi altro, che parlar di Guerra da farsi contro li 0-landesi. Una delle actioni per la quale Sua Maestà Britanica è mal sodisfatta di essi è, che nel ultima guerra fatta con loro (in tempo, che si traetava agiustamento per mezzo della Corona di Francia) entrorno in questo canale, e portorno via la nave intitolata il Gram Carlo, fabricata dal defonto Rè con spesa immenza, e doppo haverla condotta nelli suoi porti, la lasciavano a guisa di trofeo à vista di tutti i poppuli. Non è che quei Stati non haves-sero cognictione del affronto, che a Sua Maestà per questa causa continuavano, onde per radorcirlo in qualche parte (quando l’anno passato havevano timore de’ Francesi) si risolsero di levar dalla poppa l’arma d’Ingilterra ; ma questo fu tenue lenitivo, poi che tardi, e fuor di tempo venne applicato (69). Di questi discorsi di guerra anchorche siano fra SS.ri di condictione, ad ogni modo non se ne ha alcuna certessa, et al ritorno del Rè al’hora se ne potrà parlare con magior fondamento. Quando pur sia vero, che la guerra si habbia a fare contro 1 0-landa, questi ministri di Spagna non sano immaginarsi che fine potrano havere li interessi del suo Rè. Dicono che il star neutrale non le puole apportare se non pregiudictio, e che il dichiararsi per li Olandesi dubitano di tirarsi sopra di loro 1 odio 1 due potentissime Corone. Si confidano però, che prima che si avi-cini il tempo di campegiare, si sarà preso per l’interessi loro qualche temperamento; quando i Francesi d’inverno non atta chino qualche piassa verso il Reno, si come dimostrano di vo er fare. La Regina arrivò alla Cità la vigilia di S. Francesco, e non farà più ritorno alla campagna, et il Rè si aspecta la settimana ventura. E per fine con ogni riverenza mi sottoscrivero Di VV. SS. S.me Londra li 19, e 9 8bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servito Carlo Ottone. - 127 - Sereniss.mi Signori a *-ant° che la Corte si ritrova alla Campagna, di quanto a a ita :si discorre non vi è cosa di certessa se non questa, che si fara la Guerra alli Olandesi. L’Ambasiator di quei SS.mi Stati prima che si venghi ad una rotura stima di far in modo con offerir partiti avantagiosi, che questo Rè non debba dichiararsi contro i essi, ma per quello si puoi giudicare, tutti li tentativi sarano vani, poi che si dice che la legha offensiva e difensiva con la Francia sia già conclusa. Sono alcuni giorni che l’Ambasiator di Francia è andato in campagna da Sua Maestà, e tuttavia vi si tratiene, non senza gram gelosia di quel d’Olanda. Il Conte de Molina Ambasiatore di Spagna, che molti mesi sono fu eletto Ambasiator per Francia, e che doveva partir subito, che dalla Fiandra il Christianiss.mo fusse passato a Parig-gi, ha havuto ordine dalla Corte di tratenersi sino al nuovo sucessore. Sua Eccelenza, vedendo imbrogliati tutti i già stabiliti tractati e dubioso che Sua Maestà non voglia più mantener la lega Tripli, vorebbe che quanto prima arrivasse il suo cambio pei passarsene in Francia. Questi ministri di Spagna non possono pensare che partito piglierà il Consiglio al aviso della de-liberactione del Rè Britanico. Da una parte con star neutrali credono d avantagiar le loro condictioni per le pretensioni che hanno li Francesi sopra alcuni territorij della Fiandra, la qual deferenza è posta fra le mani delli due Rè Britanico e Sveso. E ne seguirebbe un altro effetto, che detta nactione si vendicherebbe della pretesa offesa quando ultimamenti i francesi assai-torno la Fiandra, e li Olandesi non volsero assisterli. Per l’altra parte poi aspettano di peggio quando li Olandesi sieno indeboliti. Così mi ha detto il Residente di Spagna. Però tutti questi discorsi non hanno certo fondamento, poiché si è sul principio de tractati, e mutandosi di volontà questo Rè ogni cosa và a monte. Alcuni dicono, che Sua Maestà habbia ricevuto in contanti 0 m promessa dal Rè di Francia quatrocento mila doble, e se bene questa voce puoi esser falsa, ad ogni modo se Sua Maestà vuol fare, non tutto l’armamento del qual si è dichiarato, ma la — 128 — metà solamenti, vi vole un gran danaro, e da altre parte, che dalla Francia non lo puoi havere; et havendo il Rè proroghato sei mesi davantaggio il Parlamento, mostra di non haver bisogno di contanti; il che fa credere, che possa esser vero quanto si discore. Per non haver occasione magiore d’esser luongho farò fine, ricordandomi con ogni rispetto Di VV. SS. S.me Londra li 26, e 16 8bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori L’Ambasiator d’Olanda fu al’udienza del Rè al quale diede parte della voce sparsasi, che Sua Maestà si fusse collegata con li Francesi a danno delle Provincie Unite; ma in risposta altro non ne riportò, che delle chiarie se ne sentono assai,, e che di nuovo non vi è cosa alcuna (70)· Che sia conclusa la lega tanto offensiva come difensiva tra queste due Corone si tiene per indubitato ; ma con quali capito 1, non si è anchora potuto penetrare. Di due soli ho potuto intendere; uno si è, che il Rè di Francia sborserà a questo Rè cinque cento mila lire steriini ogni sei mesi anticipatamente sino c e durerà la guerra, e l’altro è che non si debbano molestare i Stati della Corona di Spagna. Questo ultimo cappitolo è di sodis ac tione de l’una e l’altra Corona, poi che al Rè Inglese non piace, che li Francesi facciano progressi magiori nella Fiandra, 1 quello hanno fatto; et il Rè di Francia volontieri vi è concorso per obligare li Spagnoili à non dichiararsi per Olanda. I Pa gnolli, 0 che habbiano havuto sentor della nuova legha, 0 c e 1 grandi preparativi de’ Francesi li intimoreschino, hanno man dato un ordine al Governatore della Fiandra di far armare ven 1 otto vaselli per difesa di quei Stati. . ,q Pare che questa Guerra, che sarà per farsi dalli Inglesi a ^ landa, sia fatta più per l’emulactione, che queste due nac 10 - 129 - hanno tra loro per causa del traffico, che per altra causa o pretesto legitimo che vi sia. La voce sparsasi, che il Rè volesse fare una grossa levata di gente non è andata avanti ; ansi si ha per certo, che Sua Maesta non manderà essercito in terra ferma, ma darà commodità a’ francesi di far tutte quelle levate, che vorrano ne’ suoi Regni. Il tempo per scoprire questa nuova legha non si sa quando abbia ad’essere, e communemente si crede che sarà verso la prima vera quando il Rè haverà tutta la sua armata appare-chiata. Venerdì Sua Maestà seguitato da tutta la Nobiltà della sua Corte fece ritorno dalla campagna alla Cità. Questo poco ho potuto intendere nella presente settimana, e sarei più luongho se magior novità si rapresentassero. Ma per non haver, che sogiongere, farò fine con preghare à VV. SS. S.me ogni Prosperità, et insieme a concedermi, che io possa sottoscrivermi Di VV. SS. S.me Londra li 2 gbre, e 23 8bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sevenissi.mi Signori In questa Corte non si discorre nè di Guerra nè di Pace, ma si vive con ogni sorta di tranquillità, e quiete. Si continua con ogni diligenza la fabrica de’ i nuovi vaselli à ciò à prima vera siano allestiti (71). Il Conte di Molina che per il Rè Cattolico doveva andare Ambasiatore in Francia, ha fatto ben conoscere con la sua procra-st’.nactione quanto mal volontieri agradisse quel impiegho, si sente hora, che non sia più per andarvi, e che dalla Corte di Spagna sarà fatto ellectione d’altro sogetto. L Ambasiator di Francia frequentemente và da Sua Maestà, e due giorni sono in un luogho a questo uso preparato gioca vano seco alle boccie. _ 130 — E’ solito in questa Cità di ellegersi ogni anno un de più ricchi buteghari con tittolo di milor. Questo in compagnia d altri boteghari suoi ufficiali è giudice di alcune cause tanto ci-vili quanto criminali. Il nuovo Milor è stato questa matina dal Rè a prestarle il solito giuramento, e la sua andata, come che è per il Tamigi, è maravigliosa a causa della quantità delle barche adornate di bandiere, che lo seguitano. Detto milor quando ritorna à Casa banchetta tutti li Giudici et Ufficiali, e quantità de SS.ri, che in tavole diverse, ma nel istessa forma imbandite, disnerano più di cinquecento persone. Ma questa volta sono state assai più a causa che il Milor ha convitato il Rè e la Regina con tutta la Corte ; invito, che da altri Milor è mai stato fatto. Ad una tavola disnò Sua Maestà con la Regina, il Duca d lorch, due sue figlie, il principe Ruberto (72), et alcune Dame. Vicino a questa vi era una tavola ove disnorno l’Ambasiator di Francia, 1 S.ri del Consiglio del Rè, et alcuni altri di pari qualità. Questi disnorno per li primi, e levati da tavola si sederno tutti li altri a loro luoghi preparati. Non mi estenderò a narrare la qualità del banchetto, basta sol dire, che in questo la Nactione Inglese supera tutte le altre ; poi che le loro tavole, e de trionfi per ornamento, e di carnagione e piscagione ve ne è tanta quantità, che non si sa distinguere se il pasto sia fatto per la quaresima 0 pei il carnevale. Pregho VV. SS. S.me se in questo mi sono difuso a perdonarmi, poi che altro non havevo da scrivere. E con augurarle ogni contentessa pregho VV. SS. S.me a premettermi che io mi sottoscrivi Di VV. SS. S.me Li 9 9bre, e 30 8bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori La stagione iemale ha fatto cessare tutte le occasioni, che possono apportare novità; poi che da niuna parte si sentono nuove di consideractione. In Corte non si parla di Guerra, et 1 - 131 - Re Pare quasi disgustato, che si sia sparsa la voce della lega fatta con la Francia ; onde è che per dar qualche coperta del’ap-parechio de’ Vaselli, discorrono alcuni, che quando quelli saranno armati, il Rè lasierà, che vadino a servire quel Principe che li vorà al suo servictio. L Ambasiator di Portogallo (che credeva far la sua entrata già cinque settimane sono, e che al’improvviso hebbe ordine di ti atenersi, sicome diedi parte a VV. SS. S.me) incontra ogni giorno difidultà magiori; poi che non havendo letere credenctiali * del Rè mentre quella Maestà vive, non pare a questo Consiglio, che Sua Maestà debba riceverlo con tittolo di Regio Ambasiatore, quando porta le lettere credenctiali d’un Principe. Et anchor che il Rè habbia desiderio di compiacerlo, ad ogni modo è op-pimone di molti che non sarà mai ricevuto. Si ritrovano per queste Marine trenta vaselli Olandesi car-richi di merci diverse per il Mediterraneo, scortati da sei vaselli da Guerra. E’ arrivato in questa Cità il Sig. Pietro Paulo de Franchi q. Dominici, quale veduto che haverà quello che vi è più remarca-bile farà partenza tra otto giorni. E con preghare dal Celo ogni consolactione a VV. SS. S.me tarò fine con sottoscrivermi con ogni rispetto D. VV. SS. S.me Londra li 16, e 6 gbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Con altra mia diedi aviso a VV. SS. S.me come in questa Corte non si tractava di Guerra ; et hora sogiongo che nel istessa maniera si va tuttavia continuando anchorchè certamenti si farà contro l’Olanda, et uno de’ pretesti sarà che il Rè vole che il Principe d’Oranges suo cugino goda quelle prerogative di sovranità sopra i Stati che hanno già goduto i suoi magiori, la - 132 — qual domanda è certo che li Olandesi non glie la vorrano concedere. Si tracta il matrimonio tra il Duca d Iorch e la figlia del Archiduchessa d’Ispruc, havendo il Rè ordinato al suo Ambasiatore residente in Madri che vada dalla Regina et à suo nome, come anche a nome di suo fratello, domandi con vive instanze la sudetta Principessa ; e di questo tractato mercordì sera il Rè ne diede parte al Ambasiator di Francia. Per far la medesima instanza alla Regina Cattolicha Sua Maestà ha eletto per straordinario Ambasiatore il Milor Sanderlam. quale tra pochi giorni partirà verso quella Corte (73). Se questo Matrimonio haverà effetto sarà di molta consolactione a’ Cattolichi; si come hora travaglia grandemente i Vescovi, che per causa di religione non vorebbero dhe seguisse. L’istesse instanze che Sua Maestà fa fare in Spagna credesi che con Ambasiata straordinaria le farà fare anchora alla Corte de l’imperatore. Anchorchè D. Francesco de Melo speri di superare ostacolo fattole per essere ricevuto Ambasiatore di Portogallo, ad ogni modo vi è opinione di molti, che questo Sig.re non esser-citerà mai tal carrica. poi che colui, che se li e traversato e 1 Milor Arlentom Segretario di Stato, a causa, che detto D. Francesco mentre tractava il suo ricevimento non ha mai fatto capo dal Milor quasi, che lo dispresasse, et hora va frequen-temente alla sua Casa per sodisfare al mancamento passato. Su la voce sparsasi, che questo Rè voglia far la Guerra a 1 Olandesi, dal’Haia si sente, che quei SS.ri Stati siano per elle-gere il Sig.r Vambeninghe per straordinario Ambasiatore in questa Corte. . t _ Questo Rè è grandemente mal sodisfatto del Gran Duca a causa di molte doglianze venute da Livorno. La prima si lamenta il Cavaglier Spreghe commandante delli \ aselli da Guerra Inglesi, che sono nel Mediteraneo, che dalla Fortessa di Livorno non le sia stato reso quel saluto, che ricevè il Cavaliere .Alleni nel tempo del G. Duca morto. Secondariamente il cap. Bicci si duole, che trovandosi collà fu posto in quarantena dalla quale fugì, e che doppo qualche tempo essendo stato preso tu posto prigione con ferri a i piedi, e molto maltratato. Per ultimo esclamano tutti li mercanti, che le loro robe anchorchè non vi sia sospetto di contaggio sono poste in quarantena. - 133 - Queste sono quelle notictie da me stimate degne di VV. S.me, alle quali con augurarle ogni Grandessa e consolactio-ne farò fine sottoscrivendomi con ogni riverenza D· W. SS. S.me Londra li 23 e 13 9bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Oltre le doglianze delle quali diedi a VV. SS. S.me notictia, che li Inglesi commoranti in Livorno facevano, ve se ne è agionto un altra del bandimento di tutte le draparie forastiere fatto dal Gran Duca ne’ suoi Stati. Questa proibictione ha dato fastidio a Sua Maestà al paro del altre cose, e discorendone il Rè col Cavaglier Finci (che in Fiorenza è stato residente) le disse, che quando il Gran Duca pensi di continuare in questa forma, non potrà far altro, che proibire tutto quello, che viene in Londra dalla Toscana. , ^ Governatore della Giamaica è gionto qua prigioniero e d ordine di Sua Maestà è stato messo nella Torre. Di questa dismostractione i Spagnoili ne sperano magro beneficio, solo se la presente congiontura del Matrimonio, che si tracta, movesse ! Rè a farne qualche resentimento. ercordi per la nasita della Regina la Corte si vestì di Galla, e doP° esser state queste Μ. M. alle publiche Commedie con tutte le Damme ritornati a casa fecero un baletto, nel quale dansor-no il Rè e la Regina, et alcune tittolate, e Signori della Corte, al numero di sedici. Il Residente di Danimarca per esser nato al Rè suo Signore un in segno d’allegressa diede Giovedì sera una cena a tutti ]i ^§-ri di Palasso (74). Quà si discorre d’una legha che li Olandesi vano disponendo ^a 1 Imperatore Spagna e Svectia. e se bene si ha qualche notictia del tractato, non si ha però certessa della conclusione. Tutte le dimostractioni di stima, che questo Rè puoi fare — 134 — al Ambasiator di Francia et alla Ambasiatrice non le tralascia; segno della buona corispondenza, che passa tra le due Corone. Intendo da buon luoco, che tra qualche mese si farà una grossa levata di gente in questo Regno quale si stima, che al Rè di Francia debba servire. Un aviso mandato qua dal Cavaglier Sprage (Armiraglio di Sua Maestà nel Mediteraneo) che li Turchi d’Argier si fus-sero solevati, et amassato il Rè per voler la paoe con li Inglesi, ha ralegrato grandemente la Corte; tanto più che il Rè stava dubioso di richiamare i suoi Vaselli a ciò venissero di quà dal Stretto (75). Questo è quanto mi occore nella settimana presente, e non havendo occasione d’esser più luongho farò fine con sottoscrivermi con ogni riverente rispetto Di VV. SS. S.me Londra li 30, e 20 9brc 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore (manca la firma) Sereniss.mi Signori Con una mia antecedente a questa diedi aviso a VV. SS. S.me come il Milor Sonderlam, eletto Ambasiatore straordinario per la Spagna, si affrettava alla partenza. Con questa so-giongo come detto Signore hebbe lunedi sera una cena dal Milor Segretario, et il martedì matina si aviò verso Dovre per di là portarsi in Francia, con pensiero di far per terra tutto il suo viaggio. Sono seguite molte conferenze tra il Rè, il Duca di Hiorch e ΓAmbasiator di Spagna, e si tiene per certo che queste non siano che per il matrimonio, che si tracta tra il fratello di Sua Maestà, e la Principessa d’Ispruc. Per il detto tractato non si manda anchora al’Imperatore, volendo il Rè per quanto si dice prima sentire la risposta che verrà di Madri; e se bene alcuni credono, che il matrimonio non debba havere effetto quando i Spagnoli non ne riportino qualche vantaggio, ad ogni modo - 135 - questo Arnbasiator di Spagna ne parla come di cosa facile, a non incontrare dificultà (quando però il parlar di Sua Ecc.a non sia con artificio). Non posso rapresentare a VV. SS. S.me quanto sia grande d^10 C^e hanno alcuni del Parlamento per sentire che il Duca i iorch tracti di maritarsi con una cattolica, et io ho inteso alcuni tanto del l’una come de l’altra Camera, che minacciano di non concedere alla Principessa sposa la Capella Publica nel istes-sa maniera che la tiene la Regina. S λ'1 ^rancesco d’Melo ha superato l’ostacolo fatto alla ^ua mbaseria, poi che si è talmente insinuato col Milor Secretario, che fìnalmenti non solo si è placato, ma ha cooperato nc ora al suo ricevimento, che sarà fatto domani giorno di martedì. La Regina anchora non ha manchato dalla sua parte, avendo ricevuto quasi per se questo affronto, come quella che aveva penato tanto a far che il Principe suo fratello ellegesse questo Ambasiatore per il quale Sua Maestà ha fatto tante spese, sia nel accomodamento di tutta l’habitactione come di molti mobili; e che poi tanti fastidij fussero riusciti vani ne viveva molto mal sodisfatta. Ha contribuito anchora alla facilità di questo ricevimento una lega fatta tra il Rè di Francia, questa Corona, e quella di ortogallo contro li Olandesi, volendoli scaciare da l’Indie Orientali se sarà possibile. Ho inteso, che le conferenze seguite tra il Rè, il Duca iorch e questo Ambasiatore di Spagna, non solo siano state CIrca '1 matrimonio che si tracta, ma anchora circa i presenti momenti di Guerra ; ove l’Ambasiatore con vive ragioni ha fatto conoscere o almeno ha rapresentato à Sua Maestà la gelosia, che un giorno i Francesi possono dare à questi Regni quando li Olandesi venghino indeboliti. Per il qual discorso questo Rè non si mostra più tanto infervorato nel apparechio de Vaselli da guerra, importandole hora più d’ogni altra cosa, che il matrimonio di suo fratello habbia buon sucesso. Erano più di tre settimane che non si havevano letere di terra ferma, e doppo disnare sono comparse da ogni parte. Il Conte di Molina hà havuto ordine dalla Corte di Madri di passare quanto prima in Francia alla carrica della sua straordi- — 136 — naria Ambasiata ; poi che il nuovo Ambasiatore, che viene in Ingilterra, stava improcinto di partire. Sua Ecc.a ha diferito quanto ha potuto con speranza, che si dovesse far altra electione, ma in Spagna non hano voluto saper altro (76). E’ morto il Tarfax, che ha lasciato erede una sua unica figlia maritata nel Duca di Buchincam. Questo è di quanto posso dar notictia a VV. SS. S.me, e per non haver più che sogiongere farò fine con prender 1 ardire di sottoscrivermi humilmente Di VV. SS. S.me Londra li 7 Xbre, e 27 9bre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori Con l’antecedente a questa in data de 7 xbre diedi a VV. SS. S.me notictia come D. Francesco de’ Melo haveva superate le dificultà fatte alla sua Ambaseria, e come doveva far la sua intrata martedì ; il che seguì in questa forma. Sua Eccelenza andò la matina a Granucci, luogho poche miglia lontano dalla Cità, ove fu complimentato dal Conte di Cardignam, e dal mastro delle Serimonie, che avendolo condotto nella Cità vicino la Torre, lo fecero montare nella carossa del Rè, che lo condusse alla sua habitactione di S. Gemis, e non tantosto vi fu arrivato, che il Conte Vaham lo complimentò a nome del Rè. Dalla carossa di Sua Maestà impoi, e due del Ambasiatore (la prima assai bella) non ve ne erano altre, per esser stato proibito il Corteggio in simili fonctioni, a causa delle diferenze, che sempre seguivano tra le carosse de’ tittolati e particularmenti tra quelle delli Ambasiatori. La sua linvrea è assai vagha, e consiste in dodeci stafieri e sei paggi. Venerdì l’Eccellenza Sua hebbe dal Rè in compagnia della Regina la sua prima udienza. Fu ricevuto nella sala ove si ricevono i Regij Ambasiatori, e con segni di molta stima hebbe il racoglimento. Il Conte di Mancister Gentilhuomo della Ca- - 137 - mera del Rè; insieme col Mastro delle serimonie furono quelli °r V° ^evorn° ^ Casa, e lo condussero a Palasso nella carossa i Sua Maestà. Il detto Conte fu l’introductore per ritrovarsi il Milor Ciamberlam amalato. -β partito per Olanda l’Ambasiatore Inglese con quale hebbi occasione di parlare prima della sua partenza. Questo Signore è stato altre volte Residente in quel Paese, et è huomo di complesio-ne molto calda, e facile alla roturra, e dal discorso che fece meco, si conosce che va più per rompere che per accomodare, e non senza misterio mandano questo sogetto (77). Non si ha anchora certessa se li Spagnoli siano entrati in le-gha con gli Olandesi. Da un de’ Ministri di quella Corona ho inteso, che prima di venire a questa dichiaractione vogliono vedere ove attacherano li Francesi, e che appigliandosi a qualche impresa, che possa esser di pregiudictio alla Fiandra, al’hora sarano necesitati a dichiararsi ; però dalle levate, che giornalmente vano facendo mostrano di voler venire ad una apperta rotura in qual si voglia luogho che li Francesi movino l’armi, Si ha aviso d Ostende, che collà erano arrivati mille Spagnolli. Questo è di quanto posso dar notictia a VV. SS. S.me con la presente, e per non haver più da sogiongere, farò fine con sottoscrivermi riverentementi Di VV. SS. S.me Londra li 14, e 4 Xbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Scrcniss.mi Signori Quanto più si entra nel rigor del Inverno magiormenti si sfàarsegia di novità, essendo tutti intenti a vedere ove 1 armi francesi anderano ad’attachare. La Corte si và divertendo con le publiche comedie (come più volte ho scritto) e nel Palasso Reale si fà qualche ballo do-niesticalmente. Martedì sera il Duca d’Iorche con occasione, che ballava disse: quest’anno si pigliamo piacere, ma quest altro, - 138 — che verrà, si haverà da pensare ad altro, alludendo forse alla guerra che si va preparando. Nel armamento de"’ Vaselli non si vede fretaria, essendo costume proprio di questa Corte d’opperare tutte le sue cose con lentessa Per avisi continuati venuti da l’Haia si sente che quei Stati siano radunati per ellegere il Principe d’Oranges General delle armi, et Armiraglio del Armata, carrica, che già soleva aver suo nono, onde si vede (quando questo siegua) che vogliono com-minciare a metterlo nel Posto che godevano li suoi magiori; e perchè questa è una delle pretensioni che ha il Rè d’Ingilterra, li Olandesi cominciano a darle qualche sodisfactione. Per passar complimento col Rè di Danimarca a causa del figlio natole, Sua Maestà spedisse collà il Duca di Ricimon con carattere di straordinario Ambasiatore. Nel mandare un sogetto di questa qualità pare, che questo Rè voglia corispondere al Danese, che in una occasione di complimento mandò per Ambasiatore suo fratello, e se bene quello era naturale, ad ogni modo era dichiarato Principe del sangue, e sucessore della Corona, quando il Rè non havesse havuto figli. ^ L ultima figlia nata al Duca d’Iorche, mercordì sera passò al’altra vita in età di X mesi. Si^ stà attendendo con molto desiderio la risposta di Spagna circa il matrimonio della Principessa d’Ispruch, havendo ordine quel Ambasiatore collà Residente di spedire un espresso, quando a'ia Regina Cattolicha haverà fatto l’instanza. Il tractato di questo matrimonio dicono che sia per rompere molti disegni, e che li Spagnolli prima di venirne alla donclusione vorrano esser sicuri, che questo Rè non solo debba proteger la Fiandra, ma anchora che tralasi d’asistere a quelli Principi, che non le sono buoni amici. Questo è di quanto posso avisare VV. SS. S.me, con permi-sioiii delle quali humilmenti mi sottoscrivo D. VV. SS. S.me Londra li 21, e 11 Xbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. - 139 - Sereniss.mi Signori Con altra mia antecedente a questa scrissi a VV. SS. S.me come 1 Armata de’ Vaselli si andava preparando lentamenti, per esser usanza di questa Corte di far tutte le sue cose con tardità. Mi resta hora di sogiongere, come non si manca d’andare tuttavia preparando le vetovaglie per provigione del’Armata, havendo alla Torre di Londra in pochi giorni amassato mille ducento bui.vi, e duamila tovini per metterli in sale. Si sono dati anchora molti e diversi ordini tanto per le artiglierie, e sartiammi, volendo il Rè, che nel mese d’Aprile siano al ordine sesanta Vaselli. E’ opinione di molti, che Sua Maestà sia per mantenersi neutrale, ma dal armamento, che và preparando, mostra d’haver altra fine, che quella della neutralità. I Vaselli da Guerra, che Sua Maestà mantiene nel Mediteraneo più volte ho inteso dire, che li costano settecento mila scudi l’Anno; quanto magior-menti saranno per costarle questi, molti de’ quali sono di smisurata grandezza; onde è che alcuni giudicano, che il Rè non entrarebbe in tanta spesa quando non havesse altro fine, che la sudetta. L Ambasiator Inglese che è andato in Olanda ha ordine di far molte proposictioni à SS.mi Stati; tra quali vi sono, che al Principe d’Oranges siano date ristesse carriche, honori e prerogative, che godevano li suoi magiori, e che tutti li vaselli d Olanda abbatino le vele a qualsivoglia vasello del Rè ; e se bene questo atto di riverenza lo fecero alcuni mesi sono, ad ogni modo, hora lo negano, e si sono dichiarati, che quando sarà 1 Armata in corpo di non voler dar ubedienza' ad un semplice vasello con abbatere il loro stendardo. Se poi i Olandesi a tutte le domande di Sua Maestà cederano, al’hora il Rè si trova in obligho di non romperla con loro. Questo Ambasiator di Spagna non mancha di far vive instanze al Rè a ciò voglia mantener la legha Tripli; ma sin hora non ne riporta, che parole generali, e non obliganti. Non manca però, che queste instanze di Spagnolli, hora che si tracta di matrimonio, non facciano qualche impresione nel animo di Sua Maestà, quali li mostrano, che acquisterebbe magior Gloria se — 140 — con ì'autorità Sua arestasse l’arme d’un Rè si poderoso, e poco bene inclinato verso questo Regno. In questa settimana la Regina è stata qualche giorno al letto non sentendosi molto bene, e questa matina ha pigliato un poco di medicamento. Il Duca di Somerset in età di venti anni è morto di varole. Questo Sig.e è di Casa Semer di religione protestante. Un fratello del Padre ha erreditato il tittolo, e le facultà, ma quello si trova senza figli (78). Finirò per non haver che sogiongere, e con preghare a VV. SS. S.me ogni Prosperità mi darò l’honore di sottoscrivermi cori ogni rispetto Di VV. SS. S.me Londra li 28, e 18 Xbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. Sereniss.mi Signori La legha della quale diedi parte a VV. SS. S.me con una mia in data de 30 caduto, che si tractava dalli Olandesi per umrsi con li Spagnoili e l’imperatore, è stata conclusa, et il cor-riero, che ne