' ■ . ' • ■ ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME ΧΙΛ/Ι Fascicolo I GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXVIII ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLVI Fascicolo I GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXVII Proprietà letteraria della Società Ligure di Storia Patria in Genova S. Pier d’Arena — Scuola Tipografica D. Bosco, 1917. LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO POGGI AVVERTENZA Questo fascicolo I del volume XLVI degli Atti esce con due anni di ritardo, e, invece di precedere, segue in ordine di tempo il fascicolo II dello stesso volume, pubblicato fin dall’agosto del 1915. Il che è dovuto principalmente alle condizioni in cui venne a trovarsi l’arte tipografica per effetto della presente guerra; le quali, dopo avere determinato la brusca interruzione della stampa del fascicolo, ne procrastinarono la ripresa fino alla primavera dell’anno corrente. Per altro ciò ha permesso di estendere il rendiconto dell opera sociale a tutto il primo semestre del 1917. CAPITOLO I RENDICONTI DEI LAVORI SOCIALI Nei primordj della Società, allorquando con tenace entusiasmo il valoroso gruppo degli studiosi che l’avevano fondata, lavorava indefessamente a ricercare, a raccogliere e ad illustrare le memorie storiche della Liguria, era consuetudine di pubblicare periodicamente negli Atti una relazione dei lavori compiuti. Inoltre il presidente generale come i presidi delle sezioni tracciavano con discorsi al principio d'ogni anno l’indirizzo degli studj, ed il segretario ed i presidi stessi ne riassumevano alla fine i risultati. Il Belgrano poi, non ancora segretario generale della Società, usava fornire nei primi tempi di questa all 'Archivio storico italiano un diligente e particolareggiato rapporto annuo sull’opera di essa; uso ch’egli continuò anche dopo per periodi di uno o più anni fino al 1874 (1). Allora la materia abbondava, poiché le sezioni si radunavano frequentemente e porgevano colle letture, colle comunicazioni, colle proposte, colle discussioni dei convenuti ampia messe di notizie da far conoscere alla generalità dei soci ed al pubblico degli studiosi. (1) Archivio storico italiano, Firenze, Serie II, tomo XI, parte 1®, pp. 192-203, a 1860; tomo XII, parte 2\ pp. 62-74, a. 1860; tomo XVI, parte 2*, pp. 26-56, a. 1862; Serie III, tomo VI, parte 2a, pp. 180-197, a. 1868; tomo IX, parte la, pp. 217-223, a. 1868; tomo X, parte 2a, pp. 196-209, a. 1869; tomo XII, parte 2*, pp. 184-196, a. 1S70i tomo XV, pp. 164-179, a. 1872; tomo XVII, pp. 512-518, a. 1873; tomo XIX, pp. 475-497> a. 1874; tomo ΧΧΙΓ, pp. 307-332, a 1875. Vili LÀ SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Partecipavano attivamente a coteste sedute, e vi recavano il contributo delle loro indagini e dei loro studj, storici letterati archeologi ed eruditi come Federico Alizeri, Emerico Amari, Francesco Ansaldo, Giuseppe Banchero, Luigi Tommaso Belgrano, Michel Giuseppe Canale, Antonio Crocco, Giacomo Da Fieno, Cornelio Desimoni, Jacopo Doria, Gio. Batta Giuliani, Niccolò Giuliani, Luigi Grassi, Luigi Grillo, Gaetano Ippolito Isola, Lorenzo Isnardi, Vincenzo Fortunato Marchese, Antonio Merli, Carlo Nota, Paolo Rebuffo, Vincenzo Ricci, Pietro Rocca, Angelo Sanguineti, Giuseppe Scaniglia, Massimiliano Spinola, Marcello Staglieno, Pasquale Tola, Amedeo Vigna, Alessandro Wolf; numismatici come Gaetano Avignone, Luigi Franchini ed Agostino Olivieri; artisti come Gio. Batta Cevasco, Edoardo Chiossone, Maurizio Dufour, Giuseppe Isola, Tammar Luxoro, Gian Battista Resasco e Santo Varai. Soltanto la parte più importante ed organica dei lavori dei soci, vagliata attraverso la critica dei più competenti, veniva resa integralmente di pubblica ragione e forniva agli Atti il loro principale contenuto; dell’altra parte, meno elaborata o sussidiaria o occasionale, occorreva tuttavia dare qualche contezza, ed a ciò sopperivano i rendiconti. I quali pertanto recavano sempre utili informazioni ai ricercatori ed ai cultori di storia, e trattavano spesso di speciali argomenti aggiungendo nuovo materiale al già noto. Lavori, che comparivano poi in pubblicazioni periodiche ovvero in volumi ed opuscoli editi a parte direttamente dai loro autori, erano prima letti, discussi ed approvati nelle sedute delle sezioni. Relazioni e recensioni su opere di storia, economia politica, letteratura uscite di recente; comunicazioni di documenti, di codici, di sunti di atti, di oggetti antichi venivano parimente fatte ed offrivano materia di discussione in esse sedute. I soci corrispondenti, la cui opera dimostravasi allora ben più attiva di quanto sia al presente e rispondeva perfettamente all'ufficio loro assegnato, partecipavano notizie e spedivano fac-simili e copie di epigrafi, manoscritti, monete, medaglie, sigilli, frammenti di latercoli e vasi fittili rinvenuti in iscavi. E di tutto ciò i rendiconti porgevano sicura notizia agli studiosi (1). (1) Si trovano negli Atti i rendiconti seguenti: per gli anni 1858-1861, di Agostino Olivieri, voi. I, pp. 627-651; per gli anni 1862-1864, di L. T. Belgrano, voi. Ili, pp. RENDICONTI DEI LAVORI SOCIALI IX Accanto agli Atti sorsero più tardi ed in tempi diversi, per iniziativa di soci o per impulso della Società, alcuni periodici di storia, quali la Rivista della numismatica pubblicata da Agostino Olivieri nel 1864 e continuata nel 1865 da E. Maggiora-Vergano; il Giornale degli studiosi edito ed in gran parte scritto da Luigi Grillo dal 1869 al 1873; il Giornale ligustico fondato da L. T. Belgrano e A. Neri nel 1874 e da loro diretto fino al 1893, ripreso e continuato negli anni 1896 e 1897 da Girolamo Bertolotto e nel 1898 da Luigi Augusto Cervetto; il Giornale storico e letterario della Liguria diretto da Achille Neri e da Ubaldo Mazzini e vissuto dal 1900 al 1908. Tali pubblicazioni periodiche facevano luogo negli anni di maggior fervore della Società a memorie lette e discusse nel seno di questa, le quali non potevano essere inserite nei volumi degli Atti, sia per la loro relativamente piccola mole, sia per il loro carattere e sia anche per l'urgenza di portarle a cognizione degli studiosi. Oltre a ciò i tre ultimi dei giornali suddetti pubblicavano i rendiconti delle sedute della Società ed altre notizie ad essa relative, liberando così gli Atti dall’obbligo di dare periodicamente una relazione dei lavori sociali (1). lv-cxliii; per gli anni 1865 e 1866, di L. T. Belgrano, voi. IV, pp. lxxi-cclviii; per l’anno 1884-85, di L. T. Belgrano, voi. XVII, pp. 313-344; per l’anno 1896, di Luigi Beretta, voi. XXVIII, pp. vii-xiv. ·> Inoltre gli Atti contengono: Discorsi inaugurali nei voi. I, pp. xiii-xxxvi, pp. xxxvii-lxi; voi. X, pp. 121-132; voi. XXVIII, pp. xv-xlviii; Cataloghi dei soci o albi accademici nei voi. I, pp. lxiii e 652-6S2: voi. III, pp. v-xxxiv, cxlv; voi. IV, pp. xxxih-xlv; voi. XVII, pp. 1-47; voi XXVIII, pp. lxxxix-ciii; voi. XLIII, pp. 175-227; Necrologie di soci nei voi. I, pp. 683-686; voi. Ut, pp. xxxv-xli; voi. IV, pp. xlvi-lii; Commemorazioni ed elogi di singoli soci nei voi. II, parte la, pp. vii-xxvin; voi. IV, pp. i-xiv; pp. xv-xxix; voi. VIII, pp. v-xxi; voi. X, pp. 271-285; voi. XVII, pp. 63-1U9; voi. XXVIII, pp. xlix-lxxxvii; voi. XLV, pp. v-xvi; Statuti sociali e norme regolamentari nei voi. I, pp. lxxiii-lxxxiv, pp. 6S7-6S8; voi. XVII, pp. 49-60, 61-62; voi. XLIII, pp. 155-173; Estratti di verbali delle adunanze della Società nei voi. XIII, pp. 1077-1078; voi. XVII, pp. 345-347; voi. XLIII, pp. 473-478; Doni ricevuti dalla Società nei voi. I, pp. 689-698; voi. III, pp. xliii-liv; voi. IV, pp. LIII-LXX. Consimili ed altre notizie riguardanti la Società porgonsi nei due Annuari del 1901 e del 1906, curati da Pietro Muttini, oltre che nell’opuscolo intitolato « La Società Ligure di Storia patria (MDCCCLVIII-MDCCCC) » del socio Gaetano Cogo: opere pubblicate dalla stessa Società fuori degli Alti. (1) Il Giornale degli studiosi, « dedicato alla Società Ligure di storia patria », contiene gli elenchi dei soci, nonché i rendiconti delle tornate di questa e varie altre LA SOCIETÀ LIGURE DÌ STORIA PATRIA DAL 1908 AL 191? Col volger del tempo e degli uomini andarono via via diradando e poi cessarono del tutto le sedute delle sezioni; e i rendiconti si ridussero ad un succinto ragguaglio delle assemblee generali della Società, due ordinariamente per anno, e trovarono posto nei giornali politici quotidiani. Ma collo spegnersi del lavoro associato delle sezioni, conseguenza, oltreché della stanchezza e poi della scomparsa dei principali autori e vivificatori di esso, anche del rapido ed affannoso svolgersi della vita moderna che non lascia tempo per le accademie, collo spegnersi, dico, di siffatto lavoro, l’opera della Società si trovò accentrata nei pochi che hanno il governo di questa, e precipuamente nei pochissimi che ad esso governo concedono tutte le loro cure. A costoro incombe il dovere di promuovere, di apprestare e di scegliere i lavori per gli Atti; di procacciare l’incremento della Società coll’al-largarne e diffonderne l’azione, e coll’accrescerne il patrimonio ed il numero dei soci; di operare affinchè il Sodalizio raggiunga nel miglior modo gli scopi determinati dal proprio statuto, e di fare quindi in guisa ch’esso partecipi a tutte le manifestazioni della vita civile, scientifica ed artistica conformi od attinenti agli scopi medesimi. Quantunque sia cura del Presidente d’informare le assemblee generali della Società intorno all’opera via via compiuta dal Consiglio Direttivo, e le sue informazioni siano recate a conoscenza della generalità dei soci mediante i giornali, tuttavia non è possibile di fornire in cosiffatto modo un rendiconto sufficientemente ampio e particolareggiato dei lavori sociali; specialmente dacché è venuto a notizie ad essa attinenti nei voi. dell’anno primo, 1869, primo semestre pp. 8-18, 36-48, 225; a. secondo, 1870, primo semestre pp. 211-224, secondo semestre pp. 4-16, 148-144, 145-151, 340-352; a. terzo, 1871, primo semestre pp. 54-56, 400-401, secondo semestre pp. 47-48, 55-β4, 95-104, 136-147; a. quarto, 1872, pp. 419-424, 433-440, 441-446, 515-517. Verbali, rendiconti e notizie diverse riguardanti la Società offre il Giornale Ligustico (serie prima) nei voi. I, pp. 27-39, 336-339; voi. II, pp. 37-40, 157-160, 486-488; voi. Ili, pp. 169, 416-420, 451-158, 476; voi. IV, pp. 94-96; voi. V, pp. 74-75, 169-175, 332-335; voi. XXI (nuova serie), pp. 58-65, 81-96, 332-333, 397-898, 470-472; voi. XXII, pp· 72-75, 229-231, 470; voi. XXIII, pp. 79-80, 155-160. Queste indicazioni si riferiscono principalmente ai processi verbali delle adunanze della Società; ma occorre notare che la maggior parte degli articoli di materie storiche contenuti nel Giornale Ligustico dei primi cinque anni sono memorie lette nelle tornate del nostro istituto, del quale il giornale stesso presentasi fin dal primo numero (gennaio 1874) come organo ufficiale. Cronache della Società riporta il Giornale storico e letterario della Liguria nei volumi: anno primo, 1900, pp. 73-74, 239; a. quinto, 1904, pp. 78-80; a. sesto, 1905, pp. 237-240, 474-476; a. settimo, 1906, pp. 356-360; a. ottavo, 1907, pp, 235-240; a. nono, 1908, pp. 254-256. RENDICONTI DEI LAVORI SOCIALI XI mancare in Genova un giornale di studj storici in istretta relazione col nostro sodalizio. Si appalesa pertanto la convenienza, e direi quasi l’obbligo da parte della Presidenza, di riprendere la vecchia consuetudine dei rendiconti pubblicati negli Atti: cosa che appunto si fa ora col presente scritto, col quale il segretario si propone di raccontare con sufficiente larghezza la vita della Società dal 1908 fino all’anno in corso 1917 (1). Per rendere il racconto meno pesante e più facile a consultare, si divide questo scritto in capitoli a seconda degli argomenti dai quali s’intitolano. (1) Le notizie del 1917 riguarderanno il solo primo semestre di esso anno. . ' Ο . • * — CAPITOLO II ATTI Nell’anno 1908, cinquantesimo della Società, si trovavano parte sotto stampa e parte in distribuzione ben cinque volumi degli Atti, e cioè i volumi XXXVIII, XXXIX, XL, XLI, XLII, di ciascuno dei quali dà una breve notizia, oltre l'indice, il prof. Emilio Pandiani nel volume XLIII finito di stampare nel 1909, e subito largamente diffuso. Il volume XLIII è per l'appunto dedicato ad illustrare l’opera cinquantenaria della nostra Società, che il Pandiani vi narra con diligenza ed abbondanza di particolari e con fervore di socio affezionato. Egli comincia col ricordare, quali precursori della Società, l’Accademia Ligustica di belle lettere o degli Industriosi instituita nel 1783 e durata fino alla rivoluzione del 1797; l’istituto Nazionale Ligure sorto nel 1797, divenuto Accademia Imperiale nel 1805 e cessato col dominio francese nel 1814; la Società di storia geografia ed archeologia nata nel 1845 per impulso del marchese Camillo Pallavicino e spentasi dopo avere partecipato alla ottava riunione degli scienziati, ch’ebbe luogo in Genova dal 15 al 29 settembre del 1846. Passa quindi a discorrere, nel capitolo secondo, della fondazione della Società, dei primi suoi atti e del suo primo presidente, Padre Vincenzo Marchese dei Predicatori, e tratteggia poi con ampiezza nei capitoli seguenti la vita del sodalizio, ch’egli divide per artificio di esposizione in sei periodi, e cioè dal 1858 al 1862, dal 1862 al 1867, dal 1867 al 1872, dal 1872 al 1882, dal 1882 al 1892, e dal 1892 XIV LA SOCIETÀ LIGURE 1)1 STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 al 1908, a ciascuno dei quali dedica un capitolo. Non è qui il caso di seguire, neppure rapidamente, il racconto del Pandiani ; racconto indispensabile a chiunque voglia avere, senza bisogno di compulsare l’intera collezione dei nostri Atti, un’idea adeguata dell’opera poderosa compiuta dalla Società nei primi cinquantanni della sua esistenza. Ad utile complemento di esso l’autore riferisce lo statuto sociale ora vigente, votato nell’assemblea generale del 5 febbraio 1897 ed approvato con decreto reale del 10 luglio 1898, che erige la Società Ligure di Storia Patria in corpo morale; e dà altresì gli elenchi degli ufficiali, dei soci onorari e dei soci corrispondenti dal 1858 al 1908, e quelli dei soci effettivi del 1858 e del 1908; nonché il titolo, il sommario ed una notizia bibliografica di ciascuno dei lavori contenuti nei -12 volumi degli Atti pubblicati o in corso di stampa dal 1858 al 1908, e nelle altre pubblicazioni sociali comparse durante lo stesso tempo fuori degli Atti, con indici cronologico di essi lavori ed alfabetico degli autori e dei titoli dei lavori medesimi; ed infine due appendici, l’una recante un manipolo di lettere scritte alla Società da alcuni uomini illustri, e l’altra un saggio di verbale in latino delle adunanze della sezione archeologica. Il voi. XLIY degli Atti, finito di stampare e distribuito nel 1912, contiene nelle sue XII-734 pagine il regesto, compilato in cinque anni di assiduo lavoro dal prof. Michele Lupo Gentile, del famoso codice Pelavicino, che si conserva neH’Archivio capitolare della cattedrale di Sarzana, e che costituisce, come osserva giustamente il compilatore, « uno dei più antichi e meglio conservati Liber In-rium del Medio Evo » (1). Il codice ha, non pure un’importanza capitale per la storia della Lunigiana. ma un’importanza notevole per la storia generale delle istituzioni giuridiche e della vita religiosa ed economica nei tempi di mezzo, non che per la formazione ed il consolidamento delle comunità civiche e rurali in contrasto colle giurisdizioni temporali dei vescovi. Infatti esso riferisce tutti i privilegi, diritti, grazie, favori concessi o confermati dai re e imperatori Berengario I, Ottone I, Ottone II, Corrado II, Enrico II, Federico I, Enrico YI, Federico II, Rodolfo alla curia ed al vescovo (1) Atti, voi. XLIV, p. vii. ATTI XV «li Luni; reca bolle dei papi Lucio II, Eugenio III, Anastasio IV, Alessandro III, Lucio III, Innocenzo III, Onorio III, Innocenzo IV, Alessandro IV, Gregorio X, Giovanni XXI riguardanti le pievi, le chiese, i monasteri, i feudi, i canonici della diocesi; contiene patti e lodi di vertenze della Curia lunense con i marchesi Malaspina, con i nobili di Vezzano, di Erberia, di Trebbiano, di Falcinello, con i monasteri di Aulla e di S. Croce, con gli uomini di Monleone, Fo-sdinovo, Sarzana, Pontremoli, Àlbiano, Arcola, ecc, ; riporta nume· iosissimi atti di cessioni, donazioni, promesse, infeudazioni, fìtti, locazioni, permute, livelli, compre e vendite fra vescovato e diocesani; riproduce leggi, statuti, investiture, liberazioni di servi della gleba, scomuniche, assoluzioni date dal vescovo e conte di Luni agli uomini di sua giurisdizione, e giuramenti di fedeltà, dichiarazioni di vassallaggio, tributi, redditi, pedaggi, servizi dal medesimo ricevuti. I documenti contenuti nel codice vanno dall’anno 900 al 1297, alcuni però si riferiscono ad atti anteriori alla prima di queste date. Una parte di essi, riguardanti le possessioni, le rendite, i diritti ed i vassalli del vescovato lunense erano stati raccolti in un libro mastro (Liber Magister) per ordine di Oberto Pelavicino, dal quale il codice prese nome, nel tempo in cui questi era vicario di Federico II in Lunigiana; ma il vescovo Enrico da Fucecchio, che resse la diocesi dal 1273 al 1292, fece trascrivere da un maestro Egidio, amanuense, così quelli come molti altri atti, in numero assai maggiore, conservati dai suoi predecessori, ed il tutto radunò nel grosso registro a noi pervenuto. Il quale, piuttosto che dal Pelavicino, si dovi ebbe pertanto, come osserva Luigi Podestà, denominare da quel zelante vescovo, noto per l’energia e l’efficacia con che difese ed in pai te riscattò contro gli usurpatori i diritti della Curia lunense (1). Molti documenti del codice erano stati occasionalmente ed in varj tempi editi da Gabriele Pennotto, Ferdinando Ughelli, Ludovico Antonio Muratori, Stefano Baluzio, Giovanni Cristiano Ltìnig, Edoardo Winkelmann, Giovanni Sforza, Achille Neri, Luigi Podestà, Arturo Ferretto, Edoardo Ottenthal, Gioachino Volpe, ecc., ed anche dalla R. Deputazione di storia patria di Torino, la quale aveva potuto avere e tenere per qualche tempo presso di sè lo stesso codice, col pro- ci) Luigi Podestà, I vescovi di Luni daWanno 895 al 1289; in Atti e Memorie della lì. Deputazione di storia patria perle Provincie Modenesi, serie IV, voi. VI, a. 1895, p. 7. XVI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 posito forse di usarne largamente, ma traendone poi soltanto pochi atti pubblicati in Historiae Patriae Monumenta, Chartarum II (1). I più dei documenti del codice rimanevano però ancora inediti, nonostante le premure ed i voti di molti studiosi per affrettarne la pubblicazione: è pertanto maggiore il merito della Società nell’avere esaudito i legittimi desideri di costoro, e reso finalmente di pubblico dominio il principale monumento della storia della Lunigiana accogliendolo nei suoi Atti. Ma un altro effetto, e di portata morale non trascurabile, ha la pubblicazione del codice Pelavicino compiuta dalla nostra Società, ed è quello di avere con ciò, anche sotto il rispetto degli studj storici, riconosciuto nella Lunigiana, considerata nel suo più ampio significato, una parte della regione ligure. Il pregiudizio scolastico che fa della Magra il confine naturale fra la Liguria e la Toscana, pregiudizio il quale ha trovato un’espressione letteraria appropriata ed una giustificazione autorevole nei noti versi danteschi secondo cui esso fiume .... per cammin corto, Lo Genovese parte dal Toscano, divide la Lunigiana in due porzioni ed assegna la maggiore di queste alla Toscana (2). Ora se v’è un territorio geograficamente inscindibile è quello appunto della Lunigiana; poiché esso, costituito principalmente dal bacino fluviale della Magra-Vara e dai monti che lo cir- (1) Historiae Patriae Monumenta, Chartarum II, n. vii, xxvii, clxii, clxxxvi, muxxxii, SIDCC1I, MDCCIX, MDCCCXIV, MDCCCXV. (2) Il confine tra la Liguria e la Toscana vien posto in modo generico al fiume Magra, ma quando si vuole indicarlo in modo più preciso lo si identifica comunemente con quello delle provincie di Genova e Massa-Carrara, in base al quale il ter ritorio, alla sinistra dello stesso fiume, compreso dai comuni di Santo Stefano, Sar-zana, Castelnuovo ed Ortonovo viene riferito alla Liguria: mentre il territorio alla destra, costituente la parte maggiore del circondario di Pontremoli, è assegnato alla Toscana. Anche Dante probabilmente si riferisce nei versi succitati al confine politico che separava in allora il Genovesato dalla Toscana, confine segnato dalla Magra e, al tempo in cui Enrico VII di Lussemburgo teneva il governo di Genova, compreso tra la foce del fiume ed il castello di Vezzano, ma ancora più corto nel 1306 quando l’Ali-ghieri era in Lunigiana ospite dei Malaspina; poiché dal 1300 al 1312 il luogo di Ameglia trovavasi in potere del comune di Lucca, il quale esercitava contemporaneamente sotto titolo di confederazione piena egemonia sopra Sarzana, e vi ritornava con questa stessa città nel 1327 imperante Castruccic Castracani, XVII coscrivono, comprese le coste marittime, presenta un unico sistema idrografico ed orografico. Il quale, almeno per la sua conformazione esterna, è parte integrante di quel più grande, unitario e massiccio sistema montuoso costiero, che costituisce la regione ligure, nettamente limitato ad oriente dalla pianura alluvionale del Serchio e dell’Arno, e ad occidente dalla valle del Varo. Dal lato etnografico poi la Lunigiana, sia per la originaria stirpe della sua gente, sia per i dialetti che vi si parlano, i quali appartengono generalmente, eccettuate alcune zone del confine orientale, ai dialetti gallo - italici, con prevalenza od almeno larga rappresentanza del gruppo ligure, si ricongiunge risolutamente alla Liguria (1). All’unità geografica della Lunigiana corrispose per lunghi secoli l’unità ecclesiastica di essa, rispecchiante quella più antica politicoamministrativa del Municipio o Comitato romano di Luni, dal quale la contrada trasse il nome. Infatti le 35 pievi che formavano ab antico la diocesi lunense occupavano, tranne pochi sconfinamenti, il territorio geograficamente spettante a quella regione. Gli smembramenti della diocesi, che sottrassero da questa nel 1161 le chiese di Portovenere sottoposte all’arcivescovado genovese, nel 1787 le chiese che costituirono il vescovato di Pontremoli, e nel 1821 quelle che formarono il vescovato di Massa, furono principalmente dovute alle pressioni dei Governi dominanti sui territorj rispettivamente pertinenti ad esse chiese; mentre lo smembramento, cui diede luogo (1) Sotto il rispetto puramente geografico la Lunigiana si può definire come la regione le cui acque sono raccolte dal bacino idrografico Magra-Vara, e dai piccoli bacini costieri dei fiuinicelli Parmignola, Carrione, Frigido, ecc. formati dalle valli secondarie della catena montuosa che circoscrive il bacino principale: regione limitata a mezzogiorno dal littorale compreso fra un punto del tratto Moneglia - Framura ed un punto della marina di Massa - Serravezza, a settentrione dal crinale dell: Appennino lungo la linea dei monti di Centocroci (valico), Gottero, Molinatico, Orsaio, Alpe di Camporaghena ed Alpe di Mommio, ad oriente dalla cresta delle Alpi Apuane segnata dai monti Pisanino, Pizzo d’Uccello, Sagro, ad occidente dal contrafforte appenninico formato dai monti Pollano, Zatta, Velva, Bracco. Sotto poi il rispetto storico-ecclesiastieo la Lunigiana comprende il territorio occupato dall’antica diocesi di Luni prima che questa venisse smembrata, il quale però non si identifica esattamente con quello geografico sopra circoscritto; poiché, mentre lascia fuori il bacino superiore della Vara, esso racchiude una zona della Versilia e l’alta Garfagnana, che appartengono geograficamente alla Toscana. Cfr. Ubaldo Mazzini, Per i confini della Lunigiana; in Giornale storico della Lunigiana, voi. I, a. 1909-10, pp. 4-38. G. Sittoni e G. Podenzana, Cenni esplicativi per la carta della Lunigiana; in Archivio per la etnografia, e la psicologia della Lunigiana, voi. I, a. 1911, pp. 6-7. i? XVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAI- 1908 AL 1917 nel 1133 l’erezione in vescovado dell’abbazia benedettina di Bi agnato, fu l’effetto di un compromesso escogitato dal pontefice Innocenzo li per dirimere le controversie vertenti fra la curia lunense e la stessa abbazia circa la giurisdizione dei loro beni. Ma il vescovato di Biu-gnato, il quale era stato costituito con chiese staccate da un ceito numero di pievi della diocesi lunense senza diminuire il numeio totale delle pievi a questa sottoposte, venne ricongiunto, mantenendo la propria unità formale, ad essa diocesi per bolla di Pio VII del 25 novembre 1820. ' Il codice Pelavicino si riferisce in gran parte alla primitiva e più ampia circoscrizione ecclesiastica lunense, che, salvo alcune ìe-strizioni e pochi sconfinamenti, comprendeva tutto il territorio geograficamente lunigianese; il quale, cessate oramai, dopo la costituzione del regno d’Italia, le dominazioni politiche che lo tenevano smembrato, verrà quando che sia riunito, come l’antico Comitato romano, in una sola provincia, con a capo la Spezia, ch’è il centro naturale, demografico e commerciale di esso (1). Nel 1407 la Repubblica di Genova estese la sua signoria oltre Magra acquistando il territorio sarzanese, che tenne sotto di sè con contrasti fino al 1421, che dovette abbandonare dal 1421 al 1496, e che riebbe quindi stabilmente e conservò ininterrottamente dal 1496 al 1797. Le relazioni politiche ed amministrative fra Genova e la Lunigiana dipendenti da siffatto dominio diedero più volte materia agli Atti della nostra Società; ma altra materia ancora giacente negli Archivi, e che attende solerti raccoglitori ed illustratori, potrebbero gli stessi Atti accogliere circa le dominazioni esercitate in varj tempi e su diversi luoghi della regione lunigianese da alcuni grandi signori genovesi. Sono fra queste specialmente importanti ed invocano ancora il loro storico le signorie dei Fregosi su Sarzana e (1) 11 movimento a favore della costituzione d’una provincia avente a capoluogo la Spezia ebbe una prima manifestazione concreta nel Congresso tenuto in quella città nei giorni 31 maggio e 2 giugno del 1913, in cui furono discussi i temi svolti dalle seguenti relazioni a stampa: Francesco Poggi, La storia della Lunigiana in rapporto colla costituzione della Provincia di Spezia; Panieri Porri ni, .La circoscrizione della Provincia di Lunigiana (o della Spezia); Luigi De Nobili, Oisegno di bUancio per la progettata provincia della Spezia; Ubaldo Formentoni, Previsioni sul patrimonio e sulle finanze della nuova Provincia; Carlo Torelli. Questione ferroviaria e portuaria della Spezia; Vittorio Vitali, Strade e ponti di Val di Vara; Domenico Gjacuino, Mezzi di agitazione, ATTI XIX territorio dal 1421 al 1468; sa Brugnato, Villafranca, Rocchetta, Lic-ciana, Teriaiossa, Calice ed altri luoghi di Val di Magra superiore dal 1416 per periodi di tempo diversi; su Carrara dal 1448 al 1473. Ma oltie questi rappoiti, derivanti esclusivamente da condizioni politiche, la Liguria ha verso la Lunigiana un rapporto superiore come del tutto alla parte, come del generale al particolare; ed è appunto in virtù di cosiffatto legame naturale fra le due regioni, che la nostra Società, al modo istesso che ha ricevuto nei suoi Atti il codice Pelavicino, così vi potrà accogliere da ora in poi tutto ciò che concerne la stoi ia lunigianese, sia in relazione con Genova, sia in relazione con Pisa, Lucca, l·irenze, Milano, ecc.; e tanto per rispetto ai dinasti genovesi, quanto per rispetto ai feudatari paesani, principalissimi i Malaspina, ed ai comuni di Pontremoli, Carrara, ecc. Sarebbe stata desiderabile la pubblicazione integrale, non dei soli documenti ritenuti più importanti, ma di tutti gli altri assai più numerosi documenti del codice Pelavicino dei quali venne dato il regesto, e di quelli che furono omessi perchè già riprodotti da altri; il che avrebbe certamente accresciuta la spesa di stampa, senza che ciò tuttavia potesse costituire, come nella sua prefazione dichiara di aver temuto l’egregio prof. Michele Lupo Gentile, un ostacolo alla pubblicazione medesima per parte della Società, i cui Atti feceio luogo più volte ad opere egualmente ed anche più poderose per mole del detto codice. Il quale avrebbe inoltre meritato una illustrazione storica atta a porre in rilievo le notizie, i luoghi ed i peisonaggi in esso menzionati, ed a metterli in relazione con gli avvenimenti politici, militari, economici, ecc. del tempo; non potendo a ciò manifestamente sopperire le brevi note poste dal Lupo-Gentile in calce al regesto da lui compilato. A. questo seguì, per sollecita cura del socio dott. Ubaldo Mazzini, la pubblicazione di un buon manipolo di Correzioni critiche di alcune date relative ad errori cronologici incorsi in esso regesto, ed in maggior parte dovute a maestro Egidio trascrittore del codice ; pubblicazione fatta a parte in un opuscolo di 38 pagine, distribuito ai soci nel 1914. Il voi. XLV, finito di stampare il 24 marzo 1915 e messo subito in distribuzione, contiene prima di tutto un discorso detto nel- 1 Assemblea generale ordinaria del 15 febbraio 1914 dal vice presidente LA SOCIETÀ LIGURIO DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 prof. Arturo Issel, in commemorazione del socio march, senatore Giacomo Doria, morto il 19 settembre 1913. Il discorso, che è preceduto da un ritratto del Doria, ricorda specialmente alcuni dei viaggi scientifici del naturalista genovese, e l’opera sua come fondatore del Museo Civico di Storia naturale. Segue poi ed occupa la parte di gran lunga maggiore del volume un lavoro intitolato: Lettere di Carlo Ottone, proconsole genovese m Londra, al Governo della Repubblica di Genova negli anni 1070 e 1671, pubblicate ed illustrate con note e documenti dal socio Francesco Poggi-L’autore della pubblicazione, in una lettera dedicatoria al Presidente march. Cesare Imperiale, dichiara i propositi che lo spinsero a mettere in luce e ad illustrare la corrispondenza dell'Ottone, i cui originali si conservano nell’Archivio di Stato in Genova; piopositi i quali si riassumono nel tentativo di recare con i nostri Atti, che rimasero quasi sempre finora nell’àmbito più o meno ristretto della storia ligure, un utile contributo alla storia d’Europa mediante la divulgazione delle lettere e delle relazioni inviate al Governo genovese dai suoi rappresentanti all’estero. Coteste missive contengono una miniera di notizie raccolte giorno per giorno alle fonti più genuine sulle corti, sui governi, sugli avvenimenti, sui costumi delle nazioni principali d’Europa presso le quali lo Stato genovese mandò e tenne nei secoli xvi, xvn, xvm e fino ai primi anni del secolo xix i suoi inviati sotto i titoli di consoli, agenti, ministri, residenti, ambasciatori. Le lettere pubblicate, in numero di 118, riguardano molti e svariati argomenti che il raccoglitore e l’illustratoie di esse, in una introduzione che vi premette, riassume in sei gruppi, di ciascuno dei quali egli discorre brevemente. Il gruppo più impoitant sotto il rispetto politico è quello che concerne l'alleanza fra 1 n ghilterra, l’Olanda e la Svezia, nota sotto la denominazione di Triplice, e rivolta in origine al mantenimento della pace dEuiopa, alla ie sistenza contro l’espansione francese, ed alla conservazione dei Paesi Bassi. E siccome il raggiungimento di questi tre scopi, in opposi zione alle soverchiatrici tendenze francesi, interessava anche la Spagna e l’impero, non che alcuni piccoli Stati sui quali pa-itico ar mente incombeva il pericolo della politica invadente di Luigi - > così la Triplice alleanza aveva una portata vasta e risolutiva neg l affari d’Europa, e la permanenza oppure la rottura di essa costituì a uninceresse generale europeo. Carlo II d’Inghilterra, sotto la pres ATTI XXI sione del cugino re di Francia, ruppe con insigne tradimento il patto della Triplice, e non contento di abbandonare in tal modo lOlanda agli appetiti di Luigi XIV, unì le proprie alle armi francesi per sopraffare meglio l’ex-alleato. In cotesta opera egli trovò consenso e incitamento nel suo Consiglio privato tristamente noto nella storia d’Inghilterra sotto il nome di Cabala, in inglese Gabal, dalla parola formata con le iniziali dei nomi dei membri di esso Clifford, Arlin-gton, Buckingham, Ashley e Lauderdale; ed ebbe prònuba e mediatrice nel patto con la Francia la propria sorella Enrichetta, duchessa d’Orléans e cognata di Luigi XIV. L’Ottone nelle sue lettere segue il lento e calcolato ma progressivo cambiamento della politica di Carlo II verso l’Olanda, dal segreto trattato di Dover fino alla vigilia delle ostilità. A chiarimento ed illustrazione della corrispondenza del proconsole genovese, il raccoglitore aggiunse un buon numero di note, ottanta in tutto, riportando non solo alcune notizie conosciute il cui ricordo può riuscire utile ad intendere o ad apprezzare meglio il racconto del testo, ma recando numerosi documenti inediti, tratti anch’essi dall’Archivio di Stato in Genova, acconci a particolareg-giare o ad illuminare i fatti dei quali discorre l’Ottone. Fra questi documenti meritano di essere ricordati specialmente le relazioni sopra il ricevimento dell'ambasciatore straordinario inglese Falcom-bridge presso le corti di Genova e di Venezia, sopra l’invasione della Lorena compiuta dai Francesi nell’estate del 1670, sopra i saluti pretesi da alcune navi da guerra inglesi nel porto di Genova, sopra la questione per i confini delle comunità di Triora e Briga e circa l’accordo relativo intervenuto fra la Repubblica genovese e il duca di Savoia. La corrispondenza riprodotta nel voi. XLV va dal maggio 1670 fino al termine del 1671, abbraccia cioè i primi venti mesi del proconsolato dell’Ottone; ma un prossimo volume degli Atti comprenderà, in continuazione di essa, quella più abbondante inviata al Governo genovese dallo stesso proconsole negli anni 1672, 1673 e 1674, e riguardante, fra l’altro, la terza guerra dell’Inghilterra collOlanda. Il Poggi, che ha già interamente trascritta dai documenti originali questa seconda e più ampia puntata del carteggio dell’Ottone, si propone di accompagnarla con un largo studio intorno alla politica inglese di quegli anni, condotto, non soltanto sulle notizie fornite da esso Ot- XXII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 tone, ma ancora su tutte le informazioni date contemporaneamente circa il medesimo argomento dagli altri rappresentanti genovesi presso i Governi di Francia, Olanda e Spagna; e messo possibilmente a riscontro col racconto dei più reputati storici di quel periodo. Al voi. XLV, che venne distribuito nel 1915 ma in conto del 1914, come avvertiva una circolare a stampa inviata ai soci dalla Presidenza in data del 27 marzo 1915, seguì pochi mesi appresso il fascicolo II (non essendo ancora pronto il fase. I) del voi. XLVI, contenente un lavoro del socio avv. Emilio Marengo su Alfonso II Del Carretto marchese di Finale e la Repubblica di Genova; ed uno studio di Roger Janssens de Bisthoven intitolato La loge des Gé-noisà Bruges, con una prefazione sulle relazioni fra Genova e Bruges nel medio evo del socio segretario Francesco Poggi. Il lavoro del Marengo riguarda quel periodo della storia del marchesato di Finale durante il quale, sotto il governo tirannico di Alfonso II, maturarono le condizioni che determinarono il costui successore e fratello Sforza Andrea a vendere nel 1598 il detto marchesato alla Spagna. Preso il potere nel 1546 sotto favorevoli auspicj, il marchese Alfonso si rese ben presto odioso per le imposizioni arbitrarie e ingiuste a cui sottopose i suoi sudditi; i quali nel 1558 si ribellarono prendendo le armi contro di lui e costringendolo a rinchiudersi nel castello Gavone. Il Governo genovese, che aveva molto probabilmente istigata ed aiutata la ribellione, tolse pretesto da quei torbidi per intervenire come arbitro nella questione fra il Marchese ed i Finalesi, accampando gli antichi diritti vantati dalla Repubblica al dominio del Finale, ed intimando alle due parti contendenti di comparire in Genova al cospetto del Senato per esporre le loio ragioni. Ricusò Alfonso di sottomettersi alle pretese genovesi dichiarando che egli non riconosceva altra autorità che quella dell impera-tore, da cui ripeteva il feudo del marchesato; in ciò sorretto dai consigli e dall’opera di Diego Suarez de Figueroa, ambasciatore di S. M. Cesarea in Genova, di Ferdinando di Cordova, duca di Sessa, luogo-tenente generale del re di Spagna in Milano, ed altresì dall appoggio di Andrea Doria, avo e già tutore di esso Alfonso. I Genovesi ricorsero allora, nonostante le proteste dei ministri imperiale e spagnolo, alla forza, inviando milizie nel Finale e sussidiando con ai mi ed armati i ribelli; occuparono la fortezza di Castelfranco, le ville ATTI XXIII ed il Borgo di Finale, e misero l’assedio al castello di Gavone, ove il Del Carretto aveva concentrata la sua estrema difesa. Ma l’energico intervento del duca di Sessa, non che le esortazioni e le minac-cie del re di Spagna e del Figueroa, fecero sospendere le ostilità ai Genovesi, e determinarono il marchese Alfonso ad accettare una capitolazione per effetto della quale le controversie fra esso e la Repubblica genovese dovevano terminarsi in via giudiziaria. Questa capitolazione, ratificata dal march. Alfonso il 2 novembre 1558, imponeva allo stesso marchese di assentarsi dal territorio del Finale fino alla intera cognizione della causa, e stabiliva che, frattanto, il marchesato, ad eccezione di Castelfranco lasciato nelle mani dei Genovesi, fosse dato e rimanesse in deposito e sequestro presso il principe Andrea Doria. Non volle però il Del Carretto sottostare al patto concluso, ch’egli affermava essergli stato imposto colla violenza; e si appellò direttamente, chiedendo giustizia, all’imperatore Ferdinando. 11 quale, dopo aver sentito anche le ragioni dei Genovesi e nonostante le costoro opposizioni sottoposta la questione al Consiglio dell’impero, annullava l’atto stipulato fra Alfonso e la Repubblica, e condannava questa alla reintegrazione del Marchese nel possesso del Finale, compreso Castelfranco, al risarcimento dei danni ed alle spese del giudizio. Tentarono invano i Genovesi di appellarsi al papa contro la sentenza imperiale, che non vollero per nulla iiconoscere, maltiattarono inoltre un primo e un secondo nunzio inviati successivamente a Genova per la notificazione di essa, e loro impedii ono 1 accesso al Senato. Si risentì dell’affronto l’imperatore, ed avrebbe certamente dimostrato con gravi atti il suo sdegno contro la Repubblica, ove il Governo di questa non si fosse affrettato a mutare contegno verso di lui rivolgendosi al re di Spagna perchè ne intercedesse la grazia. Mediante i buoni uffici di S. M. Cattolica I impelatole acconsentì a tiattare con la Repubblica, la quale si obbligò a rilasciare al marchese Alfonso il possesso del Finale, com-Pieso Castelfianco, in virtù della sentenza imperiale. Circa poi la proprietà dei luoghi pretesi, la liquidazione dei frutti, danni, spese e interessi, l’imperatore accettò, con rescritto dell’8 novembre 1568, di rimettere la causa al re di Spagna Filippo II, nella sua qualità di duca di Milano, perchè la definisse secondo giustizia. Con questo accomodamento non cessarono però i guai del marchese Alfonso. II quale, trovandosi a servizio dell’imperatore nella guerra di Un- LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 gheria contro i Tuichi, aveva delegato a ricevere in consegna ed a governare il marchesato, in sua assenza, il proprio cugino Giovanni Alberto Del Carretto; ma questi, con abusi ed atti tirannici, provocò in capo a pochi mesi una nuova ribellione dei sudditi, per cui fu costretto a rifugiarsi nel castello Gavone ed a sostenervi l’assedio dei ribelli. Donde un nuovo intervento imperiale nelle cose del Finale, e questa volta per parte di Massimiliano II succeduto nel 1564 al padre Ferdinando I. L’opera dei commissari imperiali fu lenta ed inefficace a ricondurre la calma ed a riassettare il paese; tanto più fra il contrasto degli opposti interessi degli Spagnoli, e per essi dei Milanesi al cui Senato il re Filippo II aveva rimesso la causa affidatagli col rescritto sopra accennato, e di quelli dei Genovesi e del marchese Alfonso. Cosicché questi, vedendo di non poter riuscire per mezzo della Corte imperiale a riavere il possesso del feudo, pensò di ricorrere aH’aiuto francese; ma avvertito di ciò il governatore di Milano, Don Gabriel della Queva duca di Albuquerque, sventò i disegni di Alfonso inviando nel Finale durante la primavera del 1571 un esercito di 6000 uomini, il quale s’impadronì prima del luogo di Carcare e poi, vinta la viva resistenza di Giovanni Alberto Del Carretto e di altri che guardavano a nome di esso Alfonso il castel Gavone, anche del castello medesimo. Questo fu quindi tenuto dagli Spagnoli a nome dell’imperatore, mentre i commissari imperiali amministravano la giustizia ed esigevano tutte le entrate spettanti al marchese. Nell’ottobre del 1573 intervenne poi un accordo fra l’imperatore ed il re di Spagna, in virtù del quale il presidio militare del Finale doveva esser composto di 'soldati tedeschi anziché di spagnoli; e l’accordo venne riconfermato nel 1577 da Rodolfo II, succeduto nel trono imperiale al padre Massimiliano, e posto in esecuzione nel 1579. Frattanto la politica genovese rispetto al Finale era radicalmente mutata dinanzi alle mire ed all’invadenza spagnole, e mentre prima aveva concorso ad ostacolare la reintegrazione di Alfonso nel possesso del marchesato, ora invece adoperavasi in favore di lui. Ne perorò anzi la causa presso la Dieta dei principi ι Germania radunata in Augusta, mandandovi espressamente nel luglio del 1582 ambasciatore straordinario Giorgio Centurione. La Dieta decretò doversi reintegrare nello Stato del Finale il marchese Alfonso; ma prima che questi potesse trarre vantaggio da tale decisione, venne improvvisamente a morire in Vienna nell’anno 1583. Nè alcun van- Atti xxv taggio poterono trarne i suoi eredi e fratelli Alessandro, Fabrizio e Sforza Andrea, i quali successivamente subentrarono nei diritti che la casa Del Carretto aveva sul Finale; Ano a che l’ultimo di essi, disperando oramai di venire a capo della lite che da oltre trent’an-ni durava per la reintegrazione nel possesso di quel marchesato, lo vendette alla Spagna con atto, del 18 maggio 1598. Il Marengo narra per 55 pagine le vicende che ho qui brevemente riassunte, e fa seguire il suo racconto da note e documenti estratti nella maggior parte dal R. Archivio di Stato in Genova. Il lavoro è corredato da una veduta fotografica dei ruderi di castel Gavone ancora esistenti presso Finalborgo, e da una pianta di esso castello presa verso il 1715, e riprodotta da un tipo geometrico che si conserva nel predetto Archivio. Lo scritto del signor Roger Janssen de Bisthoven sulla Loggia dei Genovesi a Bruges si riferisce all’edifizio noto sotto questo nome ed ivi elevato nel 1399 dai commercianti genovesi per le loro riunioni, come per gli uffici, i depositi e le'sale di vendita delle loro merci. Esso esiste tuttora, per quanto le trasformazioni e le modificazioni che dovette pur troppo subire nei secoli ne abbiano profondamente alterato la fisionomia e la struttura originali. È da augurare che la guerra presente gli risparmi altre ingiurie, e che esso duri ancora per molto tempo a testimonio della potenza del commercio genovese nelle Fiandre durante i secoli xiv e xv. Di questa potenza discorre brevemente il De Bisthoven, ma più ne discorre e ne tratta, recandone ed illustrandone le prove documentali, il lavoro di C. Desimoni e L. T. Belgrano pubblicato l’anno 1871 nel voi. V, fase. Ili degli Atti della Società; ed è principalmente per mettere in connessione lo scritto dell’autore belga con quello più ampio dei due storici liguri, che l’attuale segretario di essa Società ha premesso al primo una succinta notizia sulle relazioni fra Genova e Bruges nel medio evo. La storia di coteste relazioni ed in generale dell’attività mercantile dei Liguri nei secoli scorsi meriterebbe di essere narrata con assai maggior larghezza di concetti ed abbondanza di notizie di quanto siasi potuto fare finora; al che bisognerebbe anzitutto una ricerca paziente ed indefessa così negli archivi pubblici come in quelli privati, nei primi rivolta principalmente ad investigare i protocolli dei notari, nei secondi a mettere in rilievo le contrattazioni commerciali ed amministrative notate nelle vecchie carte e nei registri delle aziende LA SOCIETÀ LIGURE DI STORtA PATRIA DAL 1908 AL 1917 delle grandi famiglie genovesi, che ripetono la loro fortuna dai traffici un tempo esercitati dai loro antenati. La memoria dell autoie belga è accompagnata da una veduta della Loggia come è presentemente, e da uno schizzo di J. Gailliard che ne ricostruisce il disegno primitivo; oltre che da alcuni abbozzi di stemmi genovesi. Alla fine del 1915 fu terminata la stampa e nei primi mesi del 1916 ebbe luogo la distribuzione del voi. XLVII degli Atti occupato intieramente da uno scritto del socio corrispondente prof. Emilio Pandiani sotto il titolo d; Vita privata genovese nel Rinascimento. L’autore dichiara in una lettera proemiale Al lettore che il disegno della sua opera trasse origine dagli studj da lui compiuti negli anni 1906, 1907 e 1908 intorno alla vita del notaro e cancelliere Antonio Gallo, mentre curava la ristampa dei costui Commentarii nella nuova edizione dei Rerum italicarum scriptores diretta da Vittorio Fiorini (1). L’opera è divisa in cinque capitoli, dei quali i tre ultimi sono molto più ampi degli altri due. Il primo, intitolato Genova nel Rinasci-mento, è una descrizione, in alcuni punti assai vivida, dell aspetto della nostra città e del carattere dei suoi abitanti verso la fine del secolo xv e gli inizi del secolo xvi, ed una sommaria narrazione delle vicende politiche, commerciali, industriali, culturali, coloniali dei Genovesi di quell’epoca. Nel secondo capitolo l’autore tiatta dei Commerci genovesi riguardanti particolarmente i panni, i cotoni, le pelli, i tappeti, il mastice, gli allumi ed i grani. Passa anzitutto in rivista le molte varietà di panni che andavano sotto i nomi di stameti, boc-casini, camelloti, zarzacani, marorchini, panni di Garbo, panni d Inghilterra; delle stoffe seriche denominate camocati, damaschini, bloccati, velluti, taffetà, zendati, zentonini; delle stoffe comuni di cotone, lana, canapa ed altre di poco prezzo dette bambaxine, blancheti, biadi, butanee, borraxini, bordi, bruneti, gamelini, bucarami, fustagni, dobleti, clarixie, monachini, saie, ecc. Accenna quindi alle opeiazioni alle quali venivano sottoposti i panni prima di essere messi in com- (lj Antonii Galli commentarii, De rebus Genuensium et de navigatione Colum i, a cur di Emilio Pandiani; in Rerum italicarum scriptores, Raccolta degli storici italiani r a cui quecento al millecinquecento ordinata da L. A. Muratori, Nuova edizione riveduta amp ut e corretta con la direzione di Giosuè Carducci e Vittorio Fiorini, tomo ΧΧΙΙΓ, parte I, Città di Castello, MDCCCCX-XI. ATTI XXVII mercio. Discorre poi brevemente dei cotoni, delle pelli, dei tappeti e del mastice provenienti da Chio; deH’allume estratto per circa due secoli, fra il 1275 ed il 1455, dalle miniere della Vecchia e Nuova Focea, e più tardi da quelle scoperte nel 1462 a Tolfa presso Civitavecchia. In quanto al grano ed alla farina « saxeta e tozella » accenna alle importazioni che se ne facevano dalla Sicilia, dalla Corsica, dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Provenza, dalla Barberia, dalle Fiandre. Nello stesso capitolo il Pandiani parla infine dei mezzi di trasporto terrestri e marittimi, dei terrestri additando i muli carichi di balle e zerbini, dei marittimi enumerando le varie specie di navi corrispondenti alle denominazioni di lembi, galee, usceri, cocche, panzoni, buci, salandre, brigantini, caracche, e le persone che componevano i loro equipaggi. Il terzo capitolo, ch’è il più lungo di tutti, vien dedicato alla Casa genovese della media borghesia. Dopo avere esaminato l’esterno ■con la porta ed il portale, l’autore entra nella caminata o sala da pranzo, arredata con casse, banche, bancali, scanni o scamelini o scagneti, catedre, ed in mezzo la tavola, e talora, quando serviva anche per stanza da lavoro alle donne, col bindolo per dipanare matasse, la madia o meisera per fare il pane e la capsieta prò domina; ed entra mentre vi si prepara un lieto convito, e così ha modo di enumerare e descrivere tutti gli oggetti e le masserizie all’uopo occorrenti, dalla lumiera e dai candelabri o candele alla tovaglia ed ai tovaglioli o serviette, dal bacile colla sua stagnala per l’abluzione delle mani fino ai piatti e bicchieri, dai guardamapi alle numerose argenterie. Passa poi alla camera cubiculare ove mostra le grandi casse di abete, noce e cipresso, fasciate di cuoio oppure dipinte o intarsiate, ripiene di vesti, telerie, argenti, ecc.; i cofani, più eleganti dei cassoni; la capusera per appendere i cappucci e gli abiti d’uso quotidiano; i bancali per sedere; la capsia a scriptis o scagnetus sive capsietina pro scriptis·, il tavolo rotondo coperto da un tappeto con sopra la capsieta contenente gioielli, cinture, borse, ecc.; il letto (torcular, torchio) con tutto il suo arredamento di strapunte, culceri o coltrici, lentiamina o lenzuoli, copertorium, coltre, copriletto, cuscini, auricolaria o guanciali, ecc. Dopo avere accennato alla camera del bagno, esistente in molte case genovesi, ed alle relative masserizie, l’autore sale in cucina, collocata di regola sopra la caminata ed ivi fa la rassegna delle giare per l’olio, l’aceto e la farina, dei recentali XXVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 di rame e stagnoni, dei la veggi, calderoni, calderoneti, ramaioli, paioli, tegami, padelle, teglie, palette, palettine, graticole, mortaio, pestello, grattugia, taffaria, incisori, taglieri, tortore, ecc. Parla del camino e del focolare, della madia e delle mastrelle, del crivello, dei quartali per misurare le granaglie ed i liquidi, e della bilancia; e dà in ultimo un’occhiata alla caneva o dispensa ove si ripongono le grasce, il vino, l’olio e le altre provviste di casa nei relativi vasi, botti o vegete vasselli, barili, barilotti, caratelli, giare, burnee, mezene, ed ove si osserva la metreta per la misura del vino (1). Alle vesti il Pandiani dedica tutto il 4° capitolo. La ricchezza e lo sfarzo dei Genovesi nel vestire sono da lui ricordati con la testimonianza deH’Anonimo genovese, del Boccaccio, del Sacchetti, del-ΓAstesano, di Enea Silvio Piccolomini, di Paolo Partenopeo; e notizie più precise sulle loro vesti nei secoli xv e xvi egli trae da Giovanni Ridolfi, da Jean D’Auton e dal Yecellio. Egli esamina le vaiie parti dell’abito maschile e femminile dalla camicia alla cappa o sber-gna, e dà contezza delle varie specie di vesti corrispondenti ai nomi di gonna, gonnella, bialdo, giornea, diploide, uppa, ucca, mantello, toga, guarnacca, gamorra, turca, schiavina, gavardina, ecc. Per fornire — com’egli stesso si esprime — un’esatta conoscenza del costume maschile genovese alla fine del secolo xv, passa in rivista le statue del palazzo dell’Officio di S. Giorgio, ora sede del Consorzio autonomo de) porto di Genova. Discorre poi delle acconciatuie femminili, dei gioielli e degli oggetti di toeletta; ed in ultimo delle leggi suntuarie emanate in Genova ed in Savona fra il 1449 ed il 1531. Il capitolo V riguarda i costumi e le usanze; ed intorno a ciò il Pandiani mette a riscontro le testimonianze di alcuni scrittori — Rambaldo di Yaqueiras, Giovanni Boccaccio, Giambattista da Udine — che hanno celebrato la donna genovese « come rigida custode dell’onore famigliare », con quelle di altri scrittori Enea Silvio Piccolomini, Antonio Astesano, Paolo Foglietta che la dipingono (1) Circa la camera da bagno sono da notare alcune osservazioni mosse al Pandiani da Curzio Mazzi, il quale non crede affatto che in allora « le famiglie genovesi, come, del resto, quelle di altre parti, avessero il bagno in casa . (Λrc/ncio storico-italiano, anno lxxiv, volume I, disp. seconda del 1916; Recensioni, ρρ· 1 ATTI XXIX invece tutta dedita al piacere ed al lusso. L’autore parla dei ciarlatani e cantori, dei giochi e delle veglie, e s’intrattiene quindi con larghezza sulle feste del Natale, dell'Epifania, del Carnevale, della Pasqua e del Calendimaggio. Tratta anche delle feste e ricevimenti occasionali cui davano luogo i passaggi di principi da Genova, fra i quali ricorda quelli dei duchi Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia nel 1471, dell’imperatore Massimiliano nel 1496, di Ludovico Sforza nel 1498, di Luigi XII nel 1502 come signore acclamato e nel 1507 come nemico, di Carlo V nel 1529 e poi nel 1533. Dalle feste pubbliche passa alle feste familiari discorrendo del matrimonio, dei conviti, delle monacazioni, ecc.; e prende occasione di dire in ultimo delle schiave in Genova e delle loro condizioni. Al racconto, sussidiato frequentemente con notizie, citazioni, confronti presi da scrittori che si sono occupati della storia del costume, come G. Baglietto, L. T. Belgrano, L. Beltrami, R. Bevere, B. Cecchetti, A. Ceruti, L. A. Cervetto, F- Gabotto, L. A. Gandini, A. Giulini, Luzio-Renier, F. Malaguzzi Valeri, A. Manno, C. Mazzi, C. Merkel, G. Monticolo, E. Motta, A. Neri, G. Pardi, A. Schiapparelli, L. Staffetti, M. Staglieno, ecc., l’autore fa succedere tredici inventari di mobili, biancherie, vesti, oggetti di cucina ed altre cose d’uso domestico estratti da antichi atti notarili, e quindi i conti del notaro Antonio Gallo, oltre un saggio di legge suntuaria del 1506, tutta materia documentaria inedita di notevole importanza. I documenti sono seguiti da un glossario delle voci che compariscono in essi e nel testo, fatica particolare del Pandiani. Il quale ha voluto per ultimo aggiungere il lungo elenco delle opere da lui consultate per il suo laborioso scritto. Adornano il volume diciotto illustrazioni grafiche su carta americana riproducenti antiche vedute di Genova, quadri dell’epoca, statue ed altre sculture. E così ho finito di dar ragguaglio dei lavori pubblicati dal 1909 al 1916 nei nostri Atti. Questi avrebbero potuto in tal periodo di tempo comparire più frequentemente e recare maggiore contributo di notizie alla storia genovese, se la inesorabile ragione finanziaria non ne avesse ristretta l’uscita ad un volume per anno. La materia non fece difetto, e diverse profferte di lavori da pubblicare nella nostra collezione dovettero essere, non dico respinte, ma accettate con tali termini di tempo, che ai loro autori convenne di rivolgersi al- XXX LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 trove (1). Altri lavori, che avrebbero già dovuto veder la luce negli Atti, sono tuttavia in preparazione; fra i quali è mio obbligo ricordare quello delle Iscrizioni medioevali della Liguria, in proseguimento della raccolta di Marcello Remondini contenuta nel voi. XII di essi Atti (2). Altri rimasero inediti per la morte dei loro autori, come quello di Girolamo Rossi sui Conti di Ventimiglia (3). Oltre gli Atti la Società aveva promosso e divisato alcune altre pubblicazioni riguardanti la storia di Genova, che poi non ebbero esecuzione. Degno di miglior sorte doveva essere il concorso bandito (1) Fra esse profferte ricordo: 1. Lettere di De Negri, console del granduca di Toscana a Genova, al cav. Francesco Serrati, governatore di Livorno, scritte nel 1791 ed anni successivi intorno agli avvenimenti della rivoluzione francese relativi alla Liguria, con notizie nuove ed importanti sulle vicende politiche e militari del tempo — conservate nell’Archivio storico di Livorno e proposto per l’inserzione negli Atti dal dott Pietro Vigo (lettera 7 gennaio 1910). 2. Epistolario dell'umanista Antonio Ivani da Sarzana, segretario particolare di Ludovico Fregoso, raccolto ed illustrato con largo commento da Franoesco Luigi Mannucci (lett. 25 agosto 1910). 