portava di Fiandra in Spagna i cappitoli sottoscritti dalli Stati e dal Governatore Monte Rei, fu svaligiato per ordine del Christianiss.mo, quale ha mandato a questo Rè l’original scritura cercandolo di giustictia nel preteso torto fattole da Spagnolli, dolendosi, che ad instanza di questa Maestà ha trala-siat 0 d impadronirsi di quei Stati di Fiandra che per Giustictia le appartenghono, e che ora detti Spagnolli in ricompensa del ritenuto beneficio si siano collegati con suoi inimici. Le convenctioni che hanno concordato sono di difendersi reciprocalmenti l’un l’altro, e di socorrere la Colonia, et a questo effetto li Olandesi hanno inviato verso quella Cità quatro mila fanti scortati da tre mila de i loro cavalli, e tre altri mila Spagnolli. Dicesi, che l’imperatore nella detta legha non sia anchora entrato, ma che debba farlo quanto prima. Cinque Pren- - 141 - iO!pi del Reno tenghono al’ordine venticinque mila fanti per u-nir.si con detta legha, non volendo che li Francesi turbino la quiete della Germania, dichiarandosi di voler assistere anchor loro alla v. tà di Collonia. e li detti Collegati sperano di guadagniar li Svedesi. Tutto questo è stato scritto a questa Corte. Che resoluctione sia per fare questo Rè, e a che partito debba appigliarsi, variamente se ne discorre, se bene la voce commune è che seguiterà il partito francese, non già per offendere li Spagnoili (coi quali fa tractare parentato), ma per abbatere la potenza Olandese; tanto più che il Rè Christianiss.mo pare che non habbia giusta causa di dolersi de’ Spagnoili, poi che questi non hanno fatto che legha difensiva; e che si siano uniti con li Olandesi non se li deve imputare a biasmo per non esser quelli dichiarati inimici della Frandia (79). Hieri vigilia del Santo Natale in questo Regno fui dal’Am-basir.tor di Francia ad augurarle le buone feste. Discorse meco di diverse cose, e circa la letera presentata a nome de’ SS.ri Stati a Sua Maestà Christianiss.ma, mi disse, che il Rè rispose al Ambasiatore, che ritornato che sarà dalla Campagna (il che seguirebbe tra tre settimane) l’haverebbe letta, et al’hora data la risposta. Sogionse, che il Rè di Francia non pensava in verun modo di far guerra alli Spagnoili, havendone dato per sigurtà l Imperatore, il Rè d’Ingilterra, e quello di Svectia; e che le sue armi non hanno altra fine, che humiliare la superbia Olandese; ma che hora, che li Spagnoli si sono collegati con loro, non sa come questo patto debba ire. Replicò, che sarebbe cosa mal fatta, che li Spagnoili agiutassero quelli da’ quali furno abbandonati nel’ultima guerra, che il suo Rè fece in Fiandra. Per ultimo parlò del unione 0 sia legha della qual si parla, tra la Francia e l’Inghilterra, e sogionse il pregiudictio, che ne sentirebbe il Regno quando fusse vera la voce sparsasi, che il suo Rè vo'.c'se dare a questo un grosso peculio, e che li acquisti non comporterebero la spesa, e qui finì havendo parlato d altro. Il Milor Montagù, Ambasiatore per questa Corona m Francia, doppo haver negoctiato qualche hora con quel Rè. se ne è venuto quà su le Poste, e due giorni sono arrivò in Corte. Sin hora non si è potuto penetrare, che negoctiatiom porti. ^ Il Gran Duca di Fiorenza ha scritto una lettera responsiva — 142 — al Cavaglier Guasconi, nella quale oltre l’incaricarvi di far riverenza a questi Reali vi è il presente capitolo : Invidio quasi le vostre felicità di sentire il vostro arrivo in questa Corte tanto amabile, et a presso di Principi si amorevoli ; ma spero tra breve tempo di non havervi più questa invidia, e di godere di presente di quelli favori che hora godete voi. Questo cappitolo di letera fu letto al Rè, e si tiene per certo che Sua Altessa, desiderosa un'altra volta di vedere questo Regno, debba venirvi se si farà il sposalictio della Sua Cuina con Sua Altessa Reale (80). Questo è di quanto posso dar notictia a VV. SS. S.me, e per non tediarle con la mia longhessa farò ponto con sottoscrivermi humilmenti Di VV. SS. S.me Londra li 4 Gcnaro 1672, e 25 Xbre 1671 Humiliss.mo Devotiss.mo et Oblig.mo Servitore Carlo Ottone. NOTE E DOCUMENTI AD ILLUSTRAZIONE DELLE LETTERE DI CARLO OTTONE NOTA N. i. ADA μ e, così chiamavasi Enrichetta Anna d’Inghilterra sorella di Carlo II e moglie di Monsieur, cioè di Filippo d’Orléans, fratello di Luigi XIV re di Francia. Nata il 16 giugno 1644 ad Exeter in Inghilterra da Carlo I Stuardo e da Enrichetta Maria di Francia, la quale era figlia di Enrico IV e di Maria de’ Medici, e quindi sorella di Luigi XIII, sposava il primo aprile 1661 il suddetto duca, suo cugino, e moriva improvvisamente a S. Cloud il 30 giugno 1670. Essa servì la politica di Luigi XIV come intermediaria fra il cognato ed il fratello, riuscendo a distogliere Carlo II dalla triplice alleanza che univa l’Inghilterra con la Svezia e l’Olanda, ed a rivolgerlo contro quest’ultima nazione secondo i disegni del re di Francia. Al quale intento la duchessa, verso la fine di maggio del 1670, cioè poche settimane prima che una morte crudele dovesse immaturamente rapirla, si trasferì a Dover, dove andò ad incontrarla il fratello tarlo II, come narra l’Ottone nella sua prima lettera. Perchè il viaggio di Madama non desse sospetto si combinò che prendesse occasione dalla visita che il re Luigi XIV fece ai paesi conquistati dalle sue armi nelle Fiandre; così quella principessa, arrivata colla Corte presso la costa, potè cogliere il pretesto della maggior vicinanza all’Inghilterra per andare a rivedere il fratello. Lo scopo vero del viaggio fu tenuto segreto allo stesso duca d’Orléans, ma nonostante ciò, sembra che qualche cosa ne trapelasse. A questo riguardo può esser degno di curiosità quanto scriveva da J arigi al Governo di Genova il ministro Gio Batta Della Rovere, che rappresentava in quel tempo la Repubblica presso la Corte di Francia. — 146 — In una lettera di lui, in data del 25 marzo 1670, raccontasi : « Monsieur e Madama non passano troppo buona corrispondenza, desiderando questa di portarsi in Inghilterra, mentre che S. M. farà il viaggio di Fiandra, e non permettendolo quello; il quale resta così feimo nella sua risolutione, che il Rè sino ad hora non ha potuto farlo desistei e. il chi-· potrebbe caosare qualche novità, parendo che la M. S. sia quasi impegnata d'operare che il Rè d’Inghilterra, che mostra di hi amare di vedere sua sorella, habbia questa sodisfattione, alla quale Monsieur non consente, supponendo che la disgrazia del Cavagliere di Lorena habbia ricevuto impulso dalle instanze di quella Maestà ». Ed in altra lettera del 26 maggio 1670: « Con le ultime nuove della Corte si mette in dubio, se Madama Reale debba proseguire il suo viaggio in Inghilterra a caosa dell’apprehensione, che ne hanno concepita i Spagnuoli et Hollandesi, i quali temono, che questo passaggio possa pregiudicare all’interessi della Triplice Lega; onde si vocifera, che in Londra si sia disseminato a bella posta, che S. A. R. apporti somme considerabili di contanti al Rè suo fratello per alienarlo dalla detta Lega, et acciò che possa intraprendere sopra la libertà de’ suoi sudditi, a fine di movere con mezzo tale il popolo ad opponersi a questo passaggio ». Il 6 giugno il Della Rovere avvisa: « Madama è passata in Inghilterra come si scrisse, et ha ottenuta permissione di potervi dimorare per quindici giorni ». Ad avvalorare poi i sospetti che nutrivano gli Olandesi sul viaggio di Madama, egli, il 27 giugno 1670 alcuni giorni dopo il ritorno di essa in Francia, scrive: « Avvisano di Londra che Mons. Vanbeuning Ambasciatore estraordinario delli Stati Generali delle Provincie Unite, doppo che il Rè della G. Bretagna è ritornato da Douvre in quella città, habbia havute tre udienze secrete da solo a solo con S. M., e molto longhe, non sapendosene ancora il soggetto ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 2. Secondo il calendario gregoriano adottato nei paesi cattolici per effetto della riforma compiuta da papa Gregorio XIII nell anno 15 in virtù della quale al giovedì 4 ottobre successe immediatamente 1 venerdì 15 ottobre di esso anno, le domeniche del maggio 1670 cade vano nei giorni 4, n, 18 e 25; mentre in conformità del calendario - 147 - giuliano, che in quell’epoca vigeva ancora in Inghilterra, le domeniche di detto mese cadevano nei giorni i, 8, 15, 22 e 29. Al principio della riforma il calendario giuliano ritardava di dieci giorni su quello gregoriano, e tale divario si mantenne fino alla data gregoriana del 28 febbraio 1700 ; ed infatti le due date apposte dall’Ottone a ciascuna sua lettera, la prima gregoriana e l’altra giuliana, differiscono sempre di dieci giorni. II ritardo fu di 11 giorni dal primo marzo 1700 al 28 febbraio 1800, di 12 giorni dal primo marzo 1800 al 28 febbraio 1900; divenne di 13 giorni dal primo marzo 1900, e tale si conserverà fino al 28 febbraio 2100 (date gregoriane). NOTA N. 3. Nell originale, le parole qui stampate in corsivo sono in cifra. Il cifrario di cui si serve l’Ottone è intieramente diverso da quello adoperato dal suo predecessore Francesco Bernardi, e pubblicato da Carlo Prayer nel voi. XVI, p. 507, degli Atti della Società Ligure di Storia Patria. In esso le lettere dell’alfabeto sono rappresentate dai segni seguenti : a — 3 ovvero 5 ovvero 2 b 8 c 20 ovvero 17 d = 18 e — 15 ovvero A ovvero Θ i = 13 g = 10 h - 4 i = 19 ovvero 14 1 = 16 m 1 n — 6 0 =: 7 ovvero 12 p = z ovvero 21 q = z r = y s = 22 t = x u ~ ά \ — ά Frano semplici riempitivi, non avevano cioè alcun valore i segni 24, XXV, XXIII. Ordinariamente nelle lettere dell’Ottone contenenti parti cifrate, in corrispondenza dello scritto in cifra trovasi, fra una linea e l’altra di esso, la traduzione in volgare fatta di mano dei segretari del Governo genovese per intelligenza delle lettere stesse. NOTA N. 4· In cifra. — 148 — NOTA N. δία cifra. ΝΟΤΑ N. 6. Τη cifra. NOTA N. 7· In cifra. NOTA N. 8. In cifra. D’ora in poi sarà inteso che le parole stampate in corsivo nel testo delle lettere, e riferite a questa nota (8), si trovano in cifra nen’criginale dellOttone. NOTA N. 9. Tremolanti ossia quacqueri, dalla voce inglese quake, tremare: setta religiosa protestante detta anche Società cristiana degli amici, fondata, come noto, nel 1647 da Giorgio Fox, calzolaio di Leicester, e diffusa principalmente per opera di Guglielmo Penn, Roberto Barclay e Samuele Fisher. Rigetta ogni sacramento, ogni culto esterno ed ogni gerarchia ecclesiastica ; e sostiene che chiunque può essere inspirato dallo spirito divino. I suoi membri si radunano in sale spoglie di ornamenti, ed attendono nel raccoglimento che qualcuno di loro sia preso dallo Spirito Santo. L’inspirazione si annunzia con un tremito; 1 inspirato allora si alza, prende la parola, e viene ascoltato in ìeli-gioso silenzio, Essi tengono in gran pregio la probità, la purezza del costume, la filantropia; non prestano e non pretendono giuramento, si rifiutano di partecipare alla guerra; condannano gli spettacoli, il giuoco, la caccia; danno del tu a tutti; non si levano mai il cappello in segno di rispetto ; ed osservano varie altre pratiche contrarie all uso comune. Sono oggi stabiliti quasi esclusivamente negli Stati Uniti d’America, in ispecie nel Rhode-Island, nel Maryland e nella Pensil-vania. Qualche rimasuglio di essi trovasi ancora in Olanda, dove Pas — 149 — sarono fin dal 1658. In Inghilterra, loro patria d’origine, subirono per molti anni le persecuzioni della Chiesa ufficiale come dello Stato. L Ottone nelle sue lettere accenna più volte a bandi del Parlamento contro questi settarj, a loro radunanze impedite o sciolte colla forza, a carceramenti di molti di essi, ecc. Nel 1672 ebbero dal re Carlo II libertà di coscienza sotto certe restrizioni, come riferisce lo stesso Ottone in una sua lettera del 26 aprile 1672, che non è fra quelle pubblicate nel presente volume; nella quale così scrive : « I Tremolanti, che in questo regno sono in gran numero, mandorno due deputati a Sua Maestà per renderle gractie della libertà di consiensa concessale ; ma circa 1 electione de’ ministri che S. M. si riserva di darle, dissero che loro non havevano altro ministro che Giesù Christo, il quale quando cala nel spirito d un di noi al’hora predica. Al’hora il Rè le sogionse : io V1 predicatori, et à tutti dò autorità di predicare; e così li mandò via sodisfatti ». L atto di tolleranza del 1689 accordò poi intera libertà alla manifestazione ed all’esercizio delle loro credenze. NOTA N. io. L ambasciatore straordinario qui menzionato è Lord Falcombridge inviato dal re d’Inghilterra presso le repubbliche di Genova e di Venezia, del quale il ministro genovese a Parigi, Gio Batta Della Rovere, eooi annunziava la partenza al proprio Governo con lettera del 14 marzo 1670: « Milord Falcombridge ha intrapreso il suo viaggio per Torino, di dove si trasporterà costì, conforme ho inteso dall’Ambascia-tore d Inghilterra, dovendo quegli trattare con VV. SS. Ser.me per regolare la prattica de’ saluti et esporre altre sue commissioni, che detto Ambasciatore non mi ha partecipato ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17). * Alla notitia che hebbimo » — scriveva poi il Governo genovese ά ^'°· Batta Pallavicino suo ministro residente in Madrid — « dell’ar-]'ivo m Torino del S.r. Milor Falcombrigd Ambasciatore Straordinario destinato dalla M. Britanica alla nostra Republica, quale in detta qualità anco passa a Venetia, in riguardo delli honori che in Londra fu-ron alla persona del nostro Ambasciatore, e per molte altre consi- — 150 — derationi fu da noi col Minor Consiglio derrogato alla legge del Cerimoniale » (Litterarum 146, n. g. 1922). Il Falcombridge, proveniente da Torino, giunse a Savona 1 11 maggio 1670 e proseguì subito cor· una galera della Repubblica per Genova, dove arrivò la sera dello stesso giorno. Ebbe dal Governo ricevimento straordinariamente solenne, con tutte le forme del minuzioso e complicato cerimoniale di quell’epoca; e di esso ricevimento, e dei buoni effetti che fece in Inghilterra, scrive parecchie volte nelle sue lettere l’Ottone. Lo stesso Governo ne diede diffusa notizia ai suoi ministri all’estero, ed il Libro dei Cerimoniali della Repubblica ne contiene una particolareggiata relazione, che qui riporto. Relazione sul ricevimento deli^Ambasciatore inglese. « Dovendo portarsi in Savona per via di terra il Milor Falcom-brid Amb.re Straord.io destinato dalla Μ. B. alla Ser.ma Rep.ca fu mandate il M.co Ambrosio de Franchi deputato da’ Ser.mi Collegi a fare in questa fontione l’officio di Mastro di Cerimonie in luogo del M.co Gio. Batta Gentile amalato, con una Galera a detta Città di Savona per incontrare, e servir poi e condurre alla Città con l’istessa Galea il detto S.r. Amb.re. Gionto colà aspettò il detto Amb.re il quale il giorno 11 maggio 1670 alle hore sedeci comparve nel Borgo di La-vagnola, et havendo fatto fermare la sedia nella quale era portato presso alla porta d’una hosteria, nella quale gli ufficiali dell’istesso S.r. Amb.re havevano fatto apparechiare per sessanta persone che lo seguitavano, se li fece assai subito incontro il detto Mastro di Cerimonie et uscito l’Amb.re di sedia sentì l’espositione che li fece in ese-cutione degli ordini che haveva, e data la risposta per mezzo dell’interprete rientrò in sedia, e si condusse a drittura alla Calata del Porto ove per altra strada si era prima portato il Mastro delle Cerimonie e subito salì sopra la Galera, la quale lo salutò con quatro tiri, come anche fece la soldatesca dell’istessa Galera con tutta la moschettarla. Mentre che si stava attendendo che s’imbarcasse il rimanente della sua Coite, che tardò un’hora e mezza, fù il S.r. Amb.re visitato in Galera dal S.r. Gover.re di quella Città, quale d’ordine del S.r. Amb.re fU; da,,a Galera salutato con quatro pezzi tanto all’entrare quanto all uscire et hebbe dal Sr. Amb.re la precedenza, et il titolo d’Ill.mo. 151 — d II n USC*r C^e ^6Ce ^era dal Porto fu il S.r Amb.re salutato li ^°r<:ezza con moIti t'1"' d· cannone e di mortaletti, et il S.r Amb.re ^ °e risP°ndere con quattro tiri. Seguitandosi poi il viaggio verso °Va ^ ^ dato pranzo lauto, e compito nella stessa Galera d’ordine, spese publiche. A tavola sederono il S.r Amb.re in capo, alla destra -uo nipote, in appresso due camerate, il mastro di Cerimonie, il p ano della Galera, li due Gentilhuomini camerate dell’istesso, et '1 Capitano dell’infanteria. ^a corr>parsa, che la detta Galera, la quale era la Capitana, pero senza stendardo, fece verso le hore venti a vista della Lan-a> s mcaminarono li quatro Gentilhuomini inviati e deputati per Pimentare il detto S.r Amb.re serviti dal not.o Gio. Bart.eo Mer-ltC ^ePutato da’ Ser.mi Collegi a far in questa parte le fontioni del as ro di Cerimonie. Sedeci tedeschi con spada e cappa e due Traghetta s imbarcarono sopra altra Galea, et andarono con essa ad incontrar quella che portava il S.r Amb.re sino all’aqua di Polcevera, te* m'ne Prescritto da’ Ser.mi Collegi. Inviarono però anticipatamente il deito maestro di cerimonie con filuca a dar parte al S. r Amb.re che i quatro Gentilhuomini inviati andavano a complimentarlo d’or-lne della Rep.ca, anche per assicurarsi per mezzo di detto M.co Ambrosio de Franchi che il tutto caminasse secondo le intentioni pubiche. Fu introdotto al S.r Amb.re qual stava nella poppa in piedi, mentita 1 imbasciata li fece rispondere dall’interprete che S. E. era Pronta a ricevere gl’honori che era per farle la Ser.ma Rep.ca, e l’istesso replicò di propria bocca il S.r Amb.re. Pervenuta donque la detta Gale- 1 a all aqua di Polcevera salutò con quatro tiri il S.r Amb.re, e dall’i-ftesso ^ fù risposto con altri quatro. Si portarono subito li detti Sig.ri inviati, serviti dal mastro di Cerimonie, con filuca alla Galera del S.r Amb.re, et al salire furono salutati con quattro tiri e ricevuti dall’istesso S.r Amb.re e sua Corte presso alla scaletta. Furono introdotti nella ^ 0ppa con la precedenza tanto all’ingresso quanto al sedere, e stando |u^i gl altri in piedi scoperti compreso anche il nipote del S.r Amb.re, S.r Gio. Giorgio Giustiniano, capo de i detti Gentilhuomini inviati, ^ Pose c°n erudito e chiaro stile l’imbasciata della Ser.ma Rep.ca e 1 Negrezza che havea concepito del felice arrivo di S. E. in questo Dominio, pregandola ad accettare l’alloggio publico che li era stato desti-nat0> et offerendoli tutto quel di più che la Ser.ma Rep.ca havesse Potuto operare a maggior sodisfatione dell’E. S. in riguardo alle - 152 - grandi obligationi che l’istessa Rep.ca professa alla Maestà del Rè della Gran Bretagna, stimando molto 1 occasione che per sua gran fortuna se le rappresenta di dar qualche segno del suo ossequio verso di S. M. nella persona di S. E., Sig.re di tanta estimatione e qualità, e ben degno ministro della Maestà di un Rè si grande e poderoso al quale la Ser.ma Rep.ca ha sempre desiderato servire, e per il grande e reai suo merito, e per il genio particolare della nation Genovese con l’inglese tramandatole da’ suoi maggiori con l’insegna uniforme che portano, vivendo massime l’una e l’altra natione sotto la protectione del Glorioso S. Giorgio, tutti contrasegni evidentissimi d’una anticha amicitia, che per parte della Rep.ca si conserverà eternamente. Con queste et altre ben ordinate cerimonie terminò detto S.r Gio. Giorgio il discorso confirmato da gl’altri Sig.ri suoi collega, quali da esso erano stati invitati a proseguire. Il S.r Amb.re per mezzo dell’interprete rispose che rendeva infinite gratie alla Ser.ma Rep.ca per gl’honori, che li faceva, per quali confessò di restarli in estremo obligato con promessa di farne distinta relatione al Rè suo Sig.re accio conservi memoria et obligatione eterna de’ favori quali esso Amb.re come di lui ministro riceveva dalla Ser.ma Rep.ca, stimandoli singolarissimi massime ricevendoli per mezzo di Cavaglieri tanto degni e qualificati come sono le persone di loro Sig.rie Ill.me. Il Sig.r Amb.re confirmò quasi l’istesso in lingua Italiana scusandosi di non sapersi ben esprimere, ad ogni modo ringratiò sommamente la Ser.ma Rep.ca e li d'tti Ill.mi Sig.ri inviati, e dichiarandosi obligatissimo promesse di d.'\rne parte al Rè suo Sig.re ; e veramente si riconobbe in S. E. un intiera sodisfactione del trattamento che riceveva dalla Rep.ca, alla quale diede sempre titolo di Ser.ma, al Duce di Ser.mo et a Sig.ri inviati d’Ill.mo, levandosi il capello sempre che ne parlava, come pur fecero li Sig.ri inviati sempre che si nominò il Rè d’Inghilterra, e la persona di S. E. « Finiti i complimenti publici, mentre la Galea s’avicinava al Porto tenne S. E. continui discorsi con ogn’uno de’ Sig.ri inviati ringratian doli singolarmente; e non lasciò senza lode le qualità emerite delle per sone loro, et all’eloquenza e finezza d’ingegno dell’oratore fece par-ticolar encomio. « Arrivata la Galea al Porto salutò la Città con quatro tiri, e dalla Piattaforma del Mole vecchio fù salutato il S.r Amb.re con otto tiri di canone, e quatordeci di mortaletti, e la Galera rese il saluto con qua- - 153 - tro tiri. Da molte navi Inglesi et Olandesi fu salutato il S.r Amb.re, al quale li Sig.ri inviati fecero offerta che come Padrone della Galera comandasse se li doveva esser reso il saluto. Stimò S. E. grandemente questo complimento, e con loro buona licenza ordinò li fosse risposto con due tiri, come si fece. « Gionta la Galera al Ponte Reale vi si ritrovarono moltissime letiche per lo ricevimento del S.r Amb.re, de’ Sig.ri Inviati, e della Corte di S. E., quale fù il primo a calare in terra dandole il bracchio il Maestro di Cerimonie,e fù in quel ponto salutato dalla Galera con quatro tiri ; seguitarono immediatamente li Sig.ri inviati, e fattasi inanti una belissima leticha con due letichieri vestiti della linvrea de Segettarij del Ser.mo Duce, entrò in essa il S.r Amb.re et il S.r Gio. Giorgio Giù stiniano, et in altre letiche li Sig.ri inviati, con haver ogn uno d essi ricevuto nella sua leticha uno delle Camerate di S. E., a quali Camerate diedero li Sig.ri Inviati la mano, e seguitò in appresso il restante della Corte; e tutti si portarono con nobile accompagnamento all’alloggia-mento del S.r Amb.re preparatoli per conto publico, e superbamente adobbato dal M.co Gio. Agostino Durazzo nel Palazzo di sua habitatione sopra la piazza di Strada Nova, alla porta del quale fù ricevuto dal detto M. Gio. Agostino con comitiva di nobiltà, e S. E. fù accom pagnata da’ Sig.ri Inviati nel suo appartamento, cioè nel secondo salotto verso levante dove era il Baldachino. « Detti Sig.i Inviati à titolo di lasciar riposar S. E. si licentiarono con dire che andavano a dar parte al Ser.mo Duce della buona salute di S. E., a’ quale fecero nuove offerte di valersi della Rep.ca Ser.m in tutto ciò che li potesse occorrere, assicurandolo che essa non ha va maggior desiderio che di contribuire in tutto alle sodisfatiom e 1Έ. S., acciò che la Maestà del Rè potesse conoscere la stima che s. faceva de’ suoi Reali ministri. Fece il S.r Amb.re per l’interprete render nuovi ringratiamenti a’ Sig.ri Inviati, quali pre„ò ad al Ser.mo Duce quanto restava obligato alla Ser.ma Rep.ca sin le fusse permesso di farlo di presenza. Accompagno li Sig.ri nvia 1, a’ quali diede sempre la mano sino alle scale, e dal Nipote La ^ Corte tutta di S. E. furono accompagnati sin fuori della porta 1 piazza, e mai si mossero sino a che fossero partite le letiche nelle qua 1 era io entrati detti Sig.ri Inviati, li quali serviti dal detto Maestro i monie, Tedeschi, e Traghetta, si portarono a Palazzo, e ece™ 3 Ser.mo Duce, et Ecc.mi di Palazzo, distinta relatione di tutto qua sopra. - 154 - « All’entrata del S.r Amb.re nella Città per la porta del ponte Reale si trovò provisto di numero di soldatescha, la quale armata di moschetti li fece spalliera dall’una e dall’atra parte dalla porta del ponte, sin quanto dura il Palazzo di S. Giorgio. « Il giorno seguente si portarono li Ecc.mi Cesare Durazzo e Gio Batta Centurione, Procuratori perpetui, con l’habito Senatorio, a piedi, accompagnati da gran numero di Nobiltà che le andava avanti, e serviti dal detto M.co Ambrosio de Franchi deputato per maestro di cerimonie come sopra, e da molti soldati Tedeschi con spada e cappa, e da alcuni Traghetta, alla visita di detto S.r Amb.re per parte de’ Ser.mi Collegi nel detto Palazzo di suo alloggiamento. Furono ricevuti alla porta di strada dalla famiglia del S.r Amb.re, et arrivati a capo alle scale furono incontrati dal medemo Amb.re, che calò alquanti gradini, et havendo dall istesso la precedenza si condussero nel di lui appartamento, nel quale, cioè nel secondo salotto verso levante ove era il Baldachino, si ritrovarono preparate due sedie per detti Sig.ri Ecc.mi, et un’altra per il S.r Amb.re. Sopra le due che davano la faccia alla porta sederono li detti Sig.ri Ecc.mi, e nell’altra che dava le spalle alla porta sedè il detto S.r Amb.re. fecero gli Ecc.mi la loro espositione in publico stando la portiera aperta, e li iu risposto dal S.r Amb.re per mezzo dell’interprete, e iurono sempre irar'ati con titolo di Ecc.za.. e nel pauirsi furono dal S.r Amb.re accompagnati sino alla porta in strada, et entrati in leticha il S.r Amb.re si fermò sin che li vidde partire. « Γ1 ter/o giorno dal detto Maestro di Cerimonie fu appontata l’udienza che il S.r Amb.re doveva ricevere da’ Ser.mi Collegi per le venti un’hora. « Il S.r Ugo Fiesco deputato da’ Ser.mi Collegi per introduttore di detto S.r Amb.re alla loro udienza, si partì all’hora appontata dal reai Palazzo in leticha servito da dieci soldati Tedeschi con spada e cappa, et arrivato al Palazzo dell’alloggiamento del S.r Amb.re, smontato di leticha, fu incontrato a capo delle scale dalla famiglia del S. Amb.re e da lui stesso fuori della porta di sala, e ricevendo dal S.r Amb.re la precedenza in ogni cosa fu condotto alle di lui stanze, e sedendo ivi al miglior luogo, li significò che era stato deputato da’ Ser.mi Collegi per durlo alla loro udienza, e uscirono perciò fuori delle stanze, et an-ando avanti gran numero di Nobiltà che a tale effetto per invito puera portata per accompagnarlo. Si condusse a piedi a mano S.r Ugo a Palazzo, seguitato però da quantità di letiche. - 155 - Gionto al portone di ferro del cortile di Palazzo, stando la piazza armata delle soldatesche di Guardia in ordinanza, fù incontrato dal Maestro delle Cerimonie con trenta alabardieri vestiti a linvrea, et al primo rastello fu incontrato da’ quattro Ecc.mi Procuratori, i quali ponendolo in mezzo l’accompagnarono sopra, risuonando dalle finestre, quando arrivò sopra la piazza, e poi in cima alle scale sinché sali per ■esse, il suono di molte trombe, e facendo la piazza salve di moschettarla e mortaletti quando fù nelle scale. « Entrò per la Gran sala in quella dell’Udienza de’ Ser.mi Collegi d’Està, a mezzo della quale fu incontrato da’ Ser.mi Collegi, e saliti nel Trono hebbe sedia a mano sinistra di S. Ser.tà al luogo del Vice Decano degl’Ecc.mi Senatori, e quando entrò per la porta di detta Gran sala fù salutato da i musici della Capella Reale con sinfonie d’Instrumenti musicali sinché desse principio alla sua espositione, ripigliate poi quando scese dal Trono, dal quale fù da’ Ser.mi Collegi accompagnato sin alla porta dell’Udienza con essersi lor SS.rie Ser.me immediatamente ritirate senza veder partire il S.r Amb.re, e le trombe similmente ricominciarono a suonare sino all’uscita del S.r Amb.re dalla piazza. Alla detta porta dell’Udienza li quatro Ecc.mi Proc.ri lo ricevettero di nuovo in mezzo, e lo accompagnarono sino al portone di ferro del cortile, dove entrando S. E. in leticha essi Ecc.mi si ritirarono. « Nel uscir S. E. da Palazzo fù di nuovo salutato con sparo di mortaletti, e moschettarla, nella stessa maniera che si era fatto all’ingresso. Nella piazza del Reai Palazzo non fù permesso l’ingresso ad altra leticha che a cuieljs che doveva servire il S.r Amb.re, stando le altre che erano assig.te n’.'a di lui Corte fuori di Palazzo. « Fù S. E. accompagnata dal detto S.r Ugo Fiesco nella stessa leticha sino al suo alloggio, ove salite le scale sederono alquanto nelle sue stanze, e poi partendosi il S.r Ugo fù accompagnato dal S.r Amb.re sino a capo alle scale, stando sempre il S.r Ugo alla mano destra, e la famiglia del S.r Amb.re l’accompagnò sino alla leticha. « Furono poi dà Ser.mi Collegi deputati li Ecc.mi Cristofaro Spinola et Agostino Saluzzo di trattare col detto S.r Amb.re, li quali a’ 16 detto al doppo pranzo si partirono da Palazzo in leticha serviti dal Seg.rio Gritta in altra leticha, da due Traghetta che precedevano, e da venti Tedeschi con spada e cappa, et havendo prima mandato il Maestro delle Cerimonie ad aspettarli nella casa dove era alloggiato il — 156 — detto S.r Amb.re. Gionti alla porta furono ivi incontrati da i Gentilhuomini di detto S.r Amb.re, il quale li ricevè in cima alle scale con haver calato due gradini, e dandoli sempre la mano etiam all’entrar di tutte le porte, li introdusse nel secondo salotto, ove erano tre sedie sotto il Baldachino, cioè due che davano la faccia alla porta, nelle quali si assentarono detti Ecc.mi, e l’altra che dava le spalle alla porta, nella quale si assentò detto S.r Amb.re, il quale li diede sempre il titolo di Ecc.a, e sempre che si nominò la Rep.ca li diede il titolo di Ser.ma con cavarsi il capello. Al licentiarsi furono i detti Ecc.mi dal detto S.r Amb.re e da tutta la sua Corte accompagnati sin sopra la porta di piazza, nella quale si fermò sino a tanto che loro Ecc.ze entrate in leticha furono partite. « A 19 detto il M.co Seg.rio Gritta, comandato da’ Ser.mi Collegi di portar alcune risposte al detto S.r Amb.re, si portò in segetta alla casa del di lui alloggiamento, ove gionto fù a mezze scale incontrato dal Seg.rio e da quatro o cinque Gentilhuomini, e da altri della Corte. Fu ricevuto nel Patio fra la cima delle scale e la porta di sala, essendo il rimanente della Corte ripartita fra la porta di sala e quella del salotto. Dal S.r Amb.re fu incontrato sopra la porta del primo salotto, et introdotto nel secondo, ove li fu dato sedia vicina al Baldachino con le spalle verso la porta, sedendo il S.r Amb.re in un’altra che le dava la faccia. Alla partenza fù dal S.r Amb.re sempre con ogni de-mostratione d honore e cortesia, accompagnato sin fuori della porta di sala, o\e si fermò per qualche poco spatio di tempo facendo cenno all istesso Seg.rio che dovesse partire prima di lui, la qual cortesia però non fu da esso accettata, e fu poi accompagnato da tutti li Genti-uomini, Seg.rio et altri di sua Corte sino in piazza, quali tutti si fermarono sino a tanto che il Seg.rio rientrato in segetta fosse partito. 1 detto Seg.rio hebbe sempre dal S.r Amb.re titolo d’IU.mo. A 2i detto il detto S.r Amb.re ritornò a Palazzo a’ Ser.mi Collegi ^ dienza di congedo, et hebbe i medesimi trattamenti in tutto e per ome si era fatto nella prima udienza, giontovi che, per delibera- e Ser.mi Collegi et anche del minor Consiglio, hebbe luogo in Trono dell’Ecc.mo Senator Decano. detto il M. Felice Tassorello Seg.rio, attesa l’indispositione del j .. Q & ,'° ^r’tta> fù da Ser.mi Collegi mandato a consignare al q r D r v h lettCra responsÌva aIIa Maestà d’Inghilt.ra et al A t UCa ' OTCh’ et hebbe ' medesimi trattamenti, fuori che dal S.r Amb.re, perche lo ritrovò a ]etto a]quanto - 157 - « Serva di notizia, che quando i quatro Gentilhuomini inviati si portarono alla Galera per complimentare il detto S.r Amb.re, havendo il M.co Gio. Giorgio Giustiniano capo d’essi salito la scaletta di detta Galera, non vide comparir il detto S.r Amb.re a riceverli, mà che anzi si tratteneva ancora nella Poppa: dimostrò di questo col sguardo ammiratione, come fù osservato, e voltatosi indietro, fingendo d’aspettar li compagni, si fermò vicino a detta scaletta perchè non salissero, e vi si trattenne sino a tanto che l’Amb.re poi venne a riceverli, come doveva. Entrati tutti nella Poppa della Galera osservò l’istesso inviato Gio. Giorgio, che non vi era alcuna sedia, e che tutte erano state levate, e poste sopra li bandini. prese di subito espediente di comandar che fossero accommodate le sedie per servir al S.r Amb.re, e Sig.ri inviati, come, segui ». (Cerimoniali, libro 4, n. g. 477; cc. 129-134). A complemento di questa relazione riferisco le seguenti altre notizie che traggo da una lettera del Governo, in data del 23 maggio 1670, al ministro genovese in Madrid. L’ambasciatore « entrato per la porta della sala grande si portò nella sala della nostra udienza, in mezzo della quale fu da noi ricevuto, et se gli diede il luogo dell’Ecc.mo Vicedecano e titolo di Ecc.za. Fece la sua espositione in lingua Inglese, interpretata poi dal suo segretario e riffertaci in Italiano, continente in sostanza che la M. Britannica. ricordevole del buon ufficio che passammo seco in occasione del suo felice ritorno a’ suoi regni, gli haveva ordinato di trasferirsi da noi in qualità di suo ambasciatore straordinario, non solo per corrispondere con quella viva dimostrazione di buona volontà che si conviene, ma per assicurarci ancora della sua amicitia et vera benevolenza, con essersi poi diffuso intorno al desiderio di quella M. per il mantenimento et accrescimento del comercio e del traffico fra suoi Stati e quelli della nostra Republica. Ci lasciò inscritto detta sua espositione, come anco la lettera credentiale del Re suo S.re continente in sostanza il medesimo, et ci presentò altra lettera de credenza del S.r Duca di Iorche con cui ci ha confermato le sue buone dispositione verso la Republica nostra. Si parti poi detto S.r Ambasciatore e fu da noi accompagnato sino alla porta di detta sala dell udienza....... E perchè hebbimo notitia che esso S.r Ambasciatore haveva havuto qualche sentimento che nella detta sua udienza gli si fosse dato il luo- - 158 - go deH’Ecc.mo Vicedecano, asserendo essersi lui ingannato nel supposto che haveva fatto, che sedendo esso a banda sinistra del Ser.mo Duce, non dovesse restar occupato il luogo a banda destra ove trovò l’Ecc.mo Decano, e che desiderava che nella visita di congedo le fosse dato il luogo che lo facesse solamente inferiore a S. Ser.tà e non ad altri, o che almeno le fossero date inscritto le raggioni che vi sono per sostenere ciò che si è pratticato con esso intorno a luogo sudetto acciò potesse valersene alle occasioni, fu da noi e dal minor Consiglio per molti motivi che si discorsero deliberato di dare a detto Ambasciatore il luogo dell’Ecc.mo Decano nella comparsa all’udienza di congedo. ......Gli è stata inoltre deliberata galera che lo porti sino a Livorno, et habbiamo decretato che sopra di essa s’imbarchino de’ rinfreschi, acciò che possa più commodamente viaggiare » (Litterarum 146, n. g. 1922). La notizia particolareggiata dei trattamenti praticati da* Governo delia Repubblica (.oH’ambasiiatore straordinario ingles: fu data ai residenti genovesi nelle Corti di Roma, Parigi, Madrid, ed al proconsole Ottone in Londra. Fra le cortesie usate dal detto Governo al Falcombridge sono da ricordare quelle espresse negli ordini seguenti : « 1670 a’ 14 Maggio. « Si dia ordine che l’ordinario di Lione non parta sino a tanto che il S.r Amb.re d’Inghilterra, il quale sta scrivendo, habbia sbrigato le sue lettere, e ciò si facci intendere all’istesso S.r Amb.re. « 1670 a’ 22 Maggio. € Restino incaricati gli Ecc.mi Deputati di far provvedere al M.co Capitano della Galera, sopra quale doverà imbarcarsi il Sig.r Amba-sc.re d’Inghilterra per Livorno, di qualche argenti per doversene servire nel detto viaggio per uso del detto S.r Ambasciatore, havendo così a palle deliberato li Ser.mi Colleggi ». (Filze Secretorum, X, 30, n. g. 1585). La lettera credenziale di Carlo II, presentata al Duce dall’inviato inglese nel suo ricevimento, trovasi nelle Lettere Principi, mazzo 6, n. g. 2782, e qui la riproduco. - 159 - « 'ai olus Dei Gratia Angliae, Scotiae, Franciae et Hiberniae Rex, Fidei Defensor etc. Serenissimo Duci et Excellentissimis Gubernato- 1 ibus Serenissimae Reipublicae Genuensium Amicis Nostris perdilectis Salutem. « Seienissime Dux et Excellentissimi Gubernatores Amici perdilecti. « C um statuissemus praedilectum et fidelem Consanguineum Nostrum 1 hornam Vice Comitem de Falconberg Legatum a Nobis Extraordinarium mittere ad Serenissimam Venetorum Remp. veteres Nostros Amicos, et ad alios istius loci vicinos Vobis Principes Libenter etiam in id sententiae ventum est, ut eodem titulo affectus par munus apud Vos quoque obiret. Non enim committendum duximus ut immemores videremur ejusmodi offici j Nobis feliciter Restitutis exhibiti : neque Vos elatos volumus Amicitiam et Benevolentiam Nos Vestram Remp. ejusque omnia complecti, quantam Vos Nobiscum certaturos nihil dubitamus, in i j s quae ad commune Bonum facere constabit, et mercaturae commercioque alendo idonea videbuntur, quod inter subditos Nostros Vestrosque promoveri Nobis summopere in votis est. Petimus igitur ut dicto Nostro Legato plene audito, circa omnia quae Nostro nomine afferret fidem indubiam adhibeatis. Id vero in primis Vobis persuadere velitis Nos Reip. λ estrae prosperos successus vovere amicitiamque istam et commercium quod isti Reip. cum Regijs Nostris Decessoribus hactenus viguit, pro virili Nostra augere semper paratissimos fore ; adeoque Vos cum rebus Vestris omnibus Sancto Dei auxilio commendatos ex animo valere jubemus. Dabantur ex Regia Nostra Westmonasteriensi Januarij 2.do Anno Domini 1669-70. Vester bonus amicus Carolus R. NOTA N. 11. La data dei 9 Giugno 1670 è, nell’originale, in capo alla lettera. Mancano la chiusa e la sottoscrizione. NOTA N. 12. Il granduca di Toscana, per la morte del quale mandavano condoglianze il re d’Inghilterra e il duca di York per mezzo dei loro gentiluomini Amilton e Savil, era Ferdinando II de Medici, spentosi d’idro- 160 - pisia il 24 maggio 1670 in età di anni 59! cu' succedeva nel trono il figlio Cosimo III. NOTA N. 13. La lettera del Governo genovese in data 28 maggio 1670, qui accennata, cosi informava lOttone: « L’anno 1667 fu trattenuta dalle navi de guerra della Maestà Britannica la nave nominata Sacrificio d’Àbramo cap. Antonio Basso genovese, che d’Amsterdam veniva a questa Città (Genova) carica di merci. Gl’interessati fecero ricorso alla M. S. con supplicarla di comandare il rilasso di essa, e dal Ser.mo Senato più d’una volta fu scritto alla medesima Maestà per la favorevole espedizione della caosa; ma perchè intanto il Capitano, che d’al-lora si tratteneva colà, è passato all’altra vita, l’affare s’è alquanto intepedito ». Proseguiva poi avvisandolo che per la risoluzione di tale pratica, il Governo aveva fatto ricorso anche al Milor Falcombridge, venuto ultimamente a Genova in qualità di ambasciatore straordinario di S. M. Britannica; il quale erasi esibito prontissimo a scriverne a Londra (Litterarum 145, n. g. 1921). Sulla nave Sacrificio d’Àbramo vedansi anche una lettera di Carlo II al Duce della Rep. genovese, colla data di Whitehall 29 aprile 1668, in Lettere Principi n. g. 2782; ed altre scritture in filza Marittimarum n. g. 1670. La vertenza riguardante essa nave non era ancora risoluta nel 1672, come risulta dalla seguente supplica del Governo Genovese al re d’Inghilterra t « Sacra Re al Maestà « Furono già da noi interposti appresso V. M. vivi officij a prò’ degl’interessati nella nave Sacrificio d’Àbramo trattenuta gli anni addietro da navi inglesi armate in guerra, e condotta ne’ porti d’Irlanda; e la Μ. V. si compiacque d’avocare la cognizione della caosa in cotesti tribunali per facilitarne in tal modo la spedizione. Questa però è stata per la morte del Cap. Antonio Basso, c’haveva l’incombenza di sollecitarla, non solamente interrotta, ma quasi scordata del tutto, con danno e pregiudizio gravissimo de’ sudditi nostri, i quali hanno sostituito Nicolò Micone per arrivarne una volta la terminazione. Noi compatendo al loro travaglio siamo a supplicar nuovamente V. M. de’ suoi - 161 - favori, con ferma speranza di veder corrisposta con gli effetti della sua Reai Grandezza l’osservanza che Le professiamo, e quella disposizione che i suoi sudditi hanno ritrovato e ritroveranno prontamente in noi alle occasioni de’ loro interessi......Genova 12 Genaro 1672 ». (Litterarum 148, n. g. 1927). NOTA N. 14. Il testo della credenziale presentata dall’Ottone al re Carlo II d’Inghilterra, conservatoci nei registri delle lettere del Senato, è il seguente : « Alla sacra real maestà del rè delka gran bretagna « Sacra Reai Maestà « Il desiderio che habbiamo dell’accrescimento del commercio e del traffico co’ Stati di V. M., il qual crediamo ancora che sia uniforme alle sue reali inclinazioni, ci ha suggerito per mezzo proporzionato a conseguirlo il mandar persona che assista ai sudditi della nostra Republica, et ai vascelli della nazion Genovese che alla giornata verranno ne’ porti de’ Regni della Μ. V., e promuova tutto ciò che possa concernere i loro interessi; et a questo effetto habbiamo fatto elezione di Carlo Francesco Ottone cittadino nostro, che si porta a dimorare in cotesta città in qualità di proconsole. Supplichiamo V. M. di volergli assistere con la Reai sua prottezione, e d’ordinare che da’ suoi Tribunali, alle occasioni che gli si offriranno di far ricorso, da essi gli sia amministrata pronta giustizia, et usata ogni facilità e buon trattamento : et attendendo dalla Μ. V. questo favore che risulterà in reciproco beneficio, ed insieme confermandole la nostra inalterabile osservanza divoctamente Le si inchiniamo « Genova 5 Aprile 1670 « Di Vostra Sacra Reai Maestà « Ossequentiss.mi Servitori ». (Litterarum 145» η· g- 1921). II - 162 - NOTA N. 15. Tafiletto vuol qui significare il Marocco. Veramente col nome di Tafìletto si suole denotare particolarmente quella regione del Marocco ricca di palmizj che si stende lungo le rive dell’Oued Ziz per una lunghezza di circa 130 chilometri, e che segna la via storica delle carovane tra Fez e Timbuctu (Μ. N. Bouillet, Dictionnaire universel d’histoire et de géographie, refondu sous la direction de L. Gourrai-gne, trente-et-unième cdition; p. 1860). NOTA N. 16. Nel 1668 il re d’Inghilterra per contrastare la politica invadente di Luigi XIV divisò di prendere partito per gli Spagnoli, contro i quali erano in guerra i Francesi ; e volendo in ciò agire d’accordo con le Provincie Unite, inviò all’Aja il cavalier Tempie col titolo d’ambasciatore e coll’incarico di stabilire possibilmente un tale accordo. Tempie s’intese facilmente col Gran Pensionarlo de Witt, che dirigeva allora la politica delle Provincie Unite, sulla necessità di opporsi alla conquista dei Paesi Bassi Spagnoli da parte della Francia; e propose un’alleanza tra l’Inghilterra e l’Olanda col patto che queste due nazioni imponessero, occorrendo, la loro mediazione ai due Stati belligeranti. Accettata tale proposta, venne concluso un trattato di alleanza, col quale S. M. Britannica e gli Stati Generali delle Provincie Unite si obbligavano di fare tutti i possibili sforzi, congiuntamente e separatamente, per indurre il re di Francia a far pace col re di Spagna senza alcuna eccezione e riserva, purché questo cedesse a quello tutti i luoghi di cui il Cristianissimo erasi impadronito nell’ultima campagna, ovvero l’equivalente; e d’impegnare il re di Francia a prolungare la tregua fino a maggio, e di persuaderlo a non molestare più oltre i Paesi Bassi. Che se il re della Gran Bretagna e gli Stati Generali non riuscissero a determinare gli Spagnoli ad accogliere le condizioni su espresse, e che fosse necessario d’impiegare a tale effetto mezzi più efficaci, i Francesi non potessero portare le loro armi nelle terre e sulle frontiere dei Paesi Bassi. Che il re della Gran Bretagna e gli Stati Generali farebbero tutto il necessario per impegnare gli Spagnoli ad - 163 — accettare le proposte condizioni di pace, e che non fosse in libertà del re C ristianissimo d’esercitare alcun atto di ostilità nelle provincie dei Paesi Bassi, nè di occuparvi città, quand’anche gli si dessero volontariamente ; e che non soltanto il re della Gran Bretagna e gli Stati Generali, ma ancora l’imperatore e tutti i principi sarebbero mallevadori della pace. Firmato questo trattato, Tempie e De Witt invitarono il conte Cristoforo Belgicus de Dohna, ambasciatore di Svezia, ad entrare nella confederazione; al che la Svezia acconsentì sotto certe condizioni. Il trattato fu perciò chiamato la Triplice Alleanza. Esso ebbe virtù d indurre Luigi XIV a far pace colla Spagna col restituirle la Franca Contea e tenere ciò che egli aveva conquistato nei Paesi Bassi Spagnoli, cioè Charleroi, Binch, Ath, Douai, Fort de Scarpe, l’Ile, Oudenarde, Armentières, Courtrai, Bergues, Furnes e qualche altro luogo. La pace venne firmata in Acquisgrana (Aix-la-Chapelle) il 2 maggio 1668 da Colbert per la Francia e da G. B. de Bronkhoven, barone di Bergeik, per h Spagna. (Cfr. Histoire Universelle......, d’après l’an- gl'ois, par ime Société de gens de lettres.....; Tome 44, Amsterdam-Paris 1788; pp. 254-256). Il Macaulay, con altri autori, attribuisce al Tempie l’iniziativa della Triplice Alleanza, scrivendo: « Sir Guglielmo Tempie, agente inglese in Brusselles, uno dei più esperti diplomatici e de’ più dilettevoli scrittori di quella età, aveva già fatto sapere alla propria Corte come fosse desiderabile ed insieme agevole trattare cogli Stati Generali onde far fronte al progresso della Francia. Per un certo tempo le sue suggestioni erano state poste in non cale; ma adesso fu reputato utile seguirle. A lui dunque fu commesso di negoziare cogli Stati Generali. Si condusse all’Aja, e tosto s’accordò con Giovanni De Witt che allora era primo Ministro d’Olanda. La Svezia, per quanto piccoli fossero i suoi mezzi, erasi quaranta anni innanzi, mercè il genio di Gustavo A-dolfo inalzata ad eminente grado fra i potentati europei, e non era per anche discesa alla sua naturale posizione. Nella riferita occasione essa venne indotta a collegarsi alla Inghilterra ed agli Stati. In tal guisa formossi quella coalizione conosciuta sotto il nome di Triplice Alleanza. Luigi mostrò d’esserne vessato e di provarne risentimento, ma non reputò atto di sana politica il tirarsi addosso le ostilità d’una tanta confederazione, che aggiungevansi a quelle della Spagna. Assentì quindi ad abbandonare una gran parte del territorio occupato dal-l’armi sue. L’Europa riebbe la pace, e il Governo Inglese, che poco in- - 164 — nanzi era universalmente spregiato, venne per pochi mesi considerato dalle Potenze straniere con rispetto quasi uguale a quello che il Protettore aveva ad esse ispirato ». (Tommaso Babington Macaulay, Storia d’Inghilterra, tradotta da Paolo Emiliani-Giudici; Firenze 1852; voi. I, p. 198). Nelle lettere dell’Ottone trovasi infatti la conferma della grande stima che i principi europei facevano della Corona inglese per effetto della detta Triplice Alleanza, della quale egli discorre frequentemente. Circa i patti di essa alleanza, il Della Rovere, ministro genovese a Parigi, mandava in data del 7 febbraio 1670 le seguenti informazioni al Governo della Repubblica: « Corriere estraordinario spedito da Bruxelles a Madrid e passato per di qua, ha detto portare alla Regina di Spagna la ratificatione di tutte le conditioni alle quali la Svetia s’è impegnata nella detta Lega, e l'aviso del sborzo de i 200 mila scudi accordati dal suddetto Contestabile alli Svedesi, doppo d’havere essatto da essi tutte le sicurezze necessarie per la Corona di Spagna; e di più il stato e numero delle truppe, che la Triplice Lega s’è obbligata di provedere in caso di guerra con la ratificatione d’ogn’una delle Potenze obligate: ciò è l’Inghilterra 20 mila soldati a piedi e mille a cavallo con quaranta vascelli da guerra, a conditione d’esserne avvertita d’un mese prima; la Svetia 12 mila huomini e quattro milla cavalli, quando ne sia avisata tre mesi all’avantaggio stante la distanza di quel Reame; e l’Hollanda 20 mila fanti, due milla cavalli e 40 navi da guerra, purché se li faccia sapere d’un mese avanti come all’Inghilterra. Dovendosi perciò in tempo di guerra sborzare pontual-mente alli Svedesi ogni mese 60 mila scudi, e 20 mila il mese durante la pace » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 17. Lady Castlemaine, in origine Barbara Palmer, fu una delle celebri favorite di Carlo II, al quale diede cinque figli, cioè: Carlo Fitzroy duca di Southampton e Cleveland, Enrico Fitzroy duca di Grafton, Giorgio Fitzroy duca di Northumberland, Anna contessa di Sussex e Carlotta contessa di Lichfield. Nell’agosto del 1670 essa ebbe dal re il titolo di duchessa di Cleveland. — 165 — Carlo IT erasi ammogliato, com’è noto, con Caterina di Portogallo (n. 1638 — m. 31 dicembre 1705), figlia di Giovanni IV di Bra-ganza e di Luisa Eleonora di Guzman, che gli aveva portato in dote due milioni di cruzados (aH’incirca venti milioni di lire) oltre le città di Bombay e di Tangeri ed alcune importanti concessioni per il commercio inglese. Il matrimonio, combinato con trattato del 23 giugno 1661, fu celebrato il 21 maggio 1662 a Portsmouth ,ove la sposa, in compagnia e colla scorta delFambasciatore staordinario inglese Edoardo Montagli conte di Sandwich, era sbarcata fin dal giorno 13 del maggio suddetto. Carlo, invescato in altri amori, dimostrò subito alla moglie le poco affettuose disposizioni del suo animo verso di lei. « Da Portsmouth » — scrive uno storico inglese — « la coppia reale procedette ad Hampton Court, dove la loro fittizia luna di miele fu spenta prima della loro formale entrata a Whitehall, avvenuta il 23 agosto 1662. Una buona parte di questo tempo fu da Carlo impiegata nel vincere con cinica brutalità la riluttanza della sfortunata moglie ad ammettere Lady Castlemaine fra le sue dame di camera. La lezione fu bene appresa, e Caterina divenne la più docile delle mogli ». (Richard Lodge, The history of England froni thè restoration to thè death of William III; Longmans, Green, and Co., London, 1910; p. 22: in The politicai history of England, voi. Vili). Con la rassegnata tolleranza di essa egli condusse vita libertina, seguendo il costume del tempo ma peggiorandolo colla scandalosa pubblicità dell’esempio ; ed oltre le concubine, dirò così, ufficiali — alle quali elargì titoli nobiliari e ricchezze a profusione — tenne ai suoi piaceri femmine d’ogni ceto e d’ogni risma. La Castlemaine predetta e Luisa de Kéroualle, fatta poi da lui duchessa di Portsmouth, furono le due sue più famose sultane. Quest’ultima, passata in Inghilterra come damigella della duchessa d’Orléans in occasione del convegno che costei ebbe a Dover con Carlo II suo fratello nel maggio-giugno 1670, erasi fermata alla Corte inglese, -e servì mirabilmente presso il re gl’interessi della politica francese conforme ai patti stabiliti in quel convegno: essa diede al reale suo amante un unico figlio, che fu Carlo Lennox duca di Richmond e Lennox. Altri quattro figli illegittimi riconosciuti ebbe Carlo II, oltre questo ed i cinque su ricordati della Castlemaine, e furono: Giacomo Scott 0 Crofts duca di Monmouth e Buccleugh, il più noto di tutti, procreatogli da Lucia Walters da lui conosciuta mentre era — 166 — / esule nel continente, donna di infima riputazione, che non pochi storici inglesi chiamano addirittura prostituta; Carlo Fitzcharles, conte di Plymouth, figlio di Caterina Peg o Pegge; Carlo Beauclerk, duca di S. Albans, figlio di Nell Gwyn; e Maria Tudor, figlia di Maria Davis, e poi moglie di Francesco, Lord Radcliffe. Un undicesimo bastardo di Carlo sarebbe, secondo la Civiltà Cattolica quinta serie voi. 6 e 7, Giacomo Stuart chiamato col finto nome di De la Cloche du Bourg, da lui avuto nel 1644 da una dama di nobilissimo lignaggio quando giovanissimo trovavasi nell’isola di Jarsey, educato prima nella setta calvinista, e poi, convertitosi alla Chiesa cattolica e ricevuto nella Compagnia di Gesù coi novizii della casa di S. Andrea al Quirinale in Roma Γ11 aprile 1668, vissuto gesuita fino alla morte: ma di esso non fanno alcuna menzione gli storici inglesi. La regina Caterina non diede figli al trono d’Inghilterra, e la sua sterilità fu cagione che nel 1670, come accenna l’Ottone nella seconda lettera a pag. 5, che si parlasse vagamente di divorzio fra essa ed il re, in occasione di una disputa parlamentare cui diede luogo in quell’anno una causa di effettivo divorzio fra Lord de Roos e la moglie adultera. Di essa parla sovente l’Ottone nelle lettere qui pubblicate, e più nelle lettere dell’anno 1672, dalle quali ultime traggo le seguenti notizie sulla condotta morale di Carlo II per rispetto alla moglie. « La Regina si va diportando un pocho meglio non si trovando anchora libera della sua indisposictione causata più dal travaglio del animo, che da altre cause, vedendo il Rè suo marito fare ogni giorno nuove amicictie con le damigelle della sua Corte; e questi travagli li soporta Sua Maestà (esternamenti) con tanta franchessa d’animo, che ben conoscere d’haver spirito di Regina.... » (Londra, il primo Febbraio 1672). « La Regina non sta anchor bene, et il suo male dipende da una grande passione d’animo vedendosi senza prole e che il Re suo marito fa ogni giorno nuove amicizie con le sue figlie dilecte (8), e pochi sono li mesi, che 0 da una 0 da un’altra non le nasca qualche figlio ». (Londra li 8 Febbraio 1672). « La Regina si va diportando assai meglio, et un di questi giorni fu trovata nella sua camera che stava piangendo per dubio d’esser avelenata ». (Londra li 22 Febbraio 1672). « In questi giorni di carnevale la Corte si va divertendo alle pu- - 167 - Miche comedie, o in casa de’ particulari ove si fa feste da Ballo. Sua Maestà non ne tralascia niuna, et a tutte va positivamenti mascherato, che chi non ha più che pratica della sua persona non lo puoi conoscere. Il Residente di Venectia hà fatto tre di questi festini, et a tutti tre vi è stato il Rè nella forma da me già detta » (Londra li 29 Febbraio 1672). NOTA N. 18. Infatti il Governo genovese riceveva dal suo ministro a Parigi la seguente relazione, in data del 2 luglio 1670, sulla morte di Madama : Lunedì mattina due hore prima del nascere del sole Madama Reale Duchessa d’Orleans passò all’altra vita nella villa de S. Clou duna morte assai improvisa. La Domenica verso le 6 hore doppo il mezzogiorno essa domandò a bere, e gli fu dato acqua di cicorea, secondo il suo consueto; doppo di che restò oppressa da tali dolori interni, che, non ostanti tutti li agiuti humani, la condussero a morire. Il Rè e la Regina, ch’erano a Versaglia, subito avisati si portarono alla detta habitatione di S. Clou, dove l’assisterono sino alla mezza notte, et il Rè diede segni espressissimi di non ordinario affetto verso di (letta A. R. di modo che non potè contenere le lagrime, e la lasciò, stimando che quello accidente non dovesse troncare così presto il filo di sua vita. Detto lunedì sera si fece l’apertura del suo cadavere con 1 assistenza dell Ambasciatore d’Inghilterra, di molti Inglesi, fra quali due medici, et altri periti Francesi, e si trovarono tutte l’interiora putride, eccetto che il cuore, onde questi conclusero, che, quando non fusse morta di quell’accidente, non era però per poter vivere per molto tempo, se bene 1 haver essa mangiato poco avanti latte, e cerase, et bevuto acqua, et altri disordini di cose