3. La missione di Gian Carlo Serra a Varsavia come agente di Napoleone, lavoro di Marcel Handelsman, membro della Soc. scientifica di Varsavia, della Soc. de la Revolution fran pp. 205-224. Egli erasi già specificatamente e di proposito occupato dei vaij alo° menti di essa in parecchie pubblicazioni, fra le quali mi piace ricordare. Per la no grafia di Luchetto Gattiimi, in Giorn. stor. e letter. della Liguria, a. 1903, pp. 45o ·■ , L’Anonimo genovese e la sua raccolta di rime, Genova, 1904; La Cronaca di Jacopo Varagine, Genova, 1904: Intorno ad un volgarizzamento delta Bibbia attribuito al B. a-copo da Varagine, in Giorn. stor. e letter. della Liguria, a. 1904, pp. 96-119; Di Lanfi anco Cicala, e della scuola trovadorica genovese, ivi, a. 1906, pp. 5-32. (2) Il Cittadino, gazzetta di Savona, 11-12 novembre 1910, n.1 254, 255. UONEERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE IL, appartenesse al tipo predominante, in un certo periodo di tempo, nella regione degli antichi Sabazi, la quale comprendeva l’attuale territorio di Bergeggi; tipo di cui egli riassume le caratteristiche nei seguenti termini: « Tomba in forma di prisma triangolare della lunghezza di circa metri due; le due faccie inclinate, costituite ognuna da quattro embrici rettangolari ad orli rilevati, aderenti gli uni agli altri cogli orli a contatto, quelli del versante destro disposti cogli orli in fuori, quelli del versante sinistro cogli orli in dentro. A cavaliere dello spigolo superiore sta adagiata una fila di tegole semicilindriche, imboccate una nell’altra in modo da impedite l’infiltrazione delle acque piovane tra le commessure degli embrici. Le due testate sono formate ciascuna da un embrice a sagoma triangolare; mentre il lato orizzontale, ossia il fondo della tomba, consta di tre embrici simili a quelli dei due pioventi, ma di dimensioni maggiori, disposti colla superficie piana all’interno ». Questo tipo fu dallo stesso osservatore riscontrato, salvo poche varianti, nelle necropoli di Legino, Albisola, Savona, ecc. L’altra sepoltura differisce dalla suddetta, non solo per la qualità, il colore e la cottura dell’argilla, ma principalmente per la forma e per il rito funerario che presiedette alla sua formazione. « Trattasi infatti » — così Y. Poggi — « d’un ossuario consistente in un’anfora panciuta, intenzionalmente rotta o segata nella sua parte inferiore, entro la quale giacevano i resti d’uno scheletro umano. Siccome dallo stretto orificio e pel collo allungato dell’anfora non sarebbe stato possibile far passare il cadavere da adagiarsi entro il ventre di essa, la congettura più probabile è che lo scheletro vi sia stato introdotto dal fondo del vaso a tal uopo rotto o segato, ricoprendo poi le parti inferiori del cadavere sporgenti dall’anfora, coll’altra metà del vaso o coi cocci di altro vaso più ventricoso, di cui si trovarono frammenti commisti a quelli dell’ossuario ». È oramai comprovato che verso i primi secoli dell’era volgare tanto in Liguria quanto nella Provenza seguivasi il costume di inumare i morti entro un’anfora segata o rotta per metà, oppure fra i pezzi di due o più vasi della stessa specie. L’illustratore reca esempi di ciò, ed osserva l’affinità fra la su descritta anfora-ossuario e quella scoperta nel 188-5 da don Nicolò Morelli a Borgio-Verezzi (1). (1) Cfr. Abtubo Issel, Liguria preistorica; in Atti della Soc. Lig. di stor. patr.. voi. XL, pp. 584-586, 4 L LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Egli nota che le due sepolture di Bergeggi appartengono a quel periodo nel quale i Liguri si trovavano a contatto colla civiltà romana senza esserne ancora compenetrati ed assorbiti: « La prima tomba » — continua — « ci rivela infatti una gente che seppellisce i suoi morti in sepolcri costrutti di embrici sagomati, cioè di elementi uniformi destinati ad uso funerario e disposti secondo un concetto di architettura semplice ma propria e caratteristica. Questa generazione è evidentemente più evoluta in civiltà di quella a cui spetta l’ossuario n. 2; la quale chiude le spoglie mortali dei suoi cari entro vasi d’importazione non fabbricati per quest’uso e che essa è costretta a rompere e a sciupare per potervi adagiare la salma. In complesso, le sepolture in esame ci danno l’idea d’una razza mista in cui predomina l’elemento ligure; razza che in parte conserva i riti funerari dei progenitori cavernicoli e in parte ha adottato il costume, importato da altra gente, dell’inumazione entro dolii o diote fittili. Tutto ci porta a credere che i sepolti in queste tombe non aveano ancora perduto la loro individualità etnologica ligure; e che al tempo in cui vissero, la stazione di Bergeggi non era ancora la stazione romana a cui si riferiscono i marmi figurati e scritti di cui fa menzione il Torteroli e le lapidi riportate dal Mommsen nel Corpus inscriptionum latinarum, v. n. 7777-79, bensì una stazione mista, ove gli elementi liguri predominanti erano però già in via di spogliarsi della barbarie neolitica ». In ultimo V. Poggi ritiene che le due tombe sovra descritte accennino all’esistenza di una necropoli di cui facevano parte, e che sarebbe pertanto desiderabile di poter riprendere in quella regione gli scavi per esumarne delle altre. Alle notizie di V. Poggi il prof. Neri fece seguire, con speciale riferimento alla necropoli rinvenuta in Genova nel 1898 per effetto dell’apertura della nuova via Venti Settembre, alcune brevi considerazioni circa l’importanza di estendere le ricerche, di raccogliere e di comparare il materiale delle sepolture fittili della Liguria, onde trarne elementi utili alla storia delle antiche genti che l’abitarono. Passò quindi a dar contezza di una relazione del genovese Francesco Cattaneo, testimonio di veduta, suH'arrivo in Cadice di Cristo-foro Colombo, reduce dal suo secondo viaggio alle nuove terre da lui scoperte. Il che porse argomento ai presenti di discutere e di confutare la falsa e strana opinione, ultimamente sostenuta da un CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE gioì naie spagnolo, secondo la quale Colombo sarebbe di origine spa-gnuola e precisamente ebreo-galiziana (1). Una terza comunicazione, che suscitò la più viva curiosità fra i convenuti, fece in quella sera il prof. Neri; ed ebbe per oggetto lo impiessioni su Genova di Enea Silvio Piccolomini, più tardi papa P io li, desunte dall’epistolario dello stesso edito in Fontes rerum austriacarum da R. Wolkan nel 1909 (2). Il Piccolomini accompagnava allora, come segretario, il cardinale Domenico Capranica in viaggio per Basilea. Erano saliti in nave a Piombino, e dopo una fierissima tempesta avevano potuto raggiungere nel febbraio del 1432 Genova, donde poi proseguirono per Milano: ed è appunto in una lettera, scritta dalla metropoli lombarda sotto la data del 24 marzo successivo, che l’umanista senese informai] suo concittadino Andreaz-zo Petrucci sul suo passaggio da Genova e sulle cose osservate in questa città. Anzitutto gli descrive il porto difeso da un molo « che poco più costerebbe se fosse fatto d’argento », e quindi gli alti palazzi con porticati marmorei ornati di sculture e di fregi, e degni per magnificenza di accogliere principi e re, le ville suburbane, e l’aspetto grandioso del l'insieme, che rende Genova superiore a Firenze ed a Venezia. Le chiese non gli sembrano tuttavia corrispondere alla grandezza della città, per quanto molto ricche ed abbellite dalle tombe (1) Che la patria di Colombo sia Genova, lo afferma egli stesso nel suo testamento: dovrebbe quindi essere ritenuta oziosa ogni questione in proposito. Inoltre, dopo le ricerche di M. Staglieno, U. Assereto, F. Podestà, è assodato ch’egli nacque fra il ‘26 agosto ed il 31 ottobre 1451 in via dell’Olivella, ora scomparsa, che conduceva alla porta dello stesso nome già esistente nei pressi di Pammatone alP Acquasola, della quale porta con torre era allora custode il padre di lui. Che i maggiori di Colombo, a far capo dal nonno di cui lo Staglieno ha dimostrato la provenienza dal luogo di Moconesi presso Cicagna nel Chiavarese, fossero italiani e cattolici è cosa per documenti certissima. In quanto poi agli antenati più remoti, discendano essi da Cuccaro o da Piacenza o da altri luoghi, è esclusa la loro origine forestiera ed israelitica dalle stesse documentazioni colle quali vengono giustificate siffatte provenienze. Don Celso Garcia de la Riega fu il primo a bandire, in una conferenza da lui tenuta nel 1910 alla Società geografica di Madrid, che Colombo era nato a Ponteve-dra in Galizia (Spagna); e la stramba opinione venne subito sostenuta da Fernando de Anton de Ohnet nell’impana Moderna, periodico madrileno (n. 258, a. 1910, pp. 5-44). Ma anche in Ispagna trovò chi la combattè come cosa infondata ed assurda. (Ved. in Boletin de la Beai Academia de la Historia, tomo LXX, cuaderno vi, juuio 1917, pp. 544-555, l’art. Colon non es gallego). (2) Vedasi in proposito: V. Samanek, Corrispondenza dalla Germania - Pubblicazioni degli anni 1008, 1009 e 1910 sulla storia medievale italiana; in Archivio Storico Italiano, a. 1913, pp. 107-108. LII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 dei nobili, e pregevoli per le reliquie, che i Genovesi tengono in gran venerazione; fra le quali si ammira il catino ritenuto di smeraldo e quello stesso che servì nella cena del Salvatore con i discepoli. Lo scrittore accenna inoltre all’abbondanza dell’acqua « gradita al gusto e leggerissima », che scende dai monti e fornisce ogni casa. Ma più interessanti sono i giudizi ch'egli dà degli uomini e delle donne genovesi. I primi, operosi audaci e maravigliosamente atti a. sopportare le fatiche e i disagi, sfidando qualunque pericolo per bramosia di lucro, padroni ed arbitri del mare non hanno eguali nelle navigazioni mercantili e nelle battaglie navali. Ma assorti nelle affannose sollecitudini dei traflìci non si curano poi di quel che fanno le loro donne, di cui sembrano piuttosto subire che possedere l’imperio. Genova è il paradiso delle donne — scrive il Piccolomini — per la libertà sconfinata di cui vi godono e per la vita di delizie che vi conducono. Aliene da qualunque utile lavoro trascorrono il tempo nel far mostra di abiti sfarzosi e nel fare all’amore: o assise nelle loggie per attirare l’ammirazione e i complimenti dei passanti, che occhieggiano con maggior bramosia di quella con cui ne sono ricambiate, ovvero in fervorosi colloqui coi loro amanti, coi quali scambiano doni o rinnovano testimonianze d’affetto, o danno e ricevono promesse, o combinano appuntamenti. Uno dei loro passatempi è quello di far tendere o di permettere che si tendano lacci dinanzi alle logge ove esse stanno, vale a dire delle funicelle fra i due lati della strada, perchè vi incappino i viandanti troppo intenti ad ammirare le soprastanti bellezze muliebri, e ruzzolino per terra fra le pazze risa di queste. Maschi e femmine, matrone e giovinette, maritate e nubili, tutti e tutte, non eccettuate neppure le vergini votate a Dio nei conventi, sono molto inclinati ai piaceri, ed imparano e seguono presto i precetti d’amore; sicché è da credere, che se Venere ritornasse a vivere preferirebbe Genova per sua dimora, anziché Cipro o il monte di Citerà o il bosco Idalio. Il Piccolomini tocca per ultimo delle lotte intestine dei Genovesi, esclamando: « 0 città fortunatissima, se avesse posseduta la concordia dei cittadini! ma tanta fu invece la discordia degli uomini fra di loro, che ognuno si studiava di preparare all’altro insidie, di procurare morte, di recar danno al prossimo, essendo tutti animati dal pensiero di reciproche offese, stragi, spogliazioni ed esilii; talché la maggior parte della nobiltà cittadina riparò in sedi straniere ». Colle quali parole dell’umanista senese il Neri CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE diede tei mine alla sua esposizione, che offrì ai presenti argomento di vivaci considerazioni e di raffronti istruttivi (1). La seconda conversazione fu tenuta il giovedì 19 gennaio del nuovo anno 1911 sopra un tema svolto dal socio prof. Emilio Pandiani, e ìiguardante la storia del costume in Genova ai tempi di Antonio Gallo; tema che diede poi materia al voi. XLVII dei nostri Atti, i; Pandiani lumeggiò dapprima la notevole figura del Gallo, non tanto come scrittore di storie e cancelliere dellOfficio di S. Giorgio, quanto come uomo privato; negoziante, banchiere, appaltatore; e trattò della famiglia, della casa e dell’azienda domestica di lui con abbondanti particolari tratti da due grossi Cartulario, rationum privatarum compilati dallo stesso Gallo ed ora conservati nel R. Archivio di Stato in Genova. Accennò precipuamente al largo giro di affari del notaro genovese nel commercio dei panni, delle sete, dei tappeti, delle pelli, del cotone, del pepe, dell’allume, dell’olio, del vino, del giano e dell orzo; alla sua attività di armatore come proprietario o compartecipe di navi mercantili; non che di spedizioniere d’acciaio, ferri ed altre merci in Corsica, e di esportatore di legname da essa isola; ed infine alla sua opera di banchiere nelle operazioni di cambio di monete, di depositi di capitali e di prestiti su pegni. L’espositore seguì poi il Gallo nella intimità delle pareti domestiche ed imprese a descriverne l’alloggio, le vesti, la suppellettile casalinga diffondendosi in tutti quei ragguagli ch’io ho già ricordati in questa mia relazione discorrendo del voi. XLVII degli Atti (2). Ma il tempo concesso alla radunanza non bastò ad esaurire l’argomento, tanto più che l’esposizione del Pandiani venne intramezzata dalle osservazioni di alcuni dei presenti, segnatamente di Luigi Augusto Cervetto e di Giovanni Campora, i quali recarono il contributo dei loro studj a chiarimento ^ complemento di talune delle cose espo- (1) Il prof. Neri pubblicò poi, con ampliamenti e note, la sua comunicazione, sotto il titolo « Le impressioni di Enea Silvio Piccolomini intorno a Genova», in Rivista Ligure, a. 1911, pp. 57-74. (2) Il prof. Pandiani fece noto per le stampe il risultato dei suoi diligenti studj sulla vite del Gallo, oltre che nella prefazione ai Commentarii del cronista genovese da lui editi nella nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores (fase. 87 e 99), anche in una monografia intitolata « Vita privata di Antonio Gallo > comparsa in Archivio Muratoriano, voi. II, fase. 14, pp. 141-160. LÌV LA SOCIETÀ LIGURE DÌ STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 ste; cosicché si convenne di rimandare ad un prossimo ritorno il seguito della trattazione. Nella terza conversazione, ch'ebbe luogo il 26 gennaio 1911, il socio prof. Francesco Poggi parlò del voi. I del Corpus nummorum italicorum, prendendo occasione dal dono di esso volume fatto alla nostra Società dal re d’Italia per mezzo del presidente march. Cesare Imperiale. Egli premise che non intendeva occuparsi dell’opera regale per un esame critico della stessa, per il quale non credeva di avere nè competenza nè autorità, ma per una semplice e sommaria esposizione o meglio informazione del suo contenuto. L’opera reca come sotto titolo: « Primo tentativo di un catalogo generale delle monete medievali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri paesi », ma è assai più che un tentativo, sia perchè essa si vale di tutti i lavori congeneri fatti in Italia e fuori, sia perchè ha il suo principal fondamento nella collezione privata del Re, che è una delle più ricche raccolte numismatiche esistenti; talché tutto ciò che potranno aggiungere ulteriori ricerche e scoperte avrà sempre carattere secondario e sussidiario per rispetto ad esso catalogo. Basta dire, per dare un’idea dell’ampiezza delle ricerche eseguite, che in questo primo volume sono citate, oltre la collezione di S. M., tredici altre collezioni italiane e nove straniere. Manca sul frontespizio il nome dell'autore; ma è nov to che, sotto l’alta ed attiva direzione del Re, parecchi sono i col-laboratori dell’opera, e principalissimo il generale Giuseppe Ruggero (l).Si dichiara nelle avvertenze generali che « l’ordinamento seguito nel catalogo è quello stesso adottato da S. M. il Re per la sua collezione, vale a dire il regionale; e per ogni regione, le singole zecche, ovvero i luoghi a nome dei quali vennero battute le monete, son disposti in ordine alfabetico. Un’eccezione a questo ordine è stata fatta per le monete di Casa Savoia, riunite in una sola serie nel primo volume ». Il quale è composto di 532 pagine di testo e di 42 tavole ove sono illustrate « con figure in fotocalcografia quelle monete che rappresentano un tipo speciale, o qualche sua varietà d’una certa importanza ». In questo primo volume le monete sono dunque date in ordine cronologico, che è quello stesso in cui si seguono i dinasti (8) Il generale Ruggero morì in Roma il 14 novembre 1911. Vedasi più innanzi un cenno biografico di lui. conferenze e Conversazioni di storia e d’arte lV di Casa Savoia a cominciare da Umberto Biancamano, capostipite della dinastia, fino all’attuale re Vittorio Emanuele TII. Vi compariscono tutte le monete coniate durante una così lunga serie di secoli dalle zecche dei conti e dei duchi di Savoia e dei re di Sardegna, non che quelle del presente regno d’Italia. Si lasciarono fuori soltanto « le monete coniate sotto titoli diversi dai titoli del ramo principale, e cioè: quelle di Emanuele Filiberto come principe di Piemonte e conte d’Asti, coniate appunto in Asti, vivente il padre; quelle di Filippo principe d’Acaia coniate in Chiarenza, e di Ludovico re di Cipro, in Nicosia », di Vittorio Amedeo II in Palermo, ed altre di carattere troppo speciale; le quali si rimandarono ai volumi successivi. Umberto I, capo stipite della casa di Savoia, non battè moneta- li primo dei conti di Savoia che coniò moneta, pare sia stato il nepote di lui Oddone, successore di Amedeo I, il quale era figlio di esso Umberto. Ma le monete di Oddone, che signoreggiò dal 1056 al 1060, come quelle dei suoi successori immediati, che si coniarono in Susa, si sono staccate dal primo volume. È da notare che solamente nell’anno 1139 i Genovesi ottennero dall’imperatore Corrado II il privilegio di battere moneta; cosicché il piccolo conte di Savoia precorse di circa un secolo la Repubblica di Genova neH’esercizio di tale sovrana facoltà. La serie generale delle monete elencate in questo volume I ha principio con Amedeo IV, decimo conte di Savoia dal 1233 al 1.253, il quale coniò in Susa. Avigliana, Chambery e S. Maurizio. Le monete di lui sono denari forti, che vanno diminuendo gradata-mente di peso, diametro e titolo. A questo punto l’espositore, prima d’andare innanzi nell'esame del volume, parlò sommariamente del denaro, la più diffusa specie dimoneta dei tempi medievali. È noto — egli disse — che l’unità principale delle misure di valore era fin dall’epoca romana la libbra o lira ; ma la lira non era allora una moneta reale, ossia un valore costituito effettivamente da un pezzo metallico, ma era, come si dice, una moneta di conto, cioè serviva per il computo delle somme maggiori, e rappresentava la somma di 20 soldi, anch’essi ordinariamente fittizi, ciascuno dei quali componevasi di 12 denari. Di queste tre unità monetarie, lira soldo e denaro, soltanto il denaro aveva dunque un’esistenza effettiva in un pezzo d’argento; il quale avrebbe dovuto essere in peso la 210a parte della libbra romana, cioè g 1.359 aH'incirca. All’epoca carolingia LVÌ LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 vigevano, oltre il sistema fondato sulla libbra romana di 240 denari, altri due sistemi, basati, l’uno sulla stessa libbra romana, ma divisa in 22 soldi e quindi in 26-1 denari, e l’altro sopra una libbra nuova detta carolina e più pesante di un quarto della romana, ed al pari di questa suddivisa in 240 denari. Nel primo di tali altri due sistemi il denaro avrebbe dovuto pesare g. 1,235 e nel secondo g. 1,700; mentre nel sistema romano il suo peso doveva essere, com’è detto sopra, di g. 1,359. Cosicché, a seconda dell'uso dell’uno o dell'altiO dei suddetti tre sistemi in vigore al tempo dei Carolingi, il denaro avrebbe dovuto andare da un peso minimo in argento di g. 1,235 ad un peso massimo di g. 1,700. Questo in teoria; in pratica le cose correvano però diversamente, poiché, nonostante i ripetuti editti, capitolari e regolamenti dei re Franchi, che stabilivano dovere essere il denaro di mero o purissimo argento, e di peso pieno ed esatto, venivano messi in circolazione pezzi di lega e di peso scadenti. Cosiffatto inconveniente divenne via via maggiore col tempo per effetto delle frequenti adulterazioni e contraffazioni; talché, per i tempi dei re o imperatori Berengario I, Guido, Lamberto, Arnolfo, Ludovico III, Rodolfo, Ugo, Lotario e Berengario II, a fianco di bellissimi denari d’argento di cui qualche esemplare supera perfino g. 1,800, si trovano denari assai cavi o scudellati, di piccolo modulo, composti d’argento misto abbondantemente con rame. Nel periodo degli Ottoni della casa di Sassonia, di Arduino d’Ivrea re d’Italia e di Enrico II imperatore, periodo che va dall’anno 961 al 1024. e durante il quale la zecca di Pavia ebbe la maggiore sua importanza e fama, tanto che la moneta pavese venne in tutta Italia ad essere assunta a norma delle stipulazioni pecuniarie così negli atti pubblici che nei privati, sembra che fosse abbandonata la cosidetta libbra nuova di Carlo Magno e ripristinato o meglio seguito generalmente l’uso dell’antica libbra romana di g. 326,337 siccome base del sistema monetario. Così almeno crede Camillo Brambilla, che si occupa ampiamente di questa materia, mentre dissente da lui il nostro Desimoni, il quale stima invece che il peso normale fosse allora l'anglogermanico o di Colonia, la cui oncia ragguagliasi a g. 29,233 e quindi la libbra a g. 350,796 (1). Durante il periodo che corre da Corrado II il Sa- (1) Cfr. Monete di Pavia raccolte ed ordinatamente dichiarate da Camillo Βπαηιιιι,γ.λ, Pavia 1883: Coknelio Desimoni, Le prime monete d'argento della zecca di Genova ed, il CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE LVIÌ lico a Corrado III di Svevia abbracciando 128 anni fra il 1024 ed il 1152, erano assai comuni i cosidetti denari bruni della zecca di Pavia; i quali, secondo ci attestano gli Annali del Caffaro e taluni documenti del Liber iurium, avevano corso in Genova specialmente dal 1102 al 1115. Essi erano al titolo di 500 millesimi per l’argento, e pesavano g. 1,100 come il pavese buono, più ricco d’argento, il cui titolo era di 666 millesimi. Dal 1115 fin verso il 1140 erano usitatissimi in Genova i brunetti, che corrispondevano alla metà del denaro pavese, cioè a\Yobolo o alla medaglia. Ottenuto poi nel 1139 i Genovesi il privilegio di battere moneta, ebbero corso in Genova i genovini, che il Desimoni calcola del peso di */24 dell’oncia genovese, vale a dire di g. 1,100, poveri d’argento, avendo appena il titolo di 333 millesimi, ossia contenendo g. 0,367 d’argento puro. Il genovino valeva la terza parte del denaro pavese antico, e la metà del danaro pavese buono. Altre specie di denari erano gli enriciani così denominati dagli imperatori Enrico III e IV, i denari imperiali emessi da Federico Barbarossa verso il 1161, i grossi di quattro imperiali battuti da Federico II, pesanti da g. 1,460 a g. 1,300, con 920 o 950 millesimi di puro argento. Siamo così arrivati ai denari forti del conte Amedeo IV di Savoia con cui comincia la serie generale del voi. I del Corpus nummorum. Essi vanno da g. 1,77 a g. 0,65; i più pesanti sono in argento, ove il fino arriva almeno alla metà, gli altri misti, ove l’argento costituisce la parte minore. Per dare una più sensibile idea del peso di essi denari, il disserente ricordò che l’attuale moneta francese in argento da 20 centesimi pesa un grammo, e che pure un grammo è il peso della nostra piccola moneta da un centesimo. Il denaro di g. 0,65 pesava pertanto meno dei 2/3 dell’attuale centesimo. In quanto al valore, ammesso che il denaro di g. 1,77 fosse di purissimo argento, esso costerebbe, al prezzo attuale dell’argento monetario, poco meno di 40 centesimi, e la metà se lo stesso denaro fosse al titolo di 500 millesimi: ma tale valore, si noti bene, sarebbe quello che la moneta avrebbe se si trovasse presentemente in circolazione. Il determinare poi il valore che essa aveva all’epoca in cui fu coniata è loro valore (1139-1493), in Atti della Soc. Lig. di stor. patr. voi. XIX, pp. 177-223, e Tavole descrittive delle monete della zecca di Gettova dal MCXXXIX al MDCCCXIV, in Atti id. voi. XXII, pp. I-LXXII, 1-320. LVllI LA SOCIETÀ LIGURE Dì STORIA PATRIA DAL 1908 AL 191? un problema assai arduo, per la risoluzione del quale il dicitore dichiarò di non avere dati sufficienti (1), Al conte Amedeo TV — egli proseguì — succede Bonifacio, conte di Savoia undicesimo; ma non si conoscono monete di lui. Del successore Pietro II il volume reca una sola moneta, un denaro della specie dei precedenti. Il tredicesimo conte di Savoia, Filippo I, morto nel 1285, si presenta con denari e viennesi (il viennese era altra specie di danaro, che prendeva nome dalla città francese di Vienne) che vanno da g. 1,10 a g. 0,57, misti, cioè di lega ove l'argento ha la parte minore. Varie e abbondanti sono le monete coniate da Amedeo V conte di Savoia XIV, morto nel 1323, e cioè: in argento, grossi di Savoia, di cui si porgono tre varietà, da g. 3,26 a g. 1,93, e grossi di Piemonte; misti, denari piccoli di Savoia, denari piccoli di Piemonte, oboli o medaglie di danaro piemontese. Taluni di questi oboli, piccolissime monete di lega scadentissima, pesano g. 0,26, che è come dire la quarta parte del nostro centesimo. Di Edoardo, conte di Savoia XV dal 1323 al 1329, sono elencati forti, mezzi forti o viennesi; e di Aimone, conte XVI dal 1329 al 1343, grossi denari bianchi, grossi bianchi dozzini, oboli bianchi o mezzi dozzini, denari bianchi, forti bianchi, denari tornesi ed oboli. Tutte le monete descritte nel volume fino alla morte di questo conte, cioè fino al 1313, sono d’argento o miste: avvertendo che si dicono d’argento quelle che contengono almeno per metà di esso metallo, e miste quelle che ne contengono meno della metà. Con Amedeo VI, il famoso conte Verde, abbiamo la prima moneta d’oro coniata dai Savoia, cioè il fiorino, imitazione fiorentina. Questo fiorino d’oro ha 21 millimetri di diametro e pesa g. 3,45; reca sul diritto un gran giglio, e sul rovescio lo scudetto di Savoia ed un santo col mantello di pelo e la croce nella sinistra, mentre benedice colla destra. A proposito del fiorino, il Poggi osservò che esso in Genova veniva computato alla stregua di una lira genovese ed un quarto, come trovasi costantemente sui registri della Massaria e dei Magistrorum rationalium, che si conservano nel nostro Archivio di Stato. Da uno di questi registri egli riportò, a titolo di curio- (1) Nell’opera « Lerici e il suo castello, voi. II, pp. 79-81 » il Poggi si è occupato della determinazione del valore economico della lira antica in lire moderne attuali; ma il metodo da lui proposto richiede la compilazione di tavole i cui elementi variano a seconda dell’epoca, e che non è sempre agevole formare. CONFERENZE È CONVERSAZIONI Dì STORIA E D*ARTE LÌX sita, il conto degli ambasciatori genovesi che andarono nel 1381 a Torino per la pace tra la Repubblica di Genova e quella di Venezia, commessa ad Amedeo VI e da costui stipulata e pubblicata Γ8 agosto di detto anno; nel quale conto è segnata la somma di lire gen. 3747 e soldi iodata in Torino dai medesimi ambasciatori, certamente per guadagnarsi il favore della corte comitale, somma che può ragguagliarsi a più di centomila lire delle nostre (1). Oltre il fiorino d’oro appartengono alle zecche del conte Verde moltè monete d’argento denominate grossi, bianchi dozzini, oboli bianchi; e moltissime miste dette parpagliole (3 g.), quarti di grosso, forti aquilati, forti escu-cellati, forti bianchi, denari, viennesi escucellati. Sotto Amedeo VI si trovano anche alcune monete contraffazioni di monete francesi. Il successore di Amedeo VI, cioè Amedeo VII sopranominato il conte Rosso, si presenta con fiorini d’oro, scudi d’oro del diametro di 30 millimetri, grossi d’argento, mezzi grossi, ecc. Seguono alcune monete anonime coniate fra la metà del xiv secolo ed il 1416, sulle quali comincia a comparire la dicitura Fert. Molte sono le monete di Amedeo VIII diciannovesimo conte, e poi, per opera dell’imperatore Sigismondo, primo duca di Savoia nel 1416. Grossi tornesi, grossi, mezzi grossi, quarti di grosso, forti, denari bianchi, viennesi neri, oboli di bianchetto, oboli di viennese si riscontrano abbondantemente nel periodo comitale del reggimento di questo singolarissimo personaggio; il quale, dopo aver rinunziato al governo se non al ducato nel 1434, fattosi eremita, divenne antipapa col nome di Felice 7 nel 1439, e, dimessa la tiara nel 1449, morì cardinale nel 1451. Fra le monete del secondo periodo, quello di duca, la più appariscente è appunto il ducato d’oro di g. 3,51 e del diametro di 22 millimetri, tangibile rappresentazione della nuova dignità. Sotto Ludovico, duca di Savoia II dal 1440 al 1465, ci .si schierano dinanzi ducati d’oro, scudi d’oro, mezzi scudi d’oro, doppi grossi, grossi, doppi bianchi, mezzi grossi, bianchi, quarti, forti o pattacchi, maglie di bianchetto ed oboli diversi; e consimili monete sotto Amedeo IX, il Beato, terzo duca di Savoia dal 1465 al 1472, e sotto Filiberto I, duca IV dal 1472 al 1482. Eccoci a Carlo I, duca di Savoia V dal 1482 al 1490, il quale nel 1487, per (1) Magistrorum rationalium sententiae, η. 77 (a. 1381), c. 189 t. -LX LA SOCIETÀ LIGURE 1)1 STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 cessione di Carlotta di Lusignano, moglie di suo zio Luigi, assume il titolo, per sè e per i suoi discendenti, di re di Cipro, Gerusalemme ed Armenia, titolo che figurerà d’ora innanzi sulle monete dei Savoia. Di lui si presentano anzitutto i ducati d’oro del diametro di 25 min. e del peso fra g. 3,43 e g. 3,50, alcuni aventi sul diritto il duca armato a cavallo colla spada alzata, altri il semplice busto. Vengono quindi i testoni in argento del diametro di 30 mm. e del peso da g. 9,60 a g. 8,65; i mezzi testoni ed i grossi pure in argento; i mezzi grossi, i piccoli bianchi, i quarti, i forti, i bianchetti, i viennesi, gli oboli di bianchetto e gli oboli di viennese, tutti misti. Monete della stessa o analoga specie si vedono sotto i duchi Carlo Giovanni Amedeo dal 1490 al 1496, Filippo II dal 1496 al 1497, Filiberto II dal 1497 al 1504. Ma sotto quest’ultimo duca è caratteristica una bellissima e grossissima moneta d’argento da 4 testoni del diametro di 45 mm. e del peso di oltre 38 g., un esemplare della quale è in argento dorato. Sul diritto di essa vedesi il busto del duca, e sul rovescio il busto della duchessa sua prima moglie, Jolanda Luigia, di lui cugina, busto con velo ricamato sul capo e collare dell’Annunziata al collo. Lunghissima è la serie delle monete coniate nel regno del duca Carlo II dal 1504 al 1553. Notevoli fra le tante una moneta da dieci ducati in oro del diametro di 31 millimetri; gli scudi a cavallo in oro del diametro di mm. 28 e del peso di g. 3,36, sul diritto dei quali vedesi il duca coronato a cavallo col bastone del comando; gli scudi della croce parimente in oro, recanti sul rovescio la croce mauriziana; gli scudi di S. Maurizio pure in oro, così detti per la figura dello stesso santo, nimbato, a cavallo, che portano sul rovescio; i tallari da 42 grossi in argento del diametro di 40 mm.; i testoni ed i mezzi testoni in argento; i cavallotti da 3 e da 2 grossi in argento e misti. Il vincitore di S. Quintino, Emanuele Filiberto duca di Savoia X, si fa innanzi con una grandissima quantità di monete ordinate per anni, cioè secondo il loro millesimo. In ogni anno dal 1553 al 1580, che tanto durò il regno di questo principe, si notano emissioni di moneta svariatissima uscita dalle zecche di Aosta, Asti, Borgo, Chambery, Nizza, Torino, Vercelli. Si trovano per la prima volta le denominazioni di lira, moneta d’argento del diametro di 35 mm. e del peso di g. 12,46; di soldo, moneta di misto pesante g. 2,43; di doppia, moneta in oro avente un diametro dai 26 ai 27 millimetri UONKERKNZE E CONVERSAZIONI DI .STORIA E D'ARTE IìXI ed un peso da g. 5,43 a g. 6,59; di filiberto, moneta da nove lire in oro del diametro di 30 mm. e del peso di g. 10. Una moneta che richiama in modo speciale l’attenzione dell'osservatore è il grossissimo scudo d’argento del diametro di 45 mm. e del peso da g. 37,09 a g. 42,42; altro esempio di moneta recante da un lato l’effìgie del sovrano, Emanuele Filiberto, e dall’altro quella della moglie di lui, Margherita di Francia, figlia di Francesco I. Numerosissime sono altresì le monete di Carlo Emanuele I, che governò dal 1580 a) 1630, fra le quali meritano di venire ricordate: il ducatone d’argento del diametro di mm. 45 e del peso di g. 31,78, il mezzo ducatone d’argento del diametro di mm. 37 e del peso da g. 14,50 a g. 15,84, la quadrupla d’oro del diametro di mm. 36 e del peso di g. 13,32, il ducato d’oro del diam. di mm. 23 e del peso di g. 3,10, ed i pezzi da dieci scudi d’oro (mm. 45, g. 33,17), da nove fiorini d’argento (mm. 45, g. 23,14), da due fiorini d’argento (mm. 30. g. 7,15), da dieci ducati d’oro (mm, 45,g. 33, 10), il B. Amedeo da nove fiorini d’argento (mm. 45, g. 20,55), il carlino da 10 scudi d’oro (g. 33,32). Di Vittorio Amedeo I, dodicesimo duca di Savoia, sono da notare la lira ducale in argento del diametro di 37 mm. e del peso di g. 13,55, e le grosse monete da dieci, venti, trenta scudi d’oro del diametro dai 45 ai 47 millimetri. Seguono le monete di Francesco Giacinto dal 1637 al 1638 sotto la reggenza della madre 'Cristina di Francia, figlia di Enrico IV; e quindi quelle del fratello Carlo Emanuele II, prima sotto la reggenza della stessa Cristina, e poi da solo. In questo secondo periodo si fanno notare per la loro straordinaria grandezza le monete da 40 e da 30 scudi d’oro del diametro di 48 millimetri. Figurano anche le monete emesse dai principi zii Maurizio e Tommaso pretendenti alla reggenza, colla dicitura del duca Carlo Emanuele II. Le monete di Vittorio Amedeo II duca di Savoia XV, e poi primo re, sono ripartite in quattro gruppi: quelle dal 1675 al 1680, durante la reggenza della madre Maria Giovanna di Savoia-Nemours (pezzo da cinque doppie, doppione da due o quadrupla, doppia, mezza doppia, scudo bianco, lira del diametro di mm. 30 in argento, ecc.); quelle dal 1680 al 1713 per il periodo ducale (amedeo da dieci scudi in oro del diametro di mm. 43, scudo bianco in argento del diametro di mm. 42 e del peso di g. 26,92, ecc.); quelle dal 1713 al 1718, nel tempo cioè in cui Vittorio Amedeo fu re di Sicilia LSI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 (doppia in oro del diametro di mm. 26 e del peso di g. 6,63, pezzi in argento da tre lire, due lire, una lira, mezza lira, ecc.); quelle dal 1718 al 1730 per il periodo in cui egli resse il regno di Sardegna (cagliarese in rame del diam. di mm. 19 e di g. 2,37, pezzi da due denari, da tre cagliaresi, reale in argento del diametro di mm. 19 e di g. 2,23, ecc.). Carlo Emanuele III, re di Sardegna II dal 1730 al 1773, coniò in oro lo zecchino col diam. da mm. 21 a 21,5 ed il peso da g. 3,43 a g. 3,44, il mezzo zecchino, il pezzo da quattro zecchini col diam. di mm. 32 ed il peso di g. 13,92, il carlino da cinque doppie col diam. di mm. 41 ed il peso di g. 47,88, il carlino da due doppie e mezza col diam. di mm. 35 ed il peso di g. 24,05; in argento la lira col diam. da mm. 26 a 27 ed il peso da g. 5,56 a 5,96, la doppia, la mezza doppia, lo scudo col diam. di mm. 42 ed il peso di g. 29,85, il mezzo scudo, il quarto di scudo, l’ottavo di scudo; in misto il soldo col diam. di mm. 19 ed il peso di g. 1,88, i pezzi da soldi 71/, e 2*/2, ecc.; in rame il pezzo da 2 denari col diam. di mm. 16 ed il peso di g. 1,43 ecc. Fece inoltre coniare a Torino per la Sardegna il mezzo carlino (mm. 27, g. 8,02) ed il quarto di carlino ossia doppietta (mm. 22, g. 3,19) in oro; lo scudo sardo (mm. 38, g. 23,37), il quarto di scudo sardo, il reale, il mezzo reale in argento; il cagliarese, il mezzo cagliarese (mm. 15, g. 1,18) ed il pezzo da tre cagliaresi in rame. Monete consimili si trovano sotto il regno di Vittorio Amedeo TII dal 1773 al 1796, durante il’ quale lavora, oltre la zecca di Torino, anche quella di Cagliari; se non che esse monete, per gli annidai 1794 al 1796, contengono dalla metà ad un quarto di intrinseco a cagione delle gravi spese dovute alla guerra colla Francia. Il carlino da 5 doppie, in oro, coniato nel 1786, è già alquanto ridotto per rispetto a quello di Carlo Emanuele III, avendo il diam. di mm. 40 ed il peso di g. 45,54. Poche, e colle consuete denominazioni di doppia, mezza doppia, scudo, mezzo scudo, sono le monete coniate da Carlo Emanuele IV succeduto al padre nel 1796, e abdicatario nel 1802 a favore del fratello Vittorio Emanuele. La rivoluzione francese, dopo avere scosso il trono dei Savoia e ristretto durante quindici anni il loro regno all’isola di Sardegna, recava poi anche un mutamento nelle loro monete. Alcune di queste infatti poco appresso la restaurazione di Vittorio Emanuele I, il quale aveva già battute negli anni 1814 e 1815 doppie, mezzi scudi e pezzi da due soldi e mezzo, vengono coniate secondo le norme del sistema CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE LiXIII metiico decimale stabilite dalle leggi francesi (1). Abbiamo così fin dal 1816 il pezzo da lire venti in oro del diametro di mm. 21 e del peso di g. 6,45, e lo scudo da lire cinque in argento del diametro di mm. 37 e del peso di g. 25, che hanno corso ancora presente-mente nel territorio dell’Unione latina. Nel 1821, l’anno stesso del l’abdicazione di Vittorio Emanuele I, comparisce coll’effigie di questo il pezzo da lire ottanta in oro del diametro di mm. 33 e del peso di g. 25,77. Carlo Felice, regnante dal 1821 al 1831, conia in oro, oltre le monete da lire venti e da lire ottanta, pure quelle da lire quaranta; in argento, oltre lo scudo da lire cinque, anche i pezzi da lire due, da lire una, da centesimi cinquanta e da centesimi venticinque; ed in rame le monete da cinque centesimi, da tre centesimi e da un centesimo. Alle quali Carlo Alberto (1831-1849) aggiunge le monete in oro da lire cento, da lire cinquanta e da lire dieci. Il volume contiene anche le monete di Vittorio Emanuele .11, Umberto I e Vittorio Emanuele III, delle quali non occorre far cenno. Dopo queste esso reca quelle dei rami d’Acaia e di Vaud, propaggini dei Savoia; del primo enumerando i pezzi coniati dal 1297 al 1418 successivamente dai principi Filippo, Giacomo, Amedeo e Lodovico sotto le denominazioni di grossi di Piemonte, denari, denari piccoli, grossi matapani, tornesi piccoli, oboli, grossi viennesi, forti, fiorini d’oro, scudi d’oro, grossi, mezzi grossi, quarti, grossi dozzeni; dell’altro elencando i denari e gli oboli del barone Ludovico I (n. 1250 -- m. 1302), ed i grossi bianchi, i grossi gigliati, i doppi tornesi, i grossi al fior di giglio, i doppi tornesi, i viennesi — quasi tutte imitazioni francesi — del barone Ludovico II (m. 1350). In ultimo il volume porta alcune aggiunte di monete riguardanti quindici fra (1) Le leggi fondamentali riguardanti le monete francesi sono tre: la prima, del 18 germinale anno ni (7 aprile 1795), che istituisce il sistema metrico decimale, fissa il franco quale unità monetaria; la,seconda, del 18 termidoro anno ni (5 agosto 1795), conferma la stessa unità monetaria, ne determina il peso in 5 grammi, stabilisce in 10 grammi il peso del pezzo di due franchi ed in 25 grammi il peso del pezzo da 5 franchi, ed assegna per ciascuno di essi pezzi il titolo in 9 parti d’argento puro ed una parte di lega; la terza, del 7 germinale anno xi (28 marzo 1803), riconferma quanto sopra per il franco ed ordina la coniazione di pezzi d’oro da venti franchi in ragione di 155 pezzi per chilogramma, vale a dire del peso di g. 6,45161 ciascuno. A queste si aggiunsero in appresso altre monete, e così si ebbero: in oro i pezzi di 100 fr., 50 fr., 20 fr., 10 fr., 5 fr.; in argento i pezzi di 5 fr., 2 fi·., 1 fr., 0.50 fr., Q20fj\; in bronzo i pezzi di 10 cent,, 5 cent., 2 cent., 1 cent. LXIV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1U08 AL 1917 i 25 sovrani di Savoia precedentemente considerati dal conte Amedeo IV al duca Vittorio Amedeo II. Il Poggi terminò la sua esposizione mettendo in rilievo tutta l’importanza che hanno per la storia, intesa nel suo significato più ampio, le ricerche e gli studj numismatici; i quali, lungi dall’essere, come crede taluno, un mero giuoco di curiosità ovvero un semplice esercizio di classificazione, costituiscono, non pure uno degli strumenti più efficaci dell’indagine storica in quanto servono ai bisogni della cronologia, della biografia, delTepigrafia, ecc., ma forniscono i documenti più sicuri per la conoscenza di uno degli indici rappresentativi della ricchezza dei singoli Stati, e per la determinazione delle leggi che reggono la costituzione economica del mondo. La numismatica, quando proceda con sistema più scientifico ed applichi il metodo comparativo più largamente di quel che ora suole, potrà senza alcun dubbio formare uno dei mezzi coi quali la storia è destinata a trasformarsi in sociologia, cioè in una scienza che comprenda, non soltanto i fatti politici, ma tutti i fatti di cui si tesse la vita delle umane generazioni. Da siffatto punto di vista, opere come il Corpus nummorum italicorum riescono, colla loro arida ma cristallina ed oggettiva rappresentazione del vero, assai più utili di tante architettate trattazioni storiche, che, nonostante l’artifizio letterario talvolta brillante onde sono tessute, non fanno che rimaneggiare attraverso la fantasia ed il pensiero politico o filosofico dei loro autori l’ordito di fatti già noti, parecchi dei quali per giunta oscuri o mal sicuri. L’esposizione del prof. Poggi provocò da taluno dei presenti alcune osservazioni, fra le quali questa del socio avv. Pier Francesco Casaretto: che il Corpus nummorum italicorum, a simiglianza di altre congeneri pubblicazioni, non dà il titolo delle singole monete o almeno delle varietà più importanti di esse, il che impedisce di formarsi un’idea esatta del loro valore reale. L’analisi chimica dei diversi tipi di monete, mentre renderebbe possibile una rigorosa conoscenza della loro composizione, non cagionerebbe alle collezioni numismatiche che il sacrifizio d’un numero relativamente ristretto di esemplari (1). (1) Per determinare in peso le quantità di due metalli che compongono una moneta non è affatto necessario ricorrere all’esame chimico di questa; basta applicare il principio d’Archimede, che permise appunto al suo scopritore di trovare quanto oro I CONFERENZE e CONVERSAZIONI DI STORIA E D'ARTE LXV Nella stessa sera del 26 gennaio 1911, chiusa la discussione sul tema numismatico, il socio prof. Giovanni Campora riferì intorno ad un ìudere esistente nel comune di Silvano in vai d’Orba. Due torri mozze a quattro o cinque metri da terra, e distanti fra di loro una sessantina di metri, rappresentano, insieme ad un gran cumulo di sassi, tutto ciò che rimane di una costruzione militare che sorgeva sulla ìiva destra dell’Orba ad un chilometro dal luogo ora occupato dal vecchio Silvano. L’edifizio, secondo il Campora, era di forma ìettangolare avente la cortina del lato maggiore lunga cento metri all incirca, con torri quadre sporgenti agli angoli; due delle quali sono quelle ancora in parte visibili, mentre le altre due, collocate in origine dalla banda del fiume, franarono probabilmente per effetto delle corrosioni di questo. Dalla presenza di un renato nel centro d’un cumulo di sassi che vedesi sul lato di mezzogiorno, il Campora argomenta la primitiva esistenza di un’altra torre, forse la guardia della porta. Attorno alle mura sembra non corresse alcun fosso, e va escluso che al di là di esse fosse eretta un’altra cinta circonvallante un abitato. Nelle torri mozze tuttora esistenti si aprono alla base due feritoie per la difesa radente e due altre prospicienti la campagna. Il fiume vicino ha dato in gran parte il materiale di costruzione, cioè i grossi ciottoli di cui sono formate le cortine; mentre le torri mostrano pietre più grandi squadrate agli angoli. Nell’interno dell’edifizio, che non doveva contenere grandi opere, si trovò l’abside, ora scomparsa, di una chiesuola, costrutta, secondo venne riferito al Campora, con istrati di ciottoli messi a spinapesce. Nessuna traccia di marmi o di pietre lavorate scorgesi nel materiale demolito. Il Campora, mentre esclude in modo assoluto l’arte romana dei buoni tempi, tuttavia, dalla vastità della costruzione come dal sistema di difesa e dalla posizione in mezzo alla valle, ritiene l’edifizio opera e quanto argento erano stati impiegati nella lavorazione della corona del re Gerone di Siracusa. E un semplicissimo problema di primo grado ad un’incognita, che trovasi risoluto fra i primi esercizi di applicazioni algebriche in alcuni trattati scolastici. Vedasi, per es.: Cu. Biuot, Lenona d'algebre, première partiè, onzième édition, Paris, Librairie Ch. Delagrave, 1S81, pp. 17-18. S’intende che i due metalli devono essere noti, per modo da conoscere il peso specifico di ciascuno di essi. E da avvertire però che, sedai lato matematico la questione è elementare, dallato pratico invece può presentare difficoltà di esecuzione per la precisa valutazione del peso del liquido spostato dai pezzi metallici sottoposti ad esame, specialmente nei casi di piccole monete; ondo occorrono speciali cure ed apparecchi adatti. 5 . LXVI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 della decadenza romana: « un forte di sbarramento » — così egli precisò — ovvero « un praesidium costrutto tra la metà e la fine del sesto secolo, per precludere ai Langobardi la conquista della Liguria marittima ». Questo forte, secondo l’opinione del disserente, avrebbe fatto parte di una linea strategica da Acqui a Libarna, un anello della quale egli stimerebbe, con qualche probabilità, di poter riconoscere in certi ruderi posti fuori di Gavi vicino all’antica Pieve. « Non saprei » — egli aggiunse — « quanto abbia servito questa difesa, ma vediamo Rotari che nella sua scorreria in Liguria, nel 641, gira l’ostacolo, passando dalla via litoranea ». Esposte le ragioni che consigliano di assegnare il rudere di Silvano all'ultima decadenza romana, il Campora osservò che, qualora si volesse escludere cotesta ipotesi, bisognerebbe « saltare a piè pari sette od otto secoli e scendere alla fine del xiv secolo »; cosa assurda, poiché il tipo dei castelli medievali, specialmente dopo l’undecimo secolo, è assai diverso da quello cui appartiene il rudere suddetto. Egli prese di qui argomento per ricordare gli avanzi dell’antico castello poligonale di Silvano smantellato verso la metà del 1400, ed invece del quale sorse poco appresso, costruito dagli Adorni in vicinanza di quello, ma sopra una collina più alta a mezzodì del vecchio borgo, un nuovo castello, che subì durante i secoli xvn e xvm diverse trasformazioni, ed è ora proprietà della famiglia Belimbau. Il Campora finì la sua esposizione narrando l’opera alacre e fortunata intrapresa dall’ing. Enrico Belimbau, allora Sindaco di Silvano, per la conservazione del rudere romano; il quale, conformemente a deliberazione dell’ Autorità prefettizia di Alessandria, era destinato a scomparire per far posto al nuovo cimitero comunale di Silvano. Al Belimbau si deve se il progetto del cimitero potè essere modificato in modo da sottrarre alla distruzione le due mozze torri su mentovate (1). Prima di sciogliersi, l’adunanza, trattenuta da un richiamo del socio march. Onofrio Sauli circa l’eventuale pericolo cui poteva essere esposta la conservazione delle mura cittadine del secolo xvn (1) Il prof. Campora stampò in appresso il suo studio in Bollettino storico bibliografico Subalpino, anno xvi, n. i-ii, pp. 113-118. In quanto a Silvano d’Orba ed al suo castello vedasi G. B. Rossi, Poeni e castelli dell'Alto Monferrato e delle Langhe, Roma 1908. pp. 140-150, CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E d’ARTE LXVII per effetto dell’edificazione di case progettata nelle adiacenze di esse, approvò all’unanimità il seguente ordine del giorno da lui stesso proposto, ed incaricò la Presidenza di comunicarlo al Municipio di Genova: « La Società Ligure di Storia Patria, mentre applaude all’opera del Comune che seppe ottenere dal Governo la cessione della cinta fortificata da Montesano al Castellacelo, conscia del suo dovere di vigile custode del nostro patrimonio storico e dei monumenti che ricordano la nostra grandezza, fa voti perchè le mura comprese in quel tratto di terreno siano, compatibilmente alle nuove esigenze edilizie, conservate in omaggio al culto dell’arte ed alla riconoscenza dovuta ai nostri avi, che con tanto amore di patria e con così mirabile concordia di popolo le innalzavano alla propria difesa ». La successiva conversazione ebbe luogo il giovedì 2 febbraio 1911 sul tema delle relazioni fra la Liguria e la Toscana nei secoli xvi e xvii svolto dal socio prof. Luigi Staffetti. Conoscitore profondo ed appassionato dei fatti della famiglia Cybo, la quale, legata per la sua origine a Genova e per i suoi dominj di Lunigiana oltre che per parentele a Firenze, serviva spesso di tramite nelle relazioni fra le due città, egli trovavasi particolarmente preparato per discorrere di coteste relazioni. Il chiaro espositore restrinse le sue considerazioni specialmente a due punti, l’uno riguardante la parte presa da Andrea Doria agli avvenimenti che seguirono a Firenze la tragica morte del duca Alessandro de Medici nel 1537; e l’altro attinente al possesso di Pon-tremoli. Ricordò, in quanto al primo, come fin dal novembre 1532 il pontefice Clemente VII inviasse a Firenze il cardinale Innocenzo Cybo coll’incarico di reggere la città durante l’assenza del duca Alessandro avviato a Mantova per incontrarvi l’imperatore Carlo V, che scendeva in Italia; e come da quel tempo fino al 1537 esso cardinale avesse parte attiva nel governo del ducato. Dopo Tassassimo di Alessandro il cardinale rimase a capo di Firenze, avendogli il Consiglio dei 48 accordato « tutta quella autorità potestà e balìa » che già esercitava il defunto duca. In tale occasione Andrea Doria spinse il cardinale Innocenzo, cui era congiunto da vincoli di famiglia oltre che da amicizia, a favorire l’elezione di Cosimo al ducato; circostanza che lo Staffetti mise in evidenza leggendo due lettere, inedite, del grande ammiraglio allo stesso cardinale. In quanto a Pontremoli, LXVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 lo Staffetti riferì che questo luogo era possedimento della famiglia Fie-sclii, alla quale venne confiscato dalla Camera imperiale nel 1547 in seguito all’insuccesso della congiura di Gian Luigi del Fiesco. Dopo d’al-lora esso attirò le cupidigie sia dei Genovesi che dei Fiorentini, e così gli uni come gli altri fecero più volte vani tentativi di acquistarlo da Carlo Y e poi dalla Spagna, cui era rimasto alla costui morte; finché nel 1647 riuscì ai primi di ottenerlo per duecentomila pezze dal governatore di Milano, Don Bernardino Fernandez de Yelasco, il quale lo cedette dietro riserva dell’approvazione regia. Arse di sdegno il granduca di Toscana, Ferdinando II, vedendo frustrati ad un tratto i suoi disegni; e tanto si destreggiò, da una parte operando presso la Corte di Madrid perchè il contratto non venisse ratificato, e dall’altra tenendo viva in Pontremoli un’agitazione contro i Genovesi, che in capo a tre anni potè, non solamente far annullare la vendita stipulata dal Fernandez con costoro, ma conseguire egli stesso la cessione dell'a-gognato territorio per quattrocentomila pezze ovvero cinquecentomìla scudi. Lo Staffetti narrò alcune delle vicende del concitato ed interessante contrasto, che si manifestarono, oltreché in Pontremoli, di cui i Genovesi tennero il possesso per mezzo di un commissario durante i tre anni nei quali si protrasse la vertenza, ma altresì in diversi altri luoghi di Lunigiana dove i due emuli miravano ad estendere la loro autorità ed influenza (1). Al prof. Staffetti seguì la settimana appresso, nella sera del 9 febbraio 1911, il prof. Achille Neri; il quale, giovandosi di carte salvate per singolare ventura dal macero, parlò di Pietro Paolo Celesia, che fu ministro della Repubblica genovese presso le Corti d’Inghilterra e di Spagna nella seconda metà del secolo xvm, non che uomo di lettere ed amico di parecchi scrittori e diplomatici del suo tempo, così italiani come stranieri (2). Dopo aver ricordato che il Celesia (1) Gli avvenimenti ed i personaggi toccati in questa conferenza avevano già offerto al prof. Staffetti materia di larga trattazione in alcuni suoi scritti pubblicati per le stampe, e specialmente nei seguenti: La congiura del Ftetro e la Corte di Toscana, in Atti della Soc. Lig. di Stor. Patr., voi. XXIII, pp. 299-370: Tresana e l'ultimo de' suoi marchesi Malaspina, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno 1903, pp. 279-319; U libro di ricordi della Famiglia Cybo, in Alti della Soc. Lig. di Stor. Patr., voi. XXXVIII, pp. I-Lxxvn, 1-615. (2) Un’interessante per quanto breve biografia di Pietro Paolo Celesia (n. 1° ottobre 1782 in Genova — m. 12 gennaio 1806 ivi) trovasi in Abbozzo di un calendario CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE LXIX studiò pi ima in Pisa, dove si addottorò e fu ripetitore o, come oggi si direbbe, assistente alla cattedra di diritto, e quindi in Roma, formandosi un estesa esoda cultura letteraria e scientifica, così da unire alla conoscenza delle lingue classiche e di parecchie delle moderne quella delle matematiche e della fisica, disse dei primi viaggi compiuti dal giovane genovese in Francia, in Inghilterra, nella Svizzera, e della sua permanenza all’università di Leida a fine di perfezionarsi nelle discipline giuridico-diplomatiche. Viaggi — soggiunse il Neri — quasi di assaggio e di allenamento agli uffici cui era indi a poco destinato. Nel settembre del 1755 andò ministro della Repubblicà genovese alla Corte britannica, ove si trattenne fino al settembre del 1759 adoperandosi a ristabilire le buone relazioni fra l’Inghilterra e Genova rimaste assai tese per gli avvenimenti del 1746 47; e riuscendo, fra l’altro, ad arrestare i lavori per lo scavamento d’un porto all'Avenza, per il quale il duca di Modena aveva già concluso un trattato con le Corti di Londra e di Vienna a tutto detrimento del commercio genovese. Al suo ritorno in patria, colpito dalle afflizioni della Repubblica per le faccende di Corsica, si diede a studiare spassionatamente e con coraggio le cause delle sempre rinnovate ribellioni dei Corsi, e presentò al Governo proposte radicali per sedare il malcontento di costoro, fra le quali quella della concessione della cittadinanza genovese agli abitanti dell’isola. Ciò avrebbe molto probabilmente impedito la vendita di questa alla Francia, se le proposte del Celesia fossero state accolte (1). Negli anni che precedettero la rivoluzione del 1797 il Celesia tenne la carica di ministro per la storico della Liguria compilato da Luigi Grillo, Genova, Tipografìa Ferrando, mdcccxlvi (Omnibus, almanacco ligure per il 1846, anno III), pp. 19-23. (1) Agostino Bianchi, da uno scritto del quale il Grillo dichiara di aver ricavato le notizie riguardanti il Celesia, allude molto probabilmente al progetto di questo sul governo della Corsica laddove, nelle sue Riflessioni sulla grandezza e decadenza della Repubblica di Genova (Stamperia Nazionale 1797), fa le seguenti considerazioni: « La mostruosità della Costituzione, che restringeva ad un pugno di persone il diritto della Rappresentanza nazionale, fini di perdere la Repubblica. I Corsi si sdegnarono di vivere in una condizione servile, e procurarono di rivendicare ooll’armi la loro naturale Libertà. Nulla vi era di più facile, ohe placare questa Nazione fedele e sensibile all’onore, purché si fosse voluto incorporarla alla Repubblica, e renderla partecipe delle dignità dello Stato; ma quella stessa ambizione, che aveva divisa per l’ad-dietro, e posta alle mani la Nobiltà, impedì l’esecuzione di questo giusto e salutare espediente. La Repubblica perdè quell’isola, che era il suo migliore territorio, e la base della sua potenza ». pp. 226-227. LXX LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Repubblica genovese presso la corte di Madrid, assai ben voluto dal re Carlo III e poi da Carlo IV. Durante i suoi viaggi e le sue dimore fuori di Genova egli fece conoscenza o contrasse amicizia con parecchi illustri personaggi stranieri, come Voltaire, D’Alembert, Necker, Mar-montel; ebbe inoltre familiarità con non pochi italiani di bella fama, fra i quali il prof. Neri citò Angelo Maria Bandini, con cui il Celesia mantenne nutrita ed interessante corrispondenza, l’abate Galiani, il Baretti, il march. Caracciolo, il Frisi, il Beccaria. Il Voltaire fu dal Celesia visitato nel suo primo viaggio, e di questa visita il nostro viaggiatore diede ragguaglio a suo padre in una curiosa lettera. Dal carteggio appunto del Celesia col padre si apprendono alcuni aneddoti, che rispecchiano condizioni singolari della sua vita e deH’am-biente in cui visse. Il diplomatico genovese, richiamato in patria dal suo ufficio di ministro presso la Corte di Madrid per effetto della rivoluzione del 1797, fu dal nuovo Governo democratico destinato a presidente dell’Amministrazione dell’ospedale di Pammatone. Esercitò poi in Genova una parte direttiva moderatrice durante la momentanea prevalenza della coalizione anglo-austro-russa contro la Francia ed i nuovi governi democratici creati dalla rivoluzione. Napoleone lo nominò senatore, e più tardi lo insignì della legion d'onore. La chiara ed attraente esposizione del prof. Neri provocò negli ascoltatori il voto di veder sottratta ad una totale dispersione la corrispondenza del Celesia, ed il desiderio di vederla presto raccolta e pubblicata ad utilità degli studiosi. La conversazione seguente, tenuta il 16 febbraio 1911, ebbe per argomento la storia del costume in Genova, che il prof. Emilio Pandiani, riprendendo l’illustrazione dei cartolari privati del notaro cancelliere Antonio Gallo interrotta nella radunanza del 19 gennaio antecedente, tratteggiò con particolare riferimento alla casa ed alle vesti di quel tempo Alle notizie già date a tal riguardo in detta radunanza altre ne aggiunse esponendo ed esaminando, attraverso una minuta serie di riscontri e di testimonianze d’autori, il significato di molti vocaboli che si adoperavano in allora per indicare i varj oggetti della suppellettile domestica e del vestiario maschile e femminile. L’aridità della materia venne, più che mitigata, compensata largamente dalle discussioni spesso vivaci cui parteciparono alcuni dei presenti sui particolari delle cose esposte dal Pandiani· CONFERENZE E CONVERSAZIONI DI STORIA E D’ARTE LXXÌ Dopo un mese da questa fu tenuta, il 16 marzo 1911, un'altra conversazione, la quale ebbe per soggetto il padiglione ligure alla Esposizione che si preparava allora in Roma per commemorare il cinquantesimo anniversario del regno d'Italia. La Società Ligure di Storia Patria era rappresentata per mezzo del suo presidente, march. Cesare Imperiale, nel Comitato regionale che aveva avuto l'incarico di ordinare la mostra storica ed artistica della Liguria, destinata a far parte di essa Esposizione insieme colle mostre delle altre regioni italiane. Lo scopo della conversazione era appunto quello di dar contezza dell'opera compiuta o tentata dalla nostra Presidenza per la mostra suddetta, e di dibattere talune questioni controverse intorno all'ordinamento di questa. Il socio prof. Giovanni Campora presentò un progetto di padiglione per la stessa mostra, in cui egli erasi studiato di riprodurre e di armonizzare le linee dei più cospicui e caratteristici edifìzi di Genova, e principalmente del palazzo di piazza S. Matteo donato dalla Repubblica ad Andrea Doria; progetto che gli intervenuti poterono giustamente apprezzare e com. parare con quello dell'arch. Yenceslao Borzani, ch’era stato prescelto e trovavasi in via di esecuzione. Inoltre il presidente march. Imperiale sottopose al giudizio dei presenti alcuni schizzi del giovine pittore Mattia Traverso, rappresentanti fatti memorabili della storia di Genova, per i dipinti destinati a decorare le sale di detto padiglione. L’ultima conversazione ebbe luogo il 30 marzo 1911, e si aggirò intorno a svariati argomenti, senza che nessuno di essi venisse trattato con la larghezza acconsentita da una speciale preparazione. L’interesse per siffatte discussioni stava oramai languendo, come andava scemando il numero dei soci che vi partecipavano. Convenne pertanto rimetterle a tempi migliori. ■ . I - . _ CAPITOLO IV SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE TENUTA TN GENOVA DAL 17 AL 23 OTTOBRE 1912. La Società Italiana per il progresso delle scienze deliberava nella sua adunanza interna amministrativa, raccolta in Roma il 18 ottobre 1911, di tenere in Genova la sesta delle sue annuali riunioni, designata per il 1912. Diviso il congresso in 17 sezioni, la decima-terza di queste fu dedicata alla storia; e l’ordinamento e la direzione di essa affidati alla Società Ligure di Storia Patria, che aveva aderito alla suddetta riunione con deliberazione del Consiglio Direttivo presa, su proposta del vicepresidente prof. Arturo Issel, nella seduta del 18 dicembre 1911. Uno dei primi atti del nostro Sodalizio fu quello d’inviare a tutte le Società italiane che curano gli studj storici, la lettera circolare seguente. i « Genova, 25 agosto 1912 « lìl.mo Signor Presidente, « La Società Italiana per il progresso delle scienze ha deliberato di tenere il suo sesto congresso in Genova dal 17 al 28 ottobre 1912. La nostra città, che ebbe l’onore di accogliere nel 1846 quel Congresso di Scienziati Italiani che lasciò tracce indimenticabili nella storia del nostro Risorgimento, sarà lieta ed orgogliosa di salutare. tXXlV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 dopo tanti anni, questa nuova riunione di cultori delle scienze in un momento importantissimo della nostra vita nazionale. Alla Sezione di Storia spetterà l’ufficio di illustrare il grande progresso compiuto dagli studj storici in questo periodo di tempo, e confermare così con la prova dei fatti la sentenza di un nostro sommo scrittore, clie la storia è l’unica base sicura della scienza sociale. A questa affermazione solenne non può mancare il consenso di quegli Istituti e di quegli studiosi che con tanto e cosi indefesso lavoro hanno pieparato una meravigliosa raccolta di materiale per 1 opera necessaria di sintesi alla quale è ormai dover nostro di accingerci. Per questa ragione io chiedo a codesto Istituto non soltanto la desiderata adesione, ma anche l'aiuto di preziosi consigli e, meglio ancora, il concorso di erudite comunicazioni da presentarsi al Congresso, e l’onore di una sua rappresentanza. « Nella speranza di una favorevole risposta, presento i miei ossequi. « 11 Presidente « Cesare Imperiale di Sant’Angelo ». Risposero e aderirono al Congresso la Reale Accademia delle scienze di Torino, il Reale Istituto Lombardo, la R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, la R. Deputazione di storia patria nelle provincie modenesi, la R. Deputazione veneta di storia patria, la R. Deputazione di storia patria negli Abruzzi, la Società storica savonese, la Rivista storica Benedettina, non che la R. Deputazione di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia, la R. Deputazione di storia patria per le provincie toscane, la R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, l’istituto storico italiano, e la Società napoletana di storia patria: le prime otto di dette istituzioni designando speciali delegati, e le altre cinque deputando il nostro Presidente a rappresentarle. La sezione storica del Congresso, presieduta dal march. Cesare Imperiale nella sua qualità di presidente della Società Ligure di Storia Patria, ebbe a vice presidenti il prof. Giuseppe Cardinali, ordinario di storia antica nella R. Università di Genova, e Monsignor Prospero Peragallo nostro vicepresidente anziano, ed a segretario lo stesso nostro segretario prof. Mattia Moresco. SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. LXXV Fra i discorsi generali di argomento storico pronunziati al Congresso meritano qui speciale menzione quelli del nostro presidente march. C. Imperiale e del nostro vicepresidente prof. A. Issel; l’uno intorno alla politica coloniale di Genova, e l’altro sui naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo xix. Nel primo l’imperiale, dopo aver notato come la politica coloniale sia stata la sola vera politica genovese per continuità di propositi e di indirizzo attraverso a mille rivolgimenti e ad incessanti discordie, rilevò un divario di metodo fra la politica coloniale di Genova e quella di Venezia. Mentre in Venezia — egli disse — la politica coloniale fu sempre di competenza esclusiva dello Stato, in Genova per contro la si lasciò il più delle volte all’iniziativa· dei privati come un affare commerciale, limitando l’intervento della Repubblica alla stipulazione dei trattati e alla difesa delle colonie. Ciò dipese, non pure dal carattere individualista dei Genovesi, ma anche dalle origini e dalla costituzione del loro Comune: il quale sorse come un consorzio di feudatari, già visconti del marchese di Liguria dalla cui signoria erano riusciti a sottrarsi, e si ampliò prendendo forma di un’associazione, la Compagna, costituita da tutti gli uomini liberi ed atti alle armi, retta da patti che i suoi componenti avevano giurato di osservare, e governata da consoli elettivi. In un’associazione siffatta, quantunque il potere rimanesse nelle mani dell’oligarchia formata dalle famiglie viscontili, cioè dai discendenti dei fondatori del consorzio, l’iniziativa privata svolgevasi libera e collimava od almeno non contrastava con gli interessi della Comunità, segnatamente in un territorio ristretto, chiuso fra i monti ed il mare, arido e brullo come il territorio genovese, i cui abitanti dovevano far as segnamento in larghissima misura sui lucri delle imprese marittime. L’iniziativa privata precorse e preparò spesso l’intervento del Comune in coteste imprese. E così avvenne per le colonie genovesi acquistate al tempo della prima Crociata. Il conferenziere narrò a questo punto la parte presa dai crociati genovesi alle gloriose azioni di Antiochia, di Giaffa e di Gerusalemme negli anni 1097-1099; alle quali seguirono nel 1100 l’opera più ampia dell’armata comunale di Genova composta di 27 galee e 6 navi con 8000 uomini e comandata da Guglielmo Embriaco, la conquista di Cesarea, e poi, nel 1103, con altro stuolo di 40 galee, l’espugnazione di Biblos e di S. Giovanni d’Acri. S’intrattenne a LXXVl LA SOCIETÀ LIGURE 1)1 STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 parlare dei privilegi ottenuti in queste ed in altre città della Siria dai Genovesi, che da allora in poi procedettero per una via ascendente mirando al predominio del Mediterraneo; e quindi accennò alle loro imprese contro i Mori nelle Baleari, sulle coste di Spagna, nel Marocco. Fin da allora eglino volsero lo sguardo a Costantinopoli, ove già i Veneziani ed i Pisani godevano di privilegi, ed accanto a costoro riuscirono anch’essi ad ottenere dall’imperatore bizantino uno scalo ed un quartiere per i loro traffici.