simili, le havevano accelerata la morte ; a caosa della quale il Rè e la Corte tutta vestirà il gran lutto, et io seguiterò l’essempio degli altri Ministri. Madama bevuta l acqua sospettò di essere avvelenata, se bene prossima al morire domandò perdono al manto, dicendo che la veheynenza del dolore l’haveva tirato tali parole dalla bocca; in Parigi però dura il sospetto, ancorché i Regi Ministri lo credano abastama dileguato con detta inspezione delle viscere, nidladimeno non si sanno ancora i veri sensi dell’Inglesi - 168 — clic ΐ’ϊ sono intervenuti » (Lettere Ministri, Francia, Mazzo 17, n. g. 2193). Le parole qui stampate in corsivo, si trovano in cifra nell’originale. NOTA N. 19. Il Consiglio privato del re Carlo II era allora composto di cinque membri: Clifford. Arlington, Buckingham, Ashley e Lauderdale; e divenne celebre sotto la denominazione di Cabala, in inglese Cabal, dalla parola formata con le iniziali dei loro nomi. Sir Tommaso Clifford (n. 1630 - m. 1673) entrò a far parte di detto Consiglio nel dicembre del 1666, e fu commissario del Tesoro: nel 1672, assunto alla Camera dei Signori col titolo di Lord Clifford di Chudleigh, venne nominato Lord Tesoriere; mori l'anno appresso suicida. Enrico Bennet (n. 1618 — m. 28 agosto 1685), fatto conte di Arlington nel 1663, è noto specialmente sotto quest'ultimo nome: fu segretario di Stato dal 1662 al 1674. Giorgio Villiers, secondo duca di Buckingham (n. 30 gennaio 1627 — m. 16 aprile 1688), celebre favorito e confidente di Carlo II, ebbe parte principale nei negoziati politici fra questo e Luigi XIV durante l’impero della Cabala. Lord Antonio Ashley Cooper (n. 22 luglio 1621 - m. 22 gennaio 1683) tenne fin dai primi tempi del regno di Carlo II il cancellierato dello Scacchiere; nel 1672 fu nominato conte di Shaftesbury (sotto il qual nome è principalmente conosciuto) e promosso Lord gran Cancelliere d’Inghilterra. Giovanni Maitland (m. 1682), secondo conte e quindi, dal 1672, primo duca di Lauderdale, diresse particolarmente gli affari della Scozia. Di costoro, ed in modo speciale di Arlington, ha più volte occasione di scrivere nelle sue lettere Carlo Ottone. NOTA N. 20. Ippolito Centurione era passato con alcune sue galere al servizio della Francia; e della visita e della permanenza di lui alla Corte di Luigi XIV, a cui accenna l’Ottone, così riferiva da Parigi il ministro Gio. Batta Della Rovere: - 16!) - « 11 Mag.co Ippolito Centurione arrivò in Parigi Mercordì, et hieri si porto a S. Germano, dove visitò M. Colbert, il quale rilaverebbe (come gli aveva promesso) presentato l’istesso giorno a S. M., se detto M. Ippolito non havesse mancato di trovarsi all’uscita del Conseglio, come doveva; ritornò hieri sera, e stimo, che di nuovo domani anderà alla Coite per riverire detta S. M. ». (Parigi li 13 Giugno 1670). « Scrissi a VV. SS. Ser.me con l’antecedente mia de 13 del corrente, eh il Mag.co Ippolito Centurione era gionto in Parigi li 11, e che li 12 haveva havuta udienza da Mons. Colbert; hora soggiongo, che sabbato fu amesso a quella de S. M, presentatovi dal suddetto Mons. de Colbert, et il Rè lo accolse con segni e con parole di stima di sua persona molto avantaggiose. Esso all'hora non propose negotio alcuno, ma in appresso 1 ha fatto con detto M, Colbert, e se bene non ho potuto penetrare quali siano in ispecie i di lui negotiati, nondimeno per quello, che ne ricavo dalle diligenze, che uso, pare, che siano tutti per avvantaggiare la sua conditione nel commando della sua squadra, et assicurarsi dell’osservanza delle capitolazioni, e pontuale pagamento delle somme promesseli, e stabilire insieme in qual porto della Provenza debbano stantiare le sue galere. Onde a tale effetto, essendo egli mercordì ritornato da S. Germano, hieri vi s: portò di nuovo » (Parigi li 20 Giugno 1670). « Martedì il S.r Ippolito Centurione si congedò a Versaglie dal Rè per ritornarsene al comando della sua squadra, et S. M. doppo d’haverle testimoniato in parole la stima che faceva della sua persona, gli diede di propria mano il suo ritratto adornato di Diamanti valutato in più di mille luiggi d’oro, et gli ha fatto dare una buona somma di contanti per il viaggio; e di più ordinato sijno regallati i suoi camerate » (Parigi li 11 Luglio 1670). « Il Mag.co Ippolito Centurione si è licentiato dal Rè per ritornarsene in Provenza, e S. M., oltre le parole di molta stima, gli ha dato di propria mano il suo ritratto ingioiellato di Diamanti stimato più di mille luiggi d’oro, e di più ha fatto regallare li suoi Camerate, et ordinato che ad esso sia sborzata buona somma di contanti per le spese del viaggio. Hoggi crede di ricevere le sue speditioni da Mons. Colbert, et immediatamente partirsi in posta per Tolone, di dove anderà a Malta, e passerà per costà. Li suoi negotiati con la Corte sino ad hora non si sà che siano stati altri, che circa la nomina delli ufficiali, raugumento del soldo ad essi, il che gli è stato accordato. Del Porto da tenere le sue Galere non n’è stata fatta alcuna dichiaratione, ma si è lasciata in suo <* - 170 arbitrio l’elettione d’uno della Provenza. Gli sono state date le lettere di naturalità, ma il subintrare al commando di tutte le Galere di Francia, quando per qualche accidente venisse a mancare il L onte de Vivon-ne, non gli è stato concesso, volendo S. M. che in tali casi i Tenenti rispettivamente sostenghino la persona de i loro commandanti. Esso Mag.co Ippolito ha una lettera di S. M. diretta a VV. SS. S.me, e, se bene egli non me n'hà partecipato il contenuto, nondimeno per quanto mi è riuscito penetrare è in ringratiamento della permissione a quello concessa di poter servire questa Corona » (Parigi li li Luglio 1670). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. Intorno ad Ippolito Centurione, di cui i Serenissimi del Governo Genovese seguirono attentamente i procedimenti dopo il suo .passaggio al servizio di Francia facendone anche intercettare le lettere inviate alla moglie, vedansi Secretorum n. g. 1585, e Marittimarum n. g. 1670. In quest’ultime filze trovasi una relazione degli iicc.mi Nicolò Doria, Francesco Maria Imperiale ed Agostino Saluzzo « per esse-cutione della Commissione fattagli dalle SS. Ser.me con loro decreto del giorno d’hieri, essaminato con le dovute riflessioni li capi stati portati nella relatione dell’IIKe Magistrato d’Inquisitione di Stato concernenti li pregiudicij che possono ricavarsi dalla dimora in questo porto della squadra delle galere sotto la condotta del M.co Ippolito Centurione, e considerato ciò che convenga provedersi per riparare a qualonque inconveniente ne possa succedere ». (Relazione letta ai Serenissimi collegi Γ8 ottobre 1670). Vi si rinvengono anche alcuni biglietti contro detto Ippolito ritrovati nei calici mentre officiava il Minor Consiglio (colle date dei 13 e 14 Ottobre 1670). NOTA N. 21. Ecco la supplica. « Per rapresentare « Come durante la guerra con Olanda fumo fatte diverse assicura-ctioni da’ Signori Giorgio Legatte e Compagni sopra le navi Frederico et Herne prese da Olandesi, che alcuni delli assicuratori hanno paghate e molti altri ricusavano paghare e fumo poi processati, e venne ad - 171 - tro Γ 1 er'te 'U ^rb'tr'> e da essi fatto sentenza definitiva con- Gio 'GaSSiCUratori· Nondi-no richusano paghamento, et il Signor 'acomo Grimaldo di costi, in niun modo interessato solo se haves-o ita la partita ò Patronanza dei Signor Gio Lucca Magiolo e com-P^g ' assicuratori, haveva secquestrato li effetti del Signor Giorgio ? e e compagnia spettanti a più persone quà, in mano de botegari, e 1 a\a tiovar delli altri; et anchora ha secquestrato li effetti del ^ ^ l^'chem spettanti a suoi amici quà, cui è stata sigurtà per detonor Giorgio Legatte e compagni nella causa cui anchora restano obligati secondo la forma della legge delli assicuratori. Questo irragionevole procedere è di grandissimo pregiudictio alla reputazione et interessi del Signor Legatte e compagni e Signor Chir-chem e compagni, et alli loro amici quà interessati nelli effetti secque-strati, obligandoli di continuo, di trovare nuove sigurtà ad ogni pretensione. « Perciò desideriamo che il Console Genovese quà residente sia chiamato e partecipato quanto sopra; facendo conoscere, che Sua Maestà testa assai mal sodisfatta per le ingiurie fatte a’ suoi suditi, e che quanto prima dia di ciò parte alla Serenissima Republica a ciò provedino che li detti secquestri siano levati et annulati, che li sia fatta Giustictia senza esser costretti a dar altra sigurtà che la loro propria, che il Signor Grimaldo sia ordinato procedere legalmente, e che il Serenissimo Senato si compiaccia prender cognitione, e determinare le dette di-ferenze ». NOTA N. 22. Sull invio e sull’accoglienza in Inghilterra dei Maresciallo di Bel-lefonds (Bernard Gigault de Bellefonds) il ministro genovese a Parigi scriveva : « Il Maresiale di Bellefons, che partì sin Giovedì 3 del corrente per Inghilterra inviato da S. M. Christianissima a complimentare il Re della G. Bretagna sopra la morte di Madama, dicesi che habbia di più commissione di ratificare qualche trattati tra questa e quella Corona negotiati e conclusi da detta S. A. durante il suo soggiorno a Douvre. L’ambasciatore d’Inghilterra residente appresso di questa Corte non è stato - 172 — sino al presente a complimentare Monsieur sopra sudetta morte » (Parigi li li Luglio 1670). « Da Londra s’intende che il Maresciale de Bellefons, inviato di S. M. Christianissima per complimentare il Rè della G. Bretagna sopra la morte di Madama Reale Duchessa d’Orleans sua sorella, fusse stato ricevuto et accolto con ogni honore e buono trattamento ; et nella sua prima udienza havesse discorso più d’un hora con quella Maestà, che finita la funtione testimoniò publicamente restare dileguati nell’animo suo i concepiti sospetti, che sudetta A. R. fusse morta di veleno. In quella Corte si è preso il gran lutto, e si sono prohibite le Comedie, et altri publici divertimenti » (Parigi li 18 di Luglio 1670). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 23. Mancano nelForiginale la chiusa e la firma. NOTA N. 24. Le stesse notizie mandava da Parigi il Della Rovere scrivendo: « E’ ritornato alla Corte il Maresciale di Bellefons, che dal Rè fu inviato a Ljndra per complimentare il Rè della G. Bretagna sopra la morte di Madama Ducchessa d’Orlean? sua sorella, et si attende in breve il Duca di Bucchincam inviato da S. M. Britannica a passare simili officij sopra l’istesso soggetto con queste Μ. M. Sudetto Maresciale è stato ricevuto con tutti li honori e trattamenti desiderabili essendosi anche fatto a sua sola contemplatione una revista delle Regie Guardie; onde dicesi, che il Rè habbia risoluto, che qui si faccia l’istesso verso sudetto Duca, con farlo particolarmente assistere ad una rivista generale delle sue truppe accampate sotto il Forte di S. Sebastiano » (Parigi li 8 Agosto 1670). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 25. Riproduco qui sotto le scritture di cui è cenno in questa lettera, le quali riferiscono il cerimoniale seguito e i discorsi pronunciati al ricevimento dell’ambasciatore straordinario del re d’Inghilterra presso il Doge e il Governo della Repubblica di Venezia. « Prima comparsa. « Sereniss.mo Principe et Ecc.mi Signori « Dalle lettere credentiali che già ho consegnate nelle mani di V.a Serenità si vede come si è compiaciuto il Rè della Gram Bretagnia unico mio Signore d’inviarmi col carattere di suo Ambasiatore Straordinario alla Serenità Vostra, et a questi Ecc.mi Signori. Non mi occore d’infastidir la pactienza loro con luongha narativa della gram stima, ed affetto, che la Maestà Sua tiene verso questa Serenissima Republica ; con quanta cordialità egli desidera la prosperità della medema, e con quanta pron-tessa egli incontrerebbe ogni occasione di attestarli la propensa volontà, che tiene a palesarglielo. E se Sua Maestà ha per qualche tempo diferito di corispondere con la Maestà di questo Serenissimo Publico, nelli rispetti, che si sono piaciuti testificarli, si nell’occasione della sua felice restauractione al soglio de’ suoi Proavi, come anchora doppo la medesima ; me vien pertanto ingionto d’assicurare la Serenità V.a come l’EE. VV. che Sua Maestà continualmente lo disegnava, e già anni sono risolse d’incarricare la Persona mia con questo honore, nel qual ricevo tanta sodisfactione quanto Decoro. E la ragione, che non si è effettuato questo officio con magior celerità fu cagionato dalla Guerra nella quale fu involto, come anche da qualche altri affari di non poca conseguenza. « Vengo anchora comandato dal Rè mio Signore di ralegrarmi con la Serenità Vostra e questa Augustissima Republica della buona Pace conclusa con l’impero Ottomano, e che sian così felicemente desimbarasati d’una Guerra così luongha, e dispendiosa, come anche delle inconvenienze, d’un inimico così potente, per il mezzo di Vostra condotta singulare, Vostro valore veramente eroico, e Vostra Prudenza non meno admirabile che ereditaria. « Se è qualche cosa, che resta a dire, è d’assicurare la Serenità Vostra, - 174 - che ella puoi ben credere, ch’io non mancherò d’usare ogni sorte di pron-tessa e destressa d’osservare i Vostri desiderij, principalmente mentre sarano indrisati al acresimento e conservactione di questa stretta al-lianza e buona amicitia, che è sempre stata praticata, senza la minima interroctione per tanti secoli tra li Reali suoi Antenati e questa Serenissima Republica, al reciproco agradimento e beneficio di Ambi li Suditi, et io resto più che certo d’un felice evenimento in ogni cosa, che abbia relactione alla medesima, che dipende dalla parte di detta Maestà ; la qual nodrisse intenzo desiderio a contribuire tutto suo possibile per il mantenimento del Comercio de’ Suoi e Vostri Suditi. « Risposta. » « L’espedictione fatta dalla Maestà del Re della Gram Bretagnia della Persona di V. S. in qualità di suo Ambasiatore Straordinario a-presso la Republica nostra, è un sinciero testimonio della disposictione affetuosa, che ci ha sempre palesato, e di quella ottima corispondenza, che si è di tanti secoli conservata con quella Corona. « Noi con abondante e pienissimo agradimento corispondemo a tale affetuosa dimostractione, riusitaci molto cara, in riguardo non solo alla stima verso la Maestà Sua, ma al carattere anchora, che V. S. porta, ed alle molte qualità della sua Persona degnamente amata dalla medesima, la quale puoi esser certa, che sarà da noi sempre ben veduta, et accolta in tutte le occasioni con particulare contento delli animi nostri. « Tali esposictioni desideriamo siano riportate al Rè Suo Signore per sinciero contrasegno della nostra osservanza continuata ed affetuosa, unita alla quale potrà significare il grado singulare, in che habbiamo ricevuto li officij fattici per la conclusione della Pace col Signore Turco; sopra la quale dovemo dire a V. S. la ratificactione venutaci con l’ultimo total stabilimento, e la confidenza per la duractione di essa: a sollevo del luongho molesto travaglio passato. « Al nostro Ambasiatore che risiede apresso la Maestà Sua parteci-paremo questi medesimi sentimenti, perchè habbia a testimoniare co’ proprij officij il grado in che habbiamo ricevuto questa esposictione con caratere così distinto, et in sogetto adorno di qualità così degna. - 175 - Seconda comparsa. « Serenissimo Principe et Eccedentissimi Sig.ri « Le amicitie e buone corispondenze di Potentati di rimoti confini vengono substentati e mantenuti principalmente con la mutua misione ed impiegho d’Ambasiatori o altri ministri. Quindi è, che antiche alleanze et interessi uniti venghono rinovati prolonghati e resi più stabili, come anche per la continuactione di scambievoli officij secondo le occasioni emergono. A questo fine tra gli altri si è compiaciuto il Rè mio Signore di inviarmi a Vostra Serenità e questi Ecc.mi SS.ri, et io mi ricordo molto bene che la prima volta, che ho havuto l’honore di parlare in questo Augusto Collegio, come ne presi l’occasione per l’ingonctione precisa di S. M. di ralegrarmi con V. Ser.tà e questi Ecc.mi SS.ri della hono-revole Pace conclusa con il Sig. Turco, e che siano così facilmente liberati da una Guerra così luongha e di tanto dispendio. « Al presente agiongerò, che se il Rè mio Signore non ha mandato qualche piciolo socorso come hanno fatto alcuni altri Principi, questo ha proceduto dalla necessità de’ suoi affari in riguardo al Comercio, che vien manegiato da’ suoi suditi nel Dominio di quello Imperio, che potevano patire si nelle persone come nelle facultà loro. Ma poiché si è compiaciuto il Signor Iddio di concederle una Pace così felice, S. M. ha-verebbe sommamente agradito, che questa Dominante le havesse dato campo di palesargli la Realtà de’ suoi desiderij verso li interessi di questa Serenissima Republica, nel impieghare la sua interposictione per la confirmactione e continuactione della medesima Pace: et a questo fine si è compiaciuto di concedermi Autorità con sue letere Plenipoten-ctiarie sotto il Gran Sigillo. « Ho preso libertà di rapresentare tutte queste cose alla Ser.tà V. non ostante che la Ser.tà V.a mi hà dato parte del ultimo e total stabilimento della detta Pace e della confidenza per la continuactione di essa. Ed io l’ho esseguito à questo fine, solamente a ciò, che la V.a Ser.tà e questi Ecc.i SS.ri possano vedere come in specchio verissimo la sinchie-rità del cuore del Rè mio Signore per la salute e solievo di questo Serenissimo Stato. « E forse le considerationi e gli interessi di questa Serenissima Republica, in quel tempo non sono stati l’ultimi delli fini che hanno indotto il Re mio Signore d’adoperare così potenti mezi, come fece per lo ι - 176 - stabilimento d’una Pace generale nel Christianesimo ; la quale fu felicemente effetuata dalla singular cura et industria di Sua Maestà. « Per fine, quanto alla risposta ho ricevuto dal Ecc.e Senato l’ultima volta che ho havuto l’honore di trovarmi in quel luogho, non ho mancato di rapresentare al Re mio Signore, in conformità de’ comandi di V.a Serenità, quanto affetto, Rispetto, et honore han dimostrato verso la Maestà Sua nella mia Persona : e quanto a me stesso non mancherò a servirle in ogni congiontura dove la Serenità Vostra mi troverà capace del honore de’ suoi cenni. « Risposta « Signor Ambasiatore < Si riconosce dal Senato per ottimo fine dei Principi il corispondere scambievolmente come V. S. si è espressa nella sua esposizione fattaci, e la Republica nostra ne dismostrerà la stessa attenctione in ogni ap-pertura, nè la Maestà del Re potrà siogliere magior mezo per assicurarla dal suo canto, che la Persona di V. S. è da noi particularmenti gradita. « Siamo anche certi della parte, che prende la M.a Sua della Pace da noi conclusa col Sig. Turco, e di quello sarà per contribuirvi per la sua duractione anchora; facendosi da noi particular stima della espo-sictione affetuosa, che in questa parte ha voluto far apparire verso gli interessi nostri, riuscendo l’applauso al merito di S.a M.a per la stabilita Pace tanto magiore quanto che (come V. S. ci rapresenta) uno de’ principali suoi fini sia stato di farli godere à tutta la Christia-nità con nostro particulare avantaggio nelle urgenze della Guerra passata; e rinovando a V. S. l’espresione d’agradimento al’officio, che ci ha fatto, se le replica insieme le nostre testimonianze d’osservanza affetuosa verso la M.a del Re. « Copia de' capitoli agiustati per ricevere « IL SIG. AMBASIATORE STRAORDINARIO. « i. - Sua Ecc.a desidera che le sia fatta offerta dalla parte della Republica d’un Palasso per allogiarlo, e spesato per qualche giorno conforme è stato praticato alli altri Ambasiatori Straordinarij. « 2. - Sua Ecc.a farà la sua entrata lunedì, essendo il primo Luglio 1670 (veramente il primo Luglio era di martedì). - 177 - « 3· - Sua Ecc.a per non incomodare nè sè stessa nè li ufficiali del Senato tralasierà di condursi a Padova, o a Chiossa per essere ricevuto e spesato conforme altri Ambasiatori Straordinarij hanno fatto. « 4· - Sua Ecc.a si troverà a S. Spirito il lunedì venturo, che sarà li 7 di Luglio 1670 alle 22 hore nelli Ciostri, ove atenderà il Cavaglier destinato per il suo incontro con il numero del Corpo del Ecc.mo Senato solito in simile Cerimonia. « 5· - Sua Ecc.a avanserà qualche passo ad incontrare detto Cava-gliere tenendo la mano dritta sino nelli Chiostri, come nella strada per arrivare alle Gondole. « 6. - Al sortire della Gondola per entrare in Palasso farà il medemo sino al arivare alla Camera del’udienza dove riceverà li rispetti et of-ficij, da detto Cavagliere e Senatori; et il medesimo si intende dover esser praticato da’ Senatori e famiglia di Sua Ecc.a. « 7· · La marina seguente tornando detto Cavagliere a condurre Sua Ecc.a alla sua prima udienza verà incontrato a meza scala, et ivi il Signor Ambasiatore darà la mano al detto Cavagliere sino alla Camera del udienza ; tornando poi a basso si cambia la mano,_ e sua Ecc.a riceverà la man dritta e così continuerà sino al ritorno nella Camera del udiensa. Nel desender poi Sua Ecc.a darà la mano al detto Cava-gliere, e si fermerà alla riva sino all’imbarco comé sopra. « 8. - Nel entrare in Coleggio, che farà Sua Ecc.a, doppo le tre solite riverenze si metterà a sedere alla destra di Sua Serenità, darà le letere credenctiali, doppo lette farà la sua esposictione in idioma Inglese, e doppo, che la sua esposictione vien letta dal Segretario e qualche breve risposta dal Duce, tornerà nel medesimo modo che entrò nel Senato, montando in barca dove sarà dal Signor Cavaglier condotto, e tutto si praticherà come di sopra. « 9. - Sua Ecc.a non riceverà li rinfrescamenti per più di tre giorni per non agravare il Publico, benché sia solito di spesare tutti li Ambasiatori Straordinarij tutto il tempo di loro dimora ». NOTA N. 26. Anche il Della Rovere partecipava al Governo Genovese la visita del Duca di Buckinghani a Parigi, già preannunziata, ed accennava come segue ai motivi di essa. 12 - 178 — « Il Duca di Buchinquam è giolito alla Corte, hebbe hieri mattina udienza dal Rè, fu trattato con ogni desiderabile honore, resta alloggiato e spezato nel Louvre di S. Germano, et hieri sera S. M. li diede una revista generale delle sue truppe » (Parigi li 15 agosto 1670). « La venuta del Duca di Bochincam, ancorché sia seguita col pretesto di complimento per la morte di Madama la Duchessa d’Orleans, nondimeno. essendo esso primo Ministro del Rè d’Inghilterra ha dato credito alla voce, che corre non solo in Londra, ma anche in Parigi, che resti concluso un trattato di comercio tra questo e quel Regno molto avvantaggioso agli Inglesi ; i quali però non si opponeranno all’armi Francesi, anzi saranno ad esse uniti per attaccare l’Hollanda ; e già alla Corte molti signori cominciano a dire, che, se il Vescovo di Munster, 0 il Duca di Brandeburg facessero guerra contro gli Hollandesi, S. M. è obligata ad assisterli, et altre cose, che rendono assai probabile una vicina rottura contro la detta Hollanda ». (Parigi li 20 agosto 1670). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 27. Il Governo inglese aveva commesso nel 1669 la costruzione di due galere, una a Genova e l’altra a Pisa 0 Livorno. In quanto alla prima erasi rivolto nell’agosto di detto anno al Governo genovese, il quale rispondeva con la lettera seguente : « Sacrae Regiae Maiestati Britannicae « Quas sub die 21 ultimi Augusti benignissimis Maiestas Vestra sensibus literas ad nos dedit, acurate legimus, et delatum in ipsis desiderium construendae in hac statione Triremis, ad lustrandas Arcis Tigin-tanae Oras, et adiacentia Africae maria purganda destinate libenter excepimus; id quod praeterea, grata expolitaque oratione Egregius vir Domino de Duteil Maiestatis Vestrae hac in re ablegatus uberius exposuit. Quamobrem propensissimam Reipublicae nostrae in omnes Vestrae Maiestatis affectus voluntatem ex animo obtestaturi, Magistratu, quem Arsinalis nostri Praefectum habemus, novum opus iuxta datum exemplar illico imponi, et sollicita manu perfici, efficaci iussu mandavimus. Eoque absoluto et mari tradito ne primae eiusdem navigationi, remigan- - 179 - tisque turbae tyrocinio desint officiales viri, qui peculiari triremium nautica polleant, requisitum nonnullorum delectum ex subditis nostris pariter concessimus: summopere exoptantes expeditionem hanc inclytae Britannicae Nationis gloriae inservire, et recens hoc observantiae nostrae erga Maiestatem vestram testimonium perhibere ad maiora etiam intra vires parati. Regali interim Maiestatis Vestrae personae cunctarum felicitatum culmen à Deo Optimo Maximo ennixe deprecantes. € Dabantur Genuae die 23 Novembris anno 1669 ». La lettera del re d’Inghilterra al Governo genovese, colla data del 21 Agosto 1669, trovasi in Lettere Principi, Mazzo 6, n. g. 2782. Ciò dimostra che, nonostante la decadenza marittima della Repubblica di Genova, era a quel tempo ancora prospera in Liguria l’industria navale, se una nazione già fin d’allora potente nel mare, come l’Inghilterra, reputava conveniente di ricorrere all’opera dei cantieri genovesi. Sembra tuttavia che questi non trovassero sempre in paese tutto ciò di cui avevano bisogno, e che per taluni rifornimenti dovessero qualche volta rivolgersi all’estero; come stanno ad indicare i seguenti brani di lettere che estraggo dalla preziosa corrispondenza inviata al Governo della Repubblica da Gio. Batta Della Rovere, ministro genovese presso la Corte di Luigi XIV, e che a me piace di riportare senza disgiungervi certi particolari riguardanti persone e cose di quella Corte, che essi brani contengono insieme con le notizie che qui direttamente c’interessano. « La lettera di VV. SS. Ser.me de 10 del cadente mi porta ordini di procurare la tratta da Marseglia di 400 astelle di Remo per uso delle Galere della Republica Ser.ma, et io per eseguire i loro comanda-menti ne haverei di già tenuto discorso col Sig. di Lionne, se ciò che di nuovo è occorso in sua Casa non mi havesse persuaso ad attendere tempo più opportuno. Detto Sig. di Lionne vedendo che Madama sua moglie poco 0 nulla profittava delle dolci correttioni, che esso le faceva da molto tempo in qua per la sua poca economia e condotta non gradita da S. Ecc.za, si è sentito infine obligato ad applicare rimedij più efficaci, e perciò ricorrendo all’autorità del Rè l’ha fatta ristringere in uno Monastero di Religiose di questa Città con comminatione, che se d’ivi porgerà al marito nuove occasioni di poca sodisfattione sarà rinserrata nel castello d’Angers : ond’è che, trovandosi l’affare in sudetti termini, — 180 — io non ho creduto a proposito disturbarlo dalle sue domestiche e presentanee occupationi ». (Parigi li 31 luglio 1671). « Lunedì la Corte partì da Versaglia per Fontainebleau, e dovendo Mons. de Lionne insieme con gli altri Ministri di Stato seguitarla, giudicai bene abboccarmi con S. Ecc.za senza maggior dilazione, a fine di poter ottenere per mezzo suo la tratta da Marseglia delle 400 astelle de remo in essecuzione delli comandamenti di VV. SS. Ser.me delli 10 del passato: onde in sudetto giorno gliene portai le mie instanze. Et egli mi rispose, che, stante il desiderio di servire a VV. SS. Ser.me ne haverebbe parlato al Rè a fine che da S. M. ne restasse ordinata la permissione ; la quale mi haverebbe procurato in Fontainebleau, se qualche persona pfer mia parte gli havesse fatto sovvenire di quanto sopra, dovendo esso intranprendere il camino a quella volta il giorno seguente, come fece, di buonissima hora. Ho donque appoggiato l’incombenza di questa prattica a persona mia confidente, havendo io risoluto di restarmene in Parigi : si perchè gli altri Ministri de’ Principi hanno fatto l’istesso, si anche perchè il soggiorno del Rè in quelle parti non è per essere molto longo, dicendosi che S. M. sarà di ritorno a S. Germano li 20 del corrente ».( Parigi li 7 agosto 1671). « Mercordì mattina in Fontainebleau mi abboccai col Sig. de Lionne il quale prima, ch’io passassi a discorso alcuno toccante le levate, e passaggio sopra i Stati della Republica Serenissima richieste dal Rè, mi disse havere egli parlato a S. M. a fine che si compiacesse di accordare la tratta da Marseglia delle 400 astelle de remo, desiderando S. Ecc.za di cooperare a tutto quello che riguarda l’interesse di VV. SS. Ser.me, ma non havere potuto ottenere cosa alcuna, allegando S. M. haverne bisogno per le sue squadre, che per altro ne haverebbe concessa l’estrazione, tanto maggiormente che le Sue Regie intenzioni sono di tirare denari nel Regno con smaltire, et essitare tutto ciò che soprabonda alle necessità del Stato ». (Parigi li 14 Agosto 1671). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. Le astelle di cui è argomento nelle lettere precedenti furono poi ordinate a Napoli. Vedansi le lettere al console di Napoli n. 338 (11 settembre 1671), e n. 346 (25 settembre 1671) in Litterarum n.i 146-1922. Quest’ultima, diretta a Goffredo Spinula, consuli Neapolis, tratta di cin- - 181 - quecento astelle da remi ordinate e pronte colà, da imbarcarsi su vascelli che si dovevano spedire da Genova. Gli si raccomanda d’invigilare « che siano della dovuta bontà, con farle rivedere da persone perite, e particolarmente da Pietro Gatto figlio di Lorenzo del luogo di Bergezzi, e dal remolaro della capitana di cotesta squadra, essendosi riconosciuto che in l’ultime di costì ricevute ne furono molte di niun serviggio ». NOTA N. 28. Il timore degli Olandesi circa un’intesa dell’Inghilterra colla Francia ai loro danni, timore accresciuto per effetto dell’invio del duca di Buc-kingham a Parigi e dell’invasione della Lorena da parte dell’esercito francese, veniva così rappresentato in una lettera del ministro Della Rovere al Governo genovese: « Con le ultime lettere dell’Haia s’mtende qualmente i Stati Generali delle Provincie Unite havessero solennemente dato parte dell’invasione della Lorena alli Ministri di Svetia et Inghilterra colà residenti, stimando essi questa prattica d’ogni importante conseguenza, ma che tale apprensione si fusse alquanto sminuita, doppo che l’ambasciatore di Francia si era dichiarato col Presidente del Consiglio, che le intentioni del Rè Christianissimo suo Signore non erano di conturbare in m'odo alcuno la commune tranquillità con la mossa delle sue truppe, ma di assicurarsi solamente della persona del Sig. Duca di Lorena per giusti rispetti, e motivi. « Non mancava di caosare grandissime gelosie e sospetti alli sudetti Stati la missione e dimora del Sig. Duca di Buchincam alla Corte di Francia, non ostante che per parte dell’Inghilterra si protesti, che la commissione d’esso S. Duca non è che di semplicemente rendere alla M. Christianissima i complimenti ricevuti da S. M. Britanica sopra la morte della Ducchessa d’Orleans sua sorella; essendo per altro la M. S. risoluta di stare unita nel commune interesse per la continuatione della pace.......Il Duca di Buchincam partì per Londra martedì mattina ». (Parigi li 19 Settembre 1670). Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2195. _ 182 - NOTA N. 29. Il solerte ministro genovese a Parigi informava egli pure il Governo della Repubblica intorno alle pratiche, allora in corso, per riunire i Parlamenti d’Inghilterra e di Scozia, comunicando: « Scrìvono da Londra che S. M. Britannica, valendosi della facoltà lasciatagli dal Parlamento di Scotia havesse nominato per Commissari]' il Gran Cancelliere di Scotia, gli conti de Athol, d’Humes, de Dunferling, de Lothian, de Twelade e de Kincardin, li Vescovi di Dumblaine et di Gallovay, et undici altri a fine di travagliare con quelli d’Inghilterra all’unione delli due Reami ». Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 30. Una copia della lettera del duca di Lorena al re d’Inghilterra, circa l’invasione dello Stato di quello da parte dei Francesi, venne trasmessa al Governo genovese dal ministro Gio. Batta Della Rovere, dalla cui corrispondenza io la trascrivo. « Copia di lettera del s. duca de lorena « scritta alla m. britannica d’espinal li 28 d’Agosto 1670 « Monseigneur « L’honneur, que j’ais d’estre alliè a V. Majesté, et l’interest qu’Elle prend à la conservation de ma maison, et de mes Etats, m’oblige de Luy donner advis comme le 2Ó.me de ce mois les trouppes de S. M. Chrest.me sont entrées dans ma capitale de Nancy pour me prendre prisonnier et par la se rendre maistre de mes Etats. Cette manière de faire est si extraordinaire que j’espere de la bontè de V. Majesté qu’Elle voudra bien me favoriser en cette occasion de sa protection La priant de croire que personne ne peut estre ni plus reconnoissant des bons offices qu’Elle a bien voulu me rendre par ses Ambassadeurs, ni avec plus de respect « Monseigneur « Votre tres humble et tres obeissant Ser.r et Cousin « Ch. de Lorraine ». Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. - 183 - NOTA N. 31. 11 Padre Èrcole Mattioli, nato a Bologna il 5 agosto 1622 e morto a Parma il 13 luglio 1710, fu insegnante di umanità e di retto-rica, predicatore eloquente, ed autore di parecchie opere a stampa, fra le quali La Pietà illustrata (Parma, 1694-1700), Il Cielo maestro di sana politica e sacra moralità (Parma, 1704), La Via Lattea delle scienze (Parma, 1704). Vedasi Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus, par Augustin et Alois de Backer, Liége 1853-1858; PP· 396-397 (la terza edizione della quale opera venne rifatta e notevolmente ampliata dal P. C. Sommervogel, Bruxelles 1890-97). Del Padre Rebuffo, che dal cognome parrebbe genovese, non ho trovato notizia. NOTA N. 32. Dell’inviato di Savoia, di cui fa menzione l’Ottone sotto i diversi nomi di Moros, Morus, Morossi, annunciava il ritorno in patria anche il Della Rovere, con lettera da Parigi del 17 ottobre 1670, e nei termini seguenti: « Il Conte Morotio inviato del S.r Duca de Savoia si era congedato da S. M. Britannica, et era in procinto di partirsi da quella Città per ritornarsene a Torino ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 33. Intorno al viaggio in Inghilterra del principe d’Orange, figlio di Guglielmo II d’Orange e di Maria sorella di Carlo II, il ministro Della Rovere inviava con lettera da Parigi del 17 ottobre 1670, le seguenti informazioni al Governo genovese: « Il Barone di Gent haveva portato al Principe d’Orange la risposta che li sudetti Stati havevano fatto alla lettera di S. Altessa nella quale haveva richiesto il loro consiglio, et assenso circa il passaggio, che meditava di fare in Inghilterra, dove di nuovo era stato convitato dalla M. Britannica. Questa risposta contiene l’approvatione, et gli - 184 - augurij di buon viaggio, con speranza che l’A. S. per mezzo de’ suoi efficaci officij debba disponere il Rè della G. Bretagna ad una intelligenza del tutto ferma, et amicitia sincera con essi Stati; i quali nell istesso tempo hanno inviato a Londra ordini espressi a Mons. de Vanbeuning et a Mons. Boreel loro ministri, di secondare li negotij et interessi particolari di esso Principe appresso di S. M. Britannica ; di modo, che S. A. non attende altro per partire che lo aviso del Conte d’Osseri, e la fregatta destinata a condurla in Inghilterra ». Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17. n. g. 2193. NOTA N. 34. L’invasione della Lorena intrapresa nell’agosto del 1670 da un esercito francese comandato dal maresciallo de Créqui, il quale, dopo la capitale Nancy, occupava Epinal il 24 settembre, Chattè il 6 ottobre e quindi Longwi, fu una delle tante prepotenze di Luigi XIV, bramoso di spingere verso il Reno le frontiere del suo regno. Una stringente relazione sulla sua portata morale e politica, dettata sotto l’impressione del momento da una mente adusata ai negozj di Stato, e diffusa, a quanto sembra, fra i diplomatici del tempo, fu trasmessa al Governo genovese dal ministro residente a Parigi, Gio Batta Della Rovere, che l’accompagnava con le seguenti parole in data del 17 ottobre 1670: « Mi è pervenuta alle mani la copia d’un scritto concernente gli affari della Lorena, che viene d’Hollanda: alcuni lo stimano del Barone dell’isola, et altri, che sono prattici del di lui stile, vogliono che sia d’ogn’altro. Tale e quale però io la tramando alla notitia di W. SS. S.me ». Essa merita di essere qui riprodotta ad illustrazione della politica francese. « Reflexion sur l’estat present des affaires de la lorraine « ET SUR SON INVASION PAR LA FrANCE. « L’invasion de la Lorraine paroist à tout le monde pour un des plus enormes et dangereux attentate qui se peuvent commettre dans la Chre-stienté. En effect si on le considere dans le fond, et dans toutes ses cir- - 185 - costances lon ne trouvera rien que de tres surprenant, tres contraire au dioit comun de toutes les nations, et de tres-mauvais augure pour toutes les autres Puissances voisines à la France. Le Due de Lorraine ,est un Prince souvrain independent de la Couronne de France, un jmembre de 1 Empire. Il est compris expressement, et specifiquement dans le traittè des Pyrenées; il s’est desarmè à l’instance des frangois poui lcui oster tout sujet de ialousie, quoesque son differant avec ΓΕ-lectem Palatili ne fust pas encore termine. Il a dissimulé fort pa-tienment tous les attantats que la France a commis contre luy depuis quelques années crainte de s’attirer des nouvelles iniures en voulant repousser les premieres, et neantmoins sans aucune plainte precedente contre luy, sans aucune dènonciation de guerre, sans avoir recherché ny propose aucune voye d’accommodement l’on est entrè dans ses estats par surprise à dessein de se saisir de sa personne, lon entret-tient sa femme prisoniere, lon saccage ses places, lon force ses sujets, on le poursuit à outrance aprez avoir exilé depuis fant d’années son legitime successeur, de sorte que la France dispose auiourd’huy des Princes estrangers avec la mesme autoritè quelle a exercée sur Mons. Fouquet; et qu’elle peut exercer sur le moindre de ses sujets. « Plusieurs auront peine de comprendre quels motifs peuvent avoir induit les franqois à une violence si à contretemps dans une saison òu ils employent toute leur adresse à persuader qu’ils ne respirent que la paix, et qu’ils prennent tant de soin à endormir l’Empire, et à dissiper les iustes supqons, que toute l’Europe a conceus de leurs grands preparatifs par mer, et par terre. Il semblerà d’abord que c’est une grande precipitation d’avoir esclatté si hors de saison pour une conqueste qu’ en toute sorte d’occasion estoit dans leurs mains, et qui ne leur pouvoit echapper et qu’en cela ils ont agi contre le gros de leurs desseins ayant donne l’alarme avant le temps à touts ceux, qu’ont interest de s’opposer à leur progrez. « Mai ceux qui voyent le fond des choses feront un iugement bien different, et cognoistront facilement que ce dessein va beaucoup plus loing qu’il ne paroist au dehors, et que cette invasion doit estre le premier fondement du grand edefice qu’ils meditent. « Pour en decouvrir les veritables causes il faut supposer trois ve-ritez qui sont tres-constantes ; l’une que dans le dessein que la France a de pousser plus loin ses conquestes elle souffre impatienment le caves-son, que la triple ligue a voulù luy mettre, et qu’elle secoiie ce frain i - 186 - autant qu’elle peut taschant par toute sorte de moyens de desunir la triple ligue en dètachant quelquun de ses membres pai des offres specieuses, de former des contreligues, par le moyen de ses commis-saires en Alemagne, où susciter des intrigues domestiques. La seconde est, qu’ils on resolu de rompre avec les Provinces Unies, soit directe-ment par eux mesmes, soit par des voyes indirectes pour ne pas atti-rer contr’eux les deux autres membres de la triple ligue. Lon descou-vre facilement cette intention par les advis particuliers de France, par les prattiques, qu’ils font en Alemagne, par le grand nombre des vaissaux quils equippent, et par plusieurs autres indices indubitables. La troisiesme est qu’ils n’ont rien ouiourd huy plus à coeur, que d em-pescher, que d’autres Puissances ne s’unissent à la triple ligue pour l’aftermissement de la paix, et le repos de la Chrestientè, ce qu’ils apprehendent sy fort qu’ils n’ont espargné ny offres ny menaqes envers quelques Princes de l’Empire pour les détourner de cette union, quoy-que par le traitté d’Aix la Chappelle touts les Princes de la Chrestientè soyent invitez à la garentie, la quelle tendant uniquement à la conser-vation de la paix, et estant ^ηςευε esgallement en faveur des deux Couronnes sans aucune marque de partialité ne peut estre suspecte, ny odieuse qu’à celle des deux qui aura dessein de commencer la rupture, mai tres agreable à celle qui voudra observer religieusement la paix. « Sur ces trois suppositions dont toutes les personnes de bon sens demeureront d’accord il ne sera pas difficile de deviner que la seule raison qui a obligè la France à precipiter cette execution dans la presente conioncture a estè pour empescher l’union de quelques Princes de l’Empire et du Due mesme de Lorraine à la triple ligue noyant que tous les efforts, qu’elle avoit faits pour les en detourner avoient esté inutiles, et que cette affaire estoit sur le point de la conclusion : elle a iugè .qu’il n’y avoit point d’autre remede pour en detourner l’effect, que ce-luy qui est porté par la sainte escritture: Percutiam pastorem, et dispergentur oves gregis. Elle a iugè qu’en s’asscurant de la personne et des Estats du Due de Lorraine elle donneroit la frayeur aux Princes de l’Empire qui estoient prestz d’embrasser la garentie avec luy, et que s’estant saisie de son principal Boulevart, ils n’oseroient rien tentreprendre, et qu’en tout cas elle seroit tousiours en estat de les mortifier, et de le renger à sa devotion. Elle a consideré que si on lais-soit prendre vigueur à cette union, elle ne pourroit plus se saisir de la - 187 - Lon dine à moins que de s’attirer les armes de tous les alliez, mais qu’en 11 es Plevenant par une prompte invasion avant que les traittez fussent conclus personne n’oseroit s’interesser en la defense de ce Prince, mais 'ine lon considcreroit cette affaire comme un des meslè particulier elitre la France et la Lorraine, dans le quel personne n’auroit droit de se mesler. Elle a posé meurement que si elle attandoit que cette liaison fust achevée, il luy seroit impossible d’executer le dessein qu’elle a sur les Provinces Unies, parce qu’on luy fermeroit par ce moyen une puissante barrière par le Rhin, la Meuselle et la Meuse, qui luy fermeroit tous les passages et que les Princes mesmes qu’elle tasche de susciter contre les dits Estats n’oseroient aprez cela rien entreprendre ,et n auroient pas le chemin libre pour executer leur desseins, mais quau contraire empeschant ce traittè elle asservuiroit son parti dans 1 Empire, reduiroit l’Empereur, et ses amis en estat de ne pouvoir agir, elle sacquerreroit la domination du Rhin sans resistance, et priveroit les Provinces Unies de tout l’appuy qu’elles peuvent esperer de l’Alemagne. Elle a veu enfin que" l’entier affermissement de la paix, et le seul moyen d’assicurer les desseins de la triple alliance consistoient en cette union avec les Princes de l’Empire, de sorte que si elle en avoit attandu les suittcs, il auroit fallu puis aprez Se resoudre à renoncer à la conqueste des Pays Bas, et à tout autre progrez pour demeurer eter-nellement les bras croisez sans oser rien entreprendre, à quoy leur hu-meur inquiete ne pouvoit pas facilement se resoudre. Qu’au contraire en se saisissant de la Lorraine, ils advanceroient beaucoup la conqueste des Pay Bas, et tiendroient le Luxemburg et la Franche Contèe soubs leur dependance; qu’ils fermeroient la pone à toutes les di-versions, qu’on pourroit faire chez eux, qu’ils s’asseureroint des Suisses par ce moyen, et se feroient une puissante barriere de l’Alsace de la Bourgogne et de la Lorraine, qu’ils mettroient entierement a cou-vert du costé de l’Empire, et comme il est constant que tous leurs des-feins tendent à la guerre, et qu’il ne leur est pas facile de la commen-cer directement contre l’Espagne ou quelque membre de là triple alliance sans avoir quelque pretexte plausible, ils ont creù qu’en se saisissant de la Lorraine, ils auroient des deux choses Fune, ou que cette Province leur demeureroit sans que personne osast y contredire, ou que si lon vouloit s’y opposer on luy donneroit matiere de rompre sans que lon pust reietter sur eux la cause de la rupture. « Voylà les secrettes raisons qui ont induit la .France à se hatter si *··;.. λ· ·■;·,' .■',.· ■ ··· ’ · . ·. ' ; ■' ' .·; ' ■ : 4 'Ί — 188 - fort en cette conqueste, qu’elle n’a point entreprise, tandis qu elle a esperé de pouvoir detourner par d’autres moyens l’union des Princes de l’Empire avec la triple ligue. Elle n’a eu recours à cet extreme remede, que lors qu’elle a veu l’affaire sur le panchant de la con-^clusion. Il est à craindre que son dessein luy reussirà sy lon n y met un prompt remede par une vigoureuse resolution en faisant de cette affaire tane cause publique, comme en effect à la bien considerer elle regarde l’interest de toute l’Europe et particulierement de la triple ligue. « Il y a plusieurs raisons tres-evidentes, qui doivent interesser la triple alliance à procurer par toutes les voyes possibles l’entier restablis-sement de ce Prince. La premiere est leur propre raison d’Estat à cause des dangereuses consecances que lon doit apprehender de cette in-vasion. La seconde est puisée des considerations, que i’ay ces deniés rap-portées, et qui font voir assez clairement combien il importe à la triple ligue de conserver ce Boulevart de l’Alemagne, et cette porte pour les diversions en cas de guerre, et qu’en la laissant perdre la triple ligue seroit en danger non seulement de se voir privée des secours de ses amis dans l’Empire, mais aussy elle seroit exposée aux invasions des adhe-rans de la France en Alemagne. La troisieme pour la propre reputation qui souffriroit un grand echec si lon voyoit un Prince impunement opprime pour avoir voulù s’unir avec elle, ce qui rebutteroit tous les autres qui pourroient avoir le mesme dessein. La quatrieme consiste en ce que la triple ligue est fondée sur trois principes, et s’est propo-sé trois fins pour objet de toute sa conduitte. L’une de maintenir la paix dans l’Europe. L’autre de resister aux progrez et aux vastes des-seins de la France qui se debordoit au delà de ses limites et donnoit des iustes sujets de ialousie à tous les voisins. La troisiesme de conserver les Pays Bas. Or il est asseuré qu’elle ne peut assiuer à aucune de ces fins si genereuses et sy louables tant que le Roy de France demeurera Maistre de la Lorraine. Car quant à la premiere il est ine-vitable que cette invasion n’apporte du trouble à la Chrestientè, et quand mesme toutes les puissances de l’Europe seroient assez aveugles pour abandonner cette cause, il est asseuré que la France n’en demeurera pas en si beau chemin, mais elle se prevaudrà de la faiblesse et de la timidité de ses voisins pour les engloutir tous l’un aprez l’autre puis qu’elle n’à entrepris l’invasion de la Lorraine que pour se faire l’ouverture à ses autres desseins; ainsy d’une fasson où d’autre il faut de necessité que cette invasion apporte du trouble à l’Europe si lon n’en - 189 - arrache promptement la racine. Quant à la seconde fin d’empecher les progréz de la France la chose parie d’elle mesme puisque par cette iusurpation sa puissance s’accroist considerablement, et elle se fraye par la le chemin à d’autres conquestes; et quant à la troisiesme, qui re-garde la conservation des Pays Bas il est constant quii sera beaucoup plus difficile et presque impossible à l’Espagne et à la triple ligue de les maintenir tant que la Lorraine sera entres les mains de la France, parceque la Bourgogne sera couppèe, le Luxembourg aura le poignard dans le sein, et les Princes voisins intimidez, toutes les advenues fermées au secours de l’Alemagne, et la puissance des Franqois beaucoup aug-mentée sur les confins.des Pays Bas. La cinquiesme raison est que l’obli-gation de la triple alliance et de la garentie comprend le traitté des Pirenées aussy bien que celuy de Aix la Chappelle, l’un estant inclu dans l’autre, et relatifs ensemble. Or le Due de Lorraine est compris expressement dans le d. traitté des Pyrenées non comme un simple contestant, mais comme un membre essentiel du traitté estant hors de doute, que sans la restitution de la Lorraine iamais le traitté des Py-renée n’auroit esté conclu, et que la negociation de Munster echoiia principalement sur ce point, et fut sans effect, parceque la France ne voulut pas inclure la Lorraine, et que l’Espagne ne se put resoudre à l’abandonner parceque cette Province importoit absolument à la conservation des Pays Bas, d’où lon peut conclure qu’en cette usurpa-tion la paix des Pirenées a esté violée, et que la France a reduit les choses aux mesmes termes dans les quels la paix n’auroit iamais esté concliie, de sorte que si la triple ligue est obligée de maintenir la paix des Pyrenées, elle doit par une consecance infallible procurer le re-stablissement de la Lorraine. La sixieme raison est, que par le mesme traité des Pyrenées il est permis aux deux Couronnes de secourir leurs 'alliez sans que pour celà il s’en suive aucune rupture de la paix. Il en est de mesme de tous les traittez particuliers que les membres de la triple ligue peuvent avoir avec la France, et la France mesme le pratti-que tous les iours, de sorte que non seulement la triple ligue, mais l’Espagne aussy peuvent secourir S. A. de Lorraine sans donner aucun iuste su jet de rupture au Roy tres-Chrestien, qui sans doute ne romperà pas pour celà ou romperà sans celà; mais si la guerre est inevitable il sera tousiours plus advantageux à la triple ligue, que le theatre en soit sur les frontieres de la France, que dans les Pays Bas, ou dans leurs propres estats. — 190 — « Les remedes que lon peut apporter à touts ces inconvenients sont de deux sortes. La negotiation et la force. Quant au premier, il semble sauf meilleur advis qu’il seroit tres-convenable que la triple li^ue en-voyast promptement et conioinctement une deputation à Paris xpour accomoder cet affaire, cé qui ferà deux effects considerables. L un que le Due de Lorraine se voyant appuyè d’une mediation sy puissante ne se precipiterà à aucun traitté particulier dans le quel sans doute il sera obligé de se soumettre aveuglement à tout ce que la France vou-drà, et de luy engager ses trouppes, et toutes le placfes, qui luy restent ; et peut estre de transiger aussy avec elle pour la successi on de la Lorraine au preiudice de son neveu. Au lieu, que cet accommodement se faisant par l’entremise de la triple ligue lon aura lieu de moderer les conditions, ou du rnoins lon gagnera du temps pour pouvoir songer à des movens plus efficaces. Le second est que celà donnera du coeur aux Princes de l’Empire qui sont bien intentionez pour la triple ligue, et les obligerà non'seulement à persister dans leurs desseins, mais de s’inte-resser encore plus hardiment dans les affaires de la Lorraine, et faire mouvoir le corps de l’Empire pour la mesme fin. Quant au second remede, qui est la force, quoyqu’il ne se doivet appliquer qu’à l extremitè, neantmoins comme le mal est pressant, et que le Due de Lorraine ne peut long temps subsister, s’il n’est secourù, il seroit bon d’aviser a quelque moyen indirecte pour le soutenir autant de temps qu’il faudra pour prendre de plus solides mesures et empescher qu’il ne fasse un accommodement forcé à nostre preiudice, et cependant luy faire scavoir que lon prendrà sa cause en main, et que sy les remonstrances ne suffisent lon y appliquerà de plus forts remedes ». Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 35. Agli studiosi di storia delle navigazioni ed esplorazioni geografiche può. interessare quest’altra notizia circa un viaggio d’un vascello inglese, ch’io riporto da una lettera del residente Della Rovere in data di Parigi 13 novembre 1671. « Il vascello Robert, il quale gli anni passati era andato nel mare del Sud per tentare se havesse trovato qualche passaggio da quelle parti all’Indie per qualche canale 0 stretto, se bene non haveva otte-\ / - 191 - nuto il primo intento, nulladimeno haveva scoperto alcune nuove isole in grado 63; dalle quali, havendovi passato l’inverno trascorso, haveva portato quantità di cuoi, et altre pelli, onde si approntavano vascelli per viaggiare a quella volta ». Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193. NOTA N. 36. Van Beuningen fu uno dei più abili ed autorevoli diplomatici della sua epoca ; egli ebbe, come ambasciatore degli Stati Generali presso Luigi XIV, una parte principalissima nel trattato concluso ad Aqui-sgrana tra la Francia e la Spagna nel 1668. « Ce Van Beuningen a-voit » — scrive Voltaire — « la vivacitè d’un Frangois et la fiertè d’un Espagnol; il se plaisoit à choquer dans toutes les occasions la fierté impérieuse du Roi (Luigi XIV), et opposoit une inflexibilitè ré-publicaine au ton de supériorité que les Ministres de France commen-<;oient à prendre, et ce bourgeois de Hollande, qui avoit obligé la France et l’Espagne à recevoir la médiation, conclut avec autorité une paix, par laquelle le Roi rendit la Franche-Comtè ». (Voltaire, Siede de Louis XIV ; citato in Histoìre Universeìle, tome 44.e, Amsterdam-Paris MDCCLXXXVIII, p. 257). In quanto all’opera tentata dal Van Beuningen presso il re d’Inghilterra in favore della Lorena, ecco ciò che scriveva da Parigi al Governo di Genova il Della Rovere sotto la data del 26 settembre 1670: « Mons. Vambeuning Ministro delli Stati Generali delle Provincie Unite ha esposto al Rè d’Inghilterra, che stante l’invasione della Lorena fatta dalle armi della M.'Christianissima, sera fatto luogho a prevalersi della Triplice Lega per la conservatione della publica tranquillità; ma n’ha riportato per risposta, che il Sig. Duca de Lorena non essendo compreso nel trattato, non doveva la Lega impegnarsi in questo affare » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 37. Giorgio Legat era console inglese a Genova, ove lo si trova ancora in essa carica nel 1678 (Vedasi Francesco Poggi, L’uccisione del - 192 - Duca Francesco di Somerset in Lerici; in Giornale storico della Luni~ giana, anno terzo, 1911, p. 96). Egli fu accreditato con lettera del re d’Inghilterra al duce della Rep. di Genova in data del 3° novembre 1665, per effetto della morte di Carlo Henshaw console inglese in essa città. (Lettere Principi, n. g. 2782). NOTA N. 38. La relazione circa i saluti pretesi dalle navi inglesi, inviata dal Governo genovese all’Ottone con lettera del primo ottobre 1670, è questa, ch’io copio dai registri delle lettere del Senato. « Duce e Procuratori « Al Proconsole Ottone in Londra. « Mag.co nostro Proconsole. Vi dedimo già aviso della venuta, che seguì in Maggio passato in questa città del Milord Faucombrige Ambasciatore Sti aordinario desinato dalla M. Britannica alla nostra Rep.ca, e degli onori e trattamenti, che gli furon fatti nel tempo che qua si tratenne E perchè’la di lui missione fu principalmente ordinata, conforme egli stesso ci affermò, per parte di cotesta Maestà, per assicurarci del desiderio ch’Ella tiene di mantenere et accrescere il traffico e commercio fra suoi Stati e quelli della nostra Rep.ca, conforme parimente vi avisammo, ci parve ben fatto il fargli rappresentare in quella occasione per mezzo di due Ecc.mi nostri Collega il disordine cagionato pochi mesi avanti da qualche vascelli da guerra della stessa nazione, ch’entrati in questo porto ricusarono di fare il saluto sempre praticato da loro, e da altre nazioni verso la nostra città, e ciò sopra la mal fondata pretensione di dover essere risalutati con pari numero di tiri, che però si sperava che da S. M. si darebbero gli ordini opportuni, accioche non si continui il disordine, ma che da detti vascelli si ripigli lo stile sempre praticato per avanti di salutare, e fu d’ordine nostro soggionto al S.r Ambasciatore, che si era pronto a fargli conoscere quanto si fosse per verità praticato, acciò volesse con la sua ingenuità cooperare a che fosse rimosso un tal disordine. Rispose l’ambasciatore a detti Ecc.mi, che prima della sua partenza da Londra egli non haveva havuto alcuna notizia de’ sudetti successi, ma che poi haveva presentito qualche cosa con novità però di fatto, e che più presto gli era stata fatta doglianza, che qui si man- - 193 - f casse verso li vascelli di S. M. delli soliti e dovuti saluti, ma che dovendo credere et havere per indubitato ciò, che da loro Ecc.e gli si rappresentava tanto circa il fatto quanto circa il praticato dagli altri vascelli di Francia e Spagna, ne scriverebbe a S. M. in maniera tale che stimaria per indubitato, che dovesse dar ordine che si rimuova ogni impedimento, massime con la fine che ha S. M. dell’augumento del traffico, et attesa anche l’inalterabile buona disposizione verso della Ser.ma Rep.ca, e per poter loro EE. esser sicure, che S. M. provve-derà adequatamente. Oltre quanto sopra fu da noi procurato in appresso d’indagare più addentro le disposizioni del S.r Amb.re, con a-vergli fatto tener discorso della materia, e rappresentare non solamente ciò che si è praticato per l’addietro, ma insinuare le ragioni che militano a favore di questa città ove risiede il Prencipe, e perciò non haversi a considerare ciò che per aventura si praticasse altrove ; e parve che restasse detto S.r Amb.re molto bene impresso delle ragioni della Rep.ca, e che già havesse scritto a S. M. et al S.r Duca di Yorche generalissimo delle flotte d’Inghilterra in guisa tale da non dubitare che la Rep.ca nostra dovesse ricevere ogni gusto da S. M., il che ancora confermò al nostro Ser.mo Duce nella sua udienza di congedo, con haver soggionto che scriveria di nuovo in buonissima forma, e che fra tanto esso, non per haver l’autorità nè con impegno delia parola di S. M.. ma come di suo proprio impulso ne havea già parlato a questo Proconsole et altri della nazione Inglese in sensi tali da non dover intraprendere novità in materia de’ saluti, ma attendere nuovi ordini dal Rè. e fra tanto tenersi allo stile per avanti praticato. Si procurò in oltre per mezzo del M.co Gio. Agostino Durazzo, nella cui casa restava alloggiato a spese pubbliche detto S.r Amb.re, che la lettera ch’egli doveva scrivere a S. M. fusse del tenore in sostanza, che in Genova gli era stato parlato delli disgusti ricevuti da qualche vascelli della nazione Inglese che hanno ricusato fare alla città li saluti, che si pretendono, e dicesi essere stati sempre praticati tanto dalli vascelli Inglesi, quanto Spagnoli e Francesi, e che essendogliene stata fatta e-spressa instanza da due Senatori deputati a trattar seco, haveva dettogli che mentre non si volesse esigere dalle armate e vascelli di guerra di S. M. se non quelli saluti, che si praticano da Francesi e Spagnuoli. L’affare restarebbe aggiustato, e di tal conformità ne sarebbe fatta la relazione a S. M., et all’effetto se gli fece dare una copia della tariffa nostra in materia de saluti. « Questo è quel che seguì intorno a detta pratica nel tempo che si '3 — 194 tratenne in questa città il S.r Amb.re, del che tutto habbiamo voluto darvi notizia accioche serva per vostra informazione, con incaricarvi a procurare, quando per anco non sia seguito, che da cotesta Corte siano transmesse le instruzioni a’ Comandanti de’ vascelli da guerra dalla sua nazione con gli ordini opportuni per quello deveno fare et osservare in materia de saluti, in conformità di quanto è stato sempre praticato, come per le relazioni transmesse alla M. Britannica dal S.r suo Amb.re. Ma quando vi fosse fatto qualche motivo, di che forse dal Rè di Francia sia stata data qualche nuova direzione in materia de saluti da farsi dalli suoi vascelli con qualche variazione dal praticato sino al presente, vi facciamo intendere, che non è vero infatti, che da quella Maestà si sia fatta innovazione alcuna in detta pratica, anzi che se vi fosse opposta per equivoco qualche variazione pretesa dalla squadra delle galee di Francia sappiate per vostro governo, che essendo ciò pervenuto a notizia di S. M. ha dati gli ordini opportuni perchè si continui il praticato sin’ora, conforme è stato eseguito. E perciò doverete voi insistere in che da cotesta Corona siano transmessi gli ordini nécessarij a’ Comandanti de suoi vascelli in conformità di quanto in detta pratica si restò col S.r Amb.re, e procurarete che il tutto resti eseguito con la dovuta sodisfazione conforme attendiamo dalla vostra diligenza. « Ci scrive il nostro console di Tangeri Carlo Antonio Soltrani d’havere incontrato qualche difficoltà nella sua ammissione alla carica, a cagione di qualche opposizione statagli fatta sopra le nostre patenti da Benedetto Marene colà dimorante, e che ciò habbia partecipato ancora al disordine. Al che, quando per anco non fosse seguita la di lui ammissione a detta carica, v’incarichiamo il procurarla presso di quei ordini di cotesta Maestà che stimarete opportuni al governatore di quel Presidio, del che ci darete in appresso relazione, con avisarlo ancora al S.r nostro Console. « Genova p.mo Ottobre 1670 ». (Litterarum I45> n- S- l921 > lettera n. 396). La minuta di questa lettera trovasi nelle filze Secretorum n. g. 1585, ove comparisce anche la minuta di altra lettera in data del 18 giugno 1670, scritta al proconsole Ottone in Londra ed al residente Della Rovere in Parigi « a dettame dell’Ecc.ma Giunta della Marina », per dar loro notizia « di ciò che si è maneggiato coll’Ambasciatore d’Inghilterra nella pratica de’ saluti ». L’origine di tale pratica viene - 195 - Ρ 1-Ί^ * ne^a 'e<:tera seKuente del Governo genovese a Gio. Batta . vicin° q. Antonio Residente in Madrid, ch’io trascrivo dal registro Litterarum i46( g. 1922. * Duce e Procuratori etc. Molto Illustre nostro Gentilhuomo Ressid.te. Dall’alligata copia ristretto vedrete quanto è successo intorno a due navi da guerra InJesi, che sotto li 23 luglio l’una, e l’altra a 20 del corrente entrarono in questo Porto, con pretensione dei loro Cap.ni di non salu-tare’ come hanno fatto, la Città, se non precedeva sicuressa in essi di dover essere rissalutati con numero di tiri pari a quello, con il quale avessero essi fatto prima il saluto, asserendo ciò procedere dagl’ordini et istruttioni, che tengono del proprio Rè, tutto però contro il consueto e praticato sin hora, massimamente non portando alcuno di detti Vascelli verun stendardo. La onde habbiamo voluto, che sij ogni cosa a vostra notitia, ordinandovi insieme, che dobbiate tenerne discorso coll ambasciator Inglese costì Ressidente, e rappresentargli il pre-giudicio, che i Cap.ni di detti Vascelli hanno attentato alla dignità publica contro l’intensione di S. M. Britannica, procurando voi insieme di disporre detto Ministro a scriverne all’istessa Maestà, ad'effetto di ottener gl’ordini convenienti perchè non succedano in l’avvenire simili dissordini. « Vi serva anche d’avviso che entrò la prima delle sudette navi nominata il Dragone in questo porto, diede assai presto fondo vicino alla medema una nave mercante, che di ritorno da Lisbona gionse qui sotto la condotta del Cap.no Nicolò Lanata nostro nationale, quale nel suo arrivo, seguitando le nautiche costumanse, diede i soliti segni d'allegria, con cacciar fuora numero di bandiere e dar vista di tutta l’artiglieria, il che pose il Cap.no della detta nave Inglese in tale apprensione, che concepì nella sua mente, che detto Cap.no Lanata si allestisse in quella forma per cannonar detto Inglese d’ordine publico; e per quanto ciò sia lontano da ogni verità, e ne sij stato detto Cap.no Inglese et il Console di quella nactione ambi assicurati per bocca del Sindico del Porto, e dello stesso Cap.no Lanata, non sappiamo ad ogni modo con qual concetto sia rimasto il Cap.no sudetto di questa particolarità ^ella quale si è lasciato intendere il detto Console volerne dar parte alla Corte in Londra, che perciò abbiamo giudicato opportuno remlervene intierato, non perchè ne teniate discorso col detto ambasciatoi e nè con - 196 - altri, ma sappiate come governarvi quando ne foste interpellato, o ne sentiste discorrere diversamente, e ci avvisarete a suo tempo 1 e-chesuito ». « Genova li 30 Agosto 1669. « Vista daH’Ecc.mo Stefano Pallavicino ». NOTA N. 39. Le difficoltà incontrate da Carlo Antonio Soltrani in Tangeri, di cui è argomento nella lettera del primo ottobre 1670 riprodotta nella nota precedente, erano venute a cognizione del Governo genovese fin dal dicembre 1669, come è lecito presumere dalla lettera diretta al detto Soltrani, che riporto qui sotto; secondo la quale fin dal marzo 1670 avrebbe dovuto essere informato di tali difficoltà 1 Ottone. Ora invece questi afferma nella lettera del 3 novembre 1670 (pag. 43), che porge occasione alla presente nota, di non averne mai inteso se non quanto eragli stato comunicato in data del 1.0 ottobre dello stesso anno. Ciò dimostra, in ogni modo, che il Governo di Genova trascurò soverchiamente questa pratica del consolato di Tangeri. Ecco la lettera al Soltrani: « Carolo Antonio Soltrani consuli Tangerii « Habbiamo sentito quello che ci scrivete con vostre de’ 20 del caduto novembre intorno alla renitenza dimostrata dal Governatore di cotesto Presidio neH’ammettervi all’essercitio della vostra carrica, et è stato da noi data incombensa a Carlo Francesco Ottone nostro Proconsole dinovamenti eietto per Inghilterra, e che tra breve si porterà in Londra, di procurare da quella Corte gli ordini opportuni diretti al Governatore sudetto per la vostra ammessione.... « Genova li 27 marzo 1670 ». (Litterarum 146, n. g. 1922). Tangeri apparteneva al re Carlo II d’Inghilterra come dote della regina sua moglie, Caterina di Portogallo. 197 — NOTA N. 40. Sulle non benevoli disposizioni del Parlamento inglese, e specialmente della Camera dei Comuni, verso la Francia, così scriveva il Della Rovere da Parigi il 5 dicembre 1670 al Governo genovese. « Continua in Londra l’assemblea del Parlamento, e pare che la M.. Christianissima non resti sodisfatta delle risolutioni che si prendevano in quella Camera Bassa, onde, testimoniandone qualche risentimento, nè volendo infringere apertamente il trattato di commercio fatto con l’Inghilterra, e sapendo che, secondo i calcoli fatti, passa un millione di lire da questo Regno in quello per mezzo de capegli, disse li giorni passati, che non gli piacevano tante perrucche bionde alla sua Corte, di modo che si cominciano a vedere delle novità » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 41. Scrisse infatti l’imperatore Leopoldo al re d’Inghilterra per essere accolto nella Triplice Alleanza; copia della lettera imperiale venne dal ministro Della Rovere trasmessa a Genova, e qui la riproduco. « Leopoldus Divina favente clementia electus Romanorum Imperator semper Augustus, ac Germaniae, Hungariae, Bohemiae, Dalmatiae, Croatiae, Sclavoniae Rex, Archidux Austriae, Dux Burgundiae, Stiriae, Carinthiae, Carniolae et Wirtembergae, comes Tirolis etc. « Serenissimo Principi Domino Carolo Magnae Britanniae, Fran-ciae et Hiberniae Regi, Consanguineo, et Fratri nostro carissimo, salutem cum omni boni incremento. « Serenissime Princeps, Consanguinee et Frater carissime. « Minimé latet Ser.m V.m quod cum anno 1667 de pace inter duas Coronas, quoad motus in Belgio Hispanico ex ortos, componenda Aqui-sgrani tractanda esse rescivissemus, pro ardenti nostro eius negotii promovendi desiderio, ablegatum et Consiliarium Cameralem aulicum Generosum nostrum, et Sacri Imperij. Fidelem Dilectum Fran-ciscum Liberum Baronem de L’Isola plena ad id potestate instructum, — 198 — ad id, ex Anglia ad dictum locum, concedere iusserimus, et cum dieta pax antequam is eo pervenire potuerit iam composita esset, per eundem Ministrum impensum nostrum ad eius conservationem concurrendi studium Serenitatis Vestre atque ac aliorum Triplicis ut vocant Foederis Sociorum Ministris aperire fecerimus: Huic desiderio et iam firmiter inhaerentes, de eo Serenitatem Vestram etiam hisce certiorem facimus; et cum de pari voluntate, et desiderio suo, et dicti Triplicis Foederis, quoad Garantiam saepe dictae Aquisgranensis pacis in unam no-biscum societatem ingrediendi nobis relatum fuerit : Ideo dicto Ablegato nostro, una cum Consiliario, et Residente nostro Iohanne Campritlc subsistenti aliam subinde Plenipotentiam ad id Foedus nostro nomine ineundum submisimus, de quo iam ante Serenitati Vestrae etiam ex declaratione nostro nomine a praenominatis Ministris nostris eiusdem Legato Templio recenter facta relatum fuerit; ac requirimus proinde be-nevolé, ut Serenitatis Vestra hanc nostram Pacis conservandae optimam et enixam voluntatem sub calculo approbare, parique studio ratam, et gratam habere, de mente quoque, quoad hoc, sua nos quanto citius certiores facere velit. Cui ad hoc reliquum est... « Vienne 24 Novembris 1670 ». NOTA N. 42. Gio. Batta Della Rovere riferiva al Governo genovese il viaggio del Principe d’Orange in Inghilterra nei termini seguenti (lett. da Parigi in data del 14 novembre 1670): « Il Sig. Prencipe dOrange, il quale si era più e più volte partito e ritornato indietro a caosa delli venti contrarij, alla fine haveva fatto vela con prospero vento alla volta d’Inghilterra, servito dalli due vascelli, che di ordine di S. M. Britannica, gli erano venuti incontro col Conte d’Ossery. Si vociferava da molti che vi fusse trattato di matrimonio tra sudetto Sig. Prencipe dOrange e la figlia del S.r Duca d’Iorch, il che, se seguisse, non fusse per riuscire molto grato alli Stati Generali » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). Il matrimonio del principe Guglielmo III dOrange con sua cugina Maria, figlia del Duca di York, matrimonio al quale si pensava secondo — 199 — scrive il Della Rovere fin dal 1670, ebbe infatti luogo, ma assai più tardi, e cioè il 4 novembre 1677; e fu poi cagione che esso principe fosse chiamato, colla moglie, nel 1689 al trono d’Inghilterra. NOTA N. 43. La lettera del 31 ottobre 1670 qui accennata dall’Ottone, e da lui ricevuta il 24. novembre, è del medesimo tenore di altra inviata contemporaneamente dal Governo genovese al ministro Della Rovere a Parigi, salvo il nome della persona ivi menzionata. Riporto quest’altra lettera, con la variante trasmessa allOttone. « Al Gentilhuomo della Rovere « Illustre nostro Gentilhuomo. Ci preme di sapere se sia in veruna nave 'un ingegnerò chiamato per nome Mons.r Arby, e quando vi sia, se si ritrovi costi, e quali siano le di lui qualità e condizioni, e se sia venuto 0 sia per venire a Genova, et in tal caso per qual caosa e con quali commissioni. V’incarichiamo donque di farne l’opportuna diligenza con tutta destrezza e secretezza e di riferirci ciò che vi sarà riuscito d’indagare. « Genova 31 Ottobre 1670. « V.a dall’Ill.mo Gio. Batta Zoagli. « Facte eadem consimiles ad Proconsole Londini variatis verbis praedictis lineatis, et appositis infranscriptis : un ingegnerò che pare si chiami Rovolese » (Litterarum 145, n. g. 1921). Le parole in corsivo furono trasmesse in cifra. NOTA N. 44· Sull’incidente della nave di Rotterdam, di cui è menzione in questa lettera, non ho trovato nè nei registri Litterarum nè nelle filze Secretorum nessuna relazione; quantunque, non soltanto 1 Ottone, ma altri rappresentanti genovesi all’estero siano stati minutamente informati , f ■ ' '/ — 200 — dell’accaduto. Infatti nel registro Litterarum 146, n. g. 1922, si accenna ad una « lettera scritta al M. 111. Gio. Batta Pallavicino residente in Madrid, continente il successo seguito con una nave da guerra di Ro-terdam, il dì 19 Novembre 1670, con una relatione di tutto il fatto del tenore registrato nel registro delle lettere del nostro Segr. Gritta, e come dalla detta lettera con relatione infilsata nel fogliazzo del secreto intorno a detta pratica dal detto M. Segr. Gritta ». Tuttavia un’idea del fatto può ricavarsi dal brano di una lettera contenuta nel reg. Litterarum Ι4·5· η· &· I92I> che Φ1* riporto. « Duce et Procuratori « Al Console Stefano d’Andrea « Amsterdam. « M.co Console nostro. La nave Scilauch comandata dal capitano Vanlies che ci disse essere Vice Ammiraglio di Roterdam, la quale come vi avisammo con corriere aposta, fummo astretti a far cannonare per haver ricusato di salutare questa Città, com’era obligata, dopo di detto sucesso si portò a Livorno, e non havendo salutato, li fu domandata la causa e perchè del sopra detto. Rispose, che desiderava di sapere il modo col quale sarebbe stata trattata per essere nave Viceammiraglio della squadra ; il castellano gli fece intendere, che salutasse, che li have-rebbero reso conforme sono state trattate altre navi dell istessa condizione e secondo l’ordine, che tiene. La nave allora salutò la fortezza con 9 pezzi di cannone, e dalla fortezza le fu risposto con sei. Questo fatto conferma la vanità della pretensione che ebbe quà di assicurarsi, che gli dovesse essere corrisposto con numero pari, con la differenza massime che è fra questa Città dominante, e quella di Livorno, che non e tale. Di tutto habbiamo voluto rendervi informato accio che possiate valervene nel maneggio di questo affare...... « Genova, 5 Decembre 1670 ». Il Governo genovese attribuì in gran parte, come risulta dalla lettera dell’Ottone dell’8 dicembre 1670 pag. 56, il comportamento del capitano della nave di Rotterdam all'intervento ovvero alle suggestioni del Console olandese in Genova, Federico Van Ewyck; ma questi alcuni mesi dopo si scagionava dall’addebito fattogli, con la seguente lettera diretta al Governo medesimo. - 201 - « Ser.mi Sig.ri « L occasione che mi porge di presta partenza per la mia Patria per particulari miei interessi mi è di motivo a rendere a VV. SS. SS.me quel tributo del dovuto ossequio ch’è proprio delle mie obligationi. Ma per che nè meno vorrei, che l’accidente occorso della nave fiam-menga 1 anno passato destasse sinistra memoria delle mie attioni, per ciò con tal congiontura ho stimato mio debito sincerare me stesso dalla somma Prudenza di VV. SS. S.me di tal fatto. La risolutione di non salutare la Città senza risposta di pari numero di tiri fu propria del Commandante Olandese, nè io vi hebbi parte alcuna. E quando così gustino glie ne puonno fare attestato ristesse lettere del detto Olandese a me scritte. E per che forse si potrebbe attribuire a mia colpa l’haver spiegate le qualità de’ i saluti, ciò non espressi solo che interpelato, in qual caso non pottevo ameno di non esponere la verità. Le supplico donque ad accettare con quella generosità, ch’è loro propria, questi miei sensi, e da quelli riconoscere in me intentione sempre diretta a servire VV. SS. S.me. Stimerò gradite quest’espressioni quando mi vedrò a’ loro cenni impiegato, nè volendo che la proffessata mia servitù resti interotta in tempo di mia absenza, lascio per mio Vice Console Gio. Filippo Reijnegom, che dover’assistere osservantissimo de’ Co-mandamenti di VV. SS. S.me, alle quali faccio devotissima riverenza. « Genova li 21 Agosto 1671. « Humiliss.mo et Devotiss.o Servitore « Federico Van Ewyck Console per gli alti e potentiss.mi Ss.ri Stati generali ». (Marittimarum, n. g. 1670). Questo fatto della nave di Rotterdam è così ricordato dal Casoni : Un’altra fiamma eccitò « l’animosità e presunzione di un Generale Olandese, perocché reggendo egli quei Vascelli e navigando sbpra 1Ά1-mirante di Roterdam, entrato nel Porto con due altri di conserva salutò la Città con sette tiri di artiglieria, ed essendogli risposto con cinque, risalutolla con tre, allegando che il primo saluto era stato fatto ad un congiunto del Rè di Danimarca, che quivi di passaggio ritrovavasi ; il che, sembrato al Governo alla dignità sua pregiudiziale, impose al Sargente Generale, che ove in quel dì non avesse l’Olandese diretta-mente salutato, fosse col cannone, siccome avvenne, battuto, rimanendone la nave non leggermente maltrattata, colla perdita forse di quin- — 202 — dici persone fra morte e ferite; e nondimeno uscì egli senza punto più salutare dal Porto, e ritrassesi in alto mare » (Filippo Casoni, Annali della Repubblica di Genova del secolo decimosettimo, tomo VI, in Genova 1800, nella Stamperia Casamara; pp. 132-133). NOTA N. 45. Ecco la supplica dell’Ottone circa l’aumento ed il modo di pagamento del suo stipendio. Essa fu spedita insieme con una lettera in data del 15 dicembre 1670, e deve pertanto riferirsi a questa medesima data. « Sereniss.mi Signori « Si sono avvicinate le Feste del Santiss.mo Natale, et io mi trovo senza danari ; poi che ho speso non solo quelli che da VV. SS. S.me mi furno dati, ma anchora quanto di mia Casa havevo portato. « Scrissi al Sig. Antonio Gazale mio cugniato, che dovesse suplicare VV. SS. S.me per il mio honorario, e farmelo pervenire quanto prima ; ma per non haver havuto risposta dubito, che si sia smarita la letera ; onde io son forsato con la presente comparir a’ piedi di VV. SS. S.me per adimandarle due gractie. « La prima è, che la benignità di VV. SS. S.me si degnino di accre-sermi qualche cosa al mio honorario, stante le spese eccesive, che for-satamente mi conviene fare, come da una mia scritta al detto mio cugniato, a parte VV. SS. S.me intenderanno; tralasiando di dargliene notictia con questa suplica; poi che di si fatte minuctie stimerei offendere cotesto Ill.mo Trono. Non mancherò di ramentare a VV. SS. S.me che quando si compiacquero elegermi per qui stimorno, che oltre il mio stipendio dovessi godere cinquecento pesse da otto reali di franchigia, che già godeva l’agente Bernardi ; ma queste franchigie hoggidì sono state levate, et a pena una pocha parte ne lasiano godere alli Regij Ambasiatori, da’ quali ho sentito io più volte querele; onde è, che non solo mi vedo manchare quel introito, che speravo di godere, et accrescermi quella spesa, che non ho mai stimato di fare, son necessitato a far la sudetta instanza. « La seconda gractia, che adimando è, che sicome nella mia electione VV. SS. S.me decretorno di darmi l’honorario di tre in tre mesi, — 203 — 1ε suplico a darmelo di sei in sei, stante la lontananza del Paese, che apena mi permette haver risposta delle letere in due mesi, e non trovandomi di presente commodità di mantenere la carrica senza quel, che da VV. SS. S.me mi è stato deliberato; ogni poco che dalla mia casa si tardino a farmi le rimesse, ne sento molto incommodo convenendomi pigliar il danaro ad interesse. « Questo è di quanto mi occore suplicare VV. SS. S.me, dalla Pietà delle quali spelando ottenere si giuste domande farò fine con pregharle ogni Prosperità, e ricordarmi « D· VV. SS. S.me « Humiliss.mo Dev.mo et Obl.mo Servitore « Carlo Ottone Suplicante ». (Manca la data) A tergo del foglio sta scritto di altra mano: « A 1671, 30 marzo. « Letta a S.mi Coll., li quali a palle hanno accresciuto il soldo del Proconsole a mille ducento pessi annui ciò è pessi cento da otto reali osni mese cominciando dal giorno da che ha havuto principio il pagamento del suo st-pendio, et hanno insieme ordinato che il pagamento si debba fare dalla Camera Ecc.ma di sei in sei mesi, e che di quanto sopra si dia aviso al Proconsole ». NOTA N. 46. Il fatto del Coventry è da altri così narrato: « Le Roi entretenoit publiquement des actrices, outre ses autres Maitresses. Un jour que l’on avoit proposé au Parlement une taxe sur les spectacles, les partisans de la Cour s’y étant opposés, sous pretexte que les Comédiens etoient au Service du Roi, et servoient à ses plaisirs le chevalier Coventry demanda, en plaisantant, si c’etoient les acteurs ou les actrices. On sait que Charles, blessè de ce trait offensant, se vengea d’une manière indigne de sa dignitè. Des gardes attaquerent Coventry, le désarmerent malgré son courage. et lui couperent le nez jusqu à los. Les Communes en temoignerent leur indignation par un - 204 - acte qui déclaroit les agresseurs incapables du pardon de la Couronne ». (jHistoire universelle, d’après l’anglois par une Société de gens de lettres; tome quarante-cinquième, a Paris MDCCXCII; p. 44°)· L’Ottone accenna ad una voce, che attribuiva l’assalto fatto contro il Coventry ad un ordine, non del re, ma del duca di Monmouth, figlio illegittimo di Carlo II. NOTA N. 47· Su questo particolare dei due soldati imprigionati per il fatto del Coventry, anche il Della Rovere informava come segue il Governo genovese, con lettera da Parigi del 23 gennaio 1671. « Di Londra si sente con lettere de Mons. Colbert Ambasciatore del Christianissimo, che il Duca de Mommout fusse stato costretto a rimettere nelle forze della Giustitia due soldati, che haveva tirato di priggione, pretesi rei dell’affronto fatto ad un Parlamentario, a caosa di che era seguita qualche sollevatione della Camera bassa » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 48. La copia dell’ordine mandato dal re d’Inghilterra al duca di York suo fratello, circa i saluti delle navi inglesi verso la città di Genova, copia che l’Ottone afferma di avere tradotta ed inviata al Governo della Repubblica, non trovasi fra le lettere di esso proconsole. Trovasi invece nella filza Marittimarum n. g. 1670 la copia di detto ordine nel l’originale inglese, quella stessa cioè trasmessa all’Ottone dalla Segreteria di Stato, e da lui poi spedita al Governo genovese insieme con la risnosta di S. M. Britannica di cui leggesi la traduzione a pag. 63. Eccone il testo: « Charles R. < Most deare Brother, Wee Greet you well. Whereas thè Consull of thè Republic of Genova has presented a memoriali to us concer- 205 - ning thè salutes expected from thè captains of our ships to thè Citty of Genova, to which wee comtwanded this answer to be made : That Wee would give orders to thè captains of our men of wave to pay all such salutes to thè Citty of Genova or any fortresses of that Repu-blic as have been from time to time customarily paid essuring ourselfe at thè sametime ; and depending upon thè honour of thè Republic for it that thè s.d Citty will on their parts pay towards us thè same respects in all points that they doe from time to time pay to thè ships of War of thè serene kings of France et Spaine. Wee are pleased in pursuance hereof to signify our pieasure to you and accordingly our will et plea-sure is that you give orders to thè captains of our men of war to pay all such salutes to thè Citty of Genova or any fortresses of that Republic as have been from time custom asily paid. For which this shall bee q. Warr.t. Given at Our Court at Whitehall thè ió.th of Jan.rij 1670-71., « By his Ma.ties Comand « Arlington ». NOTA N. 49. Circa la fiducia che ancora gli Olandesi, nonostante fondati sospetti e timori, nutrivano sulla fedeltà di Carlo II alla Triplice Alleanza, il Della Rovere scriveva da Parigi in data del 16 gennaio 1671. « S’intende dall’Haia che Mons. Van Beuning havesse fatto il raporto al Colleggio de’ Stati Generali di tutto l’operato da esso in 1 onora in essecutione delle commessioni stategli date; et haveva testimoniato una intiera sicurezza, che il Rè della G. Bretagna fusse risolto di mantenere fermo il vigore della Triplice Lega, aggiongendo che li buoni ufficij del Principe d’Orange havevano molto contribuito a stabilire la M. Britannica in tale risolutione; al quale perciò ne dava le dovute lodi. Di modo che sudetti Stati mostravano grandissima allegrezza per vedere l’Inghilterra impegnata nella conservatione del bene, e tranquillità publica » (.Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). — 206 — NOTA N. 50. La lettera del Governo genovese all’Ottone, riguardante l’accordo della Repubblica col Duca di Savoia su una questione di confini insorta fra i luoghi di Triora e Briga, è la seguente, che estraggo dai registri contenenti la corrispondenza dello stesso Governo. « Duce e Procuratori « Al Proconsole di Londra. « Mag.co nostro Proconsole. Per l’accomodamento di certe controversie, che in materia de’ confini vertivano tra gli huomini di Triora sudditi nostri e quelli della Briga sudditi del S.r Duca di Savoia, piacque alla M. X.ma d’inviare qua il S.r Abbate Servient suo Gentilhuomo, e per il di lui mezzo offerire la sua reai mediazione, et essendo stata da noi accettata si· condusse in appresso detto S.r Abbate in Riviera per havere qualche informazione dello stato, e qualità di dette controversie, il che seguì nel mese di Marzo dell’anno prossimamente passato. Ritornò poi qua il detto S. Abbate per caosa delle medesime controversie nel mese di Ottobre passato, e fu da noi alloggiato, e spesato a spese publiche, come pure seguì l’altra volta. Ci fecce la sua esposizione et alcune richieste tendenti a componere i sudetti affari amichevolmente. In appresso si ricondusse in Riviera assistito dal M.o Bendinelli Saoli nostro Cancellario con l’avvocato che havea a diffendere le ragioni de’ Trioresi. Gionto a Triora fecce la visita Territorij, sentì le ragioni delli paesi, essendosi anche perciò portato alla Briga un ministro del S. Duca di Savoia con li avvocati de’ Bri-gasedi. Sentite le informazioni introdusse il detto S. Abbate nego-siato d’aggiustamento, come essendo ancora in Genova haveva significato d’haver intensione di fare, ne fecce alcuni progetti, li quali non furno da noi accettati perchè li giudicammo svantaggiosi a’ Tnoresi; Ma perchè ci parve ragionevole di corrispondere alle dimostrazioni fatte da S. M. con haver inviato il detto S. Abbate, suo particolar ministro, all’effetto sudetto, e perchè ancora supposimo ch’esso S. Abbate quando havesse a giudicare il merito per giustizia haverebbe migliorato la condizione de’ Trioresi da quello, che haveva progettato come mediatore, risolsimo che la Comunità di Triora facesse rimessione in detto S. Abbate, perchè dovesse decidere le dette controversie secondo che ·# - 207 — havesse giudicato per giustizia. Così la Comunità eseguì e l’istesso fecce quella della Briga. Assai presto il S. Abbate ha fatto la sua sentenza per la quale in sostanza ha decìso secondo che havea progettato 1 ultima volta per amicabile composizione, del che non vi trasmettiamo distinta notizia, perchè a nulla può servire. Le due comunità hanno accettato la detta sentenza, e perchè il detto S. Abbate ha lamentato che le dette remissioni et accettazioni siano avvalorate con la ratificazione dei due principi respettivamente, noi, se bene non siamo rimasti con sodisfazione della decisione sudetta, l’habbiamo ratificata per parte de’ Trioresi, e l’istesso doverà haver fatto il S. Duca di Savoia per i Brigasedii, et il detto S. Abbate, il quale si porterà a Pinaro- lo per aspettar ivi le scritture dell’una e dell’altra parte, doverà transmettercene copia autentica. « Habbiamo voluto che il tutto sia a notizia vostra, non perchè dobbiate tenerne discorso con persona alcuna, anzi che ve ne astenirete, e quando pure ne foste interpellato vi regolarete in maniera che non mostriate buona ne mala sodisfazione pel giudicato del detto S. Abbate, ma scansando al possibile di trattarne ne parlarete indifferentemente. « Genova 2 Genaro 1671. « V.o dall’Ecc.mo Gio. Giacomo Munza ». (Litterarum 145, n. g. 1921). Le parole qui stampate in corsivo furono trasmesse in cifra. Questo affare dei confini fra le Comunità di Triora e Briga, che a principio aveva preso un aspetto bellicoso per l’invio, sui luoghi contestati, di milizie da parte della Repubblica genovese e del Duca di Savoia, dai quali dipendevano rispettivamente quelle Comunità, e che venne poi composto mediante l'intervento di Luigi XIV, diede luogo ad una corrispondenza copiosissima del Governo di Genova tanto con i suoi ufficiali interni quanto con i suoi rappresentanti accreditati presso le Corti estere. I registri Litterarum e le varie filze di documenti dell’Archivio di Stato in Genova spettanti all’anno 1670, come le buste delle relazioni dei ministri genovesi a Parigi, Madrid, Milano ecc., conservate nel medesimo Archivio, sono così abbondanti di scritture intorno ad essa questione, che sarebbe appena sufficiente un volume dei presenti Atti della Società Ligure di Storia Patria per pubblicarle tutte. Oltre la questione in sè stessa, fu argomento di lunghe e frequenti — 208 — relazioni, istruzioni, trattative l’atteggiamento rispetto ad essa della Francia e della Spagna, fra le quali nazioni Genova trovavasi allora pur troppo costretta a destreggiarsi, e la gelosia della decadente potenza spagnuola verso la prepotente invadenza francese. Le lettere seguenti, che ho scelto fra le tante, bastano, se mal non m’appongo, per seguire sommariamente lo svolgimento di detta questione ; la quale, oltre che un notevole episodio della storia genovese di quel tempo, fu il prodromo della guerra scoppiata l’anno appresso fra la Repubblica e il Duca di Savoia Carlo Emanuele II. « A Gio. B.a Fiesco in Milano (rappresentante genovese presso il Governatore spagnolo). « Duce e Procuratori « Illustre nostro Gentilhuomo. « Gli huomini della Briga sudditi del Sig.r Duca di Savoia risvegliarono gli anni prossimamente passati alcune differenze conti o de Trioresi nostri sudditi, pretendendo che il Cuneo o sia Territorio chiamato d’Abeto resti situato in Tanarello da Tramontana, e che il Cuneo o sia Territorio di Ceriana sia situato in quella parte che i Trioresi chiamano Cavanna Secca, e che detti due Cunei vengano usurpati, e goduti per proprij da’ Trioresi; ma che siano communi agli huomini di dette due Communità come rimasti tali et indivisi, quando ne secoli trascorsi fu fatta divisione di detti Territorij. Pretesero ancora che li Trioresi havessero ecceduto i limiti prescritti nella detta divisione in quella parte che da’ Brisaschi si chiama Serra di Vesignana, con essersi innoltrati più del proprio, et haver usurpata una portione asse gnata a’ Brigaschi, domandando di essere reintegrati nella proprie tà di detta portione. « Queste insusistenti pretensioni de’ Brigaschi furono cagione di molti disturbi, poiché seguirono represaglie e cature di bestiami grossi e minuti dall’una e dall’altra parte, e poco vi mancò, che non si venisse alle mani e seguisse qualche maggior dissordine. Ma frapostosi Monsignor Vescovo di Ventimiglia Diocesano di essi luoghi agli inviti, che gli ne furon fatti da’ ministri del detto Sig. Duca, si quietorno per all’hora gli animi delle parti, e si accordò la restituzione de’ bestiami rapresagliati quale in appresso seguì. L· rispetto al punto d^lle differenze sudette fu assonto dalle parti detto Monsig.r Vescovo acciò che sentisse le loro ragioni, vedesse le scritture, riconoscesse li Tei ri- — 209 — torij, e poi dissingannasse quella di esse parti, che indebitamente pretendesse o resistesse. « Si trattò lungamente de’ sudetti affari nanti detto Monsig.r Vescovo, il quale con grave fatica et incommodo andò ne’ medemi luoghi controversi da’ Brigaschi, assistito dal nostro Commissario de’ Confini il M.co Marco de Franchi, dagli avvocati e da’ Deputati de’ Trioresi, e parimente dall’auditore Roggieri, dal Patrimoniale Curtis, dall avvocato Bojeri et altri Deputati per parte de’ Brigaschi, e di consenso delle dette Còmmunità fu formata mappa e delineazione di tutti quei I erritorij, che fu sottoscritta dagli architetti stati eletti dalle parti , e doppo di molti e molti congressi e contradittorij tra gli avocati de Prioiesi e Brigaschi con assistenza de’ loro Deputati, ne’ quali furono essaminate le pretensioni proposte con la discussione delle ragioni e delle scritture delle parti, finalmente detto Monsig.r Vescovo si dichiarò con gli avvocati e Deputati de’ Brigaschi, che senza attender il possesso immemorabile allegato da’ Trioresi, nè meno le ragioni legali e le dottrine sopra di ciò apportate da’ suoi Avvocati, ma insistendo ìielli laudi e documenti publici pervenutigli da’ Brigaschi, e nella mappa formata da’ medesimi senza aver riguardo alla formata nuovamente dagli architetti, circa qualche errori da essi Brigaschi supposti ; e combinando et addattando le cose suddette a’ siti controversi da lui oculatamente veduti, non poteva in modo alcuno verificarsi 1 identità de’ siti da loro pretesi, e che dalle ragioni a loro favore addotte altro non riccavava che inverisimilitudini, implicanze e contradittioni, e che i suoi sensi erano che la Còmmunità della Briga non havesse alcun fondamento di ragione, e che perciò non sapeva nè poteva ritrovare alcun ripiego nè mezzo termine d’aggiustamento. « Seguì la suddetta dichiarazione di Monsig.r Vescovo sino del mese d Agosto 1668, et havendo noi pressentito che i Brigaschi non si acquietavano al parere di detto Monsig.r Vescovo, e che pensavano di fare qualche atti pregiudiciali alle ragioni de’ Trioresi ordinammo, che il Podestà di Triora facesse intendere a’ quei nostri sudditi, che dovessero continuar il possesso de’ loro Territorij, e non dissimulassero che da’ Brigaschi venisse loro fatto alcun pregiudicio, anzi, che dovessero in ogni modo diffendere la publica giurisditione facendo alle occasioni capitale dell’assistenza e consiglio dello Illustre nostro Commissario di S. Remo, al quale si scrisse nella suddetta conformità. E si replicor-no poi gl’ordini medemi in ocasione, che si hebbe notitia dell’arrivo a’ quei confini di qualche gente del detto Sig.r Duca per assistere a’ >4 — 210 — suoi sudditi nell’innovazione che intenderano fare ne suddetti Terri-torij ; essendo però trascorsi molti mesi senza essersi sentita nuovità di consideratione, si eramo dati ad’intendere, che riconosciuta da’ Brigaschi l’insusistenza delle loro pretensioni si fossero acquietati, e che perciò dovessero i nostri sudditi pacificamente continuar il possesso de’ suddetti loro Territorij, e goderli senza disturbo alcuno. « Ma siamo stati avvisati dal nostro Podestà di Triora, con lettera de io ottobre prossimamente passato, che essendosi portato in Ger-bonte un uditore del Sie. Duca di Savoia accompagnato da molte persone, siano poi da’ Brigaschi il giorno seguente stati tagliati in quel luogo molti alberi. Che Fabiano Sacco nostro suddito, quale haveva raccolto qualche poche noci e mele in una sua terra posta in Verdeggia sia stato astretto ad’andar a prender licenza in scritto (come è seguito) per l’estrazzione di essi, et a sottoscriver o sia segnar una scrittura, che da’ quei ufficiali era stata estesa. E che essendo andato il nostro stipendiato Cavassa di compagnia di Lorenzo Donzella a ric-conoscere se a’ confini si era fatta o si facesse qualche innovazione, erano stati ambidue arrestati e condotti prigione nel castello di Tenda a titolo di esser stati trovati nel Tinaggio della Briga armati d’archibugio o focile, e che il detto servo sia tuttavia trattenuto in carcere, ma che il Cavassa tentando la fuga con scalare il Castello sia precipitato nel fosso, dove sia stato ritrovato morto ; si come siamo stati in appresso avvisati dal detto nostro Podestà, che sia stato dato il fuoco nel bosco di Gerbonte con esser però seguito poco danno. « Queste innovazioni e questi atti ci hanno obligato a far elezione di Commissario Generale de’ Confini, il quale con la guardia e scorta di qualche soldati corsi si è portato in Riviera all’essercitio della carica, per dovere processar coloro, che hanno tagliato e dato fuoco in Gerbonte, e che hanno obligato il Fabiano Sacco a prender licenza per l’estrazzione de’ frutti, che ha raccolto nel nostro Territorio, et anche per dover prendere sicura informazione, di come sia seguito il caso della morte del Cap.r Cavassa, e se esso Cavassa et il Donzella siano stati arrestati nello Stato del detto Sig.r Duca o pure in quello della nostra Republica, e quando sia seguita la catura di essi nel nostro Stato, processare coloro, che l’hanno presi et abdotti, e così con questi et altri atti simili propulsare quelli che da’ sudditi e ministri del detto Sig.r Duca possano esser stati fatti in pregiudicio della giurisdizione e sudditi nostri, et andar al riparo di tutti quelli, che potessero \ - 211 - tentarsi m appresso, con diffender il nostro Territorio in ogni maniera, e non dissimulare che ci venga in esso cagionato alcun pregiu-(^c,°...... Genova li 6 Decembre 1669 ». Il contenuto di questa lettera venne anche trasmesso al Residente Pallavicino a Madrid. « A Gio. B.a Fiesco in Milano « Duce e Procuratori. « Illustre nostro Gentilhuomo. Partì, conforme vi si avvisò in data de 6 corrente, il nostro Commissario Generale de’ Confini ad’esser-citai la sua carica in Triora; e del numero dei cento soldati, che gli si assegnarono per sua guardia ne lasciò, ad effetto di render la sua comparsa men strepitosa, cinquanta nei luoghi di San Remo e di Taggia, per non doverli chiamare se non in caso, che vi conoscesse il preciso bisogno. Ritrovò quei nostri sudditi sbigottiti dalle minaccie di quei di Savoia confinanti al nostro Stato, e si accinse all’essequtione delle sue commissioni, nel riconoscere gli attentati stati fatti da’ ministri e sudditi di quel Duca a pregiudicio del nostro Territorio e sudditi, processando coloro che havevano turbata la publica giur.ne. Sentitosi in Turino l’arrivo colà del detto nostro Commissario rapportato forse in termini molto diversi da un uditore del detto Sig.r Duca, che si trattenne in quelle parti, di pensieri, per quanto ci vien ri ferto assai torbidi; intendiamo che siano stati inviati al luogo di Tenda trecento e più soldati sotto la condotta del Conte Sales Governatore di Villafranca e d’altri ufficiali, e che altri fossero in marchia, e si stassero attendendo nel medemo luogo; e che il Conte Santos ufficiale del detto Sig.r Duca di compagnia dell’uditore suddetto si fosse portato col seguito di cento cinquanta huomini armati alla Colombara di Domenico Lantieri posta a’ confini, dove seguì la catura del nostro stip.ro Cavassa e di Lorenzo Donzella suo compagno, et havesse condotto seco lo stesso Donzella, et interrogatolo del luogo preciso ove fu caturato, indi si partisse senza esser succeduto altro, fuorché l’abbruggiamento di qualche cespugli, a cagione, per quanto ci ha detto il nostro Commissario accennato, di ripararsi quei huomini dal rigore del freddo, e non già con intenzione di dannificar il Territorio; e che era anche stato praticato il medesimo da alcuni de’ nostri, che havevano seguitato detto nostro Commissario, il quale all’avviso, che detto Conte Santos si era con gente armata accostato al nostro Stato, si era anch’egli mosso per — 212 — vedere quali fossero i suoi pensieri, e riparar bisognando a pregiudicij, che potessero attentarsi contro la nostra giurisditione. Quanto sopra è ciò che in sostanza è succeduto sino al’hora presente di considerabile in questi affari, che abbiamo voluto sij a vostra notifica, ordinandovi, che lo partecipiate a cotesto Sig.r Marchese Governatore, e prendiate nell’istessa congiontura ocasione d’intender da esso, che cosa habbia pattuito col Ressidente di Savoia, e le risposte che ne ha havute per dovercene poi dare distinto avviso. « Genova li 23 Decembre 1669 ». « A Gio. B.a Fiesco in Milano « Duce e Procuratori. « Illustre nostro Gentilhuomo. Doppo lo scrittovi nella pratica degli emergenti a’ confini del nostro Stato con nostra de 23 corrente, che riceverete alligata, ci son gionte intorno agli stessi affari le seguenti notizie. Che la gente di Savoia arrivata di fresco parte alla Briga, e parte in Tenda sarà al numero di circa quatrocento, che ducento di quegli si fossero partiti a’ 22 corrente con l’Auditor Pasta alla volta del luogo di Savorsi, ad’effetto di dar luogo ad altri trecento cinquanta che si aspettavano il giorno seguente dal luogo di Limone, ove 1 antecedente notte erano alloggiati. Che in Tenda si ritrovino diversi ufficiali, e nel castello si ritrovino molti barili di polvere e quantità di micchio e trecento cinquanta moschetti, per uso, per quanto si diceva, delli suddetti trecento cinquanta soldati, che si aspettavano come sopra, e che per provisione di detta gente sij stato trasportato formento in molta quantità da Nizza; che il giorno 18 corrente il Conte Santus si conducesse in Verdeggia con suddetti ufficiali, e parte di detta gente havendo distribuita l’altra poco lontano in quei monti, e che ivi interrogasse il Donzella del luogo proprio, dove fu preso di compagnia del Cap. Ca-vassa, e che rispondesse detto Donzella esser ciò seguito presso il Cantone della Colombara del Barbiere Lantieri; e che finalmente sij nel tempo istesso entrato con bandiere e tamburo battente in Pigna una compagnia de’ soldati del luogo di Savorsi in numero di centoventi circa. « Tutte le novità sopra espresse ci hanno obligato ad inviar in Riviera, come è seguito, con una delle nostre Galee ducento soldati acciò sijno colà pronti per serviggio publico, il che serva di continuazione delle notizie sin hora a voi trasmesse in questa pratica. « Genova 25 Decembre 1669. - 213 - « Doppo la partenza della Galea suddetta ci sovragionsero avvisi, ck nel luogo della Pieve siano comparsi a’ 22 corrente due Piemontesi spediti, per quanto si è inteso, dal Duca di Savoia alle marine nella nostra Riviera con contante di doppie settemila, et ordine d’impiegarlo in compra di grano per uso del Piemonte : e che in Alba siano arrivate due compagnie de' soldati destinate per Ormea luogo cinque miglia lontano dalla Pieve, come ancora, che dalla detta Città d’Alba siano state spedite per la Briga e Tenda quantità di munizioni da guerra sopra cinquanta muli con cinque compagnie de’ soldati per gli affari de’ Confini. Che in Sospcllo fosse pronto il Colonello Alberti con settecento in ottocento soldati, per osservare tutto e quanto gli sarà comandato e per incamminarsi con la sua gente dove sarà chiamato. E che onninamente si doveano piantare, se non erano già stati piantati, due filoni nel Territorio controverso, con espressi commandamenti che ogni qualvolta da Trioresi 0 altri per loro fossero tolti via, subito si debba venir alle rotture; e che per ben munir e provedere la soldatesca che si ntruova al presente in Tenda e Briga sino al numero di cinquecento, e per quella doveva gionger in appresso siano stace mandate da Turino trenta salmate di munizioni et altre 18 simili da Villafranca, che tutto Gabbiamo parimente voluto sia a vostra notitia ». « A Gio: B.a Fiesco in Milano « Duce e Procuratori etc. « Illustre nostro Gentilhuomo. Essendosi pressentito, che il S.r Duca di Savoia potesse aver dato notifica al Rè Christianissimo degli emergenti seguiti, e che andavano seguendo a’ confini per ocasione delle differenze vertenti tra Trioresi e Brigaschi, con portar il fatto a suo vantaggio; noi per ischivare ogni sinistra impressione, che avessero potuto far le sudette notizie, ordinammo al nostro Gentilhuomo Gio. B.a dalla Rovere sotto li 2 del passato mese di Genaro. di dover portar immediatamente a S. M., con le suddette espressioni, la notitia de suddetti emergenti, con tenerne discorso prima, come è consueto, col S.r di Lionne, e rappresentarle in sostanza gli attentati de' Ministri e de sudditi di Savoia in pregiudicio de’ nostri e della nostra Giur.ner la spedizione fatta di qua di Commissario per ricconoscerli, propulsarli, e processar coloro che gli avessero commessi, la mossa delle genti fatta per parte del Duca con armi e munizioni, e la soldatesca in picciol numero inviata poi di qua in Riviera per assister a tutto ciò, che richiedesse la publica indennità. — 214 « Il detto nostro Gentilhuomo ci scrisse con sua de 16 del medemo mese, che essendo stato per altro negotio dal S.r de Lionne, gli era dal medesimo stato parlato delle differenze e disturbi, che seguivano a’ confini col detto Duca, e che il Rè averebbe volontieri interposta la sua mediazione per acquietarle ; e che egli haveva risposto in termini e con parole generali. Essendo poi pervenuta al detto nostro Gentilhuomo la nostra de i 2 ci scrisse con sua de’ 17 di essersi di nuovo portato al detto Sig.r de Lionne, e doppo di avergli dato parte degli emergenti suddetti, avergli esso risposto, come il Rè averebbe pregato l’una parte e l’altra a ritirar le Armi, perchè poi si sarebbe maneggiato qualche accomodamento; onde essendo in appresso andato dal Rè, doppo della narratione fattagli delle cose seguite, S. M. gli haveva risposto di sentirle con disgusto, e che non sapeva come meglio testimoniar il suo affetto, che con pregar anche le parti a ritirar le armi, per poter poi interporre la sua mediazione. E con altra lettera de’ 22 del medesimo mese ci scrisse di haver avuta notifica, che l’Am-basciatore di Savoia si era lasciato intendere, come avendo avuto da Turino con corriere espresso alcune Commissioni, et essendosi portato all’udienza di S. M. il giorno 10 di detto mese, si era la Maestà Sua dichiarata seco di non volere, che la caosa si termini cori l’armi, ma col solo mezzo della sua mediatione, et essergli stato significato il medesimo da’ Reglj Ministri. Noi avute queste notizie, et essaminata la pratica habbiamo stimato conveniente Faccettare, si come è seguito, la mediatione offerta da S. M., et habbiamo dati gli ordini opportuni al detto nostro Gentilhuomo, acciochè sia a renderle le gratie dovute. « F. parimente abbiamo decretato di dar a voi succinto avviso d ogni cosa, affinchè dobbiate portarvi a cotesto S.r Governatore, e dargline parte in nostro nome in testimonio della divotione, che proffessiamo alla Maestà Cattolica, e della stima, che facciamo de’ suoi Regij ministri, et acciò che esso S.r Governatore resti pienamente e sinceramente informato d’ogni cosa. E vi serva in oltre d’avviso, che quando, come sopra si è detto, si scrisse al Genthiluomo della Rovere del tenore contenuto nella lettera de’ 2 del caduto, si scrisse parimente del tenore medesimo al Genthiluomo Pallavicino nella Corte di Spagna, acciò che dovesse portarne la notizia alla Maestà della Regina. « Attenderemo relazione di ciò che averete operato, et intanto preghiamo il S.r Iddio vi guardi. « Genova li 12 febr.o 1670 ». - 215 - « A Gio. B.a Fiesco in Milano « Duce Governatori e Procuratori. < Illustre nostro Gentilhuomo. La risposta che con la vostra de 19 corrente ci scrivete di havervi dato cotesto S.r Marchese Governatore quando di ordine nostro gli havete data parte della mediatione offerta dal Rè X.mo per 'aggiustamento delle differenze de’ confini fra le communita di I riora e Briga principalmente in quella parte che dimostra il sentimento di detto S.r Marchese per essersi qui accettata la suddetta offerta sopra il supposto che si sia mostrata confidenza maggiore nel Rè di Francia, che nè Minisri di S. M .Cattolica e massimamente nella persona di esso S.r Marchese, mentre havendovi significato quanto le venia partecipato d’ordine del sig.r Duca di Savoia, sarebbe anche con esso S.r Duca passato più oltre quando per parte nostra £li ne fosse stata fatta qualche apertura, ci ha obligati a riandare tutto ciò che è seguito in questo affare, gli ordini che vi habbiam dato, e le risposte che da noi si sono ricevute, et habbiamo ritrovato. « Che alla notitia che ricevemmo con vostra del primo di Decembre prossimamente passato di quanto detto S.r Marchese vi significò di essergli stato detto dal residente del detto S.r Duca, noi vi partecipammo a’ 6 del medesimo tutta la serie de’ successi a’ confini de’ detti luoghi, con ordine di portarvi a detto S.r Marchese e rimostrarli la necessita che ci costrinse alle deliberationi in essa nostra acennatevi, con soggiongerli che salvo a’ nostri sudditi l’antichissimo possesso de’ territorij hor controversi da’ Brigaschi non si riparava in che si lasciasse sospesa, 0 si conoscesse per i termini di raggione la giustitia di detta causa. « Che voi ci rispondeste sotto li n detto d’haver partecipato ogni cosa al detto S.r Marchese Governatore con havergli anche dato copia della relatione de’ suddetti successi, quale gli pareva assai diversa da quella gli era stata fatta, e che haverebbe fatto ricercare il detto residente di Savoia per trattargli del suddetto affare, e con altra de’ 22 ci soggiongeste che il detto residente si ritrovava a Torino, e che il S.r Marchese Governatore vi haveva domandato se sapevate alcuna novità, che per li avisi esso teneva non parevano le cose del tutto quiete, che però haveva fatto la sua parte. « Sotto li 23 del medesimo mese vi furon da noi soggionte le notitie de’ successi a quei confini, con ordine di parteciparli al detto — 216 — S.r Marchese Governatore e prendere nella istessa occasione motivo d’intender da esso che cosa havesse fatto col detto residente, e le risposte che ne havesse ricavato. « Vi si continuorno poi le medesime notitie con altre nostre lettere de 25 e 30 del medesimo mese, et in risposta vi si ordinò di dover interpellare detto S.r Marchese Governatore per tuttociò che potesse esser occorso in detta pratica e dello stato in cui fosse rimasta col detto residente, come anco di dover destramente disponere esso S.r Marchese a proseguire il trattato et avisarci distintamente d’ogni cosa. « Ricevemmo poi vostra lettera in data del primo Genaro, e così prima di che vi giongesse detta nostra de 30. In cui fra le altre cose ci diceste che havendo data parte di quanto vi havevamo scritto circa sudetti affari, al detto S.r Marchese, vi era da lui stato domandato se da noi havevate commissione alcuna, poiché si sarebbe adoperato, se da noi così fosse giudicato bene prima che le cose augumentassero maggiormente, et in risposta di detta lettera vi si mandò sotto li 8 Genaro il duplicato della sudetta de 30 confermandovi gli ordini dativi in essa nostra. « Alli 12 di detto mese ci avisaste la ricevuta di dette due nostre lettere de’ 30 dicembre e de’ 8 genaro, e ci diceste che per haver ritrovato detto S.r Marchese alquanto indisposto, non vi era riuscito di potergli parlare, e con altra de’ 19 ci rifferiste che havendogli partecipato le nostre lettere, esso S.r Marchese doppo visto il tutto vi haveva risposto di non haver inteso altro, ma che dubitava non restassero ancora le cose in quella quiete che desiderarebbe. Vi participammo finalmente tutto il seguito nella Corte di Francia con nostra lettera de 12 corrente, dalla quale appare il ricorso fatto dall’Ambasciatore di Savoia per ordine havuto con corriera espresso del suo Sig.re alla M. C.ma, il discorso tenuto dal S.r de Lione col nostro Gentilh.o, le risposte date al medesimo da quella Maestà quando le diede parte degli emergenti sudetti e l’offerta di detta mediatione da noi accettata. « Hor fatta sopra tutto il successo ogni più matura riflessione ci pare di non essersi tralasciato per parte nostra cosa alcuna, non solamente per dimostrare la confidenza che habbiamo ne’ Ministri di S. tyL Cattolica, e particolarmente in quella di detto S.r Marchese Governatore per le continue prove che habbiamo del suo