· Abbattuto nel 1204 dai militi della quarta Crociata, per suggestione e con l’aiuto dei Veneziani, l’impero greco di Costantinopoli, a cui sostituirono un impero latino sotto il protettorato di Venezia; i Genovesi, che avevano dovuto sostenere già più volte colà contrasti sanguinosi coi loro emuli, vennero a trovarvisi in una condizione di assoluta inferiorità. E non soltanto a Costantinopoli, ma in tutto il Levante i Veneziani ebbero allora il sopravvento ed esercitarono una vera egemonia commerciale a detrimento dei Genovesi; che già per altre cagioni vedevano decadere le loro colonie di Siria, fin dall’origine insidiate dall’elemento feudale, « il più inetto a colonizzare », da cui essi le ripetevano. Contro i rivali, i Genovesi reagirono suscitando una guerra di corsari, per mezzo principalmente dei loro concittadini Alamanno Costa ed Enrico Pescatore; guerra che l’imperiale disse uno degli avvenimenti marittimi più notevoli e più degni di studio di quell’epoca. Ma una rivincita ben più cospicua eglino, incitante l’energica politica inaugurata nel 1257 dal nuovo governo di Guglielmo Boccanegra capitano del popolo, seppero prendersi col trattato di Ninfeo nel 1261; per il quale, in compenso dell'aiuto promesso a Michele Paleologo che s’accingeva alla riconquista di Costantinopoli, ottennero da lui la concessione, subordinata alla buona riuscita dell’impresa, di alcuni luoghi, fra cui Smirne, isole e porti, con molte e larghe franchigie e, ciò che più importava, il monopolio della navigazione e del commercio del mar Nero. L’impresa del Paleologo riuscì, e da allora incominciò la vera potenza coloniale di Genova. Il march. Imperiale parlò dell’insediamento dei Genovesi a Ga-lata, « che cinsero di mura ed ove agirono come in territorio proprio, trattando da potenza a potenza cogli imperatori di Costantinopoli »; della fondazione delle colonie di Caifa, Soldaia e Cembalo; del loro governo, ed in generale dell’ordinamento coloniale SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. LXXVII genovese, al quale presiedeva l'ufficio di Gazaria e Romania, « vero ministero delle colonie residente in Genova ». Tale ordinamento si compiè fra il 1270 ed il 1300, durante il fecondo capitaneato di Oberto Doria e Oberto Spinola, che fu il periodo di maggior splendore per Genova; nel quale, « quietate le interne sommosse, ridotte all’obbedienza le città della Riviera, creata una vera e propria flotta di Stato, annientata alla Meloria la potenza di Pisa, inflitta a Venezia la tremenda sconfìtta delle Curzolari », la Repubblica potè esercitare una politica propria nazionale ed ebbe il primato marittimo commerciale nel Mediterraneo. Ma questa prosperosa condizione di cose durò troppo poco: le guerre civili, scoppiate sul principio del seco- lo xiv con incredibile violenza, prepararono l’inglorioso periodo dei duci popolai! e delle signorie straniere. L’azione dello Stato divenne troppo fiacca ed incerta per condurre la politica coloniale, e ad essa sottentrò quella dei privati: intieramente autonoma per parte degli Zaccaria e dei Cattaneo, che conseguirono il possesso di Focea, di Francesco Gattilusio, che ottenne l’isola di Lesbo, di Andrea Moresco, che ebbe in feudo l'isola di Scarpanto; ovvero sussidiata e garantita dal Governo per mezzo delle cosidette Maone, società di capitalisti privati. Il conferenziere discorse particolarmente delle Maone di Scio e di Cipro; e da queste passò all’Officio di S. Giorgio, la potente organizzazione dei creditori dello Stato. La Repubblica incapace a difendere le colonie della Tauride, le cedette all’Officio, ma la cessione non fu che il « triste indizio della irreparabile decadenza della potenza coloniale genovese ». La caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi rese difficile la conservazione di quelle ultime manifestazioni della grandezza marittima dei Genovesi, la scoperta dell’Ame-rica e l’apertura della nuova via per le Indie ne segnarono l'estrema rovina: semplici colonie di sfruttamento commerciale, esse erano fatalmente destinate a perire colla deviazione delle correnti dei traffici verso altri mercati (1). (1) Il discorso del march. Imperiale è contenuto integralmente in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze pubblicati per cura del Segretario Prof. Vincenzo Iteixλ col concorso dei soci E. Piuotta, G. Abetti, G. Grisostomi, F. Cortesi, lì. Pettazzosi, Sesta Riunione, Genora-Ottobre 1912; Roma Società Italiana per il progresso delle scienze, via del Collegio Romano 2(5, a. 1913: pp. 211-232, LXXVI1I LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Questo, in compendio, il discorso detto dal march. Imperiale ai congressisti il 19 ottobre 1912 nel palazzo di S· Giorgio, due giorni dopo che il prof. Issel, nella nuova sede del Museo civico di storia naturale, li aveva intrattenuti sui naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo XIX. La conferenza deH’Issel fu una interessante rassegna degli studiosi e degli esploratori, nati e cresciuti ovvero vissuti in Liguria, non che degli studj e delle ricerche con che contribuirono all’incremento delle scienze naturali dallo scorcio del diciottesimo sino alla line del diciannovesimo secolo; con particolare riferimento ad alcuni rami di esse scienze, ed a taluni nomi fra i più segnalati di quelli che riuscirono ad emergere dalla mediocrità. Ricordata la dinastia dei Cassini, che diede successivamente quattro astronomi ed un botanico, uscita da Perinaldo in quel di Yentimiglia, ma infrancesata fin dalla seconda generazione; fatto cenno di Paris Saivago e della sua specola di Carbonara, « dalla quale i Cassini e Maraldi avevano puntato al cielo i loro cannocchiali »; menzionati il marchese Giacomo Filippo Durazzo, che institui un piccolo museo in Cornigliano verso la fine del secolo decimottavo, e la figlia di lui Clelia Durazzo, che fondò l’orto botanico di Pegli, il P· F. C. Giacinto di Genova, botanico, che insegnò neH’Università di Malta nel 1805, Bernardino Turio di Chiavari, che pubblicò uno Specimen plantarum della flora chiavarese nel 1806: il prof. Issel parlò brevemente della Società medica di emulazione, sorta in Genova appena reintegrato il dominio francese dopo la battaglia di Marengo; dell’istf-tuto Nazionale Ligure eretto nel 1798 dalla Repubblica Ligure e trasformato nel 1805 in Accademia imperiale delle scienze, lettere ed arti; ed infine dell’Università genovese. Disse delle condizioni in cui questa venne a trovarsi dopo la restaurazione del 1815, colla rigorosa censura politica e religiosa che soffocava ogni libertà, e quindi del fermento che spinse la gioventù universitaria a partecipare ai moti del 21 e nutrì poi in mezzo ad essa Giuseppe Mazzini ed i fratelli Rutfini e più tardi Goffredo Mameli; mentre nel campo puramente scientifico lo studio della botanica vi assurgeva per opera di Domenico Yiviani e di Giuseppe De Notaris a fastigio non ancora raggiunto. Coll’Ateneo concorsero al movimento intellettuale ed al progresso scientifico in Genova l’ottava Riunione degli scienziati ita- SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA EOO- LXXIX liani quivi raccolta dal 15 al 29 settembre 1846; il periodico Cor-respondance astronoinique, géographique, ecc., edito dal barone Zach negli anni 1818-1825; il Giornale Ligustico di scienze lettere ed arti, fondato nel 1827 da Paolo Rebuffo e Antonio Bagigalupo ed uscito fino al 1829, seguitato dal Nuovo giornale Ligustico sotto la direzione di Giambattista Spotorno dal 1831 al 1840, e ripreso da L. T. Bei-grano ed A. Neri nel 1874; il Commentario della Società crittogarnolo-gica italiana, che vide la luce dal 1861 al 1864; 1’Archivio per la zoologia, l’anatomia e la fisiologia, pubblicato per cura di G. Canestrini, G. Doria, P. M. Ferrari e M. Lessona dal 1861 al 1866; La scienza a dieci centesimi, sorta nel 1864 per iniziativa di G. Boccardo e M. Lessona; la Malpighia, comparsa nel 1887 per opera di 0. Penzig, e R. Pirotta: nonché la Società Ligure di Storia Patria, fondata nel 1858; la Società di letture e conversazioni scientifiche, costituita nel 1867; il Museo civico di scienze naturali, decretato nel 1867 ed aperto al pubblico nel 1873, e gli Annali di esso pubblicati da G. Doria; la Società Ligustica di scienze naturali e geografiche, sorta nel 1895. Fra i soggetti ricordati, il prof. Issel prese particolarmente a discorrere di Domenico Yiviani, Lorenzo Pareto e Luigi Maria D’Al-bertis, dei quali tratteggiò con amore la figura morale -3d espose con larghezza l’opera scientifica. Il Yiviani (n. 29 luglio 1772 - m. 15 febbraio 1840), uscito da modesta famiglia in Legnaro presso Levanto, ebbe in patria un buon avviamento agli studj classici nei quali diede prova di precoce e singolare ingegno, continuò quindi la sua istruzione in Siena nel collegio degli Scolopi, dov’era stato accolto gratuitamente; e la coronò in Roma conseguendovi la laurea dottorale in medicina. Ma fatti appena i primi passi nell’esercizio della professione, mosso da dubbi sull’efficacia della medicina e da scrupoli sulle proprie attitudini di medico, abbandonò l’arte salutare e seguì le sue disposizioni allo studio delle scienze naturali. Dopo alcuni anni di vita stentata, durante i quali dovette acconciarsi in Milano all’umile ufficio di precettore privato, riusciva ad ottenere in Genova il posto di dimostratore di botanica presso la villetta del marchese Gian Carlo Di Negro. Questi aveva acquistato nel 1802 dalla Commissione di governo la villetta, coll’ob-bligo di pagare per sei anni un professore di botanica che usufruisse per le sue lezioni del materiale di erbe e di piante fornito dalla stessa villetta. Il professore prescelto fu appunto il Yiviani, il quale, tra- LXXX LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 scorsi i sei anni, fu assunto nel 1809 alla cattedra di botanica istituita ufficialmente nell’Accademia imperiale di Genova, come allora chiamavasi l’Università, e la tenne, attraverso le successive trasformazioni di questa, fino al 1840. L’attività scientifica del Yiviani non abbracciò soltanto la botanica, ma si estese anche alla zoologia, alla mineralogia ed alla geologia. Nel campo zoologico descrisse la forma e la struttura della Sabella peniclllus, studiò i pesci del Golfo della Spezia e delie acque di Genova, indagò la fosforescenza del mare distinguendo ed illustrando 14 nuove specie di animali luminosi. In mineralogia pubblicò alcune ricerche sopra la sabbia nera o menal-lite che trovasi in certi punti della costa ligure, e sopra un minerale cristallizzato rinvenuto sui monti di Voltai, al quale applicò il metodo di Hauy per la misurazione degli angoli dei cristalli e la determinazione della forma di questi, meritando così di venire citato fra i precursori della mineralogia e della cristallografia in Italia. Nella geologia, scienza allora nuova presso di noi, lasciò un Voyage daus les Apennins de la Ligurie, ove sono affrontati problemi la cui risoluzione era riservata a tempi più maturi. Ma le sue opere più importanti riguardano la botanica, e fra esse si raccomandano quelle sulla flora della Corsica, sulla flora libica ed egiziana — per la desi crzione della quale si servì delle piante raccolte dal suo discepolo dott. Paolo Della Cella nel costui viaggio da Tripoli ai confini dell’Egitto — sulla struttura degli organi elementari delle piante e sulle loro funzioni nella vita vegetabile, e principalissima quella sui funghi d’Italia rimasta incompleta (1). Il conferenziere mise in rilievo le ricerche originali e le osservazioni del Yiviani sui fenomeni dell’assorbimento e della respirazione nelle piante; e concluse col riconoscere e additare nel naturalista legnarese uno dei più grandi scienziati e dei più valenti maestri del suo tempo, quantunque gli siano mancati fama ed onori adeguati ai suoi meriti. Il marchese Lorenzo Pareto (n. 6 dicembre 1800 - m. 19 giugno 1865) di Genova ricevette ìa sua prima istruzione nel collegio To-lomei di Siena, e la completò nell’istituto militare di La Fiòche in (l) Per la biografia del Viviani vedasi: A. New, Ricordi aneddotici intorno a Do-liieiifco Viviani; in Giornale Ligustico, a. vi, 1879, pp. 21-56. SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. LXXXI Francia; ritornato in patria, si accinse per proprio impulso, senza alcuna guida, allo studio della geologia, nel quale dimostrò ben presto singolare perizia ed acquistò larga rinomanza fra i dotti. I primi frutti delle sue indagini geologiche apparvero in una nota sui bacini terziari della piazza S. Domenico, ora De Ferrari, in Genova e di Sestri Ponente, da lui pubblicata negli Annales des sciences natu-relles a Parigi nel 1824. A questo seguirono ad intervalli più o meno lunghi, secondo concedevagli l’esercizio degli uffici politici ai quali si trovò elevato nel corso della sua vita, molti altri lavori ricchi di fatti e di idee originali. Egli studiò, non solo i terreni della Liguria, ma anche quelli della Corsica, dell’Arcipelago toscano, della Savoia, della Lombardia e di altre regioni, dimostrando rara sagacia nel determinare la posizione relativa e l’età di essi, nello stabilire la loro stratigrafia, principalmente per quanto riguarda il sistema montuoso dell’Appennino, e nell’estendere le sue investigazioni oltre i confini del territorio da lui sottoposto ad esame. Fra le sue opere, parecchie delle quali comparse in francese sopra bollettini ed atti di Società scientifiche, merita speciale menzione quella dei Cenni geologici sulla Liguria Marittima, che trovasi nella « Guida di Genova e del Ge-novesato », edita in occasione dell’ottavo congresso degli scienziati tenuto in Genova nel 1846. Il Pareto fu presidente della sezione geologica di esso Congresso, ed uno dei più caldi promotori di siffatte riunioni, dirette, « non solo a difendere la luce delle scienze, ma più ancora astringere i nodi di fratellanza degli Italiani nel culto della patriacomune ». Egli ebbe parte principalissima nel movimento liberale che preparò il riscatto d’Italia. L’Issel accennò alla multiforme opera politica del patrizio naturalista come cospiratore della Giovine Italia nel 1833, agitatore nelle memorabili dimostrazioni patriottiche degli anni 1847 e 48, generale della Guardia Nazionale di Genova nel 1848, deputato al Parlamento dal 1848 al 1860, ministro degli affari esteri nel 1848, presidente della Camera elettiva nel 1849, senatore dal 1861. Ricordò inoltre l’azione generosamente concessa dal Pareto a sussidio degli Asili infantili, delle scuole popolari, del consorzio agrario, delle Società di mutuo soccorso e di ogni altra istituzione intesa ad elevare gli umili, a cementare i sentimenti dell’umana solidarietà, a beneficare il prossimo. Luigi Maria D’Albertis (n. 21 novembre 1841 - m. 2 settembre 1901) di Voltri, rimasto orfano del padre ad otto anni, fece i primi LXXXII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 studj nel Collegio della Missione di Savona, dove fu iniziato dal valente esploratore missionario Àrmand David alla pratica delle preparazioni tassidermiche ed istruito nei rudimenti della storia naturale, e quindi, dopo un intermezzo trascorso in patria, passò nel Collegio dei Fratelli delle scuole cristiane di Torino; ma l’indole Aera e indipendente di lui, riluttante alla disciplina così scolastica come domestica, e la scarsa sua disposizione agli studj speculativi, fecero sì ch’egli traesse mediocre profitto in quegli istituti, ed attendesse con desiderio il momento d’uscirne per acquistare la sua piena libertà. Ed infatti, non appena raggiunse l’età maggiore e si trovò emancipato da ogni tutela, si dedicò completamenteallacaccia, suo esercizio prediletto, ed ai viaggi. Ma per buona ventura egli conobbe, per mezzo di suo cugino Enrico D’Albertis noto ed appassionato autore di escursioni marittime, i naturalisti e viaggiatori Giacomo Doria, Edoardo Beccali ed Orazio Antinori, dai quali ebbe incitamento ed esempio alle esplorazioni scientifiche. Fece il suo primo viaggio alla Nuova Guinea o Papuasia in coni pagnia del Beccari, nel quale trovò una guida ed un maestro impareggiabile. Partirono il 25 novembre 1871 trasferendosi a Bombay e quindi a Singapore, donde proseguirono per le Molucche, e da Amboina, uno dei tre capiluoghi di quell’arcipelago, raggiunsero la penisola di Orange Nassau, in cui si protende la parte nord occidentale della Nuova Guinea. Colà i due viaggiatori visitarono principalmente l’attraente regione del monte Arfak, ove il D’Albertis potè far preda di parecchi fra i più preziosi e splendidi uccelli di paradiso, varj dei quali di genere e specie nuovi. Ma ammalatosi di febbri tropicali, egli si restituì dopo qualche mese ad Amboina, nel cui porto ebbe la gioia di trovare la pirocorvetta italiana Vettor Pisani. Accolto su di questa, potè per mezzo di essa visitare agevolmente le isole Ke ed Arù, e navigare poi lungo le coste meridionali della Nuova Guinea in vista degli alti monti Charles Louis, del lido di Utanata e del-l’Owen Stanley, e far sosta infine nella baia Orangerie, « fra piccole isole pittoresche, in una delle quali ottenne i primi esemplari di una nuova paradisea », ch’egli denominò raggiano, in onore del suo amico marchese Raggi. Abbandonate le acque della Nuova Guinea, la corvetta si diresse a Sidney in Australia, dove approdò il 1° febbraio 1878 e sbarcò il D’Albertis; che, ridotto in cattive condizioni di salute, rimase colà per ristabilirsi sino alla fine dello SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECO. LXXXIII stesso anno, quando potè imbarcarsi per San Francisco e tornare in patria. Non erano ancora trascorsi dieci mesi dal suo ritorno in Italia che il D’Albertis ripartiva il 10 novembre 1874 per l’Australia insieme col suo amico cacciatore Riccardo Tomasinelli. Il 27 dicembre i due viaggiatori si trovavano già a Somerset e non molto dopo all’isola Y ale dirimpetto alla costa meridionale della Papuasia, ed ivi fecero centro e deposito per le loro escursioni. Il Tomasinelli, preso dalle febbri malariche, fu costretto a rimpatriare nel giugno 1875; e così il D’Albertis rimase, unico europeo, nell’isola Yule, osteggiato ed angariato da quegli indigeni, dai quali seppe tuttavia ottenere, fra aspri contrasti, aiuti per le sue raccolte di animali e piante. Esaurito il compito propostosi, egli ritornò a Somerset il 14 novembre di detto anno, e saputo colà che il missionario inglese Macfarlane, suo amico, stava preparando una spedizione per risalire il corso del Fly, importante fiume della Nuova Guinea allora quasi inesplorato, ottenne di accompagnarlo. La spedizione durò poco più di un mese fra gravi peripezie, e per quanto il nostro viaggiatore avesse avuto modo di raccogliere preziosissimi esemplari della fauna e della flora del paese attraversato, pure era rimasto in lui vivo desiderio di ritentare l’impresa e di condurla più innanzi. In Sidney, mediante l’aiuto del Governo della Nuova Galles del Sud, che mise a sua disposizione un’agile barca a vapore, la Neva, egli organizzò una nuova spedizione per il Fly, che da lui diretta salpava il 10 maggio 1876. da Somerset. Ventun giorni appresso la comitiva cosmopolita, comandata dal D’Albertis e composta di nove persone, trovavasi già in vista dell’isola EUangowan, l’estremo punto raggiunto dalla spedizione precedente, e di là proseguiva verso le origini del fiume per più di 200 miglia geografiche, navigando oltre un mese attraverso una regione non mai prima d’allora veduta da Europei. Ma difficoltà ed ostacoli d’ogni maniera crescevano a misura che l’ardito drappello procedeva innanzi, e ad un certo punto divennero così imperiose che esso dovette prendere la via del ritorno, non senza prima aver veduto profilarsi all’orizzonte da ponente a levante un’alta giogaia, alla quale il D’Albertis impose il nome di « Monti Vittorio Emanuele ». Innanzi di lasciare quella regione i viaggiatori vollero fare un ultimo tentativo per penetrare più addentro, risalendo l’Alice, affluente di sinistra del Fly, ma dopo una trentina di miglia, divenuta la na- LXXXIV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 vigazione impossibile, furono costretti a retrocedere. Ai primi di maggio del 1877 il D’Albertis trovavasi di ritorno a Sidney, dove, non pago dei risultati ottenuti, volle allestire una terza spedizione al Fly, che effettuò colla stesa barca a vapore la Neva. Ma questa volta fu ancor meno avventurato che nella precedente, poiché, alle diffi. coltà naturali, principalissima quella delle acque basse, aggiungendosi la mala volontà degli uomini, per cui dovette fronteggiare furiose aggressioni da parte degli indigeni e subire l’ammutinamento e la diserzione di alcuni componenti l’equipaggio della barca, egli, pervenuto al punto dal quale si erano primamente avvistati i monti Vittorio Emanuele, si trovò neH’impossibilità di raggiungere l’estremo limite allora toccato, e venne dalla forza delle cose obbligato a ritornare indietro. Il 14 gennaio 1878 giunse a salvamento a Thur-sday Island, ove sei giorni dopo approdava anche la corvetta italiana Cristoforo Colombo, dalla quale fu lietamente accolto e ricondotto a Sidney; donde più tardi egli trasferì vasi definitivamente in patria (1). Dei viaggi del D’Albertis il conferenziere espose in ultimo i copiosi risultati, che furono: per la zoologia, la raccolta di 505 specie di uccelli, delle quali 50 non ancora note, senza dire delle ricchissime collezioni e serie di mammiferi, rettili, pesci, articolati e molluschi con moltissime novità; per la botanica, la raccolta di 310 specie di piante, di cui il Beccari diede un catalogo sommario; per la etnografia, la raccolta di crani e di fotografie di tipi umani nonché di dati riguardanti misure antropologiche, materiale che fu in gran parte illustrato dal Mantegazza; per la geografia, l’esplorazione del corso superiore del Fly e la scoperta dei monti Vittorio Emanuele. Molti altri naturalisti e viaggiatori liguri, oltre i tre summen-tovati che gli fornirono la principale materia del suo discorso, il prof. Issel ricordò sommariamente. Fra i botanici: Antonio Bertoloni (1775 1869) e Giuseppe Bertoloni (1804-1878) padre e figlio, di Sar-zana, entrambi successivamente professori all’università di Bologna; Federico Delpino di Chiavari (1833-1905), « la più grande figura che abbia onorato la botanica italiana nella seconda metà del secolo xix » (2); (1) Il D’Albertis narrò i suoi viaggi in un grosso volume pubblicato nel 1880 in italiano ed in inglese. L’edizione italiana porta il titolo: Alla Nuova Guinea: ciò che ho veduto e ciò che ho fatto. Torino, Fratelli Bocca e C'“, 1880. (2) Grassi B. / progressi delta litologia e delle sue applicazioni pratiche conseguite in SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. LXXXV Francesco Ardissone di Diano Marina (n. 8 sett. 1837), Antonio Piccone di Albissola Marina (1844-1901), Luigi Dufour di Genova (n. 27 nov. 1830) e Ildefonso StrafForello di Porto Maurizio (n. ot-tobie 1823) benemeriti degli studj algologici; Giovanni Casaretto di Chiavari (1810-1879) illustratore di molte nuove piante del Brasile; Onorato Ardoino di Mentono (1819-1874), Luigi Ricca (1836-1881), Giacomo Gentile (1835-1879), Augusto Gras (1819-1874), Agostino Goiran di Nizza (n. 24 sett. 1835), Felice Poggi della Spezia scopritori di nuovi documenti della Dora italiana; Giambattista Badarò di Laigueglia (1793-1831) medico e naturalista, fondatore di un giardino botanico a San Paolo nel Brasile, e morto colà assassinato; Giambattista Barla di Nizza (n. 3 maggio 1817) indagatore dei funghi del proprio paese; Agostino Chiappori, maestro di scuola, botanico e paletnologo; Agostino Bianchi, agronomo noto sotto lo pseudonimo di « Coltivatore di Diano »; Giammaria Piccone di Albissola Marina (1772-1832) oli-vicultore; Antonio Figari, bey, di Rapallo (1804-1870) botanico, farmacologo e viaggiatore nell’Egitto e nell’Arabia Petrea; Giorgio Gal-lesio di Finale (1772-1839) autore della « Pomona italiana »; Antonio Risso di Nizza (1777-1845) studioso della flora, della fauna e della gea della sua regione. Ai quali bisogna aggiungere Giuseppe De No·' taris (1805-1877) nato a Milano, ma per 35 anni professore di botanica a Genova, ove « scrisse e pubblicò la maggior parte dei suoi classici lavori ». Fra i zoologi: Massimiliano Spinola (1780-1857) entomologo; Giambattista Verany di Nizza (1800-1865), autore di una classica monografìa sui cefalopodi del Mediterraneo; Leonardo Fea torinese di nascita, ma per residenza e pei studj genovese, raccoglitore ed illustratore di collezioni zoologiche nelle Canarie, in Birmania, nella Guinea portoghese, nel Congo, ecc.; Pietro Mansueto Ferrari raccoglitore di numerosi documenti sugli emitteri italiani; Agostino Sassi (m. 1852) zoologo e paleontologo; Gerolamo Calvi ornitologo. . Frai geologi: Stefano Lavaggiorosso, G. Canobbio di Ovada (1791-1853), Gerolamo Guidoni di Vernazza (1794-1870), Adolfo Perez di Nizza. Fra i mineralogi: A. Mongiardini, Giuseppe Mojon (1772-1837), G. Signorile. Fra i paletnologi: Don Dei Gratias Perrando (m. 19 gennaio 1889), Giovanni Ramorino. Fra i viaggiatori: Paolo Della Cella Italia nell’ultimo ventennio, Roma, 1911: citato dal prof. A. Issel neU’art. Federico Del pino e Antonio Piccone botanici liguri, in Alti della Soc. Ligustica di scienze noi. e geogr., volume XXV, pp. 20-30. liXXXVl LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL Ì908 AL 1917 nativo delle Capanne d’Aveto (1792-1840), che visitò la Tripolitania e la Cirenaica nel 1817; Nicola Descalzi di Chiavari (1801-1857) esploratore del Rio Bermejo e del Rio Negro; Bartolomeo Bossi, che fu tra i primi a far conoscere il Mato Grosso; Giambattista Scala di Chiavari (1817-1876), iniziatore di relazioni commerciali fra la Guinea ed il Piemonte; Giuseppe Sapeto di Carcare (1811-1895) missionario, esploratore, poliglotta, « che procacciò all’Italia la colonia d’Assab » (1); Carlo De Amezaga, autore del viaggio di circumnavigazione della R. Nave Caracciolo da lui comandata. Fra i meteorologi: Domenico Franzoni, Ambrogio Multedo (1753-1840) matematico e rappreseli tante a Parigi della Repubblica Ligure nella Commissione internazionale per il sistema metrico decimale; Giacomo Garibaldi (1798 1846); Pier Maria Garibaldi (1823-1902); F. N. Vassallo. Il conferenziere volle anche accennare ai divulgatori e studiosi di materie geografiche e naturali, come il barone Luigi D’Isengard della Spezia (1754-1824), Antonio Rossi, Gerolamo Boccardo (1828-1904); e per quanto si fosse proposto di escludere dalle sue considerazioni i naturalisti ed esploratori liguri allora viventi, tuttavia per necessità di cose fu tratto a ricordare anche alcuni di costoro, e principalmente l’eminente zoologo, viaggiatore, promotore di ardite imprese geografiche, mecenate degli studj naturali, il march. Giacomo Doria (1840- 1913), cui Genova deve la fondazione del Museo Civico di storia naturale (2). Dei discorsi di classe tenuti durante il Congresso voglio ricordare quello dell’allora nostro segretario prof. avv. Mattia Moresco, docente di diritto canonico nella genovese Università, per quanto esso abbia mirato a svolgere un concetto giuridico piuttosto che a tessere le fila di un avvenimento storico. Il Moresco trattò il tema « La Repubblica di Genova e la libertà religiosa », con speciale riguardo a quel movimento favorevole alla tolleranza dei culti, che si propagò fra di noi, aiutato dallo spirito liberale della rivoluzione francese, verso la fine del secolo xvm per opera principalmente di Benedetto Solari (1742-1814) vescovo di Noli, membro del collegio dei (1) A. Issel, Giuseppe Sapeto; in Gazzetta di Genova, a. i.xxxnr, 1915, n. 9. (2) Il discorso di A. Issel trovasi in Atti detta Società Italiana per il progresso delle scienze, Senta Riunione, pp. 33-58. sèsta riunione della società italiana eco. LXXXV1I legislatori chiamato nel 1797 a dettare la costituzione della Repubblica Ligure; Vincenzo Palmieri (1753-1820) prof, di storia ecclesiastica nell’università di Pisa e poi di teologia dommatica nell’università di Pavia, ed autore dell’opera « La libertà e la legge considerate nella libertà delle opinioni e nella tolleranza de’ culti religiosi »; Eustachio Degola (1761-1826) seguace delle dottrine giansenistiche, aderente al clero giurato, e compilatore degli Annali politico-ecclesiastici pubblicati dal 1797 al 1799; Gian Carlo Serra (1760-1813) autore del famoso opuscolo « Est-ce-que c’est que le Pape n’est rien? »; Gerolamo Serra (1761-1837); Giambattista Molinelli (1730-1799); ecc. Movimento religioso non pure interessante per sè, ma ancora per le sue strette relazioni col maggior movimento politico che trasformò la Repubblica di Genova nella Repubblica Ligure; ma, mentre questo spense i secolari ordinamenti dell’antico Stato genovese e condusse la Liguria sotto il dominio napoleonico, quello — così concluse il Moresco — « contenne in sè tutta un’eredità ideale in materia religiosa, che doveva poi trasmettere alla nuova Italia » (1). La sezione di storia si radunò per la prima volta il venerdì 18 ottobre 1912 sotto la presidenza del march. C. Imperiale, che diede subito la parola al comm. Giuseppe Pollio, allora console generale di Francia nella nostra città, il quale trattò di Angelo Gou-dar in Genova nel 1746. Fra i tanti avventurieri di cui abbondò il secolo xviii, il Goudar è uno dei più caratteristici sia per la sua vita multiforme e scandalosa, priva, secondo il costume di quell’età, di ogni ritegno morale, sia per la sua opera e le sue idee di scrittore, audaci e rivoluzionarie per più rispetti, sia per la sua azione politica. Della vita di lui ha lasciato notizia il suo degno amico Giacomo Casanova nelle celebri Memorie·, ed il curioso lettore potrà trovarne, almeno per un certo tratto, un racconto di sufficiente larghezza nel libro di Alessandro Ademollo intitolato Un avventuriere francese in Italia nella seconda metà del settecento (Bergamo, 1891). Molte sono le opere a stampa del Goudar, comprese quelle uscite sotto il nome di sua moglie Sara: alcune, come Les intérèts de la (1) Atti della Società italiana perii progresso delle scienze, Sesta Riunione, pp. 659-667. tXXXVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 France malentendus dans les branches· de Vagricolture, eie la popula-tion, des finances, du, commerce, e Naples, ce qu’il faut fair e pour rendre ce royaume florissant, trattano principalmente di cose economiche, agricole e commerciali; altre, quali YHistoire des Grecs, ou de ceux qui corrigent la fortune au jeu, e L’Espion Ghinois ou l’envoyé secret de la cour de Pekin pour examiner l’état présént de VEurope, riguardano lo stato del costume sotto aspetti speciali ovvero in generale; altre ancora, per es. La paix de VEurope, ou projet de pacification generale, combine par une suspension d’armes de vingt ans entre toutps les puissances politiqiies, e lieflexiom sur la dentiere emeute de Malte, si riferiscono a questioni o ad avvenimenti politici del giorno. Una delle opere del l’avventuriere francese appartenenti a quest’ultimo gruppo, ma tuttavia inedita, trovasi manoscritta a Londra nel British Museum, ed ha per titolo: Goudar (Ange) envoyé du peuple auprès de S. A. i’Infant doni Philippe et M. le Maréchal de Belìisle, pour obtenir du secours; Histoire generale de la Revolution de Gènes; e di essa appunto parlo brevemente il console Pollio nella sua comunicazione, anzi ne annunziò la prossima pubblicazione per le stampe a sussidio della storia della cacciata degli Austriaci da Genova nel 1746 (1). Dopo che il comm. Pollio ebbe finito incominciò a parlare il prof. Emilio Ferrando sul tema circa « La neutralità della Repubblica genovese nell’anno 1703 », ch’egli trattò e circoscrisse in un episodio riguardante l’entrata e la permanenza in Liguria di un piccolo nucleo di milizie imperiali. Riassunte le origini della guerra per la successione di Spagna combattuta da Francia, Spagna ed altre minori nazioni da una parte, contro Austria, Inghilterra, Olanda e seguaci dall’altra; ricordato il voltafaccia del duca di Savoia Vitto- ri) Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, Setta Riunione, p. 863. Alcun tempo prima che si radunasse il Congresso, il Municipio di Genova aveva fatto estrarre a Londra una copia del manoscritto del Goudar; la quale fu data a prestito al comm. Pollio, che erasi proposto, non soltanto di farne oggetto di una comunicazione al Congresso medesimo, come infatti seguì, ma di metterla in luce con un suo commento illustrativo. Il Pollio trattenne e portò con sè la copia a Parigi, quando venne a cessare dal suo ufficio di console generale di Francia, e non la restituì al Municipio se non verso la fine del giugno 1917: ma io ignoro se nei cinque anni in cui il manoscritto rimase nelle sue mani, egli ne abbia effettivamente fatto argomento di studio per una pubblicazione. SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. LXXXIX rio Amedeo II, il quale da collegato di Luigi XIV e di Filippo Y divenne loro nemico alleandosi verso la fine del 1703 col gruppo antifrancese: il prof. Ferrando narrò come il duca di Starhemberg comandante delle forze imperiali in Italia, allo scopo di assistere il nuovo alleato e di aiutarlo a difendersi dal primo impeto dello sdegno francese, gli inviasse un corpo di cavalleria sotto il comando del generale marchese Annibaie Visconti. Le vicende della marcia di questo corpo, composto di 1230 cavalieri, offrirono al conferenziere il tessuto del suo discorso. I Franco-ispani, agli ordini del generalissimo duca di Vendóme, in numero superiore agli avversari ed in assetto guerresco poderoso, tenevano il Milanese e tutto il. Monferrato ed avevano il loro quartiere generale a S. Benedetto della Secchia, mentre gl’imperiali erano radunati a Revere sul Mantovano. Ardua cosa doveva essere dunque per costoro il passaggio al Piemonte, essendo tutte le strade che vi conducevano nelle mani dei Gallo-ispani. Ad ogni modo, il supremo comando tedesco volle tentare l’impresa. Mascherata con un movimento generale delle forze imperiali, la partenza del grosso drappello di cavalieri guidato dal Visconti si effettuò il 18 ottobre 1703. All’alba del giorno seguente la schiera varcava il canale macinante di Carpi e proseguiva fino a Novellara in quel di Guastalla, dove faceva sosta per un po’ di riposo; se non che, essendo stata nella stessa mattinata del 19 scorta dall’inimico, si trovò indi a poco alle calcagna quattro battaglioni di fanteria e dodici squadroni di cavalleria di truppe francesi. 11 Visconti accelerò la marcia, e senza combattere potè giungere nella sera del 19 a Bagnolo in Piano, presso Correggio, e pernottarvi; il giorno seguente poi, guadato il Crostolo a valle di Reggio, pervenne a Castelguelfo Fontevivo sul Parmense, riuscendo per il momento a sottrarsi alle offese nemiche. Ma queste non erano che procrastinate di pochi giorni, poiché il Vendòme, fatte occupare le linee intorno ad Alessandria e guarnire le gole del gruppo montuoso che divide la Trebbia dalla Seri-via, attendeva al varco la colonna imperiale, che non trovavasi ormai in grado di sfuggirgli qualunque strada avesse divisato di percorrere. Volse allora il Visconti verso mezzogiorno, ed inoltrandosi nelle gole dei monti passò successivamente per Pianello, Nebbiano, Zavattarello e pervenne il giorno 23 a Varzi, donde proseguì per S. Sebastiano Curone. I nemici erano vicini e numerosi; cosicché il XO LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Visconti, dopo aver raggiunto Godiasco nel Vogiierese, fu obbligato ad indietreggiare per salvarsi da una sicura disfatta, e si tenne nelle gole tra Varzi e S. Sebastiano fino al mattino del 25 ottobre. Riconoscendo però di non poter schivare ormai il combattimento, risolvette, quantunque con forze impari all’impresa, di assalire il nemico; e nello stesso mattino del 25 si mosse animosamente contro di questo per forzare la stretta. Buon per lui che la natura del terreno non permise ai Francesi di spiegare con efficacia le loro forze soverchiami, sicché dopo aspra mischia il grosso della cavalleria austriaca potè svincolarsi e prendere il cammino verso Rocchetta Ligure e Isola del Cantone. Rimase a proteggere la sua marcia una retroguardia di trecento cavalieri, comandata dal marchese Davia, la quale sostenne nella stretta di Dernice una furiosa pugna, durata cinque ore, contro tre corpi di cavalleria nemici. Il valoroso manipolo perdette i due terzi delle proprie forze, ed i cento superstiti di esso, sbandatisi, poterono in parte ricongiungersi alla Rocchetta col grosso. Il quale, ridotto ad 880 uomini, perduta la speranza di unirsi per l’Alessan-drino alle milizie del duca di Savoia, essendo tutti i passi verso ponente occupati dai Francesi, prese, la strada di Voltaggio col proposito di rifugiarsi nel territorio della Repubblica di Genova. Questa, fin dal principio della guerra, erasi dichiarata neutrale; ma, come scrive il Muratori, « troppo facilmente vengono falliti i conti ai principi deboli, che in mezzo alla rivalità di potenti eserciti si lusingano di potere salvarsi colla neutralità » (1). Infatti, nonostante la dichiarata neutralità, il Governo genovese, per non urtare contro l’imperatore e per non attirarsi le rappresaglie del duca Vittorio Amedeo non che delle flotte inglese ed olandese che incrociavano nel Medi-terraneo, mentre proclamava ufficialmente che « la Repubblica non poteva in modo alcuno permettere l’indugio della cavalleria austriaca nel terreno della Serenissima », non solo non fece opposizione all’entrata delle milizie del Visconti in Voltaggio, ma, protestando la sua « antica ed ossequiosissima devozione verso la Sacra Maestà Cesarea », acconsentì « che fossero amministrati alle dette milizie le provvigioni richieste di pane e foraggio ». I Francesi, prevedendo l’ingresso dei Tedeschi in Liguria, avevano già fitto noto al Governo genovese la (1) L. Antonio Mcb.vtori, Annali d'Italia, volume settimo, Venezia 181G; col. 165. SESTA RlÙNIOllE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECO. XCI loio intenzione d’inseguirli nel territorio della Repubblica quando questo fosse violato dal Visconti. Costui era giunto presso Voltaggio nel pomeriggio del 26 ottobre, e dopo avere tentato invano nella mattinata del 27 di entrare in Piemonte per la strada di Ovada, vi si era ricondotto nel pomeriggio seguente; sentendo poi di avere i nemici alle terga, nella sera dello stesso giorno 27 proseguiva la marcia per Pietra Lavez-zara e Campomorone. Rimase fermo nella mattina del 28 tra Campo-morone e Pontedecimo, e riprese il cammino dopo mezzogiorno per Rivarolo e San Pierd’Arena; ma, avendo ricevuto avviso verso la mezzanotte che i Francesi marciavano rapidamente per i monti della Bocchetta e stavano scendendo in vai di Polcevera, decise di riparare in Bisagno. Con una marcia notturna sulle alture che circondano Genova, per una strada difficile e piena di pericoli, tenendosi vicino alla nuova cinta della città, la perseguitata cavalleria imperiale pervenne sul mattino del 29 nella pianura della Foce. Frattanto i Galloispani non avevano perduto tempo: un primo loro nucleo era già calato in Polcevera la sera del 28 ed un altro lo seguitava il 29, e non incontrando gli avversari al piano, alcuni distaccamenti di essi si spingevano alla Torrazza ed altri fino al Castellacelo.. Ciò diede a temere al Visconti di essere assalito nello stesso luogo della Foce, e lo determinò « a far istanza alla Repubblica di ricevere sotto il suo canone la sua gente, e difenderla dai suoi nemici se si avanzassero ad attaccarla », facendo in pari tempo presente che senza tale appoggio, acconsentito dal « jus gentili », secondo cui « il primo che arriva sotto il cannone non si può molestare dal nemico, » egli sarebbe stato costretto dalla necessità « ad impossessarsi delle case della Foce e difendervisi fino all’ultimo spirito, et all’estremo incendiarle ». Ma il Governo genovese fece significare al Visconti la necessità di riprendere la marcia verso levante — cosa a cui i Tedeschi si sottoposero incamminandosi la mattina stessa del 29 per S. Bernardo della Foce e S. Francesco d’Albaro, e proseguendo per Sturla e quindi per Recco, dove arrivarono il 30 seguente — e nello stesso tempo intavolò pratiche con i residenti di Francia e Spagna affinchè intervenissero presso i comandanti delle truppe delle nazioni loro per fare istanza a costoro « di non causare disturbi in si gran vicinanza della città, e dare in questa contingenza un riscontro del gradimento che S. M. Cristianissima ha più volte palesato della condotta et attenzione della Repubblica». Le pratiche ottennero buon XCII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 risultato, ed il Governo genovese ebbe poco dopo la soddisfazione di apprendere che i Gallo-ispani avevano iniziato la contromarcia verso la Bocchetta e ritornavano sui loro passi per Voltaggio e Serra vai le, non senza aver recato durante la loro breve dimora in vai di Polcevera molti danni alla popolazione. Il Ferrando continuò ad esporre le ultime vicissitudini delle milizie del Visconti, e, dopo aver parlato dell’arresto di dieci ufficiali piemontesi in Genova, lumeggiò il triste quadro delle insidie e delle offese dei belligeranti contro la neutralità genovese, in rapporto con lo stato d’animo del governo e del popolo della Repubblica. E così ebbe termine la prima seduta della sezione di storia (1). La seconda fu tenuta il 21 ottobre 1912 parimente nelle sale del Museo di Palazzo Bianco, e si aprì con una comunicazione dei prof. cav. Luigi Augusto Cervetto sulle « Carte, vedute e cimelii artistici riguardanti le colonie genovesi nell’Egeo ». Il chiaro conferenziere, ricordate rapidamente le diverse colonie stabilite in varj tempi per opera dei Genovesi sulle coste della Anatolia, della Siria e della Palestina e nelle isole del mar Egeo, parlò delle numerose e diffuse memorie che rendono ancora oggi in quelle regioni testimonianza della larghezza e deH’eflìcacia di essa opera. Egli rivolse principalmente la sua attenzione alle isole di Metelino, Lemno, Tasso, Candia, Rodi e Cipro ed in modo speciale all’isola di Scio, di cui illustrò il ricco materiale epigrafico ed artistico. Disse ancora della colonia di Pera a Costantinopoli, ed in ultimo di quelle del mar Nero — Caffa, Soldaia, Trebisonda, ecc. — valendosi per tutto ciò di un’abbondante bibliografia da lui pazientemente raccolta intorno alle colonie genovesi in Oriente (2). Seguì il prof. Emilio Ferrando, che trattò della « Identificazione (1) Appena un cenno della conferenza del Ferrando reca il volume degli Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, Sesta Riunione, a p. 864; ma l’autore stesso ne pubblicò la prima parte, con ampliamenti ed aggiunta di note e di un facsimile di documento — e sotto il titolo Un episodio della guerra per la successione di Spagna, La marcia di Annibaie Visconti per l'Emilia, il Monferrato, la Liguria e le Langhe per congiungersi con l'esercito piemontese — in Alba Pompeia, Rivista bimestrale della Società di studi storici ed artistici per Alba e territori connessi, anno v, 1912, fase · 3-4, pp. 85-110. (2) Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, op. citata, p. 804. SESTA RIUNIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA ECC. XCUI della località Hasta della tavola peutingeriana », tema già affrontato da una moltitudine di autori, dei principali dei quali il confe* ìenzieie espose le opinioni, facendone oggetto di critica. Fra coteste opinioni sono da ricordare quelle del Cluvier, che pone detta località a Sestri Ponente, del Reichard che la porta a Yoltri, del Mannert che la mette a Piano (?), del Walckenaer e del Lapie che la collocano ad Arenzano, del Katancsich che la immedesima con Ponzone; oltie quelle dei tanti autori liguri — Oderico, Serra, Spotorno, Celesia, Rocca, V. Poggi, G. Poggi, ecc. — che si occuparono delle vie romane in Liguria (1). Il Ferrando crede di poter identificare detta località col paese di Aste nella conca di Tiglieto; e sostenne le sue vedute anche contro alcune obbiezioni che, a lettura finita, gli ven-neio mosse dai congressisti Gaetano Poggi, Giovanni Campora e Luigi Augusto Cervetto (2). Al prof. Ferrando succedette il prof. E. Pandiani, il quale, riassumendo nelle linee principali il suo scritto su « L’opera della Società Ligure di Storia Patria », da lui pubblicato nel voi. XLIII dei nostri Atti, espose con rapida sintesi le varie fasi di cotesta opera, e s indugiò poi a mettere in rilievo e ad illustrare il contributo che ad essa ed alla storia ligure in generale recarono alcuni eminenti nostii ricercatori e scrittori, principalissimi Cornelio Desimoni e Luigi Tommaso Belgrano (3). Dopo di che il presidente Imperiale chiuse la sezione con un (1) Vedasi, per ciò che concerne le opinioni di alcuni autori stranieri, l'opera di Ernest Desjakdins: La table de Peutinger d'aprcs l'original conservé à Vienne, Paris, mdccclxix; p. 105. (2) Alti della Società italiana per il progresso delle scienze, op. citata, p. 864. Se non erro, l'ipotesi del Ferrando è quella stessa espressa nel Dizionario del Ca-salis colle parole seguenti: « Lungo l’anzidetta strada (cioè la strada che va per l’Ar-metta da Crevari a Sassello, e presenta tratti di un antico selciato che si credono acanzi della via Emilia dei Romani) e sul territorio di Sassello evvi un luogo denominato Astelletta, diminutivo di Hasta, mansione che veniva immediatamente dopo quella di l'iglinas, e intorno alla posizione della quale sono tanto discordi gli eruditi. Supponendola in Astelletta, o poco lungi, si avrebbe la dilucidazione di un punto storico oscuro, una giusta spiegazione di quella strada, e cesserebbero le tante controversie sulla quantità delle miglia indicate nella tavola di Peutinger, restando allora esattamente corrispondenti sia da Genova ad Figlinas (XX) come da questa ad Hasta (XIII) ». In tale supposizione Figlinas coinciderebbe col villaggio di Sciojno, una volta Foino, posto lungo la detta via dell’Armetta, mentre molti l’identificano con Fegino presso Genova. Ved. Goffredo Casalis, Dizionario geografico storico-slatistico-commer-riale degli Stali di S. M. il Ile di Sardegna, Torino 1849; voi. XIX, p. 890 (art. Sassello!. (il) Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, op. citata, pp. SG4-865. XCIV JjA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL· 1917 breve discorso intorno al lavoro compiuto dagli storici liguri nell’ultimo mezzo secolo mercè appunto l’indirizzo, le ricerche e l’azione dei valentuomini che furono tanta parte della Società Ligure di Storia Patria, e che legarono indissolubilmente il loro nome al movimento ed al progresso degli studj storici in Liguria; e, ripetendo un concetto già esposto dal Villari per la storia generale, espresse il desiderio che si faccia ormai un’utile sintesi dei numerosi studj analitici pubblicati sulla storia della nostra regione. Propose inoltre, e l’Assemblea. approvò unanimemente, l’invio di due telegrammi, l’uno a Pasquale Villari, e l’altro a Paolo Boselli. Prima di dar termine a questa breve relazione intorno alla parte presa dal nostro Istituto alla sesta riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, non voglio omettere di accennare ai lavori della sezione XIV di essa riunione, sezione dedicata all’archeologia ed all’arte, ed organizzata con la collaborazione necessaria ed efficace di alcuni membri del nostro Consiglio direttivo. A presidente della sezione era stato designato Pareli. Alfredo d’Andrade, ma egli, colpito da sciagura domestica, non potè intervenire al Congresso; epperò venne supplito dai vicepresidenti avv. Gaetano Poggi e prof. Giovanni Campora, i quali parteciparono attivamente all’opera della sezione svolgendo altresì alcune loro comunicazioni nella seduta del 19 ottobre 1912. Il primo parlò sul tema « Il binomio delle città liguri romane », « dimostrando, con richiami caratteristici, la coesistenza della città ligure più antica al monte, e della città romana al basso »; il secondo trattò della chiesa di S. Tomaso sotto.gli aspetti topografico, artistico e storico. Nella stessa seduta l’avv. Orlando Grosso riferì successivamente circa « Le due bandiere di San Giorgio », « La tomba di Pagano Doria », e « Una stele greca rinvenuta a Porta Soprana » (1). (1) Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, op. citata, pp. 865-866. CAPITOLO V MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE La nostra Società ha sempre riguardato con particolare interesse la storia delle antiche colonie genovesi in Oriente, che è tanta parte del patrimonio di illustri memorie lasciato in retaggio all’Italia dalla Repubblica di Genova, e quella parte in cui rifulgono massimamente le buone qualità della stirpe ligure ed in cui si rappresentano più cospicui e duraturi i risultati dell’attività politica e commerciale della stessa Repubblica. I volumi dei nostri Atti contengono alcune monografie molto importanti su questo argomento, sopra tutto intorno alle colonie del mar Nero e del Bosforo, ma assai più ne potrebbero contenere se l’esempio del Padre Amedeo Vigna, che ha mirabilmente illustrato le colonie Tauro-liguri per gli anni in cui queste furono governate dall Officio di S. Giorgio, fosse stato seguito da altri operosi soci. Ma la Società non ha dimostrato cotesto interesse soltanto colle pubblicazioni comparse nei suoi Atti; essa ha inoltre coadiuvato, ora coll’autorità del nome, ora con un efficace patrocinio, ora con un effettivo concorso, ogni iniziativa rivolta ad illuminare od a rinverdire il ricordo dell’azione coloniale genovese nel Levante, ed ogni tentativo avente lo scopo di rintracciare e di esumare nuovi documenti di tale azione. Restringendomi, nei limiti di questo scritto, all’opera sociale degli ultimi anni, debbo anzitutto ricordare il tentativo fatto dal nostro Istituto nel 1910, dietro invito ministeriale, perchè Ge- XCVI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 nova, sull’esempio di Venezia, inviasse e mantenesse per alcuni anni in Grecia, provvedendo alle necessarie spese, un giovine studioso coll’incarico di ricercare e di illustrare le memorie genovesi ancora esistenti nelle isole e sulle coste dell’Egeo: tentativo che se, per ragioni indipendenti da noi anzi contrastanti coi nostri desiderj, non la seguito dall’effetto, valse ad ogni modo a dimostrare il buon volere della Società (1). Questa poi, seguendo l’impulso della nazione tlt In concetto preciso dell’operae dei modi per conseguirla, ohe il Ministero degli Affari esteri chiedeva a Genova per mezzo della Società Ligure di Storia Patria, può desumersi dalle due lettere seguenti, dirette dal Sotto Segretario di Stato del suddetto Ministero, Principe Pietro Di Scalea, al nostro presidente March. Cesare Imperiale. « Roma, addì 10 giugno 1910. * Signor Premiente, « Come alla Signoria Vostra sarà certo noto, fin dallo scorso luglio fu istituita ad Atene una Scuola Archeologica Italiana, la quale funziona ormai regolarmente, in un proprio decoroso edificio, sotto la direzione del cav. Dr. Luigi Pernier, già favorevolmente conosciuto nel mondo scientifico per gli scavi di Creta e gli studj sulla civiltà minoica. A questa scuola fu dal R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti agoreBaC0» durante lo scorso anno, il prof. Gerola, incaricato di compiere degli studj circa le memorie ed i monumenti veneti di alcune isole elleniche. Ho, quindi, pensato che questo esempso potesse incitare codesta città, la quale cosi gloriose traccie ha lasciato nell Arcipelago, a seguirlo, aggregando anch’essa alla R. Scuola Archeologica d’Atene un giovane studioso, il quale illustri con nuovi documenti e ricerche sui luoghi l’opera della Repubblica di S. Giorgio in Levante. Ove questo mio suggerimento fosse da codesta Società accolto, nessuno meglio di essa — a cui è affidato il culto delle memorie liguri — potrebbe tradurlo in atto, raccogliendo presso il Municipio di Genova ed i varj enti locali, i fondi, non molto ingenti, del resto, a tal uopo necessarii, e designando lo studioso a cui dovrebbe esser affidato cosi delicato incarico. Che se tale progetto potrà realizzarsi, noi vedremo ancora una volta concorrere il culto delle singole glorie cittadine alla glorificazione dell’Italia una, di cui la Scuola d’Atene è in Grecia e nel campo storico-archeologico la personificazione. « Nel pregarla d’un cortese cenno di riscontro, colgo l’occasione per offrirle, Signor Presidente, gli atti della mia distintissima considerazione. « Il Sotto Segretario di Stato Firmato « P. DI SCALEA » · « Roma, addì 8 luglio 1910. « Signor Presidente, « Dalla sua lettera del 11 giugno u. s. n° 712 ho rilevato con viva soddisfazione come la mia proposta, d’inviare in Grecia uno studioso, incaricato di ricercarvi e segnalare le memorie colà esistenti della gloriosa repubblica genovese, abbia trovato favorevole accoglienza presso di Lei, nè mi attendevo meno dall’illuminato patriottismo della S. V. Di buon grado mi affretto a fornirle ora le notizie da Lei desiderate intorno al modo ed ai mezzi per attuare simile progetto. Ad Atene esiste già, come ebbi a scriverle, una Scuola archeologica italiana, alla quale potrebbe venir MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE XCVII per le questioni coloniali suscitato dalle imprese di Tripoli e di Rodi, aveva iniziato il lavoro per una bibliografìa riguardante la Libia e colonie limitrofe dell’Affrica settentrionale — che per voto dell’As-semblea del 30 giugno 1912 doveva essere estesa anche a quelle dell’Egeo — quando, venuta a cognizione che un eguale lavoro era già stato condotto ben innanzi dalla Società italiana per lo studio della Libia, ne troncò il proseguimento e ne dismise l’idea (1). La quale venne più tardi, per la parte riguardante l’Egeo, ripresa, per essere ampliata ed approfondita in quanto alla natura ed agli scopi del lavoro, col progetto di compilazione di un Codice diplomatico delle colonie genovesi in Oriente, che raccogliesse sistematicamente in esteso o in sunto o con semplici indicazioni bibliografiche, a seconda dei casi, aggregato lo studioso genovese, come già lo è il prof. Gerola, per conto del E. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Presso la Scuola, troverebbe egli ogni possibile ausilio di locali e materiali di studio, di appoggio materiale e morale, ecc. ecc. Si calcola che un assegno annuo di L. 4000 sarebbe sufficiente per assicurargli una decorosa esistenza, nel mentre, con altre L. 2000 annue, si provvederebbe alle spese di viaggio in Grecia e nelle isole. Complessivamente, adunque, occorrerebbe un annuo contributo di L. 6000, somma che non dovrebbe riuscire difficile raccogliere ad un istituto cosi autorevole come quello dalla S. V. presieduto ed in una città cosi ricca e così gelosa custode delle patrie memorie come Genova. Questo Ministero, dal suo lato, di buon grado si adopererebbe per ottenere tutte le possibili facilitazioni di viaggio e per assicurare allo studioso designato da codesto Istituto, il volenteroso appoggio delle RE,. Autorità diplomatiche e consolari. « Nel pregarla di volermi far conoscere il seguito che verrà dato a questa iniziativa e nel ringraziarla del suo gentile concorso, colgo l’occasione per confermarle, Signor Presidente, gli atti della mia distintissima considerazione. Firmato « P. DI SCALEA ». In quanto a Venezia, è da notare che fin dal 1900 il R. Istituto Veneto di scienze lettere ed arti aveva inviato in Grecia il dott. Giuseppe Gerola per la ricerca e lo studio dei monumenti veneziani nell’isola di Creta, e provveduto alla spesa occorrente con un fondo di diecimila lire cosi raccolte: dallo stesso Istituto in due volte (coi mezzi finanziari disponibili dagli avanzi dei redditi della fondazione Minich) L. 4000, dal senatore conte Nicolò Papadopoli L. 1000, dal Comune di Venezia L. 3000, dalla R. Deputazione Veneta di storia patria L. 500, dalla Provincia di Venezia L. 1500. Ved. Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, tomo lx, parte prima, pp. 63-69, 181-191; tomo r.xi, parte prima pp. 153-161. (1) Il lavoro era stato incominciato privatamente dal vicepresidente prof. A. Issel, che poi vi aveva rinunziato rimettendo le sue schede al nostro Sodalizio: ma questo, per evitare duplicati, lasciò ben volentieri alla Società italiana per lo studio della Libia avente sede in Firenze — tra i fini principali della quale vi è quello appunto di « compilare, riunire in uno schedario centrale e venir pubblicando una bibliografia per quanto possibile oompleta sulla Libia e colonie limitrofe dell’Africa settentrionale » — il compito di eseguirlo da sola, nonostante che essa Società si dichiarasse gentilmente, con lettera del 23 luglio 1912 e nell’interesse dello stesso lavoro, pronta a condurlo innanzi d’accordo con noi. XQVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 tutto ciò che uscì finora pubblicato, sia in Italia sia all’estero, intorno a siltatto argomento, e vi aggiungesse tutto quanto d’inedito fosse possibile rintracciare a tal riguardo in archivi pubblici o privati, o mettere in luce con ricerche condotte sui luoghi stessi già fecondati dalla operosità ligure. A cotesto scopo la Presidenza nominava fin dal febbraio 191-i una Commissione incaricata di studiare i modi più acconci a rendere effettiva la grandiosa idea, ed a stabilire le norme per la sua esecuzione (1). L’impresa era già bene incamminata quando lo scoppio della presente guerra ne interruppe il corso, e ne rimandò la prosecuzione a tempo più opportuno. Ma l’opera più tangibile condotta dalla Società per la raccolta e l’illustrazione delle memorie coloniali genovesi, fu quella della preparazione e dell’ordinamento della Mostra storica coloniale genovese del 1914, che la nostra Presidenza, per invito del Comitato ordinatore della Esposizione internazionale di marina ed igiene marinara, e Mostra coloniale italiana, si assunse e portò con caldo e tenace animo a compimento, e che fu coronata da un gosì cospicuo successo. Nella seduta del Consiglio Direttivo del 1° agosto 1913 il presidente march. C. Imperiale annunziava che, all’intento di raccogliere documenti, memorie e cimelj per detta Mostra, egli aveva determinato d’intraprendere una crociera nel mar Nero e nell’Egeo e di visitare i luoghi sui quali, nelle coste e nelle isole di quei mari, erasi in antico affermata ed estesa la dominazione dei Genovesi. Ed infatti pochi giorni appresso salpava da Genova con lo yacht a vapore Gaffa, alla volta di Costantinopoli. Quivi il campo delle ricerche archeologiche concernenti le antiche colonie genovesi è pressoché ormai esaurito, almeno nell’ambito d’indagini permesso dal Governo turco; ad ogni modo, il march. Imperiale si occupò per aver calchi e fotografie d’iscrizioni e monumenti, ed avendo inteso della scoperta di alcune lapidi fatta recentemente per effetto di certi lavori di rifacimento in Santa Sofia, incaricò persona competente per assumere informazioni sicure in proposito e procurare, occorrendo, le copie delle nuove epigrafi genovesi eventualmente rinvenute. All’alba del 30 agosto, lo yacht lasciò il Bosforo per il mar Nero, (1) La Commissione era composta dei soci avv. Alarico Calvino, march. Giuseppe Invrea, avv. Emilio Marengo, prof. Francesco Poggi, sotto la direzione del presidente march. Cesare Imperiale. MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE XCIX e giunse il mattino del 1° settembre nel porto di Teodosia, l’antica Caffa, ricevuto con accoglienze solennemente festose per parte delle Autorità civili e militari del luogo, non che degli equipaggi di alcune navi commerciali genovesi ivi ancorate e della colonia italiana ivi stabilita. Sorge in Teodosia un museo archeologico diretto dal dottor Luigi Kolly, consigliere di Stato, ove è raccolto e ordinato tutto il materiale d’origine genovese — lapidi, stemmi, sculture diverse, terre cotte, utensili, ecc. — che fu possibile trovare in quei luoghi già sottoposti al dominio di Genova. I luoghi stessi conservano ancora cospicue vestigia di cotesta dominazione, perchè vedonsi tuttavia il fossato, che circondava l’antica Caffa, la cittadella, le mura, le torri, una piccola via con edilìzi schiettamente liguri, alcune chiese d’origine genovese, ecc. Così di coteste costruzioni, come di tutte le cose più notevoli radunate nel suddetto museo, il Presidente prese fotografie e si procurò riproduzioni mercè la zelante cooperazione del dott. Kolly, alla premurosa cortesia del quale è altresì da ascrivere il solenne ricevimento con che era stato accolto al suo arrivo. Il 5 settembre il Gaffa partiva per Sudak o Soldaja, piccola città ad una quarantina di chilometri ad occidente di Teodosia, e dove esiste ancora, in istato di sufficiente conservazione, l’antico castello genovese, posto sopra una rocca scoscesa che domina il paese, e circondato da mura, in parte diroccate, dalle quali si ergono alcune torri. A settantacinque chilometri all’incirca da Soldaja verso ponente giace Yalta, l’antica Jalita, presso la quale sorge la villa imperiale di Livadia, dove il marchese Imperiale venne invitato a colazione il 7 settembre dallo czar Nicola II, che lo intrattenne a lungo manifestandogli anzitutto il proprio compiacimento per gli scopi del viaggio ed il proprio interesse per le memorie lasciate dai Genovesi in Crimea, intorno alle quali dimostrò di possedere cognizioni precise e non superficiali. Dopo una fermata a Balaclava, il cui porto, chiuso fra monti, è dominato da un castello genovese discretamente conservato e da alcune torri dirute, — delle quali costruzioni il nostro Presidente potè prendere fotografie dietro un permesso speciale dell’Autorità militare — ed una visita a Sebastopoli ed ai campi di battaglia ove pugna rono i soldati piemontesi durante la campagna di guerra del 1855*56, c LA SOCIETÀ LIOURli DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 il march. Imperiale, tolto commiato dal dott. Kolly, che aveva voluto con rara cortesia accompagnarlo da Caffa lino a quel porto facendogli da guida e da interprete autorevole, prendeva la via del ritorno dirigendosi a Costantinopoli. Arrivato quivi il 10, ne ripartiva la sera dell’ 11 alla volta di Metelino, dove quasi intatta si conserva ancora una fortezza genovese, che chiamavasi un tempo dai Gattilusi e che mostrasi ai naviganti non appena sono in vista deH’isola. Dopo alcuni giorni impiegati a visitare, con la guida del console italiano, la città e i dintorni, ed a prendere nota e fotografie della fortezza, degli avanzi di un acquedotto genovese, e di altri ruderi che ancora vi ricordano il nome ligure, il Presidente si recava all’isola di Scio. Questa è nota nella storia genovese per la signoria che vi esercitarono durante alcuni secoli i Giustiniani, di cui rimangono ancora molte memorie che l’inglese F. W. Hasluck della Bri-tish School di Atene, indagatore sagace della storia delle colonie liguri nel Levante, recentemente ricercò con infinita cura ed illustrò, pubblicando i frutti del suo diligente lavoro in alcuni scritti dei quali la nostra Società si giovo grandemente per la preparazione della Mostra, insieme con le notizie e le indicazioni direttamente somministratele a tale scopo dallo stesso autore. Dopo una breve permanenza a Scio, il marchese Imperiale seguitò per Rodi, sollecitato più dall’interesse degli avvenimenti recenti che dal ricordo degli antichi. Ristretta e di poco momento fu infatti l’azione dei Genovesi in Rodi nei secoli passati, e quindi scarse vi si rivelano le vestigia di essa; mentre grandiose e vitali vi si manifestano oggi le opere della dominazione italiana. Nei primi tempi di questa erano poi particolarmente intensi l’interesse e la curiosità dei nostri compatriotti per le imprese compiute colà dall’esercito e dalla marina della nostra nazione. L’isola dista circa 35 miglia dal golfo di Macri sulla costa dell’Anatolia, che il nostro Presidente volle raggiungere facendovi con lo yacht un’escursione durata varj giorni, nella quale visitò Marmaritza e Macri. Ritornato a Rodi, dove, cortesemente invitato dal generale A meglio che allora vi era governatore e dall’ammiraglio Cito che trovavasi in quelle acque colla regia nave Pisa, prese parte alle cerimonie ed ai conviti ufficiali nella ricorrenza del 20 settembre, il Presidente, dopo aver fatto una gita nell’interno dell’isola per visitare i ruderi del castello di -Salakos, ceduto nel XV secolo da un Giorgio Imperiale ai Cava- MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE CI lieii di Rodi, lasciò definitivamente quei lidi indirizzandosi al Pireo, donde per lo stretto di Corinto, faceva ritorno in Italia nei primi giorni di ottobre. Il march. Imperiale raccolse nel suo viaggio, non solamente abbondanti fotografie, disegni e schizzi dei luoghi e dei monumenti visitati, ma anche molte indicazioni e notizie per l’ordinamento della Mostra storica coloniale. Ottenne inoltre da alcuni consoli italiani delle città percorse e da varj studiosi così italiani come stranieri, primo dei quali il dott. L. Kolly, promesse, che poi furono in gran parte mantenute, di nuovo materiale utile per il detto ordinamento. Cosicché egli si trovò in grado di poter dar mano in breve tempo a questo, e sotto auspicj di buon successo. Occorreva anzitutto procurare alla Mostra dal Municipio di Genova un aiuto finanziario atto a darle consistenza e vita decorosa; e mentre l’imperiale attendeva a ciò, non trascurava di ricercare e di radunare nuovo materiale rivolgendosi a tutti quei musei, biblioteche ed archivi italiani ove si conservano ricordi dell’operosità coloniale dei Genovesi, .od anche soltanto attinenti alle costoro navigazioni ed imprese militari e commerciali di oltremare, allo scopo di poterne usare o di averne copia per la Mostra stessa. Dei principali documenti riguardanti la storia coloniale di Genova custoditi nel nostro Archivio di Stato — come il trattato di Ninfeo, le lettere di Domoculta, ecc. — il march. Imperiale fece trarre facsimili, e di molti altri fece trascrivere il titolo e l’oggetto, per modo che dalla esposizione e dalla lettura degli atti esibiti si potesse seguire il corso e lo sviluppo dell’azione colonizzatrice dei Genovesi. Oltre che dei risultati di tale azione, egli si occupò dei mezzi impiegati da costoro per ottenerli, di quelli almeno concernenti la navigazione; e volle che nella Esposizione figurassero modelli di antiche navi, oggetti di nautica, atlanti e carte geografiche del tempo, ecc.: tutte cose che seppe ottenere da istituti pubblici e da private persone, fra le quali sono da menzionare a titolo d’onore il comandante Enrico D’Albertis ed il prof. Alfredo Villa. Il 14 aprile del 1914, essendo già bene incamminato il lavoro preparatorio della Mostra, il Sindaco di Genova partecipava al nostro Presidente che la Civica amministrazione aveva deliberato di assegnare alla Società Ligure di Storia Patria la somma di lire diecimila per essa Mostra, e lo invitava a mettersi in rapporto col cav. CÌI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Angelo Boscassi, direttore dell’archivio storico ed ispettore del patrimonio artistico del Comune, per la riproduzione e la scelta degli oggetti municipali da esporre. Fra questi vennero scelti alcuni dei più rappresentativi. Del famoso catino una volta creduto di smeraldo e portato a Genova nel 1101 come bottino dell’espugnazione di Cesarea, e conservato nel tesoro di S. Lorenzo, si fece un’esattissima riproduzione in gesso, modellata dallo scultore prof. Paolo Enrico De Barbieri in conformità delle misure prese sull’originale dall arch. prof. Riccardo Haupt (1). Ma poterono apparire alla Mostra (1) Il famoso catino, dopo essere stato per oltre sette secoli custodito con somma diligenza e gelosia nella chiesa «li S. Lorenzo, fu durante il dominio napoleonico trasportato a Parigi e deposto il 20 novembre 1806 per ordine di Napoleone nel Cabinet de\ antiques della biblioteca imperiale. Esaminato poi, come è noto, da una Commissione scelta nella class** di scienze fisiche e matematiche dell’istituto di Francia e composta degli scienziati Guvton, Vauquelin ed Hauy, l’isultò essere di vetro colorato anziché di smeraldo conforme era stato fino ad allora generalmente creduto (Ved. in proposito una nota di A. L. Millin, * membre de l’Institut e de la Légion d’hon-neur, conservateur des médailles, des pierres gravées et des antiques de la Biblio-tlièque impériale », pubblicata nel Magasin enci/clopédique, Janvier 1807, e quindi nel Monileur Universel, n° 48, e riprodotta nel volume intitolato Observations sur le vase que l on conservali à Gènes sous te noni de Sacro catino et sur la note puhliée sur ce vase par Mr Aid Un,— par Monsìeur le chevT Bossi mevibre de l'Institut National d'Italie et d’autres sociétés scrivati tei, Turin, 1807). Restituito insieme con altri oggetti nel 1816, arrivò a Genova rotto in nove pezzi e mancante di un altro. Nel 1827 il Municipio di Genova incaricò l’orefice Francesco Semino di riunire mediante un’armatura metallica i pezzi del vaso in modo da ricostituirlo stabilmente nella sua forma esagona e senza troppo detrarre all’ effetto della sua bella trasparenza. Il lavoro riuscì egregiamente; ed ecco come ne riferiva la Gazzetta di Genova del 17 novembre 1827, n. 92: * L’artefice, dopo aver riunito i pezzi ritenendoli con una specie di festone lavorato in oro, che parte dall’orlo superiore, ed è sorretto nelle sei facce dell’esagono da altrettanti putti, che ne ricoprono il guasto, lo ba fissato sopra un piede, rappresentante un pellicano, che lo sostiene colle sue ali ; ed intorno al catino, come custodia di esso, è formato altro catino più grande, tutto dorato dentro e fuori a vario colore, di maniera però che ciascuna delle facce dell esagono, fissate sopra una cerniera, possono aprirsi e richiudersi con somma facilità e lasciare perciò esposto alla vista il catino senza necessità di toccarlo. Questa cassa, o custodia, così chiusa è ricoperta da un bellissimo coperchio dello stesso metallo, ornato di parecchi simboli analoghi al soggetto, cosicché questa cassa o eu-studia è dessa stessa un capo d’opera d'orificeria ». In questi ultimi anni il prof. Giovanni Campora, nel tempo in cui era assessore municipale, col proposito di rimettere per quanto fosse possibile il catino nel suo stato originale collegandone i pezzi senza sovrapposizioni ed ingombri metallici, tolse 1 armatura del Semino, e si provò a connettere i pezzi medesimi con certo suo mastice o cemento, nella virtù del quale egli sembra che avesse assoluta fiducia. Ma il cemento non fece presa: l’armatura, riuscito vano ogni tentativo di ricollocarla a posto, rimase disgiunta dal catino; e questo venne così a ritrovarsi nello stesso stato in cui era arrivato a Genova nel 1316. Soltanto, il prezioso cimelio, per tenerne in qualche modo i pezzi riuniti, fu messo sotto un reticolato metallico. MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE CHI nella loro originalità il pallio bizantino del secolo XIII, tessuto di seta e d oro ed istoriato con varie figure, appartenente al Museo di Palazzo Bianco; la corazza di Fabrizio Del Carretto penultimo gran maestro dei cavalieri di Rodi; un forziere o cassa di ferro del Banco di S. Giorgio; alcune balestre e freccie del secolo XV; parecchi strumenti nautici dello stesso secolo; due palle di granito per bombarde usate dai Turchi nella conquista di Rodi nel 1522; due cannoni ad avancarica presi a Tripoli; il manoscritto autografo della Canzone del sangue di G. D’Annunzio; ed altri cimelj. La Mostra fu preparata in una grande sala del nuovo palazzo del Museo civico di storia naturale nella spianata del Bisagno, palazzo che potè essere compreso nel recinto della Esposizione generale. La sala venne decorata e addobbata sotto la direzione artistica dell’arch. Haupt, che coadiuvò efficacemente il march. Imperiale nell’ordinamento della Mostra. Dirimpetto all’entrata, addossato alla parete a mezzogiorno della sala, sorgeva un altare di stile bizantino su cui stava il simulacro del sacro catino. Al di sopra dell’altare una tavola sorretta da mensola riproduceva in lettere d’oro l’epigrafe che un tempo leggevasi nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, in ricordanza ed attestazione dei privilegi accordati ai Genovesi nel 1104 dal re Balduino (1); ed ai fianchi dello stesso altare Varie sono le opere speciali pubblicate circa il sacro catino, senza dire de’ moltissimi scrittori che ne hanno parlato, ma la più interessante, cosi per la copia delle notizie come per le disquisizioni intomo al medesimo sotto l’aspetto religioso, è quella, in un volume di pagine 308, ohe ha per titolo : Il calino di smeraldo orientale, gemma consacrata da N. S. Gesù Cristo nell’ultima cena degli Azimi, e custodita con religiosa pietà dalla Ser.ma Repub.ca di Genova, come gio. rioso trofeo riportato nella conquista di Terra Santa Vanno MCI. Si mostra la sua Antichità, Preziosità, e Santità autenticata dagli Autori, come dalle pubbliche Scritture del-l'Arelùvio. Opera isterico morale Arricchita di Cognizioni, e Dottrine profittevoli a’ Studiosi, e grate agli Amatori dell'Antichità, dedicata alla Reale Grandezza del Serenissimo Doge Girolamo Veneroso, ed IUustriss. Eccellentiss. Signori Governatori, e Procur.ri del Serenissimo Dominio Dal II. P. Fra Gaetano da S. Teresa Agostiniano Scalzo Genovese, Predicatore, Lettore della Sagra Scrittura, e Teologia Morale, R visore del S. Uffìzio '. In Genova, MDCCXXVI. Nella Stamperia di Giovanni Franehelli. Con licenza de’ Sup. (1) Questa epigrafe era la riproduzione in grande del facsimile della tavola VII dato da L. T. Belgrano nell’edizione da lui incominciata degli Annali Genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori dal MXCIX al MCCXCIII, voi. I, in Fonti pei· la storia d’Italia pubblica e dall'istituto Storico Italiano, Roma-Genova 1890. Vedansi in propo-; Sito le note 2 a pp. 113-114, e 12 a pp. 121-122 di esso volume. Il documento trovasi trascritto nel Liber iurium Reipublicae Genuensis, tomus I, col. 17, η. IX, in Historiae Patriae Monumenta. CÌV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 si offrivano i facsimili del trattato di alleanza di Ninfeo del 13 marzo 1261 e del trattato di pace di Nicosia del 21 ottobre 1374, il primo a sinistra e l’altro a destra dell’osservatore. Lungo la medesima parete meridionale, in alto, sotto il cornicione, spiccava a grandi caratteri d’oro la celebrata iscrizione « Praepotens Genuensium Praesidium », già scolpita per ordine di detto re suirarchitrave del Santo Sepolcro (1). Ai due lati orientale ed occidentale della sala innalzavansi rispettivamente su piedestalli, l’una di contro all’altra, le statue in gesso di Caffaro di Caschifellone e di Tomaso Domo· culta, in grandezza una volta e mezzo all’incirca del naturale, modellate dallo scultore Vincenzo Pasquali. Dalla banda della prima statua, sul piano della sala, trovavasi un grande modello di antica galea genovese del secolo XVII appartenente al Civico museo pedagogico, ed uno più piccolo di altra galea genovese esposto dal dott. A. Villa; e dalla banda della seconda statua, entro vasta custodia di vetro, il modello della nave Santa Maria capitana nel viaggio di Cristoforo Colombo alla scoperta dell’America, tolto provvisoriamente dal Museo di Palazzo Bianco, ed opera del comandante E. D’Albertis. Alla parete di tramontana, sopra la porta d’ingresso della sala, stava appeso un quadro antico di proprietà municipale rappresentante l’isola di Chios. E sulle altre tre pareti, nelle riquadratine superiori comprese fra le colonne condotte a rilievo lungo le pareti medesime, si mostravano, due per ciascuna parete, scene di paesaggi e monumenti dipinte dal prof. A. Luxoro su schizzi che egli aveva presi dal vero durante la crociera del Gaffa. Tutt’intorno poi ricorrevano gli stemmi delle famiglie che legarono il loro nome all’opera secolare esercitata dai Genovesi in Oriente, e diedero consoli, podestà · ed altri magistrati alle costoro colonie. La parte più importante della Mostra era costituita dalle numerose collezioni fotografiche ordinate a serie, dalle riproduzioni di documenti storici, dai calchi, dai plastici in rilievo, dagli album di vedute, dai volumi riguardanti la storia delle colonie genovesi, e dai tanti altri oggetti disposti a muro od (1) « In muro arcus super altare Templi praelibati Sancti Sepulchri... », scrive Giorgio Stella, che riferisce per la prima volta questa seconda iscrizione, di cui non parlano affatto i più antichi annalisti (Georgii Stellae Annales Genuenses, in Rerum Italicarum Scriptores, tomus decimusseptimus, col. 981). mostra storica delle colonie genovesi in oriente a tavolo o collocati in vetrine: tutte cose che vengono enumerate e succintamente descritte con le altre più appariscenti sovra ricordate, nel catalogo che segue questi cenni. L’Esposizione fu inaugurata ed aperta solennemente la domenica del 24 maggio 1914 coll’intervento dei sovrani d’Italia. Nel pomeriggio del qual giorno il Re, a cui era mancato il tempo nella mattinata di visi-tare la Mostra storica coloniale, volle condursi a vederla, ricevuto dal ministro Martini non che dal march. Imperiale e dall’archit. Haupt. Il 20 dicembre 1914, dopo circa sette mesi di esistenza, ebbé luogo la dichiarazione di chiusura della Mostra nel salone stesso ove questa era raccolta, alla presenza di alcune Autorità cittadine e forestiere e di un certo numero d’invitati e di soci del nostro sodalizio, e con discorsi del march. Cesare Imperiale, dell’avv. Angelo Nattini, assessore alle Belle Arti del Municipio di Genova, e del comm. Carlo Rossetti delegato del Ministero delle colonie. Non credo inutile, per chiarire ed illustrare gli intendimenti coi quali la Società promosse ed organizzò la Mostra, di riferire il discorso del nostro Presidente, epilogo eloquente di un’opera di cui il nostro Istituto, oltreché soddisfatto, può essere senza immodestia altero. Ecco le parole dette in quella circostanza dal march. Imperiale. « Ringrazio gli intervenuti la cui presenza rende solenne questa modesta cerimonia di chiusura della Mostra storica delle Colonie genovesi, e di questa maggior solennità mi compiaccio perchè mi offre occasione di render meglio noti gli intendimenti e l’opera del-1 antico Istituto che ho 1 onore di presiedere. Opera che si svolge quasi sempre nel silenzio delle biblioteche, — della quale il pubblico ha scarsa notizia e che spesso non cura, ma che pur mantenendosi nei limiti tiacciati dallo scopo altamente scientifico al quale deve esseie rivolta, non è mai stata estranea ad alcuno dei maggiori avvenimenti della nostra vita municipale e di quella italiana. « La visione del passato non può riuscir chiara quando non si hanno occhi per il presente; e noi non possiamo dimenticare, d’altra parte, che le nostre prime cronache furono cominciate, non da un monaco o da un erudito, ma da un marinaio, da un guerriero ed uomo di Stato che scrisse sulla tolda della galea che lo trasportava in Oriente, sotto la tenda, negli assedi di Cesarea, di Maiorca, di Almeria, durante le ambasciate ai pontefici o a Roncaglia: e scrisse qVi LA SOCIETÀ ligure di storia PATRIA DAL 1908 AL 1917 ciò che vide, i fatti gloriosi a cui prese parte, non tanto per ricordarli ai posteri, quanto per ammonire i coetanei onde evitare gli errori commessi, e per incitarli a compiere la gloriosa opera cominciata da lui e dai suoi compagni. « Per questa ragione abbiamo creduto che la Società non potesse rimanere indifferente alla manifestazione, di un’importanza storica sfuggita forse a molti, che nel corrente anno si è compiuta in Genova. Non parve a noi di poterci tenere in disparte quando l’Italia, per la prima volta, osava compiacersi di aver messo il piede fuori di casa, di aver piantata la propria bandiera sulle coste deH’Africa accanto a quella delle altre nazioni. Non potevamo dimenticare che, a differenza degli altri popoli per i quali il passato in quelle terre è muto, noi in ogni angolo, in ogni zolla quasi, troviamo un ricordo, un ammonimento, un trofeo. « Sono le memorie dell’antica Roma, sono le più recenti, meno grandiose ma forse più utili a noi, di Venezia, di Genova, di Pisa, tutte tesoro nostro, che costituiscono i titoli maggiori e più autentici, per chiedere la parte di retaggio che ci spetta. E poiché l’Italia ha ripreso la sua via, quella che secolari tradizioni, la sua posizione geografica, i suoi destini le hanno aperto, ufficio nostro, e di tutti coloro che si dedicano alle ricerche storiche, è quello di ritrovarne le trac-cie. Perchè è errore il credere che a tempi nuovi occorrano sempre nuovi sistemi. Credo invece che a ciascun popolo una legge provvidenziale abbia assegnato il suo compito, e credo che il nostro sia quello che con tanta fortuna abbiamo già adempiuto più volte nei secoli. « Il campo d’azione si è allargato coi mezzi più rapidi, più potenti di espansione, ma il commercio intanto segue nel Mediterraneo quasi le stesse vie, tende sempre agli stessi mercati che noi vediamo risorgere, pur troppo, per opera di altre nazioni, laddove Genovesi, Veneziani. Pisani furono industriali e commercianti fortunati e temuti. Non parlavano d’Italia quei navigatori, quei commercianti, ma lavoravano, inconsci, per l’Italia innalzando torri, chiese, moli, monumenti, di cui vedete qui i ricordi, facendo opera di civiltà che ancora oggi è rammentata con rispetto e con riconoscenza. « Per questa ragione abbiamo cercato di fare una Mostra che, non agli eruditi soltanto, ma a tutto il pubblico in una rapida sintesi offrisse un concetto, il più che era possibile esatto, del campo nel quale si svolse l’attività commerciale e coloniale di Genova. Mostra storica delle colonie genovesi in oriente cvii « In questa Mostra, pur non trascurando la parte di puro interesse archeologico, abbiamo creduto che forse giovasse meglio far conoscere, in questo momento, come fossero temprati gli animi dei nostri antecessori, quali vie tenessero per raggiungere la conquista dei mercati orientali, il dominio del mare. Abbiamo voluto quindi che il pubblico, insieme ai maggiori trofei riportati nelle conquiste coloniali, conoscesse quei trattati ai quali, preziosi documenti del valore e dell’abilità diplomatica genovese, si deve la fondazione delle prime colonie in Siria e in Palestina, le giurisdizioni consolari, germe delle capitolazioni moderne, il monopolio del commercio del Mar Nero, i dominii di Famagosta e delle isole dell'Egeo. Con la riproduzione ingrandita delle antiche carte del secolo XIV, assai più esatte di quelle tracciate nei secoli successivi, abbiamo additato quali fossero le colonie, i consolati, gli scali posseduti dai Genovesi. E infine, grazie alle pazienti ricerche dei nostri corrispondenti ed a quelle compiute personalmente, abbiamo potuto raccogliere calchi di lapidi, di stemmi, fotografie e disegni degli ancora numerosi monumenti che a Caffa, Soldaia, Balaclava, Vosporo, Trebisonda e Costantinopoli, a Scio, a Metelino, a Famagosta, a Gibello, a Tabarca, parlano ancora oggi di noi, di Genova, dell’Italia. « Questo abbiamo fatto nei modesti limiti concessi dal tempo troppo breve, coi mezzi posti a disposizione della Società dal Municipio, grazie al cortese concorso del Consorzio Autonomo del Porto e di alcuni privati, fra i quali mi piace ricordare il Cap. D’Albertis, il Dott. Kolly, il Cav. Cozzio, il Cap. Ansaldo, il Dott. Villa, il Cav. Grasso. « Altro compito spetta ora alla Società, dopo quello esaurito da pochi volenterosi nell’organizzare questa Mostra, che ha servito anche a mettere sotto gli occhi del pubblico i volumi e le altre pubblicazioni che son documenti dell’attività non mai interrotta di un Istituto che non solo non dorme, ma non ha mai smesso di lavorare, anche se il numero degli studiosi si è fatto più scarso, se alcuni di questi hanno creduto di scegliere altre vie forse più facili che offrono maggiore compenso almeno di notorietà e di lodi. « A questo proposito vorrei dire una parola ai miei colleghi di studi, in questo momento in cui sentiamo che tutto si rinnova — che una vita diversa da quella trascorsa finora sta per cominciare. Sono le parole di chi è ormai quasi vecchio, che ad ogni modo appartiene ad una generazione che ha creduto coi nostri maggiori sto- CVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 rici e coi nostri maggiori poeti alla futura grandezza non soltanto politica, ma intellettuale e morale della nostra patria. « Ci fu detto un giorno che eravamo poveri illusi, e ci fu dimostrato coi documenti che il nostro compito nel mondo era assai più modesto: quello di raccogliere materiali per i forestieri destinati a creare ciò che noi non eravamo più capaci nemmeno di eseguire su disegno di altri. E così la storia, la grande storia nella quale un giorno avevamo preceduto ogni altro, non parve più ufficio nostro. Per noi la monografia, la illustrazione di questo o quell’episodio, e sopratutto la diligente, minuta ricerca del documento. « Dio mi guardi, intendiamoci, dal muover critica a tutti quei benemeriti ai quali dobbiamo se dagli Archivi nostri è uscita luminosa la documentazione precisa, esatta della nostra storia. A loro, che anche in questo seguono l’esempio di un grande italiano, il Muratori, vada ora la espressione di riconoscenza di tutti coloro che al pari di me hanno provato quale acuto e misterioso diletto sia quello di veder risorgere il passato, non per opera di un intermediario che non sempre sa intenderlo e rappresentarlo, ma nelle testimonianze sincrone delle cronache, delle memorie, dei documenti pubblici e privati. E ritengo — come ho sempre dichiarato — che ufficio delle nostre Società storiche è appunto quello di aiutare queste ricerche, di essere le editrici di tutti quei documenti che per la loro aridità, almeno apparente, non troverebbero editori. « No — altra cosa deploro — la sfiducia in noi stessi, l’ammirazione di tutto quanto si fa e si scrive fuori d’Italia; deploro che a poco a poco di ogni cosa nostra antica scrivano ormai i forestieri più degli Italiani, e che se qualche rara opera vien pubblicata da noi, ottenga assai minor voga della più modesta monografia di chi ha la fortuna di appartenere ad una fra le tante Università della Germania. E questo dico, non per dispregio, ma anzi con sentimento di invidia, di ammirazione verso quel popolo che — nessuno di noi può dimenticarlo — fu in Italia troppo ammirato, troppo citato ed imitato sino a ieri da ogni classe di persone, da ogni partito politico, da ogni cultore di scienza. Conoscere il tedesco, seri' vere se non in tedesco, almeno nel modo più astruso e più grave, anche sugli argomenti più futili, parve segno di alta sapienza, se non per tutti, almeno per quel pubblico che segue la moda per non avella fatica di pensare. MOSTRA STORICA DELLE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE CIX « Oggi la moda sta per cambiare. Ma potremo noi rinunziare al mal vezzo di copiare un modello qualsiasi purché forestiero, invece di ritornare ai nostri, pur valendoci di tutto quanto abbiamo acquistato ed imparato dagli stranieri? A loro dobbiamo il metodo più severo di critica, una ricorca più esatta delle fonti, a loro dobbiamo in gran parte, confessiamolo sinceramente, la rivelazione dell’enorme ricchezza che dormiva ignorata dai più, disordinata, negli Archivi nostri. Ma se dopo esser stati maestri al mondo, siamo tornati a scuola, non è questa una ragione per rimanervi eternamente. Torniamo a volar colle nostre ali, a ritrovar la nostra via, quella che ci fu tracciata dai nostri vecchi cronisti, dai nostri grandi storici del Risorgimento artistico, e del Risorgimento politico, che considerarono la storia come una funzione altamente civile, così l’intendeva il nostro vecchio Annalista — ammonitrice contro gli errori da evitarsi, incitatrice a magnanimi fatti: non uno svago di gente erudita, non vanagloriosa sodisfazione di nobiltà decaduta che nell’elenco pomposo di titoli e delle glorie avite cerca un conforto ai feudi, alle possessioni perdute, alla potenza svanita, « Non è certamente il caso di indicare oggi un programma, nè io sono tale da poterlo tracciare. Ma, intanto, per non limitarmi alle dichiarazioni generiche, mi permetto di enunciare modestamente un’idea che, se fosse accolta, avrebbe la consacrazione solenne, necessaria perchè possa avviarsi verso una possibile esecuzione. Mentre la modesta raccolta di ricordi fatta in occasione di questa Esposizione è destinata ad essere il germe di un vero e proprio Museo Storico Coloniale, io vorrei che da Genova, sede della prima Esposizione Coloniale Italiana, partisse una proposta: Si scriva la storia delle Colonie Italiane in lingua italiana da Italiani che siano in grado di riprendere le tradizioni storiche dei tempi in cui ai sommi, agli uomini di Stato era affidata questa missione. « Grande ventura sarebbe per noi, se quegli che il mio pensiero addita e che appartiene alla stessa terra toscana che ha dato all'Italia i più grandi scrittori di storia, non vorrà rifiutarsi a consacrare almeno col suo nome questo risorgimento di studi storici, italianamente sentiti e scritti. Noi tutti gli saremmo affettuosi e devoti col-laboratori, raccogliendo documenti, preparando i materiali per chi saprà trarne opera egregia, lo non dubito che al suo invito risponderebbero volenterosi gli Istituti Veneti, che già tanta opera hanno CX LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 compiuto in questo campo, e quelli di ogni altra parte d’Italia, già così benemeriti di questi studi. Si farebbe così un’opera collettiva — veramente italiana — non soltanto intenta a illustrare grandezze svanite ma, come dissi, a ritrovare le traccio di una via che nell’av-venire possiamo esser richiamati a percorrere. « Intanto, per conto mio, annuncio che già da qualche tempo la Società ha deliberato di pubblicare il Codice diplomatico delle Colonie Liguri, ed ha nominato una Commissione incaricata di riordinare il copioso materiale già pubblicato negli Atti, completandolo con tutto quello che, inedito, si trova ancora negli archivi o che fu raccolto da altri. Valido sussidio all’opera nostra sarà la Sezione Storica del Museo Coloniale, la cui istituzione in Roma mi è annunziata con questo nobilissimo telegramma: « Come Ella sa, è mio vivo desiderio che al Museo Coloniale di questo Ministero sia aggiunta una Sezione storica che in essa comprenda tutto quanto ha riferimento alla storia delle nostre gloriose Repubbliche marinare dell’Evo Medio, cui le avventurate spedizioni e guerre procacciatrici di colonie e di sbocchi commerciali valsero in tutto il mondo fama, predominio politico, opulenza eli traffici, splendore di civiltà. Da una raccolta paziente e per quanto sarà possibile completa di testi, di incisioni, di carte, di portolani, di riproduzioni di quadri, di fotografie di monumenti, ed, oltre a ciò, eia sistematiche ricerche negli archivi delle città marittime, io sono certo che non solo si avrà la migliore testimonianza della sapienza colonizzatrice dei nostri avi, ma si potrà altresì ricavare un nuovo e largo materiale storico di un periodo di vita italiana che forse è ancora fra i meno esplorati. Ella, cultore geniale e valoroso delle memorie di cotesta Genova giustamente superba delle sue glorie, vorrà, ne son certo, cortesemente aiutarmi nell’attuazione di questo mio proposito. Confido pertanto vivamente che Ella vorrà consentire e adoperarsi perchè non vada disperso quel pregevolissimo materiale da Lei raccolto per la Mostra di Genova e che io ho particolarmente ammirato. Esso potrà, e non sarà questo di certo motivo di scarsa soddisfazione per Lei, Onorevole Marchese, costituire il primo e prezioso nucleo della Sezione Storica dell’istituendo Museo Coloniale. « Le porgo, con anticipati ringraziamenti, il mio più cordiale saluto. MARTINI mostra storica delle colonie genovesi in oriente OXI « Non occorre dirvi con quale entusiasmo, con quale riconoscenza di Genovese e di Italiano io abbia aderito alla nobile, opportuna proposta di Ferdinando Martini, di quel Ministro delle Colonie che porta un nome illustre nelle scienze e nelle lettere, caro a tutti gli Italiani, e quanto io speri che eguale accoglienza troverà nei rap-piesentanti di Genova. Non posso dubitare infatti che Genova, già lieta di aver promosso — prima fra le città d’Italia — una Esposizione Coloniale Italiana, ricorderà con orgoglio, che qui fra noi, in un ora solenne della storia del mondo, gli Italiani hanno tratto dal passato, patrimonio loro assai più che di ogni altro popolo, una più salda fiducia nell’avvenire della patria ». CATALOGO DELI-A MOSTRA STORICA delle COLONIE GENOVESI IN ORIENTE GENOVA 1914 A VVERTENZA Le riproduzioni in fotografia, a stampa ecl a mano esposte nella Mostra vengono nel presente catalogo raggruppate a seconda dei luoghi ai quali si riferiscono. Molte di esse furono ricavate dalle opere di cui segue l’elenco qui appresso, ovvero ottenute direttamente dagli autori di alcune di queste. Per indicare la loro provenienza si cita, salvo avviso in contrario, il nome dell’autore o dell1espositore, col numero in cifre romane scritto accanto al titolo dell’opera da cui fu estratta, ovvero alla nota a cui si riferisce la cosa riprodotta. Parimente, di tutti gli oggetti esposti nei loro originali ovvero in modelli, viene dato, sotto l’indicazione di ciascuno di essi, il nome del-l espositore o del proprietario ; salvo il caso in cui, trattandosi di più oggetti riferibili ad una sola istituzione o ad una sola persona, non siasi creduto più conveniente di recarne l’elenco sotto il nome dell’istituzione o della persona medesima. Parecchie delle fotografie provenienti dal dott. L. Kolly e dal cav. S. Cozzio avevano già figurato all’Esposizione internazionale di Milano del 19G6, nella Mostra « Gli Italiani all’estero », e poche altre all’Esposizione di Torino del 1911. Si confronti per le prime il Catalogo descrittivo della Mostra storico artistica (Milano, 1907) compilato dal dott. Ettore Verga. OPERE ED AUTORI CITATI NEL CATALOGO Luigi Tommaso Belgrano I. Prima serie di documenti riguardanti la colonia di Pera. Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. XIII, fascicolo II, Genova MDCCCLXXVII; pp. 97-336. II. Seconda serie di documenti riguardanti la colonia di Pera. Ivi, voi. XIII, fase. V, Genova MDCCCLXXXIV; pp. 931-1003. III. 1 acole a corredo della prima serie di documenti riguardanti la colonia di Pera. Ivi, voi. XIII, appendice, Genova MDCCCLXXXVII: pp. 5- 11, tavole I-XXII. Emilio Marengo, Camillo Manfroni, Giuseppe Pessagno I. Il Banco di San Giorgio: l’antico debito pubblico genovese e la casa di S. Giorgio, la Marina di Genova, S. Giorgio e i possedimenti coloniali e di terraferma, il palazzo della Società e le sue dipendenze. Con 128 illustrazioni ed una tavola. Pubblicato a cura e per decreto del Consorzio autonomo del porto, Genova, A. Donath editore, 1911, pp. 1-556. NB. — Quest’opera vien citata nel Catalogo coll’indicazione B. S. Gr. Silvio Cozzio I. Cenni storici del dominio dei Genovesi in Crimea, con Brevi cenni stille origini della città di Odessa e della sua Colonia italiana. CXVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Opera inedita, una copia della quale, scritta parte a macchina o parte a mano, venne dal suo autore cortesemente messa a disposizione della Società per servire all’ordinamento della Mostra. Essa era già comparsa all’JSsposizione internazionale di Milano del 1906 nella sezione « Gli Italiani all’estero >, dove aveva ottenuto il diploma di medaglia d’oro. Ma dopo d’allora l’autore ampliò ed acorebbe considerevolmente il suo lavoro. Questo contiene come appendici: 1. Lapidi genovesi trovate in Teodosia (Caft'a), in Sudak (Soldaiajed a Baia-clava (Cembalo). Sono quelle pubblicate ed illustrate nel 1861 dal prof. Vl. Jukqhe-vic, in numero di 2-1 per Caffa, 11 per Soldaia ed una per Cembalo. 2. Lapidi genovesi trovate in Teodosia nell’anno 1891. Sono ricavate da una monografia pubblicata da O. Jìetowsky nelle Memorie della Società di storia e antichità di Odessa. 3. Opere in numismatica relative a monete genovesi in Crimea. È un riassunto di uno scritto di O. Retowsky edito in lingua russa nel 1897 in Sinferojioli sotto il titolo « Le monete genovesi - tartare della città di Caffa *. II. 11 cav. Silvio Cozzio, che è vice console d’Italia in Odessa, inviò altresì alcune fotografie di antichi monumenti genovesi in Crimea, le quali figurarono nella nostra Mostra. F. W. Hasluck King’s College, Cambridge British School, Athens. I. Genoe.se Heraldry and inscriptions at A mastra. Reprinted from thè Annual of thè British School at Athens, No. XVII. 1910-1911. II. Dr. CoveVs notes on Galata. Reprinted from thè Annual of thè British School at Athens, No. XI. 1904-1905. III. Monumenta of thè Gattelu.si. Reprinted from thè Annual of thè British School at Athens, No. XV. 1908-1909. IV. The latin Monumenta of Chio.s. Reprinted from thè Annual of thè British School at Athens, No. XVI. 1909-1910. George Jeffeey Curator of ancient monumenta, Cyprus. I. Notes on Cyprus, 1905. Extract from thè Journal of thè Roi/al Institute of British Archi-tects, third series, voi. XIII, no. 17. London, 9, Conduit Street, Eanover Square, w, 1906. OPERE ED AUTORI GITATI CXVII II. Famagusta. Extract from thè Journal of thè Royal Institute of British Archi -tects, thii’d series, voi. XV, no. 20. London, 9, Conduit Street, Hanover Square, w, 1908. ITI. The church of thè Holy Sepulchre - Jerusalem. Extract from thè Journal of thè Rogai Institute of British Archi -tects, third series, voi. XVII, nos. 18,19, 20. London, 9, Conduit Street, Regent Street, w, 1910. IV. Il Signor Giorgio Everett Jeffery, non pago di avere inviato alla Società copie degli opuscoli sopra indicati, volle altresì rimetterle alcuni disegni a penna su tela riguardanti Gibello; i quali vennero esposti per ricordo di questa antica colonia genovese. Camille enlart Directeur du Musée de sculpture comparée du Trocadero I. Fouilles dans les églises de Famagouste de Chypre. Reprinted from The Archaeological Journal, voi. LXIT, no. 248, pp. 195-217; London, 1906. II. Oltre le fotografie di tavole e di illustrazioni riprodotte dall’opuscolo su citato, furono esposte altre fotografie e stampe in parte desunte dall’opera dell’Enlart intitolata L’art gothique et la Renaissance en Chypre (1899), che lo stesso autore aveva messo cortesemente a temporanea disposizione della Società. I VEDUTE. ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. RIGUARDANTI LE COLONIE GENOVESI IN ORIENTE. RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE, A STAMPA EI) A MANO RAGGRUPPATE PER LUOGHI CAFFA (Teodosia) 1. λ eduta generale dei resti della Cittadella genovese. lj. Kolly 2. Rovine della Cittadella geno\’ese. · L. Kolly 3. Cittadella genovese e torre di Clemente VI. L. Kolly 4. Aspetto attuale della Cittadella genovese a Caffa : la torre di papa Clemente VI, la «seconda torre », la Quarantena. Acquarello dal vero di Carlo Bleunard (‘25 agosto 1913). L. Kolly 5. Avanzi della porta principale della Cittadella genovese prima del restauro (1902). L. Kolly G. Fortificazioni genovesi a sud est di Caffa — Rovine della torre rotonda del console Giovanni di Sofia (1342). Veduta presa dal sud. L. Kolly 7. Rovine della torre rotonda del console Giovanni di Sofia. Veduta presa da ponente prima del restauro (1902). L. Kolly VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXIX 8. A la orientale della torre rotonda del console Giovanni di Sofia. Ve- duta presa prima del restauro. L. Kolly 9. Ala orientale della torre rotonda del console Giovanni di Sofia, dopo il restauro (1903). L. Kolly 10. Interno delle rovine della torre rotonda del console Giovanni di Sofia, prima del restauro. Lato occidentale. L. Kolly 11. Facciata esterna dell’ala occidentale della torre rotonda del con- sole Giovanni di Sofia, prima del restauro. L. Kolly 12. La seconda torre della Cittadella genovese, al di sopra della Qua- rantena. Veduta présa da nord est prima del restauro (1902). L. Kolly 13. Seconda torre della Cittadella genovese, sopra la Quarantena. Ve- duta presa da sud-est prima del restauro. L. Kolly 14. La seconda torre della Cittadella genovese, sopra la Quarantena. Veduta presa da oriente dopo il restauro (1903). L. Kolly 15. Torre di S. Costantino a nord-ovest della città. Facciata orientale dopo i restauri (1903). L. Kolly 16. Torre di S. Costantino dopo i restauri. Lato nord. L. Kolly 17. Torre di S. Costantino dopo i restauri. Facciata occidentale. L. Kolly 18. Torre detta dei Giustiniani in riva al mare presso la Quarantena, prima del restauro. S. Cozzio 19. Torre dei Giustiniani, dopo il restauro (1904). L, Kolly 20. Torre genovese eretta durante il consolato di Goffredo da Zoagli (1351). L. Kolly 21. La grande torre detta di papa Clemente VI a sud-ovest della Quarantena, costruita nel 1348. Veduta presa dall’est avanti il restauro (1902). L. Kolly cxx CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALI'! 22. La torre di Clemente VI. Veduta presa dal lato nord prima del restauro. L. Kolly 23. La torre di Clemente VI. Veduta presa dal sud prima del restauro. L. Ivolly 24. Torre di Clemente VI vista dall’est, dopo il restauro (1903). L. Kolly 25. Interno della torre di Clemente VI e muro di cinta della Citta- della, dopo il restauro. L. Kolly 26. Resti di un ponte genovese sopra il fossato di cinta, in prossi- mità della torre di Clemente VI. L. Kolly 27. Avanzi di fortificazioni genovesi. Terrapieno e galleria nel fos- sato a sud di Caffa (XIV secolo). L. Kolly 28. Resti della torre e della porta « dei Giardini ». L. Kolly 29. Stemma della Repubblica di Genova raffigurante l’Agnello pa- squale. Pietra estratta dalle rovine di Caffa e conservata nel Museo di Teodosia. L. Kolly 30. Scudo genovese con S. Giorgio già collocato sopra una torre della Porta principale di Cafla (Museo di Teodosia). L. Kolly 31. Ornato di una chiesa genovese, conservato nel Museo di Teodosia. S. Cozzio 32. Marmo lungo m. 1,78 e largo m. 1,07 già murato nella torre di papa Clemente VI, recante cinque stemmi ed un’iscrizione, che Marcello Remondini interpreta come segue (Giornale Ligustico II, p. 39) : -f ANX1S MILLE DEI TRECENTIS OCTO QVADRENIS MENSE MAH FVIT OCTAVA LVCE PATENTE MAGNI PONTIFICIS CLEMENTIS CRACIA DATA CRVCIS IN AVGVMENTVM IIEC TVRRIS IIEDIFICATA. INNICIVM SVMP8IT FVNDATA PRESTITE IHE8V. E8T MALIS IN STRAGEM CVNCTIS LAVDEMQVE SVPERNI. PRESVLEM ERMIRIVM TVNC CONSVLEM ESSE PATEBAT NOMINE MONDINVM QVEM CIIRISTVS VERE REGEBAT. PROTEGAT HANC DEVS CVIVS VOCABVLO TVTA SEMPER ERIT LAVDEMQVE SVAM CONT1NVO PVTA. VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. cxxl Appartiene ora al Museo di Teodosia. L. Kolly 33. Rovine della postierla dei giardini. Marmo del Museo di Teodosia, con l’iscrizione: (Baptista) de franchis no(n) OR ABI LIS CONSUL CAFFÈ ET NO BILES ET EGREGII DNI ANTONIVS SPINVLA ET ANDREAS PAVAN(US) PROVISORES ET MASSARII HOC OPVS CONSTRVI FECERVNT MCCCCXII DIE PRIMA MARCII. L. Kolly 34. Iscrizione sopra lapide mancante dell’angolo sinistro superioi’e (Museo di Teodosia). Illustrata da O. Retovski (I, S. Cozzio) (Sep)VLCRVM (Dni). GEORGI . Γ). SCO . GEORG IO . S. HEREDV(m) . EI’ . RE QESCAT . I . PACE . >5 . AMEN . m . L. Kolly 35. Frammenti di lapide con stemma dei Cebà, e riscrizione: (Sepulcrum) . petri . ceba (et he) redvm . svo (rum) m . ccc . txx (die) xxii . marci’ . Trovasi nel Museo di Teodosia, e venne ricomposta ed illustrata dal Retovski (I, S. Cozzio). L. Kolly 30. Tre frammenti di lapidi con stemmi: uno di questi (Andora?) incompleto. Appartengono al Museo di Teodosia. L. Kolly 37. Parte di lapide con stemma Spinola e le lettere seguenti in gran- di caratteri : I P S PAG XXX È conservata nel Museo di Teodosia, ed è descritta dal Retovski (I, S. Cozzio). L. Kolly 38. Lapide con tre stemmi, fra i quali sono incise le sei lettere B, E, O, S, A, C in caratteri semigotici, e con la seguente iscrizione : TENPORE MAGNIFICI DOMINI BATISTE IVSTI NIANI CONSVLIS. MCCCCLXXIIII CXXII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Provasi, rotta in due pezzi, nel Museo di Teodosia; ed è illustrata dal prof. Jurghevic (I, S. Cozzio) L. Kolly NR. I numeri 8-1, 85, 86, 87 e 88 sono raccolti in un’unica tavola fotografica. Il Hetow skj· pubblica ed illustra le iscrizioni indicate con i numeri 8-1, 85, 87, 40 e 41 nelle Memorie dell'imperiale Società di Odessa di stona e antichità, tom. XIX, 1896. È «la \ edere in proposito altresì il lavoro di Alauico Calvini, Di alcune iscrizioni genovesi scoperte recentemente a Caffa, Lettura tenuta alla Società Ligure di Storia Patria il 18 Febbraio 1898; Genova, Tipografia della Gioventù 1898. 39. Iscrizione su pietra calcarea di m2 (1 χ 0,94) già in una torre che domina la Città a mezzogiorno. Testo ricostrutto dal Prof. Jurghevic (Memorie della Società Imperiale di storia e di antichità di Odessa, voi. VII, a. 1868, pp. 27S-281). Φ ANNO MCCCLXXXV DIE V SEPTEMBRIS TITRRIS IIEC FONDATA ET CONSTRUCTA FUIT IN DUCATO EXCELSI DOMINI ANTONIOTI ADURNI, DEI GltACIA JANUENSIUM DUCIS ET POPULI DEFENSORIS, TEMPORE REGIMINIS EGREQIORl'M ET POTENTIUM DOMINORUM PE TRI GAZANI, SPECTABILIS CONSULIS CAFFÈ ET JANUENSIUM IN IMPERIO GAZAHIE, JACOIil SPINULA I>E LUCULLO ET BENEDICTI DE GRIMALDIS, PROVISSORUM, CONSILIARIORUM ET MASSARIORUM IN PARTIBUS ANTE DICTIS, AD HONOREM BEATE VIRGINIS MARIE, SUB VOCABULO SANCTUS TOMAS-AMEN ». L. Kolly 40. Lapide con gli stemmi di Caffa, Genova, Centurione, Del Moro (?), Centurione, De Camilla disposti in due linee di tre stemmi ciascuna. Pubblicata ed illustrata dal Retovski (I, S. Cozzio). © MCCCLXXXXVI . DIE XXV . IV NII . DOMINI . ELIANI . CENTVRIONI . HONORABILIS . CONSILLIS . CAF FA’ . ET . c’ . DOMINOR’ . ANTONI . MA VRI . ET . PETRI . DE . CAMILA . MAZARI OR’ . FT . C’ . FACTVM . FVIT . HOC . OP VS . REPARACIONIS . TVRIS . ET MVROR L·. Kolly 41. Frammento di lapide con l’iscrizione seguente, la quale ricorda Giffredo Cicala, che fu vescovo di Caffa da una data non bene precisata, ma certamente non posteriore al 1424, fino al 23 gennaio 1441. E pubblicata, con ampia illustrazione, dal Re-towski (I, S. Cozzio). + PRO . MVLTA . BNFICIA yVE . FECIT . REVERED’ . DNS . GRIFED’ . CIGARA . ORD1S . MIOR - GRAC - D’i . ET . SED1 . PSL1CE . EPS - CAFS - ET ...... L. Kolly VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXXITI 42. Lapide con due stemmi uguali, che fiancheggiano l’iscrizione: + HVNC (ρθη)’ΓΕΜ . ET . MVBVM . AP ΗΟΧΙΜΛ . TURRI . AD . MARE . VS (qUe ad OCCÌ) DENTEM . GASPAR : IVDEX (sumptll prop) RIO . ORNARI : PAIlRICAR(ÌqUe fecit) tempore . CONSVLATV8 . M(agnifici) : D(omini) : oallocii de . G VIJ5VLFIS : MCCCCLXVII : DIE . P(RIMA) . SEPTEMBRIS. È pubblicata dal prof. Jurghevic (I, S. Cozzio). L. Kolly 43. Altoi'ilievo in pietra calcarea con cinque stemmi, scoperto nel 1863 (Museo di Teodosia). L. Kolly 44. Stampa antica col titolo: « Kaffa Forte Città della Crimea resa per capitolazione al Principe Dolgorouchi nel Luglio 1771 ». L. Kolly 45. Caffa nel 1790 (stampa antica). L. Kolly 46. Caffa: parte orientale delle fortificazioni genovesi nel 1790 (stampa antica). L. Kolly 47. Pianta di Caffa disegnata nel 1784, sei mesi dopo la presa della città da parte dei Russi, per ordine del principe Potemkine, allorquando tutto ciò che vi rimaneva dei Genovesi era ancora in piedi. Copiata dall’originale, che si conserva nel Museo storico di Teodosia. L. Kolly 48. Veduta del Museo d’antichità in Teodosia, fondato nel 1811, uno dei fondatori ed il primo direttore del quale fu l’emigrato savonese Giorgio Gallera. Il Museo contiene oltre una cinquantina di monumenti storici genovesi del XIV e XV secolo, iscrizioni gotiche, stemmi di consoli, stemmi di Genova e di Caffa. L. Kolly 49. Veduta del porto di Teodosia. Album del march. C. Imperiale 50. Veduta della moderna città di Teodosia. Album del march. C. Imperiale CXXIV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE SOLDAIA (Sudali) 51. \ eduta generale della roccia fortificata di Soldaia, presa da nord-est (1905). Acquarello di Anatolio Romanovsky Questa fortezza genovese si componeva: a) Della torre-vedetta di Santa Croce alla sommità della roccia: b) Del castello consolare e di una serie di torri e di muraglie con fossato esterno, portanti il nome di S. Elia. A cominciare dal 1900, una parte delle torri e del castello fu restaurata a spese della Commissione Imperiale d'archeologia di Pietroburgo e della Società Imperiale di storia e d antichità di Odessa, alla quale ultima venne affidata la sorveglianza di queste belle rovine. La chiesa, nella cinta di S. Elia, fu intieramente restaurata nel 1882 dal prevosto armeno cattolico di Teodosia (monaco di S. Lazzaro — Venezia), R. P. Cherubino Kusclmerof. L. Ivolly 52. Entrata della fortezza, veduta esterna dall’ovest. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska, preso nel ISSI prima del restauro delle rovine. \j. Kolly 53. Veduta del castello consolare presa da ovest prima del suo restauro. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 54. Veduta presa dall’interno della fortezza. Parte della cinta con una delle torri del lato di nord-est. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 55. Veduta presa dall’interno della fortezza. Parte di mura e d’una tor- re dal lato ovest. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 50. Veduta presa dall’interno della fortezza. Parte di mura e torre a mezzogiorno. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 57. Veduta presa dall’esterno d’una delle torri e di un’ala di muraglia dal lato ovest. VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, EOO. CXXV Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 58. Gran torre del castello dal lato est, chiamala la Torre di ferro, strapiombante sulla roccia al di sopra del mare. Una parte di essa crollò in una notte tempestosa del 1887. Disegno dal vero di Anatolio Romanovsky L. Kolly 59. Ruderi d’una delle torri difendente la cinta dal lato occidentale. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 60. Ruderi d’una delle torri del lato meridionale. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 61. Particolari di feritoje aperte, e di pietre scolpite incastrate nei muri delle torri di Soldaia. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska (1881). L. Kolly 62. Facciata orientale ed entrata della chiesa genovese nella cinta di S. Elia. Veduta presa nel 1881, prima del restauro di questo edifizio. Disegno dal vero della -contessa Otolia Kraszevska L. Kolly 63. Facciate orientale e meridionale della chiesa genovese sotto il castello consolare. Veduta presa nel 1881 prima del restauro dell'edilizio. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska L. Kolly 64. Interno della chiesa genovese, oggi nuovamente destinata al culto cattolico, prima del restauro eseguito nel 1882. Disegno dal vero della contessa Otolia Kraszevska L. Kolly 05. Torre genovese e rovine di una piccola chiesa fuoii della foltezza di Soldai.a, nel burrone che discende verso il mare a mezzogiorno. Disegno di A. Romanovsky prima del restauro del 1897. L. Kolly 66. Mura e torri dei Genovesi in Soldaia. Veduta generale. S. Cozzio CXX vi CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE (57. Mura e torri dei Genovesi in Soldaia. Veduta parziale. S. Cozzio 6S. Chiesa, mura e torri dei Genovesi in Soldaia. S. Cozzio 69. Veduta generale dei forti di Soldaia costruiti dai Genovesi. S. Cozzio 70. Torre dei Genovesi in Soldaia. S. Cozzio 71. Ivoceia di S. Elia con la torre genovese di Santa Croce. L. Kolly 72. La grande porta genovese di S. Elia veduta dall’esterno (prima del restauro). L. Kolly 7ò. La grande porta genovese di S. Elia veduta dall’interno (prima del restauro). L. Kolly 74. Interno del castello genovese di S. Elia. L. Kolly 75. Λ alle di Soldaia. S. Cozzio 76. Baia di Soldaia. S. Cozzio 77. Spiaggia di Soldaia. S. Cozzio 78. Ceduta dell’attuale città di Sudak. S. Cozzio 79. Lapide genovese recante, fra due stemmi di Genova, un’iscrizione che il cav. Angelo Boscassi così trascrive dalla fotografia di essa: + MCCCCLXXI DIE XX MADII HOC OPUS FACTUM FUIT TE MPORE REGIMINIS EGREGII ET POTENTIS VIRI DNI LEON ARDI TARTARI HONOR CON8... Cfr. Giornale Ligustico, XVIII, p. 297. E conservata nel Museo di Odessa. S. Cozzio. 80. Lapide genovese con due stemmi dei Cicala (aquila) e quello di Genova nel mezzo, allineati sotto l'epigrafe: ...OPUS FACTUM FUIT TPRE REGIMINIS NOBILIS ET... ...EGREGIS VIRI DNI CONRADI CICADE HONORABILIS CONS... ET CASTELANI SOLDAIE MCCCCIIII DIE X MAII. VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI ECC. CXXVII La ti ascrizione, fatta sulla fotografia, è del cav. A. Boscassi, e concorda, salvo piccole varianti, con quella pubblicata dal piof. V. Jurghevic. Appartiene al Museo di Odessa. S. Cozzio 81. Lapide genovese con gli stemmi dei Centurione, di Genova e dei De l< ranchis, sopra ai quali è scolpita l’iscrizione: MCCCCXIIII DIE IIH IUNII «EDIFICAMO PNTIS FOBTILICII... • •.DIA FACTA FUIT TPltE REGIMINIS SPECTABILIS ET POTENT... ...KNABE DE FKANCHIS DE PAGANO HON. CONSILII MASSARII CASTELANI ET CAP... Questa iscrizione, che trovasi ora nel Museo di Odessa, era un tempo collocata sulla torre presso la porta principale interna della fortezza di Soldaia, e si riferisce appunto alla costruzione di essa fortezza terminata nel 1414. È riportata dall’Oderico [Lettere ligustiche, tav. XII), dallo Jurghevic (Memorie della Società Odessiana di .storia, ecc. voi. V, a. 1863, p. 173), e ricordata dal Canale (Della Crimea, ecc., voi. II, pp. 342-343). La trascrizione qui data è del cav. A. Boscassi, che l’ha desunta dalla fotografia. S. Cozzio iNB. Queste due ultime lapidi sono riprodotte in un’unica fotografia. GURZUF 82. Veduta generale. Nei secoli XIV e XV i Genovesi possedevano ivi una fattoria chiamata «Gorzo». Album del march. C. Imperiale JALTA 83. Jalta: veduta dal mare. Album del march. C. Imperiale 84. Jalta: veduta generale dal lato di nord-ovest. Album del march. C. Imperiale 85. Jalta dal lato di sud-ovest. Album del march. C. Imperiale 86. Jalta: corso Alessandro. Album del march. C. Imperiale 87. Jalta: passeggiata lungo il mare. Album del march. C. Imperiale CXXVII1 CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE LIVADIA 88. Villa e palazzo dello czar. ^ Albani del march. C. Imperiale Al-TODOtt E TRIANDA 89. Ai-Todor: nido della rondine. Album del march. C. Imperiale 90. Trianda: padiglione. „ T Album del march. C. Imperiale ALUPKA E AI-PETRI 91. Veduta di Alupka e Ai-Petri presa dal mare. Album del march. C. Imperiale 9*2. Alupka vista dal lato ovest. Album del march. C. Imperiale 93. Panorama di Alupka e Ai-Petri. Album del march. C. Imperiale 94. Ai-Petri vista da Alupka. Album del march. C. Imperiale 95. Alupka: il Palazzo. , n Album del march. C. Imperiale 96. Alupka: bacino nel parco superiore. Album del march. C. Imperiale 97. Alupka: viale presso lo stagno nel parco. Album del march. C. Imperiale 98. Paesaggio montuoso presso Alupka. Album del march. C. Imperiale Ossei·. - I luoghi di Gurzuf o Urzuf, Jalta, come quelli di Aiusta e Parthenite posti tra Soldaia e Gurzuf, erano residenze di consolati genovesi. Presso Aiusta si vedevano ancora non molti anni fa i resti di un forte ivi costrutto sotto 1 imperatore Giustiniano e restaurato poi dai Genovesi (Cfr. G. Heyd, Storia (e ommercio ilei Levante nel medio evo; trad. italiana, Torino 191d, p. 778). » »? /> \ Fra Soldaia e Teodosia, e precisamente fra il capo Kigatlama (Salto < e a api a e il capo di Teodosia, giace la baia di Tekié, che i naviganti italiani chiamavano ancora nella prima metà del secolo XIX Porto genovese (E. Taitbout de Mariqhv, l or, tulan de la mer Noire et de la mer d’Azov, Odessa LS30; pp. 68-69) VEDUTE; ISCRIZIONI, STEMMI, ECO. CXXIX CEMBALO (Balaclava) 99. Veduta di Balaclava. S. Cozzio 100. Chiesa dei Genovesi. S. Cozzio 101. ^pide nella chiesa dei Genovesi, con l’iscrizione seguente: MCCCLVII DIE... SEPTEMBRIS IIOC (op)uS INCEPTUM FU(Ìt) TENPORE REGIM (inis) DISCRETI VIRI SI MONIS DE ORTO CON SULIS ET CASTELANI S. Cozzio 102. Rovine della fortezza genovese di S. Nicola. S. Cozzio 103. Lapide con stemma della famiglia Grillo, che trovavasi sulla torre dei Genovesi nel porto di Balaclava, presa dal generale Lamar-mora durante la guerra di Crimea e da lai donata al Comune di Genova. Trovasi ora nel Museo di Palazzo Bianco. Ved. Michele Giuseppe Canale, Della Crimea, del suo commercio e dei suoi dominatori, Genova, 1855; voi. II, p. 344. L’epigrafe di essa viene così trascritta dal cav. Angelo Boscassi: MCCCLIIII HOC OPUS FIERI FECIT SPBLIS EGREGIUS ET NOBILIS DOMINUS BARNABAS GRILLUS CONSUL..... Municipio di Genova 104. Lapide con stemmi di S. Giorgio, di Genova e dei Lercari, che trovavasi sulla torre dei Genovesi nel porto di Balaclava, presa dal generale Lamarmora durante la guerra di Crimea e da lui donata al Comune di Genova. Appartiene al Museo di Palazzo Bianco. Cfr. Canale, Op. cit., voi. II, p. 344. Municipio di Genova 105. Lapide presa a Balaclava durante la guerra di Crimea dal ge- nerale Lamarmora, e da lui donata alla marchesa Teresa Corsi vedova Pallavicino. Vi sono scolpite tre armi con iscrizioni, il tutto talmente consunto da non potersi decifrare. Ved. Canale, Op. cit., voi. II, p. 345. March. D. Palla vicino ? cxxx CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE CALAMITA (Inkerman) 106. Rovine del castello genovese. L. Kolly Non è ben certo ohe il castello siastato dei Genovesi, poiché il costoro dominio in Crimea viene comunemente ristretto a quella parte della costa meridionale della penisola compresa tra Cafta e Cembalo. Il porto di Calamita sembra appartenesse ai signori di Theodoro (de lo Tedoro), denominazione questa indicante una città o castello che alcuni autori, fra i quali il Desimoni, identificano con 1 attuale Inkerman, mentre altri con maggior fondamento di verità credono non sia che la fortezza di Mangup (Cfr. G. Heyd, Op. cit., p. 782;. MONCA STRO (Akkerman) 107. Il castello dei Genovesi: veduta generale. 108. Mura del castello dei Genovesi: veduta dall’esterno. 109. Mura del castello dei Genovesi: veduta dall’interno. S. Cozzio S. Cozzio S. Cozzio A MASTRA 110. Porta della cittadella. In alto: stemma di Genova. Sotto: stemmi dei Poggi, di Genova, dei Malaspina (?). I, p. 138, fig. 3. F. W. Hasluck 111. Stemmi genovesi esistenti nelle torri della cittadella e nell antico ospedale: I. Genova — II. Visconti — III. Adorno — IV. Fregoso - V. Boccanegra - VI. Doria - VII. Poggi - Vili. Luxardo -IX. Malaspina (?) — X. Ghizolfi — XI· Zoagli — XII. (scancellato) — XIII. De Montenegro (?) — XIV. Gazano (?). I, pp. 136-140, fig. 2. F. W. Hasluck 112. Lapide, ora trasportata nel Museo Imperiale di Costantinopoli, con gli stemmi Doria, Genova, Fregoso, Doria, e con un’iscrizione che ricorda certa opera eseguita durante il consolato di Ansaldo Doria nel 1407. I, p. 140, fig. 4. F. VV. Hasluck 113. Veduta della porta di Amastra. I, p. 133, fig. 1. F* Λν· Hasluck VEDUTE, ISCRIZIONI; STEMMI, ECC. CXXXI TREBISONDA 114. Lapide con armi dei Lercari e con un'iscrizione che ricorda una sacrestia fatta costruire nel 1365 da Manfredo Lercari. \ P· 141» fig· 5. F. W. Hasluck 115. Iscrizione greca nella chiesa presumibilmente genovese di S. Eleu- terio. Τ· P· 142. F. W. Hasluck VOSPORO (Kertcli) 116. Ruderi d’un acquedotto genovese. L. Kolly 117. Ruderi dello stesso acquedotto, veduti da un altro lato. L. Kolly 118. Avanzi di fortificazioni attribuite ai Genovesi nell’isola di Jeni- kate. L. Kolly BOSFORO 119. Castello genovese di Anatoli Kanak. Proveniente dalla Mostra storico-artistica di Torino del 1911. « Gli Italiani all’estero » 120. Rovine del castello dei Genovesi all’entrata del Bosforo. Prov. dalla Mostra di Torino del 1911. « Gli Italiani all’estero » COSTANTINOPOLI 121. Veduta di Costantinopoli nel secolo XVI. I F. W. Hasluck 122. Veduta di Pera desunta dal Liber insularum Aegei di Cristoforo Buondelmonti in codice cartaceo del secolo XV appartenente agli eredi deH’avv. Francesco Ansaido. Ili, p. 8, tav. II. L. T, Belgrano CXX XII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 123. Altra veduta di Pera desunta dal Liber del Buondelmonti in cod. cart. del see. XV appartenente alla Marciana di Venezia. Ili, p. 8, tav. III. L. T. Belgrano 124. Pianta delle antiche fortificazioni genovesi di Pera, delineata •nel 1864, avanti la loro demolizione, dall’ing. Maria De Launay, allora segretario del Consiglio Superiore dei lavori pubblici dell’impero Ottomano. Ili, p. 7, tav. I. L. T. Belgrano 125. Calata (Pera) — Torre genovese. Rovine del muro di cinta (ora distrutto). Prov. dalla Mostra di Torino del 1911. « Gli Italiani all'estero » 126. Galata (Pera) — Porta delle mura genovesi. Prov. dalla Mostra di Torino del 1911. « Gli Italiani all’ estero » 127. Pera — Palazzo del Comune nella via ora detta Percembe- Bazar. Da un disegno del barone Romualdo Tecco, già incaricato d’affari e ministro plenipotenziario del re di Sardegna a Costantinopoli dal 1847 al 1856, donato alla Società dal socio Domenico Promis. Ili, p. 8, tav. IV. L. T. Belgrano 128. Lapide sepolcrale di Andreolo di Pagana, a. 1335. I, p. 323; III, p. 9, tav. VI. L. T. Belgrano 129. Iscrizione del 1387, che ricorda una torre costruita al tempo del podestà di Pera Raffaele D’Oria. I, pp. 324-325; III, p. 9, tav. VII. L. T. Belgrano 130. Lapide del 1397, con tre stemmi: dei Bonavey, di Genova, dei Bonavey. Luchino de Bonavey era in quell anno podestà di Pera. I, pp. 325-26; III, p. 9, tav. VIII L. T. Belgrano 131. Lapide con iscrizione del 1404, che ricorda la torre costruita al tempo del podestà Giovanni Sauli, e con gli stemmi di Genova e dei Sauli. I, p. 326; III, p. 9, tav IX L. T. Belgrano 132. Lapide con iscrizione riguardante le mura di cinta costruite nel 1430, al tempo del podestà Filippo de Francis. I, pp. 327-28; ITI, p. 9, tav. X. L· T. Belgrano VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. cxxxrn 13.3. Lapide con iscrizione che ricorda una torre costruita nel 1435, al tempo del podestà Stefano De Marinis. Porta gli stemmi di Genova e dei De Marinis. Ρ· ^28; Ili, p. 9, tav. XI. L. T. Belgrano 134. Lapide con gli stemmi dei Fregoso, di Genova e degli Spinola, e con un’epigrafe ricordante la costruzione di una torre nel 1441, per opera del podestà Nicolò Antonio Spinola. I, p. 329; III, p. 10, tav. ΧΙΓ. L. T. Belgrano 13o. Lapide con gli stemmi dei Fregosi, di Genova e degli Spinola, e con un’iscrizione la quale ricorda una torre fatta costruire nel 1442 dal podestà Nicolò Antonio Spinola q. Tomaso. I, p. 329; III, p. 10, tav. XIII. L. T. Belgrano 16. Lapide con gli stemmi dei Fregosi, di Genova e degli Spinola, e con un’iscrizione rammemorante la costruzione di altra torre latta nel 1442 per ordine del podestà Nicolò Antonio Spinola. I,. p. 330; III, p. 10, tav. XIV. L. T. Belgrano 137. Bassorilievo in pietra, del 1441-42, coll’effigie di S. Bartolomeo Apostolo fiancheggiata dagli stemmi di Genova e degli Spinola, ripetuti ai due lati. 1, p. 330; III, p. 10, tav. XV. L. T. Belgrano 138. Lapide con gli stemmi degli Adorno, di Genova e dei Grimaldi e con un’epigrafe che ricorda una torre terminata nel 1443 al tempo del podestà Boruele Grimaldi. I, p. 331; III, p. 10, tav. XVI. L. T. Belgrano 139. Lapide con gli stemmi degli Adorno, di Genova e dei Marruffo, e con un’iscrizione ricordante una torre compiuta nel maggio del 1445 al tempo del podestà Baldassare Marruffo. I, p. 331; III, p. 10, tav. XVII. L. T. Belgrano 140. Lapide con gli stemmi degli Adorno, di Genova e dei Marruffo, e con un’iscrizione che ricorda le mura ed altre opere erette dal podestà Baldassare Marruffo nel 1446, e celebra le doti di lui. I, p. 331; III, p. 10, tav. XVIII. L. T. Belgrano 141. Lapide con gli stemmi degli Adorno, di Genova e dei Marruffo e con un’iscrizione che rammenta l'ampliamento delle mura suburbane di Pera dovuto al podestà Baldassare Marruffo. I, p. 332; III, p. 10, tav. XIX. L. T. Belgrano CXX XIV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 142. Lapide con gli stemmi dei Fregoso, di Genova e dei Facio, e con un’iscrizione ricordante un muro fatto costruire nel 1447 dal podestà Luchino de Facio. I, p. 332; III, p. 10, tav. XX. L. T. Belgrano 143. Frammento di lapide già recante gli stemmi, ora scomparsi, dei Fregoso, di Genova e dei Vivaldi, ed un’epigrafe, in gran parte perduta, riguardante Benedetto de Vivaldis podestà di Pera nel 1448. I, p. 333; III, p. 10, tav. XXI. L. T. Belgrano 144. Lapide con le chiavi papali sormontate dalla tiara e con gli stemmi dei Fregosi, di Genova e dei Lomellini, sulla quale è scolpita, sotto la data del primo aprile 1452, un’epigraie rammemorante il papa Nicolò V genovese, al tempo di Angelo Giovanni Lomellini podestà di Pera durante il ducato di Pietro de Campofregoso. I, p. 333; III, p. 10, tav. XXII. L. T. Belgrano 145. Pietra con gli stemmi dei. Doria, di Genova e dei De Merude sopra « Haryb Kapu » in Galata. I, p. 142, fig. 6. F. W. Hasluck 146. Lapide con iscrizione ricordante che Pera fu edificata sotto 1 im- peratore Andronico Paleologo nel 1303, che nel 1315 ne bruciò la metà, e che nel 1316 il podestà Montano De Marinis fece ricostruire il palazzo, la loggia, l’ospitale, etc., ed otteune dallo stesso imperatore molte case nei dintorni di detto luogo. I, p. 143, fig. 7. F. W. Hasluck 147. Antica porta genovese ancora esistente in Galata (Haryb-Ivapu), sopra la quale, in ricco pannello, sono scolpiti gli stemmi dei Doria, di Genova, e dei De Merude. II, pp. 53-54, fig. 3 (1). F. W. Hasluck 148. Avanzi delle antiche mura genovesi di Galata in gran parte distrutte nel 1869, con una delle porte « a mare » (alla estre* mità di Bokluja Sokak). II, pp. 53-54, fig. 3 (2). F. W. Hasluck 149. Galata: frammento delle antiche mura genovesi del porto a Zia Sokak. II, pp. 53-54, fig. 3 (3). F. W. Hasluck Vedute, iscrizioni, stemmi, ecc. cxxxv AENOS 150. Schizzo di pianta di Aenos e dintorni nell’estuario del fiume Maritza (Hebrus) sulla costa della Tracia. ni, p. 249, fig. 1. F. W. Hasluck 151. Panorama della città di Aenos, dal sud. IH, p. 251, fig. 2. F. W. Hasluck 152. Iscrizione sepolcrale in greco di Palamede Gattilusio, figlio di ί rancesco di Lesbo, collocata entro la chiesa di Chrysopege nella cittadella. HI, pp. 251 e 254, fig. 3. F. W. Hasluck 153. Porta dell’Acropoli. HI, p. 252, fig. 4. F. W. Hasluck ,1o4. Iscrizione greca con stemma Gattilusio, sormontato da quello dei Paleologo, posta in una torre dall’estrema parte occidentale dell’Acropoli. IH, pp. 254-255, fig. 5. * F. W. Hasluck 155. Lapide con stemmi Gattilusio e Doria, e sopra di essi l’iscri- zione in lettere gotiche: f MCCC f LXXXV. DIE PHIMO f MADII. E posta in una torre quadrata diroccata della cinta occidentale dell’Acropoli. HI, p. 255, fig. 6. F. W. Hasluck 156. Lapide con lo stemma Gattilusio e l'iscrizione: f MCCCCXIII : DIE PRIM AGVSTI. Trovasi in una torre ben conservata, dal caratteristico paramento genovese a corsi regolari di pietra, della cinta occidentale dell’Acropoli. HI, pp. 255-256, fig. 7. F. W. Hasluck 157. Lapide con iscrizione greca e con stemma dei Gattilusio coro- nato da quello dei Paleologo (arme di Palamede Gattilusio). È ora posta sul muro della moderna chiesa di H. Ylasios. IH, p. 256, fig. 8. F. W. Hasluck Ο XXXVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE FOCEA 1δ8. Lapide in tre pannelli con: 1° Monogramma dei Paleologhi; 2° Aquila bicipite portante uno scudo con l’arme dei Gattilusio; 3° Stemma Gattilusio. Nella parte inferiore è scolpita un’ iscrizione greca di Dorino Gattilusio colla data A. M. 6932 = A. D. 1423-4. È collocata nel muro della casa del sig. Alexopoulos. Ili, pp. 258-259, fig. 9 F. W. Hasluck METELINO (Mitilene) 159. Veduta panoramica della città e del porto di Metelino, col ca- stello dei Gattilusio in alto. Album del march. C. Imperiale 160. Schizzo della pianta del castello dei Gattilusio. Ili, p. 259, fìg. 10. F. W. Hasluck 161. Il castello dalla parte di ponente. Ili, p. 260, fig. 11. F. W. Hasluck 162. Mura del castello inferiore. Ili, p. 261, fìg. 12. F. W. Hasluck 163. Bastione a destra dell’entrata nell’estremità meridionale del ca- stello, con stemmi dei Gattilusio, monogramma dei Paleologo ed aquile imperiali. Ili, pp. 263-264, fìg. 13. F. W. Hasluck 164. Stemma dei Gattilusio-Doria (da fronte di sarcofago esistente nel castello). Ili, p. 264, fig. 14. F. W. Hasluck 165. Viadotto del villaggio di Moria. Album del march. C. Imperiale 166. Vecchio villaggio di Halikas (alto e basso). Album del march. C. Imperiale VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXXXVII SCIO 167. Città di Scio (da un’antica stampa). I, p. 55. B. S. G. 168. La città di Scio nel secolo XV (Chios Civitas). Riproduzione dal Britisch Museum, Add. MSS. 15760, f. 350. IV, p. 140, tav. IX. 169. Piano della città e porto. IV, p. 141, fig. 1. 170. Piano della cittadella dopo il 1566. IV, p. 142, fig. 2. 171. Cittadella: torri E e D. P. AV. Hasluck F. W. Hasluck F. AV. Hasluck F. Λν. Hasluck F. Λν. Hasluck IV, p. 143. fig. 3. 172. Cittadella: torrione Zeno. IV, p. 144, fig. 4. 1<3. Lapide con quatti'o stemmi in rilievo: il primo dei Griustiniani, il secondo di Genova, il terzo eroso ed irriconoscibile, il quarto dei De Marchi. Porta l’iscrizione: In no]MINE DOMINI AMEN mccccv p(rimo) iAN(ua)n(ii) 4- ISTA TUIt(r)lS FUTI (sic) EDIFICATA T(em)p(o)lt(e) D(omi)Ni Nic(olai) D(e) marco poT(est)A(ti)s IV, p. 147, fig. 5. E. W. Hasluck 174. Lapide con la seguente iscrizione in dialetto genovese: -f SEA MANIFESTO a CAURA p(er)SONA SICOSIp E DECRETAO CIIE ARCUNA P(er)SONA DE CHE NA1GL10 GRANDE 0 VELI (SIC) PREPPOSA NI OSA UU[t]ANI FAR BUTA DENTRO DELO PORTO ARCUNA [spore]ita e D(e) saora ni zeto sot [ame]NDA D(e) p(er)p(eri) .... CC IN (a)RBITRIO D(e) MESER [il PoiI]esta e [dai g]0VERNANI ASIGNAI ALO R[e]PAIItO [de] LO [dett]o po[r] ro [mcccc° (?)] georgius panormius [no] TARIUS CURIE CHII SCRIPSIT. IV, p. 148, fig. 6. E. Λν. Hasluck 175. Lapide con armi dei Giustiniani e con la figura di S. Domenico in rilievo. Trovasi ora nel Museo Imperiale di Costantinopoli. IV, p. 149, fig. 7. F. Λν. Hasluck cxxxvm CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 176. Lapide sepolcrale di Ottobono Griustiniani, morto nel 1414, con l’iscrizione: Φ SEPULCRUM SPECTABILIS ET EGREGII DOMINI OCTOIiO NI IUSTINIANI EX DOMINIS MAONENSIBUS CHII QVI DE cessit [m]ccccxiv DIE XVI M[aii?]. IV, p. 152, fig. 8. F. W. Hasluck 177. Frammenti di architettura nella Cittadella. IV, p. 153, fig. 9. F. AV. Hasluck 1<8. Iscrizione frammentaria nella moschea della Cittadella: ...? Carr] etus posuit 4 FHB(rua)itn 15... IV', p. 154, n. 15 F. Λν. Hasluck 1<9. Iscrizione frammentaria, e di difficile interpretazione, nella moschea della Cittadella. IV, p. 154 n. 16 fig. 10. F. Λν. Hasluck 180. I1 rammento di lapide nella moschea, ora rovinata, di Bairakli Djami, sorta sul posto già occupato dalla chiesa di S. Domenico. In questa chiesa fu sepolto Giovanni Giustiniani ultimo difensore di Costantinopoli nel 1453. IV, p. 155, n. 17. F. Λν. Hasluck 181. Tabernacolo fatto costruire da Giov. Antonio Giustiniani q. Bar- tolomeo nel 146‘2, ora nella cattedrale latina moderna di San Nicola. Un’opera molto somigliante trovasi nella terza cappella a nord in S. Maria di Castello a Genova. IV, pp. 156-157, n. 20, tav. X. F. W. Hasluck 182. Iscrizione sul dorso di detto tabernacolo: HOC SAGRAE EUCARESTIE TABERNACULU(m) PIERI FE cit iOHA(nn)ES antonius iustinianus Q(uondam) D(omini) BARnifolomae)i mcccclxii. IV, p. 156, n. 20. F. Λν. Hasluck 183. Bassorilievo nella cattedrale di S. Nicola rappresentante la Ver- gine col Bambino in grembo. IV, p. 157, fig. 11. F. W. Hasluck 184. Bassorilievo nel Museo rappresentante la Vergine col Bambino in braccio. IV, p. 157, n. 23, tav. X. F. Λν. Hasluck VEDETE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXXXÌX 185. E rontale di sarcofago con due scudi recanti ciascuno lo stemma dei Giustiniani, e fiancheggianti una ruota dai raggi curvilinei. IV, p. 158, n. 25, fig. 12. F. W. Hasluck 186. Stemma dei Giustiniani. IV, p. 158, n. 26, fig. 13. F. W. Hasluck 187. Lapide, con l’iscrizione seguente riguardante Nicolino de Tu- derto, nel giardino dell’arcivescovo latino: HOC PILASTRUM CUM SUO ARCU ET CUM RESIDUO TOTIUS CAPPELLE FECIT FIERI D(omi)N(u)S FRATER NIC0L1NUS I)E TUDERTO EPISCO PUS FOLIARUM AMORE DEI ET SANTE CRUCIS [m]cCCCXLVII ■ de mense mart[ìo]. IV, pp. 158-159, n. 27, fig. 14. F. W. Hasluck 188. Marmo spezzato di monumento sepolcrale, con tre mezze figure femminili e con lo stemma dei Giustiniani in basso. Porta la seguente iscrizione elegiaca, commemorante tre membri della famiglia Campi-Giustiniani. Manca la data, che è probabilmente intorno all’anno 1475. ...........PEREGIT ...Q(ue) Qui(n)Q(ue) [omnes abripuere?] dies Giraci a GAROR(um) ci,[ara? de sangu]i(n)E creta iusTiNiA(n)o oli(m) ju(n)CTA [sia]ria viro DOMl(ni)ci ANTISTES DIVI VEN(e)liANDA SOROR(Um) CO(n)DIDIT HOC TUM(u)LO LA(n)GUIDA ME(m)liRA BREVI qui siri p(er) cu(ii)ctos socnsQ(ue) sororib(us) annos llis CERTA TITULIS LEGE DICATUS ERIT. IUSTINIA(n)E, TUA, ANTONI, EÌSt) PIA CURA, IOHANNES MARMOR(e) QUOD TEGIMUR HOC, CATOCINA, TUA. IV, p. 159, n. 28, tav. X. F. W. Hasluck 189. Marmo con due scudi, ognuno dei quali porta lo stemma dei Giustiniani, e con l’iscrizione seguente: Φ hec capella (cum) cimeter(ìo) est i>fominorum] franc(ìscì)i ET IO H(ann)is AN[to]Nii F[ra]i'RUM Fii.ioRu(m) q. s(peetabilis) D(omini) barthi iustiniani Q(uondam) s(pectabilis) militis fran(cìsc)i uri ac (coii)stat iNSTR(ument)o rogato manu lazari ni [de B,]apalo notarii m ccc[cx]xxxv DIE XVIIII IVNII ET EODEM AN(n)o (COn)STRUCTA PII Ο EIS ET EOR(um) successorih(us). IV, p. 160, n. 30, fig. 15. ' F. AV. Hasluck CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 190. Frammento di reliquiario nel Museo. IV, p. 161, n. 31, fig. 16. F. AV. Hasluck 191. Marmo con lo stemma dei Lercari, ricordante il sepolcro di Fran- cesco Lercari ed eredi, l’anno 1518. Trovasi ora nel Palazzo del Governo. IV, p. 161, n. 32 fig. 17. F. W. Hasluck 192. Fronte di sarcofago con iscrizione in tabula ansata di Giovanni Apleceio (Duplessis?), posta da Antoine Escalin des Aimars, Baroli de la Garde, capitano delle galee francesi sotto Enrico II all’assedio di Scio nel 1552-53. Ecco l’iscrizione: D. Ο. M. SUMMA CORPOIUS ET INC.ENII DEXTERITATE VIRTUTE ET SUA PHECESSOR(Um) Q(ue) SUOR(um) NOBILITATE DITATO IOANNI APLECEIO BORGON1ERIE I>(0mi)N0 COHORTIS PEDITUM MiLiTu(m) p(re)KECT0 p(re)MATuuE extuem(o) vite suae DIE Fu(n)CTO ANTONIUS ESCALINUS ASEIMARIUS CARDIE BARO BENE MERITUS VICES IiEGIAS IN EXERCITU MARITIMO ET TERRESTRI GERENS. IV, pp. 162-63, n. 34, fig. 18. F. W. Hasluck 193. Frammento di sarcofago con stemma dei Giustiniani ed iscrizione appena incipiente. IV, p. 164, n. 36, fig. 19. F. W. Hasluck 194. Capitello gotico avente da un lato uno scudo con entro un leone rampante. IV, p. 164, n. 38, fig. 20. . F. W. Hasluck 195. Tavola marmorea rotta da un lato, con l’iscrizione: SPECTATVS ET CLARVS VIR LEONARD\'[s] MARRVFFVS CI1II PRETOB AVLAM HANC MAIOREM PLATEA(m) ATQ(u)e VRBIS VICOS svo in REMp(ublicam) stvdio sternend[os] cvravit ANNO SALVATORIS NOSTRI Mfccccj lxxxviii. Trovasi a Campos nel giardino del signor Karavas. IV, p. 165, n. 39, fig. 21. F. Λν. Hasluck 196. Marmo con lo stemma dei Marruffo, collocato sopra la porta di una casa vicina alla cattedrale greca dirimpetto all’Ufficio del Registro. IV, p. 165, n. 40, fig. 22. F. AV. Hasluck VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXLI 197. Bassorilievo rappresentante la Dialettica, pannello probabilmente di un pulpito le cui facce portavano scolpite le sette arti liberali. Trovasi nel Museo. IV, p. 166, n. 41, fig. 23. F. W. Hasluck 198. Bassorilievo di portale con S. Giorgio a cavallo, che trafigge il drago- ne. Ai lati due figure in armatura romana, ciascuna delle quali sostiene uno scudo collo stemma dei Giustiniani. A sinistra, sopra il dragone, la principessa liberata, in ginocchio; a destra il re, la regina ed il loro castello; ed in basso il pastore col cane ed il gregge. Vedesi a Santa, ad un’ora e un quarto da Chora sulla strada di Nichori, posto sopra la porta della chiesa di S. Giorgio. IV, p. 168, n. 44, tav. XI. F. W. Hasluck 199. Frammento di architrave recante in rilievo la mezza figura di un angelo e lo stemma dei Giustiniani. E murato sopra l’ingresso del cimitero. IV, p. 169, n. 45, fig. 24. F. W. Hasluck ‘200. Rilievo di architrave con corona soprastante al monogramma di Cristo, conservato nel Museo. IV, pp. 169-170, n. 47, fig. 25. F. W. Hasluck 201. Bassorilievo di portale con S. Giorgio a cavallo in atto di trafig- gere il dragone, fiancheggiato dalle mezze figure di due angeli ed avente dinanzi, in alto, la principessa. Arma dei Giustiniani sotto ciascuno degli angeli, e volute con versetti della Sacra Scrittura. Trovavasi nella cattedrale greca prima del terremoto, ora è nel Museo. IV, pp. 169-170, n. 46, tav. XI. F. W. Hasluck 202. Bassorilievo di portale consimile a quello del n. 44 {in catalogo n. 198), con gli stemmi dei Giustiniani e dei Castello. Rimase in una chiesa di S. Giorgio fino a che fu buttato giù dal terremoto, e trasportato nel Museo ove trovasi attualmente. E completo, quantunque rotto in cinque pezzi. IV, pp. 170-171, n. 48, tav. XI. F. W. Hasluck 203. Bassorilievo che rappresenta ΓAnnunciazione, con ai lati due scudi l’ecanti l’arma dei Giustiniani, nel cui campo figurano le lettere S. A. I., forse iniziali di Simone e Argentina Longhi-Ughetti Giustiniani. Esiste nel cimitero di S. Giovanni Battista in Chora. IV, p. 172, n. 49, tav. XI. F. W. Hasluck CXLII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 204. Bassorilievo rappresentante l’Annunciazione. Ai lati due scudi con grifoni rampanti, uno dei quali porta in campo scolpite le iniziali Μ, B. E collocato sopra la porta occidentale di una cappella (H. Plianourios) a sinistra lungo la strada di Nea Mone. IV, pp. 172-173, n. 50, fig. 26. F. AV. Hasluck 205. Stemma con grifo, riprodotto dal bassorilievo precedente. IV, n. 50, fig. 27. F. AV. Hasluck 206. Frammento di bassorilievo, con monogramma cruciforme -j-KPOH, conservato nel Museo. IV, p. 173, n. 51, fig. 28. F. \V. Hasluck 207. Frammento di bassorilievo, con accenno di scudo recante lo stem- ma dei Giustiniani. Da una forma in gesso conservata nel Ginnasio di My ti lene. IV, pp. 173-175, n. 52, fig. 29. F. AV. Hasluck 208. Portale della chiesa di Chalkiós, villaggio ad un’ora ed un quarto a sud di Chora (porta meridionale). IV, pp. 175-177, n. 5-1, tav. XII. F. AV. Hasluck 209. Stipiti dello stesso portale. IV, pp. 175-177, n. 54, tav. XII. F. AV. Hasluck 210. Bassorilievo rappresentante l’entrata di Gesù in Gerusalemme, con le armi dei Giustiniani, elmo, aquila e paludamento. E la parte superiore del portale precedente. IV, pp. 175-177, n. 54, tav. XII. F. W. Hasluck 211. Portale genovese nella casa del sig. J. Mouniodes in Kampos. Il rilievo rappresenta due putti che sostengono una ghirlanda, entro cui è il monogramma di Cristo. Ai due lati sono scolpite le iniziali A e V, e sotto la ghirlanda la data MDXIIII. IV, pp. 177-178, n. 55, fig. 30. F. AV. Hasluck 212. Portale di marmo bianco d’origine genovese all’ingresso della Scuola turca femminile. IV, pp. 178-179; n. 56, tav. X. F. W. Hasluck Λ , 213. Listello del secolo XV con stemma Giustiniani. E collocato m una casa attigua a quella dei Giustiniani nel quartiere Franco. IV, p. 179, n. 57, fìg. 31. F. AV. Hasluck 214. Marmo con l’iscrizione qui sotto riferita, e con gli stemmi Bo- zolo (identico a quello riprodotto nel manoscritto appartenente alla Società Ligure di Storia Patria, dal titolo Memorie et se· VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXLIII polcri che sonò nelle Chiese di Genova e suburhij raccolte dal Sig. Giulio Pasqua Vanno 1610, ecc.), Genova ed un terzo non bene identificato: MCCCCXXVII DIE PRIMA MADI HOC OPVS FIERI FECIT ANTONIVS DE BOZOLO PRO SE ET SVIS EREDIBVS. E conservato in una capanna del casale di Sklavià, antica villeggiatura dei signori di Chio. IV, p. 179-180, n. 59, fig. 32. F. W. Hasluck 215. Marmo murato nella scuola del villaggio di Armolia, con l’i- scrizione seguente, fiancheggiata dagli stemmi dei Giustiniani e di Genova: EGREGI [US] D(omÌ)N(u)S IVSTINl[a]NVS I vsr(inianu)3 Q(uondam) D(omi)[ni] otto iìoni und[s ex] i>(omi)Ni s ciiii fier[ì fec]iT h oc CASTRv[m ann]o in(c) a(i')nationis mccccxlv[i] (d)iE X MA[ii]. IV, p. 181, n. 64, fig. 33. F. W. Hasluck 216. Tavola di marmo grigiastro, spezzata, con tre stemmi, il primo ed il terzo dei Giustiniani. E conservata nel Museo. IV, p. 182, n. 65, fig. 34. F. W. Hasluck 217. Il ponte della Fanciulla a Scio. Album del march. C. Imperiale 218. La via Aplotaria. Album del march. C. Imperiale 219. Veduta del nuovo Convento. Album del march. C. Imperiale RODI 220. Panorama di Rodi. Album del march. C. Imperiale 221. Torre degli Angeli. Album del march. C. Imperiale 222. Via dei Cavalieri. Album del march. C. Imperiale 223. Ruderi del Castello di Salakos, ceduto da Giorgio Imperiale ai Cavalieri di Rodi nel secolo XV. Album del march. C. Imperiale CXLIV CATALOGO DliLLA MOSTRA STORICA COLONIALE CIPRO 224. Carta di Cipro dell’anno 1578 (dall’antico atlante dell’Ortelius). I, p. 131. B. S. G. 225. Famagosta: veduta del porto e delle rovine (a. 1907). Album del march. C. Imperiale 226. Famagosta: veduta e pianta della città durante l’assedio dei Turchi nel 1571. 1, p- 67. B. S. G. 227. Famagosta: veduta e pianta della città dopo il 1571 (sulla fine del sec. XVI). I, P- 479. B. S. G. 228. Famagosta: veduta dell’Arsenale. II. C. Enlart 229. Famagosta: porta « dell’acqua » dell’Arsenale, vista dal porto. II, pp. 637, 639, fig. 10. G. Jeffery 230. Famagosta: porta del Mar, prima della formazione del nuovo porto. II, p. 640, fig. 12. G. Jeffery 231. Famagosta: angolo a torre della Cittadella. IT, pp. 639, 642, fig. 14. G. Jeffery 232. Famagosta: veduta del rivellino dalla tromba di una canno- niera. II, p. 644, fig. 17. G. Jeffery 233. Famagosta: veduta delle mura occidentali da una cannoniera del gran rivellino II, p. 647, fig. 19. G. Jeffery 234. Famagosta: veduta del gran rivellino e del bastione della «c Por- ta di Terra », da un’apertura delle mura meridionali. II, p. 647, fig. 20. Gl·. Jeffery 235. Famagosta: chiesa di S. Giorgio dei Latini (rovine), architettura francese della fine del secolo XIII. I, p. 1, tav. I C. Enlart 236. Famagosta: chiesa di S. Giorgio dei Latini, porta settentrionale. II. C. Enlart VEDUTE, ISCRIZIONI, STEMMI, ECC. CXLV ‘237. lamagosta: chiesa del Carmine costrutta durante il regno di Pietro I di Lusignano (1358-1369), ed in rovina, dopo il bombardamento turco del 1571. I) P· 2, tav. II. C. Enlart 238. Famagosta: S. Giorgio, affresco nella chiesa del Carmine. II· C. Enlart 239. Famagosta: chiesa di S. Francesco (rovine), architettura francese del 1300. II. C. Enlart 240. Famagosta: chiesa di S. Francesco, la cappella dove vennero sco- perte quattro tombe genovesi e più altre (scavi eseguiti dal-l’Enlart nel 1901). II. C. Enlart 241. Famagosta: tomba genovese nella chiesa di S. Francesco, con l’iscrizione OB FBANCISCVS DE GRIL . . . QVI OBIIT ANNO..... APRIL CVI (?) ANIMA REQVIESCAT IN PACE. AMEN. Scavi del 1901. I, p. 18, fìg. 8. C. Enlart 242. Famagosta: tomba nella chiesa di S. Francesco. HIC JACET NOBILLIS VIR DOMINVS CRESTIANUS DE MARINISI QVI OBIIT ANNO M.CCC.LXXXVlIIjDIE.XII DECEMBRIS, CVJVS ANIMA REQVIESCAT IN PACE Scavi del 1901. I, p. 12, fìg. 10. C. Enlart ‘243. Famagosta: tomba nella chiesa di S. Francesco. f HIC JACET NOBILLIS VIR DNS VGOLLINO . . . PRISCO D1TVS DE CANETO Q[UÌ] FVIT MASA RIO MAONE IN FAMAG[0Sta] Q(ui) OBIIT ANNO DNI MCCCCIII die x je.nr (?) [januarii] CVIVS ANIMA REQVIESCAT IN pace: amen. Scavi del 1901. I, pp. 14-16, fìg. 11. C. Enlart io CXLVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 244. Famagosta: tomba di Antonio di Sant’Anna nella chiesa di San Francesco. HIC JACET NOBILIS VIR DNS ANTONIVS DE SA ΑΝΕ QVI OBIIT ASO DNI M.CCCC...XXV kal. jv[nii] (ovvero januarii) CVJVS ANIMA REQVIESCAT IN PACE. AMEN Scavi del 1901. I, p. 18, fig. 12. C. Enlart 245. Famagosta: duomo, architettura francese del 1308. Π. C. Enlart 246. Famagosta: duomo veduto dal palazzo reale. II. 0. Enlart 24ì. Famagosta: facciata del duomo. II. C. Enlart 248. Famagosta: interno del duomo di S. Nicola. II. C. Enlart 249. Famagosta: duomo dei Greci (sorto verso il 1360). II. C. Enlart 250. Famagosta: S. Giorgio dei Latini, e duomo dei Greci; affre- schi. IL C. Enlart 251. Famagosta: veduta panoramica delle chiese armena, del Car- mine, altra armena, e di S. Anna. II. C. Enlart 252. Famagosta: veduta panoramica abbracciante il duomo, la chiesa dei SS. Pietro e Paolo e la chiesa nestoriana. II. C. Enlart 253. Famagosta: avanzi del castello costruito verso il 1300-10, archi- tettura francese. II. C. Enlart 254. Famagosta: palazzo reale del 1300. II. C. Enlart 255. Famagosta: la loggia dei Genovesi, distrutta dal popolo Cipri- otto nel 1372 e ricostruita poi (in fondo si vedono gli avanzi del palazzo reale e la gran chiesa dei SS. Pietro e Paolo). IL C. Enlart VEDUTE, ISCRIZIONI^ STEMMI, ECC. CXLVII 2o6. Famagosta: chiesa e convento di S. Francesco, dove vennero raccolti i G-enovesi superstiti dopo il saccheggio e la distruzione della loro vicina loggia nel 1372. H· C. Enlart 257. Famagosta: marmo anteriore al dominio genovese, di posto in- certo, con l’iscrizione: -1· MCCCXXII DIE III MENSIS JVNII DNS BELLANVS MARABO TVS CIVI8 IANVEN .... DIESI CLAVSIT EXTREMVM CV JVS ANIMA REQVIESCAT IN PACE Deposito del Konak. I, p· 8, fig. 7. C. Enlart 258. Famagosta: capitelli e basi architettoniche genovesi. Deposito del Konak. II. C. Enlart 259. famagosta: capitelli, basi, lapidi, ornati di architettura genovese. Deposito del Konak. II. C. Enlart 260. Nicosia: pianta, prospetti e sezioni dell’antica chiesa di S. Cate- rina (moschea di Haidar Pascià), prima dei restauri del 1906. I, pp. 490-493. G. Jeffery 261. Nicosia: pianta della città (da un'antica stampa). I, p. 65. B. S. Gl. 262. Pyrga: cappella Reale della Passione, ritratti di re Giano di Lusignano e della consorte Carlotta di Bourbon (calco di un affresco del 1421) March. C. Imperl\le GIBELLO (Djebail) 263. Pianta della città di Gibello. Riprodotta dall’opera A rchitecture militaire des Croisés di E. Rey, 1871. IV. G. Jeffery 264. 11 castello. IV. · G. Jeffery 265. Chiesa di S. Giovanni. IV. G. Jeffery 266. Battistero della chiesa di S. Giovanni. IV, G. Jeffery CXLVIII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE GERUSALEMME 267. Chiesa del Santo Sepolcro (dove furono scolpite sommariamente in lettere d’oro le convenzioni di re Balduino coi Genovesi nel 1104-1105). Braccio meridionale. Ili, tav. p. 709 G. Jeffery 268. Chiesa del Santo Sepolcro. Piano superiore della fronte del brac- cio meridionale (da una fotografia fatta nel 1860). Ili, p. 773. G. Jeffery 269. Chiesa del Santo Sepolcro. Schizzo rappresentante il lato meri- dionale come esisteva nel dodicesimo secolo. Ili, p. 783. G. Jeffery 270. Chiesa del Santo Sepolcro. La grande facciata: particolari deco- rativi dell’architrave della porta orientale. III, p. 795. G. Jeffery II ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE •E STRUMENTI NAUTICI INGRANDIMENTI DELL’ATLANTE LUXORO ATLANTE IDROGRAFICO DEL SECOLO XIV PUBBLICATO A FAC-SIMILE ED ANNOTATO DAI SOCII C. DESIMONI E L. T. BELGRANO IN ATTI, VOL. V. 271. Tavola III. Superficie dell’ingrandimento mm2 (1338X1260). Spagna: coste orientali: Francia: coste meridionali. Italia: coste della Liguria da Nizza alla Magra. Italia: coste della Toscana da Motrone a Porto d’Èrcole. Italia: coste romane da Montaldo ad Astura. Isole Baleari: Maiorca, Minorca (in continuazione della tav. II, sez. B). Isole disposte all’intorno della Sardegna. Sardegna. Corsica. Arcipelago Toscano. CATÀLOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Isole dell’Italia meridionale. Isole tra la Sicilia e ΓAfrica. Tabarca ed altre isole lungo la costa settentrionale dell'Africa. Africa: costa da punta Ancholl al golfo di Gabes. NB. — I possedimenti genovesi in Liguria, nelle isole di Capraia, Corsica, Sardegna, Tabarca (dominio dei Lomellini) e di Tunisi (Consolato) sono segnati colla bandiera di S. Giorgio. Fra i possedimenti si annoverano anche le colonie, i punti franchi, i fondachi, ecc., come quelli che i Genovesi avevano a Monpellieri, Nimes, Grasse, Acquemorte, Sant'Egidio, Arles, Marsiglia, Mu-trone, Port’Ercole, Civitavecchia, Corneto, Gaeta, Napoli, Messina, Palermo, ecc. 272. Tavola VI Superf. dell’ingrand. mm2 (1380χΐ085). Italia: costa da Gallipoli a Brindisi. Albania ed Epiro: costa da P. Palli (C. Pali) a Velliquj (Veliki). Grecia: coste dell’Acarnania ed Etolia, della Morea, dell’Arcipelago, dell’Attica e Beozia, della Tessaglia e della Macedonia. Tracia: costa da Grixopolli (Chrisopoli ovvero Orfano) a Sexto (Bovalla-Kalessi), con Eno o Aenos, signoria dei Gattilusio dal f 1384 al 1455. Asia Minore: coste occidentali dai Dardanelli ad Altologo. Vi sono segnati i luoghi di Landra [miti], ora Adramyti, già Consolato genovese; di Foia (Fogia Nuova) e Foia Vechia (Fogia Vecchia), dominio degli Zaccaria poi dei Cattaneo, quindi dei Maonesi ed infine dei Gattilusio. Isola di Saxno (Saseno). Isole del Mare Jonio. Sporadi occidentali. Isola Negroponte. Sporadi settentrionali o gruppo di Scopelos, rimpetto al Golfo di Tessalonica. ·.- Sporadi settentrionali, rimpetto alla Tracia ed all’Asia Minore: Taxo (Tasso), dominio dei Gattilusio; Sanstrati (Aistrati); Stalimeno (Stalimene, Lemnos), dominio dei Gattilusi; Lembro (Imbros), ÀRTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE CLÌ dominio dei Grattilusi; Maure (Isola dei Conigli, Lagussa); Tenedo; Metelino (Metellino, Lesbos), dominio dei Cattanei e quindi dei Gattilusi; Sio (Scio, Cliio), dominio degli Zaccaria e più tardi dei Maonesi e Giustiniani. Isole Cicladi. Sporadi orientali, o verso l’Asia Minore. Candia (1). Isole intorno a Candia. Isole lungo la costa affricana: Lanea (anticamente Aphrodites), Y.® de Carxe (Isola al Hyeras, Ya Patriarca (Bomba). Africa: costa da Carcora (Karkara) a Salome (Sollume, Porto Sollume). NB- — I possedimenti genovesi sono indicati colla bandiera di S. Giorgio. 278. Tavola VII Superficie dell’ingrand. mm*. (1510χΐ065). Cipro: coste da S. Andrea (C. Sant’Andrea) a Fama-Gusta (Famagosta). Candia (continuazione): coste da [pojlicastro (Paleocastro) a c. liom (C. Leon, Lionda). Isole intorno a Candia (contin). Arcipelago (seguito): 51 isole, da Cristiana (Christiani, Askania) a Corxi (Corsee?) Isole d’Asia e isole d’Africa scritte sulle coste. Asia Minore: coste da Altoluogo (C. Hypsili) ad Alexandre ta (Ales-sandretta, Iskanderun). Siria: coste da Bonel (a tramontana d’Arsus) a G. de Rixa (Golfo di Larissa, el Harisce). Egitto: coste da Stagnom (Lago Serbon, Sabahel Barduil) a Luco (Luka, Luco). (1) Candia rimase, come è noto, quattro o cinque anni nelle mani del genovese Enrico Pescatore, conte di Malta, che l’aveva conquistata nel 1206, e vi aveva costrutte ovvero restaurate quattordici fortezze, fra le quali si ricordano quelle di Monforte, Mirabello, Bonifaoio, Castelnuovo, Temenos, Milopotamo, Belriparo, S. Nicolò, sparse nelle diverse parti dell’isola. Di tutte queste fortezze rimangono — cosi afferma G. Gerola — ♦ avanzi più o meno ben conservati; ma, dopo tante vicende e tanti rivolgimenti, è impossibile più distinguere la primitiva costruzione genovese dagli immediati e successivi rimaneggiamenti dell’epoca veneziana »(D.r Giuseppe Gerola, La dominazione genovete in Creta; Estratto dagli Atii delVI. R. Accademia di Scienze, lettere ed arti degli Agiati di Rovereto, Serie III, voi. Vili, fase. II, a. 1902, p. 11) CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Contiene i possedimenti genovesi di: Baffa (Pafo), Consolato. Limixo (Limisso), Consolato. Famagosta, Colonia. Lango (Kos,) Dominio dei Vignolo. Altoluogo (C. Hypsili, Efeso). Stamiro_ (Mira). Porto Zenouese (Porto genovese). Satalia (Adalia). Tarxo (Tarso), Consolato. Malmistro (Mamistra), Consolato. Laiaza (Aiasso), Consolato. Soldino (Suidin). Lalicia (Laodicea), Consolato. Zibelle (Gibello). Tortoxa (Tortosa), Consolato. Tripolli (Tripoli), Consolato. Pozio contestabel (Sciufach). Zibeleto (Gibelleto), Feudo degli Embriaci. Baruto (Beirut), Consolato. Zaito (Saida, Sidone), Consolato. Suro (Sur, Tiro), Consolato. Acre (Akka, l’antica Tolemaide, poscia Accon e S. d’Acri), Consolato. Zexaria (Cesarea), Consolato. Arzufo (Arsuf). Ziaffo (Giaffa), Consolato. Scanolla (Ascalona), Consolato. Alesandria (Alessandria), Consolato. NB. — Sono tutti segnati con la bandiera di S. Giorgio. 274. Tavola Vili Superi, dell’ingrand. mm2 (1290X1030). Dardanelli \ Mar di Marmara I Bosforo > Coste d’Europa e d’Asia Mar Nero I Mar d’Azof / Giovanni ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE cLlii Contiene i possedimenti genovesi di: Pera. Amidiè (C. Midiah), Castello. Licostoma (Kilia), Consolato. Moncastro (A. - Kermann), Castello dei De Marini. Elexe (Alesivi), Castello dei Senarega e Spinola. Sinbano (Cembalo-Balaclava), Colonia. Santodaro (C. Aitodor-Inkerman), Colonia. Cia (Yalta), Colonia. Lustra (Aiusta), Colonia. Soldaia (Sudak), Colonia. Caffa (Theodosia), Colonia. Uospro (Kertch), Consolato. Tana (illegibile nell’originale), Consolato. Matrega (Mutarakan), Signoria dei Guizolfi. Savastopolli (Iskuriak), Consolato. Trabexonda (Trebisonda), Consolato. Cirisonda (Kerasum), Consolato. Simixo (Samsum), Colonia. Sinopolli (Sinope), Colonia. Docastelli (Dalkalegel), Castello. Samastro (Amastra), Colonia. Algiro (Fanariaki), Castello fabbricato da Vincenzo Lercari. NB. — Questi possedimenti sono indicati colla bandiera di S. Giorgio. CAUTE NAUTICHE possedute dalla Società Ligure di Storia Patria. Carte originali (in pergamena) 275. Carta di G-erolamo Costo, donata alla Società dal socio prof. Gerolamo Da Passano (Ved. in Atti, IV, pp. CLXII-CLXIV; ed in Giornale Ligustico, II, pp. 63-64-, 11. 69). Reca la leggenda: Carta navigatoria fatta per me Gieronimo Costo genovese in BAR(cellona). Grandezza mnr (850χ660). CLIV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 276. Carta di Giambattista Cavallini, donata dal socio sacerdote An- gelo Remondini (Atti, IV, pp. CLXV-VI; Giornale Ligustico, II, pp. 66-67, n. 80). Leggenda: Iovan Batta Cavallini in Livorno anno 1639. Grandezza mm2 (9ΐ8χ472). Riproduzioni fotografiche, litografiche ed a stampa. 277. Atlante di Pietro Visconti da Genova dell’anno 1318, composto di nove tavole geografiche, che si conserva nella Biblioteca Imperiale di Vienna: fac-simile di E. Rembielinsld riprodotto colla fotografia e dedicato alla Società Ligure di Storia Patria dal socio P. C. Remondini. Secondo il Mafckowic, l'originale sarebbe una imitazione dell’atlante dello stesso autore appartenente al Museo civico Correr di Venezia (Ved. C. Desimoni, Elenco di carte ed atlanti nautici di autore genovese oppure in Genova fatti o conservati, in Giornale Ligustico II, pp. 45-46 ; G. Uzielli e P. Amat di S. Filippo, Studi biografici e bibliografici sulla storia della geografia in Italia pubblicati in occasione del 111° Congresso geografico internazionale, Voi. II, Mappamondi, carte nautiche, portolani, ecc. ediz. seconda, Roma 1882, pp. 53-54). 278. Carta genovese del principio del secolo XV, di autore anonimo, conservata nella Biblioteca pubblica di Digione. Riproduzione a stampa unita all’ opuscolo illustrativo di Paul Gaffarel ; Etude sur un portulan inédit de la Bibliothèque de Dijon, Di-jon 1876. 279. Carta di Battista Beccario dell'anno 1426, il cui originale ap- partiene al Museo Reale di Monaco di Baviera. Porta la leggenda : Battista Becharius civis Janue composuit hanc cartam anno Domini millex.0 ccccxxvi de mense novembris ad requisicionem et NOMINE....... Fotografia donata alla Società dal prof. Kuhn, vicedirettore di detto Museo (Giorn. Ligust. II, p. 48.) 280. Fac simile del planisfero disegnato da Andrea Bianco a Venezia nel 1436. L’originale fa parte del famoso portolano del Bianco in dieci tavole membranacee con miniature a colori, che si conser- ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE ClW va nella R. Biblioteca Marciana di Venezia. Pubblicato in cromolitografia per cura del Contrammiraglio L. Fincati nel 1879. (Ved. G. Uzielli e P. Amat di S. Filippo, Op. cit. II, p. 67). Due esemplari. 281. Caita di Andrea Bianco veneziano fatta in Londra nel 1448, colla leggenda: Andrea Biancho venician comito de galia mi fexe a Londra M.CCCC.XXXX.VIII Riproduzione fotografica dall'originale in pergamena, die si conserva nella Biblioteca Ambrosiana di Milano (Ved. Atti, voi. ΙΓΙ, pp. CXili CXV). 2,82. Mappamondo di Fra Mauro, delineato su pergamena a Murano presso. ^Venezia negli anni 1457-59. L’originale è conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia (Ved. Cristoforo Negri, Elenco di Portolani: opuscolo contenente l’elenco dei portolani che si trovano nel Museo Correr, nelle raccolte private del cav. L. Cicogna, del nob. D. N. Barozzi, del conte F. Donà, nella Biblioteca Marciana in Venezia, nella Biblioteca Silvestriana m Rovigo, nella Biblioteca arcivescovile in Udine, nel Museo Civico in Vicenza — C. Desimoni, Giornale Ligustico, II, pagina 50 n. 15). 283. Frammento del planisfero inviato da Lisbona ad Ercole D’Este, duca di Ferrara, prima del 19 novembre 1502 da Alberto Cantino, e conservato nella Biblioteca Estense di Modena. Porta la leggenda: Carta da navigar per le isole novamente tr.... IN LE PARTE DE L’INDIA: DONO ALBERTO CANTINO al S. Duca Hercole. Calcato sull’originale e riprodotto in fac-simile per l’opera di Henry Harrisse, Les Corte-Real et leurs voyages au Non verni Monde. La riproduzione ha la grandezza dell’originale, cioè mm2 (1060χ975). Con dedica autografa di Henry Harrisse a C. Desimoni. 284. Carta della Badia di Cava dei Tirreni, di anonimo: fac simile in cromolitografia unito alla memoria di Giuseppe De Luca, Carte nautiche del Medio Eco disegnate in Italia, Napoli 1866. CLVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Il De Luca la riferisce al secolo XIV, ma l’Uzielli e l’Amat (Op. cit., p. 70) la ritengono con maggior fondamento della prima metà del secolo XV, ed è forse ancor meno antica. 285. Carta di Europa, « Partes de Africa » e « Asia pars », colla leggenda: Lopo. HOMEM Meffez. e. l. Forse è un fac-simile di quella che il Desimoni ricorda come delineata da un Lopez a Fez sul principio del secolo XVI, già conservata in Genova, e venduta verso il 1868 al Museo Britannico (Giornale Ligustico, II, p. 52, n. 23). Ignoro se l’au-toi'e di questa carta sia lo stesso Homem di cui esistono atlanti nel British Museum e nell’Arsenale di Venezia. Cfr. Atti, voi. IV, p. clxvii; e Justin Winsor, The results in Europe of Cartier’s explorations, Cambridge 1892, pp. 10-11 (Reprinted from thè Proceedings of thè Massachusetts Historical Society). 286. Portolano di Giacomo Maggiolo del 1561 (già proprietà del Prin- cipe Borghese, ora del Municipio di Genova). Reca la leggenda: Iacobus de Maiolo composuit hanc cartam in Ianua anno Domini 1561 die 25 Aprilis. 287. Carta di Visconte Maggiolo del 1587, con la leggenda: Vesconte de Maiollo composuy hanc cartan in Ianua anno dni 1587 die XX decenbris Due esemplari di riproduzione fotografica al cianuro. Ved. Giornale Ligustico, II, p. 62 n. 63. 288. Carta di Giacomo Scotto di Levanto fatta in Civitavecchia l’anno 1592, colla leggenda: Jacobus Scottus Genouencis. loco Levanti me fecit Civitate veteri anno domini 1592 289. Copia fotografica di un Atlante in quattro carte, probabilmente di anonimo francese e della seconda metà del secolo XVI, pei-venuta in dono alla nostra Società dalla Società di storia ed antichità di Odessa. L'originale si conserva nella Biblioteca di quest'ultima Società (Giornale Ligustico, II, p- 64, n. <0). 290. Carta del Mar Nero e adiacenze, di epoca e di autore indeter- minati. Riproduzione fotografica. ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE CLVII CODICE CAUTA CEO DEL SECOLO XV esposto dal suo proprietario CAP. F. ANSALDO 291. Liber insularum Archwelagi, di Cristoforo Buondelmonti. Questo manoscritto, che sembra di assai corretta lezione, reca con la descrizione le figure delle isole dell’Arcipelago, delineate con minuta esattezza nei contorni (Atti, IV, p. clx; Giornale Ligustico, II, p. 69, n. 90). Il Buondelmonti, prete fiorentino, scrisse la sua opera, in cui sono descritte 79 isole da Corfù. ad Aegina, mentre trovavasi. in Rodi; donde la indirizzò nel 1422 al cardinale Giordano Orsini. Esistono di essa parecchi codici in biblioteche ed archivi pubblici e privati italiani e forestieri, oltre quello posseduto dall’Ansaldo. L'opera venne stampata nel 1824 dal De Sinner sotto il titolo: Christoph. Bondelmontii, fiorentini, Librum insularum Archipelagi, e codicibus parisinis regiis nunc primum totum edidit, praefatione et annotatione instruxit. Gaiìr. Rud. Ludovicus de Signer, Helveto Bernas; Lipsiae et Berolini, apud. G. Reimer 1824. II De Sinner riprodusse però soltanto due carte, quelle della Provincia di Epiro e dell’ isola di Creta. CARTE NAUTICHE riprodotte dagli originali dell’Archivio di Stato di Firenze. 292. Carta nautica del bacino del Mediterraneo e del mar Nero, compi- lata da Pietro Visconte di Genova nel 1811. Grandezza della riproduzione mm2 (345X260). 293. Parte superiore sinistra della carta nautica del bacino del Me- diterraneo col mar Nero, compilato da Pietro Visconte di Genova nel 1311. Grandezza della riproduz. mm2 (225χΐ6δ). 294. Apice superiore, con leggenda autografa e data, della carta nautica del bacino del Mediterraneo col mar Nero, compilata da Pietro Visconte di Genova nel 1311. Grandezza della riproduz. mm2 (225X220). 295. Lato superiore destro della carta nautica del bacino del Mediterra- neo col mar Nero, compilata da Pietro Visconte nel 1811. Grandezza della riproduz. mm2 (260χ200). CLVIII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 296. Parte inferiore centrale della carta nautica del bacino del Mediter- raneo col mar Nero, compilata da Pietro Visconte nel 1311. Grandezza della riproduz. mm2 (260χ200). 297. Carta nautica del bacino del Mediterraneo col mar Nero, delle coste Atlantiche, delle isole Azzorre e Canarie, compilata in Genova da Grazioso Benincasa d’Ancona nel 1461. All’estremità centrale sinistra trovasi la seguente leggenda: Gratiosus Benincasa anconitanus compusuit in civitate Ia-nue in anno Domini MCCCC [lxi die xx decembris]. Le parole qui rinchiuse in parentesi sono ora illegibili nell’originale, ma così le riferiva nel 1847 il Santarem in Bulletin de la Société Géographique, I, 306, e le riconfermava, in quanto al millesimo, il Desimoni nel 1875 in Giornale Ligustico, II, p. 50-51, n. 17. Grandezza della riproduz. mm2 (240χΐ50). 298. Carta nautica del bacino del Mediterraneo e mar Nero, delle coste Atlantiche, delle isole Britanniche, delle isole Azzorre e Canarie, dell'Africa settentrionale, compilata da Giovanni Bertran in Maiorca nel 1491. Alla leggenda volgare dei nomi di parecchi luoghi è aggiunta la denominazione in arabo. Reca all’estremità sinistra la seguente sottoscrizione: Ioe Bertran en Malorques la fe..... en Malorques l’a- NY MCCCCLXXXXI. Grandezza della riproduz. mm2 (210X160). 299. Terzo superiore di detta carta. Grandezza della riproduz. mm2 (472χ370). 800. Terzo superiore della carta nautica, in grande formato, compilata da un anonimo nel 1487. La parte riprodotta rappresenta le coste Atlantiche dell’Eui’opa, le isole Britanniche, le coste x\tlautiche dell'Africa settentrionale, le isole Azzorre e Canarie. Grandezza della riproduz. mm2 (472χ370). 301. Planisfero compilato da prete Giovanni da Carignano, rettore della chiesa di S. Marco di Genova, al principio del secolo XIV, rappresentante il Mediterraneo col mar Nero, il mar Baltico fino al Golfo di Finlandia, l’Europa meno le parti settentrionali de ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE CLIX la Scandinavia e della Russia, l’Asia fino alla Persia, l’Africa fino al Sahara. Porta la leggenda: Presbiter Johannes rector Sancti Marci DE PORTU IaNUE ME FECIT. Grandezza della riproduz. mm2 (375X250). 302. Parte superiore sinistra del detto planisfero. Grandezza deila riproduz. mm2 (255X195). 303. Parte inferiore destra dello stesso planisfero. Grandezza della riproduz. mm2 (2δ5χΐ95). 304. Carta del bacino del Mediterraneo e mar Nero, delle coste Atlan- tiche, delle isole Azzorre, di Madera e delle Canarie, compilata da Guglielmo Solerio di Maiorca nel 1385, con la leggenda: Guillelmus Solerii civis Maioricarum me fecit, anno a nativitate Domini mccclxxxv. Grandezza della riproduz. mm2 (320X100). 305. N° 6 riproduzioni del gruppo delle isole Britanniche rispettiva- mente dalle carte nautiche di Guglielmo Soler (1385), Giovanni da Carignano (sec. XIV), Grazioso Benincasa (1461), Ferrerios e Prunes (1592), Anonimo Portoghese (sec. XVI), ed Anonimo (sec. XVI-XVII) 306. Diapositive n. 7 (procedimento al bromuro) riproducenti il grup- po delle isole Britanniche dalle carte nautiche di Grazioso Benincasa (1461), Anonimo (1487), Giacomo Bertran (149]), Jacopo Russo (1520), Anonimo (sec. XVI), Conte Freducci (sec. XVI) e Vincenzo Volzio (1607). I Nota. — Per notizie intorno alle carte ed ai cartografi sopra elencati vedansi, oltre le opere già citate, anche le seguenti altre pubblicazioni: Michel Giuseppe Canale, Storia del commercio, dei viaggi, delle scoperte e carte nautiche degl’italiani, Genova 1866; D’Avezac, A tlax hydrographique de 1511 du génois Vesconte de Maggiolo, Paris 1871; M. Staglieno, Sopra Agostino Noli e Visconte Maggiolo cartografi (in Giornale Ligustico, Π, 1875, pp. 71-81); M. Staglieno e C. Desimoni, Due nuovi cartografi della famiglia Maggiolo (Ivi, pp. 215-218); Pietro Amat, Del planisfero di Bartolomeo Pareto del 1455 e di altre quattro carte nautiche, ecc. (in Memorie della Società Geografica, Roma, 1S78); Cesare Paoli, TJna carta nautica genovese del 1311 (in Archivio Storico Italiano, serie IV, tom. VII, Firenze 1881); Theobald Fischer, Uber ltalienische Seekarten und Kartographen des Mittelalters, Berlin 1882); Cornelio Desimoni, Una carta della Tei'ra Santa del secolo XIV nell’Archivio di Stato in Firenze, Marino Sanuto e Pietro Visconte (in Archivio Storico Italiano, serie V, tomo XI, a. 1893); Alberto Magnaghi, Il mappamondo del genovese An-gellimis de Dalorto, 1325, Contributo alla storia della cartografia mediovale (in Atti del CJLiX CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Terzo Congresso geografico Italiano tenuto in Firenze dal 12 al 17 aprile 189S, voi. II, pp. 506-513); Aldo Blessich,Carte nautiche italiane all'estero (in Bollettino della Società geografica Italiana, serie III, voi. XI, a. 1898, pp. 423-427); Guido Bigoni, Per un cartografo genovese del trecento (in Giorn. stor. e letter. della Liguria, a. I, 1900, pp. 161-170); Attilio Mori, Di una carta nautica italiana del secolo XIV (in Rivista Marittima fase, agosto-settembre 1900); A. Maghocavallo, La carta c de mari mediterraneo » di Mann Sanudo « il Vecchio » (in Bollettino della Soc. Geogr. Ital., serie IV, voi. Ili, 1902, pp. 43S-449); Sebastiano Crino, Notizie sopra una carta da navigare di Visconte Maggiolo che si conserva nella Biblioteca Federiciana di Fano (Ivi, serie IV, voi. Vili, 1907, pp. 1114-1121); Errerà, 1 portolani italiani del Medioevo secondo l'opera di K. Kretsclimer (in Rivista Geografica Italiana, fase. V, 1911); ecc. eco. CARTE NAUTICHE appartenenti al CAP. ENRICO D’ALBERTIS Originali (in pergamena) 307. Carta delineata da Ibanet Panades di Maiorca, colla leggenda. Ibanet Panades manorqui en Massina anny 155 (. Grandezza mm2 (5ϋ5χ725). La carta porta anche il nome del suo antico proprietario. Pantaleo Poggio che fu di Thomaso. 