molto zelo et affetto verso la patria, ma ancora per disporlo a proseguire il trattato de’ sudetti affari. Onde habbiamo rissoluto di dirvi che dobbiate por- — 217 - tai vi da esso S.r Marchese Governatore, e confermandogli la nostra devotione et osservanza verso la M. Cattolica, e la stima che facciamo de suoi Regij Ministri e particolarmente di esso Sig.r Marchese, gli significhiate che veramente dagli ordini che vi habbiam dato statigli da noi communicati, ci pare che chiaramente aparisca il gradimento col quale si sarebbe da noi ricevuta la mediatione di esso S.r Marchese nell agiustamento delle acennate controversie de’ confini, mentre vi habbiamo anche ordinato di doverlo disponere ad intraprenderlo, e che se nel mentre il Sig.r Duca ha fatto ricorso al Rè Christianissimo e da quella Maestà è stata offerta la sua mediatione per comporre le sudette controversie, è parso conveniente di non mostrare alienatione da quella Corte, come si sarebbe apertamente conosciuta dal rifiutarla. Ma che riconoscendo noi sempre maggiore il zelo et affetto del detto Sig.r Governatore a i publici vantaggi, desideriamo molte occasioni per dimostrarle il nostro intiero gradimento, come per poter segnalare ìa nostra continua et inalterabile devotione et ossequio verso S. M. Cattolica. Tanto essequirete con raguaglia.ci del seguito. Il Sig.r idio vi guardi. « Genova 27 febraro ^70 « V.a dall’Ecc. Gio. Doraco Spinola ». * Al residente in Madrid Gio. Batta Pallavicino. « Duce Governatori e Procuratori. E gionto lioggi in questa città l’abbate di Serviens inviato dal Rè hristianiss.mo per procurare la mediatione di questa M. nell aggiu-tamento delle differenze de’ confini fra Triora e Briga, et acciocché r'tiri la gente stata inviata ne i luoghi delle differenze. Ve ne dia-. (Richard Lodge, The history of England from thè restoration to thè death of William III, London 1910; p. 3). ; ■ l· ■ · ■1 ‘ — 225 — Dei figli ch’essa diede al Duca di York sopravvissero Maria ed Anna, che furono poi entrambe regine della Gran Bretagna. I NOTA N. 55. Nell’originale manca la data, ma essa è sicuramente quella dei 13 e 3 aprile 1671. Infatti la duchessa di York mori il venerdì 31 marzo 1671, secondo il vecchio stile giuliano vigente allora in Inghilterra, ossia il venerdì io aprile 1671, conforme al calendario gregoriano. NOTA N. 56. Dei quattro duchi qui mentovati, e cioè Carlo Stuart duca di Richmond, Giorgio Villiers secondo duca di Buckingham, Giacomo Crofts duca di Monmouth figlio illegittimo di Carlo II, e Cristoforo Monk secondo duca di Albemarle, figlio del celebre generale Giorgio Monk primo duca di Albemarle, risulta dalle lettere successive che andarono a Dunkerque solamente il Buckingam ed il Monmouth. L’Ottone scrive poi (lett. dei 4 maggio e 24 aprile 1671) che a complimentare il re e la regina di Francia, S. M. Britannica spedì colà il milord Belis, forse Sir Riccardo Bellings, ch’essa Maestà aveva già adoperato nel 1669, insieme con lord Arundell, come agente presso Luigi XIV nei segreti negoziati che condussero l’anno dopo al trattato di Dover (Cfr. Richard Lodge, Op. cit.; p. 98). NOTA N. 57. Sopra il viaggio a Londra del ministro Della Rovere così scriveva da Berghe al Governo genovese, il 15 maggio 1671, Bernardo Saivago, segretario di esso ministro: « Partì l’Ill.mo Sig.r Gio. Batta della Rovere di qua per Inghilterra sino li otto del corrente, come VV. SS. Ser.me haveranno inteso per una sua lettera dell’istesso giorno ; et il sabbato arrivò a Douvre con assai prospera navigatione, di dove poi ha proseguito il suo viaggio a Londra. Mercordì prossimo sarà di ritorno alla Corte, permettendolo il tempo » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). ■ s — 226 — NOTA N. 58. Il ministro genovese a Parigi, Gio. Batta Della Rovere, il quale seguiva il viaggio della Corte e delle milizie francesi in quella parte delle Fiandre che Luigi XIV aveva tolta alla Spagna nel 1667 durante la guerra di devoluzione, inviava al Governo della Repubblica questi particolari intorno allo stesso viaggio. « Partij Sabbato passato da Berghe, come di là scrissi a VV. SS. Ser.me, seguendo in ciò l’essempio degli altri Ministri, per schivare le incommodità, che in appresso si sarebbero incontrate nel viaggio a caosa della marcia nell’istesso tempo della Corte e delle Truppe, e Martedì sera gionsi in questa città : dove mi è stato assignato quartiere, come a tutti gli altri Ministri. Il Rè si messe in viaggio Lunedì mattina, e Mercordì sera arrivò a Lilla dove fece hieri dimora stante la solennità, e per vedere tutta la Città in processione. Partirà questa mat tina per Audenarde a fine di visitare quella Piazza e rendersi Do menica sera a Tournay. Il suo soggiorno in questa Città pare che sia per durare 15 giorni, ne’ quali tutto il Campo debba impiegarsi a per-fettionare questa Cittadella e Fortificationi. Hoggi cominciano ad arrivare le Truppe, che si accamperanno aH’intorno della Città distribuite in grandi e piccoli quartieri secondo il ripartimento del travagli· · Passai per Lilla e visitai quella Cittadella, come pure ho fatto qui. Tutte due sono fabriche tirate dalle fondamenta, regolari, e forti ficate al possibile. La prima è in stato da restar perfectionata in questa estate, ma però da potersi difendere di presente, non mancandole più cosa alcuna di essentiale. La seconda haverebbe bisogno di maggiore tempo, ma S. M. per mezzo di dette Truppe ne anticiperà la perfectione ■ si che in breve la Spagna vedrà queste due Città in stato da non riacquistarle con l’istessa facilità, che le ha perdute.... - Tournay 1« 29 Maggio 1671 » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 59· Al ritorno dal soo breve tragitto in Inghilterra il Della Rovere così riferiva ai Serenissimi di Genova: « Arrivo in questo ponto d'Inghilterra, dove ho procurato r,«ornar- — 227 — mene con ogni prontezza per non dimorare longo tempo absente da questa Corte. Lasciai ordine al mio segretaro di continuare in mia ab-senza a VV. SS. Ser.me il raporto delle novelle correnti, e mi sono contenuto in questo viaggio secondo gli ordini prescrittimi da VV. SS. Ser.me, onde senza figura alcuna di ministero, ho veduto il Rè Regina Duca d’Iorch, e tutta la Corte. In questa regna altretanta civiltà, et humanità, quanta alteriggia e barbarie nel popolo, il quale naturai mente odia ogni natione forastiera, ma particolarmente la Francese. Il Rè, per quanto in così breve tempo ho potuto raccogliere, ha voltato tutte le sue applicationi ad accrescere la sua autorità sopra i Parla-mentarij, e con politica tale raggira tutte le machine del suo governo. Ho veduto l’armata maritima, che si predicava di cinquanta vascelli ; e questi non solo non sono pronti, ma ne meno si travaglia ad apprestarli, essendo al presente gli Inglesi persuasi, che armi di Francia non siano per innovare cosa alcuna in questi tempi.....— Berghe li 19 Maggio 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 60. Delle accoglienze fatte da Luigi XIV al duca di Monmouth e ad altri personaggi inglesi, e dell’attività politica dei francesi in quell’occasione, dà ragguaglio il Della Rovere al Governo genovese, come segue : « Il Duca di Mommout, che da Londra è passato a questa Corte riceve tutte le dimostrationi d’honore da S. M. che lo fa trattare, servire e divertire con mostre et essercitij delle sue Truppe, stante la buona amicitia, che si professano le Corone di Francia e d’Inghilterra, attesa la quale sono ancora benissimo trattati tutti i cavaglieri Inglesi, che qui si trovano: come pure si è fatto a tutti i Francesi, che si sono portati alla Corte di Londra. Mons. Colbert Ambasciatore del Chri-stianissimo appresso la M. Britannica si trova qui, com’anche Mons. Pompona Ambasciatore appresso li Stati Generali, et ambidue per le continue conferenze che tengono con Mons. di Lionne danno materia di molti discorsi : giontovi, che Mons. di Buchincan, il quale parimente d’Inghilterra si è portato a Duncherche, ha havuto udienza secreta da S. M..„ — Berghe li 22 Maggio 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 61. Questa visita del Duca di Guisa alla Corte inglese probabilmente indica che anch’egli entrava nei negoziati, che andavano continuamente intrecciandosi fra le due Corone di Francia e d’Inghilterra per preparare la guerra contro l’Olanda. Il detto duca, dopo essere caduto e rimasto per qualche tempo in disgrazia di Luigi XIV, era poi divenuto uno dei suoi confidenti ed era stato nel 1669 da lui reintegrato nella « per-mission d avoir un carreau à la messe du roi, cornine monsieur son pére l’avoit eu ». (Nouvcl abregé chronologìque de Vhistoìre de France, troisiéme partie, Paris, MDCCLXXXV; p. 787). NOTA N. 62. In una delle lettere, che seguono queste pubblicate nel presente volume, l’Ottone ritorna sul matrimonio qui accennato scrivendo : « Venerdì si celebrarono i sponsali del figlio della Duchessa di Cri-velande con una figlia di un uficiale della Corte. Il sposo ha undeci anni et è figlio naturale del Rè, et anchorchè la madre l’habbia allevato Cattolico, niente di meno la serimonia fu fatta da un vescovo Protestante. La sposa hà meno ettà e doppo la morte del padre sarà herede di cinquemila lire steriini annue oltre cinquanta mila di contanti. Il Padre della sudetta sposa quando andò a servire il Rè non haveva niente, et hora dice, che fa la restituctione al figlio quel che ha guadagniate col Padre.... — Londra, li 11 e p.o Gennaio 1672 ». (Londra, Lettere Consoli; Mazzo 1, n. g. 2628). NOTA N. 63. Fra i progetti di matrimonio del duca di York, diede luogo a trattative, che non ebbero però risultato perchè egli si riammogliò poi nel 1673 con Maria Beatrice d’Este sorella del duca di Modena Francesco II, quello colla principessa d’Inspruck, intorno al quale riporto qui — 229 — sotto quanto ebbe a scrivere in seguito l’Ottone al Governo di Genova, oltre ciò che comparisce nelle lettere pubblicate nel presente volume. * ^er il matrimonio del Duca di Iorche con la figlia dell’Archidu-chessa vi sono buone nuove di Spagna, et il Cavagliere Guasconi fiorentino (che per haver guerregiato in servictio del defonto Rè ha trovato la sua fortuna in questa Corte) tra pochi giorni, con carattere d Inviato per Sua Maestà, partirà alla volta di Viena per agiustare con quella Cesarea Maestà la dote e tutti quelli interessi, che possono apportare gualche dificultà in questo affare, e di là poi detto Cavagliere si l>orterà in Ispruch per concludere il tutto con quelle Altesse. Londra li 29 e 19 Febbraio 1672 ». « Il Cavaglier Guasconi è partito verso Viena, per tractare con quella Cesarea Maestà l’interessi dotali della figlia del Archiduchessa, che deve maritarsi con questa Reale Altessa. Londra li 7 Marzo e 26 Febbraio 1672 ». « Il Cavaglier Guasconi, che in Ispruch si ritrova per tractare il matrimonio della figlia del Archiduchessa con questa Altessa Reale, ha mandato al Milor Segretario il ritratto di quella Principessa fatto fare da un Pitore, che a questo effetto mandorno a chiamare in Venectia. Londra li 2 Maggio, e 22 Aprile 1672 (Londra, Lettere Consoli; Mazzo 1, n. g. 2628Ί. NOTA N. 64. Questo Don Francesco de Melo, di cui parlano abbondantemente le lettere dell’Ottone, e che dovette vincere, nonostante la protezione della regina Caterina, non poche difficoltà per essere ricevuto nella Corte inglese col titolo di regio ambasciatore del Portogallo, veniva da parte di Don Pedro di Braganza, che allora non era ancora re, ma soltanto reggente di quel regno. Il re era Alfonso VI, paralitico e mezzo scemo, che aveva dovuto cedere il potere e la moglie — una principessa d’Aumale figlia del duca di Nemours — al detto Don Pedro, suo fratello, che regnò poi sotto il nome di Pietro II. NOTA N. 65. La medesima notizia era trasmessa al Governo genovese dal Della Rovere con queste parole: — 230 — « Di Londra avisano, che intesasi dalla Maestà Britannica l’elettione fatta dalla Corte di Francia d’un Ambasciatore per portarsi in Svetia, havesse di subito dato l’istessa qualità al Cavagliere Henrico Conventi per andare quanto prima all’istessa Corte a Stocholm. Parigi, li 24 di Luglio 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). Enrico Coventry, che fu più tardi Segretario di Stato, era zio di Sir Giovanni Coventry, il parlamentario a cui fu tagliato il naso come racconta l'Ottone a pp. 68-69, e del quale è argomento nella nota n. 46. NOTA N. 66. A questo proposito anche il Della Rovere scriveva da Parigi in data del 2 Ottobre 1671 : « Dicesi ch’il Re d’Inghilterra havendo mandato un suo Iacqt verso la Flotta di Hollanda, per dare la prova alle sodisfattioni apportategli daH’Ambasciatore Boreel per parte de’ Stati Generali, ogni vascello di quella gli havesse fatto tutti gli honori, ch’il Capitano del Iacqt haveva desiderato ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 67. Sugli argomenti trattati dall’Ottone in questa lettera, il Della Rovere mandava, come al solito, le sue informazioni scrivendo: « L’Ambasciatore di Portogallo non haveva potuto fare la sua entrata, perchè il giorno accordato non era stato possibile trovare il Regio Mastro di cerimonie. Il Rè era di partenza per la campagna, et haveva rimesso alli 30 d’ottobre 1672 l’assemblea del Parlamento, che comunemente si credeva doversi radunare in questo anno. Detta S. M. haveva rivocato il contratto della vendita delle sue rendite sopra le Dogane fatto con Milord S. Iohan, havendolo trovato troppo pregiu-diciale al suo Regio interesse, et in appresso haveva nominato il Cavagliere Guglielmo Thompson e li SS.ri Garroway, Millington et Upson per Commissarij da regolare e far essigere suddette Dogane, con pensione di lire due milla sterline. Dalle coste di Scozia si sentiva esservi pericolati da 100 vascelli, e di 160 vele, ch’erano andate a Nieucastel non n’era ancora rivenuta alcuna. S. M. haveva detto di voler haver — 231 — pronta una poderosa flotta per la ventura Primavera. Parigi li 16 ottobre 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g .2193). NOTA N. 68. Riguardo a Giorgio Downing, destinato da Carlo II ambasciatore in Olanda, il Della Rovere partecipava da Parigi al Governo di Genova, in data del 16 ottobre 1671 : « In luogho di Milord Hollis, che resta sempre tormentato dalla podagra, era stato nominato il Cavagliere Douning, altretanto indifferente alli interessi delli Hollandesi quanto n’era partiale il Cavagliere Tempie, il quale perciò è stato richiamato d’appresso li Stati Generali, e si stima ch'in breve dovesse portarsi all’Haia ad essercitare la sua Ambasciata » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 69. Sulla nave il Gran Carb scriveva medesimamente da Parigi il Della Rovere fin dal 2 gennaio 1671: « Essendo venuto a notizia de’ sudetti Stati, che il Rè della Gran Bretagna si teneva offeso di che, con poca estimatione della sua persona, si lasciasse continuamente esposto alla publica vista il Gran Carlo, nave Inglese presa dagli Hollandesi nelle ultime guerre e si battesse anche de presente delle prime medaglie, essi havevano ordinato, che si staccassero le armi d’Inghilterra da quel Vascello, e si supprimes-sero dette medaglie ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 70. L’udienza dell’ambasciatore olandese presso il re d’Inghilterra dava argomento al Della Rovere di scrivere quanto segue al Governo genovese : « Di Londra s’intende, che Mons. Boreel Ambasciatore degli Stati Generali, sia andato a Neumarquet per havere udienza dal Rè d’Inghil- — 232 — terra, che vi era di ritorno dalla campagna, et haver proposto a S. M. Britannica di entrare nella lega difensiva che li Stati erano per concludere colla Spagna, ma che la medesima M. B.ca gli havea risposto che t non consegliava li Stati di prendere tal resolutione per non irritar maggiormente il Re di Francia; per lo che detto Ambasciatore havea scritto a’ Stati, che poteano procurare altrove che nell’Inghilterra le loro sicurezze, vociferandosi, che quel Rè aderisse agl’interessi della Trancia per abbattere le Provincie Unite tanto per mare, quanto per terra nella prossima campagna » (Parigi 30 ottobre 1671). E in altra lettera della stessa data il Della Rovere avvisava che gli Olandesi accrescevano le loro truppe e cercavano di fortificare il loro partito con qualche nuova aderenza, « tanto più » — soggiungeva — « che poco si promettono dall’Inghilterra, stante il modo di agire di quella Maestà, nell’haver diferito l’assemblea del Parlamento alla fine dell’anno venturo, e così doppo che sudetta prossima campagna sarà terminata ; essendo che i Stati Generali fondavano le loro speranze di poter divertire l lnghilterra dall’interessi della Francia con le fazzioni, che si persuadevano di havere tra i Parlamentarij : onde sospettando molto delle rette intenzioni di quella Maestà, et accrescendosi giornalmente l’apparenza che quella Corte passi di concerto con questa, particolarmente dal sapersi che di qui sono stati inviati ordini a Londra per il pagamento di grandissime somme di contanti, tentano di mettersi in stato da non essere oppressi ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 71. Sui preparativi di guerra che faceva Carlo II, il Della Rovere, sempre ben informato, comunicava da Parigi in data del 6 novembre 1671 : « Di Londra scrivono, che quella Maestà havesse dato gli ordini opportuni per havere pronti alla vela 60 vascelli da guerra per la prossima campagna, senza che ne habbia publicato il fine; e si è saputo, che nell’istesso tempo, che si facevano ne’ suoi Regni levate per la Francia, ne sono state fatte dell’altre a suo conto per montare la Flotta, la quale con ogni celerità si va preparando. Si dice nondimeno publi- - 233 - camente in Londra, che tali apparecchi siano destinati contro la Hol-landa, alla quale S. M. Britannica unitamente con la Francia moverà guerra; et il popolo mormora non poco contro il Duca di Buchincam, accusandolo di essersi lasciato guadagnare dalli denari del Christianis-simo per indurre il Rè suo signore ad intraprendere detta guerra ». Ed il 13 novembre 1671 rincalzava sullo stesso tema : « Di Londra scrivono, che il Rè fusse ritornato da Nieumarchet alla sua dimora di Withal, et accelerasse la spedizione del’accennato armamento di 60 fregatte, per armare le quali si andavano arrollando li marinari e soldati necessarij. In tanto S. M. haveva ordinato al Cavagliere du Theil capitano d’una delle Galere di S. M. di portarsi in Italia, e di là a’ primi tempi opportuni condurre esse Galere nel porto di Tanger......Il popolo di Londra, il quale sul principio mormorava contro Mons. di Buchincan come contro dell’autore dell’armamento sudetto, e della rottura contro la Hollanda, di presente vi si quieta sulla speranza, che la guerra possa giovare al commercio loro; ma il Rè non si dichiara a che debba servire detta flotta, et i Ministri di Spagna e di Hollanda, che hanno tentato saperlo, non ne hanno riportato che risposte generali ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 72. Il principe Rupert era figlio di Federico V Elettore Palatino e di Elisabetta sorella di Carlo I Stuardo. Visse in Inghilterra prima sotto il Rè suo zio, in favore del quale pugnò strenuamente nella guerra civile, e poi sotto il cugino Carlo II, durante il cui regno si segnalò come ammiraglio delle armate inglesi nelle due guerre combattute da quest’ultimo re contro l’Olanda. Di lui faceva il seguente ritratto, nel 1662, il M.co Gio. Luca Durazzo, ambasciatore straordinario della Rep. di Genova presso Carlo II : « Il Principe suddetto è horamai non solo habitatore, ma cittadino di Londra; e non meno per interesse, che per affetto, è fatto assolutamente naturale del Regno. Possiede la gratia e l’amore di S. M., non manca del raro talento ordinario nella maggior parte de’ Principi di quella Casa, nè del valore proprio de’ grandi talenti applicati ad accrescere od a ristorare la conditione dello stato loro assai mi- — 234 — nore dell’animo. Hà luogo nel Parlamento, e nel Consiglio di Stato, nè le mancheran mai gl’impieghi migliori ogni volta che l’occorrenze del (Regno portino di far impresa o di terra, o di mare, nelle quali ha sempre mostrato il valore molto maggiore della fortuna ». (Relazioni de’ Ministri all’estero; Mazzo i, n. g. 2717). NOTA N. 73. Dell ambasceria a Madrid di Roberto Spencer conte di Sunderland, e dei preparativi guerreschi per la prossima campagna, discorre il Della Rovere nei termini seguenti : « Di Londra scrivono, che si facessero levate di cavallaria per servizio della Francia, essendo pagati a’ Capitani 15 Jacobus per ogni cavagliere condotto in questo Regno. S. M. Britannica haveva dato ordine al conte di Sunderland suo ambasciatore di andare con diligenza a Madrid per disporre la Regina di Spagna a non prendere parte nelli affari degli Hollandesi in caso che fussero attaccati, mediante la quale condizione il Rè Christianissimo haveva promesso di non intraprendere cosa alcuna contro i Stati della Maestà Cattolica ; offerendosi S. M. Bitannica per cauzione della promessa fatta dal Rè di Francia, il quale di già in essecuzione di essa haveva prorogato per un anno il compromesso sopra le controversie per le dipendenze delle nuove conquiste. Si diceva di più, che detto Ambasciatore tenesse facoltà di trattare, e concludere matrimonio del Duca d’Jorch con la Prencipessa d’Ispruch. Altr ordine di portarsi parimente in diligenza a Bruxelles era stato dato al Cavagliere Soutwel, inviato di detta Maestà Britannica per assicurare il Conte di Monterey della parola, come sopra, data dal Christianissimo. « Erano state portate nella Torre di Londra tante monete per la valuta di un millione, ove si dovevano fondere e battere col marco d’Inghilterra, e si credeva che tale denaro fosse stato portato di Francia per le spese dell’armamento della nuova Flotta, che incessantemente si prepara in tutti i Porti di quel Regno. Dalle coste di Francia erano passati a quelle d Inghilterra molti vascelli carrichi di grani per provvigione, per quanto si diceva, dell’armata navale..... — Parigi li 20 Novembre 1671 » (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). » ! t — 235 — NOTA N. 74. Notizia più diffusa del banchetto dato dal ministro danese a Londra in occasione della nascita d’un principe reale di Danimarca, offriva il Deila Rovere scrivendo ai Serenissimi del Governo genovese colla data di Parigi dell’n dicembre 1671: « Per la nascita del figlio del Re di Danimarca il Ministro Danese residente in Londra fece un sontuosissimo banchetto, al quale convitò et intervennero il Rè della G. Bretagna e tutta la Corte; et insieme fece formare alcune fontane di vino dinanti alla sua porta; accorse il popolo a bere, et molti ubbriacatisi, gettarono in appresso a terra le porte delle cantine, per trovar le botti ; vi si opposero li Domestici della Casa, et in tale rincontro uno Inglese restò ucciso; onde, irritatosi, il popolo di già intraprendeva insulti, e strappazzi non ordinarij a quella Casa, se il Duca di Mommout non impediva il disordine ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 75. Intorno alle relazioni degli Inglesi in Algeri cosi informava il Della Rovere : « Pareva, che la voce sparsasi, che il Console Inglese in Algieri fusse stato ucciso non sia vera ; ma che il Divano per salvarlo dal furore del popolo l’havesse rinchiuso, e lo trattenesse continuamente in priggione... Parigi li 13 Novembre 1671 ». Ed in altra lettera: * Si teneva aviso colà (cioè a Londra), che il popolo d’Algeri si fusse sollevato contro il Bassa, et il Divano, credendosi che da questi provenisse la dilazione della pace co’ gli Inglesi, onde havesse mandato Deputati verso del Cavagliere.... Parigi li 4 Decembre 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 76. Riferiva a tal proposito il Della Rovere : « Di Londra avisano ch’il Conte di Molina non si disponesse alla - 236 - partenza, non ostante gli ordini della Regina di Spagna di portarsi alla Corte di Francia e la rimessa di io mila pezzi da 8 reali mandatali per le spese del viaggio. Il Cavaglier Godolfin, che di presente risiede in Madrid, da S. M. Britannica era stato dichiarato suo Ambasciatore ordinario per dimorare in quella Corte ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 77. Giorgio Downing, vero messaggero di guerra, arrivò all’Haia Γ8 gennaio 1672. Egli presentò subito un memoriale agli Stati Generali « chiedente perentoriamente il riconoscimento del diritto del Re d’Inghilterra al dominio dei mari, e la promessa che tutte le loro navi e flotte sarebbero avvisate di abbattere la bandiera e di abbassare la gabbia all’incontro di qualsivoglia nave da guerra recante la bandiera di detto Re, com’era stato sempre praticato; e finalmente la punizione del Sieur Van Ghent per l’affronto da lui fatto all'yacht reale». (Edwin W. Pahlow, Anglo-Dutch relations, 1671-1672; in Annual Report of thè American Historical Association for thè year 1911, voi. I. Washington, 1913; pp. 121-127). Dopo alcune trattative, fallite per volontaria opera di Carlo II, questi, il 27 marzo 1672, dichiarava guerra alle Provincie Unite. NOTA N. 78. Il duca di Somerset era di casa Seymour. L’erede a cui accenna qui 1 Ottone morì in Lerici il 21 aprile 1678, ucciso da un colpo d’archibugio (Francesco Poggi, L’uccisione del Duca Francesco di Somerset in Lerici; in Giornale Storico della Lunigiana, anno terzo, fascicolo secondo, La Spezia 1911; pp. 81-115). NOTA N. 79. Le intenzioni di Luigi XIV verso la Spagna alla vigilia della guerra da lui divisata contro gli Olandesi, come la sua ferma volontà di fare questa guerra, erano così rappresentate dal Della Rovere; — 237 — « Il Re (cioè il Re di Francia) ha fatto offerire, per quanto si vocifera, alla M. Cattolica l’assistenza delle sue forze per conquistare quelle piazze, che gli Hollandesi hanno staccato dalla Corona di Spagna tanto nella Fiandra che nel Brabante, se essa vorrà entrare in Lega colla Francia et Inghilterra. Questo Residente di Brandebourg nell’ultima udienza ch’hebbe dal Rè gli offerse la mediazione dell’Elettore suo Sjgnore per fargli havere dalli Hollandesi tutte le sodisfaz-zioni desiderabili, ma S. M. gli rispose di ringraziare l’Elettore della cortese offerta, non havendo la M. S. bisogno d’alcuna interposizione per farsi fare ragione sopra gli affari, che potessero spettare alla sua Corona.... — Parigi li 4 Decembre 1671 ». (Lettere Ministri, Francia; Mazzo 17, n. g. 2193). NOTA N. 80. Il granduca Cosimo III era in relazione di parentela con la Casa cl Absburgo, perchè sua nonna e prozia Claudia de Medici, vedova di Federico Della Rovere principe d’Urbino, aveva sposato in seconde nozze l’arciduca Leopoldo d’Austria fratello dell’imperatore Ferdinando II. Egli era anche cugino di Carlo II d’Inghilterra avendo preso in moglie, nel 1661, Margherita Luigia figlia di Gastone duca d’Or-léans, fratello della madre di esso Carlo. INDICE DEL VOLUME XLV DEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Commemorazione del Marchese Senatore Giacomo Doria fatta dalla Società Ligure di Storia Patria nell'Assemblea generale ordi¬ naria del XV febbraio MCMXIV. - Parole del vicepresi¬ dente Arturo Issel ......... pag. V Lettere di Carlo Ottone, proconsole genovese in Londra, al Governo della Repubblica di Genova negli anni 1670 e 1671 ; pubblicate ed illustrate con note e documenti dal socio Francesco Poggi ......... » XVII Lettera al Marchese Cesare Imperiale, Presidente della Soc. Lig. di Stor. Patr...... » XIX Introduzione y> XXV Fonti · / ■ » LV Lettere di Carlo Ottone......... > 1 Note e documenti ad illustrazione delle lettere di Carlo Ottone » 143 Finito di stampare il 24 Marzo 1915