308. Carta disegnata da Matteo Prunes in Maiorca, colla leggenda. Matheus Prunes in civitate Maioricarum: 1571. Grandezza mm2 (305X730). Altra carta del Prunes colla stessa leggenda, ma compilata nel 1560, esiste nel Museo Correr di Venezia (C. Negri, Elenco di portolani). VEDUTE DI GENOVA E CARTE GEOGRAFICHE DEL DOMINIO GENOVESE 309. Ruderi della casa di Simon Boccanegra sulla collina di S. Mar- tino d’Albaro. I, p. 46. B· S· G· 310. Genova ed il suo porto nel 1410 (quadro di Cristoforo Glasso). I, p. 81. B- S· ANTICHE CARTE NAUTICHE, GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE CLXI 311. Veduta di Genova del secolo XVI (quadro del Museo CivicoL T’ P· 7· B. S. G. 312. 11 porto di Genova nel 1597 durante i lavori di pulitura. Ρ· B. S. G. 313. Caita di Corsica dell’anno 1572 (dall’antico atlante dell’Ortelius). l’ Ρ· 61· B. S. G. Carte geografiche e topografiche a stampa possedute dalla Società 311. Genua: veduta di Genova dell’anno 1731 (stampa tedesca). Reca in calce le indicazioni e le denominazioni in italiano dei luoghi e degli edifizi monumentali, con le leggende: F. B. Silesius delin. A0 1731 Ioli. Georg. Hertel, excud. Aug: V. Grandezza mm* (1010X312). 315. Veduta di Genova dell’anno 1732, delineata da Francesco Maria Accinelli in tre carte rappresentanti rispettivamente le parti occidentale, centrale ed orientale della città. La prima e la terza carta danno negli angoli superiori le indicazioni dei luoghi principali, e tutte e tre presentano in calce una lunga dichiarazione, che si continua da una carta all’altra, dei più importanti avvenimenti gloriosi della storia genovese. La terza carta porta nell’angolo destro inferiore l’iscrizione: Dedicata j A SUA Ecc.sa | IL SlG.re | AGOSTINO SaLVAGO | DEL Q. Ecc.m0 Paris M. | da Fran.00 M.a Accinelli j mdccxxxii. 316. Carta topografica de’ contorni dì Genova e delle due valli di Polce- vera e Bisagno con sue (sic) adiacenze. Anno 1747. Porta l’indicazione dei luoghi occupati dai Tedeschi e dai Popolari nella lotta del 1746-47. Donata alla Società dal march. M. Staglieno. 317. Isola di Corsica, carta corografica divisa nelle rispettive Pr.o- vince, estratta accuratamente dalle più esatte carte, e approvata da molti pratici del Regno, fatta per uso dell'istoria di questo Regno scritta dall’Ab. Giovacchino Cambiaci fiorentino l’anno mdcclxxi. Grandezza mm2 (644χ380). CLX1I CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 318. Insula | Corsica j olivi \ Regni titulo insignis \ mine Genuensis lìei- publicae j potestati subjecta j juxta recenti ssi mam designationem | Mappa Geographica aeri incisa | per | Mattheum Seutter Sac. Caes. et Reg. Cathol. Majest. I Geographum Aug ! Vind. Grandezza mm* (575χ493). 319. Carta Topografica degli Stati della Republica di Genova se- condo l'originale del famoso ChaffrioN con molte aumentazioni e correzioni, 1784. Questa dicitura è data sul margine superiore della carta, oltre che ili italiano, anclie in inglese, francese e tedesco. La carta contiene a parte le isole di Corsica, Sardegna e Capraia. Nell’angolo di sinistra leggesi l’iscrizione: Dedicata | al cittadino | Michel Angelo Cambiaso | dal cittadino | Ivone Gravier Libraro in Genova. Grandezza mm* (1860X1030). ISTRUMENTI NAUTICI. Appartenenti alla Società 320. Astrolabio latino dell’anno 1543. 321. Astrolabio arabico del secolo XVII. Venne donato alla Società dal socio march. Lazzaro Negrotto di Gr. B.; e fa descritto ed illustrato dal socio Piee Costantino Remondini in Atti del IV Congresso Internazionale degli Orientalisti, Firenze 1880. Appartenenti al CAP. E. D’ALBERTIS 322. Astrolabio nautico del secolo XV. 323. Quadrante nautico (sec. XV). 324. Quadrante orario (sec. XV). 325. Balestriglia (sec. XV). 326. Istrumento presumibilmente usato dal pilota indiano Malemo Canà nel primo viaggio alle Indie Orientali compiuto da Vasco di Gama negli anni 1497-99. Ricostituzione del Cap. E. D Alfe ertis. Riproduzioni in legno. ISTBUMENTI NAUTICI CLXIII V<.dasi Della balestriglia e dell’ ittrumenlo astronomico adoperato dal pilota indiano Materno Canà nel primo viaggio alle Indie fatto da Vasco da Gama 1497-1499; comunicazione del Lap. li,. A. D’Alhehtis in Atti del primo congresso geografico italiano, Genova, 1&92. 327. Astrolabio astronomico costrutto sulle dimensioni di quello usato dal navigatore Vasco di (iama nel suo primo viaggio alle Indie. 328. Ampolletta. 32.). Due bombette di vetro per uso militare, adoperate nel Medio Evo e trovate a Candia. Dono dell’Ammiraglio L. Cito Filomarino principe di Bitetto. 330. Due scandagli del secolo XV. 331. Cannocchiale del Maddaloni di Nino Bixio. 332. Sestante del Maddaloni. Per la costruzione e l’uso di alcuni dei suddetti istrumenti si consulti l’opera dello stesso D’Albertis: Le costruzioni navali e V arte della navigazione al tempo di Ci istoforo Colombo, nella Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana pel quarto centenario della scoperta dell’America, Parte IV, volume I, Roma MDCCCXCIII. III MANOSCRITTI (documenti) RIPRODUZIONI 333. Documento delle concessioni accordate nel 1104 ai Genovesi da Balduino re di Gerusalemme. Archivio di Stato 334. Iscrizione posta nel 1105 a lettere d’oro sulla tribuna del Santo Sepolcro. Archivio di Stato 335. Trattato di Ninfeo concluso il 13 marzo 1261 fra l’imperatore Michele Paleologo egli ambasciatori di Guglielmo Boccanegra capitano del popolo genovese, confermato in Genova il 10 luglio dello stesso anno. Materne politiche, mazzo 5°. Archivio di Stato 336. Trattato di pace concluso in Nicosia il 21 ottobre 1374 nel nome della Santa Trinità e del beato Giorgio vessillifero del Comune di Genova tra il Serenissimo ed inclito signore Pietro per grazia di Dio re di Gerusalemme e di Cipro, ed il magnifico e potente signore Pietro di Campofregoso ammiraglio del Comune predetto. Archivio di Stato 337. Giornale di bordo del console genovese Tomaso Domoculta, che, forzando il passaggio del Bosforo nel 145o, si recò a Gaffa colle navi Voltaggia e Leona. Archivio oi Stato MANOSCRITTI (DOCUMENTI) CLXV 3,38. Contratto di noleggio di una nave genovese per la crociata di San Luigi di Francia (Luigi IX), 13 marzo 1251. Arot. Bartolomeo de Fornari. Archivio di Stato 339. Statuti di Gazaria (codice membranaceo). Legatura. Grandezza dell’originale mm2 (245χ345). Archivio di Stato 310. Statuti di G-azaria. Prima pagina della rubrica. Archivio di Stato 34-1. Statuti di Gazaria. Prima e seconda pagina del testo. Archivio di Stato 342. Statuti di G-azaria. Sesta pagina del testo. Archivio di Stato 343. Massaria di Caffa, a. 1381-82. Legatura. Grandezza dell’originale mm2 (300χ410). Archivio di Stato 344. Massaria di Caffa, a. 1381-82. Frontispizio. Archivio di Stato 345. Massaria di Caffa, a. 1381-82. Prima pagina di testo. Archivio di Stato 346. Statuti di Caffa, a. 1449. Legatura. Grandezza dell’originale mm2 (220X285). Archivio di Stato 347. Statuti di Caffa, a. J449. Prima pagina verso (73a del regi- stro.) Archivio di Stato 348. Statuti di Caffa. a. 1449. Pagine prima v., e seconda (73 v., e 74 del registro). Archivio di Stato 349. Statuti di Caffa, a. 1449. Pagine seconda v., terza (74 v., e 75 del registro). Archivio di Stato 350. Statuti di Caffa, a. 1449. Pagine terza v., e quarta (75 v., e 76 del registro). Archivio di Stato 351. Massaria di Pera, a. 1390. Legatura. Archivio di Stato CLXVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 352. Massaria di Pera, a. 1390. Frontispizio. Archivio di Stato 353. Massaria di Pera, a. 1390. Prima pagina di testo. Archivio di Stato 354. Inventario della nave di Costantino Doria, 27 marzo 1472. Marittimarum, Archivio di Stato 355. Ruolo d’equipaggio della nave di Costantino Doria, 27 marzo 1472. Marittimarum Archivio di Stato 356. Ruolo d’equipaggio della nave di Gerolamo Saivago, 28 marzo 1473. Archivio di Stato 357. Inventario di galeone appartenente al cardinale Cybo, e coman- dato da Luca Centurione; 12 aprile 1526. Archivio di Stato 358. Prima pagina di testo delle Regulae Comperarum Capituli. Originale dell’Arch. di Stato. I, p- 31. B. S. G. 359. Fac-simile del preambolo apposto al primo registro del banco di San Giorgio dell’anno 1408. In questo preambolo, in data del 2 marzo di detto anno, lOfficio di S. Giorgio, costituito da Antonio Giustiniani, Luciano Spinola, Cosimo Tarigo, Battista Lomellini, Raffaele Vivaldi, Rabella Grimaldi, Giovanni de Nei-rone, e Carlo Cicogna, dichiara le ragioni dell’istituzione del Banco. Dall’originale dell’Arch. di Stato. I, p. 87. B. S. G. 360. Dichiarazione apposta sulla prima pagina del libro di cassa dei banchieri Nicolò e Benedetto Lomellini, con il loro monogramma sociale; 3 gennaio 1396. Dall’originale dell’Arch. di Stato, reg. Bancheriorum Capsiae, a. 1396. I, p. 198. B. S. G. 361. Cambiale tratta il 15 marzo 1419, a termine d’uso, dall’Ufficio dei Protettori delle Compere in Genova su Oberto Grimaldi e Zaccaria Spinola, sindaci e procuratori del Banco in Caffa, a favore di Giacomo e Tobia Lomellini. Dall’originale dell’Arch. di Stato, Oriente, Gaffa. I, p. 204. B. S. G. MANOSCRITTI (DOCUMENTI) CLXVII 362. Cambiale tratta il 22 agosto 1483, a tre mesi di data, da Leonar- do Cibo e Gerolamo Spinola in Scio su sè stessi in Genova a favore dell’Officio di S. Giorgio; con accettazione dei medesimi. Dall originale dell’Arch. di Stato, Oriente, Scio. I, p- 201. B. S. G, 363. Tipi di registri del Banco di S. Giorgio. Dagli originali deH’Arch. di Stato, sez. S. Giorgio I, p. 231. B. S. G. 364. I ipi di filigrane impresse nella carta dei registri delle Compere. Dagli originali dell’Arch. di Stato. I, p. 195. B. S. G. 365. Il libro dei « giuramenti per li ufficiali dell’illustris.me Comp.re di S. Giorgio ». Frontispizio. Dall’originale dell’Arch. di Stato. I, p. 233. B. S. G. 366. Iscrizione di Domenico Colombo, padre di Cristoforo, nel cartu- lario per l’imposta del focatico dell’anno 1463. Dall’originale dell’Arch. di Stato. I, p. ] 55. B. S. G. 36(. Fac-simile della lettera di Cristoforo Colombo ai Protettori delle Compere di S. Giorgio, in data di Siviglia 2 aprile 1502. Dall'originale conservato nel Palazzo comunale di Genova. I, p. 209. B. S. G. 368. Risposta, in data 8 dicembre 1502, dei Protettori di S. Giorgio alla lettera di Cristoforo Colombo. Dall’originale dell’Arch. di Stato, in Litterarum S. Georgii a 1499-1503. I, p. 214. B. S. G. 369. Seguito della lettera precedente, con altra dei Protettori diretta, colla stessa data dell’8 dicembre 1502, a Diego Colombo figlio di Cristoforo. Dall’originale suddetto. I, p. 215. B. S. G. 370. Fac-simile della firma autografa di Fabrizio Del Carretto, Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, fratello di Galeotto Del Carretto marchese di Finale, e figlio di Giovanni. Da una lettera dell’11 luo-lio 1-187 diretta da Finale ai Protettori dell’Officio di S. Giorgio. Archivio di Stato Nota — L’archivio di Stato qui indicato è quello di Genova: esso viene sempre citato in questo catalogo senza l’espressa indicazione della sede. ÓLXVIII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE ORIGINALI ovvero COPIE SINCRONE 371. Convenzione dei Genovesi col conte di Barcellona (in pergamena). Il documento è senza data e trovasi, riprodotto da altra copia, in Liber iurium I, cc. 125-127, dove viene dagli editori di questo riferito all’anno 1146. Cav. Cap. F. Ansald 372. Lettera di Luigi XI ai Genovesi (in pergamena). La lettera, in latino, porta la data di Chartres (Carnuti), 25 ottobre, senza Tanno. Cav. Cap. F. Ansaldo 3<3. « La Canzone del Sangue », autografo di Gabriele D’Annunzio, scritto il 4 dicembre 1911 ed offerto dal poeta al Consorzio Autonomo del porto di Genova. È un fascicolo formato di una copertina in pergamena, di altre due pergamene miniate, l’una col ritratto del D’Annunzio e l’altra col S. Giorgio, di una lettera autografa indirizzata dal poeta all’Associazione dei giornalisti, ed infine del quaderno contenente il manoscritto della canzone di 14 fogli scritti ed uno bianco: il tutto racchiuso in una cartella in pergamena. Consorzio Autonomo del Porto IV ISCRIZIONI RICORDANTI i PRINCIPALI TRATTATI, CONVENZIONI, CAPITOLI, ECC. STIPULATI FRA LA REPUBBLICA DI GENOYA E GLI STATI E POTENTATI ORIENTALI NEL MEDIO EVO -37-4. mxcviii, 14 luglio — Boemondo il Grande, principe di Antiochia, concede ai Genovesi la chiesa di S. Giovanni con fondaco, pozzo e trenta case nella città d’ANTiocHU, oltre la franchigia dalle gabelle e la giurisdizione consolare in' tutto il suo Stato. Lunig, Codex Diplomaticus Italiae, II, c. ‘2082. 3 <5. mciv — Balduino, re di Gerusalemme, concede ai Genovesi alcuni quartieri, contrade ed altri bèni in Gerusalemme, Joppe (Giaffa), Cesarea, Assur ed Accon (Acri o Tolemaida). Liber iurium, I, col. 16. 3 <6. mcix, 26 giugno — Bertrando, conte di Sant’Egidio, concede ai Genovesi Gibelletto, e la terza parte di Tripoli di Soria. Liber iurium I, col. 18. 377. Mcxxvn, dicembre — Boemondo II, principe d’Antiochia, conferma le concessioni ed i privilegi dati dal padre ai Genovesi CLXX CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE mantenendoli in possesso di tutto ciò che avevano acquistato in Antiochia, Porto Sodino (Soldi) e Laodicea. Liber iurium, I, oc. 30-31. 378. mcxliv — Raimondo, principe d’Antiochia, conferma al legato genovese Guglielmo Burone tutte le concessioni fatte ai Genovesi dai suoi predecessori. Liber iurium, I, col. 9S. 379. mclv, 12 ottobre — Convenzione, stipulata in Genova nella chiesa di S. Lorenzo, fra i consoli genovesi e Demetrio Macreinbolite, ambasciatore di Manuele Commeno imperatore di Costantinopoli, a nome di esso imperatore: nella quale si promette ai Genovesi libero accesso negli Stati di questo, con la stessa tariffa doganale,* per le merci importate, cui erano sottoposti i Pisani, e la stessa tariffa, per le merci esportate, che pagavano i Bizantini; più un annuo donativo di cinquecento perperi e di due pallii per il Comune, ed altro annuo donativo di sessanta perperi e di un pallio per l’arcivescovo genovese; oltre un fondaco (embolum) e scali in Costantinopoli e nelle altri parti dell'impero, come avevano già i Pisani. Liber iurium, I, cc. 183-186; Atti, XXVIII, pp. 343-348, 598-601. 380. mclxix — Boemondo III, principe d’Antiochia, conferma le conces- sioni di cui godevano i Genovesi in Antiochia, Laodicea e Sodino. Liber iurium, I, col. '249. 381. mclxx, luglio ovvero agosto — Trattato concluso tra 1 imperatore greco Manuele Commeno e la Repubblica di Genova, rappresentata da Amico de Murta, nel quale l’imperatore conferma ai Genovesi gli stessi donativi e la stessa tariffa del 4 per cento come nell’atto del 1155; e concede loro embolo, scalo e chiesa entro Costantinopoli, non che libertà di navigazione e di commercio in tutte le regioni dell’impero eccettuate quelle di Ros-sia e di Matraca. Questo trattato venne modellato in gran parte sopra altra convenzione dell’ottobre 1169 che rimase allo stato di progetto (Liber iurium I, cc. 252-255; Atti, XXVIII, pp. 352-364). Atti, XXVIII, pp. 349-351; pp. 609-617. 382. mclxxxvii — I baroni del regno di Gerusalemme concedono ai Genovesi libertà di commercio in tutto il regno; curia, chiesa, bagno, forno, macello e case in Tiro. Liber iurium, I, cc. 346-347. iscrizioni ricordanti i principali trattati, convenzioni, ecc. clxxì 383. mclxxxiXj aprile — Boemondo, principe di Antiochia, col con- senso della principessa Sibilla sua moglie e del principe Raimondo suo tìglio, concede ai Genovesi libertà di commercio e consolato nelle terre di Antiochia, Laodicea, Zàbulon. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo II. 384. mcxc — Convenzioni tra i Genovesi ed i re Filippo II di Francia e Riccardo Cuor di Leone d’Inghilterra circa le spedizioni di .Terra Santa, e l’acquisto e la divisione di territorj in Oriente. Liber iurium, I, cc. 3δδ-6, 365-6, 366, 368-9. 385.' mcxc, 11 aprile — Corrado, figlio del marchese di Monferrato, si- gnore di Tiro, Sidone e Berito, conferma ai Genovesi gli antichi privilegi e ne concede loro molti altri in Tiro. Liber iurium, I, cc. 357-359. 386. mcxc, 4 maggio — Guido, re di Gerusalemme, conferma tutti i privilegi e diritti di cui godevano i Genovesi nella città di Accon, e ne concede loro dei nuovi. Liber iurium, I, cc. 359-360. 387. mcxci, ‘26 ottobre — Guido, re di Gerusalemme, mosso dalle pre- ghiere di Riccardo re d’Inghilterra, conferma ed accresce ai Genovesi le franchigie ed i privilegi di cui godevano in Accon. Liber iurium, I, cc. 380-81. 388. mcxcii, aprile — Corrado, marchese di Monferrato e signore di riro, concede ai Genovesi privilegi, immunità ed altri favori in Tiro, Joppe, Ascalona e Sidone. Liber iurium, I, cc. 400-401. 389. mcxcii, aprile — Trattato di pace fra l’imperatore greco Isacco Angelo ed il Comune di Genova. Atti, XXVIII, pp. 410-433. 390. mcxcii — Enrico Treco, conte Palatino, con consenso e volontà di Isabella sua moglie figlia del re Amalrico, concede ai Genovesi curia libera e libertà di commercio in Tiro, e dona loro il casale di S. Giorgio con giardini e molino, bagno, forno, macello, case e la terza parte dell’introito della catena di Tiro. Liber iurium, I, cc. 405-407. 391. mcxcv, settembre — Enrico Treco, conte Palatino, con volontà e assenso di sua moglie Isabella, conferma a Gaiforio ammiraglio della vittoriosa armata genovese, le possessioni, le immunità CLXXII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE ed i privilegi concessi in addietro ai Genovesi in Tjro ed in Accon, ed accorda loro curia libera in Accon ed una ruga ove poter elevare una torre, oltre la libertà di edificare la chiesa di San Lorenzo in Tiro. Liber iurium, I, co. 411-412. 892. aicxcix, aprile — Boemondo III, principe di Antiochia, concede ai Genovesi curia libera in Antioci-iia e Loadicea, ed altri favori. Liber iurium, I, cc. 432-433. 393. mcci, marzo — Leone, re d’Armenia, figlio del q. Stefano, elevato al trono, concede libertà di commercio, franchigia da gabelle e molti altri privilegi ai Genovesi, purché questi perseverino in amicizia con lui; e particolarmente permette loro di aver chiesa, contrada, fondaco e corte in Sisi o Sebasto, in Malmistro ed in Tarso. Liber iurium, I, cc. 468-469. 394. mcciii, 13 ottobre — L’imperatore greco Alessio conferma gli antichi e concede ai Genovesi nuovi privilegi di scali e case nel suo impero, e specialmente a Costantinopoli. Liber iurium, I, cc. 496-502. 395. mcciii, dicembre — Boemondo III, pi’incipe di Antiochia e conte di Tripoli di Soria, concede ai Genovesi piena libertà di commercio nel contado della stessa città di Tripoli, col consolato. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo III. 396. mccv, luglio — Boemondo III, principe di Antiochia e conte Tripo- litano, concede ad Enrico conte di Malta e compagni, alla città di Genova ed a tutti i Genovesi libertà di commercio e libera curia in Tripoli di Soria, e conferma tutti i diritti che i Genovesi stessi possedevano in Antiochia durante il regno del padre suo. Liber iurium, I, cc. 522-523. 397. mccx, 25 luglio — Enrico, conte di Malta e signore di Creta, con- cede ai Genovesi privilegi ed immunità così in Malta come m Creta, ed inoltre promette di dar loro il dominio di Creta qualora muoia senza legittimi eredi. · Liber iurium, 1, cc. 553-554. 398. mccxv, marzo — Leone, re d’Armenia, concede al legato genovese Ugone Ferrari, per il Comune di Genova, libertà di commercio, curia libera ed un quartiere nella città di Tarso, con molti altri privilegi. Liber iurium, I, cc. 574-576. ISCRIZIONI RICORDANTI I PRINCIPALI TRATTATI, CONVENZIONI ECC. CLXXIII 399. mccxvi, febbraio — Rupino, figlio di Raimondo, principe di An- tiochia, concede ai Genovesi curia libera in Antiochia ed in tutto il suo principato, con alcune immunità e franchigie. Liber iurium, I, cc. 577-578. 400. mccxviii, luglio — Alice, regina di Cipro, concede ai Genovesi li- bertà di commercio e consolato in tutta l’isola, e dona loro inoltre due pezze di terra in Nimozia (Limisso) ed in Famagosta per edificarvi case. Liber iurium, I, cc. 625-626. 401. mccxxi, novembre — Giovanni d’Ibelin, signor di Berito, concede nel suo dominio ai Genovesi curia libera, franchigia da gabelle ed altri privilegi dei quali essi già fruivano in Accon, in Tiro ed in tutto il regno di Gerusalemme. Liber iurium, I, cc. 665-666. 102. mccxxiii, maggio — Giovanni d’ibelin, signore di Berito, conferma le immunità concesse ai Genovesi, ed accresce i loro privilegi. Liber iurium, I, cc. 687-688. 403. mccxxxii, 10 giugno — Enrico, re di Cipro, concede ai Genovesi curia libera, libertà di commercio ed immunità da tasse in tutto il regno di Cipro, un casale nel territorio di Limisso con tutte le sue pertinenze, servi, terre colte e incolte, vigne, pascoli, boschi, acque, molini, forni, ecc., case e bagno in Nicosia, case con torre in Limisso, case in Famagosta, in Pafo, in Carine. Liber iurium, I, cc. 899-902. 404. mccxxxvi, 10 giugno — Trattato fra Abu-Zakaria-Yahia, emir d’Africa, e Corrado de Ca,stro, ambasciatore del Comune di Genova, circa la navigazione ed il commercio dei Genovesi in Tripoli di Barberia ed in altri porti di quella costa sino ai confini del regno di Bugia. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo IV (n. g. 2723); De Mas Latkie M. L., Traités depaix et de commerce et documenti divers concernant les rela-tions des Cliréticns avec les Arabes de l’Afrique septentrionale au Moyen Age, Do-cuments, p. 116 e seg. 405. mccxxxx, 24 dicembre — Guido de Rocca, signor d’Atene, con- cede parecchi privilegi ed immunità ai Genovesi trafficanti in Atene. Liber iurium, I, cc. 992-993. CLXXIV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 406. mccl, 18 ottobre — Trattato fra il signore di Tunisi Abu-Abd- -Allah-èl-Monstanser ed il Comune di Genova, rappresentato dall’ambasciatore Guglielmo Cibo, circa l’esercizio del commercio dei Genovesi in Tunisi. Mas Latrie, Op. cit., p. 118; Michel Giuseppe Canale, Nuova istoria della Repubblica di Genova, voi. Π, pp. 388-341. 407. mcclxi, 13 marzo — Trattato di Ninfeo, col quale l’imperatore Michele Paleologo (mentre combatteva per riacquistare Costantinopoli) concede libertà di commercio e piena franchigia da ogni gabella ai Genovesi; promette loro la proprietà ed il dominio della città di Smirne col suo porto, distretto, possessi, diritti e tutto quanto vi ha l’impero, più una loggia, un palazzo, una chiesa, un bagno, un forno, un giardino e case sufficienti per l’abitazione de’ mercanti in ciascuna delle città di Adramitto e Anea e nelle isole di Metelino e di Scio, che già possedeva, ed in Costantinopoli, Salonicco, Cassandria, in Creta ed in Negroponte, che sperava di riprendere, col diritto di tenere un consolato in ognuno di essi luoghi. Inoltre apre la navigazione del mar Nero ai Genovesi e la interdice a tutti gli altri popoli latini (tranne i Pisani), per modo che essi Genovesi possano entrarvi e uscirne con carico e senza, franchi e liberi da ogni gabella. — Il trattato fu ratificato in Genova il 10 luglio 1261. Liber iurium, I, cc. 1350-1359; Atti, XXVIII, pp. 791-809. 408. mcclxxv, 25 ottobre — Conferma del trattato di Ninfeo, con stipulazione di alcune -clausole riguardanti il commercio dei Genovesi con l'impero di Costantinopoli. Lodovico Sauli, Della colonia dei Genovesi in Galata, II, pp. ‘204-208. 409. mcclxxxviii, 23 dicembre — Leone III, re d’Armenia, conferma ai Genovesi le franchigie che godevano rispetto al commercio nel suo regno, e determina i diritti a pagarsi dai medesimi per l’importazione e l'esportazione delle varie merci. Liber iurium, II, cc. 183-185. 410. mccxc, 13 maggio — Trattato del sultano d’Egitto, signore di Siria, Damasco, A leppo, Gerusalemme, ecc. fino a Tripoli di Barberia, col Comune di Genova. Liber iurium, II, cc. 243-248; Canale, Op. cit., III, pp. 184-190; Atti, XIX, pp. 161-175. ISCRIZIONI RICORDANTI I PRINCIPALI TRATTATI, CONVENZIONI, ECC. CLXXV IL mccoiii, maggio — Convenzione coll’imperatore Andronico II Paleologo, colla quale si stabiliscono i confini del borgo di Calata ceduto ai Genovesi da esso imperatore. Liber iurium, II, cc. 435-138; Atti, XIII, pp. 103-104. 412. mccciv, marzo Convenzione coll’imperatore Andronico II, con la quale vengono concessi ai Genovesi privilegi in Galata ed m tutto l’impero greco, e specialmente un luogo d’abitazione con loggia, bagno, forno, chiesa ed ogni altra cosa come in Galata, nel distretto di Smirne. Liber iurium, II, cc. 440-445; Atti, XIII, pp. 105-110. 41.3. mcccxiv, 26 ottobre — Trattato di pace concluso tra gli ambasciatori di Alessio Commeno, imperatore di Trebisonda, e l’ambasciatore del Comune di Genova, in cui, tra le altre cose, detto imperatore accorda ai Genovesi la darsena di Trebisonda, ed altro sito ivi attiguo per formarvi un borgo e fissarvi la loro dimora, con facoltà di murarlo e fortificarlo, e con proibizione ai Greci di abitarlo. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo Vili; Atti, XIII, pp. 513-526. 414. mcccxvi, 24 marzo — Trattato conchiuso tra il plenipotenziario di Alessio Commeno, imperatore di Trebisonda, ed il podestà di Genova, col quale si confermano i precedenti trattati di pace, e si prescrivono alcune norme a seguirsi dalle parti per l’esecuzione dei medesimi, stati in qualche capitolo col presente modificati o più ampiamente dichiarati. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo Vili; Atti, XIII, pp. 526-533. 415. mcccxxix, 16 febbraio — Ugo IV, re di Gerusalemme e di Cipro, ed i Genovesi, rimessi le ingiurie e i danni fattisi scambievolmente, e rimossi i fomiti della discordia, si uniscono con vincolo di federazione e di amicizia. Liber iurium, II, cff. 483-489. 41(5. mcccxli, 5 settembre — L'imperatrice reggente di Costautiuopoli Anna di Savoia ed il figlio imperatore Giovanni V, in osservanza della volontà del defunto loro rispettivo marito e padre imperatore Andronico III, confermano ai Genovesi, rappresentati da Oberto Gattilusio ed Enrico Guasco ambasciatori del duce Simon Boccanegra e del Comune genovese, il trattato di CLXXVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE Ninfeo, e concedono agli stessi l’esenzione da ogni imposta per le importazioni ed esportazioni in Costantinopoli, con varie altre elargizioni. Atti, XXVni, pp. 545-550, 701-703. ■117. mcccxlvi, 12 settembre — Convenzione fra i Greci di Scio ed il capitano Simone Vignoso, quale rappresentante del Comune di Genova. C. Pagano, Delle imprese e del dominio dei Genovesi nella Grecia, Genova 1852, pp. 262-266. 418. mcccxlvi, 20 settembre — I commissarii delle Focee danno e tra- ducono, sotto certe convenzioni, il luogo delle Focee (nuove) col castello nelle mani dell’ammiraglio Simone Vignoso, accettante per il Comune di Genova ed il duce Giovanni de Murta. C. Pagano, Op. di., pp. 266-270. 419. mcccxlvh, 26 febbraio — Prima convenzione, detta della Maona vecchia, fra il Comune di Genova ed i patroni e capitani delle galee, cbe avevano conquistato l’isola di Scio. Liber iurium, II, cc. 558-572. 420. mccclii, 6 maggio — Trattato di pace fra l’imperatore Giovanni Cantacuzeno ed il Comune di Genova, con la conferma di tutte le convenzioni già esistenti fra l’impero greco e Genova, e della donazione di Galata. Liber iurium, Π, cc. 601-606; Alti, ΧΙΠ, pp. 124-125. 421. mccclxii, 8 marzo — Simone Boccanegra, duce di Genova, con- corda fra loro i protettori della Maona vecchia e i conduttori della Maona nuova di Scio (seconda convenzione fra il Comune di Genova ed i partecipi di esse Maone). Liber iurium, Π, cc. 714-720. 422. mccclxiii, 5 marzo — Pietro I, re di Gerusalemme e di Cipro, conferma ai Genovesi i privilegi loro concessi nel 1232 dal re Enrico. Liber iurium, II, ce. 720-724. 423. mccclxiii, 7 giugno — Giovanni Paleologo, imperatore di Co- stantinopoli, concede con bolla aurea l’isola di Scio a Giovanni Olivieri, Raffaele di Forneto e Pietro Recanello genovesi del-l’Albergo dei Giustiniani. C. Pagano, Op. cit., pp. 127-128, 293, ISCRIZIONI RICORDANTI I PRINCIPALI TRATTATI, CONVENZIONI, ECC. CLXXV1I 424. mccclxv, 18 aprile — Composti i dissidj fra Genova e Cipro, il re Pietro riconferma ai Genovesi i privilegi loro concessi dal re Enrico. Liber iurium, Π, cc. 782-743. 42o. mccclxxiii, 21 novembre — Il Comune genovese redime, mediante mutuo, la Maona vecchia di Scio. Liber iurium, II, cc. 782-790. 426. wccclxxiv, 2J ottobre — Espugnata e presa dai Genovesi l’isola di Cipro e fugato il re Pietro II; essi ritengono in loro dominio la città di Famagosta, ed ottenutane poi dallo stesso re la legale cessione oltre la promessa di un annuo tributo di quarantamila fiorini d’oro, ch'egli si obbligava di pagare al Comune di Genova, gli restituiscono il regno. Liber iurium, II, cc. 806-815. 42 λ mccclxxvi ‘23 agosto — L’imperatore Andronico Paleologo, ribelle al padre imperatore Giovanni, conferma il possesso dell’isola di Tenedo ai Genovesi. Liber iurium, I, cc. 819-821. 428. mccclxxxh, 2 novembre — Convenzione fra gl’imperatori Gio- vanni Paleologo, Andronico suo figlio e Giovanni suo nipote da una parte, ed il podestà di Pera (con gli ambasciatori del duce Nicolò di Guarco) dall’altra parte, colla quale si stipulano alcuni patti in previsione di guerre coi loro nemici, e si confermano tutte e singole le convenzioni nuove e vecchie esistenti fra l’impero greco ed il Comune di Genova. Atti, XIII, pp. 133-140. 429. mccclxxxvii, 27 maggio — Trattato conchiuso tra i nobili Gio. di Mezzano, podestà della nazione genovese in Pera e nell’impero di Romania, Gentile Grimaldi e Giannone Del Bosco, plenipotenziari del Comune di Genova, ed i legati di Juanco (Ivanko) principe di Bulgaria; col quale viene stabilita tra le parti una perpetua pace ed un’alleanza tra i rispettivi governi, con speciali convenzioni favorevoli al commercio dei Genovesi. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo X; G. Heyd, Op. cit., p. 550. 430. mccclxxxvii, 8 giugno — Convenzione fra il sultano Amurat I ed il Comune di Genova, colla quale si stabilisce una parziale esenzione dai dazi per i Turchi trafficanti in Pera, e li- 12 CLXXVni CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE berta di dimora e di commercio per i Genovesi negli Stati di detto Amurat. Atti, ΧΙΠ, pp. 146-149. 431. mccclxxxvii, 12 agosto — Trattato concluso tra i plenipotenziari del Comune di Genova ed i plenipotenziari dell’imperatore de’ Tartari, col quale vengono rinnovate e confermate le antiche convenzioni fra essi stabilite. Archivio di Stato, Materie politiche, mazzo X; G. IIeyd, Op. cit. pp. 775-776. 432. mccclxxxviii, novembre-dicembre — Lega offensiva e difensiva tra il re di Cipro Giacomo I, Francesco Gattilusio, signore di Metellino, e i cavalieri di Rodi, i Maonesi di Scio ed il comune di Pera. Atti, XIII, pp. 953-965. 433. mccccliit, 30 maggio — Trattato di pace fra il sultano Mao- metto II ed i Genovesi di Galata. Atti, XIII, pp. 226-229, 986-987; XXVIII pp. 560-562. Nota. — In questo elenco di documenti diplomatici non si è avuto la pretesa di comprendere tutte le concessioni ottenute e tutti i trattati conclusi dai Genovesi in Oriente, ma si è voluto soltanto ricordare i più noti ovvero i più significativi di essi, intervenuti dal 1098 al 145Ì3, cioè dall’epoca della prima crociata fino alla caduta di Costantinopoli. Delle molte opere a stampa in cui essi si trovano riprodotti si e preferito di citare ordinariamente il Liber iurium JReipublicae Genuensis, edito dalla E.. Deputazione di Storia Patria di Torino in Historiae Patriae Monumenta, come la fonte più comune e meno incompleta, non già come la più sicura; senza omettere tuttavia di richiamare altre fonti, anche archivistiche, quando per una ragione o per un’altra si è creduto utile o opportuno il richiamo. La Mostra storica coloniale del 1914, rivolta precipuamente ad offrire un quadro compendioso, rappresentativo e divulgativo della secolare e complessa opera dei Genovesi in Oriente, non aveva nè poteva pio-porsi lo scopo di riordinare sotto un concetto strettamente scientifico l’abbondante documentazione di essa opera. Ciò sarà compito del Codice diplomatico delle Colonie genovesi in Oriente, che la nostra Società si propone di compilare ; nel quale tutta la materia edita riguardante i trattati, le convenzioni, le concessioni, ecc., non puie sarà riveduta e riordinata con rigore d’investigazione e metodo critico, ma venà altresì accompagnata e sussidiata da una compiuta bibliografia delle pubblicazioni che la riflettono. Il presente catalogo, specchio ed epilogo della Mostra, non piesu-me di sostituire il Codice sopra accennato : tutto al più. potrà indicargli una traccia, o recargli un qualche utile sussidio. — I volumi degli Atti sovra citati sono quelli della Società Ligure di Storia Patria. V PALAZZO DI S. GIORGIO RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE 134. Palazzo del Comune del secolo XIII, poi sede dell’Officio di San Giorgio (disegno dell’arch. A. Allegro). I, P- 291. B. S. G. 135. Mascherone e lapide sovrastante alla porta d’ingresso del palazzo. I, p· 290. B. S. G. 436. Veduta del palazzo di S. Giorgio dalla parte del mare (da una stampa tedesca del secolo XVIII). 301. B. S. G. 437. Avanzi degli affreschi del Tavarone sulla facciata del Palazzo verso mare. I, p. 315. B. S. G. 138. Pianta del palazzo di S. Giorgio e delle sue adiacenze (dalla planimetria di Genova del 1656). I, P· 353. B. S. G. 439. Pianta geometrica del palazzo di S. Giorgio nella prima metà del secolo XIX. I, P- 297. B. S. G. 440. Gran sala dei Comperisti (prima dei restauri). I, p. 228. B. S. G. 441. Sala dei Protettori. I, p. 344. B. 3. G. 442. Camino nella sala dei Protettori, eseguito nel 1544 da Gian Giacomo Della Porta. I, p. 347, B. S. G. CLXXX CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 443. Sala detta del Capitano del Popolo (ricostituita dall’Arch. A. D’Andrade). I, p. 321. B. S. Q. 444. Francesco Vivaldi, inventore del moltiplico: statua nel palazzo di S. Giorgio, eseguita da Michele D’Aria nel 1466. I, p. 103. B· S· G· 445. Ambrogio Di Negro, commissario di S. Giorgio in Corsica: statua nel palazzo di S. Giorgio, scolpita da Michele D’Aria nel 1490. I, p. 127. R S· G- 446. Luciano Spinola: statua del palazzo di S. Giorgio, scolpita nel 1473 da Michele D’Aria. I, p. 330. B· S· G· 447. Domenico Pastine: statua del palazzo di S. Giorgio, scolpita nel 1479 da Michele D’Aria. I, p. 331. ** B· S· G- 448. Luciano Grimaldo: statua del palazzo di S. Giorgio, scolpita nel 1479 da A. Tamagnino Della Porta. I, p. 332. B· S· G- 449. Francesco Lomellino: statua nel palazzo di S. Giorgio, condotta a termine nel 1509 da Pace Gaggino da Bissone. I, p. 333. B· S· G· VI NAVI ANTICHE GENOVESI ED AFFINI RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE 450. Tipo di nave oneraria (usciere) dei secoli XII e XIII. I, p. 20. B. S. G. 451. Tipo di galea a terzaruolo dei secoli XII e XIII. I, p. 23. B. S. G. 452. Navi del XV secolo con coffe (gabbie). I, p. 366. B. S. G. 453. Nave da battaglia, secondo un’antica stampa. I, p- 373. B. S. G. 454. Nave genovese del XV secolo. I, p. 384. B. S. G. 455. Galeone del XVI secolo con artiglierie in batteria. I, p. 390. B. S. G. 456. Nave rotonda disegnata sul portolano del Benincasa (a. 1482). I, p. 391. B. S. G. 451. Galee che manovrano in porto. I, p. 379. B. S. G. 458. Nave da carico. I, p. 407. B. S. G. 459. Galeone o nave grossa. I, p. 409. B. S. G. 460. Caracca genovese del secolo XVI, con cannoni in batteria. I, p. 417. B. S. G. 461. Una caracca ed una galea del XVI secolo. I, p. 419. B. S. G. CLXXX ίί CATALOGO DELlA MOSTRA STORICA COLONIALE 462. Pinco genovese del secolo XVI. I, p. 427. B. S. G. 463. Sciabecco tunisino. I, p. 430. B. S. G. 464. Galeotta piratica. I, p. 431. B. S. G. 465. Tipo di galea del XII secolo, secondo il manoscritto di Pietro da Eboli. I, p. 444. B. S. G. 466. Galea del XVI secolo a tre rematori per banco. I, p. 447. B· S. G. 467. Disposizione dei banchi in una galea. I, p. 449. B· S· G· 468. Galea del XVI secolo, con artiglierie, vista da poppa. I, p. 454. B· S· Q- 469. Galea con artiglierie, vista da prora. I, p. 455. B· S· G· 470. Modelli di fregate alla maniera olandese (da stampe antiche). March. C. Imperiale. 471. Combattimento tra galee. I, p. 435. B· S· G· 472. La battaglia di Lepanto (da un quadro a penna in Palazzo Pitti). March. C. Imperiale 473. La battaglia di Lepanto (da stampe antiche). March. C. Imperiale VII STATUE ED ALTRE RIPRODUZIONI IN GESSO 474. Statua di Caffaro di Cascliifellone, primo annalista genovese (1081-1166), modellata dallo scultore Vincenzo Pasquali. Grandezza una volta e mezzo all’incirca del naturale. Sulla faccia anteriore del piedistallo sono riportate le parole ( Cafari A nnales) : CAFARUS INTERFUIT ET VIDIT ET INDE TESTIMONIUM REDDIDIT IJT DEINCEPS CUNCTO TEMPORE FUTURIS IIOMINIDUS lANUENSIS CIVITATIS VICTORIAE COGNOSCANTUR. 4(5. Statua di Tommaso Domoculta console genovese a Caffa nel 1455, modellata dallo scultore V. Pasquali. Grandezza una volta e mezzo all’incirca del naturale. Sul basamento sono trascritte in forma d’epigrafe le seguenti parole della relazione inviata all’Officio di S. Giorgio dal Domoculta sul fortunoso viaggio da lui compiuto dall’Elba a Caffa con le navi la Voltaggio e la Leona: MAGNIFICIS ET PRESTANTISSIMA PROTECTORIBUS COMPERARUM SANCTI GEORGII EXCELSI COMUNIS IANUE. .... TRANSIVI PER IGNEM ET AQUAM ET VARIAS TEMPESTATES QUAE IN OBSEQUIUM VESTRAE DOMINATIONIS QUOTIDIE SUSCIPEREM NEC CESSABO QUAMDIU VIXERO PRO V. A DOM. NE SUBIRE LABORES QUOS CUM GRAVIORES COGNOVERO TUNC LETIORI ANIMO SUSCIPIAM. EX CAFFA MCCCCLV DIE QUINTO JULI THOMAS DE DOMOCULTA CONSUL. CLXXXIV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 476. Bozzetti delle statue del palazzo di B. Giorgio rappresentanti Francesco Lomellino, Francesco Vivaldi, Domenico Pastine, Ambrogio Di Negro, Luciano Spinola, Luciano Grimaldo. Vincenzo Pasquali 477. Statua in bronzo di S. Giorgio. Vincenzo Pasquali 478. Targa con la veduta del porto di Genova: riproduzione della veduta ritratta nel manto della statua della Madonna col Bambino circondata dagli angioli, gruppo in bronzo, lavoro di Giambattista Bianco (a. 1652), che sorge sull’altare maggiore del duomo di S. Lorenzo (Ved. Santo Varni, Ricordi di alcuni fonditori in bronzo, Genova MDCCCLXXIX, pp. 54-56). Vincenzo Pasquali 479. Calchi degli stemmi delle famiglie genovesi sotto indicate, parte dei quali eseguiti a Caffa per cura del march. C. Imperiale e riprodotti in gesso dal prof. P. E. Debarbieri: Fieschi, Doria, Zoagli, Cattaneo, Giustiniani, De Marini, Adorno, Grimaldi, Centurione, Lercari, De Franchi, Saivago, Imperiale, Spinola, Cabella, Montaldo, Gentile, Vivaldi, Voltaggio, Boi’lasca, Calvi, Squarciafico, Vignolo, Zaccaria, Maruffo. Guarco, Ghizolfi, De Mari, Di Negro, Fornari, Pagana, Sauli, Pallavicino, Serra, Grillo, Lomellini, Pinelli. Cicala, De Camilla, De Levanto, Mo-neglia, Senarega, Boccanegra, Gattilusio, Domoculta, E regoso, Savignone, Leone, Italiano, Embriaco. Vili PUBBLICAZIONI ATTI BELLA SOCIETÀ LIGURE BI STORIA PATRIA 480. Cronaca della prima Crociata scritta da Caffaro ed altra dei re di Gerusalemme dettata da un anonimo, estratte dal Codice degli Annali genovesi esistente nella Biblioteca Imperiale di Parigi, e per la prima volta pubblicate ed illustrate dal socio avvocato Francesco Ansaldo. Voi. I, fase. II, Genova MDCCCLIX, pp. 1-75. 481. Rendiconto dei lavori fatti dalla Società Ligure di Storia Patria negli anni accademici MDCCCLXII-MDCCCLXIV, del Cav. Luigi Tommaso Belgrano. Contiene, fra l’altro, i resoconti di una memoria letta dal Desimoni sulla Storia del Banco di S. Giorgio (pp. lxxxi-lxxxviii), di altra memoria del Belgrano sullo stesso Banco in relazione alle colonie genovesi in Oriente ed alla Corsica (pp. xci-xciv), e di una terza memoria del Desimoni intorno a portolani e carte nautiche medievali (pp. civ-cxix). Voi. Ili, fase. I, Genova MDCCCLXV, pp. lvii-cxliii. 482. Rendiconto dei lavori fatti dalla Società Ligure di Storia Patria negli anni accademici 1865-1866, del segretario generale L. T. Belgrano. Sono annessi al rendiconto dieci allegati ed una appendice, dei quali l’alleg. D contiene cinque documenti degli CLXXXVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE anni 12S9, 1290 e 1303 riguardanti due missioni in Europa di Buscarello de’ Guizolfi, genovese, ambasciatore di Argoun e Casan re di Persia (pp. cc-ccvi), l’alleg. I è un Catalogo di carte ed atlanti nautici di autori genovesi, ovvero fatti od esistenti in Genova (pp. ccxl-ccxlix), e l’appendice reca una lettera di Zaccaria de’ Guizolfi. Voi. IV, fase. Ili, Genova MDCCCLXVII, pp. lxxi-cclviii. •483. Correzioni ed aggiunte riguardanti la cartografìa Ligustica, di L. T. Belgrano. Voi. IV, fase. IV, Genova MDCCCLXVII, pp. 491-496. 484. Atlante idrografico del Medio Eoo posseduto dal Prof. Tammar Luxoro, pubblicato a fac-simile ed annotato dai soci C. Desi-moni e L. T. Belgrano. Voi. V, fase. I, Genova MDCCCLXVII, pp. 1-168. 485. Nuovi studi sull’Atlante Luxoro pel socio Cornelio Desimoni. Voi. V, fase. II, Genova MDCCCLXIX, pp. 169-272. 486. Opuscoli di Benedetto Scotto gentil uomo genovese, circa un pro- getto di navigazione pel settentrione alla China ed alle Indie Orientali, editi nel principio del secolo XVII, e di presente ripubblicati dal socio Luigi Tommaso Belgrano Voi. V, fase. II, pp. 273-353. 487. Documenti ed estratti inediti o poco noti riguardanti la storia del commercio e della marina ligure. Brabante, Fiandra e Borgogna: documenti raccolti e ordinati dai soci C. Desimoni e L. T. Belgrano. Voi. V, fase. Ili, Genova MDCCCLXXT, pp. 357-547. 488. Nuovi ricordi arabici su la storia di Genova, del socio prof. Mi- chele Amari. Voi. V, fase. IV, Genova MDCCCLXXIII, pp. 549-636. 489. Codice diplomatico delle Colonie Tauro-liguri durante la signoria dell’Ufficio di S. Giorgio (MCCCCLIII-MCCCCLXXV) ordinato ed illustrato dal socio P. Amedeo Vigna. Voi. VI, (fase. I, II, III), Genova MDCCCLXVIII-MDCCCLXX, pp. I-XV, 1-980. Voi. VII, parte prima (fase. I, II, III), Genova MDCCCLXXI-MDCCCLXXIV, pp. 1-886; parte seconda (fase. I, II), Genova MDCCCLXXIX-MDCCCLXXXI, pp. 1-1014. PUBBLICAZIONI CLXXXVli 490. Della conquista di Costantinopoli per Maometto II nel MCDLIII, Opuscolo di Adamo Montaldo ripubblicato con introduzione ed avvertenze dal socio Cornelio Desimoni. Voi. X, fase. Ili, Genova MDCCCLXXV, pp. 287-354. 491. Le iscrizioni bizantine del Santo Sudario pubblicate e dichiarate dal socio Pier Costantino Remondini. Voi. XI, fase. Il, Genova MDCCCLXXVI, pp. 353-376. 492. Prima serie di documenti riguardanti la colonia di Pera adunati dal socio L. T. Belgrano. Voi. XIII, fase. II, Gènova MDCCCLXXVII, pp. 97-336. 493. Intorno alla impresa di Megollo Lercari in Trebisonda. — Lettera di Bartolomeo Senarega a Giovanni Fontano, pubblicata dal socio Cornelio Desimoni. Voi. XIII, fase. Ili, Genova MDCCCLXXTX, pp. 495-536. 494. 1 conti dell’ambasciata al chan di Persia nel MCCXCII, pubbli- cati dal socio Cornelio Desimoni. Voi. XIII, fase. Ili, pp. 537-698. 495. Seconda serie di documenti riguardanti la colonia di Pera, adunati dal socio L. T. Belgrano. Voi. XIII, fase. Y, Genova MDCCCLXXXIV, pp. 931-1003. 496. L’isola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante, pel socio Francesco Podestà. Voi. XIII, fase. V, pp. 1005-1044. 497. Tavole a corredo della prima serie di documenti riguardanti la co- lonia di Pera pel socio L. T. Belgrano. Voi. XIII, Appendice, Genova MDCCCLXXXVII, pp. 5-11, tav. XXII. 498. Giornale di viaggio di un pilota genovese addetto alla spedizione di Ferdinando Magellano pubblicato da Luigi Hugues. Voi. XV, Genova MDCCCLXXXI, pp. 5-104. 499. Intorno a Giovanni Caboto genovese scopritore del Labrador e di altre regioni dell’Alta America Settentrionale. — Documenti pubblicati ed illustrati dal socio Cornelio Desimoni. Voi. XV, pp. 179-239. 500. Documenti e genealogia dei Pessagno genovesi, ammiragli del Por- togallo, pel socio L. T. Belgrano. Voi. XV, pp. 241-316. CLxxxvm CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 501. Nota sulla spedizione dei fratelli Vivaldi nel MCCLX X XXI, del socio L. T. Belgrano. Voi. XV, pp. 317-327. 502. Pero Tafur, i suoi viaggi e il suo incontro col veneziano Nicolò De’ Conti, pel socio Cornelio Desimoni. Voi. XV, pp. 329-352. 503. La lapide di Giovanni Stralleria e la famiglia di questo cognome. Memoria del socio L. T. Belgrano. Voi. XVII, Genova MDCCCLXXXV, pp. 193-220. 504. Cinque documenti genovesi-orientali, pubblicati dal socio L. T. Bel- grano. Voi. XVII, pp. 221-251. 505. L' Ogdoas di Alberto Alfieri. Episodii di storia genovese nei primordi del secolo XV, pubblicati dal socio dott. Antonio Ceruti. Contiene, fra l’altro, una interessante descrizione di Caffa, ove 1 autore era maestro di grammatica verso il 1421. Voi. XVII, pp. 253-320. 506. Aggiunte e correzioni ai nuovi ricordi arabici sulla storia di Ge- nova. del socio prof. Michele Amari, senatore del Regno. Voi. XIX, fase. I, Genova MDCCCLXXXVIII, pagine 147-159. 507. Trattato del Sultano d’Egitto col Comune di Genova nel MCCXC, ripubblicato dal socio L. T. Belgrano. Voi. XIX, fase. I, pp. 161-175. 508. Le carte nautiche italiane del Medio Eco, a proposito di un libro del Prof. Fischer, pel socio Cornelio Desimoni. Voi. XIX, fase. II, Genova MDCCCLXXXVIII, pp. 225-266. 509. Frammento di poemetto sincrono su la conquista di Almeria nel MCXLVII, ripubblicato dal socio L. T. Belgrano. Voi. XIX, fase. II, pp. 395-423. 510. Cristoforo Colombo ed il Banco di S. Giorgio. — Studio di Henry Harrisse esaminato dal socio Cornelio Desimoni. Voi. XIX, fase. Ili, Genova MDCCCLXXXIX, pagine 583-623. 511. Due documenti riguardanti le relazioni di Genova col Portogallo, trascritti e pubblicati dal socio Prospero Peragallo. Voi. XXIII, fase. II, Genova MDCCCXCI, pp. 715-732. PUBBLICAZIONI CLXXXIX 512. il trattato nuli’astrolabio di Andalò Di Negro, riprodotto dall’e- dizione ferrarese del 1475 con prefazione del socio Gubolamo Bertolotto. Voi. XXV, fase. I, Genova MDCCCXCII, pp. 49-144. 513. Nuova serie di documenti sulle relazioni di Genova coll’impero Bi- zantino raccolti dal Can. Angelo Sanguineti, e pubblicati con molte aggiunte dal prof. Gerolamo Bertolotto. Voi. XXVIII, fase. II, Genova MDCCCXCVII, pp. 337-578. 514. Le relazioni fra Genova, l’impero bizantino e i Turchi, del socio Camillo Maneroni. Voi. XXVIII, fase. Ili, Genova MDCCCXCVIII, pp. 575-858. 515. Genova e Tunisi (1388 4515) — Relazione storica del socio avv. Emilio Marengo. Voi. XXXII, Roma MCMI, pp. 7-313. 516. Dott. Prof. Heinrich Sieveking, Studio sulle finanze genovesi nel Medio Evo e in particolare sulla casa di S. Giorgio. Traduzione dal tedesco di Onorio Soardi, riveduta dall’autore. Voi. XXXV, parte prima, Genova 1906, pp. v-xxxi, 1-261; parte seconda, Genova 1907, pp. v-xxiv, 1-392. GIORNALE LIGUSTICO 1874-1893, 1896-1898 517. Documento concernente le contese coloniali fra Venezia, Genova e Pisa (a. 1207), trasmesso alla Società Ligure di Storia Patria da Guglielmo Heyd, ed illustrato da L. T. Belgrano. I, pp. 68-73. 518. Documenti riguardanti alcuni dinasti dell’Arcipelago, pubblicati da Alfredo Luxoro, Giuseppe Pinelli-Gentile e Carlo Astengo, sotto la direzione di L. T. Belgrano. I, pp. 81-90, 217-221; II, pp. 86-93, 292-297; III, pp. 313-316; V, pp. 345-372. 519. Sui quartieri dei Genovesi a Costantinopoli nel secolo XII, memoria di C. Desimoni. I, pp. 137-180. 520. Lettere dei Sigg. Brunn, Iurgievicz e Belin, circa studi sidle colonie genovesi in oriente; comunicazione di C. Desimoni. I, pp. 221-224. cxc CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 521. Sugli scopritori genovesi del Medio Eco, e sul modo coinè essi furono recentemente giudicati dai dotti stranieri; relazione di C. Desimoni. I, pp. 224-231, 260-280, 308-336, 363. 522. SuU'atlante Luxoro, osservazioni di Filippo Brunn, seguito da una nota di C. Desimoni. I, pp. 341-363. 523. Epigrafe della torre di papa Clemente VI a Caffa, interpretazione di Maucello Remondini. II, pp. 39-40. 524. Elenco eli carte ed atlanti nautici di autore genovese, oppure in Ge- nova fatti o cónsercati; di C. Desimoni, con la collaborazione di L. T. Belgrano. IL pp. 41-71. 525. Sopra Agostino Noli e Visconte Maggiolo cartografi·, Lettera di M. Staglieno a C. Desimoni, con documenti. II, pp. 71-81. 526. La Compagnia genovese delle Indie e Tommaso Skynner, di L. 1. Belgrano. II, pp. 121-136. 527. Lettera di Laudivio da Vezzano sulla caduta di Caffa, di A. Neri. II, pp. 137-153. 528. Due nuovi cartografi della famiglia Maggiolo; di M. Staglieno e C. Desimoni. II, pp. 215-218. 529. Un nuovo documento circa la navigazione dei Genovesi alle Lidie, di L. T. Belgrano. II, pp. 254-257. 530. Osservazioni sovra due portolani di recente scoperti, e sovra alcune proprietà delle carte nautiche; di C. Desimoni. II, pp. 264-285. 531. Iscrizione sepolcrale di un ebreo morto nel 1261 combattendo conti o i Genovesi in Crimea; comunicazione di C. Desimoni II, pp. 376-378. 532. Tre lettere indirizzate nel 1462 da Raffaele di Monterosso, podestà di Caffa, a Casimiro re di Polonia; comunicazione di C. Desì-moni (dal prof. Brunn di Odessa). II, pp. 378-379. PUBBLICAZIONI CXCI 533. trattato commerciale del MCCCII fra Genova ed Amalfi, pubbli- cato da G. Grasso. ΠΙ, pp. 163-167. 534. I Genovesi ed i loro quartieri in Costantinopoli nel secolo XIII, di C. Desimoni. ΠΙ, pp. 217-274. 535. Lega tra Genova e vari signori feudali di Siria, di G. Grasso. IV, pp. 20-22. ->36. Nuovi documenti riguardanti i cartografi Maggiolo, scoperti da Antonio Gavazzo. IV, pp. 81-88. 531 · Rassegna degli studi bibliografici sulla storia della geografia in Italia pubblicati per cura della Deputazione ministeriale istituita presso la Società geografica italiana (Roma, Tip. Elzeviriana 1875), e della Storia dei viaggiatori italiani nelle Indie orientali compilata da Angelo De Gubernatis (Livorno, Vigo 1875); sunto di L. T. Belgrano. IV, pp. 98-105. o38. Considerazioni artistiche sull’icona Edessena, detta il Santo Sudario, che si conserva a S. Bartolomeo degli Armeni in Genova; di Giuseppe Isola. IV, pp. 228-241. 539. La prise d’Alexandrie, ou Chronique du Eoi Pierre Icr de. Lusi- gnan, par Guillaume Machaut, publiée pour la première fois pour la Société de V Orient Latin par M. L. De Mas Latrie; Genève, impr. Jules Guillaume Fick, 1877 — Annunzio bibliografico. V, pp. 79-80. 540. Schlumberger Gustave, Numismatique de V Orient Latin; Paris, E. Leroux, 1878. Rassegna bibliografica, V. Promis. V, pp. 207-208. 541. Elenco dei documenti orientali e delle carte nautiche e geografiche negli Archivi di Stato dì Firenze e di Pisa; Firenze, Celimi, 1878. Recensione di C[ornelio] D[esimoni]. V, pp. 403-406. 542. Del planisfero di Bartolomeo Pareto del 1455 e dì altre carte nau- tiche; Roma, Salvucci, 1878. (Estratto dalle Memorie della So- CXCII CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE c/età Geografica Italiana). Recensione di C[ornelio] D[esimoni]. Y, pp. 406-407. 543. Documenti riguardanti la costituzione di una lega contro il Turco nel 1481; di Giacomo Grasso. VI, pp. 321-494. 544. Storia dei Giustiniani di Genova, di Carlo Hopf; traduzione di Alessandro Wolf. VII-Vili, pp. 316-330, 362-373, 400-409, 471-477; IX, pp. 13-28, 49-65, 100-130. 545. Professore Luigi Bruun, necrologia di C. Desimoni. VH-VIII, pp. 78-80. 546. Libro di Oltremare di Fra Nicolò da Poggibonsi, pubblicato da Alberto Bacchi Della. Lega; Bologna, Romagnoli, volumi due, 1881. Rassegna bibliografica di C. Desimoni. IX, pp. 130-150. 547. Nuove descrizioni di viaggi in Terrasanta. Varietà di C. Desimoni. IX, pp. 178-179. 548. I Genovesi ad Acquemorte, di L. T. Belgrano. IX, pp. 326-341. 549. I Genovesi a Kustendjè (ant. Tomis). Notizia ricavata dall’opera di C. Allard, La Bulgarie Orientale, 1864, p. 77. IX, p. 362. 550. Due bolle pontificie (riguardanti interessi genovesi in Terrasanta). X, pp. 161-165. 551. Documenti intorno la colonia di Greci stabilitasi nelVisola di Cor- sica Vanno 1676, di Giuseppe Colombo. X, pp. 359-370. 552. ’Al’Umarì, Condizioni degli Stati cristiani dell’Occidente, secondo una relazione di Domenichino D'Oria da Genova. Testo arabo, con versione italiana e note di Michele Amari. Aggiunte e correzioni alla Memoria sopra un capitolo di Al Umarì. Estr. dal voi. XI delle Memorie della R. Accademia dei Lincei, 1883. Rassegna bibliografica di L. T. Belgrano. X, pp. 312-317. 553. Michelozzo Michelozzi a Scio. Varietà di A. N(eri), X, pp. 457-460. PUBBLICAZIONI CXCIJI 554. Lettre sur la date exacte de V arrivée à Gènes des reliques de S. Jean Baptiste (6 mai 1098), di P. Riant. XI, pp. 132-138. 555. Un episodio della guerra di Negroponte. Varietà (dal lavoro di Pietro Magistretti: Galeazzo Maria Sforza e la caduta di Negroponte, pubblicato in Ardi. Stor. Lomb., 1884, I, 96). XI, pp. 152-156. 556. Spigolature genovesi in Oriente, di C. Desimoni. XI, pp. 336-350. 55 (. 1.1 commercio delle città tedesche del Sud con Genova nel Medio Evo, di Guglielmo Heyd. XII, pp. 3-21. 558. A proposito dell’articolo di G. Heyd, di L. T. Belgrano. XII, pp. 81-90. 559. Una colonia genovese nella, Giorgia Superiore, di C. Desimoni. XII, pp. 141-146. 560. Chronique de Vile de Chypre, par Florio Bustron publiée par M. René de Mas Latrie (Extrait des Melanges historiques, tome V, 1884). Bollettino bibliografico. XII, p. 398. 561. E marchese di Monferrato Guglielmo il Vecchio e la sua fami- glia secondo gli studi recenti, con una appendice sui trovatori genovesi; di C. Desimoni. XIII, pp. 321-356. 562. M. G. Canale, Tripoli e Genova, con un discorso preliminare sulle co- lonie degli antichi popoli e delle repubbliche italiane nel medio evo; Genova 1886. - M. G. Canale, Della spedizione in Oriente di Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde, e suo trattato di pace come arbitro conchiuso tra Veneziani e Genovesi addì 8 agosto 1381 in Torino dopo la guerra di Chioggia; Genova 1887. - M. G. Canale, Degli Annali Genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori; Genova 1886. Rassegna bibliografica di L. T. Belgrano. XIV, pp. 133-154. 563. Una ballata romaica su la presa di Icaria pei Genovesi; di L. T. Belgrano. Icaria o Niearia, isola dell’arcipelago,greco occupata nel 1346 insieme con Scio dai Genovesi, che la conservarono fino al 1566. XIV, pp. 443-446. 13 CXtlV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 56-1. Monete genovesi di Scio, di L. T. Belgrano (Varietà). XV, pp. 393-395. 565. Il conte Paolo Riant, necrologia di L. T. Belgrano. XVI, pp. 142-149. 566. Prepotens Genuensium Presidili ni, di L. T. Belgrano e Carlo Malagola. XVII, pp. 302-306. 567. Atto di. consegna del Sacro Catino, di L. T. Belgrano. XVII, pp. 306-311. 568. Una iscrizione genovese recentemente scoperta in Soldaia, di L. T. B(elgrano). XVIII, pp. 297-299. 569. Contributi alle relazioni tra Genova e V Oriente, di Arturo Fer- retto. XXI, pp. 40-48. 570. Tombe dei Colombo di Genova a Palermo, di U(go) A(ssereto). XXII, pp. 30-32, pp. 395-396. 571. L’antica cappella de’ genovesi a Palermo, di U(go) A(ssereto). XXII, pp. 153-155. 572. Il duomo dì S. Lorenzo a Trapani già chiesa nazionale dé geno- vesi, di U(go) A(ssere7o). XXII, pp. 204-217. 573. Un genovese a Bisanzio, di Girolamo Bertolotto. XXII, pp. 347-356. 574. Camillo Manfroni, Lo scontro di Modone, episodio della lotta ve- neto-genovese (1403). Recensione di G. Cogo. XXII, pp. 470-473. 575. Schaube Ad., Die Wechselbriefe Konigt Ludwigs des heiligen (Le cambiali di San Luigi per la sua prima Crociata, e il loro influsso sul sistema monetario di Genova). Studio di C. Desimoni. XXIII, pp. 308-320. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 1900-1908 576. Nuova raccolta di documenti genovesi (è quella pubblicata dal prof. Jorga sotto il titolo: Notes et extraits pour servir à l’histoire des PUBBLICAZIONI CXCV Croisades au XVe siècle, Paris, 1899); di Camillo Manfroni. I, pp. 96-106, 179-186. o77. I t i un cartografo genovese del trecento (Angelino Dall’Orto); di Guido Bigoni. I» PP- 161-170. 578. Diplomatarium Veneto-Levantinum, pars H, Venetiis 1899; Doc. pubbl. dalla E,. Dep. Veneta di Storia Patria, voi. IX. Cenno sommario dei principali documenti che riguardano Genova, di Camillo Manfkoni. I, pp. 217-222. 57,). I Genovesi in Oriente nel carteggio di Innocenzo IV; di Arturo Ferretto. I, pp. 353-368. 580. Ch. Kohler, Mélanges pour servir à l’histoire de VOrient latin et des Croisades, fase. I, Paris 1900. Recensione di Guido Bigoni. I, pp. 441-445. 581. Relazioni di Genova con Venezia dal 1270 al 1290, con documenti ine- diti tratti dall’Archivio di Stato di Venezia; di Camillo Manfroni . II, pp. 361-401. o82. Due nuovi documenti per la storia della Marineria genovese; di Camillo Manfroni V, pp. 33-13. LIBRI ED OPUSCOLI DIVERSI 583. Libros del Saber de astronomia del Rey D. Alfonso X de Castilla, copilados, anotados y comentadospor Don Manuel Rico y Sinobas; obra publicada de Reai orden; Madrid 1863-1867; tomi cinque. 584. Archives de VOrient Latin publiées sous le patronage de la Société de l Orient Latin; Paris, Ernest Leroux, tome I 1881, tome II 1884 (Stampati a Genova presso la Tipografia del R. Istituto dei Sordo-Muti). Bibliographie de VOrient Latin, Paris, Ernest Leroux 1881-1885; I (a. 1878, 1879, 1880), II (1881, 1882, 1883). 585. Globus caelestis cuflco-arabicus Veliterni Musei Borgiani a Simone Assemano etc. illustratus praemissa ejusdem de Arabum astronomia dissertatione et adjectis duabus epistolis Cl. Josephi Toaldi; Patavii Typis Seminarii anno MDCCXC. CXCVI CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 586. Atlante geografico con testo latino contenente: Daniel Cellarius Ferimontanus, Speculum Orbis Terrarum, e Speculum Geographicum totius Germaniae Imperium repraesentans; Antuerpiae, 1578. - Abrahamus Ohtelius, Additamentum Theatris Orbis Terrarum; Antuerpiae CIq. Iq. LXXIU. 587. Atti della Società di storia ed antichità di Odessa (scritti in lingua russa). Voi. I, a. 184! — Delle monete battute in Crimea (fra cui le genovesi), di Grigoriew; Spada genovese trovata in Crimea. Voi. II, a. 184S-1850. — Recensione critica dell’opera Ètudes sur le commerce au Moyen-dge, Histoire du commerce de In mer Noire et des Colonies Génoises de la Krimeé par F. Elie de la Primaudaie, Paris, 1848, di Broun; idem dell'opera Manganavi, Atlante del mar Nero, di MurzakÉwitch. Voi. Ili, a. 1852. — Quadro comparativo del periplo anonimo del mar Nero con la carta di Manganavi, di Arkas; 1 consoli genovesi di Caffa, di Murzakewitcii. Voi. IV, a. 1858-1860. — Della rivalità fra Venezia e Genova nel XIV secolo, con 18 documenti estratti dal Liber commemorialis Venet., di Wolkow. Voi. V. a. 1863. — Le iscrizioni genovesi in Crimea, di Jurgiewicz; Regolamento del / I li) riguardante le colonie genovesi in Gazaria, testo latino comunicato dal principe Woron-zow, con la traduzione russa e note di Jurgzewicz; Relazione sopra alcune ricerche fatte a Genova, di Murzakewitch. Voi VI. a. 1867 — Elenco di opere riguardanti la Crimea, di Gennadi. Voi. VII, a. 1868 — Nuove iscrizioni genovesi, di Jurgiewicz; Stemmi di famiglie genovesi (tav. VI). Voi Vili, a. 1872. — Quattro anni della città di Caffa (1453-1456), di Wolkov; Monete genovesi trovate in Russia, di Jurgiewicz; Notizia sull’ « Atlante idrografico » posseduto dal prof. Tammar Luxoro, di Biiuun; Osservazioni del signor Desimoni sopra Varticolo di questo volume relativo alle monete genovesi, di Jurgiewicz. Voi. IX, a. 1875 — Il litorale orientale del mar Nero secondo gli antichi peripli e le carte marine del XIV e XV secolo di Bruun, con una appendice di Liutzenko. Voi. XI, a. 1879 — Due iscrizioni genovesi di Balaclava, di Jurgiewicz. Voi. XIV. a. 1886 — Un'iscrizione genovese di Caffa (5 settembre 1385), di Jurgiewicz. Voi. XIX. a. 1896 — Di alcune iscrizioni genovesi scoperte a Caffa nel 1894, di Retowski. Altri articoli riguardanti in generale i commerci, le colonie, le immigrazioni e le dominazioni sulle coste del mar Nero si trovano nei volumi X, XII, XV e seguenti (l’ultimo pervenuto alla Società è il voi. XXXI del 1913). Chi non conosce il russo può consultare con profitto, per una cognizione bibliografica degli scritti pubblicati nella collezione degli Atti della Società di Odessa dal 1844 al 1900, la Λ otice sur la Société Impériale Odessoise d’histoire et d’antiquités et sur ses mémoires, Odessa, 1864-1875-1900 (tre opuscoli). 588. Belgrano Luigi Tommaso, Documenti inediti riguardanti le due Crociate di S. Ludovico IX re di Francia; Genova, Beuf, 1859. 589. Belgrano Luigi Tommaso, L'interesse del denaro e le cambiali appo i Genovesi dal secolo XII al XV. Estratto dall 'Archivio Storico Italiano, terza serie, tomo III, parte prima, Firenze 1866. 590. Belgrano L. T., Due contratti genovesi di noleggio del secolo XIII; Genova, Stabilimento Armanino, PUBBLICAZIONI CXCVII 591. Biconi Guido, Recensione dell’opera di Reinhold Rohricht, Ge- schichte des KónigréiÈhs Jerusalem, 1100-1291, Innsbruck 1898, 1 voi. di pp. xxvn-1.105 (Estratto à&W Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXT, anno 1899). 592. Biconi Guido, Quattro documenti genovesi sulle contese d’Oltremare nel secolo XIII (Estratto àa\YArchivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXIV, anno 1899). 593. Bruun Filippo, Le colonie itcdiane in Gazaria, osservazioni topo- grafiche e storiche; Mosca 1872 (in lingua russa). 594. Cafari et Continuatorum Annales Januenses, mxcix-mccxciii. Riproduzione in fototipia del celebre codice della Biblioteca Nazionale di Parigi fatta, per iniziativa della Società Ligure di Storia Patria, a spese del Municipio di Genova nel 1898; Genova, Tipolitografia Armanino. 595. Calcagnino Agostino, DelVimagine Edessena o sia del Santo Su- dario che N. S. Gleni Christo mandò al Rè Abagaro in Edessa, con osservationi historiche nelle quali si mostra esser quell’istesso che si trova hora in Genova nella chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni, ecc., In Genova per Gio. Maria Fammi, Nicolò Pe-sagno e Pier Francesco Barberi, 1639. 596. Calcagnino Agostino, Historia del glorioso Precursore di N. S. S. Gio. Battista Protettore della città di Genova, nella quale si registra la sua vita e morte, e il successo delle sue sacralissime Reliquie: come furono acquistate da' Genovesi, e portate nella loro Patria: e come in essa sono custodite, e riverentemente tenute. In Genova, Per Gio. Maria Farroni, MDCXXXX\ III. 597. Canale Michele Giuseppe, Bella Crimea, del suo commercio e dei suoi dominatori, dalle origini fino ai dì nostri; Commentarii storici, Genova Tip. Sordo-Muti, 1855-1856; 3 voi. 598. Cervetto Luigi Augusto, I Gaggini da Bissone, loro opere in Ge- nova ed altrove; Milano MDCCCCIII. 599. Cervetto L. A., Il tesoro della Metropolitana di Genova', Genova 1892. 600. Leonardi Chiensis de Lesbo a Turcis capta epistola Pio papae II missa, ex cod. ms. Ticinensi primus edidit Carolus Hopf; Regi-monti typis Academicis Dalkowskianis, 1866. 601. Choiseul-Goufpier, Voyage pittoresque dans la Grece; Paris 1782- 1809; 2 voi. dxcviii CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 602. D’Albertis E. A., Priorità dei Genovesi nella scoperta delle Azorre; in Atti del terzo congresso geografico italiano tenuto in Firenze dal 12 al 17 aprile 1898, pp. 423-438. 603. Desimoni Cornelio, Intorno alla vita ed ai lavori di Andalò Di Negro, matematico ed astronomo genovese del secolo decimoquarto e d’altri matematici e cosmografi genovesi; memoria seguita da un catalogo dei lavori di Andalò Di Negro compilato da B. Bon-compagni. (Estratto dal Bullettino di bibliografìa e di storia delle scienze matematiche e fisiche, tomo Vili, luglio 1874, Roma). 604. Desimoni Cornelio, La prise d’Alexandrie ou Clironique du Roi Pierre I de Lusignan par Guillaume De Machaut. (Estratto dal-VArchivio Storico Italiano, serie IV, tomo I, Firenze 1878). 605. Desimoni Cornelio, Actes passés en 1272, 1274 et 1279 à l’A'ias (Petite Armenie) et à Beyrouth par devant des notaires génois (Estrait des Archives de VOrient Latin, tome I, 1881, Gènes). 606. Desimoni Cornelio, Actes passés à Famagouste de 1299 à 1301 par devant le notaire génois Lamberto de Sambuceto (Estrait des Archives de VOrient Latin, tome II, 1882, Gènes.) 607. Desimoni Cornelio, Notes et observations sur les Actes du notaire génois Lamberto de Sambuceto. (Estratto dalla Revue de l Orient Latin, nel tomo I della quale il Desimoni aveva pubblicato la seconda parte degli Atti del not. Sambuceto in continuazione della prima parte edita negli Archives de VOrient Latin). 608. Desimoni Cornelio, Heyd W., Histoire du commerce du Levant au moyen àqe. (Estratto ά<ύΥArchivio Storico Italiano, seiie IV, tomo XVII, Firenze 1886). 609. Desimoni Cornelio, Trattato dei Genovesi col Chan dei Tartari nel 1380-1381 scritto in lingua volgare. (Estratto dal {'Archivio Storico Italiano, serie quarta, tomo XX, Firenze 1887). 610. Fa varo Antonio, Intorno ad uno scritto su Andalò Di Negro pub- blicato da D. B. Boncompagni. (Comunicazione letta alla R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, 18 i 6). 611. Foglietta Uberto, Istoria della sacra lega contro Selim, e d al- cune altre imprese dei suoi tempi, cioè dell’impresa dei Gerbi, soccorso d’Oran, impresa del Pignon, di Tunisi, e assedio di Malta, fatta volgare da Giulio Guastavini, Nobile Genovese; Genova, Giuseppe Pavoni 1598. Pubblicazioni cxcìx 612. Fra G-aetano da S. Teresa, Il catino di smeraldo orientale ecc. (Op. cit. a p. cui). t>13. Haymari Monachi De espugnata Accone liber Tetrastichus seu Ritli-mus de expeditione jerosolimitana quem ad f'idem codicum ma-nuscriptonim Bibl. Reg. Babenbergensis et Bibl. Coll. Oriel. Oxo-niensis recognovit, praeviaq., disquisitione ornavit P. E. D. Riant.; Lugduni, escudebat Ludov. Perrin, CIq. Iq. CCCLXVI. 614. Heyd Guglielmo, Storia del commercio del Levante nel medio evo, Biblioteca delTEconomista, quinta serie, volume decimo, Torino 1913 (ti’aduzione condotta sull’edizione francese di Parigi del 1885, nella quale ΓΑ. aveva fatte notevoli varianti ed aggiunte alToriginale tedesco del 1879). 615. Imperiale Cesare di Sant’Angelo, Caffaro e i suoi tempi; To- rino 1894. 616. Imperiale march. C., La politica coloniale di Genova. (Estratto dagli Atti della Società Italiana per il progresso delle scienze, VI Riunione, Genova ottobre 1912Ί. 617. Imperiale Cesare, Da Genova a Caffa, un raid nel secolo XV (Dal giornale di bordo del console Tomaso Domoculta). Estratto dalla Rassegna Nazionale, fase. 1° Decembre 1913. 618. Inventione del corso della longitudine di Paolo Interiano Gentil’huo- mo Genovese. Col Ristretto della Sphera del medesimo. In Lucca per il Busdrago M. D. LI. 619. Jorga N., Actes et extraits pour servir à l’histoire des Croisades au XVhne siècle; Paris, 1899, 2 voi. 620. Kohler Ch., Mélanges pour servir à l’histoire de VOrient Latin et des Croisades; Paris, 1900-1906, 2 voi. 621. Prima parte dello specchio del mare, nel quale si descrivono tutti li porti, spiaggie, baye, isole, scogli, e seccagni del Mediterraneo, Con le dimostrazioni de' Terreni, cambiamenti di corse, e distanze, et il facilissimo modo d’adoprare il Balestrìglio, et Astrolabio: Non mai più così ampiamente descritto, et arricchito di Carte Maritime nuovamente costrutte. Dato in luce dal capitan Francesco Maria Levanto. All’Illustrissimo Signor Gio. Battista Della Rovere Dell Illustrissimo Sig. Clemente. In Genova, Per Gerolamo Marino, e Benedetto Celle. Con licenza de’ Superiori, e Privilegio. M. DC. LXIV. cc CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLONIALE 622. Liber iurium Reipublicae Genuensis, in Historiae Patriae Monumen- ta; tomus I, an. M.DCCC.LIIII; tomus II, an. M.DCCCC.LVII. 623. Acta et Diplomata res graecas italasque illustrantia e tabulariis Anconitano Florentino Melitensi Neapolitano Veneto Vindobonensi Sumptus praebente Caesarea Scientiarum Academia ediderunt Fr. Miklosich et Jos. Mììller; Vindobonae, Carolus Gerold, MDCCCLXV. 624. Oderico Gaspare Luigi, Lettere ligustiche ossia osservazioni cri- tiche sullo stato geografico della Liguria fino ai tempi di Ottone il Grande con le Memorie storiche di Coffa, ecl altri luoghi della Crimea posseduti un tempo dai Genovesi e spiegazione dei monumenti liguri quivi esistenti; Bassano, 1792. 625. Odoric de Pordenone, Les voyages en Asie au XIVe siècle; Paris, 1891. 626. Oliva Marco, I Genovesi alla prima Crociata; Genova 1839. 627. Padula Antonio, Marie de Lusignan et la Maison rogale de Chypre, de Jérusalem et d’Armenie; Gènes, MDCCCLXXXIV. 628. Pagano Carlo, Delle imprese e del dominio dei Genovesi nella Grecia; Genova 1846. 629. Peragallo Prospero, Viaggio eli Geronimo da Santo Stefano e di Geronimo Adorno in India nel 1494-99. (Estratto dal Bollettino della Società Geografica Italiana, fase. I, 1901, Roma). 630. Promis Domenico, La zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. (Estratto dagli Atti dell’Accademia Beale delle Scienze in Torino, serie II, voi. XXIII, Torino, 1865). 631. Promis Vincenzo, Statuti della colonia genovese eli Pera; Torino, 1871. 632. Ricordo pittorico militare della spedizione sarda in Oriente negli anni 1855-56; Torino, 1857 (27 tavole). 683. Rodocanachi Principe Demetrio, I Giustiniani di Scio; Scio, 1900 (in greco moderno). 634. Sathas C. N., Documents inédits velatifs à l’histoire eie la Grece au moyen àge publiés sous les auspices de lei Chambre des Deputes de Grece; Paris 1880-1886, 7 voi. 635. Sauli Lodovico, Della colonia dei Genovesi in Galata; Torino 183 J, 2 voi. 636. Elucidatio fabricae ususque astrolabii, a Ioanne Stofperino Iu- PUBBLICAZIONI cci stingensi (Stoffler) viro germano: citque totius Spherice doctissimo nuper ingeniose concinnata atque in lucem edita. Impressum Op-penheym per lacobum Kobel, anno 15Γ2. 637. Vigna P. Raimondo Amedeo, Di alcune iscrizioni genovesi hi Galata di Costantinopoli; Genova, 1865. NB. Tutte le opere sopra elencale appartengono alla biblioteca della Società Ligure di Storia Patria, dalla sede della quale vennero temporaneamente dislocate per essere esposte alla Mostra. Fanno eccezione quelle segnate coi numeri 583, 598, 599, 601, 632, 633, che furono esposte, la prima dal Cap. Enrico D’Alberlis, la seconda e la terza dal Prof. Luigi Augusto Cervetto, e le tre rimanenti dalla biblioteca Civico-Beriana. Fra le opere esposte vanno anche comprese quelle indicate a principio del presente catalogo, ed alcune di quelle citate nel corso di esso. IX VARIE ORIGINALI 638. Pallio bizantino. È uno dei pallii donati dall’imperatore Michele Paleologo per effetto della convenzione di Ninfeo del 1261: splendido esemplare dell’arte bizantina, ha un fondo di seta purpurea istoriato con figure in piccoli gruppi rappresentanti fatti della vita di S. Lorenzo martire, di S. Sisto e di S. Ippolito, siccome rilevasi dalle iscrizioni tracciate in due linee sopra 1 gruppi medesimi. Appartiene al Museo Civico di palazzo Bianco. Municipio di Genova 639. Cassaforte del Banco di S. Giorgio. È di legno duro, lunga m. 1.18, larga m. 0,67, alta m. 0,75, con ricopertura di lamiera di ferro: è munita di due serrature a chiave, una maschio e l’altra femmina. Consorzio Autonomo del Porto 640. Urna a ruota, che usavasi per l’elezione dei Protettori delle Compere di S. Giorgio. È a base decagona con nervature in legno intagliato, e le testate ricche di ornati verdi ed oro, modellati sul gusto del secolo XVII; misura m. 0,74 di diametro con m. 0,65 d’altezza. Consorzio Autonomo del Porto 641. Corazza di Fabrizio del Carretto, penultimo Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi. Cap. E. D’Albertis i 642. Due palle di granito da bombarda di oltre m. 0,50 di diametro, VARIE ccui adoperate da Solimano all'assedio di Rodi. Dono del Sultano Abdul-Hamid. Cap. E. D'Albertis 643. Due cannoni di bronzo presi a Tripoli, già dei Caramanli. Cap. E. D'Albertis 644. Due archi o trofei di frecce del secolo XV. Cap. E. D’Albertis 645. Due balestre fiorentine del secolo XV. Cap. E. D’Albertis RIPRODUZIONI 646. Sacro catino. Riproduzione esatta in gesso fatta dallo scultore prof. E. Debarbieri sui rilievi dell’arch. cav. Riccardo Haupt, del famoso catino detto di smeraldo che la tradizione vuole consacrato nella Cena pasquale, e dove Nicodemo d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Gesù Cristo. L’ originale conservasi nel Tesoro di S. Lorenzo, di proprietà municipale. Eseguito a cura della Soc. Ligure ni Storia Patria 647. Croce di Zaccaria. Fotografia della preziosa croce presa nel 1308 a Focea da Ticino Zaccaria, e donata alla Metropolitana nel secolo XV. L’originale è in argento dorato, ha l’altezza di cm. 64 e la larghezza di cm. 40, porta incastonato nella faccia anteriore il legno della S. Croce, visibile attraverso il cristallo, con una fila di 299 perle orientali, oltre 44 più grosse cosparse all’intorno e sulle estremità, e 57 gemme tra rubini, smeraldi, zaffiri, corniole, malachiti ed ametiste: appartiene al Tesoro di S. Lorenzo. Prof. L. A. Cervetto 648. Rilievo plastico della città di Scio con la cinta e le sedici torri, oltre la torre a base quadrilatera colla porta di accesso ed il largo fossato. Eseguito a cura della Soc. Lig. di Storia Patria. 649. Modello della caravella Santa Maria, nave capitana di Cristo- foro Colombo nel viaggio di scoperta dell’America. Lavoro del Cap. E. D’Albertis, conservato nel Museo di palazzo Bianco. Municipio di Genova 650. Modello di antica galea genovese, lungo circa sette metri, con CCÌV CATALOGO DELLA MOSTRA STORICA COLOfrtALÈ vele latine ai due alberi e vela quadra all’alberetto di bompresso. Il castello di prora è a due piani per i balestrieri e gii archibugieri, ed è merlato con merli quadri, cui sottostà un ordine di feritoie. Appartiene al Civico Museo Pedagogico. Municipio di Genova 651. Rarissimo modello sincrono di un’antica galera genovese, lun- go circa due metri, con venticinque remi da ogni lato, con due alberi entrambi provvisti di coffa e gabbia, e col castello di prora dove sono gli alloggi. Prof. Dott. Alfredo Villa QUADRI 652. Due quadri antichi rappresentanti l’isola di Tabarca, del Museo Civico di palazzo Bianco. Municipio di Genova 653. Un quadro antico rappresentante l’isola di Scio, del Museo Ci- vico di palazzo Bianco. Municipio di Genova 654. Quadro della carta geografica del Mediterraneo con l’indicazione delle Colonie genovesi dal XII al XV secolo, lavoro di Gaetano Poggi e Francesco Podestà. Appartiene al Museo di palazzo Bianco. Questa carta trovasi riprodotta in piccolo nella pubblicazione illustrata col titolo Palazzo Bianco, Museo di storia e d’arte, 1908, a cura del Municipio, p. 16; ed in Rivista Ligure, anno XXXIX, 1912, p. 118. Municipio di Genova CAPITOLO VI TRASFERIMENTO DELLA SEDE DELLA SOCIETÀ DAL PALAZZO BIANCO AL PALAZZO ROSSO E SUE POSSIBILI CONSEGUENZE. MANIFESTAZIONI VARIE DELL’ATTIVITÀ SOCIALE Verso la fine del 1908 la Società trasferì la propria sede dal palazzo Bianco al palazzo Rosso. Nel primo di questi edifìci, legato al Municipio di Genova dalla duchessa di Galliera con testamento del 20 marzo 1884, il nostro Istituto occupava da oltre dodici anni, per concessione di esso Municipio, alcune sale all’ultimo piano, ampie e sufficientemente illuminate sebbene alquanto basse d’aria in rapporto all’ampiezza, remote e non guari accessibili ai rumori della strada, e quindi asilo gradito agli studiosi. Per tale residenza la Società corrispondeva all’Amministrazione di detto palazzo un canone annuo di lire cento, non tanto a titolo di pigione quanto per riconoscimento dei diritti dell’Amministrazione stessa sul locale occupato. Ma nell’autunno dell’anno su riferito il Municipio, sia per il collocamento di nuove collezioni destinate al museo di palazzo Bianco, sia per un diverso assetto di alcune delle vecchie, trovò necessario di assegnare dette sale allo stesso museo. La Società dovette pertanto sloggiare; però fu ben fortunata di poter passare in una sede egualmente se non più decorosa di quella fino allora tenuta, sede che il Municipio accordavate, con deliberazione della Giunta COVI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 del 15 ottobre 1908, nel palazzo Rosso al primo piano in un locale attiguo al quartiere del Banco di Napoli. L’appartamento che la nostra Società venne in tal modo ad occupare nel nobile palazzo dei Brignole Sale si compone essenzialmente di sette stanze fra grandi e piccole, una sola delle quali ben rischiarata dalla luce solare, le altre quasi tutte poco chiare durante una notevole parte del giorno per avere le finestre sopra vicoli ovvero sul cortile interno dell’edifizio. Cosicché alla comodità dell’accesso ed alla signorilità dell’ambiente fa contrasto nell’attuale sede sociale l’esiguità dello spazio riservato ai soci studiosi ed ai frequentatori della nostra biblioteca, i quali non possono efficacemente usufruire, per insufficienza di luce, che di un’unica sala di lettura. La Giunta municipale, nella predetta seduta del 15 ottobre 1908, mentre deliberava di concedere alla Società il nuovo locale, le imponeva, a decorrere dal 1° gennaio 1909, una pigione di annue lire mille in favore dell’Amministrazione di palazzo Rosso; ma per alleviarle il peso d’una siffatta retribuzione, manifestamente eccessiva per essa Società e mal rispondente agli scopi elevati e non venali di questa, decideva altresì di farle un assegno annuo di lire cinquecento. In tal guisa il nostro Istituto veniva a sostenere per la nuova sede un carico effettivo di lire cinquecento all’anno: cosa, non pure soverchiamente onerosa per il bilancio sociale, ma contrastante, in quanto all’effetto se non all’intenzione, col migliore trattamento usato dal Comune allo stesso Istituto prima dell’imposto trasferimento. Se non che l’efficace opera del nostro Presidente ed il benevolo consenso ch’essa ottenne presso la Giunta della nuova Amministrazione comunale di Genova salita al potere per effetto delle elezioni generali del luglio 1910, condussero a concludere tra il Municipio e la Società una convenzione in virtù della quale: 1° La Società, che non aveva ancora soddisfatto al pagamento del fitto per il biennio 1909-1910, rinunciava in favore del Municipio al sussidio da questo assegnatole, il cui importo complessivo per detto biennio era di lire mille, e gli cedeva inoltre per altre lire mille gli oggetti di antichità disseppelliti nei vecchi spalti della città di Tortona e donati alla Società stessa dal socio prof. Alessandro Wolf, oggetti che il nostro Consiglio Direttivo aveva già accordati in deposito al Museo di palazzo Bianco con deliberazione del 5 feb- TRASFERIMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCVII braio 1907 (1); ed in correspettivo di ciò esso Municipio obbligavasi a versare le lire duemila così costituite all’Amministrazione del palazzo Brignole Sale De Ferrari, a saldo del fìtto sopra indicato. Il Municipio, a cominciare dal 1911, assumeva sopra di sè, a titolo di assegno alla Società, il carico dell’intero fìtto annuo del locale da essa occupato nel palazzo Rosso; mentre il nostro Istituto impegnavàsi in contraccambio a concedere l’uso della sua biblioteca, nei limiti d’orario da stabilirsi e riservato tuttavia ai soli soci il prestito dei libri, a quegli studiosi che piacerà al Municipio medesimo di notificargli, e prometteva inoltre di offrire a questo annualmente alcune copie dei volumi degli Atti che andrà pubblicando dal 1911 in poi. In questo modo la Società, dopo più di cinquantanni di vita operosa che acquistarono alla Liguria un buon posto negli studj storici italiani, potè ottenere una sede decorosa senza l’assillo e, mi si lasci dire, l’umiliazione di dover pagare la pigione. Parrà strano che un così legittimo ed in pari tempo modesto risultato siasi raggiunto dopo tanti anni; ma, purtroppo, in Italia non si è ancora esplicitamente riconosciuto che le istituzioni di alta e disinteressata coltura, di cui la Società Ligure di Storia Patria è esempio non indegno, esercitano un ufficio altrettanto necessario per la vita dei popoli e per il progresso della civiltà, quanto quelle rivolte a scopi immediatamente utilitari; e che pertanto esse, invece di un aiuto insufficiente o precario od occasionale come viene loro qualche volta concesso, meritano dai pubblici poteri un contributo conveniente, sicuro e continuo, che le tolga dalle distrette delle contingenze materiali e le ponga in grado di compiere con pienezza la loro missione. Siffatto, contributo, di cui dovrebbe essere occorrendo sancita per legge l’obbligatorietà, sarebbe destinato principalmente alle ri-ceiche ed alle pubblicazioni dell’istituto sussidiato; mentre alla gratuità delle prestazioni dei membri di questo farebbe riscontro la piena libeità del loro lavoro scientifico, condizione indispensabile per un risultato fruttifero. Nonostante la greve atmosfera degli interessi materiali che preme sopra le attuali generazioni, è ancora privilegio (1) L’elenco di detti oggetti venne pubblicato negli Atti, voi. IV, fase. Ili, pp. cxcm-cxcvi. CCVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 dei lavoratori dell’intelletto, quello di appagarsi dei compensi morali che le loro fatiche trovano nella estimazione dei contemporanei ovvero sperano nella memoria dei posteri, senza dire del conforto tutto intimo della propria soddisfazione personale. Lo Stato oltre che molte Amministrazioni comunali e provinciali d’Italia usano, è vero, da qualche tempo concedere annui sussidj agli istituti liberi di coltura speciale, come il nostro; ma il sussidio, non che impari al bisogno, appare quasi sempre un fatto aleatorio, che dipende esclusivamente dalla buona grazia di chi lo dà e può esserci o non esserci a seconda delle circostanze, anziché un provvedimento sicuro stabilito da leggi superiori non sottoposte all’arbitrio dell’ente sussidiatore. Per quanto riguarda la nostra Società, è mio debito di dichiarare subito che il Municipio di Genova, qualunque sia stato il colore politico dei suoi amministratori, dimostrò sempre verso di essa un cordiale interesse e ne seguì ognora l’opera con benevola simpatia, coadiuvandola efficacemente nelle iniziative miranti all’utile e al decoro pubblico, e sussidiandola con larghezza in talune circostanze. La concessione della sede di palazzo Rosso è una prova sicura delle buone disposizioni del Municipio verso la Società stessa, e potrebbe essere il principio di altre prove egualmente efficaci in favore dell’incremento dei nostri lavori. Infatti nel palazzo Rosso si accentra la massima fondazione privata fatta in Genova a prò degli studj letterari ed artistici. I Genovesi, che pur lasciarono tante istituzioni di pura beneficenza e largheggiarono e profusero somme grandissime in opere pie e religiose, furono singolarmente avari per tutto quanto riguarda la pubblica cultura di carattere speculativo e non strettamente utilitario; cosicché per trovare qualche cospicua elargizione in cotesto campo, bisogna ricorrere ai legati della duchessa di Galliera. Questa illustre signora ed il marchese Filippo De Ferrari suo figlio, mentre cedevano con atto notarile del 12 gennaio 1874 al Municipio di Genova il palazzo Rosso con la galleria dei quadri, la biblioteca ed altri oggetti, destinavano il reddito dello stesso palazzo ad alcuni scopi determinati, secondo modi e forme che furono poco dopo stabiliti specificatamente in un regolamento approvato dal Consiglio comunale nella seduta dell’8 gennaio 1875. Di tali scopi a me importa ora ricordare i due seguenti: 1° Istituzione di « un premio di lire tremila da conferirsi ogni TRASFERIMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCIX tre anni a quel giovane non maggiore di trent’anni, il quale avrà scritto il migliore componimento in lingua latina o greca e ne sarà riconosciuto meritevole » (1). 2° Conservazione, dotazione ed apertura al pubblico della biblioteca Brignole Sale De Ferrari. Il premio triennale non viene da parecchio tempo assegnato per mancanza di degni concorrenti. Se esso era rivolto in via generale a promuovere ed incoraggiare gli studj classici, riusciva in pratica particolarmente destinato a risvegliare ed a vivificare l’uso letterario del latino e del greco: cosa vana ed in assoluto contrasto colla necessità dei tempi e la realtà dei bisogni presenti. Tralascio per ovvie ragioni di parlare del greco, il cui studio è oramai ridotto ai minimi termini e tende a scomparire del tutto come strumento diretto di coltura. In quanto al latino, l’insegnamento di esso ha in quest’ora essenzialmente due scopi: uno educativo o formativo, che si tenta bene o male di raggiungere nelle scuole cosidette classiche, dove è gran ventura se gli alunni arrivano dopo otto anni di corso a comprendere alla meglio gli autori latini più comuni, senza che si abbia la pretesa che siano in grado di gustarli; ed un altro pratico, in ispecie per uso dei religiosi e degli studiosi e ricercatori di storia. Prescindendo dai bisogni dell’istruzione religiosa, è sopratutto nel campo storico che si rende necessaria la conoscenza del latino come strumento d’indagine a chi si propone di risalire alle fonti e voglia collocare sopra basi sicure le sue costruzioni; poiché dall’epoca romana fino alla rivoluzione francese i documenti della storia d Europa, la maggior copia dei quali ancor giace sepolta negli archivi, sono in grandissima parte scritti in lingua latina, così quelli politici come quelli, assai più numerosi, riguardanti le varie altre manifestazioni della vita dei popoli. Basta accennare all’ine-sauiibile quantità delle scritture notarili, tutte compilate in latino, per farsi un’idea deH’immenso materiale storico documentale che attende l’esame dello studioso. Da ciò vedesi che nell’àmbito della coltura speciale superiore il più vasto campo delle applicazioni dèi (1) Regolamento per Vamministrazione del palazzo Brignole Sale De Ferrari approvato dal Consiglio comunale nella seduta dell’8 gennaio 1873: Genova, coi tipi dei Fratelli Pagano, 1874 (sic); p. 10. 14 CCX LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL J 917 latino è senza dubbio quello costituito dalle discipline storiche sotto tutte le loro svariate e numerosissime forme ed esplicazioni dipendenti dalla materia o dall’oggetto, dal metodo, dallo spazio e dal tempo. Alcune delle quali, come l’archeologia, la storia letteraria, la storia ecclesiastica, presuppongono, oltre il semplice intendimento del latino, anche una cognizione filologica ed artistica di essa lingua. Questo è dunque l’unico terreno ove può recare buoni frutti un premio destinato alla coltivazione del latino. Non pure lo studio di questa lingua condotto collo scopo di adoperarla per componimenti letterari è assolutamente ozioso, perchè da un pezzo è venuto a cessare, oltreché il bisogno, perfino l'utilità di servirsene a scopo siffatto; ma esso è oramai pressoché impossibile per mancanza di chi voglia seriamente attendervi. Il fatto stesso che il premio istituito dall’atto di cessione dei Brignole Sale De Ferrari non è da molti anni assegnato per difetto di concorrenti idonei, è indice eloquente di tale impossibilità. La quale giustificherebbe senz’altro una diversa destinazione di detto premio — come viene acconsentito dalla vigente legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, per quelle di esse cui sia venuto a mancare il fine o che per il fine loro più non corrispondano ad un interesse effettivo (1) — se non fosse invece attuabile un temperamento che, senza violare la volontà dei concedenti, la rivolgesse ad ottenere un risultato fruttifero. Il temperamento fra la necessità legale di applicare cotesta volontà e la convenienza di rendere il legato veramente utile alla pubblica coltura, potrebbe esser questo: destinare, per mezzo della Società Ligure di Storia Patria, la somma del premio all’incremento dei lavori storici riguardanti la nostra regione; e poiché il premio stesso è rivolto dai suoi largitori precipuamente alFinnalzamento del latino, erogare detta somma nella pubblicazione e nella illustrazione di documenti storici latini aventi pregio letterario, o comunque tali da porgere una qualche esemplarità estetica od artistica. Non fanno difetto nel nostro Archivio di Stato, anzi vi si trovano a dovizia specialmente nella collezione delle lettere della Cancelleria (2), documenti inediti di no- (1) Legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, 17 luglio 1890, art. 70. (2) I registri contenenti queste lettere vengono ordinariamente citati con le denominazioni di Litterarum Cancellariae, Litterarum Communis, Sono gli stessi da me TRASFERIMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCXI tevole valore politico vergati nel miglior latino del Rinascimento che fosse allora possibile scrivere in Genova, per mano di cancellieri della Repubblica che rispondono ai nomi di Jacopo Bracelli, Tommaso Credenza, Gottardo Stella, Francesco Vernazza, Bartolomeo Senarega, Stefano Bracelli, ecc. Anche i registri delle lettere dell’Officio di San Giorgio offrono in abbondanza scritti latini dei cancellieri di esso Officio, come Francesco Borlasca, Angelo Giovanni Compiano, Antonio Gallo, ecc. (1). La pubblicazione di queste ed altre consimili scritture latine arricchirebbe la letteratura storica genovese di parecchi pregevoli volumi, fornirebbe per moltissimi anni alla Società Ligure di Storia Patria un lavoro proficuo agli studj e agli studiosi, e concilierebbe infine nel miglior modo possibile le disposizioni del legato con un sicuro vantaggio della coltura storica e letteraria. Perchè queste disposizioni avessero poi anche applicazione in quanto fissano un premio a chi ha ben lavorato, e tornassero così tangibilmente a stimolo ed incoraggiamento degli studiosi, converrebbe assegnare una giusta parte delle tremila lire a benefizio personale del raccoglitore e dell’illustratore dei documenti pubblicati. La biblioteca Brignole Sale De Ferrari, altra delle istituzioni contemplate nel predetto atto di cessione, deve avere, secondo il regolamento dell’8 gennaio 1875, un direttore, scelto fra i sacerdoti della diocesi di Genova, un assistente del direttore, un distributore ed un custode inserviente. I quali, in base al bilancio di previsione del Comune per l’anno 1915, ricevono gli stipendj od assegni se- ricordati a p. xxxv del presente fascicolo sotto l’indicazione poco usata di Litterarum X. I primi 39 di essi abbracciano, con lacune più o meno grandi, il secolo XV: assai varj fra di loro cosi per la lunghezza del periodo di tempo contemplato, come per il numero delle lettere contenute da ciascuno. 11 più grosso è il registro 18° (n. g. 1794), che comprende 921 carte intieramente scritte con quattromila lettere. Mancano fra gli altri, i registri dei primi dieci anni di detto secolo e quelli dal 1414 al 1425; poiché il reg. 1° (n. g. 1777) va dal 1111 al 1413, ed il reg. 2° (n. g. 1778) comincia col 1426. Nonostante siffatti mancamenti si hanno in questa serie di registri oltre quarantamila lettere, fra latine e volgari, per il solo secolo XV. (1) I registri Litterarum Officii S.ti Georyii cominciano cogli anni 1454-1456, e soltanto per il secolo XV, del quale comprendono gli ultimi 47 anni, se ne annoverano 22 con parecchie migliaia di lettere, la maggior parte scritte in volgare. Anch’essi presentano lacune per certi periodi di tempo. Aumentano di numero e si fanno più fitti verso la fine di detto secolo ed il principio del secolo seguente; cosicché, a cagion d’esempio, dal 1486 al 1530, ohe sono 45 anni, se ne contano 41. CCXII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 guenti: L. 1100 il bibliotecario, L. 900 l’assistente, L. 575 l’inserviente delia biblioteca, L. 1400 il custode inserviente. Costui, che è anche addetto alla pinacoteca nei cui locali trovasi si può dire incorporata la biblioteca, gode altresì dell’alloggio gratuito, ed è fiancheggiato nelle sue incombenze da un supplente per il quale è prevista l’indennità di lire duecento (1). Ora, se si riguarda il numero relativamente piccolo dei volumi, che non supera i 25.000, ed il ristretto periodo di apertura al pubblico, che è di tre giorni alla settimana, dalle ore 11 alle 15, escluse le feste e quattro mesi di rigorosa vacanza dal luglio al novembre; se si considera inoltre lo scarsissimo manipolo degli effettivi lettori e consultatori di essa biblioteca, non parrà eccessivo il pensare che questa, nelle attuali condizioni, costituisca piuttosto un benefizio perle persone che vi sono impiegate, anziché per gli studj e gli studiosi (2). Se fosse possibile, senza coartare le disposizioni dell’atto di cessione, operare in modo che la Biblioteca Brignole Sale De Ferrari servisse seriamente anche agli studj ed ai loro cultori, è certo che il Municipio di Genova ne sarebbe lieto. Ebbene, una via assai facile per ottenere un tale risultato sarebbe quella di affidare, venuto il momento propizio ed esclusa ogni minorazione di diritti acquisiti, il governo di detta biblioteca alla Società Ligure di Storia Patria, che lo condurrebbe insieme (1) Municipio di Genova, Bilancio di previsione dell'entrata e dell'uscita per l'esercizio finanziario dell’anno 1015; p. 152. (2) Circa il numero dei volumi della biblioteca Brignole Sale De Ferrari cosi riferiva L. A. Cervetto nell’agosto del 1899: « All’atto di cessione al Municipio la Biblioteca, posta in quattro splendide sale ed altri piccoli ambienti siti al piano nobile del palazzo Rosso, contava 16283 volumi ivi compresi 341 manoscritti di storia e memorie e documenti nella maggior parte riflettenti la Liguria... Dal gennaio 1874, data della cessione, al presente, la Biblioteca in grazia di nuovi doni di libri provenienti dalle private Biblioteche Brignole di Voltri e De Ferrari Galliera di Genova, doni fatti da S. E. la Duchessa, e d’altri doni ed acquisti fatti mercè l’assegno annuale del Municipio tolto dai fondi provenienti dalla Istituzione Brignole Sale De Ferrari, s’accrebbe d’altri 4000 volumi; per cui attualmente essa conta oltre 20.000 volumi compresi i manoscritti, i quali da 341 che erano nel 1874, sono al presente 450, dei quali 310 italiani e 140 latini » (Gli Istituti municipali di pubblica educazione e di istruzione in Genova nell’anno 1000; Relazione ufficiale, con documenti e statistiche, edita a cura del Municipio, 1900; pp. 149-152). Dal 1900 fino ad oggi l’aumento dei volumi è avvenuto esclusivamente in base all’assegno annuo destinato * alle spese per la biblioteca », che è ordinariamente di lire cinquecento, una porzione soltanto del quale viene impiegata nell’acquisto di nuove opere. Il numero di queste in ciascun anno è pertanto relativamente ristretto. Trasferimento della sede sociale ccxiìi col servizio della biblioteca propria, facendo di entrambe una biblioteca unica per direzione, regolamento ed orario, ovvero, se ciò non fosse possibile, tenendole separate ma sotto una sola direzione (1). Il consigliere delegato alla biblioteca della nostra Società verrebbe così ad assumere anche l’ufficio, ma non l’emolumento, del direttore della biblioteca Brignole Sale De Ferrari, al cui servizio basterebbe largamente il personale subalterno che vi è adesso applicato. In tal modo verrebbe risparmiato l’intero stipendio del direttore, oppure la maggior porzione di esso quando la minore si volesse adoperare per compenso del predetto delegato affine di meglio vincolare la costui responsabilità, e la somma così disponibile verrebbe impiegata principalmente nell’acquisto di nuovi volumi. Nè questo sarebbe il solo risultato utile della riunione delle due biblioteche. Già il fatto di mettere la Società Ligure di Storia Patria in più intimo contatto colla biblioteca Brignole Sale De Ferrari darebbe a questa, indipendentemente da ogni altro vantaggio, il modo di accrescere la sua importanza e di estendere la sua azione in favore degli studj, ed a quella la possibilità di compiere un esame esauriente dei manoscritti della medesima biblioteca per giudicare quali di essi meriterebbero di essere pubblicati colle tremila lire del premio per il latino, qualora venisse adottata la proposta di erogarle secondo il su esposto progetto. Se poi fosse veramente possibile di dare alla riunione delle due biblioteche unità di regolamento e di orario, oltre che di direzione e d’indirizzo, secondo le norme che reggono ora la nostra biblioteca, potremmo avere entro un (1) L’atto di cessione del 12 gtlinaio 1874 dispone che la biblioteca Brignole Sale De Ferrari non sia aperta al pubblico che « due o al più tre giorni della settimana », e che rimanga chiusa * durante i mesi delle vacanze scolastiche » (art. 11 deliìego. lamento 8 gennaio 1875); proibisce inoltre il prestito dei libri (art. 9, ivi): le quali norme non consentirebbero di estendere integralmente ad essa biblioteca l'orario ed il regolamento della biblioteca della Società Ligure di Storia Patria. Ma è da osservare che dette norme hanno principalmente uno scopo conservativo per le opere che si trovavano in biblioteca al momento dell’atto di cessione, per le quali questo stabilisce che resti invariata perfino la loro collocazione; ed è quindi ragionevolmente da ritenere che le norme medesime potrebbero non essere osservate per le opere acquistate dopo il 1874 e non provenienti direttamente dalla nobile Casa dei Brignole Sale, senza per ciò eludere la volontà dei donatori. Per quanto concerne queste ultime opere la biblioteca Brignole Sale De Ferrari potrebbe essere pertanto governata, cosi per l’orario come per ogni altro provvedimento, con norme meno restrittive e più liberali di quelle stabilite dall’atto suddetto. CCXIV LA SOCIETÀ LIGURE DI ST0RLA. PATRIA DAL 1908 AL 1917 non lungo periodo di tempo una biblioteca senza pari in Genova per numero e qualità di opere storiche, dedicata esclusivamente allo studio della storia con particolare riguardo alla Liguria. Ma anche nel caso il più sfavorevole, in cui le due biblioteche rimanessero distinte per amministrazione, regolamento ed orario, una direzione comune potrebbe sempre stabilire fra esse un reciproco scambio di sussidj in guisa da ottenere il miglior rendimento possibile dalla loro azione combinata. In ogni caso poi, la volontà della duchessa di Galliera, in-quanto dispone di affidare ad un sacerdote diocesano la direzione della biblioteca, sarebbe senza difficoltà osservata; perocché fra i membri della nostra Società non è penuria di sacerdoti degni e disposti a sostenere, anche gratuitamente, il carico di essa direzione. Tutto ciò verrebbe singolarmente agevolato dal trovarsi la biblioteca Brignole-Sale De Ferrari nel piano nobile di palazzo Rosso, che è, a prescindere dai mezzanini, immediatamente superiore a quello della nostra sede sociale: il che costituisce appunto la base, dirò così, materiale ed occasionale della disegnata combinazione. Se il trasferimento della sede sociale nel palazzo Rosso potesse avere per effetto, in uu tempo più o meno lontano, l’attuazione dei progetti su descritti, esso dovrebbe essere annoverato fra gli avvenimenti più fortunati per la nostra Società e per gli studj storici della Liguria. E così è da augurare che sia veramente. Nei giorni 2 e 3 aprile del 1910 la nostra Società fu lieta di dare ospitalità e di accogliere, come aveva fatto altre volte, nelle sale della biblioteca Brignole Sale De Ferrari, a tale scopo concesse dalla cortese condiscendenza del Municipio, la R. Deputazione sovra gli studi di storia Patria per le antiche provincie e la Lombardia, che vi tenne assemblea generale (1). La stessali. Deputazione doveva ritor- ci) La E. Deputazione sovra gli studj di storia patria, che ha sede in Torino, si radunò alle ore 10 del giorno 8 aprile 1910 nel palazzo Eosso sotto la presidenza del vicepresidente Vittorio Poggi, in essa adunanza venne provveduto alla nomina del presidente della Deputazione nella persona di Paolo Boselli, ed a quelle di parecchi soci effettivi e corrispondenti: fra i primi dei quali Luigi Augusto Cervetto ed Arturo Ferretto, e fra i secondi Emilio Pandiani, tutti e tre appartenenti alla nostra Società. Il processo verbale dell’adunanza trovasi in Miscellanea di storia italiana, terza serie, tomo XIV, Torino 1910. TRASFERIMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCXV nare a raccogliervisi nel maggio 1913, ed erano già stati fatti per ciò i consueti apprestamenti, quando all’ultimo momento l’adunanza venne rimandata ad altra epoca, e tramontò poi definitivamente per cagion della guerra. Queste visite periodiche della più antica ed autorevole Istituzione di studj storici delle provincie già costituenti gli Stati Sardi, come hanno servito per il passato a stringere amichevoli relazioni fra essa e la nostra Società, così è da augurare che cementino sempre più i vincoli di solidarietà scientifica fra entrambe, per modo che la loro attività si rivolga con cordiale cooperazione verso una direttiva comune. Anche con la più recente e molto operosa Società Storica Subalpina il nostro Istituto si studiò di mantenere buone relazioni di colleganza inviando, ogni qualvolta ne fu invitato, rappresentanti ai congressi annualmente convocati da detta Società. Esso partecipò altresì, per mezzo del vicepresidente prof. A. Issel, al congresso internazionale di geografìa tenuto in Roma dal 15 al 22 ottobre del 1913 (1). Nel febbraio del 1914 lo stesso nostro Istituto, a significazione del suo interesse per gli studi storici relativi al grande movimento patriottico da cui uscirono l’indipendenza e l’unità d’Italia, s’iscrisse in qualità di membro effettivo alla Società Nazionale per la storia del Risorgimento italiano, che ha la sede principale in Roma e sezioni in molte altre città. Il Sodalizio aveva già dimostrato tutto il suo favore per cosiffatti studj dichiarandosi pronto a preparare e ad assumere la pubblicazione di una raccolta di documenti sulla storia del Risorgimento nazionale riguardanti in modo speciale la Liguria, conformemente ad un progetto ventilato sul principio del 1911 fra il Sindaco di Genova ed il nostro Presidente. Lavoro di lunga lena doveva essere questo, sia per la ricerca e l’esame delle molte carte concernenti quel periodo storico ancora rinchiuse negli archivi pubblici e nelle case private, sia per l’ordinamento e l’illustrazione dei documenti inediti e l’indicazione e la bibliografìa degli editi, sia per la (1) La partecipazione rimase però soltanto morale e, col pagamento della quota relativa di lire 25, anche finanziaria: poiché all’ultimo momento il prof. Issel dovette per ragioni di salute rinunziare a recarsi al Congresso. Ved. AMi del X Congresso internazionale di geografia, Roma MCMXIII, pubblicati dal Segretario generale. Roma, pi esso la Reale Società geografica, 1915: p. sliv. CCXVI LA SOCIETÀ LIGURE DI SfORIA PATRIA DAL 1908 AL 191? mole ed il numero dei volumi da pubblicare non che per le spese della loro stampa. Il progetto rimase a mezza via, e venne poi soppiantato da un altro più modesto consistente nel catalogare i soli documenti posseduti dal Museo civico del Risorgimento Italiano che ha sede nel palazzo Bianco; per l’esecuzione del quale altro progetto, la Società fu lieta di additare al Municipio il nostro socio corrispondente prof. Achille Neri (1). Parimente la Presidenza procurò altro dei soci alla redazione del Dizionario illustrato II Risorgimento Italiano, che è in corso di pubblicazione per opera della Casa editrice Dottor Francesco Vallardi, aderendo all’invito del direttore di esso Dizionario, prof. Michele Rosi, che aveva richiesto alla Società un collaboratore per le cose e le persone pertinenti alla Liguria. Il nostro Istituto concorse, non soltanto col consiglio e coll'uso della sua autorità ma anche coll’effettiva erogazione di danaro, alla diffusione ed al buon successo di alcune pubblicazioni riguardanti Genova e la regione ligure da altri promosse. Così acquistò cinquanta copie, al prezzo di lire due per ogni copia, del volume del socio Amedeo Pescio su I nomi delle strade di Genova (2); prese e soddisfece a favore dei soci, negli anni 1914-15 e per una somma di circa duecento lire all’anno, un certo numero di abbonamenti alla Gazzetta dì Genova, rassegna mensile d’argomenti storici. Inoltre fece dono di un buon numero di volumi dei suoi Atti e di esemplari di sua edizione degli Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli alla biblioteca popolare G. Mazzini di Genova, alla biblioteca comunale di Savona, alle diverse Autorità intervenute alla sesta Riunione per il progresso delle scienze tenuta in Genova nel 1912, all’Opera del soldato, ecc. Acconsentì ben volentieri e gratuitamente ai Successori (1) Un primo frutto del lavoro del nostro operoso consocio è il volume intitolato: Munvnpio di Genova, Ufficio di belle arti e di storia, Museo del Risorgimento: catalogo compilato da Achille Neri: 1915, Alfieri e Lacroix, Milano: pp. i-xii, 1-468. (2) Amedeo Pescio, I nomi delle strade di Genova; Genova, Stab. Tipogr. « Secolo XIX », 1912. Π lavoro del Pescio è preceduto da una lettera all’autore, del nostro presidente march. Cesare Imperiale, nella quale è detto: « Ricordare le patrie memorie in forma piana ed accessibile a tutti ed informata nello stesso tempo a rigorosi concetti storici, illustrando i nomi delle vie e delle piazze della nostra città, è stato sempre il desiderio del Consiglio Direttivo, che si è quindi dimostrato lieto che un nostro socio benemerito abbia voluto accingersi a tradurlo in atto ». TÉASFERIMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCXVIÌ Le Monniei di poter usare colla massima larghezza, per una nuova edizione degli scritti del Mameli, della su ricordata edizione completa pubblicata a cura di Anton Giulio Barrili nel 1902 da esso Istituto nostro (1). Il quale, se i mezzi non avessero fatto difetto, avrebbe di buon grado esaudito parecchie altre domande rivoltegli nel coiso di questi ultimi nove anni, a benefizio degli studj storici relativi alla Liguria. Per la diffusione dei quali — giova qui ricordarlo la Società aveva pensato, facendone più volte argomento di discussione nelle sedute dei Consiglio e dell’Assemblea, ad aprire od a piomuovere un corso di lezioni di storia genovese: cosa che non ebbe poi esecuzione per varie ragioni, ma che, per quanto io credo, non sarebbe destinata à produrre durevoli frutti, se non nel caso in cui potesse effettuarsi mediante l’istituzione di un'apposita cattedra nella nostra Università (2). Fra le varie manifestazioni della Società durante il periodo di cui mi occupo non voglio omettere quelle fatte in onore di alcuni (1) La nuova edizione ha per titolo: Le liriche di Goffredo Mameli, con ritratto e facsimile. Proemio di A. G. Barrili. Parole « ai giovani » di G. Mazzini. Tre lettere di G. Garibaldi alla madre del Poeta. — Firenze, Successori Le Monnier, 1915. (2) Alcuni anni fa il Municipio di Genova apri un corso di storia genovese nella civica scuola tecnica serale G. B. Ballano, del che compiacevasi il nostro Presidente nell’assemblea ordinaria del 31 dicembre 1911. Ma se tale istituzione può essere confortante in via di principio, come iniziativa e riconoscimento di una buona idea, è a parer mio, di utilità dubbia in quanto ai risultati. Poiché un insegnamento di storia in una scuola popolare, come la predetta, non può proporsi se non che uno scopo educativo Parlo, ben s’intende, della storia politica, che è quella che nell’attuale stadio di civiltà s insegna generalmente e quasi esclusivamente in ogni ordine di scuole. Ora la stona politica genovese, che è in gran parte la storia, all’interno, di una lunga serie di lotte civili e di signorie straniere, ed all’esterno, di diuturne guerre contro altri popoli italiani, sui quali Genova vanta le sue maggiori vittorie militari offre assai più elementi per un malsano esaltamento municipale anziché per un ammaestramento di virtù civili ed umane. So benissimo che anche e principalmente nelle scuole di coltura di qualunque grado, la storia serve molto agli interessi patriottici, religiosi, dinastici, ecc., e troppo poco a quelli della verità e della scienza- tuttavia in coteste scuole gli effetti unilaterali dell’insegnamento vengono mitigati dal vasto programma di esso, che, abbracciando gli avvenimenti di tutti i popoli, è per necessità logica condotto a stabilire i loro nessi di dipendenza od almeno di comparazione e tende quindi a collocare al giusto posto la storia nazionale e municipale. La storia genovese, e cosi più o meno quella degli antichi Stati d’Italia, non si presta pertanto ad un insegnamento speciale presso scuole inferiori e popolari; mentre sarebbe a suo luogo e suscettibile di fecondi risultati nell’insegnamento universitario, ricca come è, di manifestazioni sociali, politiche, economiche, coloniali, ecc., non che varia è mnl tiforme nei suoi diversi aspetti. fcCXVÌII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 illustri membri di essa per impulso suo proprio, ovvero per adesione all’altrui iniziativa. Ricordo pertanto la nomina a soci onorari del marcii. Marcello Staglieno e del prof. Girolamo Rossi fatta nell’Assemblea del 26 aprile 1908 in occasione del cinquantesimo anniversario del nostro Istituto, al quale il primo apparteneva come socio effettivo dall’anno di fondazione, ed il secondo come socio corrispondente dal 1859; la nomina parimenti a socio onorano del comm. Alfredo D’Andrade, votata per acclamazione dell’Assemblea del 30 maggio 1909 mentre si festeggiava solennemente nel castello di Fenis il cinquantenario artistico dell'illustre architetto; e così le eguali nomine del barone senatore Antonio Manno (Assemblea del 19 giugno 1910), del generale Giuseppe Ruggero (Ass. del 28 maggio 1911), delfabate mons. Prospero Peragallo, questa per celebrare il novantesimo compleanno di esso abate (Ass. dell’ll maggio 1913); del comm. Francesco Domenico Costa (Ass. del 26 dicembre 1915). Non mancò il concorso della Società alle onoranze a Paolo Boselli ed a Giovanni Sforza promosse da speciali Comitati, nè il suo contributo per l’apposizione sulla facciata di palazzo Rosso di una targa di bronzo in memoria di Anton Giulio Barrili (1). In molte altre oc- (1) Il Comitato, sorto alcuni anni fa sotto gli auspicj del Municipio di Torino per onorare Paolo Boselli nel quarantennio della sua vita politica, ha già pubblicato due volumi di discorsi e scritti dell’illustre savonese. Ved. Paolo Boselli, Discorsi e scritti, volume primo, Torino (Tipografia Baravalle e Falconieri, vie Garibaldi, 53 e Cittadella, 12), 1915; volume secondo, Torino (Tip. Baravalle ecc.), 1917. Per le onoranze al conte Giovanni Sforza, il quale compieva il 7 luglio 1915 cin-quant’anni di carriera negli Archivi di Stato, si costituì a Torino nella primavera del 1914 un Comitato sotto la presidenza onoraria di Paolo Boselli e la presidenza effettiva di Rodolfo Renier, col proposito di pubblicare un volume di miscellanea di scritti di erudizione preparati per la circostanza da autori e studiosi, ammiratori dell’infaticabile storico lunigianese. La targa di bronzo apposta per ricordo del Barrili sulla facciata di palazzo Rosso verso la Via ai quattro canti di S· Francesco, e scoperta il 7 maggio 1910, porta la seguente iscrizione: FRA QUESTE MURA VISSE DAL MDCCCXCV AL MCMVIII ANTON GIULIO BARRILI SAVONESE DI NASCITA GENOVESE PER ADOZIONE SUI CAMPI DI BATTAGLIA NEL GIORNALISMO NEL PARLAMENTO NEGLI INNUMEREVOLI GENIALI VOLUMI SULLA CATTEDRA UNIVERSITARIA MIRABILE MULTANIME TEMPRA D’iTALIANO ÌRASFERTMENTO DELLA SEDE SOCIALE CCX1X casioni, sia di allegrezza sia di lutto, riguardanti istituzioni e persone legate o attinenti alla nostra Società, questa dimostrò il suo interesse: mossa ognora così dalle ragioni di colleganza e solidarietà fra cultori degli studj, come dalle proprie tradizioni di gentilezza (1). (1) Due di siffatte occasioni voglio qui particolarmente rammentare per lo scambio di alcuni telegrammi significativi cui hanno dato luogo. La prima è quella del confeiimento del Collare dell Annunziata concesso nel gennaio del 1010 a Pasquale Villaii, al quale il nostro Presidente cosi telegrafò non appena ebbe notizia dell’onorifico avvenimento: Alla generale esultanza per l'altissimo omaggio reso al sommo Maestro degli slorici italiani prende oggi parte con legittima compiacenza la Società Ligure di βίοι ia Patria, che tra i maggiori suoi vanti ha quello di annoverare V. E. tra i suoi soci onorari. Voglia gradire questa dimostrazione di sincero e devoto affetto che a nome della Società ho l’onore di comunicarle, ed accogliere nello stesso tempo le mie particolari vivissime congratulazioni * Il Presidente » ♦ Cesare Imperiale » Cui il Villari rispose col seguente altro telegramma: « Onorevole marchese Imperiale > • Le felicitazioni che vengono da Lei, tanto benemerito degli studi storici, e dalla tanto operosa Società Ligure di Storia Patria, mi onorano altamente e mi spingono a lavorare. Grazie. Ossequi. « Villari » La seconda occasione è quella della nomina a ministro dell’istruzione di Luigi Credaro, il quale, in risposta alla circolare telegrafica del 2 aprile 1910 con cui egli annunciava la sua assunzione al potere ed invitava funzionari, docenti ed istitutivi coltura a collaborare con lui all’opera dell’educazione nazionale, ebbe dal nostro Presidente quest’altro telegramma: « La Società Ligure di Storia Patria, che pur nel ristretto campo delle ricerche storiche e della pubblicazione di documenti, ha sempre prefisso a sua meta la diffusione della coltura in ogni classe di cittadini, convinta che non hanno valore le tradizioni e son muti i documenti delle glorie avite quando non riescono stimolo a ritemprar l’animo e la mente per le battaglie della vita moderna, accoglie con compiacenza l’invito a concorrere all’opera altamente ( ducatrice che ΙΈ. V. vuole intraprendere per l’incremento della coltura e la formazione dell’anima nazionale. Accolga i miei particolari ossequi. * Il Presidente » « Cesare Imperiale ». CAPITOLO VII BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO. PRINCIPALI DONI ALLA STESSA PERVENUTI DAL 1908 AL 1917. STATO FINANZIARIO DELLA SOCIETÀ. NUMERO E MOVIMENTO DEI SOCI. CONSIDERAZIONI E PROPOSTE. La biblioteca sociale si accresce per tre vie: 1° Cogli acquisti fatti direttamente entro i limiti del fondo stabilito all’uopo nel bilancio di previsione per l’anno in corso; 2° Colle pubblicazioni periodiche delle Società e Riviste italiane e straniere colle quali facciamo il cambio dei nostri Aiti; 3° Coi doni. La prima via è quella che ci reca il minor numero di volumi, poiché, come è limitata la somma delle entrate della Società, così è correlativamente ristretta la porzione di essa somma destinata alla biblioteca. È poi da avvertire che in tale porzione è contenuta la spesa per la rilegatura dei volumi, che bisogna pur fare, eseguire periodicamente se si vuol provvedere alla conservazione e procedere al prestito di questi, spesa pur troppo sempre impari alle necessità. Cosicché per l acquisto di libri rimane una ben esigua quota, che vien CCXXII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1998 AL 1917 sovente quasi esclusivamente impiegata nel pagamento di alcune opere periodiche oppure uscenti a dispense, alle quali la biblioteca è associata. Per la seconda via affluisce il maggior contingente di volumi di cui aumenta ogni anno la biblioteca, e da cui questa riceve una perpetua giovinezza di mezzi di cultura e gli strumenti che permettono al Sodalizio di seguire il movimento ed il progresso degli studj storici in Italia e fuori. Sotto tal rispetto la nostra è forse la meglio fornita di tutte le biblioteche genovesi, ed è suscettibile di un sempre maggiore incremento, che non trova limite se non nel numero delle copie degli Atti, di cui la Società vuole e può disporre per il cambio. In questi ultimi tre o quattro anni per effetto della guerra è notevolmente diminuita la quantità dei volumi pervenuti per detta via alla biblioteca, essendo interrotto il cambio dei nostri Atti con molte pubblicazioni periodiche estere, ed essendo inoltre sospesa o diradata per il soverchio costo della carta e della stampa l’uscita di alcune consimili pubblicazioni nazionali. La terza via, che è quella dei doni, porta annualmente alla Società, in primo ìuogo un certo numero di pubblicazioni inviatele in omaggio dai loro autori, ed in secondo luogo, ma di quando in quando, gruppi più o meno abbondanti, e collezioni qualche volta ragguardevoli di opere ad essa legate da soci affezionati ovvero da studiosi e raccoglitori liberali, oppure offertele da istituti pubblici ed altri enti morali. Le pubblicazioni mandate in omaggio riguardano principalmente la Liguria; ma sono troppo scarse, sia perchè scarsa è la produzione storica e letteraria della nostra regione, sia perchè è ristretto anche fra i soci il numero degli autori che hanno la consuetudine di far dono di una copia delle loro opere alla Società. La quale invece riceve maggior incremento dalle raccolte che di tanto in tanto le giungono in seguito alla morte di qualche socio o di qualche appassionato cultore di studj, che, desideroso di ovviare alla eventuale dispersione dei suoi libri e delle sue carte e per . avvantaggiare in pari tempo l’opera del nostro Istituto, ha disposto a favore di questo della propria libreria. Talora è la stessa famiglia del defunto che elargisce alla Società tutti o parte dei volumi e dei manoscritti da lui lasciati. A titolo d’onore per i donatori e d’incitamento per i molti che si trovano in grado di seguirne l’esempio, oltre che per notizia bi- BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXIII bliografica e per informazione dei soci, ricordo qui succintamente i doni più notevoli fatti alla biblioteca sociale dal 1908 al 1917, ed i nomi di coloro dai quali sono pervenuti. 1. Dall’avv. prof. Francesco Giuseppe Bigliati, parte nel 1908 e parte nel 1910, una quindicina di grossi volumi, fra manoscritti e stampati, riguardanti la giurisprudenza e la legislazione ligure, ch’egli offerse in memoria del padre suo avv. prof. comm. Paolo, già membro della nostra Società fin dall’anno di fondazione 1858. Fra i manoscritti meritano di essere indicati i seguenti: In sex libros statutorum civilium Serenissimae Reipublicae Genuae annotationes sive commentaria. Auctore M. Josepho Sanguineto, a. 1782 (tre volumi). Annotationes Octaviani Canevarij in librum primum, secundum, tertium et quartum Statutorum civilium Genuensium (due volumi). Index omnium columnarum existentium in novem cartularijs Ill:um Coniferarum Sancti Georgij. Fra gli stampati sono da additare: Statuta et decreta communis Genuae, etc., di Antonio Maria Vi-sdomini, Bologna 1498 (incunabulo). Statutorum Civilium Reipublicae Genuensis; Genuae, MDLXXXIX (è legato in un sol volume col precedente). Allegazioni forensi di varii autori del secolo XVIII (2 volumi, in uno dei quali alcune delle memorie sono manoscritte). Leges Comperarum Sancti Georgii; Genuae, MDCLXXXXVIII. 2. Dal colonnello Francesco Sciavo nel 1908: varj volumi sul Risorgimento italiano, fra cui i due del Catalogo del Museo del Risorgimento Nazionale, Commissione per Milano, a. 1884-1894. 3. Dal socio Comm. Francesco Domenico Costa nel 1909: opere diverse di storia genovese. 4. Dal prof. avv. Enrico Bensa nel 1909: alcuni volumi di materie giuridiche e filosofiche, dei quali egli fece omaggio nel prendere commiato dalla Società, cui apparteneva dal 28 maggio 1865. 5. Dalle figlie del defunto march. Marcello Staglieno in esecuzione delle ultime volontà di lui (a. 1910): diciassette fra pacchi e scatole di manoscritti di esso marchese, parte dei quali sono le brutte copie di varie opere già edite dal medesimo, specialmente su argomenti colombiani, e parte sono raccolte di documenti, note d ar- CCXXIV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 chivio, spogli di notizie, ecc., tutto materiale presso che interamente inedito (1)· 6. Da S. M. il re Vittorio Emanuele III: Corpus nummorum italicorum, Roma Tipografia della R. Accademia de’ Lincei, il cui voi. I, riguardante le monete di Casa Savoia, uscì nel 1910, e fu seguito negli anni successivi fino al 1915, un volume per ciascun anno, dai voi. II (Piemonte-Sardegna, Zecche d’oltremonti di Casa Savoia), III (Liguria-Isola di Corsica), ΙλΓ (Lombardia, Zecche minori), V (Lombardia, Milano), VII (Veneto, Venezia Pai te I)· Il voi. VI verrà pubblicato dopo i volumi VII e Vili. Il dono venne fatto alla Società per mezzo del presidente di essa, march. Cesare Imperiale. 7. Dalla Signora Maria Abbondati, vedova del prof. Guido Bigoni già socio effettivo e membro del Consiglio Direttivo, ed in ultimo socio corrispondente del nostro Istituto: oltre 475 ira volumi ed opuscoli di materia storica e geografica, che facevano parte della biblioteca del suo defunto marito, e che essa donò nel 1911 alla Società conformemente alle intenzioni di lui. 8. Dal Presidente del Consorzio Autonomo del Porto: una copia dei disegni eseguiti da Amos Nattini a commento delle « Canzoni delle gesta d’oltremare » di G. D’Annunzio, ed una copia dell’opera « Il Banco di San Giorgio » pubblicata a cura del Consorzio medesimo nel 1911. (1) Sarebbe troppo lungo esporre qui particolarmente gli argomenti dei quali trattano le carte dello Staglieno. Mi restringo a riferire in modo sommano 1 seguenti: 1. Nobiltà: genealogie, stemmi, elenchi, appunti, documenti, notizie riguardanti molte famiglie patrizie di Genova e di fuori; consulta araldica; nota delle famiglie dei sommi pontefici ascritti alla nobiltà genovese ; persone del patriziato genovese che hanno abbracciato la carriera ecclesiastica, diplomatica ed altre nel secolo XIX; ex-nobili negli anni 1797-1799 ; nobiltà sarzanese ; ecc. 2. Materie colombiane, e relativa corrispondenza dello Staglieno con Henry Harrisse, Cesare De Lollis, Giacomo Doria, ecc. 3. Schiavi: moltissimi atti notarili, spogli, statistiche concernenti il commercio e l’impiego degli schiavi in Genova dal sec. XII al sec. XVII. 4. Inquisizione ed ebrei in Genova (molti documenti e spogli). ó. Notizie, iscrizioni, certificati, ecc. sopra gli arcivescovi di Genova Lercari, Spina, Lambruschini, Aprenti, Charvaz. .. .. 6. Gioielli, oro ed argenterie di Beatrice di Portogallo, duchessa di Savoia, impegnati in Genova per seimila scudi nel 1531: documenti, note e corrispondenza fra lo Staglieno e Gaudenzio Claretta (autore di un libro sulla principessa suddetta). 7. L’arte tipografica in Genova. 8. Balilla e gli avvenimenti del 1746. BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXV 9. Dal Console generale della Repubblica Argentina : un esemplare dell’opera di Vicente Blasco Ibànez, Argentina y sus gran-dezas, con una carta geografica e moltissime illustrazioni in nero ed a colori, volume in quarto rilegato con lusso di pp. 768 (Madrid, 1910). 10. Dal conte Giuseppe Canevaro: l’opera Libro Primero de Ca-bildos de Lima, descifrado y anotado por Enrique Torres Salda-mando con la colaboracion de Pablo Patron y Nicaron Bolona, dedicata « Al Senor Don Cesar Canevaro senador de la Republica, General de brigada de los ejércitos del Peru y Bolivia, y alcalde del H. Concejo Provincial de Lima en los anos de 1886 à 1889 »; due volumi in quarto ben rilegati con illustrazioni, stampati a Parigi nel 1888. 11. Dal defunto Giacomo Gallo di Domenico, già capitano di fregata a riposo, con testamento olografo depositato in atti del notaro Gian Felice Bardellini in Genova il 9 febbraio 1915, le opere: Istoria del Granducato di Toscana, di Riouccio Galluzzi, Firenze MDCCLXXXI, in cinque tomi in quarto; Storia arcana e aneddotica d’Italia raccontata dai Veneti ambasciatori, annotata ed edita da Fabio Muti· nelli, Venezia 1856-1859, in quattro volumi. 9. Contratti di matrimonio, testamenti, ecc. 10. Topografia genovese. 11. Raccolta di epigrafi moderne, italiane e latine. 12. Questioni e curiosità religiose. 13. Chiese della Polcevera, del Bisagno, ecc. 14. Badia di S. Andrea di Sestri. 15. Note e questioni di numismatica e sfragistica. 16. Documenti e spogli sullOrdine religioso degli Umiliati. 17. Lettere e documenti riguardanti cose artistiche. 18. Montalbano (postribolo): documenti e note. 19. Teatro Carlo Felice. 20. Giovanni Ricolfi detto il P. Bernardone, che partecipò attivamente alla rivoluzione del 1797, e suo matrimonio con Geronima Doria vedova di Gio. Battista Fran-zoni: documenti, note, appunti, ecc. 21. La monaca Brigida Franzoni: stampe, documenti, note, ecc. 22. Un patrizio parricida alla fine del secolo XVIII (Stefano Durazzo, che il 4 marzo 1792 uccise suo padre Pietro, per cui fu condannato al carcere perpetuo nella Torre, e che poscia, essendo diventato demente, venne ricoverato allOspedale ovvero al-l’Ospedaletto, dove mori verso il 1826). 23. Michel Giuseppe Canale: biografia e documenti relativi. 24. Notizie e documenti riguardanti la storia del Risorgimento nazionale (Garibaldi, Bixio, Jacopo Ruffini, date memorabili, fatti del 1833, poesie patriottiche del 1821 e del 1848, ecc.). 15 CCXXVI LA. SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 12. Dalla Camera dei Deputati: 35 volumi contenenti i Discorsi parlamentari di Marco Minghetti (otto volumi), Agostino Depretis (otto volumi), Pasquale Stanislao Mancini (otto volumi), Giuseppe Zanardelli (tre volumij, Emanuele Gianturgo (un volume), Agostino Bertani (un volume), Silvio Spaventa (un volume), Felice Cavallotti (due volumi), Francesco Crispi (tre volumi); oltre il Manuale ad uso dei Deputati al Parlamento Nazionale, XXIV Legislatura, Roma 1913. 13. Dal socio cav. Gian Luigi Lercari: i giornali Gazzetta di Genova dal 1845 al 1857 (13 volumi); L'Armonia, anni MI, 1848-49 (1 volume); Corriere Mercantile, a. 1818 (1 voi.); La Strega, anni 1849-1851 (1 voi.); La Maga, anni 1852-1853 (2 voi); Π Povero, a. 1851; Il Dovere, a. 1863-1866 (1 voi.); Rigoletto, a. 1862-64 (1 voi-); più le opere intitolate Storia della origine e grandezza italiana della Reai Casa di Savoia fino addì nostri pel commendatore avvocato Michel-Giuseppe Canale, civico bibliotecario, pubblicata per cura del cavaliere Tommaso Ferrando, Genova Regia Tipografia Ferrando, MDCCCLXVIII, due volumi in foglio rilegati; e La novella fronda, manuale storico della letteratura e dell’arte italiana, di Giovanni Piazzi, to\no I, (Il Medio Evo, I primitivi, L’arte nazionale), Milano, L. Trevisini editore. Il cav. Lercari fece altresì dono alla Società, con encomiabile larghezza, di una scansia per libri, che venne assai opportunamente a bisogno. 14. Dal Ministero dell’istruzione Pubblica: Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, edizione nazionale, Imola, Cooperativa Tipografica-Editrice Paolo Galeati, 1906-1917. I volumi finora pubblicati e pervenuti alla nostra biblioteca sono 26, nell’edizione speciale su carta a mano di trecento esemplari numerati. L’esemplare n. 287 è quello destinato alla Società, la quale, insieme con esso, riceve altresì, come parte integrante dell’edizione predetta, il Protocollo della Giovine Italia, di cui uscirono fino al momento presente i due primi volumi. 15. Dall’abate monsignore Prospero Peragallo, già nostro vice presidente anziano, per disposizione da lui data prima della sua morte: Portugaliae Monumenta Historica a saeculo octavo post Christum usque ad quintumdecimum iussu Academiae Scientiarum Olisiponensis edita. Quattro grossi volumi in foglio, legati, e cioè: Leges et consuetudines, volumen I, Olisipone, Typis Academicis, MDCCCLVI ; Scriptores, voi. I, idem, MDCCCLVI; Diplomata et Chartae, voi. I, idem, MDCCCLXVII; Inquisitiones, voi. I, idem, MDCCCLXXXVIII. BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXVII Oltre a ciò, l’avv. Carlo Peragallo nepote del defunto Monsignore, ed in nome anche degli altri eredi di questo, volle donare alla nostra biblioteca, aderendo volentieri e molto sollecitamente al desiderio espressogli dalla Società, alcuni pacchi di manoscritti dell'illustre suo zio, divisi nei cinque gruppi seguenti: 1° Scritti e memorie relativi ad artisti italiani all’estero ed esteri in Italia; 2° Memorie circa la chiesa di N. S. di Loreto a Lisbona; 3° Copie di documenti ed appunti varj; 4° Scritti relativi a Cristoforo Colombo ed a materie storico-geografiche; 5° Scritti varj di filologia, istruzione, educazione, religione, storia, geografia, ecc. 16. Dalla vedova e dalle figlie del march, avv. Gaspare Invrea, già membro del nostro Consiglio Direttivo, in osservanza delle ultime volontà di lui: 807 volumi, in grandissima parte di letteratura e principalmente di letteratura francese, costituenti quasi per intero la libreria di esso marchese. Oltre tutti i classici e tutti i romantici francesi vi è compresa la collezione completa degli scrittori della scuola cosidetta decadente, con i giornali La Vogue (a. 1886), Le Scapin (a. 1886), Le Décadent (a. 1886,1887, 1888), La Piume (a. 1891, 1892,1893), Mercure de France, sèrie moderne (tomi nove I-IX, a. 1890-1893). Insieme con i libri, la Società ebbe anche i manoscritti delle opere dell’Invrea, letterato di chiara fama più noto sotto lo pseudonimo di Remigio Zena. Essi comprendono, oltre gli autografi ovvero le prime copie di opere edite come Olimpia, Le Pellegrine, L’Apostolo, ecc., pure molti lavori affatto inediti, parecchi dei quali non ultimati o semplicemente abbozzati. Sono lavori drammatici, i più composti in età non ancora matura, novelle, saggi critici, articoli d’occasione, ecc., che hanno i titoli seguenti: Le rose di Matilde, commedia in quattro atti di Manfredo Mari (pseudonimo giovanile del-l’Invrea); Al cader delle foglie, quadretto di famiglia; Beati i primi, proverbio in un atto di Olderico D’Eporedo (altro pseudonimo del-l’Invrea); Gli indiscreti, commedia in 3 atti; L’incauta, melodramma; La barcarola, idillio peschereccio in quattro atti, di Manfredo Mari; L’ombra, idillio marinaresco in tre atti, in versi; Irene, idem; Quando Berta filava, scene di famiglia in versi martelliani; Ricordati di me, che son la Pia, dramma; Il battesimo, commedia in un atto; Alia-svero, mistero in tre giornate; Una burla, farsa in un atto; La prima volta, commedia in un atto; Simon Mago, tele di dramma; La cavai- CCXXVIII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 cata, novella; La pantera, novella; Gli atti del Governo, novella; L’id-tinia cartuccia, novella; La sentenza, novella; L’invitata, novella; Il dottor di matematiche, poema eroico, comico, buffo, ecc.; Paul Ver-laine, ritratto del celebre scrittore francese e relazione di 1111 incontro che l’Invrea ebbe con lui a Parigi nell’autunno del 1891; Cronache momentanee, scritto d’occasione per riviste; Linda Murri, idem; Carità mondana, idem; Maria Antonietta di Puccini, idem; ecc. Il dono dei libri fu accompagnato da quello di due eleganti scaffali, dove i più di essi libri erano posti e dove vennero subito dopo il loro trasporto ricollocati, per quanto riuscì possibile, nell’ordine istesso in cui ve li aveva messi il compianto marchese, conformemente al desiderio da lui espresso prima della sua morte. 17. Dal vicepresidente prof. Arturo Issel: Opere storiche del P. Matteo Ricci, voi. I, I Commentarij della Cina (Macerata, 19LI); 32 volumi dell’Annuario della R. Università di Genova dall’anno 1876-77 ad oggi; Panteon dei martiri della Libertà Italiana, opera compilata da varii letterati, pubblicata per cura di una Società di emigrati italiani (seconda edizione, Torino 1852), in due volumi; parecchi estratti di monografìe e di articoli dello stesso prof. Issel; ed infine molti opuscoli relativi alla guerra presente. Ai doni sopra indicati occorre aggiungerne molti altri di minor mole, volumi ed opuscoli, dei quali mi vieta qui di citare singolarmente titoli ed autori la ristrettezza dello spazio, pervenuti alla Società da soci e non soci, ed in più volte da parecchi di loro, durante gli ultimi nove anni. Valga almeno, come espressione di gratitudine da parte del nostro Istituto, il ricordo dei nomi dei donatori, moltissimi dei quali anche autori dei libri donati, qui appresso riferiti: Bellissima G. B., Bonanni Francesco, Boscassi Angelo, Boschetti G., Cam-biaso Domenico, Campora Bartolomeo, Cervetto L. A., Correin Virgilio, Castellini P., Chiama Letizia, Chicca Eugenia, Dionisi Livia, Donetti Vincenzo, Drago G., Durrein Paul, Ferraioni P. F., Ferretto Arturo, Frascara Giuseppe, Galanti Arturo, Gaudina M., Genova (Municipio), Giordano Ludovico, Hasluck F. \V, Imperiale Cesare, Invrea Giuseppe, Jeffery G., Kolly L., Lanusol Vincenzo, Levati P. Luigi, Lon-giave F., Maglione A., Massa (Archivio di Stato), Mattiauda Bernardo, Mazzini Ubaldo, Mazzola G., Molfino P. Francesco Zaverio, Monaci Silvio, Noberasco Filippo, Oxilia G. U., Pandiani Emilio, Peragallo Prospero, Pettorelli Arturo, Poggi Francesco, Poggi Gaetano, Porta BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXIX Carlo, Ravecca Pietro, Sauli Onofrio, Sertorio Lorenzo, Sforza Giovanni, Spinola Paolo Alerame, Vitale Vito, Zanelli Bonaventura. Da un computo fatto ultimamente dopo un non breve lavoro di revisione della biblioteca sociale, lavoro compiuto per cura del nostro solerte Tesoriere march, comm. Paolo Alerame Spinola, il numero complessivo dei volumi grandi e piccoli, compresi gli opuscoli, di essa biblioteca è risultato di 15502, senza i manoscritti. Secondo il catalogo pubblicato neH’Annuario della nostra Società per il 1901, ed il supplemento di esso contenuto neil’Annuario per il 1906, il numero dei libri stampati posseduti in quest’ultimo anno dalla stessa biblioteca era di 9088. Abbiamo dunque avuto dal 1906 al 1918 un aumento di 6414 volumi (1). Un più cospicuo e rapido incremento della biblioteca è connesso collo stato finanziario della Società, il quale dipende, oltre che dalle quote annue dei soci effettivi, anche dai sussidj che al nostro Sodalizio accordano annualmente il Ministero della Pubblica Istruzione e la Provincia di Genova: questa nella misura di lire mille, ora ridotte per le tasse di guerra a lire 980·, quello nella misura di lire 1800 nominali, assottigliate anch’esse da successive resecazioni e ritenute a lire 1553,30. Un altro capo d’entrata, assai più modesto dei suddetti, deriva alla Società dalla vendita di una certa quantità di copie dei suoi Atti. Il numero dei soci effettivi, che dovrebbe costituire il nerbo principale dell’istituto, è andato nel corso degli ultimi dieci anni continuamente decrescendo, come si rileva dal seguente prospetto: Soci effettivi deiranno 1908 n° 289 » » 1909 » 265 » » 1910 » 259 » » 1911 » 256 » » 1912 » 253 » » 1913 » 238 » - 1914 » 231 (1) Il numero 15502 si riferisce alla fine del mese di marzo del 1918, mentre il numero 9088 ad un certo momento del l1.>06 ch’io non saprei precisare. I due numeri sono poi approssimativi, specialmente per rispetto alle pubblicazioni periodiche, parte delle quali vennero contate per volumi in dipendenza della rilegatura, e parte, non ancora rilegate, per anni ovvero per fascicoli. CCXXX LA. SOCIETÀ LIGURÉ DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 191? Soci effettivi dell’anno 1915 n° 230 » » » 1916 » 231 » » » 1917 » 228. Per effetto principalmente di questa diminuzione, come per la riduzione dei sussidj governativo e provinciale, l’entrata annua complessiva della Società è scesa da L. 6798,15 nel 1908 a L. 5133,57 nel 1917 (1). Siffatta condizione di cose ha indotto l’Amministrazione sociale, non soltanto a rinunziare da alcuni anni a qualunque spefea straordinaria, ma a contenere scrupolosamente entro limiti proporzionati le spese ordinarie. Queste riguardano i quattro articoli seguenti: stampa degli Atti, stipendio all’impiegato sociale e premio per l’esazione delle quote dei soci effettivi, spese di amministrazione (cancelleria, posta, luce, ecc.), biblioteca. Tranne il secondo articolo, che ha carattere fìsso, e, per quanto riguarda l’onorario dell’impie · gato, ha ricevuto negli ultimi mesi un aumento in conseguenza dei decreti governativi per il caro viveri, tutti gli altri articoli sono stati ridotti, non pure in modo da commisurare la spesa all’entrata, ma altresì da conservare e radunare una congrua riserva per ogni evenienza. D’altra parte le cose sono non poco peggiorate per gli effetti economici della guerra, che hanno reso soverchiamente oneroso il costo della stampa degli Atti; la cui pubblicazione dovià essere ulteriormente limitata per rispetto al numero delle pagine dei volumi di essi, e forsanco interrotta o sospesa ove continui ancora l’accrescimento dei prezzi della carta, della mano d’opera e di quan -to altro occorre nell’arte tipografica. Ma la ripercussione economica della guerra, per quanto grave ed estesa, costituisce pur sempre un fatto transitorio, i cui effetti, una volta cessata la causa da cui sono prodotti, scemeranno e andranno estinguendosi entro un limitato periodo di tempo. Essa inoltre non ha avuto finora che un’assai limi- fi) È da avvertire che queste somme dell’entrata non sono mai in armonia col numero dei soci effettivi iscritti, perchè, alla chiusura dei conti, la quale si fa da qualche tempo alla fine dell’anno civile, molti di loro non hanno ancora pagato la quota d’associazione. Γ1 che porta necessariamente che le quote dei ritardatari vengano conteggiate nell’entrata dell’anno successivo. Un’altra cagione di squilibrio nelle somme dell’entrata proviene dacché il Ministero dell’istruzione paga 1 assegno da esso concesso alla nostra Società in due rate, ora una in un anno e l’altra nell’anno seguente, ora entrambe nello stesso anno civile, a seconda delle circostanze, riferendosi il detto assegno all’anno finanziario dello Stato, che va dal 1 luglio al 30 giugno successivo. bibliotèca sociale e suo incremento, stato finanziario, ecc. ccxxxi tata e si può dire trascurabile influenza sul numero dei soci, ed è prevedibile che non potrà averla in un prossimo avvenire sensibilmente più grande, data la particolare natura degli scopi della Società e la ristrettezza dell’ambiente da cui quelli possono essere tolti. Il numero dei soci, più che da cause ed avvenimenti esterni alla Società, dipende da cause interne, e principalmente dai modi e dall’intensità dell’azione esercitata dalla medesima Società. Esso si è palesato perfino indipendente dal movimento della popolazione della città; infatti, mentre questa è andata in modo continuo crescendo, quello è andato, come abbiamo veduto, sensibilmente scemando negli ultimi dieci anni. In generale, l’alta cultura, special-mente quella che non persegue scopi pratici, non risente la moltitudine se non quando questa può trarne una qualche utilità; e mentre moltissimi fatti della vita ordinaria dipendono immediatamente dallo sviluppo demografico dei centri abitati ove ^ssi si producono, gli studj meramente speculativi, come la storia, ripetono le prime ragioni del loro incremento da avvenimenti indipendenti dal numero degli abitanti della Comunità. Ciò prova che l’elemento della quantità non ha effetto, almeno n un primo stadio, sopra il progresso di siffatti studj, in favore dei quali opera invece efficacemente l’elemento della qualità, sia nei dirigenti sia nei gregarj. La presenza di pochi studiosi di valore, animati da un forte fervore di ricerca e dal vivo desiderio di trovare collaboratori e compagni nei loro lavori, basta alla fortuna di un istituto di cultura. 1 fondatori della Società Ligure di Storia Patria poterono, per le loro qualità intellettuali e per l’entusiasmo da cui erano presi per gli studj storici, esercitare un’azione decisiva per l’avvenire del Sodalizio. Fintanto che fu viva la loro opera, non soltanto le pubblicazioni sociali ebbero successo oltre i confini dell’ambiente in cui si produssero, ma l’azione della Società si estese in modo da comprendere tutti o la maggior parte degli elementi cittadini che vi potevano entrare. Quei valentuomini fecero sì che la Società potè attrarre a sè il maggior numero di coloro che in Genova s’interessavano di studj storici, particolarmente regionali. Ed è qui precisamente la virtù e l'efficacia di un Sodalizio: diventare centro di attrazione per tutti gli elementi operanti in conformità degli intenti di esso. Soltanto allora l’incremento della popolazione può concorrere a promuovere l’incremento del Sodalizio, poiché aumentando il numero degli abitanti aumenta naturalmente CCXXXII LÀ SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 il numero degli studiosi, dei cultori e degli amatori di scienza, degli adunatoli di libri, e dei dilettanti e curiosi d’ogni specie. Cotesta attrazione non è soltanto affidata a coloro che stanno alla testa dell’istituto, voglio dire alla loro opera di studiosi e di autori ed alla loro personale influenza, ma anche al modo come si manifesta ed alla intensità con che si manifesta la vita stessa dell’istituto. Per una Società come la nostra, la quale si propone la pubblicazione di memorie e di documenti storici, ha speciale importanza il numero e la qualità dei volumi pubblicati. Noi pubblichiamo troppo poco, e con troppo scarsa varietà. Se la Società potesse ogni anno, invece di un volume come fa ordinariamente, distribuire due o più volumi, il numero dei suoi soci aumenterebbe di sicuro: sia nel gruppo di coloro che sono attratti a farne parte, perchè si propongono di arricchire le loro private biblioteche con la serie delle pubblicazioni sociali, sia nel gruppo più ristretto, ma più operoso,, di coloro che sono spinti ad entrarvi dal proposito di affidarle la stampa dei loro lavori. Parecchi autori devono purtroppo rinunziare alla divulgazione dei loro scritti per manco di mezzi pecuniari; altri sarebbero spinti al lavoro se avessero piena sicurezza di poter rendere pubblico il frutto dell’opera loro; altri ancora, specialmente fra i giovani, potrebbero essere dalla Società indirizzati ad un’opera comune di ricerca e di trascrizione di documenti d’archivio, qualora avessero la soddisfazione di vedere in luce il risultato delle loro fatiche. D’altra parte, la Società non avrebbe modo di iniziare cotesta maggiore attività di pubblicazioni senza ricevere dall’esterno un aiuto più largo di quello che ora riceve. Al presente soltanto il Governo e la Provincia le arrecano rispettivamente, come già dissi, un annuo assegno rivolto precipuamente alla stampa dei suoi Atti·, ma altri enti potrebbero concorrere in egual forma ed in varia misura al medesimo scopo. Se è debito infatti delle pubbliche istituzioni, qualunque siano la natura e gli uffici loro, di concorrere al raggiungimento di fini morali e civili, non par dubbio che uno dei campi ove la loro azione può maggiormente e con maggiore utilità esplicarsi è quello della cultura. Molte di esse danno prevalentemente il loro contributo alla beneficenza; ma è da sperare che l’uso, già invalso presso altre, di sussidiare scuole ed associazioni di studiosi, si estenda in guisa da diventare col tempo consuetudine generale. Poiché, non pure è doveroso pensare a sollevare i mali che affliggono BIBLIOTECA SOCIALE! E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXXlfl l’umanità, ma è altrettanto doveroso contribuire a preparare un migliore avvenire alle generazioni future. Ora il fondamento di ogni civile e morale progresso è la cultura intesa nel suo più vasto significato e considerata sotto i suoi molteplici aspetti. Una delle forme più universali della cultura è quella che riguarda lo studio del passato, come preparazione del presente e addentellato per l’avvenire. Fra gli istituti pubblici genovesi, il Consorzio Autonomo del Porto e la Cassa di Risparmio sono particolarmente indicati per sovvenire agli studi storici. Infatti, il primo è sorto dai ricordi del glorioso Officio di S. Giorgio, di cui occupa l’antica sede, e mira a taluno dei grandi scopi di quello, ed anzi si compiace di esserne additato, per quanto impropriamente, il continuatore. La seconda ha le radici nell’antica istituzione del Monte di Pietà, da cui ha ereditato gli intenti popolari e gli atteggiamenti altruistici. Ognuno di questi generosi Istituti potrebbe costituire un annuo assegno alla nostra Società ad esclusivo beneficio della stampa degli Atti, assegno destinato, quando si volesse, a particolari e specifiche pubblicazioni. L’assegno del Consorzio troverebbe, a cagion d’esempio, un assai proficuo impiego nella pubblicazione delle vecchie carte di San Giorgio, mentre quello della Cassa di Risparmio nella pubblicazione degli antichi registri dei conti della Repubblica genovese. Altre istituzioni cittadine, oltre le predette, sarebbero indicate per sussidiare gli studj di storia patria, sia per i mezzi di cui dispongono, sia per il loro passato, sia per gli scopi a cui mirano. Specialmente importante è il gruppo delle istituzioni di beneficenza, talune delle quali, come l’Albergo dei Poveri, il Magistrato di Misericordia, l’ospedale di Pammatone, hanno un lungo passato, il cui ricordo, evocato attraverso gl’innumerevoli documenti che giacciono nei loro archivi, approfondito nei particolari ed illustrato nei suoi lati più caratteristici, riuscirebbe oltremodo interessante ed istruttivo. Ciascuno di questi Istituti potrebbe, se non in modo continuativo ed impegnativo, almeno per un limitato periodo di tempo, assegnare nel proprio bilancio una somma destinata a pubblicare la loro storia documentata. Questa somma verrebbe poi versata alla Società Ligure di Storia Patria coll’obbligo di spenderla nella pubblicazione di un lavoro storico riguardante l’istituto sussidiatore. L’esempio sarebbe probabilmente seguito da qualche altra delle nu- CC&XXIV LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 merose fondazioni di beneficenza sorte dalle tante antiche famiglie patrizie genovesi, parecchie delle quali ora spente, che hanno elargito e vincolato porzione dei loro beni a vantaggio delle loro discendenze dirette o collaterali, ovvero di particolari gruppi di persone. Non parlo poi del Municipio, il quale sarebbe dal proprio ufficio di custode delle patrie memorie e da un alto concetto della propria missione portato a contribuire, in più larga misura di quel che ora faccia, alle pubblicazioni storiche attinenti a Genova ed alla Liguria; tanto più quando si considera che esso nei suoi archivi, che vanno continuamente accumulando nuovo materiale, è il naturale depositario di una quantità enorme di notizie destinate quando che sia alla pubblicità. E non il Municipio di Genova soltanto, ma tutti i Municipi della Liguria dovrebbero promuovere o favorire gli studj riguardanti la storia della nostra regione, in modo largo ed efficace. In attesa che una civiltà più luminosa della presente spinga le pubbliche Amministrazioni d’ogni specie e d’ogni grado a concedere agli interessi della cultura e della scienza la debita importanza, sarebbe frattanto un bel risultato se la nostra Società potesse ascrivere tra i suoi soci effettivi tutti o la maggior parte dei Comuni liguri, in guisa da trarne una somma di contribuzioni fissa e sufficiente all’annua stampa di un volume degli Atti esclusivamente dedicato alla storia dei Comuni medesimi (1). (1) A tale intento la Società si rivolgeva nel 1916 ai Comuni ed alle Associazioni di cultura della Liguria colla seguente circolare : Illustrissimo Signore, Non è certamentp ignota a V. S. 111.ma l:opera cui intende con lena da circa sessantanni la SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA, cosi per l’indagine delle memorie, come per la conservazione e la illustrazione dei monumenti, come altresì per lo studio e la diffusione delle notizie storiche del Genovesato. I 47 grossi volumi degli ATTI DELLA SOCIETÀ, pubblicati dal 1858 fino ad oggi, stanno ad attestare la larghezza ed insieme l’importanza di tale opera: dalla quale ogni ramo d«lla storia della Liguria, sia civile, sia religiosa, sia economica, sia letteraria, sia artistica, sia commerciale, ha ricevuto abbondanza e sicurezza di utili cognizioni. Il notevole numero dei soci, che supera i duecento, i contributi con che il Governo e la Provincia sussidiano da parecchi anni la Società, il favore a questa accordato dal Municipio di Genova, mentre fanno non dubbia fede del benevolo interesse onde è seguita ed accolta l’opera stessa, non bastano tuttavia ad allargarne l’ambito ed a renderne più intensa l’azione, come sarebbe desiderabile per il maggior incremento degli studi storici della nostra regione. Troppi documenti giacciono ancora inesplorati o negletti negli archivi pubblici e privati, troppi fatti sono tuttora ignoti od oscuri per poter tessere la storia geno- BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ÉCC. CCXXXV Da tutte queste varie sorgenti deriverebbero i mezzi adeguati a rinnovare le vie della storia. Un concetto troppo ristretto ed unilaterale ha finora, nonostante la maggior larghezza di vedute che inspira gli storici moderni in confronto degli antichi, presieduto allo studio della storia. Si è creduto e si crede tuttavia che soltanto una parte delle memorie lasciate dalle generazioni trascorse sia degna di storia, ed in cotesta parte si è compreso principalmente tutto quanto riguarda lo Stato, rappresentato dai personaggi politici, militari, amministrativi, ecc., che ne tennero il governo o ne guidarono le imprese. Quando si è fatta la storia delle varie attività dei popoli non strettamente politiche, come quelle letterarie, artistiche, scientifiche, ecc., la si è spesso circoscritta alla storia di un numero limitato di soggetti a cui l’ingegno o la fortuna permisero di emergere dalla folla. In tal modo ne è venuta, per un verso, un’esaltazione di tuttociò che riguarda lo Stato, una glorificazione della patria vese con costante larghezza d’intenti e presunzione di verità: senza dire che nell’ultimo secolo si sono svolti alcuni grandiosi avvenimenti, come il Risorgimento Italiano e la sistemazione delle scienze positive, sulla storia dei quali sarebbe pur conveniente che la Società estendesse, in relazione alla Liguria, la sua attività. Comprende però V. S. 111.ma che a questo accrescimento di attività occorre un adeguato accrescimento di mezzi, per il quale la Società si rivolge, non pure ai privati, ma agli enti collettivi, e principalmente ai Municipi ed alle Associazioni di coltura della Liguria, facendo loro invito a voler diventare soci effettivi di essa. Quei Comuni specialmente, che mantengono o sussidiano biblioteche pubbliche, avrebbero cosi modo, mediante il pagamento della modesta quota annua di socio, di arricchirle via via con i volumi degli ATTI DELLA SOCIETÀ; e tanto essi quanto le persone da essi indicate potrebbero, previo accordo con la medesima Società, giovarsi della biblioteca di questa, ricca già di circa 15 mila volumi e di moltissime riviste, sia con la frequentazione della sala di lettura, sia col prestito dei libri. Se lo Stato dev’essere, secondo l’espressione del Romagnosi, una grande tutela ed una grande educazione, non v’ha dubbio che i Comuni, che sono tanta parte dello Stato, hanno fra i loro uffici anche quello di diffondere la cultura storica, special-mente regionale, e di aiutare gli istituti a ciò destinati, per renderne l’opera più fruttifera ed efficace. Nella fiducia che V. S. 111.ma vorrà accogliere, per l’Amministrazione ch’Ella dirige, l’invito di questa Società, Le anticipiamo i più vivi ringraziamenti. Genova, dalla sede della Società (Palazzo Rosso, Via Garibaldi N. 18), il 18 Marzo 1916. p. IL CONSIGLIO DIRETTIVO Il Segretario FRANCESCO POGGI Il Vice Presidente ARTURO ISSEL· NB. — Questo invito è firmato dal Vice Presidente prof. A. Issel in assenza del Presidente, marchese CESARE IMPERIALE DI SANT’ ANGELO, il quale presta volontariamente servizio militare e trovasi in zona di guerra. CCXXXVI LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 impersonata in pochi uomini, confondendo spesso gli interessi di costoro e delle loro clientele con gli interessi comuni; e per un altro verso, una considerazione esagerata di pochi individui quali rappresentanti di moltitudini oscure e indefinite. La famiglia, i singoli componenti di essa, il popolo considerato come un ente reale e non astratto, la compagine insomma che trovasi alla base della piramide sociale è rimasta nascosta e quasi soffocata dagli strati superiori più vicini al vertice. Gli infiniti fatti, che costituiscono le vicende della vita degli individui, sono stati in gran parte trascurati ed omessi come cose troppo modeste ovvero inutili; e quindi le imprese ritenute le più nobili, e quelle da cui si fa dipendere il progresso della civiltà, sono rimaste troppo spesso staccate dalle loro cause naturali. Tutto è degno di storia: l’umiltà e la grandezza delle cose non dipendono da ciò che in esse apparisce di più, ma bensì dall’essenza e dalle conseguenze loro. La storia, se deve dunque abbracciare la universalità e seguire la continuità delle manifestazioni di tutti coloro che hanno veduto la luce del sole, ha da comprendere prima di tutto i mille fatti comuni di cui è tessuta la vita umana. Soltanto in secondo luogo deve essa considerare i fatti meno comuni, meno continuativi, non ordinari ovvero eccezionali, ed operanti al disopra della vita individuale e da questa spesso indipendenti, come sono i più dei fatti politici e militari. È da prevedere che, cessata la presente guerra, durante la quale molte delle più essenziali e legittime forme e manifestazioni della vita sociale hanno dovuto cedere ad un sentimento tirannico della patria armato di tutte le forze e di tutte le coazioni dello Stato, gli uomini si accorgeranno per avventura che la famiglia, la personalità umana, la moralità, la libertà, la giustizia, la scienza, l’amore del prossimo sono cose altrettanto sacre quanto la patria. E condotti ad indagare come mai il sentimento di questa abbia potuto prendere su di quelle un sopravvento così esclusivo ed imperioso, riconosceranno molto probabilmente che una delle principali cagioni di ciò è da collocare nella enorme prevalenza che lo studio delle lettere e della storia politica — costituente in gran parte quell’insie-me di atteggiamenti spirituali, di indirizzi e di cognizioni noto sotto il nome di classicismo — ha, dal Rinascimento in poi, sopra ogni altro studio fatto a scopo educativo. Il principale fondamento infatti dell’educazione scolastica, massimamente nella scuola secondaria BIBLIOTECA SOCIALE E SUO INCREMENTO, STATO FINANZIARIO, ECC. CCXXXVII classica, è l’insegnamento delle lettere combinato con quello della storia politica, che è divenuto così il substrato della ideologia patriottica nazionale della classe dirigente e quindi della politica di governo. La naturale reazione contro siffatto indirizzo promuoverà, oltre uno studio più intenso delle scienze, anche uno studio più ampio, più approfondito e più generale della storia di esse e delle loro applicazioni; così nel campo del pensiero come in quello dei fatti e delle persone. La Società Ligure di Storia Patria, che ha già pubblicato nei suoi Atti alcuni saggi di storia scientifica, troverà in cotesto amplissimo àmbito di ricerche, campi pressoché inesplorati, che potrà, se non le mancheranno, gl’invocati mezzi, percorrere e riconoscere interamente dalla matematica alla sociologia, dalla ragioneria alla numismatica, dalla nautica alla medicina, dalla filosofia alla chimica, e via dicendo. ALFREDO D’ANDRADE Cenili biografici di A. ISSEL PAROLE COMMEMORATIVE DETTE NELL’ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL 26 DICEMBRE 1915 * ’ ί ■ · ·■ ' ■ . i ALFREDO D’ANDRADE (Cliché ceduto dalla ditta Alfieri e Lacroix di Milano). ALFREDO D ANDRADE Io che lo conobbi nel fiore degli anni e potei seguire passo passo la parabola luminosa della sua carriera, finché avendo raggiunto il fastigio della celebrità e degli onori, egli chiuse gli occhi per sempre vinto dalla vecchiaia e dalla malattia, mi compiaccio di evocare la sua nobile figura d’artista dinanzi a questo sodalizio, che lo volle suo socio onorario. Un osservatore sagace poteva intuire dall’aspetto di lui, giovinetto, le doti eccezionali che aveva sortito dalla natura e dovevano emergere nella maturità: la fronte alta, lo sguardo profondo ed arguto, spesso animato da benevolo sorriso, l’atteggiamento di chi suol penetrare l’animo altrui e la compage intima delle cose, la parola breve e incisiva, accusavano intelligenza e perspicacia, energia non comune, temperata da bontà, attitudine al comando. Più tardi, per la prestanza della persona, la fisionomia aperta, i modi cordiali, la vasta coltura, massime in quanto concerne ogni manifestazione artistica, inspirava simpatia e stima in quanti l’avvicinavano. Fin nell’età avanzata si manteneva il fascino da lui esercitato; e lo subivano persone d’ogni ceto, persino i più umili operai, dei quali conosceva anche praticamente le arti fabbrili e il gergo tecnico. Parlava correttamente, oltre all’idioma nativo, l’italiano, il francese, l’inglese, ed anche il genovese e il piemontese; in questi dialetti si compiaceva di discorrere quando si trovava in Liguria e in Piemonte. Nato il 26 Agosto 1839 a Lisbona, da cospicua famiglia che possedeva estese tenute ed aveva alte aderenze alla corte e nelle finanze, dal padre, il quale esercitava la mercatura, fu inviato a Genova, presso una reputata ditta di commercianti, perchè si ini- 16 CCXLII ALFREDO D’ANDRADE ziasse nella pratica dei traffici. Ma il giovanetto si stancò ben presto delle polizze di carico, delle fatture e del libro mastro, e, invece di attendere al proprio compito, fu visto coprire di figurine la carta bianca dello scagno e persino scarabocchiare, a carboncino, i muri che meglio si prestavano ad accogliere i suoi saggi iconografici; in breve si diede a disegnare e a dipingere da mane a sera. Avendo poi ottenuto il consenso di inscriversi fra gli alunni dell’Accademia Ligustica, seguì con molta diligenza e profitto i vari corsi, e tali furono i suoi progressi, che conseguì il titolo di Accademico di merito, e più tardi gli fu affidato dallo stesso istituto l’insegnamento dell’ornato applicato all’industria. Sia per lo zelo e la diligenza coi quali adempiva all’incarico, sia per la genialità del metodo da lui adottato, il suo insegnamento riuscì efficacissimo, e meritò il plauso dei maestri e dei discepoli. Ricorderò in proposito come egli assegnasse-di preferenza per modelli ai suoi alunni oggetti naturali, e specialmente, da principio, foglie di svariate foggie. Nei primi tempi della sua carriera artistica D’Andrade si sentì sopratutto attirato dal paesaggio e si applicò a dipingere dal vero, seguendo così la traccia segnata dai pittori della scuola moderna francese di quei tempi, che gli si era rivelata colle tele più suggestive, visitando la mostra internazionale di Parigi del 1867. A forza di ostinato lavoro, provando e riprovando, ottenne risultati meravigliosi, e si può affermare che dopo aver emulato i propri maestri li superasse, di chè può far fede il suo quadro « Sulle rive della Bormida », conservato nel Museo d’arte moderna del Palazzo Bianco in Genova, quadro dal quale trasparisce un profondo sentimento della natura, scevro da quella espressione convenzionale, cui non sapevano sottrarsi quasi tutti i contemporanei. È trascorso circa un mezzo secolo da chè, attirato colà da un compagno d’arte, il Pittara, egli cominciò a far lunghe peimanenze estive fra gli ameni colli di Rivara, nell’alto Canavese, colli che offrono ad un paesagista aspetti veramente suggestivi per la vivacità e l’armonia dei colori. Colà si trovò circondato da una eletta schiera di giovani pittori, che seguivano con entusiasmo le nuove direttive ed attingevano le proprie inspirazioni alle fonti vive del vero. Ricordo fra gli altri, oltre al Pittara, Pastoris, Rayper, Avondo, Teja, Soldi, Alberto Issel, cui saltuariamente si univano alcuni artisti e letterati non ascritti al medesimo cenacolo. CÈNNI BIOGRAFICI CCXLIIl L’esempio di feconda operosità e gli ammaestramenti che i più provetti porgevano ai novizi fomentavano una benefica gara, esercitando una influenza non lieve sull’indirizzo artistico non solo in Piemonte, ma in tutta Italia. D’Andrade vestito di un saio turchino da carrettiere era il primo a recarsi al lavoro e l’ultimo a smettere. Nelle ore del riposo, gli artisti si riunivano e corroboravano l’opera del pennello e della tavolozza con interminabili discussioni, nelle quali ciascuno adempiva a vicenda all’ufficio del maestro e del discepolo. Il pubblico che suole frequentare le esposizioni di belle arti, sempre ostile a quanto si discosta dal comune, scherniva da principio con satire irreverenti i paesaggi pieni di luce e in ispecie i verdi smaglianti dei pittori di Rivara; ma le critiche suscitavano la discussione e promuovevano confronti, massime tra le opere esibite dalla scuola nuova e quelle, a tinte calde e convenzionali, che avevano accaparrato il favore della maggioranza. A poco per volta si mutavano per ciò le tendenze di quel complicato complesso di apprezzamenti e di preconcetti d’onde risulta l’opinione pubblica. Vi contribuivano inoltre i saggi genialissimi del Fontanesi, pittore insigne, il quale per altra via colla bora va alla riforma di cui si erano fatti propugnatori D’Andrade e gli amici suoi. Da poco il giovane artista cominciava ad emergere quando si unì in matrimonio alla Signorina Costanza Brocchi figlia di un patriota veneto, caduto durante la battaglia del Volturno e d’una gentildonna inglese, tuttora vivente. La sposa da lui prescelta, erede delle nobili tradizioni della sua famiglia, fu per lunghi anni fida compagna del nostro artista, cui toccò l’acerbo dolore di rimaner vedovo, quando già egli sentiva approssimarsi la sua fine. I coniugi D Andrade ebbero parecchi figliuoli, fra i quali sopravvivono una figlia, vedova del Conte Solaro di Monasterolo, testé morto gloriosamente alla testa di un reggimento di cavalleria, e due maschi, entrambi dottori in agraria. Il maggiore attende all’amministrazione delle sue proprietà in Portogallo e fu deputato al parlamento di Lisbona. Nulla di più giocondo della brigata di artisti che solevano adunarsi a Rivara durante la stagione estiva! Essi alternavano le lunghe sedute campestri dinanzi al cavalletto con gite in montagna rallegrate di canti goliardici, danze scapigliate e recite teatrali, sempre CCXLlV ALFREDO d'aNDRADE umoristiche, specialmente quando si rappresentavano le più truci tragedie. Scenari veramente suggestivi furono improvvisati dal nostro per una memorabile recita dellOtello di Shakespeare, nella quale primeggiarono per l'eteroclito vestiario Rayper e Pittara, mentre Pastoris si rivelava un perfetto Jago. Indimenticabili gli episodi eroicomici di quella recita, per la quale l’angusto teatro rigurgitava di gente accorsa da ogni parte del Canavese. Durante le lunghe dimore nell’amena convalle di Rivara D’Andrade ebbe agio di visitare, anzi di investigare, come era suo costume, i castelli minati e gli altri ruderi di cui è ricco il Piemonte, e non mancò di riportare da ciascuna delle sue visite numerosi disegni. Egli sentì profondamente il fascino di quest’arte, e in ciò subì forse la suggestione dei suoi amici carissimi Giuseppe e Piero Gia-cosa, Federico Pastoris e Vittorio Avondo, tutti innamorati, sotto diversi aspetti, del medioevo. La famiglia Ogliani, congiunta di Pittara, che teneva in alta considerazione il valore artistico di D’Andrade, pensò che nessuno meglio di lui avrebbe potuto dirigere i lavori di ristauro e rifacimento dell’antico castello di Rivara recentemente acquistato dal capo di quella famiglia, e divisò pertanto di affidai'gli il compito reso difficile dalle insolite proporzioni dell’edifizio e da chè aveva subito col volgere dei tempi ingenti mutamenti e sovrapposizioni. Il pittore si convertì in tal modo in architetto appassionato dell’arte sua, e fu tale il suo primo saggio da meritare l’encomio e l’ammirazione dei competenti. Cresceva intanto il corredo di bozzetti, schizzi e fotografie nei quali erano riprodotti e direi quasi documentati i ruderi pertinenti all’epoca da lui prediletta e non solo i ruderi, ma gli affreschi, i serramenti, i ferri battuti, i mobili ed ogni altra suppellettile; ciò nei più minuti particolari. Al restauro del castello di Rivara che fu una rivelazione, tennero dietro in tempi diversi quelli dei castelli di Tagliolo, di Strambino, di Rivarolo in Piemonte, poi delle chiese di S. Donato e di S. Stefano in Genova, di S. Paragono a Noli. Si occupò inoltre della torre di guardia dell’isola di Bergeggi e collaborò efficacemente alle opere intese a consolidare e a ripristinare nelle antiche linee la cattedrale di S. Lorenzo, in vari punti deturpata da recenti appiccicature. Nella nostra città combattè strenuamente colla penna e colla CENNI BIOGRAFICI CCXLV parola affine di sottrarre alla distruzione, dalla quale era minacciato, l’avancorpo dello storico palazzo di S. Giorgio che si voleva demolito per ottenere l’allargamento della via prospiciente. Più tardi a lui toccava l’onore di restituire l’insigne monumento nell’antico splendore. In Genova la sua singolare competenza si palesò nel rimettere a nuovo, liberandolo dalle misere costruzioni che lo soffocavano, un gioiello di architettura militare, che era rimasto per più secoli obliato e negletto; alludo alla Porta Soprana, della quale diede anche una pregiata illustrazione. Principio costantemente seguito nei suoi lavori fu quello di ripristinare gli antichi edifizi nelle condizioni originarie, attenendosi fedelmente ai documenti architettonici e storici, senza librarsi ai voli della fantasia, come avevano fatto tanti altri. Il suo trionfo più clamoroso fu da lui conseguito nel 1884, colla costruzione del castello e del borgo medioevali durante la mostra nazionale del 1884 in Torino. Egli riuscì a comporre un complesso armonico e suggestivo dalla sapiente combinazione di parecchi motivi desunti dai più perfetti modelli dell’arte medioevale piemontese, in ispecie dai castelli di Fenis e d’Issogne. Risorse così alla luce in riva del Po il maniero del secolo XIV, col suo ponte levatoio, il suo maschio, la sala d’armi, la cappella, la carcere, il borgo annesso colle proprie officine in funzione; tutto ciò senza trascurare la fedele riproduzione di ogni particolare. Fra noi, ove il nostro fece lunga residenza, massime negli anni giovanili, strinse amicizia con quasi tutti gli artisti della città, fra i quali ricorderò in particolar modo i Luxoro padre e figlio, Rayper, Gandolfì, Musso, Villa, Podestà e Campora. Vincoli di affettuosa amicizia lo legarono a Camillo Boito, a Giulio Monteverde, a Domenico Morelli e ai fratelli Giacosa. In Genova era uno dei più assidui frequentatori di un piccolo cenacolo che soleva adunarsi ogni sera nel caffè del Sole, in piazza dell’Annunziata. A Roma ebbe dimestichezza coi più illustri architetti pittori e scultori della capitale, e così a Firenze, che fu pure sua sede, ma per breve tempo. Per molti anni D’Andrade, il quale, dedicandosi all’arte, aveva contravvenuto al desiderio della propria famiglia, fu costretto a vivere poveramente di una modestissima pensione, di poco accresciuta dai proventi del suo lavoro. Ma un giorno, perduto il padre, si trovò improvvisamente possessore di cospicue sostanze, e potè consacrare, senza preoccupazioni d’ordine materiale, tutta la sua energia alle arti predilette. CCXLVI ALFREDO D’ANDRADE Si diede allora a lavorare assiduamente per lungo volgere d’anni alla risurrezione del castello ruinato di Pavone, del quale la Signora D’Andrade aveva fatto acquisto per poche migliaia di lire (1). E spiegò in questo compito le doti dell’archeologo, dello storico e dell’artista. Sì fece poi proprietario del castello di Fenis, per assicurarne la conservazione e donarlo allo Stato (l’esempio fu imitato da Vittorio Avondo, il quale mosso dagli stessi sentimenti volle che la sua proprietà di Issogne, già convertita in museo, fosse devoluta al Ministero dell’istruzione). Per lo stesso oggetto comprò la casa del Senato di Pinerolo, e anticipò i fondi perchè lo Stato potesse anche assicurarsi il possesso del castello di Verrés in Valle d’Aosta. Negli ultimi anni, si occupò eziandio delle porte Palatina e Pretoria di Torino, della Torre del Pailleron, del Priorato di S. Orso e delle antiche mura di Aosta, del Castello di Montaldo Dora, del Battistero di Biella, del duomo di Chivasso, del campanile di Susa, ecc. Allorché portò la propria attenzione sugli avanzi del teatro romano, sulle porte Palatina e Pretoria incluse nel palazzo Madama di Torino, sui ruderi di Bergeggi e specialmente sulla necropoli ligure della via Venti Settembre in Genova, varcò i confini mal definiti che separano l’architettura dall’archelogia, e con parecchie stampe, in particolare modo con quelle relative alla Porta Soprana e al Palazzo di S. Giorgio, dimostrò come fosse ben preparato ad avvalorare col sussidio storico le illazioni dell’artista e delFarcheologo. Fu pertanto ben meritata la nomina di socio onorario, conferitagli dalla Società Ligure di Storia Patria. Parecchi dei lavori summentovati furono da lui compiuti per adempiere all’ufficio di sopraintendente ai monumenti del Piemonte e della Liguria; a molti altri consacrò con impegno non minore la sua attività per propria iniziativa. Celebre e ricco, ebbe incarichi e missioni in gran numero da lui assolti con zelo e competenza esemplari. Si può dire che non rimase estraneo, almeno come consulente, ad alcuna delle maggiori opere architettoniche eseguite in Italia negli ultimi 30 anni, e partecipò più o meno a tutte le manifestazioni artistiche del nostro (1) La indusse a questo acquisto il pensiero che il consorte avrebbe così rinunziato alla velleità già da lui manifestata di trasferirsi in Portogallo. CENNI BIOGRAFICI CCXLVII paese, delle quali era tenuto in conto di nume tutelare. Non è a far meraviglia perciò se gli furono elargite le più lusinghiere onorificenze della sua patria adottiva ed anche del Portogallo. Già dissi come D’Andrade fosse direttore dell’ufficio regionale dei monumenti per il Piemonte e la Liguria; aggiungerò che fece parte fin dalla fondazione del Consiglio superiore delle Belle Arti in Roma. Il 30 Maggio 1909, allorché il nostro artista aveva raggiunto l’apogeo della celebrità, venne celebrato il suo giubileo artistico da numerosi amici colleghi e ammiratori nell’edilìzio più atto a ricordare le benemerenze del festeggiato, nel vetusto castello di Fenis (1), che lo stesso D’Andrade aveva acquistato e del quale, come dissi, per assicurarne la conservazione aveva trasmesso la proprietà allo Stato. Il 30 Novembre 1915 il grande artista, cui da parecchi mesi scemavano poco a poco le forze, si spegneva serenamente nella sua abitazione di via Peschiera. Fra le manifestazioni di cordoglio che si produssero in tutta Italia quando venne a mancare il sommo architetto non può essere taciuta la solenne commemorazione della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, società della quale egli era presidente. La cerimonia si svolse al principio del 1917, in Torino, nell’aula del Consiglio comunale, presenti le autorità e il fiore della cittadinanza. Oltre al Sindaco parlarono il deputato Paolo Boselli, allora presidente del Consiglio dei Ministri e il Prof. Piero Giacosa. Questi si rese interprete della gratitudine dovuta dal Piemonte ad Alfredo D Andiade, benemerito a tanti titoli e specialmente per aver saputo ricostruire attraverso alle vicende dei secoli i più insigni monumenti delle età romana e medioevale nella regione subalpina: egli accennò alla fine del suo discorso alle relazioni storiche tra la piccola Roma dei Taurini e la grande Roma, nella quale il Regno d’Italia compiè il programma nazionale iniziato e strenuamente propugnato dai Torinesi. (1) Questo fu edificato nel 1330 per conto di Aimone di Challant nel punto in cui già esisteva una fortezza più antica, e poi ampliato ed ornato dai suoi successori in modo da convertirsi in uno dei più sontuosi manieri della valle d’Aosta. Esso appartenne alla tamiglia Challant fino al 1716, e quando venne in possesso di D’Andrade, dopo aver subito le ingiurie del tempo e dell’abbandono, era convertito in casa colonica. La sontuosa cappella per molti anni fu adibita all’ufficio di fienile e le stanze terrene servivano di ripostiglio allo strame ! CCXLVIII ALFREDO D’ANDRADE La città nostra, alla quale prodigò con amore di figlio il tesoro del suo genio, non seppe apprezzare l’insigne artista nella misura dei suoi meriti. Quando morì erano appena iniziate le pratiche per la sua nomina a cittadino onorario, mentre in analoga testimonianza di gratitudine e d'affetto Genova era stata preceduta or sono parecchi anni da Torino e da Noli. Porgiamo, comunque serotino, alla sua memoria il tributo di ammirazione che gli è dovuto. INDICE DEL VOLUME XLYI, FASCICOLO I, DEGLI ATTI della SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1908 AL 1917 Relazione del Segretario generale FRANCESCO POGGI Avvertenza...............Pag- Capitolo I Rendiconti dei lavori sociali .... » ·····" Capitolo II » Atti............... Capitolo III Conferenze e conversazioni di storia e d’arte Capitolo IV Sesta riunione della Società Italiana per il progresso delle scienze, tenuta in Genova dal 17 al 23 ottobre 1912 » vii xiii XLI LXXIII CCL INDICE Capitolo V Mostra storica delle Colonie genovesi in Oriente . . . Pag- xcv